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Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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condanna totale come avvenuto per la filosofia. Per questo <strong>Tertulliano</strong> insiste sul<br />

fatto che, arrivati ad un certo punto, la ricerca si debba fermare, trovando così<br />

l’oggetto della sua ricerca. L’oggetto della ricerca cristiana è la fede nel<br />

messaggio del Cristo; non vi è nulla <strong>di</strong> più prezioso che si debba andare a<br />

ricercare oltre. Pertanto la ricerca termina nel momento in cui essa approda ad una<br />

coscienza <strong>di</strong> fede. <strong>Tertulliano</strong> sviluppa una metodologia <strong>di</strong>chiaratamente razionale<br />

che termina nella fede cristiana.<br />

La ricerca della conoscenza viene quin<strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionata nella scoperta della<br />

fede. Inutile riba<strong>di</strong>re che la conoscenza gnostica si basa su posizione<br />

completamente opposte come sta ad in<strong>di</strong>care l’ironica domanda conclusiva del<br />

passo. Come si affermava precedentemente, l’atto <strong>di</strong> fede per <strong>Tertulliano</strong> ha una<br />

rilevanza <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne rispetto a quanto sostenuto da <strong>Valentino</strong>. Come si evince<br />

dal passo citato l’approdo alla <strong>di</strong>mensione spirituale della fede avviene tramite un<br />

percorso razionale e <strong>di</strong> scelta in<strong>di</strong>viduale. È chiaro come a prevalere sia il libero<br />

arbitrio umano, mentre l’avvento escatologico <strong>di</strong> grazia risulti ri<strong>di</strong>mensionato,<br />

senza per questo scomparire. Il dono escatologico <strong>di</strong> grazia coincide con la bontà<br />

<strong>di</strong> un Dio che, gratuitamente e per mezzo della rivelazione <strong>di</strong> Cristo, offre alla sua<br />

creatura la potenza della libertà <strong>di</strong> scelta. Il libero arbitrio è dunque il dono che<br />

Dio ha concesso alla sua immagine creata, la sola degna <strong>di</strong> riflettere la potenza del<br />

creatore stesso. Per questo <strong>Tertulliano</strong> sottolinea più volte l’importanza <strong>di</strong> porre<br />

un limite alla propria ricerca, limite che, a suo <strong>di</strong>re, non è affatto presente nella<br />

speculazione gnostica. La presenza <strong>di</strong> un limite razionale permette <strong>di</strong> approdare<br />

alla <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> fede.<br />

È qui teorizzato un primo abbozzo <strong>di</strong> quella “<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede” cui si faceva<br />

riferimento poc’anzi. Il fatto che la libertà <strong>di</strong> determinarsi sia un dono <strong>di</strong>vino non<br />

porta, come avviene per gli gnostici, né ad una filialità con Dio né ad una<br />

Salvezza ontologicamente posseduta. In <strong>Tertulliano</strong> Dio creatore e uomo creato<br />

non sono affatto posti sul medesimo piano ontologico. Il fatto che la ricerca debba<br />

limitarsi per giungere all’atto <strong>di</strong> fede testimonia <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza qualitativa tra<br />

<strong>di</strong>vinità e creato. L’uomo possiede la libertà <strong>di</strong> scelta per volontà <strong>di</strong>vina, ma<br />

questa, proprio perché finita, limitata nella creatura, deve abbandonarsi in un atto<br />

<strong>di</strong> pura fede nella rivelazione.<br />

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