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Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua

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vescovi. In una chiesa attraversata da <strong>di</strong>verse correnti eterogenee e colpita dalle<br />

eresie, bisogna essere in grado <strong>di</strong> orientarsi in<strong>di</strong>viduando chi conserva<br />

autenticamente la parola e la fede in Dio. La stretta connessione temporale tra<br />

apostoli e vescovi permette che il messaggio cristiano si conservi, trasmettendosi<br />

intatto, per successione.<br />

<strong>Tertulliano</strong> riprende la riflessione <strong>di</strong> Ireneo sopra descritta, ma il tema assume<br />

nella sua trattazione una <strong>di</strong>fferente rilevanza. <strong>Tertulliano</strong> non è il primo apologeta<br />

a formulare una dottrina organica e complessiva sulla tra<strong>di</strong>zione, ma a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> Ireneo, inserisce il concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione all’interno <strong>di</strong> un sistema chiaramente<br />

giuri<strong>di</strong>co. Egli ha quin<strong>di</strong> cercato <strong>di</strong> dare una valenza giuri<strong>di</strong>ca al concetto <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zione. <strong>Tertulliano</strong> riprende a piene mani la formulazione <strong>di</strong> Ireneo circa<br />

l’importanza della successione apostolica dei vescovi, utilizzando però lo<br />

strumento tecnico – giuri<strong>di</strong>co della ‹‹praescriptio›› o prescrizione, termine che<br />

compare già nel titolo dell’opera facendo così chiaro riferimento al <strong>di</strong>ritto<br />

romano 46 .<br />

Pertanto è necessario spiegare che cosa sono giuri<strong>di</strong>camente le prescrizioni e<br />

fino a che punto tale norma legale entri nel <strong>di</strong>scorso religioso dell’autore,<br />

soprattutto per ciò che concerne la violenta polemica contro i Valentiniani.<br />

Nel <strong>di</strong>ritto romano, il pretore incaricato dell’amministrazione giuri<strong>di</strong>ca, e<br />

quin<strong>di</strong>, della preparazione del processo, inviava al giu<strong>di</strong>ce la cosiddetta<br />

‹‹formula››, la quale conteneva le con<strong>di</strong>zioni in<strong>di</strong>spensabili e necessarie cui<br />

attenersi per il regolare svolgimento del processo. Questo proce<strong>di</strong>mento prende<br />

nome <strong>di</strong> ‹‹intentio›› tramite cui, per l’appunto, si “intendeva” un processo.<br />

All’interno <strong>di</strong> questo quadro giuri<strong>di</strong>co le ‹‹Praescriptiones›› erano delle clausole<br />

che potevano essere utilizzate tanto dall’accusato, quanto dall’accusatore, per<br />

favorire la propria posizione. Il loro intento è quello <strong>di</strong> sollevare delle obiezioni,<br />

<strong>di</strong> modo che un nuovo principio giuri<strong>di</strong>co si opponesse a quello dell’‹‹intentio›› 47 .<br />

Una delle prescrizioni più utilizzate in epoca romana era la ‹‹longi temporis<br />

praescriptio›› ovvero la “prescrizione dovuta alla lunghezza del tempo trascorso”;<br />

essa permetteva a colui che possedeva qualche bene, a parer <strong>di</strong> altri in modo<br />

46 Ivi, p. 11.<br />

47 Ibidem.<br />

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