Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua
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pur non eliminando il corrispettivo escatologico. Il libero arbitrio <strong>di</strong>viene<br />
fondamentale in quanto immagine e somiglianza della <strong>di</strong>vinità, a scapito<br />
dell’onnipotente volontà <strong>di</strong> Dio, ri<strong>di</strong>mensionata e relativizzata. Con queste<br />
premesse la relazione con i Valentiniani non può che risultare problematica. Certo<br />
non è possibile affermare che nella produzione teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />
l’escatologia e il carisma primitivo siano del tutto scomparsi. Indubbiamente essi<br />
sono subor<strong>di</strong>nati all’urgenza legalistica, ma nient’affatto svaniti.<br />
È chiaro che lo scopo principale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, in quanto Padre apologeta, sia<br />
<strong>di</strong>fendere la Chiesa e la sua tra<strong>di</strong>zione. È altrettanto evidente che questa <strong>di</strong>fesa<br />
poggi su una proposta teologica decisamente ri<strong>di</strong>mensionata rispetto<br />
all’entusiasmo eversivo della produzione neotestamentaria. Il fatto che<br />
<strong>Tertulliano</strong>, sulla scia <strong>di</strong> Ireneo e Giustino, proponga una teologia del libero<br />
arbitrio, della continuità tra legge e grazia, della <strong>di</strong>sciplina pedagogica e morale,<br />
non implica che la <strong>di</strong>mensione escatologica risulti completamente assente. In<br />
<strong>Tertulliano</strong> la Legge è già grazia e non rivela, come per gli gnostici, un’identità<br />
<strong>di</strong>vina sovrastorica. La legge è grazia perché educa progressivamente la creatura<br />
ad una profonda intimità con Dio. La legge, offerta una prima volta ad Adamo e<br />
da lui smarrita, viene donata una seconda volta con la rivelazione <strong>di</strong> grazia <strong>di</strong><br />
cristo. Inoltre grazie al libero arbitrio la creatura può scegliere se obbe<strong>di</strong>re o meno<br />
alla Legge, può decidere se volgersi al bene o al male.<br />
Certamente il libero arbitrio è un limite all’eccedenza del dono e <strong>di</strong>stingue<br />
nettamente il credente <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, impegnato pedagogicamente in una<br />
<strong>di</strong>sciplina salvifica capace <strong>di</strong> re<strong>di</strong>merlo definitivamente, dall’eletto valentiniano,<br />
poco attento a qualsiasi <strong>di</strong>sciplina perché già ontologicamente in possesso della<br />
Salvezza. Tuttavia, seppur ri<strong>di</strong>mensionato, l’orizzonte escatologico non è<br />
assolutamente scomparso: il libero arbitrio rimane il dono supremo che Dio ha<br />
concesso alla sua immagine creata, la sola degna <strong>di</strong> riflettere la potenza del Dio<br />
creatore. La forza della ragione è tale che la creatura può servirsene persino per<br />
emanciparsi dalla stessa <strong>di</strong>vinità. La grazia <strong>di</strong> Dio è dunque certamente ridotta, ma<br />
nient’affatto eliminata.<br />
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