Tertulliano interprete di Valentino - Saggio III Athene Noctua
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Numero III Athene Noctua I nostri saggi Tertulliano interprete di Valentino Di Federico Della Sala www.Athenenoctua.it
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Numero<br />
<strong>III</strong><br />
<strong>Athene</strong> <strong>Noctua</strong><br />
I nostri saggi<br />
<strong>Tertulliano</strong> <strong>interprete</strong> <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong><br />
Di<br />
Federico Della Sala<br />
www.<strong>Athene</strong>noctua.it
A Martina Femia
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione .............................................................................................VI<br />
Capitolo primo - La speculazione valentiniana<br />
1.1. Introduzione allo Gnosticismo..........................................................10<br />
1.2. I tratti <strong>di</strong>stintivi della gnosi valentiniana ..........................................13<br />
1.3. Il sistema valentiniano ......................................................................17<br />
1.4. Il meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi in <strong>Valentino</strong>................................29<br />
Capitolo secondo – <strong>Tertulliano</strong> tra ortodossia e montanismo<br />
2.1. Vita, opere e contesto storico............................................................35<br />
2.2. Il periodo protocattolico: il De Praescriptione Haereticorum...........40<br />
2.3. Il periodo pre – montanista e l’Adversus Valentinianos...................52<br />
2.4. La conversione al montanismo .........................................................74<br />
Conclusioni ..............................................................................................79<br />
Bibliografia..............................................................................................82<br />
3
Introduzione<br />
La storia del cristianesimo non è unitaria ed omogenea, bensì è un processo<br />
articolato e tortuoso, caratterizzato da profonde controversie <strong>di</strong> cui le eresie, ad<br />
esempio, sono evidenti manifestazioni. E’ possibile affermare che la storia del<br />
cristianesimo si articola nel rapporto tra il dono gratuito della Grazia e la facoltà<br />
del libero arbitrio, sicché anche le più ra<strong>di</strong>cali risposte teologiche debbono<br />
riconoscere, pure in minima parte, anche l’elemento opposto, che viene sempre e<br />
comunque accolto, anche se in modo subor<strong>di</strong>nato, <strong>di</strong> modo ché, chi opterà per<br />
l’onnipotenza <strong>di</strong>vina, dovrà riconoscere il ruolo relativo anche alla libertà<br />
dell’in<strong>di</strong>viduo mentre chi opterà per il libero determinarsi della creatura non potrà<br />
misconoscere il ruolo relativo della Grazia <strong>di</strong> Dio.<br />
Le ricerche teologiche dei cristiani del II secolo d.C. erano tutte in<strong>di</strong>rizzate e<br />
finalizzate alla soluzione del <strong>di</strong>lemma che esiste nel rapporto tra Grazia e libero<br />
arbitrio. Il protocattolicesimo cercava <strong>di</strong> conseguire un precario equilibrio tra<br />
tra<strong>di</strong>zione giudaico – cristiana e novità escatologica, subor<strong>di</strong>nando la novità<br />
carismatica all’interpretazione legalista <strong>di</strong> continuità tra Antico e Nuovo<br />
testamento. Al contrario gnosticismo e marcionismo evidenziavano la violenta<br />
opposizione tra vangelo <strong>di</strong> Grazia e antica legge giudaica, irrigidendo il dualismo<br />
spirituale in dualismo ontologico.<br />
Quanto appena esposto è rintracciabile e confermato in uno dei rapporti<br />
polemici più intensi del II secolo d.C. : quello <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> <strong>interprete</strong> <strong>di</strong><br />
<strong>Valentino</strong>. <strong>Tertulliano</strong>, come vedremo in seguito, si erige ad alfiere <strong>di</strong><br />
un’ortodossia cristiana profondamente critica nei confronti dell’eresia gnostica.<br />
<strong>Tertulliano</strong>, lettore attento <strong>di</strong> Ireneo, scrive l’Adversus Valentinianos con l’intento<br />
<strong>di</strong> irridere i temi della speculazione valentiniana. La cristologia valentiniana, il<br />
dualismo che sottostà all’intero sistema ontologico, la ra<strong>di</strong>calizzazione<br />
dell’elezione e il senso apocalittico sono i temi principali <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> che<br />
<strong>Tertulliano</strong> interpreta e critica con maggior vigore.<br />
Prima <strong>di</strong> definire i termini <strong>di</strong> questa controversa relazione è opportuno<br />
introdurre il concetto <strong>di</strong> doppio <strong>di</strong>spositivo che permette <strong>di</strong> comprendere più a<br />
fondo la paradossalità del dono <strong>di</strong> Grazia e del rapporto <strong>di</strong> questo con il libero<br />
VI
arbitrio. Focault e Deleuze prima e Agamben 1 dopo, definiscono ‹‹<strong>di</strong>spositivo››<br />
quel meccanismo concettuale capace <strong>di</strong> operare anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo dal suo<br />
innesto e <strong>di</strong> agire impersonalmente anche senza la coscienza dei soggetti<br />
praticanti. Il cristianesimo si fonda quin<strong>di</strong> su due <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>spositivi: il primo,<br />
escatologico, kenotico, carismatico, è emblematico della prospettiva paolina 2 .<br />
Questo primo <strong>di</strong>spositivo annuncia il nuovo regno <strong>di</strong> Dio, che mette in crisi, quasi<br />
sconfessando, la <strong>di</strong>mensione culturale tra<strong>di</strong>zionale. Il Dio che si palesa nel<br />
messaggio del Cristo non è più il “Dio tremendo dell’antico testamento”, bensì è<br />
buono e giu<strong>di</strong>cante. La speranza escatologica porta con sé un forte principio<br />
anarchico e sovvertitore <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne tra<strong>di</strong>zionale. La fede stessa è incentrata su<br />
un messianismo kenotico <strong>di</strong> “un messia alla rovescia” che da Figlio <strong>di</strong> Dio muore<br />
sulla Croce. L’avvento del Nuovo Regno per effusione carismatica dello Spirito<br />
Santo porta alla nuova alleanza tra il Dio che dona la sua Grazia e un nuovo<br />
popolo pronto ad abbandonarsi nella gratuità del suo dono. Il secondo <strong>di</strong>spositivo,<br />
definibile come archeo – ontologico e politico, evidenzia un’anima<br />
completamente <strong>di</strong>versa del cristianesimo. La speranza <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> carità, la<br />
gratuità del dono non possono qui che ibridarsi con la cultura greco – romana per<br />
appoggiarsi su una tra<strong>di</strong>zionale ristrutturazione religiosa capace <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re il<br />
<strong>di</strong>rompente kerygma originario. L’intreccio <strong>di</strong> questi due <strong>di</strong>spositivi<br />
assolutamente inscin<strong>di</strong>bili e bisognosi l’uno dell’altro, nonostante le loro nature<br />
<strong>di</strong>fferenti, caratterizza la molteplicità delle risposte teologiche offerte dai cristiani<br />
del II secolo d.C. . I due <strong>di</strong>spositivi, lungi dall’essere concepiti come ra<strong>di</strong>calmente<br />
stabili, producono una perenne oscillazione sicché anche l’assolutizzazione <strong>di</strong> uno<br />
dei due <strong>di</strong>spositivi conserverà comunque, seppur ri<strong>di</strong>mensionato e subor<strong>di</strong>nato,<br />
anche il secondo <strong>di</strong>spositivo. Il rapporto tra dono <strong>di</strong> Grazia e libero arbitrio passa<br />
attraverso il meccanismo del doppio <strong>di</strong>spositivo cosicché maggiore sarà<br />
l’attenzione sulla gratuità del dono, maggiore risulterà l’importanza del<br />
<strong>di</strong>spositivo escatologico. Maggiore sarà l’interesse per il libero arbitrio e le facoltà<br />
<strong>di</strong> scelta degli in<strong>di</strong>vidui, maggiore sarà l’utilizzo del <strong>di</strong>spositivo archeo –<br />
ontologico. Eppur tuttavia anche la formulazione più ar<strong>di</strong>ta o in senso<br />
VII
escatologico, o in senso archeo – ontologico, non potrà mai fare a meno della<br />
rispettiva controparte.<br />
Ecco dunque che il gran<strong>di</strong>oso mito gnostico <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, lungi dal<br />
rappresentare una mera esaltazione del solo <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, come<br />
farebbero pensare l’imponente impianto ontologico, la filiazione <strong>di</strong>vina, la<br />
sud<strong>di</strong>visione in tre specie umane, è rappresentativo dell’alchimia dei due<br />
<strong>di</strong>spositivi. Ed anzi, paradossalmente, è proprio il <strong>di</strong>spositivo escatologico e<br />
carismatico ad essere esaltato nella gran<strong>di</strong>osa speculazione ontologica dei<br />
Valentiniani. Lo stesso <strong>Tertulliano</strong> può essere compreso solo alla luce <strong>di</strong> quanto<br />
sostenuto sino ad ora, sicché ad essere esaltato nella sua teologia è il <strong>di</strong>spositivo<br />
archeo – ontologico e politico, fondamentale per lo sviluppo della chiesa<br />
protocattolica. La sua svolta montanista, cui approdano le intransigenti posizioni<br />
moraliste da lui sostenute, rivelano, paradossalmente, l’impossibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccarsi<br />
proprio dal <strong>di</strong>spositivo escatologico. Scopo <strong>di</strong> questa tesi è analizzare il rapporto<br />
che <strong>Tertulliano</strong> instaura con la teoria valentiniana alla luce del meccanismo del<br />
doppio <strong>di</strong>spositivo. Utilizzando questa metodologia è possibile esaltare gli aspetti<br />
<strong>di</strong> questa appassionata controversia. È infatti in<strong>di</strong>spensabile osservare che se gli<br />
scritti neotestamentari sono soprattutto <strong>di</strong> carattere escatologico, la produzione del<br />
II secolo evidenzia una me<strong>di</strong>azione del kerygma originario. In questo periodo si<br />
assiste infatti ad una riduzione del potente messaggio cristiano. Tali riduzioni, che<br />
partono da prospettive assai <strong>di</strong>fferenti, me<strong>di</strong>ano eticamente, ontologicamente e<br />
legalisticamente il carismatico e l’escatologico. In particolare i padri apologeti<br />
iniziano a concepire la gratuità del dono in sostanziale continuità con l’Antico<br />
Testamento e il messaggio <strong>di</strong>rompente <strong>di</strong> Cristo viene riformulato culturalmente<br />
adattandolo alle categorie del mondo pagano per essere <strong>di</strong>ffuso rapidamente. Le<br />
risposte <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> e <strong>Valentino</strong>, seppur estremamente <strong>di</strong>fferenti l’una dall’altra,<br />
rappresentano al meglio questo delicato passaggio. Il pleroma valentiniano e la<br />
soluzione legalista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> rispondono, <strong>di</strong>versamente, alla medesima<br />
necessità. Il fatto che la riduzione archeo – ontologica e politica <strong>di</strong> entrambe gli<br />
autori non elimini affatto la <strong>di</strong>pendenza dal kerygma primor<strong>di</strong>ale è la conclusione<br />
cui vuole approdare questa tesi. La necessità gnostica <strong>di</strong> utilizzare il <strong>di</strong>spositivo<br />
V<strong>III</strong><br />
archeo – ontologico non elimina affatto l’importanza del <strong>di</strong>spositivo escatologico.
La necessità <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, che dei Valentiniani è avversario <strong>di</strong>chiarato, <strong>di</strong><br />
utilizzare il <strong>di</strong>spositivo archeo - ontologico non elimina affatto il fondamento<br />
carismatico.<br />
IX
Capitolo primo<br />
La speculazione valentiniana<br />
10
1.1. Introduzione allo gnosticismo<br />
All’inizio dell’era cristiana e per tutti i due secoli precedenti la venuta <strong>di</strong><br />
Cristo, il mondo me<strong>di</strong>terraneo orientale è pervaso da un profondo fermento<br />
spirituale. La genesi stessa del cristianesimo e l’accoglienza del suo messaggio<br />
escatologico sono manifestazioni evidenti <strong>di</strong> tale agitazione. La crisi spirituale<br />
trovò la sua più ar<strong>di</strong>ta ed estrema rappresentazione nella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> sètte<br />
gnostiche che iniziarono a svilupparsi e fiorire durante l’espansione cristiana.<br />
Ma cosa si intende per gnosticismo? Hans Jonas, uno dei maggiori stu<strong>di</strong>osi del<br />
movimento, nell’opera Lo gnosticismo definisce la gnosi in questi termini:<br />
“Il termine ‹‹gnosticismo›, che è stato assunto come termine collettivo per <strong>di</strong>segnare una<br />
molteplicità <strong>di</strong> dottrine settarie che sorsero all’interno o intorno al cristianesimo durante i primi<br />
due secoli della sua travagliata storia, deriva da gnosis, nome greco che significa ‹‹conoscenza››. Il<br />
significato <strong>di</strong> conoscenza nel senso <strong>di</strong> mezzo per raggiungere la salvezza o persino come forma<br />
della salvezza stessa, e la pretesa <strong>di</strong> possedere tale conoscenza nella propria formulazione<br />
dottrinale, sono caratteristiche comuni alle numerose sètte nella quali storicamente si espresse il<br />
movimento gnostico.” 3<br />
Una definizione <strong>di</strong> questo tipo spiega perché l’area gnostica possa essere<br />
ampliata o ridotta a seconda del criterio utilizzato. Allo stesso tempo è<br />
storicamente certo che i Padri della Chiesa considerarono lo gnosticismo come<br />
un’eresia cristiana. Da un lato essi si limitarono a confutare quelle posizioni<br />
dottrinarie, come il sistema valentiniano, che avevano adattato la figura del Cristo<br />
ad insegnamenti eterogenei precedenti, dall’altro cercarono <strong>di</strong> colpire quelle sètte,<br />
che avendo un comune fondamento giudaico potevano essere considerate come<br />
scomode competitrici. Il fatto che i Padri della Chiesa assimilarono da subito la<br />
portata del movimento gnostico alle eresie cristiane, non rende giustizia ad un<br />
movimento, che indubbiamente nasce sulla scia del cristianesimo, ma che in modo<br />
altrettanto evidente è frutto <strong>di</strong> un profondo processo <strong>di</strong> sincretismo religioso 4 .<br />
Gnosis significa conoscenza <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong> un Dio ra<strong>di</strong>calmente trascendente e non-<br />
conoscibile naturalmente. In questo senso la conoscenza gnostica è legata<br />
3 Hans Jonas, Lo gnosticismo, Società e<strong>di</strong>trice internazionale, Torino 1991. p. 52.<br />
4 Ivi, p. 53.<br />
11
all’esperienza escatologica della rivelazione, ora custo<strong>di</strong>ta nella dottrina sacra e<br />
segreta, grazie a cui viene tramandata; ma la conoscenza non è solo uno strumento<br />
teorico <strong>di</strong> trasmissione: è la stessa gnosi conoscitiva a mo<strong>di</strong>ficare la con<strong>di</strong>zione<br />
umana attuando la salvezza. In questo secondo senso la conoscenza ha anche, e<br />
soprattutto, funzione pratica perché essa stessa coincide con la salvezza 5 .<br />
Tuttavia è presente anche un rimando all’occidente greco come sarà<br />
evidenziato successivamente. Ciò che è stato qui sostenuto viene, ad esempio,<br />
colto anche da Spengler che, pur non occupandosi specificatamente <strong>di</strong><br />
gnosticismo, teorizza il singolare concetto <strong>di</strong> “pseudomorfismo”, secondo cui se<br />
un nuovo e <strong>di</strong>verso materiale cristallino viene ad occupare lo spazio - cavità - <strong>di</strong><br />
uno strato geologico costituito da cristalli <strong>di</strong>sintegrati, esso sarà inevitabilmente<br />
costretto a ricalcarne lo stampo e <strong>di</strong> conseguenza a prendere la forma del cristallo<br />
precede. In questo esempio il cristallo ormai <strong>di</strong>sintegrato che lascia la sua forma<br />
nello strato geologico è la tra<strong>di</strong>zione greca, mentre il nuovo cristallo formatosi<br />
nello stampo precedente è la nuova tra<strong>di</strong>zione orientale tipica del fermento<br />
spirituale dei primi due secoli d.C. 6 .<br />
È dunque evidente il sincretismo religioso su cui si innesta il principio<br />
gnostico. Da un lato esso è inseparabile dall’avvento escatologico del Cristo,<br />
dall’altro esso attinge al concetto <strong>di</strong> conoscenza mistica orientale pur rimanendo<br />
necessariamente incastrato all’interno dell’orizzonte ontologico greco. Ciò che qui<br />
deve essere evidenziato è la <strong>di</strong>pendenza della speculazione gnostica dal kerygma<br />
cristiano. Se è vero che lo gnosticismo utilizza parte del precedente “materiale<br />
filosofico” greco, è altrettanto vero che questa forma <strong>di</strong> conoscenza <strong>di</strong>pende e<br />
deve la sua origine al messaggio escatologico e carismatico. <strong>Valentino</strong> e i<br />
Valentiniani sono i più ar<strong>di</strong>ti sostenitori <strong>di</strong> questo meccanismo. Prima <strong>di</strong><br />
analizzare nello specifico il sistema valentiniano è opportuno definire meglio<br />
l’intreccio gnostico tra l’escatologia del kerygma e l’ontologizzazione “platonica”.<br />
Ciò è possibile esaminando il dualismo che caratterizza il grande mito<br />
valentiniano: se è vero che il sistema <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> <strong>di</strong>pende maggiormente dalla<br />
tensione escatologica, il risultato dualistico cui approda è paradossalmente in<br />
5 Ivi. pp. 54 – 55.<br />
6 Ivi, p. 57.<br />
12
<strong>di</strong>saccordo con il monoteismo professato da Cristo, ma in continuità con<br />
l’eccedenza del dono. La teologia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, nonostante <strong>di</strong>penda<br />
maggiormente dalla tensione archeo-ontologica, giunge al monoteismo in<br />
paradossale continuità con il kerygma primor<strong>di</strong>ale.<br />
Possiamo definire il dualismo come il “limite” teologico che <strong>di</strong>vide il<br />
protocattolicesimo dalle correnti gnostiche. Il primo utilizza il <strong>di</strong>spositivo archeo-<br />
ontologico per approdare all’escatologia monoteista, il secondo, al contrario,<br />
adopera il <strong>di</strong>spositivo escatologico-carismatico per giungere ad un dualismo<br />
ontoteologico.<br />
1.2. I tratti <strong>di</strong>stintivi della gnosi valentiniana<br />
<strong>Valentino</strong> nacque nel II secolo d.C. ; l’esatta data <strong>di</strong> nascita e il luogo<br />
rimangono assolutamente incerti. È possibile che <strong>Valentino</strong> sia nato o a Cartagine<br />
o a Phrebonis, in Egitto. Sappiamo però che si trasferì ad Alessandria d’Egitto che<br />
era un importante centro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione della filosofia ellenistica neo e me<strong>di</strong>o<br />
platonica. Intorno al 140 – 160 d.C. soggiornò a Roma dove <strong>di</strong>venne <strong>di</strong>acono nel<br />
periodo dei pontificati <strong>di</strong> papa Ignino e Aniceto. Venne espulso dalla chiesa<br />
cattolica per la prima volta nel 143 sotto il pontificato <strong>di</strong> Pio I. Morì a Cipro<br />
probabilmente intorno al 165 d.C. dal momento che <strong>Tertulliano</strong> cita un’opera <strong>di</strong><br />
<strong>Valentino</strong> uscita post mortem e databile 175 d.C. circa. Che l’insegnamento <strong>di</strong><br />
<strong>Valentino</strong> si sia <strong>di</strong>ffuso durante il principato <strong>di</strong> Antonio Pio, che assunse l’impero<br />
nel 138, è attestato dalla notizia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> nel De Praescriptione<br />
Haereticorum 7 . <strong>Valentino</strong> e la sua scuola rappresentano il culmine della<br />
speculazione gnosticismo del II secolo d.C. . Il tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> questa corrente<br />
gnostica è costituito dal tentativo <strong>di</strong> porre l’origine delle tenebre, e quin<strong>di</strong><br />
l’origine della frattura dualistica dell’essere, all’interno della <strong>di</strong>vinità stessa. Da<br />
questa frattura dualistica prende origine la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina, che avrà termine solo<br />
grazie al modello salvifico <strong>di</strong> cui si fanno portavoce i Valentiniani. Nella sua<br />
declinazione più ra<strong>di</strong>cale lo gnosticismo valentiniano si trova a dover affrontare la<br />
<strong>di</strong>fficile convivenza tra dualismo platonico e unicità della <strong>di</strong>vinità. Anche la<br />
nascita della materia va dunque spiegata in termini <strong>di</strong> storia <strong>di</strong>vina e, più<br />
7 <strong>Tertulliano</strong>, Contro gli eretici, Città Nuova E<strong>di</strong>trice, Roma 2002. p. 36.<br />
13
precisamente, in termini <strong>di</strong> errore o fallimento <strong>di</strong>vini. Proprio questo dualismo<br />
ra<strong>di</strong>cale è la minaccia più grande per la chiesa protocattolica. Il dualismo<br />
valentiniano, esattamente come quello marcionita, malgrado rappresentino<br />
un’esasperazione teologica <strong>di</strong> carattere ellenista del kerygma originario,<br />
testimoniano, paradossalmente, un tentativo <strong>di</strong> fedeltà ad alcuni dei temi<br />
neotestamentari. Negli gnostici il dualismo evidenzia l’eccedenza del dono <strong>di</strong>vino<br />
fino al punto che la stessa elezione <strong>di</strong>venta intimità ontologica con la <strong>di</strong>vinità.<br />
Da questo punto <strong>di</strong> vista la conoscenza assume uno stato ontologico <strong>di</strong> rilievo,<br />
che va molto oltre la semplice importanza morale. La conoscenza riceve nella<br />
dottrina valentiniana un fondamento metafisico tale da costituire l’unico e<br />
sufficiente veicolo <strong>di</strong> salvezza. La salvezza <strong>di</strong> ogni singola anima <strong>di</strong>viene così un<br />
evento cosmico garantito da una solida base metafisica. Per tale motivo ogni<br />
illuminazione in<strong>di</strong>viduale me<strong>di</strong>ante la conoscenza gnostica è in grado <strong>di</strong> annullare<br />
metafisicamente il prodotto materiale dell’ignoranza. L’integrazione dell’Io<br />
in<strong>di</strong>viduale nel regno <strong>di</strong>vino è quin<strong>di</strong> importante non solo per l’in<strong>di</strong>viduo che<br />
beneficia <strong>di</strong> tale assunzione, ma <strong>di</strong>viene emblematico <strong>di</strong> un processo cosmico <strong>di</strong><br />
reintegrazione della stessa sostanza <strong>di</strong>vina andata perduta ed inquinata dalla<br />
creazione materiale ad opera dell’ignoranza 8 .<br />
Con la pretesa che la propria speculazione fornisca le basi per la conoscenza<br />
mistica in<strong>di</strong>spensabile per raggiungere la salvezza, i Valentiniani, come ci<br />
tramanda Ireneo, potevano, respingendo tutto il rituale misterioso e sacramentale<br />
cattolico, affermare:<br />
“Non si deve compiere il mistero del potere ineffabile e invisibile per mezzo delle cose visibili<br />
e corruttibili della creazione, né quello degli esseri impensabili e immateriali per mezzo delle cose<br />
sensibili e corporee. La salvezza perfetta è la conoscenza stessa dell’ineffabile grandezza: perché<br />
essendo venuti attraverso l’Ignoranza, il Difetto e la Passione, tutto il sistema generato<br />
dall’Ignoranza è <strong>di</strong>ssolto dalla conoscenza. […] per mezzo della conoscenza l’uomo interiore,<br />
spirituale, è salvato perciò a noi è sufficiente la conoscenza dell’essere universale questa è la vera<br />
salvezza.” 9<br />
8 Ivi, pp. 191-192.<br />
9 Ibidem.<br />
14
Questa è la grande ‹‹equazione pneumatica›› del pensiero valentiniano:<br />
l’evento umano in<strong>di</strong>viduale della conoscenza salvifica è l’equivalente opposto<br />
dell’evento pre-cosmico dell’ignoranza <strong>di</strong>vina, e nel suo effetto redentivo<br />
appartiene intimamente al medesimo or<strong>di</strong>ne ontologico.<br />
Appare dunque chiaro che i due punti essenziali della gnosi <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong><br />
corrispondono al duplice obiettivo della speculazione valentiniana : da una parte<br />
quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare il motivo intrinseco, assolutamente interno, della tragica<br />
degenerazione <strong>di</strong>vina senza introdurre alcun agente esterno, dall’altra parte <strong>di</strong><br />
giustificare la gnosi stessa come conoscenza elettiva destinata solo a coloro che<br />
sono ontologicamente spirituali. Malgrado l’imponente mitizzazione speculativa, i<br />
due aspetti ora evidenziati appaiono in paradossale continuità con l’annuncio <strong>di</strong><br />
grazia. Per ciò che concerne la trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina i Valentiniani traducono in eoni,<br />
trascendenti, decaduti, rivelati, assunti, la dottrina della giustificazione. Rispetto il<br />
secondo punto il mito valentiniano è ancor più ra<strong>di</strong>cale. Il dono <strong>di</strong> grazia subisce<br />
un processo <strong>di</strong> ontologizzazione tale che l’evento gratuito <strong>di</strong>viene eterno. L’uomo<br />
spirituale, in quanto fatto della stessa sostanza trascendente del Padre e del Figlio,<br />
è naturalmente graziato, eletto e redento.<br />
Prima <strong>di</strong> analizzare in dettaglio il sistema valentiniano è però opportuno fare<br />
almeno due precisazioni essenziali per contestualizzare lo gnosticismo<br />
valentiniano. È fondamentale ricordare che <strong>Valentino</strong> è l’unico degli Gnostici che<br />
ebbe tutta una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>scepoli conosciuti per nome, tra cui i più noti sono<br />
Tolomeo, Eracleone e Marco. Lo sviluppo <strong>di</strong> una vera e propria scuola <strong>di</strong><br />
formazione valentiniana è confermata sia da Ireneo che da <strong>Tertulliano</strong> che parlano<br />
appunto <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> e dei ‹‹Valentiniani››. Tolomeo, Eracleone e Marco furono<br />
effettivamente dei capiscuola ed insegnarono le loro versioni della dottrina<br />
valentiniana. La <strong>di</strong>vergenza, ed in alcuni casi la <strong>di</strong>scordanza, dalla dottrina<br />
valentiniana <strong>di</strong>mostrata dai capiscuola successivi è <strong>di</strong> fatto connaturata ed insita<br />
nel metodo speculativo adottato da <strong>Valentino</strong> stesso. Gli sviluppi continuamente<br />
<strong>di</strong>fferenti della dottrina originaria sono tali che le poche fonti <strong>di</strong>rette ed in<strong>di</strong>rette<br />
<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponiamo, altro non sono che molteplici rielaborazioni e versioni della<br />
seconda generazione valentiniana. Ad esempio, solo della dottrina <strong>di</strong> Pleroma<br />
sono <strong>di</strong>sponibili almeno sette versioni riportate o riferite da Ireneo, Ippolito,<br />
15
Epifanio e Teodoro. Proprio Ireneo ironicamente nota che: ‹‹Ogni giorno ciascuno<br />
<strong>di</strong> loro inventa qualche cosa <strong>di</strong> nuovo, e nessuno è considerato perfetto se non è<br />
produttivo in tal senso›› 10 .<br />
Questo problema porta alla seconda precisazione in<strong>di</strong>spensabile prima <strong>di</strong><br />
introdurre il sistema valentiniano. La sovrabbondanza <strong>di</strong> versioni della medesima<br />
teoria implica anche l’estrema problematicità a rintracciare le fonti che si rifanno<br />
alla versione originale ed autentica <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>. La dottrina e il nome <strong>di</strong><br />
<strong>Valentino</strong> compaiono in molteplici testimonianze dell’epoca come nell’Apocrifo<br />
<strong>di</strong> Giovanni o nel Vangelo della Verità, che secondo alcuni stu<strong>di</strong>osi è stato redatto<br />
proprio da <strong>Valentino</strong>. È però opportuno riferirsi soprattutto all’opera critica <strong>di</strong><br />
Ireneo <strong>di</strong> Lione, uno dei principali Padri della Chiesa 11 . Ireneo nasce a Smirne nel<br />
130 d.C. e muore a Lione nel 202 d.C. . La sua opera principale è l’ Adversus<br />
haereses, “Contro le eresie”, in cui il Vescovo <strong>di</strong> Lione sviluppa un’approfon<strong>di</strong>ta<br />
critica allo gnosticismo valentiniano, confutando, ad esempio, l’esistenza <strong>di</strong> due<br />
Cristi, uno <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina e l’altro <strong>di</strong> natura umana, il possesso ontologico della<br />
Salvezza e riaffermando l’unicità <strong>di</strong> Dio e la finitezza delle sue creature.<br />
Il delirio del mito gnostico viene combattuto a favore dell’armonia tra Grazia e<br />
Legge, tra fede e libertà razionale e responsabile. Nel corso <strong>di</strong> tutta l’opera è<br />
chiaro l’intento <strong>di</strong> arginare il pericolo gnostico che, nel II secolo d.C. ,<br />
rappresentava una concreta minaccia per le comunità protocattoliche. La<br />
speculazione valentiniana era emblematica del rischio spirituale che poteva<br />
portare un’eresia con un impianto dottrinale solido e ben articolato, capace <strong>di</strong><br />
affascinare molti cristiani. La confutazione messa in atto da Ireneo cerca <strong>di</strong> colpire<br />
lo gnosticismo sul terreno delle Sacre Scritture e della teologia. Questo aspetto è<br />
fondamentale perché proprio la ra<strong>di</strong>cale polemica <strong>di</strong> Ireneo sui temi teologici ha<br />
permesso alla dottrina <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> <strong>di</strong> arrivare quasi intatta sino ai giorni nostri.<br />
Successivamente anche <strong>Tertulliano</strong>, che attinge a piene mani dall’ Adversus<br />
haereses per conoscere la gnosi valentiniana, finisce per contrastare e contestare<br />
<strong>Valentino</strong> sui medesimi temi teologici trattati da Ireneo anche se, come vedremo<br />
approfon<strong>di</strong>tamente in seguito, in modo profondamente <strong>di</strong>verso. Per analizzare la<br />
10 Ivi, pp. 194 -195.<br />
11 Ibidem.<br />
16
speculazione valentiniana è quin<strong>di</strong> preferibile rimanere fedeli alla ricostruzione <strong>di</strong><br />
Ireneo.<br />
1.3. Il sistema valentiniano<br />
I misteri ancestrali dei primor<strong>di</strong> vengono introdotti da queste parole solenni:<br />
‹‹Lo spirito in<strong>di</strong>struttibile saluta gli in<strong>di</strong>struttibili! A voi svelo segreti senza nome,<br />
ineffabili, sopracelesti, che non possono essere compresi […] dagli esseri<br />
inferiori›› 12 . Già dall’inizio è palese l’aura misteriosa ed esoterica che caratterizza<br />
la produzione gnostica dei Valentiniani. In che cosa consiste questa dottrina<br />
assolutamente elitaria e segreta?<br />
Nelle altezze invisibili e senza nome c’è un perfetto Eone preesistente. Questo<br />
viene definito con molteplici nomi: Pre – principio, Progenitore, Padre. Questo<br />
Eone conserva molti dei tratti dell’Uno teorizzato da Plotino nelle Ennea<strong>di</strong>.<br />
Questo eterno Eone, assolutamente unico, incorruttibile, totalmente trascendente e<br />
sussistente per sé stesso, ovvero non generato da nessun altro Eone. <strong>Valentino</strong><br />
chiama questo principio primo Bythos (dal greco Βυθός), Abisso. Nessuno può<br />
comprenderlo e per innumerevoli eternità rimane nel più profondo riposo. Con lui,<br />
e più precisamente dentro <strong>di</strong> lui, è presente un’Ennoia chiamata a seconda delle<br />
versioni Grazia o Silenzio (dal greco Σιγὴν). Per i Valentiniani si tratterebbe del<br />
principio femminile interno alla sostanza primor<strong>di</strong>ale. È altamente probabile che<br />
l’Ennoia come principio femminile sia introdotto da <strong>Valentino</strong> per giustificare la<br />
successiva generazione degli Eoni. D’altro canto il fatto <strong>di</strong> inserire un principio<br />
femminile all’interno <strong>di</strong> Bythos garantisce l’assoluta unicità del pre – principio<br />
senza far venir meno l’assoluta e perfetta compattezza dell’essere 13 . Dall’altra,<br />
come vedremo successivamente, è proprio la generazione <strong>di</strong> Abisso e Silenzio a<br />
produrre la frattura dualistica tra Pleroma e mondo esterno.<br />
Bythos -Abisso-, ormai stanco <strong>di</strong> non poter essere ammirato se non da sé<br />
stesso, pensò <strong>di</strong> proiettare fuori <strong>di</strong> sé tutte le cose, che vennero gettate sottoforma<br />
<strong>di</strong> seme nel grembo <strong>di</strong> Silenzio. Essa concepì e generò Nous, la mente (in greco<br />
nous è emblematico del principio maschile): l’unico Eone in tutto simile ed eguale<br />
12 Hans Jonas, Lo gnosticismo, Società e<strong>di</strong>trice internazionale, Torino 1991. pp. 195 – 196.<br />
13 Ibidem.<br />
17
al Padre, nonché il solo a comprendere la sua assoluta grandezza. Insieme a Nous<br />
venne generata anche Aletheia, Verità, rappresentativa del secondo principio<br />
femminile. Abisso e Silenzio, Mente e Verità costituiscono la prima Tetrade<br />
fondamentale del Pleroma o regno <strong>di</strong>vino.<br />
Nous, comprendendo imme<strong>di</strong>atamente il proposito con cui era stato generato,<br />
assieme ad Aletheia originò una terza coppia <strong>di</strong> Eoni: Logos e Vita,<br />
rispettivamente padre <strong>di</strong> tutte le cose venute dopo <strong>di</strong> lui e forma – madre <strong>di</strong> tutto il<br />
Pleroma 14 . Da loro <strong>di</strong>scende un’altra sizigia o coppia <strong>di</strong> Eoni: l’Uomo e la Chiesa.<br />
Tutti insieme costituiscono la prima Ogdoade originaria. Questi Eoni, prodotti per<br />
la gloria del Padre, vollero, a loro volta, celebrarlo con proprie creazioni ed<br />
emanazioni. Da Logos e Vita si generarono altri <strong>di</strong>eci Eoni supplementari, mentre<br />
da uomo e Chiesa <strong>di</strong>scesero do<strong>di</strong>ci Eoni, cosicché la somma complessiva <strong>di</strong> questi<br />
con l’Ogdoade , costituisce una famiglia perfetta <strong>di</strong> trenta Eoni sud<strong>di</strong>visi in<br />
quin<strong>di</strong>ci coppie. La pienezza della perfezione <strong>di</strong>vina è così compiuta ed il Pleroma<br />
definitivamente costituito.<br />
Tralasciando i particolari <strong>di</strong> questo processo generativo è qui importante<br />
sottolineare almeno un punto fondamentale che costituisce la base della<br />
successiva crisi del Pleroma. Il primo decisivo aspetto è che il Pleroma, pur<br />
rappresentando la perfezione del regno <strong>di</strong>vino non deve essere concepito ed<br />
interpretato come un insieme omogeneo; piuttosto, esso è definito e costituito da<br />
una molteplicità totalmente <strong>di</strong>spiegata <strong>di</strong> caratteristiche <strong>di</strong>vine, or<strong>di</strong>nate<br />
gerarchicamente dal grado più alto a quello più basso 15 . Solo L’Unigenito Nous<br />
ha la capacità <strong>di</strong> esplorare la grandezza del Padre, essendo <strong>di</strong>rettamente generato<br />
da lui. Per tutti gli altri Eoni, Abisso rimane assolutamente invisibile e<br />
incomprensibile. Tutti gli Eoni sanno dell’esistenza <strong>di</strong> Abisso, ma solo Nous ha la<br />
possibilità <strong>di</strong> ammirarlo completamente. Ai restanti Eoni non è concessa questa<br />
possibilità.<br />
Proprio in virtù <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fferenza conoscitiva Nous desidera comunicare la<br />
grandezza del Padre anche ai livelli inferiori della gerarchia, ma viene<br />
prontamente zittito da Silenzio per volontà stessa <strong>di</strong> Abisso, che vuole condurli<br />
14 Ivi, p. 197.<br />
15 Ibidem.<br />
18
alla conoscenza me<strong>di</strong>ante un processo <strong>di</strong> ricerca. Così facendo gli Eoni<br />
desiderano ardentemente <strong>di</strong> poterlo conoscere e <strong>di</strong> rintracciare finalmente la ra<strong>di</strong>ce<br />
senza principio.<br />
“In verità il Tutto era alla ricerca <strong>di</strong> Colui dal quale essi provenivano. Ma il tutto era in Lui,<br />
quell’Uno Incomprensibile, Inconcepibile, che è superiore ad ogni pensiero.” 16<br />
Proprio nell’ardente desiderio <strong>di</strong> una conoscenza inaccessibile risiede il<br />
principio della crisi del Pleroma. La sua perfezione deriva dall’armonia<br />
dell’or<strong>di</strong>ne gerarchico in cui ogni parte osserva scrupolosamente i propri limiti. Il<br />
desiderio e la passione, sviluppatesi nelle vette più alte della gerarchia, prossime<br />
al Nous, <strong>di</strong>scesero fino a penetrare Sophia, l’ultima Ennoia generata nel Pleroma.<br />
Sophia impazzì completamente, in apparenza per amor <strong>di</strong> conoscenza, ma in<br />
verità per la folle presunzione <strong>di</strong> superare i propri limiti nel tentativo <strong>di</strong> conoscere<br />
l’essenza. La passione coincide dunque con la ricerca angosciosa del Padre.<br />
Tuttavia Sophia fallì in questo tentativo estremo cadendo in <strong>di</strong>sgrazia ed in<br />
agonia. Essendo penetrata per brama <strong>di</strong> conoscenza nelle profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Abisso,<br />
Sophia avrebbe corso il rischio <strong>di</strong> essere completamente assorbita nell’essere<br />
generale. Per salvare Sophia e la stabilità del Pleroma intervenne Horos, il Limite.<br />
Il Limite trattenne Sophia, riportandola in sé, convincendola dell’inconoscibilità<br />
del Padre.<br />
La passione e il successivo ristabilimento <strong>di</strong> Sophia si concretizzano in un<br />
effetto che si estende anche al <strong>di</strong> fuori del Pleroma. L’entità informe, che ha fatto<br />
nascere nell’impossibile tentativo <strong>di</strong> cogliere il Padre è l’oggettivazione della sua<br />
componente passionale. Alla vista <strong>di</strong> questa sua morbosa creazione, Sophia è<br />
scossa da <strong>di</strong>verse emozioni: angoscia, paura, sorpresa, pentimento. Anche queste<br />
emozioni, chiaramente dannose per l’equilibrio del Pleroma, vengono incorporate<br />
nell’uniformità ed espulse oltre il Limite del Pleroma 17 .<br />
La prima Sophia viene così definitivamente purificata e consolidata dal Limite<br />
all’interno del regno <strong>di</strong>vino. La sua intenzione e le sue emozioni, una volta<br />
16 Ivi, p. 198.<br />
17 Ivi, p. 199.<br />
19
<strong>di</strong>venute effettive, non possono essere annullate in quanto prodotto <strong>di</strong>vino. In tal<br />
modo viene a generarsi una seconda Sophia, inferiore perché cacciata fuori dalla<br />
perfezione del Pleroma dal Limite. Questo complesso intreccio espulso e separato<br />
è una sostanza spirituale ipostatizzata che rimane tuttavia priva <strong>di</strong> forma essendo<br />
‹‹un aborto prodotto senza concepimento›› 18 .<br />
Come è stato precedentemente espresso l’importanza della speculazione<br />
valentiniana risiede soprattutto nella portata dualistica delle sue tesi. È dunque<br />
opportuno considerare con estrema cura l’importanza <strong>di</strong> Horos, il Limite, e del<br />
suo meccanismo dualistico che segue l’acca<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Sophia.<br />
Dall’analisi del dramma <strong>di</strong>vino e del potenziale crollo del sistema del Pleroma,<br />
appare evidente la doppia funzione <strong>di</strong> Limite: una stabilizzante, l’altra separatrice.<br />
Nel primo caso Horos è chiamato Croce, nel secondo Limite. Le due funzioni<br />
sono esercitate anche in due luoghi <strong>di</strong>fferenti del sistema valentiniano. La Croce è<br />
il limite che <strong>di</strong>vide Abisso dal resto degli Eoni. La Croce delimita l’ingenerato dal<br />
generato e mantiene gli Eoni separati dall’essenza in cui potrebbero rischiare <strong>di</strong><br />
perdersi. È qui che la Croce incontra Sophia nel cieco e <strong>di</strong>sperato tentativo <strong>di</strong><br />
conoscere Abisso ed è qui che Sophia viene ricondotta al livello gerarchico che le<br />
spetta. Horos è però anche il Limite che separa e tutela il Pleroma da quello che<br />
esiste all’esterno, cioè la sostanza passionale espulsa per salvaguardare il regno<br />
<strong>di</strong>vino dal rientro <strong>di</strong> un’eventuale perturbazione esterna. Come vedremo in<br />
seguito, con il procedere del dramma <strong>di</strong>vino il Limite acquisisce anche la funzione<br />
<strong>di</strong> confine tra Pleroma e Cosmo. Non è comunque casuale che Horos faccia la sua<br />
comparsa solo dopo la vicenda <strong>di</strong> Sophia 19 . È anzi proprio a causa <strong>di</strong> questa<br />
anomalia che si rileva un cambiamento decisivo avvenuto nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino<br />
introducendo la funzione del Limite.<br />
“Il Pleroma non possiede più la sua integrità semplicemente e senza contrasto, ma soltanto in<br />
opposizione ad una negatività posta all’esterno. Tale negatività è il residuo <strong>di</strong> una perturbazione<br />
18 Ibidem.<br />
19 Ivi, p. 200.<br />
20
che attraverso la conversione della Sophia e la separazione che ha implicato, si è ipostatizzata<br />
come regno positivo a sé.” 20<br />
Per tale motivo il Limite non era concepito nella creazione originaria del<br />
pleroma, ma si è reso necessario come principio <strong>di</strong> consolidamento<br />
successivamente alla crisi <strong>di</strong>vina. La necessità del Limite è quin<strong>di</strong> l’ennesima<br />
ra<strong>di</strong>calizzazione del dualismo che caratterizza l’intero sistema valentiniano ben<br />
prima della comparsa <strong>di</strong> Horos.<br />
L’ignoranza che generò Sophia all’interno del Pleroma, nonché la produzione,<br />
anche se espulsa, della materia informe, preoccupava gli Eoni che rimproveravano<br />
costantemente Sophia per il suo sbaglio. Per ristabilire l’armonia spirituale<br />
all’interno della famiglia <strong>di</strong>vina, gli Eoni pregano il Padre <strong>di</strong> creare un’altra<br />
coppia formata da Cristo e da Spirito Santo. Questa ulteriore coppia ha duplice<br />
funzione: da un lato quella <strong>di</strong> completare la missione del Limite ristabilendo una<br />
vera serenità all’interno del Pleroma, dall’altro quello <strong>di</strong> prendersi cura del<br />
residuo informe che, nonostante sia esterno al limite, preoccupava gli Eoni. Cristo<br />
è quin<strong>di</strong> l’unico Eone che ha una missione sia interna al Pleroma sia esterna,<br />
all’estremo confine del limite. All’interno ristabilisce la serenità richiesta dagli<br />
Eoni, all’esterno è chiamato a dare forma all’informe. Per prima cosa Cristo<br />
illumina gli Eoni sull’inconoscibilità del Padre. Cristo dona loro la gnosi,<br />
or<strong>di</strong>nandoli così nei ranghi loro inizialmente assegnati, <strong>di</strong> modo che la<br />
consapevolezza dell’unità spirituale e la comprensione delle loro <strong>di</strong>versità non<br />
permetta il sorgere <strong>di</strong> aspirazioni in<strong>di</strong>viduali 21 .<br />
Quale frutto <strong>di</strong> questa unione e della riacquisita consapevolezza, gli Eoni, tutti<br />
insieme danno vita ad un prodotto <strong>di</strong>vino ad<strong>di</strong>zionale, non in coppia: Gesù, nel<br />
quale è simbolizzata l’unità riconquistata. Questo nuovo e solitario Eone deve:<br />
“[…]portare nella sua persona la Pienezza al <strong>di</strong> fuori nel Vuoto, in cui il residuo della<br />
perturbazione passata, nel frattempo formato da Cristo, attende ancora la salvezza.” 22<br />
20 Ibidem.<br />
21 Ivi, p. 201.<br />
22 Ibidem.<br />
21
Infatti, inizialmente è Cristo che si prende cura della sostanza residuale ed<br />
informe. Per ristabilire la pace nel Pleroma egli è necessariamente costretto ad<br />
operare anche sulla ‹‹triste con<strong>di</strong>zione dell’aborto e l’angoscia della sua colpevole<br />
madre››. L’intenzione e il desiderio <strong>di</strong> Sophia, ormai espulsi dal Pleroma e<br />
separati da esso, <strong>di</strong>ventano un nuovo essere personale e ugualmente <strong>di</strong>vino:<br />
Sophia inferiore o Achamoth.<br />
Cristo, <strong>di</strong>steso sulla Croce (limite esterno del Pleroma), per mezzo del potere<br />
<strong>di</strong>vino impartisce a questa sostanza una forma. L’operazione così svolta porta alla<br />
creazione <strong>di</strong> una sostanzialità, ma non vi è ancora traccia né <strong>di</strong> conoscenza né <strong>di</strong><br />
un cosmo formato ed organizzato. Cristo, dopo aver svolto questo compito, torna<br />
infatti nel Pleroma lasciando viva in Achamoth la consapevolezza della sua<br />
separazione dal regno <strong>di</strong>vino e il desiderio in lei ardente <strong>di</strong> raggiungerlo.<br />
Cristo, una volta svolto il suo compito, non deve più abbandonare il posto<br />
all’interno della gerarchia <strong>di</strong>vina e visto che l’imperfetta Achamoth non può<br />
<strong>di</strong>venire perfetta se non tramite un permanente accoppiamento spirituale, la sua<br />
formazione sul limite esterno della Croce, rappresenta tutto quello che Cristo può<br />
fare per lei.<br />
Divenuta cosciente per mezzo della formazione <strong>di</strong> Cristo, Sophia inferiore -<br />
Achamoth - si mette <strong>di</strong>speratamente alla ricerca della luce perduta che non può<br />
raggiungere, perché il Limite le impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> entrare nel Pleroma. Achamoth è<br />
quin<strong>di</strong> costretta a rimanere nell’oscurità esterna in preda a tutte le sofferenze<br />
esistenti. Sophia inferiore - Achamoth -, malgrado si trovi all’esterno del perfetto<br />
regno spirituale, ripete, al suo livello, la scala <strong>di</strong> emozioni che sua madre provò<br />
all’interno del Pleroma, con l’importante <strong>di</strong>fferenza che ora ‹‹tali passioni<br />
assumono la forma <strong>di</strong> stati definitivi <strong>di</strong> essere e come tali possono <strong>di</strong>ventare la<br />
sostanza del mondo›› 23 . La generazione del mondo avviene dunque per una<br />
soli<strong>di</strong>ficazione psichico – materiale delle emozioni provate da Sophia inferiore.<br />
Questo punto del dramma <strong>di</strong>vino è forse uno dei più <strong>di</strong>battuti anche all’interno<br />
della sètta valentiniana:<br />
23 Ivi, p. 203.<br />
22
“Quanto questo punto fosse fondamentale nella speculazione dei Valentiniani è <strong>di</strong>mostrato<br />
dalla considerazione del numero <strong>di</strong> varianti in cui la scala <strong>di</strong> passioni è stata sviluppata e dai<br />
rispettivi corrispondenti assegnati a ciascuna <strong>di</strong> esse in termini <strong>di</strong> ‹‹sostanza››. Il fatto stesso che la<br />
correlazione tra emozioni ed elementi non è stata fissata nei particolari ma varia da autore ad<br />
autore, e forse anche nel pensiero <strong>di</strong> un medesimo autore, mostra quanto si sia a più riprese<br />
me<strong>di</strong>tato su tale soggetto.” 24<br />
Dopo che Sophia inferiore ha provato tutte le passioni, supplichevole cerca la<br />
luce <strong>di</strong> Cristo. Questo, impossibilitato ad abbandonare nuovamente il Pleroma, si<br />
accorda con gli altri Eoni per mandare Gesù come consorte della Sophia esteriore,<br />
per curarla dalle passioni e <strong>di</strong>ssuaderla dalla folle ricerca del Cristo. Con lui<br />
<strong>di</strong>scendono anche gli angeli, emanati da Gesù come scorta <strong>di</strong>vina nella <strong>di</strong>scesa<br />
verso l’esterno. Passato il Limite, Gesù incontra Sophia inferiore -Achamoth -<br />
<strong>di</strong>sperata nelle quattro primitive passioni: il timore, l’angoscia, la confusione e la<br />
supplica. Gesù cura Achamoth donandole la gnosi, la conoscenza, separando da<br />
lei le passioni, senza commettere l’errore <strong>di</strong> Cristo, abbandonando le emozioni a<br />
loro stesse come era avvenuto precedentemente nella vicenda <strong>di</strong> Sophia superiore.<br />
Le passioni, che non possono essere annullate in quanto prodotto effettivo della<br />
<strong>di</strong>vinità inferiore, vengono soli<strong>di</strong>ficate da Gesù in sostanze in<strong>di</strong>pendenti.<br />
Con l’avvento <strong>di</strong> Gesù il meccanismo dualistico che sottostà alla struttura<br />
valentiniana viene ad<strong>di</strong>rittura ra<strong>di</strong>calizzato. L’apparizione del Salvatore da un lato<br />
permette la liberazione <strong>di</strong> Sophia inferiore -Achamoth- dalle sue sofferenze,<br />
dall’altra si erige a fondamento <strong>di</strong> tutte le cose esterne. Gesù rende possibile ‹‹in<br />
potenza›› la susseguente creazione demiurgica. Da affezioni incorporee<br />
abbandonate da Cristo, Gesù trasforma le passioni in materia, impartendo loro la<br />
capacità <strong>di</strong> entrare in composizione formando i corpi 25 . Questa<br />
“materializzazione” della sostanza incorporea espulsa avviene secondo due<br />
<strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>rettrici: da un lato si forma una sostanza maligna, proveniente dalle<br />
passioni, dall’altro viene generata una seconda sostanza, benigna, derivante dal<br />
processo <strong>di</strong> conversione e preghiera.<br />
24 Ibidem.<br />
25 Ivi, p. 205.<br />
23
Dall’unione <strong>di</strong> Achamoth, ormai purificata, e Gesù origina un nuovo frutto<br />
spirituale a loro somiglianza da cui deriva l’elemento pneumatico nel mondo<br />
inferiore.<br />
Come abbiamo già notato esiste una forte correlazione tra passioni <strong>di</strong>vine e<br />
generazione elementare. Generalmente i Valentiniani concordano che dalla<br />
conversione si genera l’anima del mondo, il Demiurgo e tutto ciò che <strong>di</strong> psichico<br />
esiste in natura. Dalle passioni derivano, in gra<strong>di</strong> e misure <strong>di</strong>fferenti a seconda<br />
delle versioni, tutti gli elementi materiali del cosmo. In conclusione è possibile<br />
constatare che dall’esperienza <strong>di</strong> Sophia inferiore prendono origine tre tipi <strong>di</strong><br />
essenze: dalla passione deriva la materia, dalla conversione l’anima e dall’avvento<br />
del Salvatore Gesù lo pneuma. Quest’ultima essenza non può essere quin<strong>di</strong><br />
soggetta ad alcun processo generativo da parte <strong>di</strong> Sophia inferiore, dal momento<br />
che deriva dalla <strong>di</strong>scesa dell’Eone Gesù nello spazio extra – pleromatico. Perciò<br />
Sophia si impegna a formare solo l’essenza psichica, prodotta nell’atto della sua<br />
conversione.<br />
Come è stato precedentemente osservato da Sophia inferiore -Achamoth- non<br />
deriva solo l’essenza psichica, ma anche il Demiurgo, padre e re <strong>di</strong> tutte le cose<br />
psichiche e materiali. È infatti il Demiurgo ad aver creato il cosmo, guidato, pur<br />
non sapendolo, dalla madre Sophia. Il Demiurgo crea sette cieli al <strong>di</strong> sopra dei<br />
quali egli risiede. In questo senso il Demiurgo viene definito dai Valentiniani<br />
anche come il ‹‹Luogo del mezzo›› 26 in quanto si trova in una posizione<br />
interme<strong>di</strong>a tra la Sophia inferiore e il mondo terreno da lui formato. Risulta qui<br />
doveroso ricordare che in altre versioni valentiniane ‹‹Luogo del mezzo›› sta ad<br />
in<strong>di</strong>care la posizione interme<strong>di</strong>a della Sophia inferiore situata tra il Pleroma, da<br />
cui è tenuta fuori, e il Demiurgo, suo figlio e re delle cose materiali.<br />
Il Demiurgo valentiniano conserva quasi tutti i tratti del ‹‹Dio del mondo››<br />
delle altre sètte gnostiche. Egli è assolutamente ignorante nel senso che ignora<br />
completamente non solo l’esistenza del Pleroma, ma ad<strong>di</strong>rittura l’esistenza della<br />
Sophia inferiore, sua madre. L’ignoranza del Demiurgo viene però enfatizzata dai<br />
Valentiniani anche sotto un altro aspetto: la creazione del Demiurgo non è frutto<br />
<strong>di</strong> una qualche forma <strong>di</strong> conoscenza, anzi egli è assolutamente inconsapevole <strong>di</strong><br />
26 Ivi, p. 206.<br />
24
tutto quanto. Il Demiurgo che qui viene descritto è assolutamente ‹‹pazzo, e non<br />
sa quello che fa e quello che produce›› 27 .<br />
Proprio sulla sua estrema ignoranza poggia la seconda caratteristica che il<br />
Demiurgo valentiniano con<strong>di</strong>vide con le altre interpretazioni gnostiche: l’orgoglio<br />
e la presunzione <strong>di</strong> essere l’unico e supremo Dio. Però, necessitando <strong>di</strong> una<br />
correzione rivelativa, il Demiurgo viene illuminato dalla gnosi grazie<br />
all’intervento della madre e tramite la sua conoscenza viene portato alla scoperta e<br />
alla consapevolezza <strong>di</strong> ciò che c’è ed è sopra <strong>di</strong> lui. Tuttavia il Demiurgo conserva<br />
per sé il mistero del Padre e degli Eoni del Pleroma non comunicandolo ai suoi<br />
profeti. Se ciò avviene per decisione <strong>di</strong> Sophia inferiore o meno non è specificato<br />
in nessuna delle fonti, tanto che anche Ireneo rimane dubbioso nell’analisi <strong>di</strong><br />
questo punto. Quel che risulta evidente è che Sophia inferiore deve per questo<br />
motivo ricorrere ad un agente esterno al mondo e della sua stessa specie <strong>di</strong>vina.<br />
Come nel caso del limite, anche qui è presente la necessità <strong>di</strong> una creazione ad<br />
hoc per la risoluzione della trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina. L’incarnazione degli Eoni <strong>di</strong> Cristo e<br />
<strong>di</strong> Gesù porta alla creazione demiurgica del Gesù storico 28 . Prima <strong>di</strong> analizzare la<br />
funzione del Gesù storico all’interno del processo salvifico che pone fine alla<br />
trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina, è opportuno soffermarsi su alcuni aspetti del sistema valentiniano<br />
circa la generazione del cosmo e il Demiurgo.<br />
La creazione del mondo ad opera del Demiurgo introduce il grosso problema se<br />
vi sia o meno un’esposizione platonica celata <strong>di</strong>etro l’impianto gnostico. Il fatto<br />
che lo gnosticismo utilizzi, al pari dei Padri della Chiesa, gli strumenti filosofici<br />
offerti dal patrimonio greco, non implica affatto che questo riutilizzo coincida tout<br />
court con l’idea greca a cui si riferisce. È plausibile che <strong>Valentino</strong> conosca il<br />
sistema filosofico platonico ed è altrettanto plausibile che da esso ne tragga<br />
ispirazione. Rimane comunque evidente come pur ispirandosi a Platone, il<br />
Demiurgo valentiniano sia profondamente <strong>di</strong>verso dal corrispettivo platonico per<br />
scopo, natura e rilevanza. Su quest’aspetto risulta fondamentale l’analisi critica <strong>di</strong><br />
Ireneo che cerca <strong>di</strong> affrontare la delicata questione del rapporto tra Platone e<br />
<strong>Valentino</strong>:<br />
27 Ivi, p. 207.<br />
28 Ibidem.<br />
25
“Quando il Demiurgo volle inoltre imitare anche la natura senza limiti, esterna, infinita e senza<br />
tempo dell’Ogdoade superiore (gli otto Eoni originari del Pleroma), ma non poteva esprimere la<br />
loro immutabile eternità, essendo egli stesso un prodotto dell’imperfezione, incarnò la loro eternità<br />
in tempi, epoche e gran numero <strong>di</strong> anni, nell’illusione che con la quantità <strong>di</strong> tempi avrebbe potuto<br />
rappresentare la loro infinità. Così gli sfuggì la verità e seguì la falsità. Perciò la sua opera passerà<br />
quando i tempi saranno compiuti.” 29<br />
Il problema temporale espresso in questo passo rimanda con tutta evidenza al<br />
ben più celebre brano del Timeo <strong>di</strong> Platone dove il filosofo ateniese descrive la<br />
creazione del tempo come ‹‹l’immagine mutevole dell’eternità›› 30 . Il fatto che lo<br />
gnosticismo si formi in quel vuoto lasciato dalla tra<strong>di</strong>zione greca non deve<br />
ingannare sulla profonda <strong>di</strong>fferenza che <strong>di</strong>stingue la struttura gnostica da quella<br />
platonica. Lo spirito dell’imitazione valentiniana è assolutamente <strong>di</strong>ssimile<br />
dall’originale platonico sia per struttura che per fine. Se il rimando al Timeo è<br />
infatti evidente, sono altrettanti i punti <strong>di</strong> estrema <strong>di</strong>versità. Il Demiurgo platonico<br />
è assolutamente consapevole, re del mondo e del cosmo mentre il corrispettivo<br />
valentiniano si trova in una posizione me<strong>di</strong>ana tra Pleroma e mondo terreno che<br />
crea solo dopo una rivelazione gratuita della madre Sophia, comunque esterna al<br />
Pleroma. Che il Demiurgo platonico si basi su un forte dualismo è fur <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scussione, il corrispettivo valentiniano ra<strong>di</strong>calizza il dualismo fino ad esaltare il<br />
senso apocalittico del mito gnostico: il Demiurgo valentiniano è infatti costretto a<br />
perire insieme all’intero cosmo materiale alla fine dei tempi. La creazione<br />
demiurgica è, in <strong>Valentino</strong>, il peggiore degli inganni. Il Demiurgo crea l’illusoria<br />
trappola dell’Eden, un cosmo assolutamente materiale e psichico, da cui lo<br />
gnostico si allontana perché gratuitamente graziato e redento. Lo gnostico, al<br />
contrario, rappresenta proprio quel principio anarchico e sovvertitore <strong>di</strong> ogni<br />
or<strong>di</strong>ne e gerarchia che spezza l’illusione della creazione demiurgica per rivelare la<br />
gran<strong>di</strong>osa trascendenza del Pleroma.<br />
Tornando al sistema valentiniano è ora opportuno affrontare l’ultimo passaggio<br />
del mito gnostico; quello della Salvezza. Le tre essenze presenti in natura sono <strong>di</strong><br />
29 Ibidem.<br />
30 Ivi, p. 210.<br />
26
or<strong>di</strong>ne materiale, psichico e spirituale, ma come è stato analizzato<br />
precedentemente, solo le prime due potevano essere formate da Sophia inferiore<br />
dal momento che lo pneuma è della sua stessa natura e <strong>di</strong>scende grazie all’avvento<br />
dell’Eone Gesù. Questa essenza entra e attraversa il mondo materiale tramite la<br />
creazione del Demiurgo, che soffia ed instilla all’interno dell’uomo materiale<br />
l’elemento psichico. L’elemento pneumatico, che la Madre aveva prodotto dalla<br />
visione degli angeli e dall’unione con l’Eone Gesù, non poteva essere conosciuto<br />
dal Demiurgo in quanto sostanza superiore alla propria natura. Sophia inferiore<br />
decide quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> depositarlo segretamente nel Figlio. Per mezzo <strong>di</strong> una produzione<br />
inconsapevole il seme spirituale viene depositato nell’anima e nel corpo per essere<br />
qui protetto fino a quando non <strong>di</strong>viene sufficientemente maturo per ricevere il<br />
Logos. Lo pneuma, per così <strong>di</strong>re, alberga nel mondo preformandosi in vista<br />
dell’effettiva formazione per mezzo della gnosi. È precisamente questo lo scopo<br />
segreto che Sophia inferiore si propone <strong>di</strong> raggiungere tramite la creazione<br />
demiurgica.<br />
La gnosi viene infine portata sulla terra, unicamente per gli uomini spirituali<br />
capaci <strong>di</strong> accoglierla, dal Gesù storico. A questo punto è interessante notare come<br />
la passione del Gesù storico sia in realtà un grande stratagemma cosmico. La<br />
passione reale è infatti il dramma fra Sophia superiore e inferiore. La passione<br />
celeste è ciò che ha reso necessaria la salvezza, non ciò che positivamente ha<br />
portato alla salvezza. Come è assolutamente apparente la passione <strong>di</strong> Gesù, così è<br />
solo un inganno il peccato originale dell’anima umana. L’unico reale peccato,<br />
prima del tempo e del mondo, è quello dell’Ennoia Sophia, persuasa <strong>di</strong><br />
comprendere Abisso, nonché causa sovvertitrice dell’intero or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino. La<br />
creazione del cosmo e dell’uomo sono passaggi necessari e propedeutici alla<br />
restaurazione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino e non una creazione benevola del Dio. L’oggetto<br />
della salvezza è la <strong>di</strong>vinità stessa, il suo scopo l’armonia celeste 31 .<br />
La salvezza finale ha luogo solo quando tutti gli elementi pneumatici hanno<br />
raggiunto la gnosi, perfezionandosi. Solo allora questi spiriti, ormai spogliati<br />
dell’anima e della carne, torneranno con la Madre nel Pleroma che <strong>di</strong>viene ‹‹la<br />
camera nuziale dove ha luogo il matrimonio della Sophia con Gesù e quello degli<br />
31 Ivi, p. 211.<br />
27
spiriti con gli angeli››. Con ciò la perfezione è definitivamente stabilita e la<br />
violazione originaria completamente riparata. Materia ed anima, espressioni <strong>di</strong><br />
quella tragica caduta <strong>di</strong>vina, organizzate nella creazione cosmica del Demiurgo,<br />
cessano così <strong>di</strong> esistere.<br />
“Come l’ignoranza <strong>di</strong> una persona, nel momento che essa viene a conoscere scompare<br />
spontaneamente; come la tenebra si <strong>di</strong>ssolve all’apparire della luce, così anche la Deficienza si<br />
<strong>di</strong>ssolve <strong>di</strong> fronte al fatto della Pienezza. Quin<strong>di</strong> da quel momento in poi, la Forma non è più<br />
apparente, ma scompare nella fusione con l’Unità – perché ora le loro opere sono <strong>di</strong>venute uguali<br />
l’una all’altra – nel momento in cui l’Unità perfeziona gli spazi.” 32<br />
È qui opportuno soffermarsi tanto sulla figura del Gesù storico sia sulla<br />
sud<strong>di</strong>visione in tre classi umane. Nel Cristo crocifisso, sofferente e morente, viene<br />
rivelato il segreto del Dio trascendente <strong>di</strong> grazia. Il mito valentiniano coincide con<br />
la rivelazione che “nulla <strong>di</strong> ciò che è umano è estraneo al Dio che ama”. È il Dio a<br />
generare il Figlio, donato agli uomini gratuitamente per chiamarli alla verità<br />
trascendentale, salvandoli dall’inganno demiurgico. Il dualismo teologico che<br />
percorre tutto il sistema valentiniano porta ad un’antropologia <strong>di</strong>visiva che separa<br />
gli uomini in tre <strong>di</strong>fferenti classi. L’opposizione neotestamentaria tra gli uomini<br />
pervasi dallo Spirito Santo e gli uomini naturali viene esasperata nel sistema<br />
valentiniano ove la natura pneumatica definisce una classe <strong>di</strong> uomini eletti e<br />
redenti in quanto della stessa sostanza <strong>di</strong>vina del Dio. La salvezza è quin<strong>di</strong><br />
predestinata per onnipotente volontà del Dio <strong>di</strong> grazia con cui lo gnostico<br />
con<strong>di</strong>vide ontologicamente la filialità. Ecco la grande <strong>di</strong>fferenza che preoccupa i<br />
Padri della Chiesa protocattolica: la Salvezza, essendo predestinata, viene<br />
raggiunta in<strong>di</strong>pendentemente dall’osservanza dei precetti morali. L’obbe<strong>di</strong>enza a<br />
leggi morali viene concepita dai Valentiniani come un’esteriore osservanza <strong>di</strong><br />
precetti vali<strong>di</strong> solo all’interno del para<strong>di</strong>gma demiurgico, illusorio ed ingannevole.<br />
Inoltre, se l’uomo materiale rappresenta la miserabile nu<strong>di</strong>tà corporea destinata<br />
alla morte, l’uomo psichico è invece identificato con la più elevata proprietà <strong>di</strong><br />
questa stessa creatura materiale, perennemente sospeso tra il nulla della materia e<br />
32 Ivi, p. 212.<br />
28
l’impossibilità <strong>di</strong> raggiungere la trascendenza dell’uomo spirituale o pneumatico.<br />
L’uomo psichico esercita la sua libertà nell’atto <strong>di</strong> fede, ma il libero arbitrio viene<br />
qui declassato a forza me<strong>di</strong>ana rivolta verso l’altezza del Pleroma che non può<br />
comprendere perché limitato dalla sua sessa natura inferiore e corporea. La fede<br />
stessa viene degradata a relazione imperfetta e parziale, nonché ancora limitata<br />
legalisticamente all’interno dell’ingannevole cosmo demiurgico. La fede cerca il<br />
Dio <strong>di</strong> grazia senza avere mai la capacità <strong>di</strong> coglierlo e, soprattutto, <strong>di</strong> accoglierlo<br />
in quanto sua filiazione. La gnosi è quin<strong>di</strong> grazia rivelativia che re<strong>di</strong>me l’uomo<br />
pneumatico e rivela la profonda intimità con la generosità del Padre. Lo gnostico<br />
assume così i tratti dell’anarchico libero in quanto conosce la trappola della<br />
finitezza e della creaturalità, illusorie ed alienanti subor<strong>di</strong>nazioni demiurgiche<br />
negatrici della filialità stessa con Dio.<br />
“Il cristiano uscito dal battesimo sorride superiore a tutto, capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzare il mondo,<br />
libero perché ormai riunito a quel pleroma <strong>di</strong> grazia, che ontologicamente gli appartiene.”<br />
1.3. Il meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi in <strong>Valentino</strong><br />
L’analisi sin qui svolta dell’intero sistema valentiniano rientra, come mostrato<br />
all’inizio <strong>di</strong> questa ricerca, nel più vasto movimento gnostico. Sono molti i temi<br />
trattati dai Valentiniani, che tornano con decisa frequenza anche nelle altre<br />
dottrine gnostiche dell’epoca. <strong>Valentino</strong> e la sua speculazione rappresentano però<br />
il tentativo più audace ed estremo <strong>di</strong> questo movimento. L’intero impianto<br />
ontologico, la minuzia con cui sono descritti i passaggi della trage<strong>di</strong>a e della<br />
salvezza <strong>di</strong>vina, la complessa struttura cosmogonia e cristologia, nonché<br />
l’immensa elaborazione simbolica sono testimonianza del monumentale sforzo<br />
che i Valentiniani fecero per creare un sistema religioso, indubbiamente<br />
complesso, ma assai solido e sviluppato.<br />
Non è un caso che <strong>Valentino</strong> e la sua scuola vengano imme<strong>di</strong>atamente presi <strong>di</strong><br />
mira dalle chiese apostoliche che proprio in quel momento andavano<br />
espandendosi all’interno dell’impero romano. Lo gnosticismo <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong><br />
rappresenta per i Padri della Chiesa il tentativo più pericoloso dell’eresia <strong>di</strong><br />
29
conquistare ampie fette <strong>di</strong> cristiani colti, affascinati dai segreti della teoria e dal<br />
gran<strong>di</strong>oso apparato che la compone 33 .<br />
L’avversione dei Padri della Chiesa, come quella <strong>di</strong>mostrata da Ireneo prima e<br />
da <strong>Tertulliano</strong> dopo, non è solo emblematica <strong>di</strong> un rischio, quello eretico,<br />
tangibile ed effettivo. Il problema che costoro rilevano nel mito gnostico<br />
valentiniano è una questione <strong>di</strong> ben più vasta portata, che riguarda gli gnostici in<br />
particolare ed il cristianesimo primitivo in generale. La speculazione valentiniana<br />
è presa come esempio lampante <strong>di</strong> un rischio più grande: l’escatologia,<br />
sovvertitrice <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne, è qui ontologicamente estremizzata. Il dualismo<br />
ontoteologico valentiniano non può che essere apertamente osteggiato dalla<br />
teologia protocattolica e dai padri apologeti. È infatti innegabile che <strong>Valentino</strong> e le<br />
sètte gnostiche, che in linea generale rappresenta, fanno abbondante uso <strong>di</strong> un<br />
sistema ontologico sofisticato ed imponente, ma questo ha senso solo alla luce<br />
della rivelazione storica del Cristo morto sulla croce e del kerygma originario. Il<br />
messaggio escatologico, carismatico, kenotico del Cristo storico irrompe nella<br />
storia degli uomini con una potenza <strong>di</strong>rompente. Il movimento gnostico si<br />
sviluppa a partire dall’acca<strong>di</strong>mento storico della venuta <strong>di</strong> Cristo. A <strong>di</strong>fferenza del<br />
cristianesimo del II secolo d.C. però il mito gnostico rimane, paradossalmente,<br />
legato ed in continuità con i maggiori temi del cristianesimo primitivo<br />
caratterizzato da una profonda escatologia . Il complesso intreccio che sta alla<br />
base dello gnosticismo non implica che il kerygma originario venga imbrigliato<br />
all’interno <strong>di</strong> una struttura archeo – ontologica, piuttosto questo risulta rafforzato<br />
ed esaltato proprio in virtù dell’apparato ontoteologico.<br />
In effetti come si evince dalla valutazione del sistema valentiniano, al termine<br />
del processo <strong>di</strong> salvezza, l’importanza dell’avvento escatologico <strong>di</strong> Gesù viene<br />
ad<strong>di</strong>rittura estremizzato in un intimità ontologica e filiale dello gnostico con il Dio<br />
<strong>di</strong> grazia. La stessa gnosi, lungi dall’essere un mero strumento conoscitivo, viene<br />
innalzata a strumento redentivo ed elettivo. La stessa struttura valentiniana, che si<br />
fonda sulla caduta <strong>di</strong>vina a causa <strong>di</strong> un peccato avvenuto nel regno delle <strong>di</strong>vinità,<br />
porta ad una conclusione paradossalmente in continuità con quella contenuta nel<br />
33 <strong>Tertulliano</strong>, Contro gli eretici, Città Nuova E<strong>di</strong>trice, Roma 2002. p. 16.<br />
30
kerygma originario, dove si palesa un Dio assolutamente buono e generoso che<br />
dona gratuitamente un figlio <strong>di</strong>vino, redentore e salvatore.<br />
Se l’avvento <strong>di</strong> Cristo annuncia la venuta <strong>di</strong> un Nuovo regno <strong>di</strong> Dio, la<br />
speculazione valentiniana, pur inserendo il peccato in una gran<strong>di</strong>osa trage<strong>di</strong>a<br />
<strong>di</strong>vina interna al Pleroma, ra<strong>di</strong>calizza il kerygma tramite il dualismo ontologico e<br />
la <strong>di</strong>visione degli uomini in pneumatici, gli eletti del Nuovo regno, psichici, dotati<br />
del solo libero arbitrio, e materiali, che scompariranno con tutta la materia a<br />
seguito dell’apocalisse e della ritrovata armonia all’interno del Pleroma.<br />
Insomma, l’evento <strong>di</strong> grazia non viene affatto negato dai Valentiniani, eppure<br />
ontologizzato nel gran<strong>di</strong>oso mito gnostico, dunque paradossalmente proclamato<br />
come fondamento del mistero <strong>di</strong> Dio e della rivelazione <strong>di</strong> Cristo. E’ opportuno<br />
fare un’altra precisazione circa la metodologia utilizzata dai Valentiniani. Che lo<br />
gnosticismo sia un risultato sincretico <strong>di</strong> più componenti è dato certo. Che gli<br />
gnostici riprendano l’originaria nozione giudaica <strong>di</strong> elezione appare<br />
sufficientemente chiaro, ma il fatto che questa venga assolutizzata fino alla<br />
filialità con Dio, provoca un movimento teogonico che genera un Figlio – Uomo,<br />
non solo persino carnale, ma ad<strong>di</strong>rittura fragile, peccatore, mortale. Dall’altro lato<br />
però la nozione <strong>di</strong> grazia viene inserita in un para<strong>di</strong>gma dualistico tale da risultare<br />
ad<strong>di</strong>rittura separata, e quin<strong>di</strong> consumata all’interno <strong>di</strong> un sistema che rimane<br />
platonico o neoplatonico.<br />
La novità del dono finisce per coincidere con la riscoperta della propria filialità<br />
con Dio e della propria natura “sovrastorica”, sicché l’eversiva gratuità <strong>di</strong> grazia<br />
<strong>di</strong>viene reminescenza platonica, ricordo della propria nascosta identità. La<br />
conseguenza <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> questa relazione tra platonismo e gnosticismo ha portato i<br />
Padri della Chiesa ad avvalorare l’idea che non solo gli gnostici avessero <strong>di</strong>storto<br />
il messaggio <strong>di</strong> Cristo nelle loro speculazioni mitologiche, ma che questo risultato<br />
fosse stato ottenuto anche con gli strumenti che la filosofia greca e pagana aveva<br />
donato loro. <strong>Tertulliano</strong> in particolare è assai critico su questo punto e, come<br />
vedremo in seguito, non nasconde una profonda avversione nei confronti della<br />
filosofia colpevole <strong>di</strong> aiutare i Valentiniani nella loro <strong>di</strong>struzione del messaggio<br />
originale <strong>di</strong> Gesù 34 . Al <strong>di</strong> là delle critiche che gli apologeti rivolsero agli gnostici,<br />
34 <strong>Tertulliano</strong>, Contro gli eretici, Città Nuova E<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 35 – 37.<br />
31
è qui importante sottolineare proprio il delicato intreccio dei due <strong>di</strong>spositivi<br />
esposti in precedenza. Lungi dal <strong>di</strong>storcere il kerygma primitivo, i Valentiniani si<br />
collocano in estrema continuità con la logica eversiva del dono, con il senso<br />
escatologico e apocalittico dei primi scritti neotestamentari, nonché con<br />
l’avversione a qualsiasi or<strong>di</strong>ne gerarchicamente costituito. Il dualismo ontologico<br />
su cui si struttura l’intero sistema valentiniano enfatizza l’avversione escatologica,<br />
anarchica, carismatica del Dio gratuito del Nuovo Testamento.<br />
Si potrebbero fare altri innumerevoli esempi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze sostanziali tra<br />
dottrina valentiniana e cristianesimo, ma quello che a questo punto è importante<br />
sottolineare è lo stretto legame che intercorre tra i due <strong>di</strong>spositivi e la speculazione<br />
valentiniana, per poi confrontare, solo in seconda battuta, questo risultato con il<br />
<strong>di</strong>fferente intreccio proposto dai Padri della Chiesa e, nello specifico, da<br />
<strong>Tertulliano</strong>. È stato osservato come la storia del cristianesimo poggi sul<br />
meccanismo del doppio <strong>di</strong>spositivo, kenotico-carismatico da un lato, archeo –<br />
ontologico dall’altro: dopo una prima fase neotestamentaria, povera<br />
filosoficamente e teologicamente, sul finire del II secolo d.C. si è reso necessario<br />
l’utilizzo del <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico. <strong>Valentino</strong> e <strong>Tertulliano</strong>, gli gnostici<br />
e i padri apologeti, utilizzano entrambe il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e<br />
politico, ma le risposte cui approdano sono profondamente <strong>di</strong>fferenti, come<br />
<strong>di</strong>versi sono gli scopi che determinano queste risposte. Così, malgrado la<br />
mitizzazione speculativa ontoteologica cui i Valentiniani sottopongono il<br />
kerygma, essi sono da considerarsi in paradossale continuità con l’annuncio <strong>di</strong><br />
grazia escatologico e carismatico. In <strong>Valentino</strong> si assiste ad una paradossale<br />
ontologizzazione del dono <strong>di</strong> grazia in cui il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico<br />
s’intreccia con la <strong>di</strong>rompente forza del <strong>di</strong>spositivo escatologico e carismatico.<br />
Come è stato osservato in precedenza il meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi prevede<br />
l’inscin<strong>di</strong>bilità dell’uno dall’altro: malgrado subor<strong>di</strong>nato, un <strong>di</strong>spositivo non potrà<br />
mai annullare l’altro. Ciò risulta evidente anche nel sistema valentiniano dove<br />
questa continua e paradossale oscillazione tra l’eversione della grazia e il libero<br />
determinarsi dell’uomo è un tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> tutto il sistema teologico.<br />
È chiaro che i Valentiniani, rimanendo in continuità con la novità escatologica,<br />
pre<strong>di</strong>ligano l’onnipotenza del Dio <strong>di</strong> grazia rispetto al libero arbitrio, ma questo,<br />
32
lungi dall’essere misconosciuto, <strong>di</strong>viene fondamento, pur me<strong>di</strong>ato e subor<strong>di</strong>nato,<br />
dell’uomo psichico. In conclusione il mito speculativo gnostico traduce in eoni la<br />
dottrina della giustificazione, ra<strong>di</strong>calizzandone il dualismo e affiancando una<br />
cristologia elaborata e complessa.<br />
Se in <strong>Valentino</strong> l’accento è posto sul <strong>di</strong>spositivo escatologico e sull’importanza<br />
della gratuità del dono <strong>di</strong> grazia, pur utilizzando anche il <strong>di</strong>spositivo archeo –<br />
ontologico per la creazione del grande mito speculativo, in <strong>Tertulliano</strong> il <strong>di</strong>scorso<br />
cambia ra<strong>di</strong>calmente. Come <strong>Valentino</strong> anche <strong>Tertulliano</strong> si cimenta con la<br />
problematicità del rapporto tra dono <strong>di</strong> grazia e libero arbitrio, ma le risposte cui<br />
approda portano a risultati completamente <strong>di</strong>versi da quelli ora esposti in<br />
riferimento al sistema valentiniano. <strong>Tertulliano</strong> è uno dei padri apologeti più<br />
rilevanti della storia della Chiesa tanto che lo sviluppo del concetto <strong>di</strong> trinità si<br />
deve al suo imponente lavoro teologico. La sua proposta, in<strong>di</strong>spensabile per la<br />
formazione della chiesa protocattolica, non solo <strong>di</strong>fferisce da quella <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>,<br />
ma vi si oppone su più fronti. Preme qui sottolineare come tale opposizione non è<br />
caratterizzata da una mera avversione teologica, ma, al contrario, evidenzia ancora<br />
una volta la molteplicità d’intrecci dei due <strong>di</strong>spositivi. Se l’avversione <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> si riducesse ad un <strong>di</strong>fferente impianto teologico, si rischierebbe <strong>di</strong> non<br />
rendere giustizia a questa appassionata <strong>di</strong>sputa, molto più profonda in quanto<br />
tocca i delicati temi della relazione tra grazia e libero arbitrio, della continuità tra<br />
Antico e Nuovo Testamento, del rapporto con l’escatologia e il carisma del<br />
kerygma e del sistema ontoteologico utilizzato.<br />
Il ra<strong>di</strong>cale dualismo marcionita e valentiniano, l’escatologia portata sino alla<br />
filialità ontologica con la <strong>di</strong>vinità, il senso apocalittico ed eversivo, nonché la non<br />
curanza dei precetti morali sono i maggiori temi cui <strong>Tertulliano</strong> de<strong>di</strong>ca aspre<br />
critiche e cerca <strong>di</strong> confutare. La novità del kerygma originario viene<br />
ri<strong>di</strong>mensionata e pensata in sostanziale continuità con l’Antico Testamento, il<br />
senso apocalittico ed elettivo viene me<strong>di</strong>ato in favore dell’importanza della Chiesa<br />
in quanto struttura gerarchica e depositaria della verità <strong>di</strong> Dio, l’anarchia del<br />
messaggio primor<strong>di</strong>ale viene limitata legalisticamente all’interno <strong>di</strong> un ristretto<br />
numero <strong>di</strong> precetti ed obblighi morali. È dunque chiaro come <strong>Tertulliano</strong>, almeno<br />
in una prima fase, ponga l’accento sul <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e politico,<br />
33
pur non eliminando il corrispettivo escatologico. Il libero arbitrio <strong>di</strong>viene<br />
fondamentale in quanto immagine e somiglianza della <strong>di</strong>vinità, a scapito<br />
dell’onnipotente volontà <strong>di</strong> Dio, ri<strong>di</strong>mensionata e relativizzata. Con queste<br />
premesse la relazione con i Valentiniani non può che risultare problematica. Certo<br />
non è possibile affermare che nella produzione teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />
l’escatologia e il carisma primitivo siano del tutto scomparsi. Indubbiamente essi<br />
sono subor<strong>di</strong>nati all’urgenza legalistica, ma nient’affatto svaniti.<br />
È chiaro che lo scopo principale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, in quanto Padre apologeta, sia<br />
<strong>di</strong>fendere la Chiesa e la sua tra<strong>di</strong>zione. È altrettanto evidente che questa <strong>di</strong>fesa<br />
poggi su una proposta teologica decisamente ri<strong>di</strong>mensionata rispetto<br />
all’entusiasmo eversivo della produzione neotestamentaria. Il fatto che<br />
<strong>Tertulliano</strong>, sulla scia <strong>di</strong> Ireneo e Giustino, proponga una teologia del libero<br />
arbitrio, della continuità tra legge e grazia, della <strong>di</strong>sciplina pedagogica e morale,<br />
non implica che la <strong>di</strong>mensione escatologica risulti completamente assente. In<br />
<strong>Tertulliano</strong> la Legge è già grazia e non rivela, come per gli gnostici, un’identità<br />
<strong>di</strong>vina sovrastorica. La legge è grazia perché educa progressivamente la creatura<br />
ad una profonda intimità con Dio. La legge, offerta una prima volta ad Adamo e<br />
da lui smarrita, viene donata una seconda volta con la rivelazione <strong>di</strong> grazia <strong>di</strong><br />
cristo. Inoltre grazie al libero arbitrio la creatura può scegliere se obbe<strong>di</strong>re o meno<br />
alla Legge, può decidere se volgersi al bene o al male.<br />
Certamente il libero arbitrio è un limite all’eccedenza del dono e <strong>di</strong>stingue<br />
nettamente il credente <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, impegnato pedagogicamente in una<br />
<strong>di</strong>sciplina salvifica capace <strong>di</strong> re<strong>di</strong>merlo definitivamente, dall’eletto valentiniano,<br />
poco attento a qualsiasi <strong>di</strong>sciplina perché già ontologicamente in possesso della<br />
Salvezza. Tuttavia, seppur ri<strong>di</strong>mensionato, l’orizzonte escatologico non è<br />
assolutamente scomparso: il libero arbitrio rimane il dono supremo che Dio ha<br />
concesso alla sua immagine creata, la sola degna <strong>di</strong> riflettere la potenza del Dio<br />
creatore. La forza della ragione è tale che la creatura può servirsene persino per<br />
emanciparsi dalla stessa <strong>di</strong>vinità. La grazia <strong>di</strong> Dio è dunque certamente ridotta, ma<br />
nient’affatto eliminata.<br />
34
2.1. Vita e contesto storico:<br />
Capitolo secondo<br />
<strong>Tertulliano</strong> tra ortodossia e montanismo<br />
Quinto Settimo Fiorente <strong>Tertulliano</strong> nacque tra il 155 d.C. e il 160 d.C. a<br />
Cartagine. Dalle fonti e dalle testimonianze pare che il padre fosse centurione al<br />
servizio del proconsole d’Africa. <strong>Tertulliano</strong> ebbe un’educazione assolutamente<br />
romana, stu<strong>di</strong>ando lettere e sviluppando una buona conoscenza retorica e<br />
giuri<strong>di</strong>ca. Prima del 197 d.C., alcuni sostengono ad<strong>di</strong>rittura nel 190 d.C. , si<br />
convertì dal paganesimo al cristianesimo, <strong>di</strong>ventando prete. Circa a metà della sua<br />
vita si allontanò dal cristianesimo cattolico per avvicinarsi al montanismo, <strong>di</strong> cui<br />
entrò a far definitivamente parte intorno al 213 d.C. 35 .<br />
All’interno della sètta dei montanisti pare che <strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong>venne ben presto<br />
figura <strong>di</strong> rilievo e personaggio <strong>di</strong> spicco tanto da creare una propria corrente<br />
all’interno del movimento religioso. <strong>Tertulliano</strong> morì circa nel 230 d.C. ma le<br />
fonti sono scarse e le testimonianze <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>. Quello che sappiamo <strong>di</strong> lui proviene<br />
<strong>di</strong>rettamente dai suoi innumerevoli scritti. Proprio dall’analisi <strong>di</strong> questi testi è<br />
possibile descrivere <strong>Tertulliano</strong> come figura assai complessa e poliedrica.<br />
<strong>Tertulliano</strong> non può infatti essere definito né filosofo, né asceta, né retore 36 . La<br />
peculiarità <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> è quella <strong>di</strong> percepire, facendo propri, molti fra questi<br />
aspetti, senza peraltro abbracciarne uno in maniera totalitaria e definitiva. È però<br />
possibile affermare con certezza che tutta la sua produzione ha carattere polemico<br />
e apologeta. <strong>Tertulliano</strong>, fin dalla sua conversione al cristianesimo, si colloca su<br />
posizioni profondamente moraliste e sviluppa un pensiero chiaramente ortodosso<br />
ed intransigente. La polemica apologetica e anti - eretica viene affrontata da<br />
<strong>Tertulliano</strong> in modo singolare, <strong>di</strong>stinguendosi anche per questo motivo dagli altri<br />
Padri della Chiesa. La sua intolleranza nei confronti <strong>di</strong> gnostici ed eretici lo porta<br />
a strutturare l’opera apologetica su vari e <strong>di</strong>fferenti piani: ora giuri<strong>di</strong>co, ora<br />
satirico – letterario, senza mai affrontare l’avversario sul piano prettamente<br />
35 Il pensiero <strong>di</strong> Q.S.F. <strong>Tertulliano</strong>, a cura <strong>di</strong> P. Zama, R. Barabba E<strong>di</strong>tore, Lanciano 2010. p. 5.<br />
36 Ivi, p. 7.<br />
35
teologico. Questa personalissima scelta, lungi dal celare una eventuale e presunta<br />
ignoranza <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> in materia teologica, è frutto <strong>di</strong> un pensiero consapevole<br />
e apertamente polemico che nega sin dal principio all’avversario il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>battere su un piano conoscitivo che giuri<strong>di</strong>camente - secondo <strong>Tertulliano</strong> -, non<br />
gli appartiene. Questo punto verrà affrontato successivamente in maniera più<br />
dettagliata. allo stato attuale serve unicamente a sottolineare ed evidenziare<br />
l’assoluta specificità del pensatore cartaginese.<br />
Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> sia un personaggio assolutamente poliedrico trova<br />
giustificazione seguendo due <strong>di</strong>rettrici: la prima che indaga il contesto storico nel<br />
quale egli vive e si forma, la seconda che analizza le vicende personali dell’autore<br />
evidenziando tre singoli, <strong>di</strong>fferenti momenti: quello cristiano, pre – montanista ed<br />
infine definitivamente montanista.<br />
Per ciò che riguarda il primo aspetto è d’obbligo la contestualizzazione storica<br />
<strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Come detto in precedenza il II secolo d.C. è un periodo <strong>di</strong> grande<br />
fermento spirituale. Il cristianesimo non è stato ancora accettato come religione<br />
avente <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> culto nell’impero romano, ciò nonostante vive un periodo <strong>di</strong><br />
relativa tolleranza. La parte orientale dell’impero romano, nello specifico le<br />
regioni dell’Egitto, Palestina e Siria, sono pervase da un profondo rinnovamento<br />
anche dal punto <strong>di</strong> vista culturale: il vento dell’ellenizzazione soffia ora dal vicino<br />
Oriente verso le regioni del me<strong>di</strong>terraneo orientale; la filosofia neo e me<strong>di</strong>o<br />
platonica si <strong>di</strong>ffonde rapidamente nelle scuole e nelle classi colte della<br />
popolazione; la vicenda <strong>di</strong> Cristo, lungi dall’essere un fenomeno isolato<br />
all’interno della piccola comunità cristiana, agita la gran parte della popolazione<br />
orientale dell’impero. In questo periodo storico apparentemente caotico, ma<br />
culturalmente e spiritualmente estremamente produttivo, come testimoniano il<br />
fiorire <strong>di</strong> scuole, dottrine e sètte, la comunità cristiana, inizialmente perseguitata,<br />
cerca <strong>di</strong> formare una propria e solida struttura 37 .<br />
<strong>Tertulliano</strong> nasce in un contesto dove il tentativo cristiano <strong>di</strong> dare una struttura<br />
capillare alla propria comunità ha già portato alla creazione e formazione <strong>di</strong><br />
importanti chiese come quella Romana e, appunto, quella cartaginese. Inoltre non<br />
è un dato da sottovalutare il fatto che sul finire del II secolo d.C. la religione<br />
37 Hans Jonas, Lo gnosticismo, Società e<strong>di</strong>trice internazionale, Torino 1991, p. 51.<br />
36
cristiana sia ormai ampiamente <strong>di</strong>ffusa e strutturata in maniera autonoma.<br />
Nonostante <strong>Tertulliano</strong> operi solo qualche decennio dopo la morte <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>,<br />
ciò non implica che il contesto non sia già sufficientemente cambiato. Le chiese<br />
apostoliche, che fin da principio si proclamavano autentiche ed uniche <strong>di</strong>scendenti<br />
degli apostoli e del messaggio <strong>di</strong> Gesù, debbono, sul finire del secolo, combattere<br />
contro il pullulare <strong>di</strong> eresie e movimenti gnostici, originatisi dalla scia del<br />
cristianesimo. Non è quin<strong>di</strong> casuale che i primi Padri apologeti, prima ancora <strong>di</strong><br />
convincere e tentare <strong>di</strong> convertire i romani pagani, abbiano il <strong>di</strong>chiarato intento <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fendere la religione cristiana, nella sua forma più autentica 38 . La missione<br />
apologetica dei Padri della chiesa è dunque paradossalmente rivolta soprattutto<br />
verso coloro che sono già cristiani, che vanno messi in guar<strong>di</strong>a dal pericolo eretico<br />
e gnostico ancor prima che dalla persecuzione pagana.<br />
Le posizioni ortodosse, moraliste ed intransigenti dei Padri della chiesa<br />
evidenziano solo la necessità <strong>di</strong> tutelare un patrimonio conquistato e che a fatica si<br />
stava erigendo. <strong>Tertulliano</strong>, che occupa un posto importante tra i Padri apologeti,<br />
non è estraneo a questo contesto e tutta la sua produzione è volta ad una strenua e<br />
serrata <strong>di</strong>fesa del cristianesimo con tutti gli strumenti e i mezzi necessari. Questo<br />
può spiegare il motivo che porta <strong>Tertulliano</strong> ad essere figura assolutamente<br />
poliedrica e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile collocazione. Egli, forse meglio <strong>di</strong> altri, riassume con la<br />
sua opera, lo strenuo tentativo <strong>di</strong> rintracciare ed utilizzare tutti gli strumenti<br />
<strong>di</strong>sponibili atti a creare un’apologia perfetta. La passione giuri<strong>di</strong>ca, l’attenzione<br />
letteraria e teatrale, lo stu<strong>di</strong>o delle dottrine degli avversari gnostici, l’adesione al<br />
montanismo e l’avversione alla filosofia sono tutti tratti espressione <strong>di</strong> una chiara<br />
volontà apologeta volta ad affinare tutte le proprie conoscenze , il proprio sapere<br />
per la <strong>di</strong>fesa dell’autentico cristianesimo.<br />
Anche le vicende personali della vita <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> concorrono alla definizione<br />
<strong>di</strong> persona poliedrica ed allo steso tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile collocazione. In effetti è<br />
possibile schematizzare la vita <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> in tre perio<strong>di</strong>: il primo, dal 197 d.C.<br />
al 207 d.C. circa, è il periodo <strong>di</strong>chiaratamente cristiano; il secondo, dal 207 d.C. al<br />
212 – 213 d.C. circa, coincide con il primo contatto con la sètta montanista e il<br />
terzo, dal 213 d.c. fino al 220 d.C. circa, corrisponde alla definitiva adesione al<br />
38 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 15 – 16.<br />
37
montanismo 39 . Occorre specificare che questo costante avvicinamento al<br />
montanismo, ed il conseguente abbandono delle posizioni cristiane, è frutto della<br />
medesima missione apologetica che <strong>Tertulliano</strong> intende perseguire. Il passaggio<br />
da cristianesimo a montanismo non deve essere quin<strong>di</strong> letto ed interpretato come<br />
una frattura spirituale, ma come un iter coerente verso una apologia del messaggio<br />
<strong>di</strong> Gesù sempre più ra<strong>di</strong>cale e polemica nei confronti <strong>di</strong> eretici e gnostici.<br />
Il nemico principale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> è Marcione, fautore <strong>di</strong> un dualismo ra<strong>di</strong>cale,<br />
ma anche la scuola valentiniana che, come è stato spiegato precedentemente,<br />
costituisce il tentativo più audace ed, allo stesso tempo riuscito, della speculazione<br />
gnostica, viene apertamente criticata. E’ opportuno evidenziare che ai tre perio<strong>di</strong><br />
della vita <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, cui si è appena fatto riferimento, corrispondono anche tre<br />
<strong>di</strong>versi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> apologia e <strong>di</strong> critica. Nella prima fase <strong>Tertulliano</strong> combatte<br />
l’avversario valentiniano sul piano giuri<strong>di</strong>co, negando loro alcun <strong>di</strong>ritto sulle<br />
Sacre Scritture 40 . L’intera opera De Praescriptione Haereticorum è basata su<br />
questo tipo <strong>di</strong> confutazione. L’idea <strong>di</strong> fondo che anima questo primo periodo è che<br />
l’economia neotestamentaria, lungi dall’essere interpretata come novità eversiva<br />
ed escatologica, venga interpretata come “buon consiglio”; monito suasivo che<br />
esorto l’uomo a rivolgere il proprio libero arbitrio verso il bene. La grazia viene<br />
così fatta <strong>di</strong>pendere dalla capacità etica umana, subor<strong>di</strong>nando il messaggio<br />
kerygmatico ad una vera e propria <strong>di</strong>sciplina morale legalisticamente intesa. Il<br />
dono supremo <strong>di</strong> Dio è aver concesso il libero arbitrio alla creatura umana, fatta<br />
così a sua immagine e somiglianza. Si può quin<strong>di</strong> comprendere come l’intento <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> sia profondamente <strong>di</strong>verso da quello <strong>di</strong> Marcione e <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>. Il<br />
<strong>di</strong>spositivo escatologico viene ri<strong>di</strong>mensionato e subor<strong>di</strong>nato, senza per questo<br />
scomparire, a quello archeo – ontologico e politico. Nello stesso periodo infatti,<br />
<strong>Tertulliano</strong> sviluppa una ‹‹trinitas animae››, interpretabile moralmente e non<br />
ontologicamente, proprio opponendosi ai Valentiniani. Ad essere qui esaltato è<br />
l’elemento psichico, unico e naturale strumento umano capace tanto <strong>di</strong> avere fede,<br />
quanto <strong>di</strong> volgersi al bene. La stessa critica ra<strong>di</strong>cale del dualismo marcionita e<br />
valentiniano passa per una dura critica antiplatonica che <strong>di</strong>mostra l’immensa<br />
39 Il pensiero <strong>di</strong> Q.S.F. <strong>Tertulliano</strong>, a cura <strong>di</strong> P. Zama, R. Barabba E<strong>di</strong>tore, Lanciano 2010. pp.<br />
10 – 11.<br />
40 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 10 – 11.<br />
38
conoscenza e abilità teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. La rivelazione salvifica si risolve<br />
nell’adesione ad una ferrea <strong>di</strong>sciplina morale, in una continua esortazione<br />
pedagogica alla libertà <strong>di</strong> scelta umana, fino ad adeguarsi al suo modello eterno e<br />
<strong>di</strong>vino.<br />
Il Dio <strong>di</strong> grazia valentiniano e marcionita rivelava la sua natura come<br />
eccedenza eversiva a qualsiasi or<strong>di</strong>ne, il Dio protocattolico <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />
armonizza grazia e giustizia, dono e legge, rivelazione ed educazione. Risulta<br />
evidente la profonda <strong>di</strong>fferenza che <strong>di</strong>stingue <strong>Tertulliano</strong> da <strong>Valentino</strong>: il<br />
<strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico non porta affatto ad un’esaltazione dei temi<br />
escatologici e neotestamentari. La sistematica razionalizzazione del dono <strong>di</strong> grazia<br />
evidenzia anzi la subor<strong>di</strong>nazione <strong>di</strong> questa al libero arbitrio; la grazia <strong>di</strong> Dio viene<br />
certamente ridotta, ma nient’affatto eliminata.<br />
Il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico che <strong>Tertulliano</strong> utilizza non elimina la<br />
rilevanza <strong>di</strong> quello carismatico: la bontà <strong>di</strong> Dio è tale che fa persino violenza a sé<br />
stessa, ritirandosi dalla sua funzione <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce per amore della sua creatura, anche<br />
a costo <strong>di</strong> apparire impotente o severo. In conclusione la proposta protocattolica <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> si basa sull’importanza della libertà <strong>di</strong> coscienza dell’in<strong>di</strong>viduo<br />
<strong>di</strong>mostrando così come la grazia non contrad<strong>di</strong>ce affatto la Legge dell’Antico<br />
testamento, ma, anzi, la compie dal momento che il dono deve perfezionarsi<br />
nell’esercizio della <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede.<br />
Nella fase pre – montanista <strong>Tertulliano</strong> scrive l’Adversus Valentinianos.<br />
Questo scritto, che verrà analizzato in dettaglio, è utile non solo per comprendere<br />
il passaggio <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> dal cristianesimo al montanismo, ma soprattutto per<br />
comprendere nel dettaglio l’interpretazione della dottrina valentiniana. La<br />
struttura dell’Adversus Valentinianos si rifà quasi completamente all’ Adversus<br />
haereses <strong>di</strong> Ireneo da Lione. Le tematiche trattate e l’analisi del sistema<br />
valentiniano si ispirano con estrema chiarezza allo scritto <strong>di</strong> Ireneo, ma<br />
<strong>Tertulliano</strong> sviluppa una propria metodologia critica colpendo i Valentiniani con<br />
gli strumenti della satira, dell’ironia e della letteratura 41 <strong>di</strong>etro cui si cela un<br />
imponente critica teologica. Proprio nell’adozione <strong>di</strong> questo metodo polemico è<br />
possibile rilevare il cambiamento a livello spirituale che porta <strong>Tertulliano</strong> ad<br />
41 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 29.<br />
39
avvicinarsi al montanismo. L’ortodossia e l’intransigenza morale del periodo<br />
protocattolico non scompaiono affatto, ma anzi vengono riproposti con maggior<br />
vigore <strong>di</strong>etro la pungente satira teologica che ispira tutta l’opera.<br />
In un terzo momento <strong>Tertulliano</strong> si converte definitivamente alla sètta<br />
montanista, caratterizzata tanto dalle posizioni intransigenti professate dal<br />
teologo cartaginese, quanto da una maggior tendenza escatologica rispetto alla<br />
proposta protocattolica. La conversione al montanismo, in continuità con le<br />
posizione moralistiche sostenute con veemenza del teologo cartaginese, è<br />
l’inevitabile esito “<strong>di</strong> un’opzione rigoristica sempre più ra<strong>di</strong>calizzatasi”. La<br />
<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede cui <strong>Tertulliano</strong> approda nei due perio<strong>di</strong> precedenti <strong>di</strong>viene la<br />
premessa teologica per un recupero della <strong>di</strong>mensione escatologica e carismatica<br />
prima subor<strong>di</strong>nata. Questo aspetto verrà analizzato in dettaglio successivamente,<br />
ci basti qui notare che le opere <strong>di</strong> esaltazione del martirio come il De fuga in<br />
persecuzione e le opere più moraliste come il De Monogamia o il De pu<strong>di</strong>cizia<br />
evidenziano un inevitabile riavvicinamento al para<strong>di</strong>gma escatologico –<br />
carismatico 42 , senza tuttavia eliminare l’idea <strong>di</strong> una rigida <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede.<br />
L’intera produzione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, de<strong>di</strong>cata alla <strong>di</strong>fesa del cristianesimo contro le<br />
eresie, porta come conseguenza paradossale alla conversione al montanismo, dove<br />
ad essere ripreso è il <strong>di</strong>spositivo kenotico ed escatologico, e ad essere subor<strong>di</strong>nato,<br />
ma nient’affatto eliminato, quello archeo – ontologico. Occorre quin<strong>di</strong> analizzare<br />
tutte e tre le fasi dell’interpretazione polemica dell’opera <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong> per cogliere<br />
il lento e paradossale cambiamento della posizione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>.<br />
2.2. Il periodo protocattolico: il De Praescriptione Haereticorum:<br />
Il termine “eresia” proviene dal greco hairesis che sta ad in<strong>di</strong>care la “scelta<br />
personale” <strong>di</strong> una determinata dottrina. L’eresia è quin<strong>di</strong> la scelta <strong>di</strong> una dottrina<br />
religiosa all’interno dell’insegnamento cristiano. Gli eretici insegnano dunque una<br />
dottrina che non è quella della Chiesa e conseguentemente che non è nemmeno<br />
quella <strong>di</strong> Cristo, perché solo la Chiesa possiede la conoscenza del kerygma<br />
primor<strong>di</strong>ale.<br />
42 Elémire Zolla, I mistici dell’occidente vol.I, Adelphi, Milano 2010. p. 264.<br />
40
<strong>Tertulliano</strong> de<strong>di</strong>ca l’intera vita a smascherare e combattere le eresie interne ed<br />
esterne al cristianesimo. Nella fase della sua vita che va dal 197 d.C. al 207 d.C.<br />
circa, <strong>Tertulliano</strong> è un convinto ed ortodosso sostenitore della Chiesa. Nell’opera<br />
De Praescriptione Haereticorum l’autore sostiene che l’insegnamento cristiano<br />
della chiesa derivi <strong>di</strong>rettamente dagli apostoli e da Cristo per tra<strong>di</strong>zione 43 . Si tratta<br />
<strong>di</strong> un insegnamento che risale alle origini ed è comune a tutte le Chiese. Pertanto<br />
siccome le Chiese hanno origine apostolica, sono tra loro sorelle come accade tra<br />
la Chiesa <strong>di</strong> Roma e quella <strong>di</strong> Cartagine, tra quella <strong>di</strong> Atene e <strong>di</strong> Efeso. Lo scopo<br />
fondamentale dell’opera è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere l’unione delle Chiese a partire dalla<br />
loro tra<strong>di</strong>zione apostolica.<br />
Che cosa sia la tra<strong>di</strong>zione cristiana è una riflessione che si sviluppa già nei<br />
secoli precedenti a <strong>Tertulliano</strong>, ma solo con lui si approda ad una definizione<br />
organica e complessiva, essenziale per tutta la patristica del II secolo d.C. . Gran<br />
parte dell’opera De Praescriptione Haereticorum è incentrata sulla <strong>di</strong>fesa della<br />
tra<strong>di</strong>zione contro l’eresia e lo gnosticismo valentiniano. L’intera confutazione<br />
poggia su un assunto teorico fondamentale: la verità dell’insegnamento non può<br />
essere in possesso <strong>di</strong> chi ignora o, peggio, <strong>di</strong>storce la tra<strong>di</strong>zione. Prima <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> anche Ireneo nell’ Adversus haereses aveva teorizzato l’esistenza <strong>di</strong><br />
una tra<strong>di</strong>zione squisitamente apostolica che sta alla base e determina la veri<strong>di</strong>cità<br />
dell’insegnamento 44 .<br />
“Dunque, la tra<strong>di</strong>zione degli apostoli, che è stata manifestata in tutto il mondo, la possono<br />
vedere in ogni chiesa coloro che vogliono vedere la verità, e noi possiamo enumerare nelle varie<br />
chiese quei vescovi che sono stati istituiti dagli apostoli, e le loro successioni fino ai nostri<br />
tempi.” 45<br />
La tra<strong>di</strong>zione coincide quin<strong>di</strong> con la trasmissione dell’autentica parola <strong>di</strong> Dio.<br />
La fede è stata trasmessa dagli apostoli ai vescovi e ai loro successori. Ecco<br />
palesarsi il secondo aspetto della tra<strong>di</strong>zione: essa <strong>di</strong>scende dagli apostoli fino ai<br />
43 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. pp. 6 – 7.<br />
44 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 46.<br />
45 <strong>Tertulliano</strong>, Contro le eresie, Città nuova e<strong>di</strong>trice, Roma 2002. p. 7.<br />
41
vescovi. In una chiesa attraversata da <strong>di</strong>verse correnti eterogenee e colpita dalle<br />
eresie, bisogna essere in grado <strong>di</strong> orientarsi in<strong>di</strong>viduando chi conserva<br />
autenticamente la parola e la fede in Dio. La stretta connessione temporale tra<br />
apostoli e vescovi permette che il messaggio cristiano si conservi, trasmettendosi<br />
intatto, per successione.<br />
<strong>Tertulliano</strong> riprende la riflessione <strong>di</strong> Ireneo sopra descritta, ma il tema assume<br />
nella sua trattazione una <strong>di</strong>fferente rilevanza. <strong>Tertulliano</strong> non è il primo apologeta<br />
a formulare una dottrina organica e complessiva sulla tra<strong>di</strong>zione, ma a <strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>di</strong> Ireneo, inserisce il concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione all’interno <strong>di</strong> un sistema chiaramente<br />
giuri<strong>di</strong>co. Egli ha quin<strong>di</strong> cercato <strong>di</strong> dare una valenza giuri<strong>di</strong>ca al concetto <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zione. <strong>Tertulliano</strong> riprende a piene mani la formulazione <strong>di</strong> Ireneo circa<br />
l’importanza della successione apostolica dei vescovi, utilizzando però lo<br />
strumento tecnico – giuri<strong>di</strong>co della ‹‹praescriptio›› o prescrizione, termine che<br />
compare già nel titolo dell’opera facendo così chiaro riferimento al <strong>di</strong>ritto<br />
romano 46 .<br />
Pertanto è necessario spiegare che cosa sono giuri<strong>di</strong>camente le prescrizioni e<br />
fino a che punto tale norma legale entri nel <strong>di</strong>scorso religioso dell’autore,<br />
soprattutto per ciò che concerne la violenta polemica contro i Valentiniani.<br />
Nel <strong>di</strong>ritto romano, il pretore incaricato dell’amministrazione giuri<strong>di</strong>ca, e<br />
quin<strong>di</strong>, della preparazione del processo, inviava al giu<strong>di</strong>ce la cosiddetta<br />
‹‹formula››, la quale conteneva le con<strong>di</strong>zioni in<strong>di</strong>spensabili e necessarie cui<br />
attenersi per il regolare svolgimento del processo. Questo proce<strong>di</strong>mento prende<br />
nome <strong>di</strong> ‹‹intentio›› tramite cui, per l’appunto, si “intendeva” un processo.<br />
All’interno <strong>di</strong> questo quadro giuri<strong>di</strong>co le ‹‹Praescriptiones›› erano delle clausole<br />
che potevano essere utilizzate tanto dall’accusato, quanto dall’accusatore, per<br />
favorire la propria posizione. Il loro intento è quello <strong>di</strong> sollevare delle obiezioni,<br />
<strong>di</strong> modo che un nuovo principio giuri<strong>di</strong>co si opponesse a quello dell’‹‹intentio›› 47 .<br />
Una delle prescrizioni più utilizzate in epoca romana era la ‹‹longi temporis<br />
praescriptio›› ovvero la “prescrizione dovuta alla lunghezza del tempo trascorso”;<br />
essa permetteva a colui che possedeva qualche bene, a parer <strong>di</strong> altri in modo<br />
46 Ivi, p. 11.<br />
47 Ibidem.<br />
42
illegale, <strong>di</strong> respingere l’azione giuri<strong>di</strong>ca qualora egli avesse posseduto tale bene<br />
per un determinato periodo <strong>di</strong> tempo fissato dalla legge.<br />
<strong>Tertulliano</strong> utilizza proprio la norma della ‹‹longi temporis praescriptio›› per<br />
applicarla alla polemica antieretica e anti – valentiniana. L’argomento che<br />
<strong>Tertulliano</strong> intende affrontare, ricorrendo all’espe<strong>di</strong>ente delle prescrizioni, è il<br />
seguente: a chi spetta legittimamente il possesso delle scritture? Agli eretici o agli<br />
ortodossi? La grande <strong>di</strong>fferenza d’intenti e proponimenti con Ireneo sta proprio in<br />
questa formulazione giuri<strong>di</strong>ca. Prima <strong>di</strong> affrontare gli eretici sul piano religioso e<br />
teologico, <strong>Tertulliano</strong> intende, sin da principio, <strong>di</strong>mostrare che essi non hanno<br />
<strong>di</strong>ritto alcuno <strong>di</strong> basarsi sulle Sacre Scritture. Per questo motivo <strong>Tertulliano</strong> insiste<br />
molto sull’anteriorità cronologica della Grande Chiesa in opposizione alla recente<br />
fioritura gnostica. L’anteriorità temporale della Chiesa apostolica rispetto alle<br />
sètte eretiche e alla scuola valentiniana non si risolve solo in un mero dato<br />
cronologico; essa ha soprattutto valore storico e valenza giuri<strong>di</strong>ca, perché<br />
testimonia tanto l’esistenza della tra<strong>di</strong>zione cristiana quanto, soprattutto, il suo<br />
legittimo possesso delle Scritture. Le chiese apostoliche e non quelle eretiche sono<br />
le <strong>di</strong>rette depositarie della verità e del messaccio <strong>di</strong> Cristo. Solo in questo modo<br />
<strong>Tertulliano</strong> può trasformare la polemica con gli eretici, da dottrinale come è in<br />
Ireneo, in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> carattere storico e giuri<strong>di</strong>co.<br />
L’utilizzo del concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione e l’impiego dello strumento giuri<strong>di</strong>co sono<br />
aspetti importanti su cui vale la pena soffermarsi. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> attinga a<br />
piene mani dal <strong>di</strong>ritto romano testimonia quanto sia rilevante l’impianto legalista<br />
della sua teologia. Precedentemente è stato espresso come la facoltà del libero<br />
arbitrio si strutturi in una vera e propria <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede.<br />
L’utilizzo dello strumento giuri<strong>di</strong>co sottolinea come questa tendenza archeo –<br />
ontologica sia in<strong>di</strong>spensabile anche nella polemica antignostica. Il fatto stesso che<br />
<strong>Tertulliano</strong> utilizzi la longi temporis praescriptio per definire una tra<strong>di</strong>zione<br />
cristiana <strong>di</strong>mostra come la forma giuri<strong>di</strong>ca, più che essere concepita come<br />
strumento della confutazione, sia invece una necessità <strong>di</strong> carattere teologico. Il<br />
concetto stesso <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione ripropone quel tentativo <strong>di</strong> armonizzare grazia e<br />
legge cui si faceva riferimento precedentemente. Il kerygma viene me<strong>di</strong>ato e<br />
ri<strong>di</strong>mensionato, pensato in continuità con la legge dell’Antico testamento.<br />
43
La necessità giuri<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere la tra<strong>di</strong>zione cattolica evidenzia anche la<br />
necessità teologica <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionare l’escatologica all’interno della tra<strong>di</strong>zione<br />
gerarchica della Chiesa. La novità del regno <strong>di</strong> Dio viene armonizzata nella<br />
tra<strong>di</strong>zione della chiesa cristiana.<br />
Il motivo per cui <strong>Tertulliano</strong> utilizza lo strumento giuri<strong>di</strong>co è chiaramente<br />
spiegato anche dallo stesso autore. Affrontare gli eretici e i Valentiniani sul piano<br />
teorico e dottrinale poteva, potenzialmente, aprire il rischio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione<br />
infinita e fine a sé stessa dal momento che la Grande Chiesa e le sètte minori non<br />
avrebbero mai accettato l’una i presupposti degli altri 48 . Era quin<strong>di</strong> urgente ed<br />
in<strong>di</strong>spensabile introdurre uno strumento metodologico esterno alla <strong>di</strong>scussione<br />
teorica-dottrinale, ma non in<strong>di</strong>pendente da essa; metodo che <strong>Tertulliano</strong>, educato<br />
sin da giovane alla conoscenza giuri<strong>di</strong>ca, non poteva che trovare nel <strong>di</strong>ritto<br />
romano. Per <strong>Tertulliano</strong> è dunque evidente che il metodo della prescrizione è<br />
sufficiente a tutelare la Chiesa dalla minaccia eretica, la quale viene<br />
semplicemente espulsa da ogni <strong>di</strong>battito interno al cristianesimo. Tuttavia il finale<br />
dell’opera contrad<strong>di</strong>ce questa apparente certezza e rimette in <strong>di</strong>scussione la<br />
vali<strong>di</strong>tà aprioristica della prescrizione 49 .<br />
<strong>Tertulliano</strong> ammette infatti che in successive opere dovrà trattare caso per caso<br />
le varie sètte eretiche e gnostiche. Quest’ultima promessa d’intenti viene poi<br />
effettivamente portata a termine negli anni seguenti con la stesura delle opere<br />
contro Ermogene, Marcione e <strong>Valentino</strong>.<br />
Sono però due i temi che vale la pena approfon<strong>di</strong>re nel contesto del De<br />
Praescriptione Haereticorum. Il primo aspetto concerne l’inizio del rapporto<br />
conflittuale con i Valentiniani. <strong>Tertulliano</strong>, che come abbiamo <strong>di</strong>mostrato in<br />
precedenza è un attento lettore <strong>di</strong> Ireneo, conosce, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente,<br />
la sètta dei Valentiniani. Il fatto stesso che sul finire dell’opera affermi <strong>di</strong> voler<br />
scrivere delle opere polemiche contro l’eretico <strong>Valentino</strong>, testimonia che già nella<br />
prima fase della sua produzione <strong>Tertulliano</strong> conosce la speculazione valentiniana<br />
e sa altrettanto bene che i risultati <strong>di</strong> questo sistema non possono che portare ad<br />
una <strong>di</strong>chiarata ostilità.<br />
48 Ivi, p. 15.<br />
49 Ivi, p. 92.<br />
44
È quin<strong>di</strong> indubbio che già nella prima fase della sua produzione <strong>Tertulliano</strong><br />
conoscesse i pericoli concreti della <strong>di</strong>ffusione dello gnosticismo valentiniano e<br />
conoscesse altrettanto bene la profonda <strong>di</strong>fferenza teologica che ispira la proposta<br />
<strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, troppo eversivo e settario per la chiesa protocattolica. Pare quin<strong>di</strong><br />
probabile che dopo la stesura del De Praescriptione Haereticorum <strong>Tertulliano</strong><br />
cercasse <strong>di</strong> accrescere la propria conoscenza della dottrina valentiniana per<br />
addentarsi nella polemica con maggior vigore. Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ireneo, nemico giurato<br />
<strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, ha permesso a <strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong> affinare la propria conoscenza e con<br />
essa la portata critica e polemica. Come vedremo in seguito, la genesi dell’<br />
Adversus Valentinianos deve indubbiamente tanto alla precedente opera <strong>di</strong> Ireneo,<br />
ma il fatto che l’opera <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> si collochi nel periodo pre – montanista<br />
dell’autore, porta ad interpretazioni e critiche assai <strong>di</strong>fferenti. Per <strong>di</strong>mostrare che il<br />
rapporto conflittuale tra <strong>Tertulliano</strong> e <strong>Valentino</strong> abbia inizio già nel primo periodo<br />
cristiano, è utile analizzare i seguenti passi del De Praescriptione Haereticorum.<br />
“Che la filosofia è la materia della sapienza terrena, <strong>interprete</strong> temeraria della natura e della<br />
<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong>vina. Pertanto, le eresie stesse sono subor<strong>di</strong>nate dalla filosofia. Dalla filosofia<br />
derivano gli eoni e non so che forme infinite <strong>di</strong> numero e la triade dell’uomo secondo <strong>Valentino</strong>:<br />
era stato filosofo platonico.” 50<br />
Questo è il primo passo del De Praescriptione Haereticorum in cui viene citato<br />
<strong>di</strong>rettamente <strong>Valentino</strong>. Ed inoltre gli aspetti importanti del brano sono molteplici<br />
e tra loro collegati. Il primo dato che conferma come l’analisi della speculazione<br />
valentiniana da parte <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> sia solo nella sua fase embrionale è la<br />
presenza <strong>di</strong> “non so che forme infinite”. <strong>Tertulliano</strong> onestamente afferma che non<br />
<strong>di</strong>spone ancora <strong>di</strong> tutte le nozioni sul sistema valentiniano, dati che, come<br />
vedremo successivamente, verranno analizzati uno ad uno nell’opera successiva<br />
dell’ Adversus Valentinianos.<br />
Un secondo aspetto <strong>di</strong> cruciale importanza è il nesso evidentissimo tra filosofia<br />
ed eresia. Il passo in questione compare nel VII capitolo dell’opera. Il fatto che<br />
una constatazione così forte compaia già nelle prime pagine dell’opera introduce<br />
50 Ivi, pp. 35 – 36.<br />
45
un secondo tema fondamentale del De Praescriptione Haereticorum: la definitiva<br />
condanna della filosofia come strumento dell’eresia. Dire che <strong>Tertulliano</strong> rigetta<br />
completamente la filosofia non è però del tutto corretto. <strong>Tertulliano</strong> da giovane<br />
aveva stu<strong>di</strong>ato tanto il <strong>di</strong>ritto quanto la filosofia ed è inesatto affermare che la<br />
filosofia venga criticata e definitivamente abbandonata. Da buon romano anche<br />
<strong>Tertulliano</strong> si avvicina, pur non convenendo su molti aspetti, allo stoicismo come,<br />
<strong>di</strong>mostrano i suoi trattati sulla materialità dell’anima. La filosofia criticata da<br />
<strong>Tertulliano</strong> è piuttosto la filosofia platonica che nel II secolo d.C. vive un periodo<br />
<strong>di</strong> importante ripresa e <strong>di</strong>ffusione nelle filosofie neo e me<strong>di</strong>o platoniche.<br />
“Dalla filosofia deriva il <strong>di</strong>o <strong>di</strong> Marcione, un <strong>di</strong>o migliore del nostro grazie alla sua mitezza:<br />
era un <strong>di</strong>o proveniente dallo stoicismo. E perché si <strong>di</strong>ca che l’anima perisce, si osserva Epicureo; e<br />
perché si neghi la ricostruzione della carne, si attinge all’insegnamento unanime <strong>di</strong> tutti i filosofi; e<br />
quando si pone la materia sullo stesso piano <strong>di</strong> Dio, è la dottrina <strong>di</strong> Zenone; e quando si introduce<br />
qualche nozione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o <strong>di</strong> fuoco, interviene Eraclito.” 51<br />
Da questo secondo passo risulta chiaro l’atteggiamento assolutamente<br />
ortodosso <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. La sua polemica si sviluppa non solo sul piano teorico,<br />
ma anche su quello sintattico. Si noti infatti che quando la parola “<strong>di</strong>o” è<br />
affiancata ad una teoria filosofica essa compare in minuscolo, mentre quando<br />
questa viene accostata al Dio della Grande Chiesa essa compaia in maiuscolo.<br />
Ancora:<br />
“[…] donde il male, e perché il male? E donde l’uomo, e in qual modo? E la questione che non<br />
molto tempo fa propose <strong>Valentino</strong>: done Dio? Si capisce, dall’enthymesis e dall’ectroma. Povero<br />
Aristotele! Ha insegnato loro la <strong>di</strong>alettica, architetta nel costruire e nel <strong>di</strong>struggere, versipelle nelle<br />
affermazioni, forzata nelle ipotesi, incomprensibile nelle argomentazioni, produttrice <strong>di</strong> contese,<br />
molesta anche a se stessa, pronta a riesaminare tutto per paura <strong>di</strong> aver trascurato del tutto qualche<br />
punto.” 52<br />
51 Ivi, pp. 36 – 37.<br />
52 Ibidem.<br />
46
<strong>Tertulliano</strong> fa qui riferimento all’enthymesis e all’ectroma che sono due termini<br />
tecnici della dottrina valentiniana. Precisamente il Demiurgo proviene<br />
dall’enthymesis, la saggezza esterna al Pleroma, mentre l’ectroma è l’aborto<br />
espulso oltre il Limite. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> ne faccia brevemente riferimento è<br />
testimone del fatto che i due aspetti citati lo abbiano colpito in negativo. Non a<br />
caso ai Padri della Chiesa la teoria del Demiurgo appare come una pericolosa<br />
duplicazione del Dio da cui deriva un’altrettanto rischiosa duplicazione qualitativa<br />
del Cristo. È qui evidente una prima grande critica <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne teologico.<br />
<strong>Tertulliano</strong>, che come è stato espresso in precedenza sostiene la continuità tra Dio<br />
<strong>di</strong> grazia e Dio della legge, non può accettare le posizioni dualistiche degli<br />
gnostici. Il dualismo valentiniano è così ra<strong>di</strong>cale da proporre l’esistenza <strong>di</strong> due<br />
Cristi, uno storico ed incarnazione materiale del secondo, pneumatico ed interno<br />
al Pleroma. <strong>Tertulliano</strong> professa l’unicità <strong>di</strong> Dio e combatte il dualismo marcionita<br />
tanto quello valentiniano, sconfessando qualsiasi frattura ontologica sostenuta<br />
dagli eretici.<br />
In questo passo viene anche sviluppata la polemica alla <strong>di</strong>alettica aristotelica,<br />
utilizzata dagli eretici come strumento assolutamente retorico e ridondante per<br />
convincere, tramite ragionamenti vuoti, della vali<strong>di</strong>tà delle proprie dottrine.<br />
“Cercate e troverete, infatti, non deve essere interpretato senza un metodo razionale. Ma il<br />
significato <strong>di</strong> questa frase <strong>di</strong> Cristo si basa su tre punti: sul contenuto, sulla circostanza e sul modo.<br />
Sul contenuto, nel senso, cioè, che si consideri che cosa si debba cercare, sì da considerare quando;<br />
sul modo, sì da considerare fino a che punto può giungere un’interpretazione. Pertanto bisogna<br />
cercare quello che Cristo ha insegnato, vale a <strong>di</strong>re, per tutto il tempo che tu non lo abbia trovato,<br />
vale a <strong>di</strong>re, finché tu non lo abbia trovato. E una volta che tu hai cominciato a credere, tu lo hai<br />
trovato. […] Dove sarà, infatti, un termine della ricerca? Dove sarà il punto fisso del credere?<br />
Presso <strong>Valentino</strong>?” 53<br />
Questo passo merita <strong>di</strong> essere analizzato in dettaglio perché rappresenta la<br />
chiave <strong>di</strong> lettura dell’intero De Praescriptione Haereticorum. Questo brano<br />
definisce l’oggetto della ricerca per l’autentico cristiano. Seguendo il consiglio del<br />
Cristo ‹‹cercate e troverete››, <strong>Tertulliano</strong> cerca <strong>di</strong> salvare la ricerca da una<br />
53 Ivi, p. 43.<br />
47
condanna totale come avvenuto per la filosofia. Per questo <strong>Tertulliano</strong> insiste sul<br />
fatto che, arrivati ad un certo punto, la ricerca si debba fermare, trovando così<br />
l’oggetto della sua ricerca. L’oggetto della ricerca cristiana è la fede nel<br />
messaggio del Cristo; non vi è nulla <strong>di</strong> più prezioso che si debba andare a<br />
ricercare oltre. Pertanto la ricerca termina nel momento in cui essa approda ad una<br />
coscienza <strong>di</strong> fede. <strong>Tertulliano</strong> sviluppa una metodologia <strong>di</strong>chiaratamente razionale<br />
che termina nella fede cristiana.<br />
La ricerca della conoscenza viene quin<strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionata nella scoperta della<br />
fede. Inutile riba<strong>di</strong>re che la conoscenza gnostica si basa su posizione<br />
completamente opposte come sta ad in<strong>di</strong>care l’ironica domanda conclusiva del<br />
passo. Come si affermava precedentemente, l’atto <strong>di</strong> fede per <strong>Tertulliano</strong> ha una<br />
rilevanza <strong>di</strong> prim’or<strong>di</strong>ne rispetto a quanto sostenuto da <strong>Valentino</strong>. Come si evince<br />
dal passo citato l’approdo alla <strong>di</strong>mensione spirituale della fede avviene tramite un<br />
percorso razionale e <strong>di</strong> scelta in<strong>di</strong>viduale. È chiaro come a prevalere sia il libero<br />
arbitrio umano, mentre l’avvento escatologico <strong>di</strong> grazia risulti ri<strong>di</strong>mensionato,<br />
senza per questo scomparire. Il dono escatologico <strong>di</strong> grazia coincide con la bontà<br />
<strong>di</strong> un Dio che, gratuitamente e per mezzo della rivelazione <strong>di</strong> Cristo, offre alla sua<br />
creatura la potenza della libertà <strong>di</strong> scelta. Il libero arbitrio è dunque il dono che<br />
Dio ha concesso alla sua immagine creata, la sola degna <strong>di</strong> riflettere la potenza del<br />
creatore stesso. Per questo <strong>Tertulliano</strong> sottolinea più volte l’importanza <strong>di</strong> porre<br />
un limite alla propria ricerca, limite che, a suo <strong>di</strong>re, non è affatto presente nella<br />
speculazione gnostica. La presenza <strong>di</strong> un limite razionale permette <strong>di</strong> approdare<br />
alla <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> fede.<br />
È qui teorizzato un primo abbozzo <strong>di</strong> quella “<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede” cui si faceva<br />
riferimento poc’anzi. Il fatto che la libertà <strong>di</strong> determinarsi sia un dono <strong>di</strong>vino non<br />
porta, come avviene per gli gnostici, né ad una filialità con Dio né ad una<br />
Salvezza ontologicamente posseduta. In <strong>Tertulliano</strong> Dio creatore e uomo creato<br />
non sono affatto posti sul medesimo piano ontologico. Il fatto che la ricerca debba<br />
limitarsi per giungere all’atto <strong>di</strong> fede testimonia <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza qualitativa tra<br />
<strong>di</strong>vinità e creato. L’uomo possiede la libertà <strong>di</strong> scelta per volontà <strong>di</strong>vina, ma<br />
questa, proprio perché finita, limitata nella creatura, deve abbandonarsi in un atto<br />
<strong>di</strong> pura fede nella rivelazione.<br />
48
Da questo momento e per quasi tutto il resto dell’opera, <strong>Tertulliano</strong> sviluppa la<br />
sua confutazione giuri<strong>di</strong>ca a partire dal metodo delle prescrizioni fino ad arrivare<br />
alla formulazione del concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione apostolica e Grande Chiesa. In questa<br />
parte centrale non sono presenti particolari riferimenti a <strong>Valentino</strong>, ma agli eretici<br />
in generale. <strong>Valentino</strong> viene menzionato solo una volta insieme a Marcione nel<br />
seguente frammento:<br />
“In qualunque modo si sia errato, tuttavia l’errore ha regnato per tutto il tempo che non vi<br />
furono le eresie. La verità aspettava dunque <strong>di</strong> essere liberata dai Valentiniani e dai Marcioniti!<br />
Nel frattempo, era errata l’evangelizzazione, errata le fede, errato il modo in cui migliaia e<br />
migliaia furono battezzati […]. Dove era allora <strong>Valentino</strong>, seguace del platonismo? Sì, perché è<br />
noto che essi non furono tanto antichi […].” 54<br />
Questo passo è interessante sia dal punto <strong>di</strong> vista teologico che da quello<br />
letterario. <strong>Tertulliano</strong> sta qui sostenendo l’ipotesi della tra<strong>di</strong>zione apostolica<br />
contro la recente speculazione gnostica. L’idea che la grande Chiesa sia anteriore<br />
al fiorire delle sètte eretiche, avvalora la tesi giuri<strong>di</strong>ca circa il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> possesso<br />
sulle Sacre Scritture. La risoluzione giuri<strong>di</strong>ca del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> possesso sulle Sacre<br />
Scritture proietta il ben più rilevante tema della tra<strong>di</strong>zione cristiana a livello<br />
teologico. Qui preme analizzare il concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione in riferimento al<br />
meccanismo dei due <strong>di</strong>spositivi. Nella produzione neotestamentaria, caratterizzata<br />
da una forte escatologica, un concetto <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione è <strong>di</strong>fficilmente rintracciabile.<br />
L’accento viene piuttosto posto sul tema dell’elezione e sul nuovo ed imminente<br />
regno che spetta agli eletti graziati e gratuitamente redenti. Ben <strong>di</strong>versa è l’idea <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> che sente la necessità archeo – ontologica e politica <strong>di</strong> giustificare e<br />
<strong>di</strong>fendere la Chiesa madre <strong>di</strong> tutti i fedeli.<br />
Lo scopo <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> è quello <strong>di</strong> affermare una tra<strong>di</strong>zione che leghi<br />
in<strong>di</strong>ssolubilmente la parola redentrice del kerygma alla missione terrena della<br />
Chiesa. È chiaro che in quest’ottica venga <strong>di</strong>sperso il senso anarchico del<br />
messaggio primor<strong>di</strong>ale, sovvertitore <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e gerarchia. Anzi è proprio<br />
l’apologia dell’or<strong>di</strong>ne della Chiesa ed essere sviluppato come punto essenziale ed<br />
54 Ivi, p. 66.<br />
49
in<strong>di</strong>spensabile. Da sottolineare che anche rispetto a questo tema la <strong>di</strong>alettica tra i<br />
due <strong>di</strong>spositivi non produce una mera assolutizzazione <strong>di</strong> uno dei due. Il<br />
<strong>di</strong>spositivo escatologico e carismatico ne risulta certamente me<strong>di</strong>ato e<br />
ristrutturato, ma non scompare affatto. Anzi è proprio l’avvento <strong>di</strong> Cristo e la<br />
<strong>di</strong>ffusione del suo messaggio agli apostoli ad essere la necessaria base della<br />
tra<strong>di</strong>zione che <strong>Tertulliano</strong> si impegna a <strong>di</strong>fendere.<br />
L’aspetto rilevante in questo passo è però l’uso dell’ironia, ad<strong>di</strong>rittura del<br />
sarcasmo, per l’esposizione della propria teoria. Questo dato è da tenere presente<br />
per ciò che riguarda la produzione del successivo Adversus Valentinianos.<br />
Sul finire del trattato <strong>Tertulliano</strong> utilizza il principio <strong>di</strong> anteriorità per colpire<br />
giuri<strong>di</strong>camente i Valentiniani:<br />
“Oltre a queste considerazioni mi servo, per il mio intento, anche <strong>di</strong> un esame delle dottrine<br />
degli eretici, <strong>di</strong> quelle che esistettero allora al tempo degli apostoli e che furono dagli apostoli<br />
smascherate e condannate. […] Insegnando a Timoteo, condanna anche coloro che proibiscono le<br />
nozze: questa è la dottrina <strong>di</strong> Marcione e <strong>di</strong> Apelle, suo seguace. Ugualmente, si rivolge contro<br />
coloro che <strong>di</strong>cevano che la resurrezione era già avvenuta: questo lo <strong>di</strong>chiarano i Valentiniani su se<br />
stessi. E quando l’apostolo accenna a delle genealogie infinite, vi si riconosce <strong>Valentino</strong>, secondo<br />
il quale quel non so quale Eone, dotato <strong>di</strong> un nome inau<strong>di</strong>to e molteplice, genera dalla sua grazia il<br />
senso e la Verità, e questi analogamente procreano da sé il Verbo e la Vita, quin<strong>di</strong> anche questi<br />
generano l’Uomo e la Chiesa.” 55<br />
In questo passo <strong>Tertulliano</strong> fa riferimento ad una parte della produzione<br />
neotestamentaria <strong>di</strong> Paolo. Nello specifico egli si riferisce alla prima epistola ai<br />
Corinti, alla prima lettera a Timoteo e alla lettera ai Galati. In questi scritti Paolo<br />
affronta molti temi cruciali del cristianesimo primitivo, da quello dei matrimoni e<br />
della verginità a quello circa le ritualità necessarie per la celebrazione<br />
dell’eucaristia, ma non solo. Paolo sviluppa anche i temi circa la legge, la<br />
redenzione e la resurrezione. Riferendosi al materiale neotestamentario <strong>di</strong> Paolo,<br />
<strong>Tertulliano</strong> cerca <strong>di</strong> creare una relazione temporale tra le nuove eresie e i pericoli<br />
cui metteva in guar<strong>di</strong>a l’apostolo. Così come esiste una tra<strong>di</strong>zione che lega Cristo,<br />
gli apostoli e la Chiesa, così esiste una continuità ideale anche tra i nemici <strong>di</strong><br />
55 Ivi, pp. 73 – 75.<br />
50
quest’ultima. Marcione, <strong>Valentino</strong> e Apelle rappresentano, in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti,<br />
questa continuità tra l’antico e il nuovo. Le accuse che <strong>Tertulliano</strong> muove agli<br />
eretici e agli gnostici sono già rintracciabili, secondo il teologo cartaginese, negli<br />
ammonimenti paolini.<br />
È curioso notare come i testi cui si riferisce <strong>Tertulliano</strong> sono tutti caratterizzati<br />
da una marcata tensione escatologica, mentre, come si è visto, in <strong>Tertulliano</strong><br />
questa viene decisamente rivisitata. <strong>Valentino</strong> viene poi citato più volte con fare<br />
sarcastico e accostato più volte a Marcione. L’ultimo frammento meritevole <strong>di</strong><br />
attenzione è il seguente:<br />
“L’uno ha sconvolto le Scritture <strong>di</strong> proprio pugno, l’altro ha sconvolto il senso con la sua<br />
interpretazione. Infatti, anche se <strong>Valentino</strong> apparentemente lascia intatto il testo scritturale <strong>di</strong> cui si<br />
serve, non ha assalito la verità con un ingegno meno astuto <strong>di</strong> Marcione. Chè Marcione<br />
<strong>di</strong>chiaratamente e apertamente si è servito non della penna ma del coltello, poiché ha fatto strage<br />
delle Scritture per adattarle al suo sistema. <strong>Valentino</strong>, invece, le ha risparmiate, poiché non ha<br />
adattato le Scritture al suo sistema, ma ha escogitato un sistema adattato alle Scritture.” 56<br />
Il passo risulta importante perché <strong>Tertulliano</strong> non solo pone una <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />
genere tra l’eresia marcionita e l’eresia valentiniana, ma perché lo fa proprio a<br />
partire dal rapporto che gli eretici hanno con le Scritture. Effettivamente<br />
<strong>Valentino</strong> non interviene <strong>di</strong>rettamene sulle Sacre Scritture mo<strong>di</strong>ficandone la<br />
struttura o il messaggio <strong>di</strong> fondo. Egli crea piuttosto un sistema mitologico e<br />
ontoteologico che conserva molti aspetti escatologico-carismatici. <strong>Valentino</strong>, a<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Marcione, non mo<strong>di</strong>fica né “pugnala” le scritture; stando a<br />
<strong>Tertulliano</strong> si rende piuttosto colpevole <strong>di</strong> aver creato un sistema scorretto capace<br />
<strong>di</strong> adattarsi alla verità sacra contenuta nei testi 57 . Il fatto che il “nemico giurato” <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> sia Marcione non implica che anche i Valentiniani vengano criticati<br />
aspramente. L’avversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> non è data solo dal fatto che <strong>Valentino</strong><br />
crei un sistema ontoteologico profondamente <strong>di</strong>verso dal sistema proposto dalla<br />
chiesa protocattolica, ma che i Valentiniani utilizzavano alcuni testi<br />
neotestamentari come conferma delle proprie affermazioni circa la natura <strong>di</strong> Dio,<br />
56 Ivi, p. 83.<br />
57 Ibidem.<br />
51
del Pleroma e <strong>di</strong> Cristo. Il ricorso alle scritture non si limita all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong><br />
semplici coincidenze numerologiche, ma prende consistenza in un’imponente<br />
esegesi allegorica.<br />
Il fatto che i Valentiniani non utilizzino testi sacri, ma si limitino ad adattare le<br />
loro teorie ad essi tramite l’esegesi allegorica, sembrerebbe estrometterli dalla<br />
grande confutazione giuri<strong>di</strong>ca eretta da <strong>Tertulliano</strong>. Certamente l’autore del De<br />
Praescriptione Haereticorum vede in questo sistema <strong>di</strong> adattamento un atto<br />
giuri<strong>di</strong>co illecito <strong>di</strong> appropriazione dei medesimi testi sacri cristiani, tuttavia la<br />
posizione valentiniana, opposta a quella marcionita, è forse meritevole per<br />
<strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong> ulteriori approfon<strong>di</strong>menti come <strong>di</strong>chiara nella conclusione del suo<br />
trattato: ‹‹Ma ora noi abbiamo terminato <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere in generale contro tutte le<br />
eresie […].Per quel che resta, risponderemo ad alcuni anche su questioni<br />
particolari, se la grazia <strong>di</strong> Dio ce lo permetterà›› 58 .<br />
È qui teorizzata, in fase embrionale, la stesura dell’Adversus Valentinianos che<br />
caratterizzerà il periodo pre – montanista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>.<br />
2.3. Il periodo pre – montanista e l’Adversus Valentinianos<br />
L’Adversus Valentinianos <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, composto attorno al 206 d.C., è<br />
costituito da una libera trasposizione <strong>di</strong> una parte consistente dell’Adversus<br />
Haereses 59 . <strong>Tertulliano</strong> utilizza quasi esclusivamente il materiale messo a<br />
<strong>di</strong>sposizione da Ireneo, ma stila un libello polemico in<strong>di</strong>rizzato ai Valentiniani<br />
segnato da una critica ironico – sarcastica <strong>di</strong>etro cui si articola una attenta e<br />
me<strong>di</strong>tata confutazione teologica.<br />
L’intento <strong>di</strong>chiarato non è solo quello <strong>di</strong> evidenziare gli sbagli della dottrina<br />
valentiniana e correggerli, piuttosto è quello <strong>di</strong> denunciare l’insensatezza<br />
dell’intero sistema e nello specifico alcuni aspetti ra<strong>di</strong>cali cui porta la<br />
speculazione proposta da <strong>Valentino</strong>. L’Adversus Valentinianos è caratterizzato<br />
dall’esasperazione degli aspetti che più si prestano ad ottenere una caricatura della<br />
speculazione valentiniana 60 , ma l’intento è <strong>di</strong>chiaratamente teologico. Rispetto al<br />
De Praescriptione Haereticorum, <strong>Tertulliano</strong> approfon<strong>di</strong>sce il mito gnostico<br />
58 Ivi, p. 92.<br />
59 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 29.<br />
60 Ivi, p. 47.<br />
52
colpendo con gli strumenti della satira e del sarcasmo proprio gli aspetti <strong>di</strong><br />
maggior rilievo teologico.<br />
I capitoli introduttivi dell’opera <strong>di</strong>mostrano come l’autore <strong>di</strong>sponga anche <strong>di</strong><br />
altre fonti oltre a quella <strong>di</strong> Ireneo, ma il loro utilizzo è raro, se non in alcuni<br />
preziosi passaggi.<br />
Lungo tutta l’opera emergono a più riprese gli echi <strong>di</strong> un <strong>di</strong>battito non ancora<br />
sopito circa la natura eretica del Valentinismo. Come è stato già evidenziato<br />
precedentemente in riferimento al De Praescriptione Haereticorum, <strong>Tertulliano</strong> è<br />
assolutamente convinto che il sistema valentiniano rappresenti lo sviluppo del<br />
“seme dell’eresia” che già aveva condannato l’apostolo.<br />
L’Adversus Valentinianos risale ad un periodo in cui le ansie ortodosse <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> non lo avevano già spinto troppo al <strong>di</strong> là delle posizioni<br />
protocattoliche, pur simpatizzando, benché non ne facesse ancora parte, per il<br />
montanismo; sètta a cui aderì definitivamente solo intorno al 213 d.C. circa. Il<br />
fatto che l’Adversus Valentinianos si collochi nel periodo pre – montanista <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> è <strong>di</strong>mostrabile anche grazie a due riferimenti cronologici rintracciabili<br />
<strong>di</strong>rettamente nel testo. Nell’opera viene menzionato ‹‹Proclo, nostro››,<br />
identificabile con il Proclo presente nell’opera antimontanista del presbitero<br />
romano Gaio, La Ricerca e che compare anche nella testimonianza <strong>di</strong> Eusebio 61 .<br />
Un secondo dato cronologico è rintracciabile nel capitolo se<strong>di</strong>cesimo, in cui viene<br />
menzionata l’opera Adversus Hermogenem, scritta da <strong>Tertulliano</strong> sul finire del<br />
periodo protocattolico. Di conseguenza l’Adversus Valentinianos è sicuramente<br />
successivo al tale periodo.<br />
In quest’opera <strong>Tertulliano</strong> preferisce spingere la sua confutazione teologica<br />
fino a mettere a nudo le assur<strong>di</strong>tà dell’impianto valentiniano, ri<strong>di</strong>colizzandolo. È<br />
lo stesso <strong>Tertulliano</strong> ad illustrare questa <strong>di</strong>chiarazione d’intenti: ‹‹Se riusciremo a<br />
suscitare qualche volta il riso, otterremo lo scopo: molte cose son degne <strong>di</strong> essere<br />
smentite così, perché non siano adornate da serietà›› 62 . Del resto, la sètta<br />
valentiniana si basa su un insegnamento esoterico che estremizza il piano<br />
escatologico tramite un marcato dualismo ontoteologico, inoltre, i componenti<br />
61 Riley M.T., Q.S.Fl. <strong>Tertulliano</strong> Adversus Valentinianos,Text, translation and commentary,<br />
Dissertation, Stanford University 1971.<br />
62 Fredouille J., Tertullien, Contre les Valentiniens, Paris 1980. pp. 91 – 92.<br />
53
della sètta sia lasciavano spesso andare a comportamenti <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevoli poiché<br />
convinti <strong>di</strong> essere già ontologicamente salvati e redenti per filialità con Dio, ed è<br />
quin<strong>di</strong> naturale che <strong>Tertulliano</strong> guar<strong>di</strong> con estremo sospetto alle loro dottrine, in<br />
così evidente contrasto con l’orizzonte teologico dell’apologista. Il fatto che<br />
<strong>Tertulliano</strong> preferisca deridere l’avversario per confutarlo teologicamente è<br />
supportato anche da altre nitide affermazioni dell’autore. Nel sesto capitolo<br />
dell’opera <strong>Tertulliano</strong> svela che il libello è in realtà un ‹‹ludus ante pugnam›› 63 ,<br />
una finta scaramuccia come quelle dei gla<strong>di</strong>atori prima del vero e sanguinoso<br />
scontro.<br />
L’intento <strong>di</strong> deridere l’avversario implica che la struttura dell’opera si basi<br />
anche su un sistema retorico e letterario oltre che dottrinale e teologico.<br />
Escludendo i capitoli 1 – 6, in cui <strong>Tertulliano</strong> utilizza una forma proemiale, il<br />
resto dell’opera si struttura in una concitata, a tratti ad<strong>di</strong>rittura violenta, narrazione<br />
del sistema valentiniano. Occorre fare però due importanti precisazioni.<br />
Per prima cosa si deve sottolineare il fatto che l’Adversus Valentinianos non è<br />
un’opera in<strong>di</strong>rizzata <strong>di</strong>rettamente agli gnostici, ma alle comunità cristiane della<br />
Grande Chiesa. L’intento è quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> convincere, per mezzo della retorica e<br />
del sarcasmo, il maggior numero <strong>di</strong> cristiani a <strong>di</strong>ffidare dell’insegnamento della<br />
scuola valentiniana.<br />
Del resto, e questo è il secondo punto da tenere in considerazione, la derisione<br />
teologica qui utilizzata può, in una certa misura, preannunciare la conversione al<br />
montanismo come conseguenza settaria cui portano le posizioni moralistiche – in<br />
questo caso ad<strong>di</strong>rittura violentemente sarcastiche – <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Il fatto che la<br />
<strong>di</strong>sputa <strong>di</strong> carattere teologico sui gran<strong>di</strong> temi del mito valentiniano vengano<br />
proposti con gli strumenti della retorica e del sarcasmo, oltre ad evidenziare una<br />
scelta “strategica” circa il metodo <strong>di</strong> confutazione, possono lasciar intravedere<br />
anche l’imminente svolta montanista. È certamente riduttivo spiegare la<br />
conversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> unicamente in base ad una scelta <strong>di</strong> carattere letterario<br />
ed anzi l’estremizzazione <strong>di</strong> una simile ipotesi non renderebbe giustizia al<br />
percorso spirituale dell’autore cartaginese. È però possibile ipotizzare che anche la<br />
63 Ibidem.<br />
54
scelta letteraria sia una delle conseguenze dell’avvicinamento <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> al<br />
montanismo.<br />
Un’ipotesi <strong>di</strong> questo tipo, senza avere la pretesa <strong>di</strong> essere esaustiva, può aiutare<br />
a capire in che misura le posizioni intransigenti <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> appro<strong>di</strong>no alla<br />
conversione montanista. L’intera opera, che verrà analizzata <strong>di</strong> seguito, oltre a<br />
sviluppare i temi della controversia, offre dunque anche un’ipotesi per spiegare<br />
questa conversione. Con la successiva adesione alla sètta montanista <strong>Tertulliano</strong> si<br />
de<strong>di</strong>cherà in modo nuovo ai temi della resurrezione della carne e del martirio,<br />
abbandonando l’aspra critica contro l’eresia e contro <strong>Valentino</strong>. L’Adversus<br />
Valentinianos è quin<strong>di</strong> l’opera maggiore per comprendere tanto l’avversione<br />
ortodossa <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> allo gnosticismo, quanto il suo lento ed inesorabile<br />
percorso verso una <strong>di</strong>mensione sempre più marcatamente escatologica, prima<br />
meno rilevante nel periodo protocattolico.<br />
Non deve quin<strong>di</strong> stupire che dopo l’Adversus Valentinianos <strong>Tertulliano</strong> non<br />
metta più mano alla confutazione valentiniana, come non deve stupire che<br />
l’esempio più alto della polemica antivalentiniana è rappresentato proprio<br />
dall’esperimento letterario e retorico dell’Adversus Valentinianos stesso. La vera<br />
novità rispetto ad Ireneo coincide con la trasposizione in declamazione del testo<br />
dell’Adversus Haereses 64 . La veemenza polemica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> necessita <strong>di</strong> una<br />
narrazione convulsa basata sulla ricerca della ‹‹brevitas›› come frase coincisa e<br />
pregnante. <strong>Tertulliano</strong> espone il mito valentiniano come se stesse sollecitando la<br />
reazione <strong>di</strong> un pubblico immaginario, quasi si trattasse <strong>di</strong> un’opera teatrale in cui<br />
il dramma <strong>di</strong> Sophia viene riletto con l’ironia prepotente e violenta dell’autore. La<br />
serietà del dramma <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, <strong>di</strong>venta qui strumento <strong>di</strong> una satira<br />
spietata. <strong>Tertulliano</strong> riesce così nella novità <strong>di</strong> introdurre la satira, la teatralità e la<br />
polemica retorica all’interno del contesto teologico e dottrinale della chiesa del II<br />
secolo d.C.<br />
Inoltre il fatto che l’autore metta alla berlina i propri avversari gnostici<br />
evidenzia una tendenza solo apparentemente marginale. Se in precedenza, con la<br />
stesura del De Praescriptione Haereticorum, <strong>Tertulliano</strong> si era addentrato nella<br />
polemica antivalentiniana con gli strumenti giuri<strong>di</strong>ci del <strong>di</strong>ritto romano per negare<br />
64 Giuliano Chiapparini, <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico, Vita e pensiero, Milano 2012. p. 47.<br />
55
la legittimità del possesso delle Scritture, nell’Adversus Valentinianos, egli<br />
raggiunge il risultato, ancor più ra<strong>di</strong>cale, <strong>di</strong> questa tendenza legalista e moralista<br />
che procede <strong>di</strong> pari passo al suo avvicinamento al montanismo.<br />
Per <strong>di</strong>mostrare ciò è opportuno svolgere un’analisi comparata <strong>di</strong> alcuni<br />
frammenti dell’Adversus Haereses e dell’Adversus Valentinianos, in modo da<br />
rendere emblematica questa tendenza evidenziando i punti <strong>di</strong> maggior tensione tra<br />
la speculazione valentiniana e l’impianto teologico <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Nei successivi<br />
frammenti ad essere enfatizzato è proprio il <strong>di</strong>fferente modo in cui i due<br />
<strong>di</strong>spositivi s’intrecciano nei due autori.<br />
Nel tentativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare quanto sostenuto sino ad ora si farà <strong>di</strong>retto<br />
riferimento al secondo capitolo dell’opera <strong>Valentino</strong> gnostico e platonico in cui<br />
l’autore, Giuliano Chiapparini, riporta la traduzione <strong>di</strong> Rousseau-Doutreleau<br />
dell’Adversus Haereses <strong>di</strong> Ireneo e all’opera Tertullien, Contre les Valentiniens <strong>di</strong><br />
J. Fredouille dove è riportata la traduzione francese dell’Adversus Valentinianos.<br />
Sono <strong>di</strong> seguito riportati i passi più rappresentativi <strong>di</strong> ciò che è stato affermato<br />
sino ad ora:<br />
S1.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 28-29:<br />
I Valentiniani affermano che i luoghi altissimi, che non si possono osservare né descrivere,<br />
esiste un certo Eone perfetto, che viene prima <strong>di</strong> ogni cosa: chiamiamo costui sia Pre - Padre sia<br />
Pre - Inizio sia Bythòs. 65<br />
S1.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 92-93:<br />
Primo fra tutti, il poeta romano Ennio parlò semplicemente <strong>di</strong> “gran<strong>di</strong>ssimi cenacoli del cielo”<br />
in quanto l’espressione in<strong>di</strong>cava un luogo assai elevato oppure perché aveva letto in Omero che<br />
Giove pranzava lì. Ma gli eretici è sorprendente quante altezze delle altezze ed elevatezza delle<br />
elevatezze abbiano sospese in alto e spinte sempre più su e sviluppate in lungo e in largo per dare<br />
una <strong>di</strong>mora ad ognuno dei loro dei. Anche per il nostro creatore dovrebbero essere stati <strong>di</strong>sposti dei<br />
“cenacoli” enniani sottoforma <strong>di</strong> una piccola abitazione. Dato che questi appartamenti instabili,<br />
<strong>di</strong>stribuiti a ciascun <strong>di</strong>o, sono costruiti uno sull’altro e sono raggiungibili attraverso tante scale<br />
quante sono le eresie, è sorto un universo <strong>di</strong> appartamenti in affitto. Tutti questi piani collocati non<br />
so dove nei cieli, si potrebbero confondere con il condominio <strong>di</strong> Felicle. Lì nella soffitta più in alto<br />
abita anche il <strong>di</strong>o Valentiniani. Lo chiamano, in quanto sostanza, Eone perfetto; mentre in quanto<br />
65 Ivi, p. 61.<br />
56
persona Pre - Padre e Pre - Inizio, e pure Bythòs, termine che non si adatta per nulla a chi abita<br />
così in alto. 66<br />
Come risulta dalla comparazione dei due passi, <strong>Tertulliano</strong> inserisce un’ampia<br />
<strong>di</strong>vagazione, prettamente ironica nei confronti della tendenza dei Valentiniani a<br />
collocare le <strong>di</strong>vinità in cieli sempre più alti e trascendenti. La successiva<br />
immagine degli “appartamenti instabili e vacillanti” rende, in modo sarcastico<br />
l’idea dell’instabilità metodologica che <strong>Tertulliano</strong> rileva nel sistema valentiniano.<br />
Il fatto che l’autore africano sia, <strong>di</strong>versamente da Ireneo, concentrato anche a<br />
denigrare l’avversario valentiniano è confermato anche dal singolare riferimento<br />
al ‹‹condominio <strong>di</strong> Felicle›› 67 , con cui si allude ad un enorme stabile costruito da<br />
un certo Felicle a Roma nella zona tra il Pantheon e la Colonna Aurelia sul finire<br />
del II secolo d.C. . La notizia della costruzione <strong>di</strong> questo “grattacielo<br />
dell’antichità” sembra si sia <strong>di</strong>ffusa velocemente in tutto l’impero, tanto da entrare<br />
nell’immaginario collettivo dei citta<strong>di</strong>ni romani.<br />
L’immagine suggestiva qui evocata offre un primo spunto <strong>di</strong> critica teologica.<br />
Vi è qui un netto rifiuto dell’astrazione metafisica, della fuga nel puramente<br />
astratto e trascendente. Per <strong>Tertulliano</strong> il dono <strong>di</strong> grazia ha un peso rilevante nella<br />
misura in cui esso viene donato all’uomo pronto ad accoglierlo razionalmente e<br />
che, tramite il libero arbitrio, è capace <strong>di</strong> amministrarlo legalisticamente<br />
all’interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede. Rimane quin<strong>di</strong> netta la separazione tra il Dio<br />
e l’uomo che accoglie il suo dono. Per <strong>Tertulliano</strong>, contrariamente, gli gnostici<br />
identificano Dio e creatura in un vero e proprio delirio che <strong>di</strong>vinizza l’uomo fino a<br />
concepirlo come della medesima sostanza del Padre. L’esasperazione<br />
trascendentale, che in <strong>Valentino</strong> determina la natura elettiva degli gnostici, per<br />
<strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong>viene misconoscimento della <strong>di</strong>stanza che separa Dio e creatura e<br />
che sola permette <strong>di</strong> spiegare la gratuità del dono.<br />
S6.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 32-33:<br />
[…]questi eoni, prodotti per mostrare la gloria del Padre, intendono anch’essi recare gloria al<br />
Padre con qualcosa <strong>di</strong> proprio, producono produzioni a coppie: il Logos e la Vita, dopo Uomo e<br />
66 Ivi, p. 62.<br />
67 Ibidem.<br />
57
Chiesa, producono altri <strong>di</strong>eci eoni, i cui nomi <strong>di</strong>cono siano i seguenti: Bythios e Mescolanza, Mai -<br />
Vecchio e Unione, Auto - Cresciuto e Voluttà, Mai - Mosso e Commistione, Unigenito e Felicità.<br />
Questi sono <strong>di</strong>eci eoni che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> essere stati prodotti da Logos e Vita. 68<br />
S7.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 96-99:<br />
[…]a questo punto mi trovo costretto ad illuminare, a partire da un’adeguata esemplificazione,<br />
che cosa comportino questi nomi: nelle scuole <strong>di</strong> Cartagine c’era un retore latino del tutto insulso,<br />
<strong>di</strong> nome Stella del Mattino. Mentre parlava <strong>di</strong> un uomo coraggioso, <strong>di</strong>sse: “Vengo a voi, citta<strong>di</strong>ni<br />
illustrissimi, dalla battaglia insieme con la mia vittoria, insieme con la vostra esultanza,<br />
accresciuto <strong>di</strong> importanza, pieno <strong>di</strong> gloria, baciato dalla Fortuna, pronto per il più grande trionfo”.<br />
E subito gli allievi gridarono: “A servizio <strong>di</strong> Stella del Mattino, evviva!”. Hai sentito parlare <strong>di</strong><br />
Fortunata, Hedonè, Achinetos e Theletos: grida “A servizio <strong>di</strong> Tolomeo, evviva!”. Questo sarà<br />
quell’arcano Pleroma, pienezza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità sud<strong>di</strong>visa in trenta parti. Potremmo vedere quali<br />
siano le caratteristiche <strong>di</strong> questi numeri, dei quattro, otto, do<strong>di</strong>ci. Nel frattempo col numero trenta<br />
viene a mancare tutta quanta la fecon<strong>di</strong>tà: negli eoni la forza, la capacità e il desiderio <strong>di</strong> procreare<br />
sono stati castrati, quasi non rimanessero ancora altre combinazioni <strong>di</strong> numero e qualche altro<br />
nome da giar<strong>di</strong>no d’infanzia. Perché, infatti, non vengono procreati anche cinquanta o cento?<br />
Perché non si sentono nominare anche delle “Balie–pulisciculetto o dei Fratelli-<strong>di</strong>-latte”? 69<br />
Bisogna evidenziare come il passo <strong>di</strong> Ireneo, volutamente trascritto solo<br />
parzialmente per non riproporre per esteso il sistema valentiniano analizzato in<br />
precedenza, è decisamente più attento all’esposizione <strong>di</strong> questa dottrina. Appare<br />
evidente la volontà <strong>di</strong> Ireneo <strong>di</strong> descrivere puntualmente l’esagerata gerarchia<br />
delle coppie <strong>di</strong>vine. <strong>Tertulliano</strong>, al contrario, Ripropone un’ironica critica<br />
teologica volta a colpire, anche personalmente, i Valentiniani.<br />
L’obiettivo polemico principale è criticare Tolomeo, uno dei capiscuola della<br />
sètta valentiniana. <strong>Tertulliano</strong>, con il solito sarcasmo, paragona Tolomeo al retore<br />
‹‹Stella del Mattino›› 70 . Fredouille suggerisce che, il modo migliore per tradurre il<br />
nome nel linguaggio moderno, sia ‹‹Fosforo›› 71 , ma una simile interpretazione<br />
non renderebbe giustizia all’ironia dell’autore che accosta l’insulsaggine <strong>di</strong> questo<br />
retore al nome altisonante, al fine <strong>di</strong> poter denigrare il caposcuola valentiniano.<br />
68 Ivi, p.69.<br />
69 Ivi, pp. 71 – 72.<br />
70 Ibidem.<br />
71 Ibidem.<br />
58
Inoltre sul finire del passo, <strong>Tertulliano</strong> abbandona il piano dell’ironia per<br />
lasciarsi andare ad una retorica invettiva, atta a sminuire, anche volgarmente,<br />
l’intero sistema. L’effettivo problema della dottrina numerologica 72 e della sua<br />
estensione viene, attraverso questa violenta e pungente derisione, nient’affatto<br />
banalizzato, ma anzi colpito duramente. <strong>Tertulliano</strong>, che come è stato osservato<br />
più volte è il nemico principale <strong>di</strong> Marcione, non accetta la l’opposizione tra<br />
Vangelo <strong>di</strong> grazia e Legge al punto da farli marcionamente <strong>di</strong>pendere da due<br />
<strong>di</strong>vinità nettamente <strong>di</strong>fferenti. Una critica simile viene mossa anche rispetto al<br />
sistema valentiniano colpevole <strong>di</strong> scindere in un’infinità <strong>di</strong> Eoni l’unicità <strong>di</strong> Dio.<br />
Per <strong>Tertulliano</strong> Dio è unico e il monoteismo che egli propone non prevede né<br />
<strong>di</strong>fferenze qualitative tra Antico e Nuovo testamento, come è nel caso <strong>di</strong><br />
marcione, né esasperati sistemi numerologici emblematici <strong>di</strong> una complessa<br />
filiazione <strong>di</strong>vina, come avviene nella dottrina valentiniana.<br />
S19.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 40-41:<br />
[…](Narrano) che essa, essendosi impiegata in un’impresa impossibile e irrealizzabile, partorì<br />
un essere senza forma <strong>di</strong> natura femminile quale era in grado <strong>di</strong> partorire. 73<br />
S19.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 100-103:<br />
[…] dopo tentativi inutili e dopo aver perso la speranza, essa cambiò d’aspetto; per il pallore,<br />
credo, per la consunzione e l’incuria. A <strong>di</strong>re il vero si doleva del fatto che le era stato negato il<br />
Padre non meno certamente <strong>di</strong> averlo perduto. Perciò, in quella tristezza da sé sola, senza il<br />
concorso del marito, restò incinta e partorì una femmina. Ciò ti sorprende? Anche ad una gallina è<br />
toccato <strong>di</strong> partorire da sé, ma si <strong>di</strong>ce pure che esistono soltanto avvoltoi femmine. 74<br />
Ireneo e <strong>Tertulliano</strong> si stanno qui riferendo alla passione e trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Sophia,<br />
incapace <strong>di</strong> comprendere il Padre e per questo motivo caduta in <strong>di</strong>sgrazia. Anche<br />
in questo caso risulta palese la <strong>di</strong>versa metodologia critica proposta da i due Padri<br />
della Chiesa. Il primo, ancora una volta, cerca <strong>di</strong> attenersi ad un modello sobrio<br />
per un’analisi dettagliata ed esaustiva capace <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’inconsistenza e la<br />
falsità della dottrina gnostica.<br />
72 Ibidem.<br />
73 Ivi, p. 84.<br />
74 Ivi, p. 85.<br />
59
Il secondo, non meno interessato <strong>di</strong> Ireneo a <strong>di</strong>mostrare teologicamente<br />
l’inganno valentiniano, irride l’avversario gnostico con l’introduzione <strong>di</strong> metafore<br />
ed immagini pittoresche e folcloristiche come avviene con il simpatico, ed allo<br />
stesso tempo inusuale, esempio della gallina a cui è toccato partorire da sé in<br />
solitu<strong>di</strong>ne. Questo frammento è meritevole d’attenzione perché <strong>Tertulliano</strong>, in<br />
questo frangente, porta all’estremo la propria satira e comicità proprio in<br />
concomitanza con il momento <strong>di</strong> massima tragicità del sistema valentiniano.<br />
È qui interessante evidenziare, oltre alla critica dottrinale, l’aspetto letterario<br />
teatrale che caratterizza l’opera. L’espe<strong>di</strong>ente satirico <strong>di</strong> invertire il picco <strong>di</strong><br />
massima tragicità della speculazione valentiniana con una breve e irridente battuta<br />
è, forse, uno dei più riusciti dell’intera opera.<br />
S27.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 44-45:<br />
[…](Spiegano) che, dopo che essa fu relegata all’esterno del Pleroma degli eoni e sua Madre fu<br />
ricollocata accanto al proprio compagno, <strong>di</strong> nuovo Unigenito produsse un’altra coppia secondo la<br />
previdente preveggenza del Padre, affinché nessuno degli eoni fosse sottoposto a delle passioni<br />
come lei, cioè Cristo e Spirito Santo. 75<br />
S27.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 104-105:<br />
Pertanto, dopo l’esilio Enthymesis e il ritorno <strong>di</strong> sua madre Sophia presso il compagno, <strong>di</strong><br />
nuovo quel tal Monoghenes, quel Nous del tutto tranquillo, dato che a partire da una provvida<br />
preoccupazione del Padre doveva consolidare tutto quanto ed il Pleroma andava rafforzato se non<br />
fissato, affinché un sommovimento <strong>di</strong> quel genere non potesse sopravvenire nuovamente, mise alla<br />
luce una nuova coppia, Cristo e Spirito Santo, che considererei del tutto indecorosa visto che è<br />
composta da due maschi. O Spirito Santo sarà una femmina ed il maschio viene penetrato dalla<br />
femmina? 76<br />
E’ evidente che si fa riferimento alla generazione della coppia Cristo e Spirito<br />
Santo. In questo passo <strong>Tertulliano</strong> rimane fedele alla narrazione analitica <strong>di</strong> Ireneo<br />
se non per l’ultima uscita finale polemica e squisitamente moralista. Dopo aver<br />
criticato la presunta omosessualità dei due eoni Valentiniani, <strong>Tertulliano</strong> utilizza<br />
pesantemente il sarcasmo con riman<strong>di</strong> volgari a sfondo sessuale. L’autore<br />
75 Ivi, p. 93.<br />
76 Ivi, p. 94.<br />
60
probabilmente ignora il fatto che Spirito nella lingua ebraica è, invece, <strong>di</strong> genere<br />
femminile 77 . Al <strong>di</strong> là degli aspetti puramente letterari, questo passo è importante<br />
per almeno un’altro motivo. Qui, come in altri passi, risulta evidente<br />
l’intransigenza etico – morale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>.<br />
Il teologo cartaginese risolve il dono <strong>di</strong> grazia e la novità del Vangelo nella<br />
riproposizione <strong>di</strong> quella legge che sola può garantire la libertà umana. Questa<br />
<strong>di</strong>sciplina salvifica esposta da Cristo per “reformare et inluminare” la Lgge, e<br />
nient’affatto per abrogarla, si risolve in una maturazione morale dell’in<strong>di</strong>viduo.<br />
Sono da leggere in questi termini tutti i trattati teologici che <strong>Tertulliano</strong> de<strong>di</strong>ca<br />
alla monogamia, al martirio, al pentimento come il De spectaculis, il De<br />
exhortatione castitatis, il De corona o il De Monogamia e tanti altri. È dunque<br />
chiara l’idea teologica che si cela <strong>di</strong>etro all’accusa della presunta omosessualità<br />
dei due Eoni Valentiniani.<br />
S34.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 48-49:<br />
[…] il quale è in<strong>di</strong>cato anche col nome <strong>di</strong> Salvatore, Cristo e Logos, in base al nome <strong>di</strong> suo<br />
Padre, e il Tutto, a motivo del fatto che esiste grazie a tutti gli eoni; inoltre (afferma che) in suo<br />
onore come guar<strong>di</strong>e del corpo furono emessi per lui anche degli angeli uguali per nascita. 78<br />
S34.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 108-111:<br />
Lo chiamano Sotèr, Cristo e Discorso, dalla denominazione paterna, e, infine, Tutto, in quanto<br />
conosciuto con il meglio <strong>di</strong> ognuno: Cornacchia <strong>di</strong> Esopo, Pandora <strong>di</strong> Esiodo, Pasticcio <strong>di</strong> Accio,<br />
Mistura <strong>di</strong> Nestore, Miscellanea <strong>di</strong> Tolomeo. Quanto più facile sarebbe stato, per questi tanto vacui<br />
inventori <strong>di</strong> nomi, chiamarlo Centone <strong>di</strong> Pancarpo prendendo spunto da certi buffoni osci. Inoltre<br />
per adornare anche dal <strong>di</strong> fuori una così importante statuina, come guar<strong>di</strong>e del corpo producono<br />
per lei degli angeli <strong>di</strong> egual genere: se si intende uguali fra loro, si può accettare; ma se li si<br />
intende della stessa sostanza <strong>di</strong> Sotèr, in che cosa egli potrà essere superiore alle guar<strong>di</strong>e del corpo<br />
dato che sono uguali a lui? 79<br />
Con la consueta vivacità, <strong>Tertulliano</strong> offre in questo passo riguardante la<br />
creazione dell’eone Gesù due immagini satiriche tra le più riuscite <strong>di</strong> tutta l’opera.<br />
La narrazione analitica <strong>di</strong> Ireneo non viene mo<strong>di</strong>ficata, ma arricchita da<br />
77 Ibidem.<br />
78 Ivi, p. 102.<br />
79 Ivi, p. 103.<br />
61
<strong>Tertulliano</strong>. Viene riproposta la polemica contro Tolomeo, caposcuola<br />
valentiniano, ironicamente complice <strong>di</strong> aver descritto il suo Gesù con l’ausilio<br />
delle atellane, comme<strong>di</strong>e originariamente recitate in <strong>di</strong>aletto osco. <strong>Tertulliano</strong> non<br />
solo <strong>di</strong>pinge il Gesù valentiniano con i tratti <strong>di</strong> un personaggio teatrale e comico,<br />
ma lo ricollega anche al ‹‹sigillarium›› 80 , statuetta raffigurante una <strong>di</strong>vinità,<br />
solitamente venduta nei mercati <strong>di</strong> Roma in occasione delle feste Sigillari o dei<br />
Saturnali. <strong>Tertulliano</strong> usa il termine in senso ovviamente <strong>di</strong>spregiativo suggerendo<br />
l’accostamento dell’elenco <strong>di</strong> denominazioni degli Eoni Valentiniani a quello,<br />
peraltro caotico e confusionario <strong>di</strong> un mercato romano dove sono esposte<br />
<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente statuette <strong>di</strong> vacue <strong>di</strong>vinità pagane.<br />
Aspetto teologicamente pregnante, già affrontato nel corso <strong>di</strong> questa indagine,<br />
è la critica che <strong>Tertulliano</strong> rivolge alla filialità <strong>di</strong>vina della speculazione<br />
valentiniana. Come detto in precedenza, il rapporto filiale non solo nega l’abisso<br />
che <strong>di</strong>vide Dio e creature, ma entra ad<strong>di</strong>rittura in errore, come nel caso degli<br />
angeli qui segnalato da <strong>Tertulliano</strong>. Se gli angeli rappresentano un grado inferiore<br />
della gerarchia <strong>di</strong>vina valentiniana come possono essere della medesima sostanza<br />
<strong>di</strong> Sotèr?<br />
S59.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 64-65:<br />
[…] e non fu in grado <strong>di</strong> raggiungerla in quanto impe<strong>di</strong>ta dal Limite. Inoltre che in<br />
quell’occasione il Limite, impedendola nel suo slancio irruente in avanti, esclamò: “I-a-o”; da<br />
questa circostanza <strong>di</strong>cono che sia sorto il nome “I-a-o”. Poiché non era stata in grado <strong>di</strong><br />
oltrepassare il Limite per il fatto che si trovava unita strettamente con la passione, e poiché era<br />
stata lasciata fuori da sola, sia stata sottoposta ad ogni genere <strong>di</strong> passione, molteplice per genere e<br />
aspetto […]. 81<br />
S59.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 114-115:<br />
Tuttavia ci provò e forse l’avrebbe raggiunta, se il medesimo Horos, che era arrivato tanto<br />
opportunamente per la madre <strong>di</strong> costei, non fosse accorso tanto inopportunamente per la figlia,<br />
così da gridarle pure contro: ‹‹Iaò!››, come se <strong>di</strong>cesse ‹‹Occhio, gente! ›› oppure ‹‹In nome <strong>di</strong><br />
Cesare! ››. Perciò si trova “Iao” nei loro scritti. Così, impe<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> proseguire e non essendo in<br />
grado <strong>di</strong> superare in volo la Croce, cioè Horos, dato che non aveva interpellato il Laureolus <strong>di</strong><br />
80 Ibidem.<br />
81 Ivi, p. 128.<br />
62
Catullo, come un donna abbandonata, dato che era implicata in quella sua passione molteplice e<br />
intricata, prese ad essere afflitta ad ogni sua manifestazione: […]. 82<br />
Entrambi i frammenti si riferiscono all’improvvisa comparsa del Limite<br />
all’interno del Pleroma valentiniano. Nel passo, <strong>Tertulliano</strong> rimane<br />
profondamente fedele all’esposizione <strong>di</strong> Ireneo. Tuttavia, al <strong>di</strong> là della consueta<br />
ironia tipica della narrazione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, sono inoltre presenti due allusioni<br />
sarcastiche celate nell’impianto simbolico del sistema valentiniano sopra<br />
riportato. Il primo aspetto si riferisce al termine ‹‹Iaò›› che per i Valentiniani<br />
rappresentava ben più <strong>di</strong> una semplice esclamazione letteraria. Probabilmente<br />
‹‹Iaò›› 83 rappresentava una vera e propria formula nel contesto segreto e<br />
misterioso della dottrina. Questo è supportato dal fatto che Ireneo non sembra<br />
cogliere questo aspetto, mentre <strong>Tertulliano</strong> non solo coglie la forma simbolica<br />
dell’esclamazione, ma la ironizza, trasformandola in un’esclamazione <strong>di</strong> carattere<br />
militare quasi se il Limite valentiniano esclamasse a Sophia ‹‹altolà! ››.<br />
In secondo luogo <strong>Tertulliano</strong> menziona Laureolus 84 , una delle opere più<br />
conosciute del mimografo Catullo. La trama <strong>di</strong> questa comme<strong>di</strong>a si sviluppava<br />
intorno alla figura <strong>di</strong> un protagonista che finisce miseramente sulla croce. È chiaro<br />
che <strong>Tertulliano</strong> in questo modo deride uno dei capisal<strong>di</strong> della dottrina<br />
valentiniana, quello del limite inteso come Croce, ovvero come <strong>di</strong>fesa<br />
impenetrabile del Pre - Principio o Abisso.<br />
S77.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 78-81:<br />
Pertanto, <strong>di</strong>cono che egli è Padre e Dio <strong>di</strong> quanto si trova fuori dal pleroma, dal momento che è<br />
l’artefice <strong>di</strong> tutte le cose, sia psichiche sia iliche; (spiegano), infatti, che egli, dopo aver separato le<br />
due entità, che erano mescolate assieme, e dopo aver prodotto dei corpi a partire da elementi non<br />
corporei, fece sia le realtà celesti sia le realtà terrene; (aggiungono) che il Demiurgo delle realtà<br />
iliche e psichiche, <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> destra e <strong>di</strong> sinistra, leggere e pesanti, <strong>di</strong> quelle che tendono verso<br />
l’alto e <strong>di</strong> quelle che tendono verso il basso; infatti, <strong>di</strong>cono che il Demiurgo abbia costituito sette<br />
cieli, sopra i quali si trova […]. 85<br />
82 Ivi, p. 129.<br />
83 Ivi, p. 130.<br />
84 Ibidem.<br />
85 Ivi, p. 155.<br />
63
S77.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 122-125:<br />
Poiché sento <strong>di</strong>re che le immagini <strong>di</strong> quei tre sono così importanti, chiedo: non vuoi ora che io<br />
sorrida delle immagini del loro assai stravagante pittore? Del fatto che Achamoth, che è una<br />
femmina, sia immagine del Padre? Che il Demiurgo, ignaro della Madre e ancor più del Padre, sia<br />
immagine <strong>di</strong> Nous, cui il Padre non era affatto sconosciuto? Che gli angeli, che sono dei servi,<br />
siano raffigurazioni <strong>di</strong> padroni? Ciò è come <strong>di</strong>pingere un mulo, prendendo a modello un asino, e<br />
ritrarre Tolomeo, prendendo a modello <strong>Valentino</strong>. Comunque, il Demiurgo, collocato fuori dai<br />
confini del Pleroma, nella vergognosa solitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un esilio eterno, fondo una nuova provincia,<br />
cioè questo mondo, dopo aver eliminato la commistione e dopo aver separato le due <strong>di</strong>verse<br />
componenti <strong>di</strong> quella sostanza, che era stata espulsa, cioè delle realtà psichiche e iliche. A partire<br />
da elementi incorporei struttura dei corpi, pesanti e leggeri, che vanno verso l’alto e volgono in<br />
basso, celesti e terreni. Quin<strong>di</strong> porta a compimento quella scena composta da sette cieli ponendovi<br />
sopra il suo trono. 86<br />
<strong>Tertulliano</strong>, <strong>di</strong>stinguendosi in questo excursus da Ireneo, definisce la natura<br />
assolutamente contrad<strong>di</strong>ttoria della dottrina appena illustrata. Achamoth, pur<br />
essendo femmina, rappresenta un maschio, il Demiurgo, pur non conoscendo né la<br />
Madre né il Padre, rappresenta nel mondo esterno proprio Nous, l’unico che<br />
conosce il Padre ed infine gli angeli, che <strong>Valentino</strong> specifica essere delle guar<strong>di</strong>e<br />
del corpo con funzioni servili, sono della medesima sostanza <strong>di</strong> chi li comanda.<br />
<strong>Tertulliano</strong> nota che Achamoth, il Demiurgo e gli angeli rappresentano in modo<br />
deformato il Padre, Nous e gli altri eoni. In questo passo risulta evidente la<br />
polemica antiplatonica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Egli fa <strong>di</strong>pendere il dualismo gnostico<br />
<strong>di</strong>rettamente dal dualismo platonico tra l’anima che, in quanto puramente<br />
immateriale, partecipa della <strong>di</strong>vinità e corpo, materiale, inatten<strong>di</strong>bile e mortale. Lo<br />
stesso dualismo platonico si riflette anche nella cristologia del mito speculativo<br />
valentiniano sicché Achamoth, il Demiurgo e gli angeli finiscono per<br />
rappresentare, dualisticamente ed in grado inferiore, il Padre, Nous e gli altri Eoni.<br />
S61.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 66-67:<br />
Dicono che questo è stato il modo per comporre e portare all’esistenza la materia grezza, dalla<br />
quale è composto questo mondo. Infatti, tutta l’anima del mondo e del Demiurgo ha tratto la<br />
propria origine da quel ritorno, mentre le cose rimanenti hanno avuto inizio da quella paura e da<br />
86 Ivi, p. 156.<br />
64
quel dolore. Infatti, dalle lacrime <strong>di</strong> essa è derivato tutto ciò che <strong>di</strong> umido esiste, dal riso tutto ciò<br />
che è luminoso, dal dolore e dalla sorpresa gli elementi corporei del mondo. 87<br />
S61.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 114-117:<br />
Suvvia! Ora imparino i Pitagorici, sappiano gli Stoici e Platone stesso da dove la materia, che<br />
essi pretendono non sia nata abbia tratto origine ed esistenza in vista <strong>di</strong> tutta l’attuale struttura del<br />
mondo; e ciò non lo escogitò nemmeno Mercurio, il famoso Trismegisto, maestro <strong>di</strong> tutti coloro<br />
che stu<strong>di</strong>ano la natura. Hai sentito del ritorno, un genere particolare <strong>di</strong> passione; si afferma che da<br />
esso sia formata tutta l’anima <strong>di</strong> questo mondo e anche del Demiurgo stesso, cioè del nostro Dio.<br />
Hai sentito della sofferenza e del timore; da essi ha avuto inizio tutto il resto; infatti, dalle lacrime<br />
<strong>di</strong> Enthymesis sono derivati tutti gli elementi liqui<strong>di</strong>. 88<br />
I due passi si riferiscono entrambe ad un tema rilevante come quello della<br />
generazione della materia. Per i Valentiniani la materia non era eterna, ingenerata,<br />
innata, come invece ritenevano i neopitagorici, gli stoici e i me<strong>di</strong>o - platonici.<br />
Anzi, come è stato rilevato nel capitolo precedente, la materia viene a generarsi a<br />
seguito <strong>di</strong> una trage<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vina all’interno del Pleroma. Se per Marcione la<br />
creazione del mondo è un vero e proprio inganno pensato dal Dio dell’Antico<br />
Testamento, per i Valentiniani la generazione della materia è opera del Demiurgo,<br />
parzialmente ignaro, in quanto la madre Sophia gli tiene nascosto l’elemento<br />
pneumatico che egli adopera inconsapevolmente nella sua produzione. È<br />
importante notare come anche <strong>Tertulliano</strong> sia persuaso che i Valentiniani<br />
identifichino nella figura del Demiurgo il Dio dell’Antico Testamento.<br />
Effettivamente, come afferma Chiapparini nella sua indagine, il dualismo<br />
valentiniano presuppone che vi sia un <strong>di</strong>vino, Abisso, contrapposto al Dio<br />
dell’Antico Testamento, inteso come “<strong>di</strong>abolico demiurgo cosmico” 89 . La somma<br />
<strong>di</strong>vinità non può operare <strong>di</strong>rettamente a contatto con il mondo, ma ciò è anzi<br />
compito <strong>di</strong> una <strong>di</strong>vinità minore. Sorge qui l’innovativa ed inau<strong>di</strong>ta scissione tra il<br />
Dio <strong>di</strong> Abramo e il Dio <strong>di</strong> Gesù Cristo. Il primo presiede alla formazione del<br />
mondo, ma appare limitato ed imperfetto, il secondo si rivela come buono ed<br />
eccedente.<br />
87 Ivi, p. 132.<br />
88 Ibidem.<br />
89 Ivi, p. 350.<br />
65
C’è qui da osservare che se da un lato questo ra<strong>di</strong>cale dualismo porta ad una<br />
svalutazione del Demiurgo, dall’altro lato egli mantiene comunque i tratti<br />
dell’or<strong>di</strong>ne e della giustizia che ne fanno un vero e proprio esecutore della volontà<br />
superiore. Inoltre l’inconsapevolezza del Demiurgo valentiniano è garanzia della<br />
sua innocenza ed esclude ontologicamente la possibilità che esso si ribelli alla<br />
volontà del Pleroma.<br />
S97.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 90-91:<br />
Peraltro,<strong>di</strong>cono che fra i tre elementi esistenti, quello ilico, che chiamano anche <strong>di</strong> sinistra,<br />
viene necessariamente <strong>di</strong>strutto, per il fatto che non è in grado <strong>di</strong> accogliere nessun soffio <strong>di</strong><br />
incorruttibilità; affermano, invece, che l’elemento psichico, che definiscono anche <strong>di</strong> destra, dal<br />
momento che sta in mezzo fra quello spirituale e quello ilico, va dalla parte verso cui si è pur<br />
mostrato proclive […]. 90<br />
S97.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 132-133:<br />
Così pure assegnano un esito <strong>di</strong>fferente per ognuna: per quella materiale, cioè carnale, che<br />
chiamano anche <strong>di</strong> sinistra, (ritengono che) sia indubbia la <strong>di</strong>struzione; invece, per quella psichica,<br />
che chiamano anche <strong>di</strong> destra, (affermano) che il destino è dubbio, dal momento che oscilla fra<br />
materiale e quella spirituale ed è destinata dalla parte verso cui si è inclinata <strong>di</strong> più […] 91<br />
Questi due passi si riferiscono alle tre nature umane teorizzate ed esposte nel<br />
sistema valentiniano. Nei due passi non ci sono sostanziali <strong>di</strong>fferenze tra Ireneo e<br />
<strong>Tertulliano</strong>. È qui interessante soffermarsi però sulla descrizione dell’uomo<br />
psichico. Come si evince dal passo <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> l’uomo psichico si trova a metà<br />
strada tra il destino apocalittico dell’uomo materiale e l’uomo spirituale,<br />
ontologicamente redento perché della medesima sostanza della <strong>di</strong>vinità. L’uomo<br />
psichico è inoltre emblematico del libero arbitrio tant’è che è capace <strong>di</strong> inclinarsi<br />
tanto verso “destra”, quanto verso “sinistra”, ovvero tanto verso il bene, quanto<br />
verso il male. Come è stato osservato più volte nel corso <strong>di</strong> questa analisi anche<br />
nel momento in cui l’accento è posto sulla gratuità del dono <strong>di</strong> grazia, il libero<br />
determinarsi dell’uomo, seppur subor<strong>di</strong>nato, mantiene un ruolo relativo. Questo<br />
90 Ivi, p. 186.<br />
91 Ivi, p. 187.<br />
66
passo evidenzia perfettamente quanto sostenuto ora. <strong>Valentino</strong>, che<br />
indubbiamente sostiene con maggior vigore l’onnipotenza del Dio <strong>di</strong> grazia, non<br />
elimina la libertà umana, ma subor<strong>di</strong>na il libero arbitrio a funzione me<strong>di</strong>ana tipica<br />
dell’uomo psichico. Dal passo si evince chiaramente che il libero arbitrio<br />
valentiniano non è affatto teologicamente eliminato, ma solo ri<strong>di</strong>mensionato<br />
all’interno delle tre stirpi umane. Gli uomini psichici, tra i quali i Padri della<br />
Chiesa, possono accedere alla salvezza, ma ad un rango inferiore. Tale accesso è<br />
inoltre garantito solo tramite una buona condotta etica. La <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede<br />
teorizzata da <strong>Tertulliano</strong> è certo molto <strong>di</strong>versa, ma è interessante notare come,<br />
seppur in misura minima, anche <strong>Valentino</strong> inserisca il libero arbitrio all’interno<br />
del mito gnostico. Chiaramente gli uomini psichici, per timor <strong>di</strong> Dio, approdano<br />
ad una fede “semplice” malgrado si attengano ad una <strong>di</strong>sciplina salvifica, al<br />
contrario degli uomini spirituali che accedono alla conoscenza perfetta.<br />
S102.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 132-133:<br />
Dicono anche che egli non ha assunto in sé nemmeno una piccola quantità dell’elemento<br />
materiale grezzo; infatti, affermano che la materia grezza non è adatta ad accogliere la salvezza. 92<br />
S102.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 134-135:<br />
Invece, in lui non ci fu nulla <strong>di</strong> materiale, perché è estraneo alla salvezza, come se egli fosse<br />
stato necessario ad altri piuttosto che a quanti hanno bisogno <strong>di</strong> salvezza; e tutto ciò col risultato,<br />
rendendo la nostra con<strong>di</strong>zione carnale estranea a Cristo, <strong>di</strong> privarla anche <strong>di</strong> ogni speranza <strong>di</strong><br />
salvezza. 93<br />
Questi due passi sono teologicamente molto rilevanti. Sia Ireneo che<br />
<strong>Tertulliano</strong> riportano il fatto che per i Valentiniani la resurrezione non contempla<br />
la materia, il corpo. Effettivamente <strong>Valentino</strong> nega con forza la resurrezione della<br />
carne dal momento che questa è frutto <strong>di</strong> una degenerazione <strong>di</strong> un errore <strong>di</strong>vino.<br />
La materia resta dunque esclusa anche nel Salvatore, composto <strong>di</strong> sostanza<br />
psichica e spirituale. I Valentiniani erano infatti convinti che il <strong>di</strong>vino non potesse<br />
mescolarsi intimamente con la materia. Gli eletti Valentiniani si salvano tornando<br />
all’unità del Pleroma in quanto spirituali e non certamente perché materiali. Il<br />
92 Ivi, p. 194<br />
93 Ibidem.<br />
67
corpo viene visto platonicamente come “prigione”, come mero involucro entro cui<br />
la sostanza spirituale cresce fino a maturazione. La stessa passione <strong>di</strong> Cristo viene<br />
spiegata partendo da tali presupposti. Nell’Adversus Valentinianos è infatti<br />
spiegato come la parte spirituale <strong>di</strong> Cristo si <strong>di</strong>stacchi dal corpo prima<br />
dell’incontro con Pilato. La parte “eonica” ormai <strong>di</strong>staccata permette a Cristo <strong>di</strong><br />
non soffrire la passione terrena, materiale ed imperfetta. A <strong>Tertulliano</strong> preme<br />
sottolineare questo punto poiché propone una teologia completamente opposta.<br />
Per <strong>Tertulliano</strong> non solo l’anima è materiale, ma nella resurrezione a<br />
resuscitare è anche la materia, il corpo. Il Padre apologeta de<strong>di</strong>ca un intero trattato<br />
alla resurrezione della carne. Il fatto che <strong>Tertulliano</strong> non con<strong>di</strong>vida affatto le<br />
posizioni valentiniane è riba<strong>di</strong>to dal paragrafo successivo dove il padre africano<br />
riba<strong>di</strong>sce il concetto appena esposto: ‹‹quin<strong>di</strong> là in primo luogo quegli uomini<br />
stessi, cioè gli interiori, vengono spogliati: esser spogliati significa deporre le<br />
anime, <strong>di</strong> cui si erano rivestiti, e restituirle al loro Demiurgo››.<br />
<strong>Tertulliano</strong> sostiene l’idea che la carne sia uno dei pilastri della salvezza. Egli<br />
infatti afferma che: ‹‹se l'anima <strong>di</strong>venta tutta <strong>di</strong> Dio è la carne che glielo rende<br />
possibile! La carne vien battezzata, perché l'anima venga mondata; la carne viene<br />
unta, perché l'anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché<br />
l'anima ne sia <strong>di</strong>fesa; la carne viene coperta dall'imposizione delle mani, perché<br />
l'anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue <strong>di</strong><br />
Cristo, perché l'anima si sazi <strong>di</strong> Dio››.<br />
D’altra parte <strong>di</strong>fficilmente <strong>Tertulliano</strong> potrebbe sostenere una tesi <strong>di</strong>fferente.<br />
La necessità archeo-ontologica e politica <strong>di</strong> definire una <strong>di</strong>sciplina salvifica<br />
contempla non solo una rigi<strong>di</strong>tà spirituale, ma anche uno sforzo fisico, corporeo;<br />
dunque materiale. L’accrescimento spirituale della <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede passa anche<br />
per una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> prova. Il Dio <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ama i suoi figli mettendoli alla<br />
prova, temprandoli e in questa rigida <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede anche il corpo fa la sua<br />
parte guadagnando, al pari dell’anima, anch’essa materiale, la resurrezione.<br />
D’altro canto una <strong>di</strong>sciplina senza sforzo, fisico e spirituale, farebbe sì che la<br />
bontà <strong>di</strong>vina cessi d’essere un dono autentico, <strong>di</strong>ventando piuttosto elezione<br />
fortuita, casuale, violenta ed impersonale redenzione.<br />
68
S105.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 92-95:<br />
Sostengono, invece, che essi in tutto e per tutto verranno salvati, non a motivo della propria<br />
condotta, ma per il fatto <strong>di</strong> essere spirituali <strong>di</strong> natura. Come, infatti, l’elemento choico non è in<br />
grado <strong>di</strong> partecipare della salvezza, così a sua volta l’elemento spirituale non è in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
subire <strong>di</strong>struzione, qualunque possa essere stato il genere <strong>di</strong> azione in cui si siano trovati<br />
coinvolti. 94<br />
S111.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 142-143:<br />
Tuttavia, costoro riven<strong>di</strong>chino pure la loro nobile razza in base a una vita in balia delle passioni<br />
e al compiacimento per le proprie cattive azioni; assecondano Achamoth con questi loro errori, dal<br />
momento che anch’essa si fa strada commettendone. Infatti, presso costoro si insegna anche che,<br />
poiché si devono onorare le coppie superne, va praticato e celebrato sempre il mistero dell’unione<br />
con una compagna, cioè una donna. 95<br />
Molto interessanti sono anche questi due passi perché offrono una<br />
testimonianza della condotta <strong>di</strong> vita dei Valentiniani. Nei precedenti passi è stata<br />
evidenziata l’avversione <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ad una troppo forzata eccedenza del dono;<br />
un’eccedenza tale da risultare ad<strong>di</strong>rittura causale ed impersonale redenzione. Ad<br />
una simile idea <strong>Tertulliano</strong> oppone la fede come <strong>di</strong>sciplina.<br />
Il fatto che gli gnostici si sentissero degli eletti in profonda intimità con Dio,<br />
tanto da essere della medesima sostanza del Padre, apriva loro ad una salvezza che<br />
<strong>Tertulliano</strong> stesso definisce come “dovuta”, ontologicamente e spiritualmente<br />
certa. Una simile con<strong>di</strong>zione portava i Valentiniani ad assumere anche<br />
atteggiamenti amorali dal momento che le azioni terrene non avrebbero mai<br />
inficiato la loro Salvezza.<br />
La <strong>di</strong>stanza teologica da <strong>Tertulliano</strong> è quin<strong>di</strong> immensa. Sostenendo una vera e<br />
propria <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede, <strong>Tertulliano</strong> propone un atteggiamento<br />
perennemente esortativo che porta il fedele a scegliere il giusto per non cadere in<br />
peccato. L’impianto rigido e legalista cui sottopone la pratica <strong>di</strong> fede porta a un<br />
moralismo intransigente e severo. L’entusiasmo escatologico dei Valentiniani<br />
giustifica solo parzialmente la <strong>di</strong>ssolutezza <strong>di</strong> alcuni componenti della sètta. Come<br />
94 Ivi, p. 198<br />
95 Ivi, p. 205.<br />
69
vedremo successivamente i montanisti, veri e propri entusiasti “folli <strong>di</strong> Dio”,<br />
propongono, contrariamente agli gnostici, una ferrea <strong>di</strong>sciplina morale in<br />
sostanziale continuità con quanto affermato dall’ortodosso <strong>Tertulliano</strong>.<br />
S120.A - Ireneo, Adversus Haereses. Rousseau-Doutreleau pp. 102-103:<br />
Ci sono, peraltro, coloro che <strong>di</strong>cono che egli ha prodotto pure Cristo, suo figlio, ma chiamato<br />
anche Cristo psichico; spiegano che <strong>di</strong> costui egli ha parlato per mezzo dei profeti; che è costui che<br />
è passato attraverso Maria, come l’acqua passa attraverso un canale. 96<br />
S120.B – <strong>Tertulliano</strong>, Adversus Valentinianos. J. Fredouille pp. 134-137:<br />
Adesso do conto <strong>di</strong> Cristo nel quale certuni inseriscono Gesù con tanta spigliatezza quanta è<br />
quella con cui introducono il seme spirituale nella componente psichica con un soffio,<br />
inventandosi un non so qual ripieno sia per gli uomini sia per i loro dei; affermano che anche il<br />
Demiurgo possiede un suo Cristo, figlio naturale e, quin<strong>di</strong>, psichico, prodotto da lui stesso,<br />
annunciato per mezzo dei profeti […]. 97<br />
I due testi si riferiscono alla presenza nel sistema Valentiniani <strong>di</strong> due Cristi,<br />
uno <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>vina, l’altro <strong>di</strong> natura psichica e corporea, creato dal Demiurgo e<br />
presentatosi al mondo nella persona del Gesù storico morto sulla croce. Nel corso<br />
<strong>di</strong> quest’analisi è stato trattato più volte il tema del dualismo gnostico; è chiaro<br />
che anche l’esistenza <strong>di</strong> due Cristi sia una conseguenza del dualismo ra<strong>di</strong>cale<br />
proposto da <strong>Valentino</strong>. In ogni caso è qui opportuno soffermarsi su un aspetto del<br />
dualismo che sino ad ora era stato descritto solo marginalmente: quello<br />
dell’esegesi allegorica e neotestamentaria. <strong>Tertulliano</strong>, poco dopo il passo<br />
riportato, scrive che:<br />
“Invece, fu sottoposto alla passione il Cristo psichico e corporeo, formato per riprodurre il<br />
Cristo che sta in alto, cioè quello che, nel dare ad Achamoth una formazione relativa all’essere e<br />
non relativa alla conoscenza, aveva trovato appoggio nella Croce, cioè in Horos. Così costringono<br />
tutto in immagini, evidentemente Cristiani immaginari pure loro stessi.” 98<br />
96 Ivi, p. 220<br />
97 Ivi, p. 221<br />
98 Ivi, p. 226.<br />
70
È qui chiaro il dualismo valentiniano che evidenzia la simmetria tra la<br />
passione storica <strong>di</strong> Cristo e la passione spirituale dell’Eone Cristo, posto sul limite<br />
Horos, o Croce, per illuminare Sophia. Quello che è importante sottolineare, oltre<br />
al dualismo, più volte preso in considerazione, è l’esegesi allegorica valentiniana.<br />
Nel De Praescriptione Haereticorum <strong>Tertulliano</strong> aveva affermato che i<br />
Valentiniani, <strong>di</strong>versamente da Marcione, non “pugnalavano” le Sacre Scritture,<br />
ma, piuttosto, le utilizzavano per confermare le loro dottrine false ed eretiche.<br />
Questa constatazione confuta sul piano dell’esegesi il sistema valentiniano. Solo<br />
dopo l’analisi <strong>di</strong> alcuni passi dell’Adversus Valentinianos è però possibile cogliere<br />
l’importanza teologica <strong>di</strong> questa critica.<br />
Come risulta sufficientemente chiaro dall’analisi <strong>di</strong> questo passo e degli altri<br />
prima riportati, accanto alla presenza <strong>di</strong> significative connessioni filosofiche è da<br />
sottolineare anche la fondamentale componente cristiana della riflessione<br />
valentiniana. L’utilizzo delle Scritture da parte dei Valentiniani è un aspetto<br />
davvero rilevante, a maggior ragione se si considera che l’esegesi valentiniana si<br />
concentra su testi che sarebbero stati poi riconosciuti come canonici dai Padri<br />
della Chiesa. Come osserva attentamente <strong>Tertulliano</strong> i Valentiniani sono dei<br />
“cattivi” esegeti perché solo apparentemente usano i tesi <strong>di</strong> Paolo e <strong>di</strong> Giovanni<br />
per ricavarne contenuti teologici. È anzi vero l’esatto contrario: i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong><br />
<strong>Valentino</strong> partono da una dottrina predefinita cercando <strong>di</strong> rintracciare delle<br />
conferme nelle Sacre Scritture. L’esegesi valentiniana, che <strong>Tertulliano</strong> bolla<br />
semplicemente come eretica e falsa, rimane tuttavia un aspetto interessante <strong>di</strong><br />
quell’intreccio ontoteologico ed escatologico che caratterizza la speculazione<br />
gnostica. Se è possibile affermare che il sistema valentiniano si basa su una<br />
visione creazionista e su una concezione <strong>di</strong> Dio come trascendente, al punto da<br />
subor<strong>di</strong>nare la Scrittura alla dottrina predefinita, è anche possibile sostenere che<br />
tale subor<strong>di</strong>nazione non <strong>di</strong>pende interamente da una necessità dottrinale, ma anche<br />
da una tensione escatologica.<br />
L’esegesi valentiniana è dunque parte integrante sia del meccanismo<br />
ontoteologico che caratterizza l’imponente mito gnostico, sia della ricerca<br />
escatologica a cui questo sistema mira. Secondo i Valentiniani l’esegesi allegorica<br />
permette <strong>di</strong> confermare teologicamente il proprio sistema ontologico, ma, al<br />
71
tempo stesso, <strong>di</strong> creare una stabile relazione con gli scritti neotestamentari e <strong>di</strong><br />
carattere escatologico.<br />
Il confronto tra questi passi dell’Adversus Haereses e dell’Adversus<br />
Valentinianos ha <strong>di</strong>mostrato ciò che si è sostenuto ed affermato sin da principio.<br />
In effetti, al <strong>di</strong> là delle <strong>di</strong>fferenze metodologiche, il confronto tra Ireneo e<br />
<strong>Tertulliano</strong>, entrambi interpreti della dottrina valentiniana, permette <strong>di</strong> delineare<br />
con maggior chiarezza la complessa <strong>di</strong>alettica tra <strong>di</strong>spositivo escatologico e<br />
<strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico che si palesa <strong>di</strong>etro l’ironia, la comicità, la critica<br />
teologica e la tagliente invettiva <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. Il montanismo, sètta a cui aderirà<br />
pochi anni dopo la stesura <strong>di</strong> questo trattato polemico – sarcastico, ha già<br />
indubbiamente influito sulle posizioni teologiche <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. L’aspra critica<br />
nei confronti della speculazione valentiniana e il deliberato utilizzo del metodo<br />
appena esposto fanno presagire una svolta assolutamente inaspettata, eppure<br />
inevitabile, verso una <strong>di</strong>mensione maggiormente escatologica. L’Adversus<br />
Valentinianos non solo permette <strong>di</strong> cogliere il grande intreccio che anima la<br />
controversia tra <strong>Tertulliano</strong> e i Valentiniani, ma consente <strong>di</strong> stabilire un’ipotesi<br />
circa la conversione dell’apologeta al montanismo. Se in <strong>Valentino</strong> l’orizzonte<br />
escatologico viene sviluppato all’interno <strong>di</strong> un gran<strong>di</strong>oso sistema ontoteologico,<br />
nella proposta apologeta <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> l’entusiasmo escatologico viene me<strong>di</strong>ato<br />
all’interno della <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede. Se <strong>Valentino</strong> mantiene l’eccedenza del dono <strong>di</strong><br />
grazia, estremizzandola in un dualismo ra<strong>di</strong>cale, <strong>Tertulliano</strong> preferisce<br />
salvaguardare il libero arbitrio, fatto ad immagine <strong>di</strong> Dio, concependolo in<br />
sostanziale continuità con la legge. Sarebbe però scorretto pensare che <strong>Valentino</strong> e<br />
<strong>Tertulliano</strong> si limitino ad assolutizzare uno dei due <strong>di</strong>spositivi. Se è vero che<br />
l’escatologia valentiniana è decisamente più presente che in <strong>Tertulliano</strong>, non si<br />
può <strong>di</strong>re che il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e politico ne esca completamente<br />
svilito. Esso è sicuramente subor<strong>di</strong>nato, ma nient’affatto eliminato. <strong>Valentino</strong><br />
riconosce un ruolo relativo anche al libero arbitrio che, seppur insufficiente, è<br />
sostanzialmente la qualità posseduta dall’uomo psichico. Inoltre il fatto che i<br />
Valentiniani avessero fondato una scuola dove venivano insegnate le dottrine<br />
segrete apre ad una forma, seppur primitiva e subor<strong>di</strong>nata alla novità elettiva della<br />
gnosi, <strong>di</strong> organizzazione gerarchica. Lo stesso si può <strong>di</strong>re anche <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>: se<br />
72
è vero che egli sviluppa una teologia protocattolica fondata sul libero arbitrio,<br />
sulla <strong>di</strong>sciplina salvifica, sulla trinità morale e sulla risoluzione della grazia nella<br />
legge, è altrettanto vero che il <strong>di</strong>spositivo escatologico e carismatico non ne esce<br />
completamente svilito. Esso è sicuramente subor<strong>di</strong>nato, ma nient’affatto<br />
eliminato. La grazia <strong>di</strong> Dio, seppur razionalizzata e legalizzata in una <strong>di</strong>sciplina<br />
pedagogica <strong>di</strong> fede che educa il libero arbitrio, compare ancora con una certa<br />
insistenza nella novità escatologica della Chiesa Madre e nell’infinito amore della<br />
<strong>di</strong>vinità, capace <strong>di</strong> ritirarsi dalla sua funzione <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce pur <strong>di</strong> donare la libertà<br />
alle sue creature. Questa <strong>di</strong>alettica complessa emerge con evidenza nell’<br />
dell’Adversus Valentinianos dove la teologia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> si confronta con quella<br />
valentiniana.<br />
Per ciò che concerne l’eventuale relazione tra l’Adversus Valentinianos e la<br />
conversione al montanismo l’analisi si fa più complessa. Come è stato ricordato<br />
precedentemente si tratta solo <strong>di</strong> un’ipotesi capace <strong>di</strong> spiegare solo parzialmente la<br />
grande svolta spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. L’idea che qui sostenuta è che l’Adversus<br />
Valentinianos offra l’esempio più ar<strong>di</strong>to dell’intransigenza teologica <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong>. Ciò non vuol <strong>di</strong>re che non esistano opere caratterizzate da una<br />
maggior intransigenza morale e da una ra<strong>di</strong>cale ortodossia; l’Adversus<br />
Valentinianos offre però l’esempio critico più veemente e vibrante, ove le rigide<br />
posizioni <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> vengono esasperate dal registro linguistico e dallo stile.<br />
Solo in questo senso l’espe<strong>di</strong>ente letterario <strong>di</strong>viene testimone <strong>di</strong> una ra<strong>di</strong>cale<br />
ortodossia, in alcuni tratti ad<strong>di</strong>rittura esasperata ed irriverente. Come si è cercato<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare nell’analisi dell’opera la scelta letteraria non nasconde affatto la<br />
gran<strong>di</strong>osa critica teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>. È possibile che proprio nel serrato<br />
confronto con la dottrina valentiniana, <strong>Tertulliano</strong> sviluppi una certa attenzione a<br />
quell’orizzonte escatologico che sino ad allora aveva subor<strong>di</strong>nato al gran<strong>di</strong>oso<br />
impianto ontoteologico ed ortodosso.<br />
Per essere più chiari, è possibile ipotizzare che proprio la satira a sfondo<br />
teologico applicata da <strong>Tertulliano</strong> abbia portato l’autore a confrontarsi con i temi<br />
escatologici e carismatici esposti da <strong>Valentino</strong> e che proprio questo contatto così<br />
vibrante ed intenso abbia spinto <strong>Tertulliano</strong> ad una <strong>di</strong>fferente rielaborazione del<br />
materiale escatologico.<br />
73
2.4. La conversione al montanismo:<br />
Il montanismo fu un movimento religioso che si sviluppò nel II secolo d.C. , in<br />
concomitanza con la <strong>di</strong>ffusione del cristianesimo. Il nome deriva da quello del suo<br />
fondatore Montano; questi sosteneva <strong>di</strong> avere visioni profetiche e <strong>di</strong> parlare per<br />
voce dello Spirito Santo. Il montanismo appare come un movimento <strong>di</strong> resistenza<br />
escatologica rispetto alla razionalità ontoteologica e all’istituzionalizzazione del<br />
kerygma proposto dai Padri apologeti e dalla corrente protocattolica. Il<br />
montanismo ripropone l’eccedenza eversiva della grazia, l’abbandono del vecchio<br />
mondo e delle sue strutture corrotte, l’imminente ed estatico ritorno escatologico<br />
alla fine dei tempi; lo stesso Montano affermava <strong>di</strong> avere spesso visioni profetiche<br />
sull’imminente ritorno in terra <strong>di</strong> Cristo. Questo movimento religioso ebbe la sua<br />
massima espansione proprio nel II secolo d.C., nell’epoca in cui visse per<br />
l’appunto <strong>Tertulliano</strong>. Seppur tra i Padri della Chiesa vi fossero teologi ortodossi<br />
che avevano <strong>di</strong>chiarato eretico tale movimento, in linea generale veniva tollerato<br />
dalle chiese protocattoliche.<br />
Il montanismo non sviluppò una vera e propria dottrina religiosa; il movimento<br />
poggiava sugli stessi fondamenti dell’esperienza cristiana mo<strong>di</strong>ficandone tuttavia<br />
precetti e comportamenti. Questa rappresenta una delle gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze che<br />
contrad<strong>di</strong>stingue il montanismo dalle altre correnti eretiche. I contrasti con il<br />
cristianesimo sorsero perché i montanisti proponevano una libertà assoluta come<br />
<strong>di</strong>retta fruizione <strong>di</strong> Dio. La chiesa gerarchicamente istituzionalizzata veniva<br />
quin<strong>di</strong> concepita come mero inganno <strong>di</strong> potere. Un altro motivo <strong>di</strong> contrasto era<br />
costituito dalla partecipazione femminile ai riti religiosi. Per i montanisti le donne<br />
non solo potevano partecipare al rito comune, ma spesso erano fondamentali nelle<br />
rivelazioni e nelle profezie. Questo secondo punto è confermato ed avvalorato dal<br />
fatto che due tra i più importanti profeti montanisti erano donne: Massimilia e<br />
Priscilla.<br />
L’unico vero punto <strong>di</strong> contrasto dottrinale si basa quin<strong>di</strong> sull’importanza<br />
dell’estasi. I montanisti erano convinti che i loro profeti, una volta entrati in estasi,<br />
profetizzassero per bocca del Verbo, ne derivano, conseguentemente, verità in<br />
grado <strong>di</strong> integrare l’insegnamento apostolico. Il <strong>di</strong>spositivo kenotico e cristiano<br />
74
trova nei montanisti la sua formulazione più ra<strong>di</strong>cale. I montanisti vengono<br />
descritti come dei veri e propri “folli <strong>di</strong> Dio”, capaci <strong>di</strong> rinnegare patria, famiglia,<br />
chiesa pur <strong>di</strong> abbandonarsi con entusiasmo nel dono redentivo <strong>di</strong> grazia. Per i<br />
montanisti non esiste più nessuna struttura rassicurante e <strong>di</strong> identificazione se non<br />
all’interno dell’annuncio liberatorio dello Spirito Santo. È evidente quin<strong>di</strong><br />
l’opposizione dei montanisti al protocattolicesimo,: opposizione che porta alla<br />
denuncia delle chiese in quanto negatrici della gioia carismatica dell’annuncio e in<br />
quanto struttura legalizzata che svuota l’imminente nascita del Regno <strong>di</strong> Dio.<br />
All’ortodossia morale proposta dai padri apologeti viene opposta così<br />
l’eccedenza escatologia, l’ascetismo e l’esperienza estatica. Ciò appare evidente<br />
se si analizzano le posizioni dei montanisti rispetto ai temi del peccato,<br />
matrimonio e martirio 99 .<br />
I <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Montano sono assolutamente persuasi, in contrasto con le<br />
posizioni protocattoliche, che il peccato equivale alla rinuncia del dono <strong>di</strong> Grazia.<br />
A coloro che lasciavano la grazia <strong>di</strong>vina non era concessa alcuna forma <strong>di</strong><br />
redenzione, in contrasto con l’idea protocristiana che consente ai pentiti <strong>di</strong> essere<br />
redenti dalla chiesa stessa. Per ridurre al minimo la possibilità <strong>di</strong> peccare, i<br />
montanisti adottavano rime<strong>di</strong>, in alcuni casi estremi ed intransigenti; ad esempio<br />
praticando la castità, evitando i secon<strong>di</strong> matrimoni e, delle volte, ad<strong>di</strong>rittura i<br />
primi. Osservavano perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno; non accettavano nella sètta chi<br />
commetteva peccati quali omici<strong>di</strong>o o adulterio e denunciavano violentemente<br />
coloro che fuggivano dalle persecuzione. Nei confronti <strong>di</strong> quest’ultimo aspetto,<br />
alcuni <strong>di</strong> essi giungevano ad<strong>di</strong>rittura a lodare il martirio come forma <strong>di</strong> coraggio<br />
estremo e presa <strong>di</strong> coscienza della propria e totale subor<strong>di</strong>nazione al kerygma<br />
originario.<br />
Il fulcro del montanismo è lo spirito millenarista 100 e profetico; l’idea<br />
costantemente sottolineata nei vari rituali religiosi dell’imminente ritorno <strong>di</strong> Gesù<br />
sulla terra alla fine dei tempi. L’attesa per il ritorno del Figlio porta in sé<br />
l’inevitabile conseguenza della totale svalutazione del mondo storico, destinato, <strong>di</strong><br />
99 Gaetano Lettieri, Il nodo cristiano, E<strong>di</strong>zioni Carocci, Roma 2009. pp. 124 - 126<br />
100 Ivi, p. 127.<br />
75
li a poco, a scomparire definitivamente. Le intolleranti posizioni moralistiche sono<br />
motivate e giustificate dal millenarismo montanista.<br />
Come detto in precedenza <strong>Tertulliano</strong> aderisce al montanismo intorno al 213<br />
d.C. circa. Secondo <strong>di</strong>verse fonti <strong>Tertulliano</strong> non impiegò molto a <strong>di</strong>ventare figura<br />
<strong>di</strong> spicco della sètta, tanto che pare abbia creato un movimento autonomo, i<br />
tertullianisti, che sopravvissero come sètta autonoma sino ai tempi <strong>di</strong> Agostino.<br />
Le principali opere del periodo montanista <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ricalcano le<br />
fondamentali tematiche della sètta, descritte sopra. Per ciò che riguarda il tema del<br />
martirio <strong>Tertulliano</strong> scrive il De fuga in persecutione e rispetto al matrimonio il<br />
De Monogamia e il De pu<strong>di</strong>citia. Altra opera interessante <strong>di</strong> questo periodo è il<br />
De pallio, scritto in cui <strong>Tertulliano</strong> <strong>di</strong>chiara le ragioni che lo hanno portato alla<br />
conversione montanista, abbandonando la chiesa protocattolica.<br />
Le motivazioni riportate nel De pallio sono in realtà riprese in quasi tutti gli<br />
scritti <strong>di</strong> questo periodo. È quin<strong>di</strong> importante soffermarsi sul motivo <strong>di</strong> questa<br />
conversione. Precedentemente è stato <strong>di</strong>mostrato come <strong>Tertulliano</strong> faccia parte <strong>di</strong><br />
quei Padri apologeti che risposero alle gran<strong>di</strong> correnti dualistiche del II secolo<br />
d.C. . La proposta <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, sulla scia <strong>di</strong> Ireneo e <strong>di</strong> altri padri, è quella <strong>di</strong><br />
me<strong>di</strong>are l’orizzonte escatologico. L’accento viene posto sulla <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede e<br />
sul libero arbitrio e ad essere relativizzato è proprio la gratuità del dono. Con la<br />
conversione al montanismo <strong>Tertulliano</strong> approda a conclusioni paradossalmente<br />
opposte alle precedenti. Come è stato possibile questo improvviso ritorno<br />
escatologico? L’Adversus Valentinianos può forse aiutare a spiegare questo<br />
delicato passaggio. Come si rileva da quest’opera lo posizioni moralistiche <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> sono estremizzate al punto <strong>di</strong> sfociare in una vera e propria invettiva<br />
satirico – teologica. Come è stato appena osservato il montanismo, pur non<br />
con<strong>di</strong>videndo con il protocattolicesimo la struttura archeo – ontologica e politica,<br />
ha in comune con la teologia <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> la rigi<strong>di</strong>tà e l’intransigenza sul piano<br />
morale. È dunque possibile che le posizioni moralistiche del periodo ortodosso <strong>di</strong><br />
<strong>Tertulliano</strong> vengono estremizzate al punto tale da assistere ad un ritorno<br />
dell’orizzonte escatologico. La nuova <strong>di</strong>alettica che si viene a formare tra i due<br />
<strong>di</strong>spositivi può essere l’esito settario della stessa intransigente <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede,<br />
ora ra<strong>di</strong>calizzato, proposta da <strong>Tertulliano</strong> nel precedente periodo ortodosso. I<br />
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nemici del teologo cartaginese non sono più solo gli eretici Valentiniani, ma la<br />
stessa chiesa protocattolica. È pur vero che <strong>Tertulliano</strong> continua a chiamare la<br />
Chiesa con l’appellativo <strong>di</strong> Madre, ma è altrettanto innegabile la polemica nei<br />
confronti della gerarchia ecclesiastica e clero, colpevoli <strong>di</strong> non aver colto la vera<br />
essenza del kerygma cristiano e <strong>di</strong> praticare quei comportamenti, negati dal<br />
movimento montanista. È inoltre possibile ipotizzare che la conversione al<br />
montanismo non sia emblematica solo dell’esito settario a cui porta la rigida<br />
<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede. Come appare dall’analisi dell’Adversus Valentinianos,<br />
<strong>Tertulliano</strong> è sempre stato attento a come l’orizzonte escatologico e le tematiche<br />
neotestamentarie influenzassero le risposte teologiche tanto dei suoi avversari,<br />
quanto degli altri Padri apologeti. È dunque plausibile sostenere che la<br />
conversione al montanismo rappresenti un riavvicinamento al piano escatologico<br />
senza, però, che una simile svolta possa decadere nel dualismo marcionita e nel<br />
mito speculativo gnostico. Il riavvicinamento alle tematiche neotestamentarie,<br />
come evidenziano gli scritti montanisti sul martirio, sull’estasi, sui profeti, non<br />
mettono affatto in crisi i due capisal<strong>di</strong> teologici che <strong>Tertulliano</strong> aveva <strong>di</strong>feso<br />
strenuamente nella sua produzione spiccatamente protocattolica: l’unicità <strong>di</strong> Dio e<br />
la necessità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina pedagogica <strong>di</strong> fede. Il montanismo offre quin<strong>di</strong> a<br />
<strong>Tertulliano</strong> la possibilità <strong>di</strong> avvicinarsi ad una <strong>di</strong>mensione kenotica, escatologica e<br />
carismatica senza mettere in <strong>di</strong>scussione le sue conquiste ontoteologiche. I<br />
montanisti, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Marcione, sono monoteisti e, a <strong>di</strong>fferenza dei<br />
Valentiniani, mantengono una rigida <strong>di</strong>sciplina salvifica.<br />
Altro aspetto interessante è il fatto che <strong>Tertulliano</strong> applica, una volta convertito<br />
al montanismo, la stessa metodologia polemica dell’Adversus Valentinianos nei<br />
suoi nuovi scritti critici. Nelle opere montaniste <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> balza subito<br />
all’occhio l’irriverenza e l’ironia contro preti e vescovi dell’epoca. Appare<br />
doveroso evidenziare il fatto che anche nella svolta montanista la <strong>di</strong>alettica tra i<br />
due <strong>di</strong>spositivi non porta alla scomparsa del <strong>di</strong>spositivo archeo . ontologico. Che<br />
l’accento venga ora posto sul piano escatologico e carismatico non implica<br />
l’annullamento del secondo <strong>di</strong>spositivo che, seppur subor<strong>di</strong>nato, rimane<br />
comunque presente. La produzione teologica circa i matrimoni, il martirio, la<br />
monogamia testimoniano che la <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede non è nient’affatto scomparsa,<br />
77
ma, tutt’al più, riconvertita all’interno <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>mensione escatologica. Il<br />
fatto che trattati come il De pu<strong>di</strong>cizia o il De fuga in persecuzione vengano scritti<br />
in concomitanza ai trattati, in parte perduti, sull’estasi non fa che avvalorare<br />
questa ipotesi. Certo la svolta montanista non permette certo <strong>di</strong> accostare<br />
<strong>Tertulliano</strong> all’escatologia esasperata ed eretica <strong>di</strong> Marcione e <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>. Il<br />
dono gratuito <strong>di</strong> Dio rimane comunque fruibile soltanto quando l’uomo è capace<br />
<strong>di</strong> educarsi razionalmente verso il bene. In questo senso il modello del martire,<br />
miles cristiano proprio perché incapace della violenza del miles romano, evidenzia<br />
tanto la necessaria freddezza razionale della <strong>di</strong>sciplina salvifica, quanto<br />
l’in<strong>di</strong>spensabile ascetismo escatologico.<br />
L’analisi sino qui svolta del percorso spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> evidenzia quanto<br />
sostenuto nella tesi iniziale. L’analisi <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> offre la possibilità <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>mostrare la paradossale e complessa <strong>di</strong>alettica tra i due <strong>di</strong>spositivi nonché<br />
l’intrigato intreccio che ne deriva. La <strong>di</strong>sputa teologica con <strong>Valentino</strong> offre la<br />
possibilità <strong>di</strong> indagare come le risposte dei cristiani del II secolo d.C. siano tra<br />
loro profondamente <strong>di</strong>fferenti. È proprio l’appassionata controversia qui esposta<br />
che permette <strong>di</strong> evidenziare con maggior chiarezza il complicato intreccio dei<br />
<strong>di</strong>spositivi che sottostà ed influenza la teologia <strong>di</strong> entrambe gli autori. La <strong>di</strong>sputa<br />
con <strong>Valentino</strong> permette inoltre <strong>di</strong> abbozzare, in tal senso, un’ipotesi sulla<br />
successiva conversione al montanismo, <strong>di</strong>mostrando non solo la paradossalità che<br />
caratterizza il rapporto tra dono <strong>di</strong> grazia e libero arbitrio, <strong>di</strong>spositivo<br />
escatologico-carismatico e <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, ma anche come questa<br />
<strong>di</strong>alettica provochi una perenne oscillazione in uno o nell’altro senso. Se nella<br />
prima fase della sua vita <strong>Tertulliano</strong> legalizza l’eccedenza <strong>di</strong> grazia in una<br />
<strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede capace <strong>di</strong> educare il libero arbitrio, al termine della sua vita, con<br />
l’adesione al montanismo, questa stessa <strong>di</strong>sciplina è ora la base necessaria in vista<br />
dell’imminente avvento del Regno <strong>di</strong> Dio, annunciato dai profeti montanisti e<br />
comunicato dallo Spirito Santo durante l’estasi.<br />
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Conclusioni<br />
L’analisi del sistema valentiniano, del percorso spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>,<br />
nonché la valutazione, per quanto possibile approfon<strong>di</strong>ta della relazione che<br />
intercorre tra i due autori, può essere emblematica della complessità e della<br />
molteplicità delle risposte teologiche dei cristiani del II secolo d.C..<br />
L’appassionata relazione tra <strong>Valentino</strong> e <strong>Tertulliano</strong> non può che aiutare a<br />
comprendere l’intricato nodo sui cui si articola l’intera storia del cristianesimo. Il<br />
tentativo protocattolico <strong>di</strong> conseguire un precario equilibrio tra tra<strong>di</strong>zione<br />
giudaico – cristiana e novità escatologica, subor<strong>di</strong>nando la novità carismatica<br />
all’interpretazione legalista <strong>di</strong> continuità tra Antico e Nuovo testamento, passa per<br />
un tortuoso processo. La produzione teologica <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> si fa testimone <strong>di</strong><br />
questa <strong>di</strong>fficoltà. La <strong>di</strong>alettica tra ontoteologia ed escatologia non si esaurisce in<br />
un netto e statico sistema dottrinale. Nella figura <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong> ciò è risultato<br />
chiaramente evidente sia in relazione al periodo protocattolico dell’autore, sia in<br />
riferimento al successivo periodo montanista.<br />
Al contrario gnosticismo e marcionismo evidenziavano la violenta<br />
opposizione tra vangelo <strong>di</strong> Grazia e antica legge giudaica, irrigidendo il dualismo<br />
spirituale in dualismo ontologico. Anche in questo caso però è da osservare come<br />
a prevalere sia la continua oscillazione tra meccanismo ontoteologico ed orizzonte<br />
carismatico – escatologico. Nemmeno la risposta valentiniana si esaurisce in una<br />
netta presa <strong>di</strong> posizione, ma, al contrario, si articola in una costante <strong>di</strong>alettica tra i<br />
due <strong>di</strong>spositivi-<br />
È stato infatti documentato e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrato come <strong>Valentino</strong> sia il<br />
rappresentante più ar<strong>di</strong>to <strong>di</strong> un intero movimento, quale quello gnostico, basato<br />
tanto sull’estremizzazione del <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico, quanto su una<br />
ripresa ra<strong>di</strong>cale dell’orizzonte escatologico, apocalittico e carismatico. Il kerygma<br />
primor<strong>di</strong>ale non viene affatto abolito dall’impalcatura ontologica gnostica. La<br />
salvezza, ad esempio, rimanere strettamente connessa al messaggio kenotico <strong>di</strong><br />
Cristo ed anzi viene escatologicamente estremizzata in un possesso non solo<br />
spirituale, ma ad<strong>di</strong>rittura ontologico.<br />
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L’analisi <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, attento <strong>interprete</strong> <strong>di</strong> <strong>Valentino</strong>, offre invece la<br />
possibilità <strong>di</strong> indagare la <strong>di</strong>alettica del doppio <strong>di</strong>spositivo a partire da presupposti<br />
<strong>di</strong>fferenti. La sud<strong>di</strong>visione in tre fasi della vita religiosa dell’autore cartaginese<br />
descrive il suo travagliato percorso spirituale che partendo da posizioni ortodosse<br />
e protocattoliche termina nell’adesione al montanismo. Lo stu<strong>di</strong>o delle questioni<br />
teologiche proposte da <strong>Tertulliano</strong>, nonché l’analisi degli strumenti utilizzati nelle<br />
<strong>di</strong>verse opere, partendo da quelli giuri<strong>di</strong>ci e retorici, evidenzia la complessità<br />
dell’intreccio tra i due <strong>di</strong>spositivi. L’analisi del percorso spirituale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong><br />
offre la possibilità <strong>di</strong> soffermarsi su almeno due aspetti rilevanti.<br />
Il primo punto su cui soffermarsi è il rapporto tra ontoteologia ed escatologia<br />
nella produzione protocattolica. È indubbio che l’escatologia venga<br />
ri<strong>di</strong>mensionata all’interno <strong>di</strong> un sistema ontoteologico che mira ad armonizzare le<br />
componenti più sovversive del kerygma, ma, come risulta dall’analisi svolta,<br />
l’escatologia non viene affatto annullata. Anzi, proprio l’interpretazione<br />
tertullianea della speculazione valentiniana offre una pietra <strong>di</strong> paragone per<br />
<strong>di</strong>mostrare come <strong>Tertulliano</strong> siamo comunque attento ai risvolti escatologici ed è<br />
questo il secondo aspetto fondamentale. La <strong>di</strong>alettica tra le due forze sino a qui<br />
descritte raggiunge in <strong>Tertulliano</strong> picchi <strong>di</strong> indubbio interesse analitico. La<br />
conversione al montanismo rappresenta in tal senso un marcato riavvicinamento al<br />
para<strong>di</strong>gma kerygmatico ed escatologico, prima subor<strong>di</strong>nato, senza tuttavia scadere<br />
nelle gran<strong>di</strong>ose correnti dualistiche del II secolo d.C. . Con la conversione al<br />
montanismo <strong>Tertulliano</strong> può mantenere il rigido sistema <strong>di</strong>sciplinare proposto nel<br />
periodo protocattolico, ma, al tempo stesso, può riprendere le tematiche<br />
neotestamentarie prima marginali. Non solo, il montanismo rappresenta in questo<br />
senso la risposta più ar<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> mantenere vive le basi escatologiche senza far venir<br />
meno i capisal<strong>di</strong> della teologia protocattolica. Se è indubbiamente vero che<br />
l’ascetismo, l’esaltazione del martirio, l’attenzione per l’estasi e le profezie sono<br />
tratti <strong>di</strong>stintivi della sètta montanista, è altrettanto vero che l’enfasi escatologica<br />
non sconfina né nel dualismo marcionita né nel mito gnostico valentiniano.<br />
La conversione al montanismo è una conseguenza settaria dell’intransigenza<br />
morale <strong>di</strong> <strong>Tertulliano</strong>, ma è anche emblematica <strong>di</strong> una tendenza <strong>di</strong> avvicinamento<br />
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ad una <strong>di</strong>mensione maggiormente escatologica che non metta in <strong>di</strong>scussione né<br />
l’unicità <strong>di</strong> Dio, né la <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> fede.<br />
Lo scopo della tesi, partendo dalla presentazione della speculazione <strong>di</strong><br />
<strong>Valentino</strong> e dall’interpretazione <strong>di</strong> questa operata da <strong>Tertulliano</strong>, non è solo quello<br />
<strong>di</strong> esporre ed analizzare l’intensa e polemica relazione tra i due, ma <strong>di</strong> poter<br />
asserire come in fine le conclusioni complesse e peraltro <strong>di</strong>fferenti a cui giungono<br />
i due autori, siano emblematiche <strong>di</strong> una <strong>di</strong>alettica comune ad entrambe, pur<br />
articolandosi in modo <strong>di</strong>verso nelle proposte dei due autori.<br />
Il Cristianesimo ha bisogno contemporaneamente <strong>di</strong> entrambi i due <strong>di</strong>spositivi<br />
e la sua storia si basa e fonda sul funzionamento <strong>di</strong> questo meccanismo, che<br />
poggia sull’intreccio fra il <strong>di</strong>spositivo archeo – ontologico e quello kenotico –<br />
escatologico. Il rapporto tra dono <strong>di</strong> Grazia e libero arbitrio passa attraverso il<br />
meccanismo del doppio <strong>di</strong>spositivo cosicché <strong>Valentino</strong> e <strong>Tertulliano</strong><br />
rappresentano, in mo<strong>di</strong> profondamente <strong>di</strong>fferenti, le possibili risposte a questo<br />
delicato problema.<br />
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