Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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09.06.2013 Views

un secondo tema fondamentale del De Praescriptione Haereticorum: la definitiva condanna della filosofia come strumento dell’eresia. Dire che Tertulliano rigetta completamente la filosofia non è però del tutto corretto. Tertulliano da giovane aveva studiato tanto il diritto quanto la filosofia ed è inesatto affermare che la filosofia venga criticata e definitivamente abbandonata. Da buon romano anche Tertulliano si avvicina, pur non convenendo su molti aspetti, allo stoicismo come, dimostrano i suoi trattati sulla materialità dell’anima. La filosofia criticata da Tertulliano è piuttosto la filosofia platonica che nel II secolo d.C. vive un periodo di importante ripresa e diffusione nelle filosofie neo e medio platoniche. “Dalla filosofia deriva il dio di Marcione, un dio migliore del nostro grazie alla sua mitezza: era un dio proveniente dallo stoicismo. E perché si dica che l’anima perisce, si osserva Epicureo; e perché si neghi la ricostruzione della carne, si attinge all’insegnamento unanime di tutti i filosofi; e quando si pone la materia sullo stesso piano di Dio, è la dottrina di Zenone; e quando si introduce qualche nozione di un dio di fuoco, interviene Eraclito.” 51 Da questo secondo passo risulta chiaro l’atteggiamento assolutamente ortodosso di Tertulliano. La sua polemica si sviluppa non solo sul piano teorico, ma anche su quello sintattico. Si noti infatti che quando la parola “dio” è affiancata ad una teoria filosofica essa compare in minuscolo, mentre quando questa viene accostata al Dio della Grande Chiesa essa compaia in maiuscolo. Ancora: “[…] donde il male, e perché il male? E donde l’uomo, e in qual modo? E la questione che non molto tempo fa propose Valentino: done Dio? Si capisce, dall’enthymesis e dall’ectroma. Povero Aristotele! Ha insegnato loro la dialettica, architetta nel costruire e nel distruggere, versipelle nelle affermazioni, forzata nelle ipotesi, incomprensibile nelle argomentazioni, produttrice di contese, molesta anche a se stessa, pronta a riesaminare tutto per paura di aver trascurato del tutto qualche punto.” 52 51 Ivi, pp. 36 – 37. 52 Ibidem. 46

Tertulliano fa qui riferimento all’enthymesis e all’ectroma che sono due termini tecnici della dottrina valentiniana. Precisamente il Demiurgo proviene dall’enthymesis, la saggezza esterna al Pleroma, mentre l’ectroma è l’aborto espulso oltre il Limite. Il fatto che Tertulliano ne faccia brevemente riferimento è testimone del fatto che i due aspetti citati lo abbiano colpito in negativo. Non a caso ai Padri della Chiesa la teoria del Demiurgo appare come una pericolosa duplicazione del Dio da cui deriva un’altrettanto rischiosa duplicazione qualitativa del Cristo. È qui evidente una prima grande critica di ordine teologico. Tertulliano, che come è stato espresso in precedenza sostiene la continuità tra Dio di grazia e Dio della legge, non può accettare le posizioni dualistiche degli gnostici. Il dualismo valentiniano è così radicale da proporre l’esistenza di due Cristi, uno storico ed incarnazione materiale del secondo, pneumatico ed interno al Pleroma. Tertulliano professa l’unicità di Dio e combatte il dualismo marcionita tanto quello valentiniano, sconfessando qualsiasi frattura ontologica sostenuta dagli eretici. In questo passo viene anche sviluppata la polemica alla dialettica aristotelica, utilizzata dagli eretici come strumento assolutamente retorico e ridondante per convincere, tramite ragionamenti vuoti, della validità delle proprie dottrine. “Cercate e troverete, infatti, non deve essere interpretato senza un metodo razionale. Ma il significato di questa frase di Cristo si basa su tre punti: sul contenuto, sulla circostanza e sul modo. Sul contenuto, nel senso, cioè, che si consideri che cosa si debba cercare, sì da considerare quando; sul modo, sì da considerare fino a che punto può giungere un’interpretazione. Pertanto bisogna cercare quello che Cristo ha insegnato, vale a dire, per tutto il tempo che tu non lo abbia trovato, vale a dire, finché tu non lo abbia trovato. E una volta che tu hai cominciato a credere, tu lo hai trovato. […] Dove sarà, infatti, un termine della ricerca? Dove sarà il punto fisso del credere? Presso Valentino?” 53 Questo passo merita di essere analizzato in dettaglio perché rappresenta la chiave di lettura dell’intero De Praescriptione Haereticorum. Questo brano definisce l’oggetto della ricerca per l’autentico cristiano. Seguendo il consiglio del Cristo ‹‹cercate e troverete››, Tertulliano cerca di salvare la ricerca da una 53 Ivi, p. 43. 47

<strong>Tertulliano</strong> fa qui riferimento all’enthymesis e all’ectroma che sono due termini<br />

tecnici della dottrina valentiniana. Precisamente il Demiurgo proviene<br />

dall’enthymesis, la saggezza esterna al Pleroma, mentre l’ectroma è l’aborto<br />

espulso oltre il Limite. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> ne faccia brevemente riferimento è<br />

testimone del fatto che i due aspetti citati lo abbiano colpito in negativo. Non a<br />

caso ai Padri della Chiesa la teoria del Demiurgo appare come una pericolosa<br />

duplicazione del Dio da cui deriva un’altrettanto rischiosa duplicazione qualitativa<br />

del Cristo. È qui evidente una prima grande critica <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne teologico.<br />

<strong>Tertulliano</strong>, che come è stato espresso in precedenza sostiene la continuità tra Dio<br />

<strong>di</strong> grazia e Dio della legge, non può accettare le posizioni dualistiche degli<br />

gnostici. Il dualismo valentiniano è così ra<strong>di</strong>cale da proporre l’esistenza <strong>di</strong> due<br />

Cristi, uno storico ed incarnazione materiale del secondo, pneumatico ed interno<br />

al Pleroma. <strong>Tertulliano</strong> professa l’unicità <strong>di</strong> Dio e combatte il dualismo marcionita<br />

tanto quello valentiniano, sconfessando qualsiasi frattura ontologica sostenuta<br />

dagli eretici.<br />

In questo passo viene anche sviluppata la polemica alla <strong>di</strong>alettica aristotelica,<br />

utilizzata dagli eretici come strumento assolutamente retorico e ridondante per<br />

convincere, tramite ragionamenti vuoti, della vali<strong>di</strong>tà delle proprie dottrine.<br />

“Cercate e troverete, infatti, non deve essere interpretato senza un metodo razionale. Ma il<br />

significato <strong>di</strong> questa frase <strong>di</strong> Cristo si basa su tre punti: sul contenuto, sulla circostanza e sul modo.<br />

Sul contenuto, nel senso, cioè, che si consideri che cosa si debba cercare, sì da considerare quando;<br />

sul modo, sì da considerare fino a che punto può giungere un’interpretazione. Pertanto bisogna<br />

cercare quello che Cristo ha insegnato, vale a <strong>di</strong>re, per tutto il tempo che tu non lo abbia trovato,<br />

vale a <strong>di</strong>re, finché tu non lo abbia trovato. E una volta che tu hai cominciato a credere, tu lo hai<br />

trovato. […] Dove sarà, infatti, un termine della ricerca? Dove sarà il punto fisso del credere?<br />

Presso <strong>Valentino</strong>?” 53<br />

Questo passo merita <strong>di</strong> essere analizzato in dettaglio perché rappresenta la<br />

chiave <strong>di</strong> lettura dell’intero De Praescriptione Haereticorum. Questo brano<br />

definisce l’oggetto della ricerca per l’autentico cristiano. Seguendo il consiglio del<br />

Cristo ‹‹cercate e troverete››, <strong>Tertulliano</strong> cerca <strong>di</strong> salvare la ricerca da una<br />

53 Ivi, p. 43.<br />

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