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Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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illegale, <strong>di</strong> respingere l’azione giuri<strong>di</strong>ca qualora egli avesse posseduto tale bene<br />

per un determinato periodo <strong>di</strong> tempo fissato dalla legge.<br />

<strong>Tertulliano</strong> utilizza proprio la norma della ‹‹longi temporis praescriptio›› per<br />

applicarla alla polemica antieretica e anti – valentiniana. L’argomento che<br />

<strong>Tertulliano</strong> intende affrontare, ricorrendo all’espe<strong>di</strong>ente delle prescrizioni, è il<br />

seguente: a chi spetta legittimamente il possesso delle scritture? Agli eretici o agli<br />

ortodossi? La grande <strong>di</strong>fferenza d’intenti e proponimenti con Ireneo sta proprio in<br />

questa formulazione giuri<strong>di</strong>ca. Prima <strong>di</strong> affrontare gli eretici sul piano religioso e<br />

teologico, <strong>Tertulliano</strong> intende, sin da principio, <strong>di</strong>mostrare che essi non hanno<br />

<strong>di</strong>ritto alcuno <strong>di</strong> basarsi sulle Sacre Scritture. Per questo motivo <strong>Tertulliano</strong> insiste<br />

molto sull’anteriorità cronologica della Grande Chiesa in opposizione alla recente<br />

fioritura gnostica. L’anteriorità temporale della Chiesa apostolica rispetto alle<br />

sètte eretiche e alla scuola valentiniana non si risolve solo in un mero dato<br />

cronologico; essa ha soprattutto valore storico e valenza giuri<strong>di</strong>ca, perché<br />

testimonia tanto l’esistenza della tra<strong>di</strong>zione cristiana quanto, soprattutto, il suo<br />

legittimo possesso delle Scritture. Le chiese apostoliche e non quelle eretiche sono<br />

le <strong>di</strong>rette depositarie della verità e del messaccio <strong>di</strong> Cristo. Solo in questo modo<br />

<strong>Tertulliano</strong> può trasformare la polemica con gli eretici, da dottrinale come è in<br />

Ireneo, in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> carattere storico e giuri<strong>di</strong>co.<br />

L’utilizzo del concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione e l’impiego dello strumento giuri<strong>di</strong>co sono<br />

aspetti importanti su cui vale la pena soffermarsi. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> attinga a<br />

piene mani dal <strong>di</strong>ritto romano testimonia quanto sia rilevante l’impianto legalista<br />

della sua teologia. Precedentemente è stato espresso come la facoltà del libero<br />

arbitrio si strutturi in una vera e propria <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede.<br />

L’utilizzo dello strumento giuri<strong>di</strong>co sottolinea come questa tendenza archeo –<br />

ontologica sia in<strong>di</strong>spensabile anche nella polemica antignostica. Il fatto stesso che<br />

<strong>Tertulliano</strong> utilizzi la longi temporis praescriptio per definire una tra<strong>di</strong>zione<br />

cristiana <strong>di</strong>mostra come la forma giuri<strong>di</strong>ca, più che essere concepita come<br />

strumento della confutazione, sia invece una necessità <strong>di</strong> carattere teologico. Il<br />

concetto stesso <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione ripropone quel tentativo <strong>di</strong> armonizzare grazia e<br />

legge cui si faceva riferimento precedentemente. Il kerygma viene me<strong>di</strong>ato e<br />

ri<strong>di</strong>mensionato, pensato in continuità con la legge dell’Antico testamento.<br />

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