estratto - Immensa Aequora
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estratto
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<strong>estratto</strong>
<strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong><br />
Ricerche archeologiche, archeometriche e informatiche<br />
per la ricostruzione dell’economia e dei commerci<br />
nel bacino occidentale del Mediterraneo<br />
collana diretta da Gloria Olcese<br />
1. e anfore greco italiche di Ischia: archeologia e archeometria.<br />
Artigianato ed economia nel Golfo di Napoli<br />
in preparazione:<br />
2. Atlante dei siti di Produzione ceramica (Toscana, lazio, Campania e Sicilia).<br />
Con le tabelle dei principali relitti del Mediterraneo occidentale<br />
con carichi dall’Italia centro meridionale<br />
<strong>estratto</strong>
GlorIA olCese<br />
le Anfore greCo ITAlIChe dI ISChIA:<br />
ArCheologIA e ArCheomeTrIA<br />
Artigianato ed economia nel Golfo di Napoli<br />
con contributi di Stefania Giunta, Ioannis Iliopoulos,<br />
Valerie Thirion Merle e Giuseppe Montana<br />
<strong>estratto</strong>
La ricerca è stata finanziata nelle prime fasi dalla F. Thyssen Stiftung di Bonn.<br />
Parte delle analisi di laboratorio sono state possibili grazie ai fondi del MIUR<br />
(Progetto FIRB RBNE03KWMF “Ricostruire i commerci nel Mediterraneo in epoca ellenistica e romana attraverso<br />
nuovi approcci scientifici e tecnologici”)<br />
Redazione a cura di Stefania Giunta<br />
In copertina: I vigneti di Monte Vico (Lacco Ameno).<br />
Seconda edizione<br />
ISSN 2240-9831<br />
ISBN 978-88-7140-471-4<br />
Volume pubblicato con il contributo della Sezione di Archeologia<br />
del Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza, Università di Roma<br />
© Roma 2012, Edizioni Quasar di Severino Tognon srl<br />
via Ajaccio 43 - 00198 Roma, tel. 0685358444 fax 0685833591<br />
e-mail: qn@edizioniquasar.it – www.edizioniquasar.it<br />
<strong>estratto</strong>
<strong>estratto</strong><br />
Carta di Ischia: 1: Lacco Ameno, Santa Restituta; 2: Lacco Ameno, Monte Vico; 3: Lacco Ameno, Baia di San Montano;<br />
4: Casamicciola; 5: Cartaromana; 6: Promontorio di Punta Chiarito.
CAPITOLO I<br />
Obiettivi, difficoltà e limiti di una ricerca<br />
<strong>estratto</strong><br />
Questo volume ha come argomento le anfore greco italiche di Ischia (e, indirettamente, del Golfo di Napoli) e uno dei<br />
suoi obiettivi è quello di riunire e approfondire i risultati di indagini condotte, a più riprese, negli anni passati 1.<br />
Lo studio fa parte di un progetto di ricerca più ampio relativo al quartiere artigianale sito sotto la Chiesa di Santa<br />
Restituta di Lacco Ameno d’Ischia (fig. I.1 e I.2) e ai suoi reperti 2. All’area archeologica di Santa Restituta, scoperta<br />
e indagata dal Rettore della Basilica Don Pietro Monti 3, è dedicato un volume che sarà pubblicato a breve e in cui<br />
verrà preso in considerazione il tema della produzione ceramica a Ischia nel corso dei secoli, argomento ricco di<br />
bibliografia e solo parzialmente toccato in questo lavoro.<br />
Ischia, famosa per i suoi giacimenti argillosi 4, è stata “un polo produttivo” di ceramiche fin dall’epoca della colonizzazione<br />
e per molti secoli 5; Plinio fa derivare il nome dell’isola non tanto da πίθηκος, la scimmia, quanto dai πίθοι, i<br />
grandi contenitori in argilla o, più genericamente, i vasi (“Pithecusa, non a simiarum moltitudine, ut aliqui existimavere,<br />
sed a figlinis doliorum”, Plinio, Naturalis Historia, III, 82) 6.<br />
Uno degli scopi iniziali dell’indagine era l’individuazione e la caratterizzazione, anche in laboratorio, delle anfore greco<br />
italiche della zona, cercando di mettere in evidenza le problematiche di carattere storico ed economico collegate<br />
a tali contenitori; è indubbio che Ischia, un’isola così importante per l’archeologia italiana, costituisce un punto di<br />
riferimento anche per conoscere la cultura materiale di età ellenistica 7.<br />
L’interesse e l’abbondanza dei dati relativi alle anfore greco italiche hanno reso necessario estrapolare questa parte<br />
divenuta più voluminosa in seguito all’ampliamento della ricerca ad altre aree del Mediterraneo 8, nel tentativo di trovare<br />
conferme della circolazione della/e produzione/i del Golfo.<br />
Aver estrapolato la parte dello studio che riguarda le anfore ha comportato qualche difficoltà organizzativa, poiché<br />
tutti i dati relativi alle fornaci e all’area di rinvenimento si trovano nel volume in corso di preparazione; in questa<br />
sede si è anticipato solo ciò che pareva indispensabile per la comprensione del contesto. Va comunque ricordato<br />
che i materiali di Santa Restituta non provengono da scavi stratigrafici e la trattazione delle singole classi ha dovuto<br />
purtroppo prescindere da una serie di informazioni fondamentali che avrebbero potuto chiarire argomenti importanti<br />
trattati invece solo parzialmente.<br />
Quali sono le anfore prodotte a Ischia (e/o a Napoli ?) ? Dove e quando le anfore hanno circolato? Quali sono i tipi ?<br />
Quali i bolli ? Quali gli impasti? Sono solo alcune delle domande a cui si è cercato di dare una risposta con questo<br />
lavoro. La ricerca è avanzata ma non è ancora conclusa, ciononostante è possibile cominciare a ricostruire la produzione<br />
di anfore a Ischia e nel Golfo di Napoli. Caratteri morfologici dei recipienti, particolari tecnologici, modo di<br />
bollare, impasti dalle caratteristiche ricorrenti, reiterazione di alcuni bolli o l’associazione di due nomi su di uno stesso<br />
bollo, lasciano intravedere una produzione ampia e articolata, forse distribuita tra più officine e destinata a contenere<br />
il vino dell’isola.<br />
La seconda metà del Novecento è stata particolarmente<br />
importante per lo studio delle “anfore greco<br />
italiche”, destinate molto probabilmente al contenimento<br />
del vino. In alcuni casi erano impiegate<br />
anche per trasportare olive, pistacchi, acini di uva<br />
e fibre di natura sconosciuta, come nel caso del<br />
relitto della Secca di Capistello9. I numerosi lavori<br />
dedicati alle greco italiche rendono superfluo tornare<br />
sulla storia degli studi e sulla presentazione<br />
delle problematiche legate alla tipologia e alla cronologia10.<br />
Una delle domande principali riguarda l’individuazione<br />
delle zone di origine dei contenitori che hanno<br />
circolato, dal momento che sono pochi i dati relativi<br />
ad aree di produzione11, fatto che ha reso fino Fig. I.1: La chiesa di S. Restituta a Lacco Ameno.
12 c a p i to l o i<br />
<strong>estratto</strong><br />
ad ora complessa anche la ricostruzione dei traffici<br />
commerciali.<br />
La fabbricazione di anfore greco italiche ha interessato<br />
diverse zone dell’Italia tirrenica e adriatica12, ma non è altrettanto evidente che i contenitori di<br />
tutti i centri di produzione abbiano circolato ad ampio<br />
raggio. L’identificazione di Ischia, sito ben noto<br />
per le sue argille e per la fabbricazione della ceramica<br />
dallepoca della colonizzazione, come area di<br />
produzione di greco italiche è il risultato di ricerche<br />
recenti, raggiunto grazie all’incrocio di dati diversi<br />
di carattere archeologico, epigrafico e archeometrico13.<br />
Altrettanto recenti sono i tentativi di ricostruzione<br />
della circolazione delle anfore appartenenti al gruppo<br />
definito “Ischia/Golfo di Napoli” 14. Questa definizione<br />
nasce dalla “scoperta” dell’esistenza di anfore greco italiche dalla morfologia simile (tipi IV, V, V/VI della<br />
classificazione del van der Mersch15) e della presenza degli stessi bolli a Ischia e a Napoli, in primo luogo, ma anche<br />
in altri contesti mediterranei16, tra cui alcuni siciliani. L’ipotesi che, almeno in qualche caso, si trattasse di contenitori<br />
originari di una stessa area produttiva è stata formulata fin dall’inizio della ricerca, in base a criteri archeologici, macroscopici<br />
ed epigrafici e in seguito ad alcuni controlli diretti sui reperti di più siti17. Il collegamento tra le anfore greco italiche e il Golfo di Napoli, spesso sostenuto ma mai provato, è stato possibile<br />
grazie allo studio in laboratorio dei reperti di Ischia, che hanno consentito la caratterizzazione e il raggruppamento<br />
dei campioni secondo criteri archeometrici.<br />
In particolare, nelle argille utilizzate per la fabbricazione delle anfore sono stati riconosciuti alcuni markers mineralogici<br />
caratteristici delle argille vulcaniche e alcune associazioni di minerali in quantità diverse, che sono<br />
diventati gli indicatori delle ricerche in laboratorio18. Fig. I.2: Gli scavi sotto la chiesa di S. Restituta a Lacco Ameno.<br />
Il motivo per cui queste produzioni ceramiche non sono<br />
state individuate prima dipende innanzitutto dalla poca attenzione riservata in passato allo studio degli impasti,<br />
ma anche dal fatto che non si tratta delle argille tipiche delle produzioni “campane” più tarde, come ad esempio<br />
quelli delle anfore Dressel 2/4, bensì di impasti che non erano ancora stati riconosciuti e collegati ad una zona<br />
di produzione.<br />
I bolli in greco, il cui studio è stato combinato con l’analisi tipologica e con quella di laboratorio, sono stati l’altro importante<br />
filo rosso della ricerca.<br />
Negli anni ‘90, in contemporanea con le ricerche sul quartiere artigianale e sui suoi reperti, era stata condotta un’indagine<br />
epigrafica sui bolli delle anfore di Lacco Ameno 19. Non poter contare su questo importante lavoro, rimasto<br />
purtroppo inedito, ha comportato la ripresa ex novo dello studio dei bolli su anfore rinvenute a Lacco che, come altre<br />
classi ceramiche, erano state nel frattempo sottoposte ad analisi di laboratorio, chimica e mineralogica nell’ambito di<br />
un progetto comune che mirava a stabilire quali anfore fossero prodotte localmente e quali importate 20.<br />
La ricerca epigrafica, per la quale sono necessarie competenze ben maggiori di quelle in possesso di chi scrive,<br />
non è sicuramente esaustiva ed è da considerare funzionale all’indagine condotta che, come si è detto, aveva altri<br />
obiettivi. Il catalogo dei bolli è quindi preliminare e si prefigge semplicemente di far conoscere i “supporti” oggetto<br />
di studio archeologico e archeometrico, non solo di Ischia ma anche di altri siti e relitti (della Sicilia, in modo particolare).<br />
In una seconda fase, le indagini sono state ampliate ad alcuni siti e relitti della Sicilia e del Mediterraneo occidentale,<br />
per mezzo di un controllo diretto e di analisi di laboratorio, grazie ad un progetto ancora in corso 21, il cui scopo principale<br />
è quello di mettere a confronto i contenitori di aree geografiche differenti, per verificare un’eventuale origine<br />
comune 22.<br />
Una delle fasi più interessanti della ricerca è stata la ripresa dello studio dei relitti eoliani (Filicudi F e Secca di Capistello)<br />
23 che, con i loro carichi di anfore greco italiche, ben rappresentano la circolazione di vino nel periodo compreso<br />
tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a.C. L’attribuzione delle anfore dei due relitti al Golfo di Napoli è<br />
uno dei risultati più significativi ottenuti nel corso della ricerca 24.<br />
Mentre un primo articolo sulle anfore di Ischia veniva pubblicato 25, gli scavi della metropolitana di Napoli, diretti da<br />
D. Giampaola per la Soprintendenza archeologica di Napoli, portavano alla luce ceramiche e anfore, anche greco<br />
italiche, in una zona prossima al porto, già nota per i rinvenimenti di scarichi di ceramiche a vernice nera 26.
o b i e t t i v i, d i f f i c o lt à e limiti d i u n a r i c e r c a 13<br />
In maniera del tutto insperata e nell’arco di poco tempo ci troviamo quindi nella condizione di poter approfondire la<br />
conoscenza delle anfore e delle ceramiche; le ricerche sono ancora in corso ma è certo che il riesame di tanti dati<br />
consentirà di conoscere meglio la storia economica di Neapolis e del Golfo.<br />
Uno degli obiettivi ricorrenti degli studi di cultura materiale di questa zona della Campania 27 è quello di separare e<br />
individuare la produzione ceramica di Ischia da quella di Napoli (ancora aperte sono le discussioni a proposito della<br />
ceramica a vernice nera). Loperazione è piuttosto difficoltosa perché il patrimonio artigianale è comune e i dati<br />
epigrafici sembrano riflettere una realtà sociale ed economica condivisa; anche lutilizzo di analisi di laboratorio non<br />
sempre può essere dirimente, considerata la mancanza di ricerche mirate e di valori archeometrici di riferimento sulle<br />
argille del Golfo di Napoli.<br />
È opportuno comunque ricordare che nel periodo che vede la comparsa delle ceramiche a vernice nera e delle<br />
anfore greco italiche, tale tentativo di separazione, forse, non è fondamentale, soprattutto se si condivide l’ipotesi,<br />
sostenuta da più studiosi, che l’isola appartenga in questa fase a Napoli 28. Ischia ricoprirebbe quindi anche in età<br />
ellenistica la funzione di quartiere artigianale “allargato”, forte della sua tradizione in campo ceramico e metallurgico,<br />
tradizione che risale ai tempi della colonizzazione greca 29.<br />
Là dove la distinzione delle ceramiche di Ischia e Napoli non è certa, la definizione di “anfore greco italiche di Ischia/<br />
Golfo di Napoli” permette poi di contemplare anche le possibili produzioni di altri centri, di Napoli in primo luogo, ma<br />
anche di siti del Golfo la cui attività artigianale nell’epoca considerata non è attualmente conosciuta.<br />
Ai problemi citati, si aggiunge la difficoltà creata dalla lacunosità e dalla disomogeneità dei dati archeologici; nel caso<br />
delle anfore, a Ischia sono attestate soprattutto anse bollate e pochi frammenti diagnostici. Nei due siti, inoltre, è<br />
evidente la presenza, oltre che di ceramiche locali/regionali anche di molto materiale importato.<br />
Il volume è strutturato in nove capitoli, a cui si aggiungono i cataloghi.<br />
Il secondo capitolo è dedicato al vino di Ischia, che costituiva probabilmente il contenuto delle anfore greco italiche,<br />
e alle strutture legate al mondo del vino sull’isola. Il terzo è incentrato sulla tipologia delle greco italiche di Ischia/<br />
Golfo di Napoli. Il quarto capitolo tratta dei bolli in greco sulle greco italiche di Ischia e il quinto è un catalogo ragionato<br />
di alcuni bolli e della loro circolazione. Il capitolo sesto comprende i dati archeometrici, chimici e mineralogici e i<br />
contributi dei colleghi, V. Thirion Merle, G. Montana e I. Iliopoulos. I capitoli settimo e ottavo sono un tentativo di ricostruzione<br />
della circolazione delle anfore greco italiche di Ischia/Golfo di Napoli; comprendono anche i dati preliminari<br />
sulle analisi di laboratorio di siti siciliani. L’ultimo capitolo riassume i risultati ottenuti e contiene un primo tentativo di<br />
interpretazione dei dati in chiave storico-economica.<br />
Ringraziamenti<br />
<strong>estratto</strong><br />
L’indagine, per la complessità e l’ampiezza, si è protratta per più anni e molte sono le persone che l’hanno resa possibile.<br />
M. Picon mi ha incoraggiato, molti anni fa, a occuparmi delle ceramiche di Ischia e del Golfo di Napoli; il suo<br />
approccio allo studio dell’artigianato antico è per me un punto di riferimento fondamentale così come la sua amicizia.<br />
W.D. Heilmeyer ha accolto con interesse e curiosità le proposte di studio che gli ho fatto quando ero borsista a<br />
Berlino e mi ha sempre aiutato a realizzarle, nel caso di Ischia partecipando attivamente alle indagini 30. Negli ultimi<br />
tempi ha accettato con pazienza infinita i ritardi del mio lavoro e la decisione di estrapolare la parte sulle anfore dalla<br />
pubblicazione complessiva del quartiere artigianale di S. Restituta.<br />
Il lavoro a Ischia è stato facilitato in ogni modo da S. De Caro, Soprintendente Archeologo per l’area di Napoli nel periodo<br />
in cui la ricerca si è svolta, e da C. Gialanella, Ispettrice di zona. Proprio l’apertura e la disponibilità che hanno<br />
contraddistinto la gestione della Soprintendenza di S. De Caro a Napoli hanno creato un’atmosfera di lavoro bella e<br />
unica che è un po’ il sogno di ogni archeologo che abbia un progetto di ricerca. A G. Buchner devo alcune importanti<br />
e dettagliate informazioni sulla geologia dell’isola e sulla situazione di S. Restituta.<br />
Un apporto importante alla ricerca è stato dato da V. Merle e I. Iliopoulos, che mi hanno aiutata ad affrontare le difficili<br />
problematiche connesse all’indagine archeometrica. F. Zevi ha riletto alcune parti di questo lavoro dandomi utili consigli.<br />
Ringrazio F. Cordano per aver rivisto pazientemente con me alcuni bolli del capitolo V; A. Mele ha letto in tempi<br />
brevissimi il capitolo IX. F. Salviat, forte della sua esperienza decennale a Thasos, mi ha dato indicazioni utilissime<br />
per i bolli e per il sistema di produzione delle anfore.<br />
Numerosi sono infine i colleghi che mi hanno autorizzato a prendere visione del materiale nelle aree di competenza<br />
o che, in modi diversi, hanno contribuito all’avanzamento della ricerca. Li ricordo tutti con riconoscenza: C. Araneguì,<br />
D. Asensio, G. Avagliano, N. Badoud, B. Basile, M. Benfari, V. Caminneci, L. Campagna, L. Castagna, G. Camodeca,<br />
C. Capelli, R. Cantilena, F. Cibecchini, M. Cipriani, M. Crawford, A. D’Ambra, B. Dangréaux, A. De Filippis, A. De<br />
Miro, M. T. Iannelli, S. Febbraro, E. Gailledrat, Y. Garlan, D. Giampaola, C. Greco, L. Guzzardi, D. Gullì, R. Gullo,<br />
S. Gueli, P. Guzzo, C. Ingoglia, M. Lawall, M.C. Lentini, L. Long, L. Lazzarini, A. Marangou, L. Messina, A. Ollà, J.L.
14 c a p i to l o i<br />
Ottaviani, M. Palaczyk, F. Pallarés, M.C. Parello, L. Pugliese, A. M. Rotella, G.Ruggi D’Aragona, V. Sampaolo, G.<br />
Sarà, G. Spagnolo, S. Tusa, A. Villa.<br />
S. Giunta è subentrata ad A. Rinaldi nella redazione scientifica di questo volume, portando a termine il suo compito<br />
non facile con grande partecipazione e serietà professionale.<br />
G. Murro e L. Ceccarelli hanno lavorato alle carte e I. Manzini ha rivisto la bibliografia, aiutando S. Giunta. M. Tognon<br />
ha collaborato con grande disponibilità alla creazione di questo volume, attendendo con pazienza revisioni e correzioni.<br />
Il mio lavoro non sarebbe stato possibile se Don Pietro Monti non avesse perseguito per tutta la sua vita, con la tenacia<br />
e la simpatia che lo caratterizzavano, un “progetto” per la storia e l’archeologia di Ischia. Questo volume, come<br />
l’altro che seguirà, sono dedicati a lui e al suo lavoro, con affetto e riconoscenza.<br />
Gli amici di Santa Restituta, Immacolata, Gabriele, Filippo, Prospero e la sua famiglia che mi hanno accolto a Lacco<br />
con amicizia, aiutandomi in ogni occasione, la bellezza e l’interesse del luogo hanno contribuito a creare un’atmosfera<br />
piacevolissima e difficile da dimenticare.<br />
Referenze grafiche e fotografiche:<br />
I disegni delle anfore e dei bolli di Ischia contenuti questo volume sono a cura di:<br />
<strong>estratto</strong><br />
Don Pietro Monti: I B.1, I B.2, I B.4, I B.8, I B.11, I B.26, I B.35, I B.45, I B.49, I B.62, I B.65, I B.69, I B.78, I B.79, I<br />
B.86, I B.95, I B.109, I B.136, I B.137, I B.159, I B.194, I B.207, I B.211, I B.229, I B.231, I B.234, I B.245, I Teg.2, I<br />
Teg.7, I Teg.8, I Teg.9.<br />
A. Festuccia: I B.3, I B.123, I B.157, I B.224, I B.228, I Teg.3, II B.2, II B.4, II B.13, II B.30, II B.60, i bolli e le anfore di<br />
Eraclea Minoa e Licata-Monte Sant.Angelo nei capitoli V e VIII (tranne dove diversamente indicato), il bollo M.VAL di<br />
Marsala-Punta Scario nel capitolo VII, il bollo ANΔΡΩNOΣ di Selinunte e l’anfora di Piscinola nel capitolo VIII.<br />
A. Zorzi: I B.17, I B.21, I B.43, I B.46, I B.54, I B.57, I B.61, I B.64, I B.70, I B.89, I B.97, I B.140, I B.142, I B.172, I<br />
B.210, I B.213, I B.235, I B.236, I B.244, I Teg.6, II B.18, II B.22, II B.24, II B.52, II B.67, II B.68, II B.70, II B.73, le<br />
anfore di Ischia (tranne dove diversamente indicato), i bolli e le anfore dei relitti Filicudi F e Secca di Capistello nei<br />
capitoli III, V e VII (con ritocchi di E. Serafini), la figura IV.1.<br />
E. Serafini: I B.63.<br />
Le carte sono di G. Murro.<br />
Le fotografie di buona qualità dei bolli del catalogo sono state effettuate da B. Pätzel, U.Eckertz Popp e D. Hunter.<br />
Le altre, insieme alle foto delle anfore di siti diversi, sono a cura S. Giunta, A. Hiener e G. Olcese. La foto di copertina<br />
è di A. Hiener.
NOTE<br />
1 All’area di Santa Restituta sono stati dedicati nel corso<br />
del progetto alcuni contributi preliminari (Olcese et al. 1996;<br />
Heilmeyer 2001 e 2004; Olcese 1999, 2004, 2007), che si<br />
aggiungono a quelli che erano già stati pubblicati in passato,<br />
aventi come oggetto classi specifiche di materiali (Monti<br />
1980, Monti 1991, Pedroni 1999, Scatozza Höricht 2007 ed<br />
altri citati nei capitoli che seguono).<br />
2 Il progetto nato, in accordo con la Soprintendenza Archeologica<br />
di Napoli, negli anni ’90, durante un mio soggiorno di<br />
studio a Berlino presso la Freie Universität, è stato finanziato<br />
nella sua prima e più importante fase dalla Thyssen Stiftung<br />
di Bonn. L’ultima fase della ricerca, concernente l’estensione<br />
delle indagini a siti della Sicilia e del Mediterraneo, è stata invece<br />
finanziata con i fondi del progetto ministeriale Firb citato<br />
alla nota 8.<br />
3 Monti 1980 e 1991.<br />
4 Si vedano a questo proposito Buchner 1994 e il cap. VI di<br />
questo volume.<br />
5 Non è questa la sede per riportare la bibliografia completa<br />
sulle ceramiche prodotte a Ischia e su quelle importate,<br />
bibliografia che comprende contributi di primo piano di illustri<br />
studiosi, tra cui, oltre a G. Buchner, B. D’Agostino, R.F.<br />
Docter, C.W. Neeft, H.G. Niemeyer, D. Ridgway.<br />
Rimando a Pithekoussai I per la raccolta delle pubblicazioni<br />
relative al tema della produzione ceramica all'epoca della colonizzazione;<br />
per il tema più generale dei giacimenti di argilla<br />
di Ischia e lo sfruttamento anche in epoca recente, si vedano<br />
Buchner 1994 e il cap. VI di questo volume.<br />
6 La fonte pliniana è molto esplicita e corrisponde pienamente<br />
alla realtà archeologica. Per una diversa etimologia del<br />
nome, M. Torelli, L'immaginario greco dell'oltremare. La lekythos<br />
eponima del pittore della Megera, Pausania I, 23, 5-6 e<br />
Pithecusa, in Apoikia. Scritti in onore di G. Buchner, Annali di<br />
Archeologia e Storia Antica, Napoli 1994, pp. 117 e 127.<br />
Per i nomi di Ischia, Ridgway 1984, pp. 49-50. Bonfante<br />
1992; Poccetti 1995.<br />
7 La bibliografia di Ischia è ampia, anche se concentrata soprattutto<br />
sullepoca della colonizzazione. Imprescindibili sono i<br />
contributi di G. Buchner a cui si rimanda per la storia dellisola<br />
e per la bibliografia precedente. La bibliografia complessiva su<br />
Ischia è raccolta nel volume in corso di preparazione.<br />
8 Si tratta di uno dei temi di ricerca del progetto Firb 2005-<br />
2010 “<strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>” i cui obiettivi sono riassunti nel sito<br />
internet www.immensaaequora.org e in Olcese 2010.<br />
9 Frey et al. 1978, p. 289. Per il relitto della Secca di Capistello,<br />
si veda il cap. VII.2 di questo volume.<br />
10 Will 1982; Empereur, Hesnard, 1987; Manacorda 1986,<br />
1989; Olcese 2004, 2007; Tchernia 1986, pp. 42-53; van der<br />
Mersch 1994, 2001; Cibecchini 2007 con bibliografia precedente.<br />
11 Il lavoro più completo è quello del van der Mersch 1994.<br />
12 Si veda a titolo di esempio il recente volume sulle anfore<br />
greco italiche di Cattolica, Malnati, Stoppioni (a cura di)<br />
2008.<br />
<strong>estratto</strong><br />
o b i e t t i v i, d i f f i c o lt à e limiti d i u n a r i c e r c a 15<br />
13 Per la produzione ceramica nell’epoca della colonizzazione,<br />
Pithekoussai I, a cui si rimanda anche per la bibliografia<br />
precedente. Per gli studi recenti, archeologici e archeometrici,<br />
Olcese et al. 1996; Olcese 2004, 2007.<br />
14 Oltre ai lavori precedentemente citati, si ricorda la sessione<br />
del convegno internazionale AIAC 2008 in cui sono stati<br />
presentati da chi scrive i dati preliminari dello studio effettuato<br />
sui relitti eoliani, anticipati in Olcese 2007.<br />
15 Van der Mersch 1994.<br />
16 Notizia preliminare è stata data nei lavori precedentemen-<br />
te citati.<br />
17 I primi indizi sono stati confermati prendendo visione delle<br />
greco italiche di Pech Maho, nel 2000 grazie alla disponibilità<br />
di E. Gailledrat.<br />
18 Si vedano, a questo proposito, i testi di I. Iliopoulos e<br />
G. Montana sulle analisi mineralogiche nel cap. VI.<br />
19 La ricerca è stata argomento di una tesi di dottorato da<br />
parte di S. Buchner a cui si deve un contributo sul bollo<br />
ΜΑΜΑΡΚΟΣ, Buchner 1997.<br />
20 Olcese et al. 1996; Olcese 1999.<br />
21 Progetto Firb 2005-2010 a cui si è fatto cenno nella nota<br />
8.<br />
22 Spesso, infatti, non è sufficiente stabilire confronti morfologici<br />
o epigrafici, basandosi solo sulle pubblicazioni; la fitta<br />
rete di connessioni tra i materiali di Ischia, quelli di Napoli e<br />
di altri centri del Mediterraneo è venuta alla luce solo grazie<br />
alla visione diretta dei reperti e, in un secondo momento, grazie<br />
alle analisi di laboratorio. Gli studi sulle anfore tendono<br />
di solito a privilegiare l’aspetto tipologico o quello epigrafico<br />
(spesso di tratta di bolli apposti su anse frammentarie) e di<br />
rado le ipotesi archeologiche sono state sottoposte a verifica<br />
con analisi di laboratorio che amplificano notevolmente le<br />
possibilità interpretative dei dati.<br />
23 Grazie alla collaborazione di R. Gullo, già Direttore del<br />
Museo di Lipari, e dell’attuale Direttore M. Benfari, coadiuvati<br />
da N. Ollà.<br />
24 Si vedano i capitoli VII e IX di questo volume.<br />
25 Olcese 2004.<br />
26 De Caro, Giampaola 2004; Giampaola 2006; Febbraro,<br />
Giampaola 2009; Febbraro et al. c.s. a.<br />
27 “Campania” è stato utilizzato nel senso moderno del termine,<br />
per indicare l’area corrispondente grosso modo alla<br />
regione odierna.<br />
28 L’ipotesi dell’appartenenza di Ischia a Napoli in epoca<br />
ellenistica, in particolare nel periodo di diffusione delle greco<br />
italiche, è data quasi per scontata e comunque sostenuta<br />
da diversi studiosi (a titolo di esempio, Lepore 1952;<br />
Lepore in Storia di Napoli I); non è invece condivisa da M.<br />
Crawford che ritiene che Ischia facesse parte in questo<br />
periodo dell’ager publicus, dipendendo da Cuma (“I think<br />
Ischia was lost to Naples in the late 4 and was thereafter<br />
ager publicus assigned to Cumae” M. Crawford, comunicazione<br />
personale).<br />
29 Raviola 1995, p. 117; l’Autore ha delineato la funzione ricoperta<br />
da Pithecusa fin dalle origini, continuata nel corso<br />
del tempo.<br />
30 Il testo di W.D. Heilmeyer sullo scavo di S. Restituta è<br />
inserito nel volume in corso di preparazione.
“Il vino è ‘l’acqua di Ischia’, e per pasteggiare non se<br />
ne trova di migliore da Roma in giù. Non c’è dubbio<br />
che venga bevuto in tutta Europa (sotto altri nomi)<br />
come dimostra il grazioso spettacolo di tutti quei<br />
bastimenti battenti bandiere straniere che sgomitano<br />
nel piccolo porto circolare. Gusta allora il vino di ogni<br />
grado di latitudine dell’isola, dal dorato torrente delle<br />
mille botti di Forio al pallido ‘ichor’ color primula,<br />
nettare divino trasudato dalle uve di montagna. E<br />
prova anche i rossi…”<br />
(N. Douglas, da “Isole d’estate”, Napoli, Guida 1988)<br />
<strong>estratto</strong>
CAPITOLO II<br />
Il vino di Ischia<br />
II.1. Viti e vino a Ischia<br />
Il modo con cui Norman Douglas ha descritto il vino di Ischia illustra<br />
bene l’importanza che questo prodotto ha rivestito per l’isola<br />
nel corso del tempo. Al momento della vendemmia a Ischia sono<br />
dedicate anche le belle pagine di A. Maiuri, riportate alla fine del<br />
capitolo.<br />
Ancora oggi il paesaggio delle colture è piuttosto uniforme e caratterizzato<br />
principalmente dalla vite 1, la cui coltivazione è favorita<br />
dal clima e dai terreni vulcanici e, in tono minore, dal castagno<br />
(fig. II.1).<br />
Non è certo quando si sia diffusa la vite sull’isola, forse già<br />
dall’epoca della colonizzazione greca e forse già prima; “Agricoltura<br />
va intesa, a Ischia, nel senso di viticoltura e della vite segue<br />
gli alti e i bassi“ ricorda la Niola Buchner che ha dedicato a Ischia un dettagliato studio geografico “In ogni caso era<br />
sempre la coltura prevalente anche se fino al XVI secolo l’area occupata dalla boscaglia doveva essere più ampia,<br />
come testimoniano taluni autori, vi era nell’isola gran varietà di frutta ed ortaggi, oltre ai terreni vitati. Nella prima metà<br />
dello scorso secolo, comunque il dominio della vite era ormai da tempo assoluto…i traffici stessi erano, in passato,<br />
in funzione dell’attività agricola: infatti i velieri trasportavano vino da Lacco, Forio ed Ischia a Roma, attraverso Civitavecchia<br />
e a Genova” 2.<br />
A Ischia, quindi, la vite per molto tempo è stata la risorsa agricola principale e la produzione del vino ha occupato fino<br />
al secolo scorso una importante posizione nell’economia locale.<br />
Il forte legame tra Ischia e il vino emerge anche dallo studio della lingua: una recente ricerca condotta ha permesso<br />
infatti di recuperare nei dialetti di Ischia il “lessico” delle vigne, il linguaggio impiegato per definire le antiche<br />
tecniche rurali connesse alla coltivazione della vite 3.<br />
Alcuni toponimi rivelano il legame con il vino, ad esempio la località Maronti, il cui nome parrebbe indicare le<br />
grotte per la conservazione del vino 4. Ancora oggi tutta l’isola è disseminata,<br />
soprattutto nella parte interna, di tracce legate al mondo del vino,<br />
in modo particolare palmenti e cellai, attribuiti ad epoche recenti. Il nome<br />
stesso di Lacco si può collegare al greco λάκκος, che significa grotta,<br />
cantina 5.<br />
Fig. II.2: Donario di Aristeo (da Buchner<br />
1949-50, fig. 1).<br />
<strong>estratto</strong><br />
Fig. II.1: Vigneti di Monte Vico nell’area sovrastante<br />
Lacco Ameno.<br />
Strabone ha descritto l’eukarpia di Ischia, la fertilità della terra che facilita<br />
le coltivazioni 6; quella della vite è ricordata anche dalle fonti di età romana<br />
a proposito dell’ isola 7 e, più in generale, di altre zone della Campania 8.<br />
Un’iscrizione greca rinvenuta a Lacco Ameno, su un donario, contiene una<br />
dedica ad Aristeo, la divinità agricola particolarmente venerata in Eubea 9<br />
(fig. II.2).<br />
L’insediamento di Punta Chiarito, con più fasi abitative comprese tra l’VIII e<br />
il VI secolo a.C., recentemente scavato da C. Gialanella e S. De Caro, ha<br />
restituito una sorta di pigiatoio, un bacino in tufo di forma ovale con un versatoio, insieme ad anfore e a pithoi 10 (figg.<br />
II.3-4). Intorno sono state ritrovate una serie di fosse di piantagione di vigne e i buchi lasciati dai pali delle viti che<br />
dimostrano l’impianto precoce da parte dei coloni euboici 11.<br />
La fabbricazione di anfore, documentata dalla Di Sandro per l’epoca arcaica 12 e quella delle anfore greco italiche in<br />
età ellenistica, oggetto di questo stesso studio, oltre agli scarti di fornace di anfore tardo antiche provenienti sempre<br />
da Lacco Ameno, dimostrano che la produzione di vino è una costante della realtà produttiva dell’isola.<br />
Le anfore greco italiche sono infatti collegate alla produzione e alla circolazione del vino 13 che, come si è detto, da<br />
sempre, è un punto di forza dell’economia non solo dell’isola ma, più in generale, del Golfo di Napoli e della Cam-
18 c a p i to l o ii<br />
Fig. II.3: Pigiatoio di Punta Chiarito (da Brun 2004,<br />
p. 162).<br />
Fig. II.4: Pianta della casa di Punta Chiarito, VI secolo a.C.<br />
(da De Caro, Gialanella 1998).<br />
<strong>estratto</strong><br />
pania 14. Nella Campania felix aveva luogo la contesa tra Dioniso e Demetra (che rappresentano viticoltura e cerealicoltura),<br />
come riferisce Plinio che commenta però ut veteres dixere, lasciando immaginare che si trattasse di una<br />
realtà antica già ai suoi tempi 15.<br />
Intorno all’anno 1000 d.C. il monte Vico, che sovrasta l’area della basilica di Santa Restituta, era coperto di vigne e<br />
la coltivazione della vite è documentata a Lacco Ameno, Casamicciola, Fontana e Barano 16.<br />
La collina del Monte Vico a Lacco Ameno, viene descritta, nel rogito dell’anno 1036, redatto per indicare i terreni<br />
lasciati dal Conte Marino ai monaci benedettini di Lacco, come ammantata di vigne, “bineas”, con un casale con<br />
annesso un palmento “palmentum et subscetorium (la pietra del mosto) suum ibidem” 17 (si veda il paragrafo II.3).<br />
Nei pressi del casale “ad bicum”, sul Monte Vico, vicino ad abitazioni di epoca medievale nel cortile davanti a un<br />
cellaio, fu trovata una “grossa pietra molare”, utilizzata forse per pressare l’uva dopo la pigiatura 18.<br />
Le vigne sovrastano ancora oggi la zona occupata dal quartiere artigianale di Santa Restituta e l’area dove ora sorgono<br />
le terme dell’hotel Regina Isabella 19 (fig. II.1). Sono anche altri i siti in cui è coltivata la vite nello stesso periodo,<br />
tra esse la “vinea que nominatur de isco”, forse l’odierna “Jesca” nel comune di Serrara Fontana 20.<br />
Tutta la zona di Lacco, ancora nel XVI secolo, è occupata da viti e a questo proposito si parla di “territorium arbustatum<br />
et vitatum, in parte sterile et boscheto, sito in Casalis in Loco, ibi dicitur mezzavia” 21.<br />
Come ricorda il Monti, in una relazione del 1650 si legge, a proposito della Chiesa di Santa Restituta, “Il convento<br />
possiede…una vigna attaccata al monastero, d’un moggio circa, murata”; questa vigna secondo lo stesso Monti fu<br />
posseduta ininterrottamente dalle origini fino al 1866 22.<br />
Alla fine del 1500, Iasolino, l’autore dei Rimedi naturali che sono nell’isola di Pithecusa, descrive i vini della zona<br />
compresa tra Santa Restituta a Lacco e San Pietro a Pantanello: “si vede anco questa parte piena di verdeggianti<br />
giardini, e vigne, che producono Sorbigni e Grechi soavi” 23. L’Autore distingue tra “vini latini, vini leggeri non molto<br />
alcolici, prodotti da uve vendemmiate e subito premute e vini greci, fatti con uve essicate, con elevato contenuto di<br />
zucchero e per questo molto alcolici e robusti, tanto serbevoli da poter essere trasportati anche a distanza” 24.<br />
Il Capaccio, nel 1771, ricorda, a proposito di Ischia, “Graecum vinum, quod ex eius agro promitur, laudabile. Latinum,<br />
non contemnendum” 25; lo stesso autore ricorda che i vini ricavati dalle uve di San Montano venivano esportati a<br />
Roma e nel Mediterraneo: “Hanc aliqui laudem tribuunt S. Montano, et scopulis, qui D. Annae dicuntur. Hinc Romam,<br />
et ad loca mediterranea vina asportantur” 26.<br />
Ancora nel 1822 l’Ultramontano indica il vino come “la principale risorsa dell’isola, che è la produzione più adatta<br />
al suo suolo e alla sua esposizione. L’isola di Ischia è propriamente un solo grande vigneto. L’uva nera è in piccola<br />
quantità rispetto a quella bianca. Anticamente la si metteva tutta insieme, alla rinfusa, nel torchio, il che produceva<br />
un chiaretto poco pregiato, ma al presente si separa l’uva bianca dalla nera. I vini prodotti dall’isola di Ischia sono,<br />
per tre quarti, bianchi, secchi, più o meno generosi, ma non di lunga durata” 27.<br />
Recenti lavori, infine, permettono di raccogliere informazioni sulla coltivazione della vite e la produzione e il commercio<br />
del vino a Ischia 28. Sull’isola prevalgono le uve bianche e la zona in cui ci sono le uve migliori con le coltivazioni<br />
più intense è, alla fine dell’800, quella di Forio 29. Nella zona di Frassitelli la vite è coltivata in altura e dalle colline è<br />
trasportata a valle (figg. II.5-6).<br />
Il vino di Ischia mantiene una posizione importante fino agli anni ’40 del ’900 e tutta la vita dell’isola è dominata dalla produzione<br />
e dal commercio del vino. Numerose sono le immagini delle banchine piene dei “carri di castagno nuovi, riempiti di<br />
acqua di mare per il primo “abbonimento”, pratica antichissima che si ritrova negli scritti di diversi autori latini come Marco<br />
Porcio Catone e che serviva a “disinfettare” il legno, e probabilmente a far precipitare il tartrato delle pareti, evitandone il
Fig. II.5: Vigneto di<br />
Biancolella a Frassitelli,<br />
a picco sul<br />
mare (da Piancastelli<br />
2002, p. 35).<br />
Fig. II.6: Trasporto<br />
dell’uva appena raccolta<br />
lungo i tratturi<br />
sulla montagna (da<br />
Piancastelli 2002,<br />
p. 36).<br />
rimescolamento con il vino…i “carrati” impostati in file idonee venivano riempiti di vino<br />
trasportato dalla campagna in barili sistemati su carretti trainati da muli o asini o cavalli…I<br />
barili erano travasati nei carrati che, pieni, venivano caricati sul veliero che era<br />
affiancato alla banchina o in navi più grandi che per le loro dimensioni non riuscivano<br />
a entrare nel porto e rimanevano alla<br />
fonda fuori del porto stesso. Il traffico<br />
portuale era intenso ed esclusivo per<br />
il vino” 30 (figg. II.7-8).<br />
Don Pietro Monti raccontava che dal<br />
porto di Forio e da quello di Lacco<br />
Ameno partivano numerose imbarcazioni<br />
destinate al trasporto del<br />
vino, raccolto in botti sulle banchine.<br />
La vita delle famiglie locali era condizionata<br />
dalla riuscita dei raccolti, tanto<br />
che, ancora agli inizi del ’900, da<br />
essi dipendevano i matrimoni delle<br />
ragazze e l’entità della loro dote 31.<br />
II.2. Due modelli di coltivazione della vite a Ischia<br />
Fig. II.9: Sistemi di allevamento della vite in Campania:<br />
a) vite potata corta alla greca, b) alberata aversana<br />
di derivazione etrusca, c) sistema a “giogo” da cui<br />
è derivata la pergola (da Scienza, Boselli 2003, p. 24,<br />
fig. 4, con disegni tratti da diversi autori antichi).<br />
Fig. II.7: Barca in partenza da Ischia per il trasporto<br />
delle botti di vino, pronta per raggiungere Marsala.<br />
I siciliani utilizzavano il vino di Ischia, a bassa gradazione,<br />
per tagliare quello locale di gradazione<br />
maggiore (da Piancastelli 2002, p. 13).<br />
<strong>estratto</strong><br />
il v i n o d i i s c h i a 19<br />
Fig. II.8: Il trasporto del vino (da<br />
Di Iorio 2002, copertina).<br />
A Emilio Sereni dobbiamo il collegamento stabilito tra la coltivazione<br />
arbustiva della vite - la vite maritata con albero - e la viticoltura<br />
etrusca e tra la coltura della vite su palo - la vite jugata - e<br />
la colonizzazione greca in area magno greca e massaliota 32 (fig.<br />
II.9). Esiste infatti un doppio filone di tradizioni viticole italiche:<br />
uno di derivazione orientale, mediato dai Greci, e uno “autoctono”<br />
33.<br />
Le modalità di coltivazione della vite sull’isola di Ischia conservano<br />
traccia delle usanze del passato. Già il Monti ha dedicato<br />
pagine interessanti a tale coltivazione, praticata in due modi: “a<br />
spalliera e a pergolati perché rende più uva, come nell’interno<br />
del comune di Ischia e di Serrara-Fontana, oppure bassa e as-<br />
solata, perché le uve succose e quantitativamente inferiori, dessero maggiore gradazione al vino, come nei vigneti<br />
del comune di Forio, Lacco Ameno, Barano” 34.<br />
A Ischia persiste una divisione ideale dell’isola in due parti in cui la vite viene coltivata con sistemi diversi, che rispecchiano<br />
palesemente sistemi di coltivazione antica 35. La parte orientale, quella che va grosso modo da Castiglione<br />
ai Maronti è caratterizzata da una coltivazione alta su tutori morti di castagno - bassi (vinea), come nel napoletano<br />
(pratica collegata al mondo greco) 36. Nella parte occidentale, invece, ci sono forme di allevamento a sostegno vivo<br />
con alberello o spalliera detta “latina” (arbustum) 37, la vite “maritata all’albero”, privilegiato dalla viticoltura etrusca e<br />
romana (fig. II.10).<br />
La divisione dell’isola in due parti è sottolineata anche dalla piovosità differente, molto maggiore nella parte occidentale<br />
e più ridotta in quella orientale (quella di Pithecusa) 38 (fig. II.11).
20 c a p i to l o ii<br />
Fig. II.10: Tecnica di coltivazione<br />
della vite maritata ad<br />
un albero di sostegno, di derivazione<br />
etrusca e italica (disegno<br />
di C.F. Boetius, in J.M.<br />
Gesner, Scriptores Rei Rusticae,<br />
Lipsia 1735, in Ciacci,<br />
Zifferero 2007, p. 258).<br />
Fig. II.11: L’isola di Ischia: le zone climatiche (da<br />
Scienza, Boselli 2003).<br />
Così descrive C. Haller la coltivazione<br />
della vite a Ischia 39: “Nel vasto<br />
bacino di Campagnano, ed a Pieo,<br />
il ceppo di vite si arrampica liberamente<br />
sui pioppi più alti ma nel<br />
resto dell’isola si reprime il vigore<br />
del pampino e lo si sacrifica su di<br />
un sostegno, con la sola differenza<br />
che nelle vigne più in basso si lascia<br />
crescere di più il ceppo, che<br />
viene tenuto più corto man mano<br />
che il terreno s’innalza. Sui poggi<br />
che danno il vino migliore, i sostegni<br />
servono solo d’appoggio per una o<br />
due traverse, intorno alle quali si attorcigliano<br />
i pampini, crescono orizzontalmente<br />
a destra e a sinistra, e<br />
formano pergolati ad altezza d’uomo, di modo che vista dall’alto, la vigna sembra fatta<br />
come una rete. Ogni vigna è circondata da muretti fatti a secco, senza malta e, per la maggior parte, le vigne situate<br />
sul declivio delle colline, si compongono di un susseguirsi di terrazze più o meno strette, murate sul davanti, e innalzatesi<br />
per gradi le une sulle altre. Nei piccoli sentieri che portano a queste vigne recintate, lo straniero può errare per<br />
ore intere, come in un labirinto, tra due muri che gli impediscono di orientarsi”.<br />
Attualmente è impossibile risalire alle varietà di vitigno coltivate in antico a Ischia 40.<br />
Le viti aminee 41 sono tra le più importanti per la viticoltura campana e italica e anche tra quelle considerate peculiari<br />
dell’Italia 42, tra le poche note agli antichi, secondo Columella 43. L’origine dell’aminaios sarebbe infatti da cercare nel<br />
nord dell’Egeo e in epoca romana la vite aminea è coltivata “in Vesuvio monte surrentinisque collibus” 44, sulle pendici<br />
del Vesuvio 45 e nella zona di Cuma 46.<br />
La vite aminea era conosciuta per l’attitudine a essere coltivata su tutori vivi 47; in alcune zone dell’ager campanus, a<br />
Capua ad esempio, il vino è anadendrites, prodotto da viti maritate a albero 48, così come anche a Cuma 49, dove la<br />
“vite etrusca” era coltivata al “modo etrusco” 50.<br />
II.3. Le evidenze archeologiche relative alla produzione del vino a Ischia: i palmenti<br />
<strong>estratto</strong><br />
Nessun impianto di vinificazione in pietra o in muratura è stato ritrovato nelle colonie greche d’Occidente, tanto che<br />
si è ipotizzato che in Magna Grecia e Sicilia venissero utilizzati strumenti di legno51. Uno dei pochi esempi di aree dedicate alla produzione del vino è stato rinvenuto forse proprio a Ischia, nel villaggio<br />
di Punta Chiarito, datato agli inizi del VI secolo a.C., dove è stata portata alla luce la vasca ovale precedentemente<br />
ricordata (figg. II.3-4, v. paragrafo II.1).<br />
Alla trasformazione dell’uva in vino erano destinati in passato i pigiatoi, i cosiddetti palmenti (corrispondenti al<br />
calcatorium dei Romani), grandi vasche, con annesse vasche più piccole, che vengono utilizzate per pigiare l’uva<br />
e farla diventare mosto52. Numerose sono le tracce di pigiatoi rupestri, scavati nella roccia, che risalgono ad epoche<br />
differenti; in Italia ne sono segnalati in Etruria, nel Lazio, in Campania, in Calabria53 e in Sicilia54 (fig. II.12).<br />
L’interesse della ricerca archeologica nei confronti di questi spazi di trasformazione è piuttosto recente; studi in<br />
diverse aree stanno dando risultati interessanti55, anche se spesso la mancanza di reperti e di scavi stratigrafici<br />
rende difficoltoso l’inquadramento cronologico<br />
delle strutture utilizzate (e riutilizzate) per lunghi<br />
periodi di tempo.<br />
I palmenti di Ischia sono costituiti nei casi più<br />
semplici da due vasche rettangolari, una dove<br />
si mette l’uva e comunicante tramite un foro con<br />
un’altra vasca scavata più in basso dove scorre<br />
il mosto (figg. II.13-14). Alcuni palmenti di Ischia<br />
hanno invece tre vasche, due sopraelevate e<br />
simmetriche, comunicanti con la terza vasca posta<br />
più in basso56. Fig. II.12: Pigiatoi di Petralia Sottana (PA) (da Mingazzini 1940).
Tutta l’area centrale dell’isola<br />
d’Ischia, dominata dalla presenza<br />
del Monte Epomeo, è caratterizzata<br />
da palmenti scavati<br />
nel tufo e in massi staccati dalla<br />
montagna, alcuni nel Bosco<br />
della Falanga (figg. II.15-16),<br />
altri sulla costa occidentale,<br />
nell’area di Cartaromana 57.<br />
Uno dei più imponenti e probabilmente<br />
anche dei più antichi,<br />
utilizzato in diverse epoche, è<br />
proprio il palmento del Bosco<br />
della Falanga, scavato nella<br />
roccia. Mancano ricerche mirate<br />
a una precisa datazione<br />
di questa interessantissima<br />
struttura, che risulta analoga<br />
ad altre rinvenute in Calabria e<br />
in Sicilia 58. La presenza di palmenti<br />
nel Bosco della Falanga Fig. II.13-14: Le vasche dei palmenti del Bosco della Falanga.<br />
Fig. II.15-16: Palmento scavato nel tufo nel Bosco della Falanga (fig. II.15: foto di A. D’Ambra).<br />
si riallaccia ad un momento in cui il vigneto occupava il posto che<br />
oggi occupano i castagni 59.<br />
Gli insediamenti rurali umani di Ischia, le “case di pietra”, abitazioni<br />
scavate nel tufo e nei massi caduti dall’Epomeo, e i cellai, le cantine<br />
scavate nel tufo dove il vino viene conservato, vengono fatti risalire<br />
al XV secolo 60; insieme ai palmenti costituiscono l’architettura rurale<br />
dell’isola 61 (fig. II.17).<br />
In realtà, già negli atti del periodo compreso tra il 1001 e il 1048 62,<br />
si ricorda l’esistenza a Ischia, nel casale “qui nominatur ad bicum”,<br />
di un palmentum e di un subscetorium, una vasca per il mosto, che<br />
si trovava in mezzo alle vigne 63. Una ricerca sulla presenza di tali<br />
strutture anche nell’antichità è ancora da affrontare 64.<br />
il v i n o d i i s c h i a 21<br />
Fig. II.17: Casa di pietra scavata nel tufo.<br />
<strong>estratto</strong>
22 c a p i to l o ii<br />
Vendemmia a Ischia<br />
Per meglio riaffermarmi allanima dellisola, abbandono le<br />
strade e i luoghi balneari e termali, e vado a vedere lultima<br />
vendemmia lungo i sentieri che discendono dai castagneti<br />
di Barano, di Serrara e di Buonopane, alle sabbie bollenti<br />
della marina di Maronti, allincanto gemmato del promontorio<br />
di S. Angelo. Sono in buona compagnia: il padre zoologo<br />
illustre, il figlio paleontologo e tutti e due conoscitori come<br />
pochi delle vicende geologiche dellisola; simbiosi familiare<br />
scientifica perfetta; il che non impedisce alla nostra piccola<br />
brigata di aver occhi e senso per la bellezza della giornata<br />
vendemmiale.<br />
Seguiamo uno dei sentieri più inconsueti, più dirupati<br />
che precipita a mare sulla cresta di un costone fra burroni<br />
profondi. Tutto il fianco dellisola è ricoperto da un gran banco<br />
alluvionale di materiale vulcanico disceso dallEpomeo e<br />
sedimentato sulle antiche lave e sui tufi originari: materiale<br />
rassodato in altri banchi di conglomerato tufoide, ma<br />
corrugato e tormentato da lento o violento lavorio delle<br />
acque. È il regno sovrano delle erosioni, dei cedimenti, delle<br />
frane. Un costone eroso dalle acque ci appare di un biancore<br />
accecante di nevaio, trasformato in una selva di picchi di<br />
ghiacciaio; ma sono guglie effimere; fan leffetto di un giuoco<br />
di birilli vetrosi che a passarci in mezzo debbano infrangersi.<br />
La punta della guglia è protetta da un ciottolo fluitato, da<br />
una bomba trachitica, da un arboscello rinsecchito; se cade<br />
quello schermo, anche la guglia franerà, si squaglierà al<br />
suolo come un nevaio che si liquefaccia. Su una di quelle<br />
guglie un giovane alunno della mia dotta guida che aveva<br />
pratica di alpinismo, riuscì a raccogliere il fondo dì un dolio<br />
romano: segno che un tempo quel dolio, o che fosse in quel<br />
luogo o che vi fosse scivolato dallalto, aveva trovato il terreno<br />
pianeggiante tanto da potervi sostare: testimone quel coccio<br />
del profondo sconvolgimento avvenuto dalletà romana ad<br />
oggi. In un terreno siffatto i sentieri diventano canaloni, rughe<br />
chiuse fra ripe e muraglie; a volte il cammino è fessura e<br />
frattura scavata dal piccone fra due pareti altissime sul<br />
filo tagliente di una cresta, ed è naturale che per vincere<br />
un appiombo sincavi una scalinata da cordata, o che per<br />
mettere in comunicazione due valloni profondi, lingegnosità<br />
dei villici abbia risolto un arduo problema di collegamento<br />
con lapertura laterale dun cunicolo, con la perforazione dun<br />
costone, con il taglio dun fornice.<br />
Su questo terreno sconvolto, franoso, bibulo come una<br />
pomice, asciutto come unesca, rosolato dal sole e dal<br />
vento marino, fatto tepente dai bollori sotterranei, dal calore<br />
segreto che vi corre dentro come il sangue nelle arterie,<br />
alligna sovrana la vite: tutto il gran declivio del monte non<br />
è che un immenso vigneto. Vigne dovunque: basse, a filari,<br />
appoggiate ad umili canne o a pertiche, che non vè luogo<br />
qui per lussuosi maritaggi con lolmo ed i pioppi della pingue<br />
pianura, né sulle anguste terrazze o sulle groppe scoscese<br />
dei costoni; né sul pendio precipite tagliato ad alti gradoni<br />
tanto da dar piede ad un solo filare alla volta; né sulle frane<br />
sprofondate appena vi si sia aperta un po di radura; né tra<br />
le fosse dun burrone o in cima a un greppo da capre a far<br />
amorosa contesa con il verde e loro delle ginestre. E vi<br />
si arriva, come Dio vuole, per qualcuno di quei sentieruoli<br />
appesi, appoggiati alla parete del monte come lo scalillo dei<br />
vendemmiatori, o attraverso un camminamento in trincea, o<br />
per via di qualcuno di quei cunicoli che risolvono allegramente<br />
un problema di viabilità con un foro e un pertugio nella roccia<br />
tenera del monte. Un paesaggio che dovrebbe apparirvi<br />
nellorrore degli scoscendimenti e delle frane squallido in<br />
quel candore accecante di terra combusta, e che vi appare<br />
invece tutto raddolcito da quel manto frondoso di viti.<br />
È lultima vendemmia, e incontriamo frotte di giovanetti e<br />
di ragazze che risalgono il sentiero con il carico delle uve<br />
già infrante dalla prima rinsaccata; i ragazzi con la tina sulla<br />
spalla retta dallappoggio del braccio e dalla presa della mano<br />
passata ad arco sul capo; le donne con la tina equilibrata sul<br />
cercine dei capelli, mute e gravi, con gli occhi socchiusi come<br />
per reggere meglio allo sforzo; qualche bestia someggiata<br />
arranca verso il paese con le tine conformate a guisa del<br />
basto da soma e che qui chiamano con un vocabolo poco<br />
allegro: tavùto, chè la cassa da morto.<br />
Le viti sono già spoglie e lafrore del mosto esala dal chiuso<br />
dei cellai. Entriamo a caso in una vigna deserta quasi<br />
nascosta tra le rughe dun costone e davanti alla porta del<br />
cellaio franato, tra macerie di pietre e impannate divelte,<br />
pende da una pergola poggiata contro la parete di tufo, un<br />
prodigio di grappoli dorati, intramezzati da un ramo di cotogne<br />
verdastre di unacerbità così aspra da sembrar dispettosa,<br />
quasi di zitelle inacidite in mezzo a quel colore succulento e a<br />
quellumore stillante di uve già sfatte e tormentate dal ronzio<br />
goloso delle vespe.<br />
E luomo qui conserva una sua pura e semplice primitività di<br />
vita: né case, né ville, né fattorie interrompono quella purezza<br />
di contorni; case e cellai sono le grotte scavate nel grembo<br />
del monte. E tutto il monte appare perforato da tane e caverne<br />
come una necropoli sicula delletà del bronzo. È uno degli<br />
aspetti più tipici della vita rurale ischitana, ereditata chissà da<br />
quale remota antichità, ed è forse la ragione per cui manca<br />
ad Ischia una tradizione dellarchitettura paesana altrettanto<br />
nobile quanto a Capri; alla vita dei campi basta la grotta chè<br />
cellaio, palmento, cisterna e capanna di custodia.<br />
Si aprono come celle eremitiche, come oratori paleocristiani,<br />
come grotte e santuari del primo evo bizantino nella parete<br />
tufacea del monte; la porta incavata generalmente entro un<br />
più grande arcone, ha a fianco la nicchietta per la posa del<br />
lume; chiusa da cancelli palificati con la stessa arte rude<br />
del chiuso delle mandre e rinforzata da piuoli e da stecche<br />
e decorata di ragnateli fuligginosi che, se non completano<br />
lapparato di difesa, aggiungono unaria di solenne vetustà; a<br />
fianco, sugli stipiti, due grandi crocioni tinti a calce; valgono a<br />
tener lontano i ratti di campagna che in quel biancore vedono<br />
chissà quale pericolo e quale minaccia. Linterno tutto a volta<br />
e ad arcosoli da ipogeo cimiteriale, spesso quasi basilicale,<br />
ha da un lato il palmento e la vasca per la premitura delle uve<br />
e la raccolta del mosto, e in locale più ampio il cellaio per le<br />
botti; il letto su di un graticciato di pertiche di castagno in un<br />
rincasso della parete; la cisterna ben occultata; le provviste di<br />
bocca messe al sicuro in una corba sospesa ad una trave; la<br />
luce filtra a fatica attraverso le serrande e i ragnateli della porta<br />
e, dovè possibile, da qualche segreto forame aperto nelle<br />
pareti del monte. Il vino imbottato, dopo essersi crogiolato al<br />
sole, fermenta e matura, ha la sua seconda vita nel grembo<br />
della terra; quando lo spillano ed esce da quel tenebrone, ha<br />
ancora tanto sole e calore, da risplendere ambrato. […]<br />
Lettera da Ischia n. 9/1967,<br />
da La rassegna di Ischia 2007 n. 5<br />
<strong>estratto</strong><br />
Amedeo Maiuri<br />
Fig. II.18 Bassorilievo con scena di vendemmia murato nella<br />
parete di un albergo di Lacco Ameno.
NOTE<br />
1 Niola Buchner 1965, p. 105.<br />
2 Niola Buchner 1965, pp. 98-99.<br />
3 M. Di Salvo in D’Ambra et al. 2006.<br />
4 Scienza, Per una storia della viticoltura campana, p. 5 (da<br />
internet). L’Autore, che ha ripreso parte dello studio in Scienza,<br />
Boselli 2003, ritiene che il nome della località “maronti”<br />
derivi da un lemma preario maran/maron, senza tuttavia dare<br />
indicazioni più specifiche in proposito.<br />
5 Nell’accezione di cellier il termine è usato da Machon di<br />
Corinto (Chreiai, Ateneo 579 c) e da Aristofane, Assemblea<br />
delle donne, verso 154, in relazione a una vendita di bibite,<br />
come ricorda Salviat 1986, p. 179.<br />
6 Strabone V, IV.9.<br />
7 Plinio N.H. XXXI 5, 9; Stazio Silvae III, 5,104.<br />
8 In Mele 2000 sono elencate le fonti relative alla penisola<br />
sorrentina, Pompei e l’area vesuviana, Neapolis, Cuma e Capua:<br />
Catone VI, 4 e VII, 2; Varrone I, 25 e 58; Strabone V, 4,<br />
3, 243; Plinio N.H. XIV, 35.38.47.62.64.65.69.70; Columella,<br />
III, 2, 10; Ateneo I, 265, D.<br />
9 Buchner 1949-50.<br />
10 De Caro, Gialanella 1998; Brun 2004.<br />
11 Iliade II, 537; Teognide, 783-88; Sofocle F 255 Radt, per<br />
fare solo qualche esempio. Si vedano a questo proposito le<br />
osservazioni in Mele 2000, p. 39.<br />
12 Di Sandro 1986; per una possibile produzione delle anfore<br />
in epoca ancora precedente, Durando 1998.<br />
13 Le anfore definite greco italiche sono state collegate alla<br />
produzione del vino, anche se non è escluso che venissero<br />
impiegate anche per trasportare altri prodotti, come del resto<br />
hanno dimostrato i rinvenimenti del relitto della Secca di Capistello:<br />
alcune delle anfore contenevano, come si è detto,<br />
anche semi, presumibilmente di uva e di olive e fibre di origine<br />
sconosciuta, Frey et al. 1978, p. 289.<br />
14 Polibio (III.91,2) ricorda la pianura campana per la sua<br />
fertilità, in riferimento all’età annibalica; Dionigi d’Alicarnasso<br />
VII, 3, 2, ricorda l’area campana come polykarpotate. Per le<br />
fonti sui vini della Campania,Tchernia 1986, pp. 324-335.<br />
15 Plinio III, 60 in Mele 2000, pp. 39 e seguenti.<br />
16 Monti 1991, p. 24 che riporta parte del rogito del Conte<br />
Marino e della Contessa Teodora del 12 maggio 1036.<br />
17 Il documento, visionato e in parte riportato da Don Pietro<br />
Monti (in Monti 1980, p. 501 e seguenti; Monti 1991, p. 24), è<br />
conservato nei Regii Neapolitani Archivii Monumenta, Napoli<br />
1949.<br />
18 Monti 1980, p. 503 nota 3 che cita V. Marone, Memorie su<br />
l’isola di Ischia, p. 47. La pietra fu trasportata da Don Monti<br />
- che la credeva però una pietra per macinare le olive - nelle<br />
sale del Museo di Santa Restituta.<br />
19 Monti 1980, p. 503.<br />
20 Monti 1980, p. 506.<br />
21 Monti 1980, p. 505, nota 6, si tratta della zona di Mezzavia,<br />
sede di importanti ritrovamenti archeologici.<br />
22 Monti 1980, p. 513, nota 19.<br />
23 Iasolino 1588, citato da A. Monaco in Ambra et al. 2006.<br />
24 Iasolino 1588; A. Monaco in D’Ambra et al. 2006, p. 102.<br />
25 Capaccio 1771, Liber Secundus, p. 186.<br />
26 Capaccio 1771, Liber Secundus, p. 185.<br />
27 Haller 1822 (Tommaselli 2005), pp. 87 e seguenti.<br />
28 Scienza, Boselli 2003; D’Ambra et al. 2006.<br />
29 Frojo 1876.<br />
30 A. Monaco in D’Ambra et al. 2006, pp. 104-105.<br />
<strong>estratto</strong><br />
il v i n o d i i s c h i a 23<br />
31 Comunicazione personale di Don Pietro Monti.<br />
32 Sereni 1965 e 1981; Mele 2000, p. 42.<br />
33 Scienza, Boselli 2003; Braconi 2007, pp. 161 e seguenti.<br />
34 Monti 1991, p. 51.<br />
35 Scienza, Boselli 2003.<br />
36 Scienza, Boselli 2003, p. 24; si ipotizza che la persistenza<br />
del termine di origine focese charax per indicare il palo per la<br />
vite, diffuso dai Massalioti, sia riscontrabile fino al Mar Ligure,<br />
in Veneto e in Emilia (Scienza, Boselli 2003, p. 26).<br />
37 Scienza, Boselli 2003, p. 26.<br />
38 Scienza, Boselli 2003.<br />
39 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 87.<br />
40 Un elenco delle varietà di vite attestate a Ischia si trova<br />
in D’Ascia 1867; sull’argomento si veda anche Monaco in<br />
D’Ambra et al. 2006, pp. 85 e seguenti.<br />
41 Voce Aminea, in RE I, II, coll. 1835-1837.<br />
42 Catone VI, 4 e VII, 2; Varrone I, 25 e 28; Columella III, 2,<br />
7-10; Plinio N.H. XIV, 21-22, 46-47; Palladio III, 9, 3-4; Geoponica,<br />
II, 46, 3; VIII, 22, 1.<br />
43 Columella III, 9, 3; l’informazione è riportata in Mele 2000,<br />
p. 41; per le amineae si veda anche s.v. vinum, Daremberg,<br />
Saglio 1873, vol. 9 pp. 912; s.v. Aminea, RE I, II, col. 1835.<br />
44 Plinio N.H. XIV, 22.<br />
45 Columella III, 2; Plinio N.H. XIV,4. Un’anfora riporta l’iscrizione<br />
am(i)neu(m) Campan(um), Bull. Comunale 1879, p. 56.<br />
46 Varrone I, 58 (aminaea minor) e Plinio N.H. XIV, 47; Ateneo<br />
I, 26.<br />
47 Scienza, Boselli 2003, p. 34.<br />
48 Polibio XXXIV, 11.<br />
49 Plinio N.H. XIV, 21 e Columella III, 2, 9.<br />
50 Mele 2000, p. 42.<br />
51 Brun 2007, p. 56.<br />
52 I pigiatoi potevano essere anche in argilla oppure in muratura,<br />
cementati con la malta e rivestiti di uno strato di malta,<br />
forse a partire dall’epoca tardo repubblicana, oppure in legno<br />
(Brun 2007, p. 58).<br />
53 Brun 2007, pp. 55 e seguenti.<br />
54 Van der Mersch 1994, p. 35: si tratta del “fouloir” di Petralia<br />
Sottana (Pa).<br />
55 A titolo di esempio si veda la ricerca condotta sui palmenti<br />
di Ferruzzano, in Calabria, Sculli 2002.<br />
56 Niola, Buchner 1965, p. 95.<br />
57 D’Arbitrio Ziviello, Ziviello 1982.<br />
58 Per la Calabria, Sculli 2002, per la Sicilia Mingazzini 1940,<br />
van der Mersch 1994, pp. 34-36.<br />
59 Niola Buchner 1965, p. 97.<br />
60 D’Arbitrio Ziviello, Ziviello 1982, p. 15.<br />
61 Niola Buchner 1965, pp. 88 e seguenti; D’Arbitrio Ziviello,<br />
Ziviello 1982.<br />
62 Monti 1991, p. 24 che riporta un passo di B. Capasso,<br />
tratto dai Regesta Neapolitana (Capasso 1892).<br />
63 Regii Neapoletani Archivi Monumenta edita ac illustrata,<br />
vol. IV (1001-1048), Neapolis 1854, pp. 269-273, riportato in<br />
Monti 1991, pp. 25-26.<br />
64 Sono state effettuate ricognizioni preliminari nel Bosco<br />
della Falanga, per approfondire lo studio di queste interessanti<br />
strutture.<br />
Nel Museo del contadino dell’isola di Ischia della famiglia<br />
D’Ambra è ricostruito un palmento con una proposta della<br />
tecnica di vinificazione, comprendente la pigiatura, la raccolta<br />
del mosto e la torchiatura, con un metodo usato fino alla<br />
metà del secolo scorso (per il vino di Ischia in epoca moderna,<br />
D’Ambra et al. 2006).
Tipo III e III-IV Tipo IV Tipo V e V-VI<br />
Tipo VI<br />
Reperti dall’area delle fornaci di S. Restituta<br />
(Lacco Ameno)<br />
Tipologia preliminare delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo.<br />
Scarico Gosetti<br />
(Monte Vico)<br />
Necropoli<br />
(San Montano)<br />
<strong>estratto</strong>
CAPITOLO III<br />
Le anfore greco italiche antiche di Ischia<br />
III.1. Le fornaci di Santa Restituta e le anfore greco italiche<br />
Se la produzione di vino nel Golfo di Napoli è un fatto noto da tempo, mancavano fino ad ora i dati archeologici, archeometrici<br />
ed epigrafici necessari a individuare e a caratterizzare le anfore locali di età ellenistica 1.<br />
La fabbricazione di anfore a Ischia è documentata già nella seconda metà dell’VIII e nel VII secolo a.C. 2. Una recente<br />
indagine, basata anche su metodi di laboratorio, ha dimostrato che le anfore di Pithecusa tipo A dalla necropoli di<br />
San Montano 3 hanno composizioni compatibili con la situazione geologica locale; anche quelle di tipo B 4 sono state<br />
prodotte localmente ed esportate nel Lazio, in Campania, in Sicilia e in Sardegna nel VII e nel VI secolo a.C. 5<br />
Scarti di anfore di epoca tardo antica, raccolti a Lacco Ameno dall’altra parte della piazza rispetto alla Chiesa di Santa<br />
Restituta ed esposti da Don Pietro Monti nel Museo (fig. III.9f), testimoniano a favore di una continuazione della<br />
produzione anche in epoca più recente 6.<br />
Il quadro che emerge è quello di una produzione di contenitori, probabilmente vinari 7, prolungata nel tempo.<br />
Poiché pare comunemente accettato che la maggior parte delle anfore che erano prodotte in un sito erano destinate<br />
a trasportare un prodotto originario di quello stesso sito 8, la produzione di vino di Ischia, di cui si è parlato nel capitolo<br />
precedente, è evidentemente rimasta una risorsa dell’isola nel corso dei secoli.<br />
Una prima descrizione dei forni di Santa Restituta di Lacco Ameno è già stata anticipata nel Bollettino di Archeologia<br />
del 1996 9 e la pubblicazione definitiva dell’area artigianale è prevista per il volume successivo a questo 10.<br />
Gli scavi da cui provengono le anfore occupano una superficie di 1500 mq circa, al di sotto dell’odierna Basilica<br />
di S. Restituta sulla piazza principale di Lacco Ameno, alle falde nord-orientali del Monte Vico e a pochi passi dal<br />
mare. Sono stati individuati i resti di sette fornaci (fig. III.1), anche se è possibile ritenere che ne dovessero esistere<br />
altre, oltre ad una fornace destinata alla produzione della calce. Della fornace n. 6 si conservano in realtà solo<br />
i resti dei muri esterni; la fornace non è stata scavata perché si trova sotto la casa adiacente la piazza di ingresso<br />
alla basilica.<br />
I resti conservati sotto la chiesa di Santa Restituta corrispondono con tutta probabilità a una parte del kerameikos<br />
di Pithecusa, la cui estensione copriva una superficie molto maggiore, allargandosi verso il porto, la spiaggia e, in<br />
parte, anche verso la piazza.<br />
La posizione del quartiere artigianale corrisponde pienamente alle condizioni previste e generalmente riscontrate<br />
anche nel mondo greco per le aree di produzione di anfore 11:<br />
• la presenza di materia prima facilmente recuperabile<br />
L’abbondanza di materia prima argillosa di qualità a Ischia è conosciuta 12.<br />
• L’esistenza di vigneti nelle vicinanze<br />
Tutta la zona di Monte Vico, che sovrasta il quartiere artigianale, è ricoperta ancor oggi da vigneti (si veda il<br />
capitolo II).<br />
• La facilità di far circolare le anfore<br />
Il quartiere artigianale si trova in prossimità della riva di una delle insenature più protette di Lacco Ameno. Timeo<br />
ricorda che “la maggior parte dei Sibariti possiede celliers vicino al mare, dove il vino viene fatto confluire<br />
dai campi attraverso una canalizzazione: una parte è venduta fuori dal territorio, una parte è condotta alla città<br />
attraverso battelli” 13.<br />
• La vicinanza di un centro urbano o di un villaggio<br />
Il quartiere artigianale è inserito nell’area abitata anticamente, alle falde del Monte Vico.<br />
<strong>estratto</strong><br />
Ancora agli inizi del ventesimo secolo tutta la costa tra Lacco e Casamicciola era disseminata di fornaci ceramiche,<br />
che oggi non esistono più 14 (fig. III.2).
26 c a p i to l o iii<br />
4<br />
7<br />
6<br />
2<br />
5<br />
Fig. III.1: Pianta del quartiere artigianale sotto la basilica di Santa Restituta: A deposito di argilla; B spazio per lasciugatura delle<br />
tegole; C area di lavorazione per largilla; 1-7 fornaci (da Olcese et. al. 1996, rilievo di A. Maifreni).<br />
1<br />
3<br />
<strong>estratto</strong>
Fig. III.2: Casamicciola, località Perrone: fabbricazione di ceramica (da<br />
Buchner 1994, p. 42 fig. 1, foto Alinari fine ’800 o inizi ’900).<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 27<br />
A Ischia, per ora, è noto solo il quartiere artigianale<br />
di S. Restituta, anche se notizie riportate<br />
da Don Pietro Monti lasciano intravedere la<br />
possibilità di altre aree di produzione sull’isola,<br />
ad esempio nella zona di Cartaromana 15, in<br />
epoca probabilmente più recente.<br />
Se la realtà delle isole greche in età ellenistica<br />
può costituire un modello - basti pensare a<br />
Thasos dove sono state individuate almeno una<br />
ventina di officine 16 - è probabile che anche a<br />
Ischia esistessero altre fornaci, concentrate o<br />
disseminate sul territorio, per sfruttare le zone<br />
ricche di materia prima.<br />
Di grande interesse anche il caso di Rodi, in<br />
cui la Perea - cioè la sua estensione continentale<br />
- e le piccole isole che integrano il territorio<br />
dell’isola principale hanno fornito la maggior<br />
parte delle anfore, destinate al contenimento<br />
del vino rodio 17.<br />
Il periodo di utilizzo del quartiere artigianale di Santa Restituta copre un arco di tempo molto lungo, come la termoluminescenza<br />
ha confermato, dalla metà/fine dellVIII secolo a.C. (fornace 1) al III/ II secolo a.C. (fornaci verso la<br />
piazza) 18.<br />
La fornace più antica è la prima (n. 1), a pianta circolare e pilastrino a croce, all’interno della quale è stata trovata<br />
ceramica datata all’epoca tardo geometrica (fig. III.3).<br />
La fornace n. 2 e la n. 7 sono successive e tra loro contemporanee. Le fornaci nn. 3, 4, 5 e 6 sono coeve e probabilmente<br />
databili al periodo compreso tra il IV ed il III secolo a.C. (figg. III.1, III.4, III.5a-b).<br />
Le fornaci nn. 2 e 3 (figg. III.1, III.3), sottoposte a interventi di rifacimento e modifica, hanno restituito reperti di età<br />
tardo classica ed ellenistica.<br />
2<br />
Fig. III.3: Scavo delle fornaci di Santa Restituta: 1 - fornace circolare n. 1, 2 - fornace rettangolare n.<br />
2, 3 - asciugatoio con tegole in situ (rilievo: A. Maifreni, F. Cortiana).<br />
1<br />
3<br />
<strong>estratto</strong>
28 c a p i to l o iii<br />
Fig. III.4: Scavo delle fornaci di Santa Restituta: fornaci nn. 4 e 5 (rilievo A. Maifreni).<br />
4<br />
<strong>estratto</strong><br />
Fig. III.5a-b: La fornace<br />
n. 4.<br />
Oltre ai forni esiste un’area per la lavorazione dell’argilla (collegata forse alla fornace n. 2) (fig. III.1, C), con vaschette<br />
e i cui muri sono costituiti da tegoloni; all’interno dell’area sono stati rinvenuti alcuni mortai.<br />
Un ulteriore spazio (da collegare probabilmente alla fornace n. 3) era dedicato all’asciugatura delle tegole (alcune<br />
sono documentate ancora in situ) ed era coperto da una tettoia, retta da pali di legno di cui restano oggi i fori (fig.<br />
III.1, B e III.3).<br />
Nel corso del tempo il quartiere artigianale sembra essersi gradatamente spostato dalle falde nord-orientali del Monte<br />
Vico, in cui è quasi incassata la fornace più antica rimasta, la n. 1, verso la zona in cui si trova oggi il cortile della<br />
5
Fig. III.6: Sostegni di argilla per la cottura delle<br />
anfore.<br />
Fig. III.7: Frammenti diagnostici di anfore greco<br />
italiche da Ischia, Santa Restituta (foto a<br />
sinistra e prima foto in alto a destra) e scarico<br />
Gosetti (seconda e terza foto a destra).<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 29<br />
chiesa e la piazza, dove sono stati individuati alcuni resti delle fornaci probabilmente più recenti (fig. III.1, fornaci n.<br />
5 e n. 6).<br />
Nell’area di Santa Restituta i frammenti di anfore arcaiche sono pochi, così come è bassa la percentuale di anfore di<br />
epoca ellenistica di importazione dal mondo greco (si tratta di alcuni frammenti di anfore rodie).<br />
Durante il riesame del materiale dei vecchi scavi sono state rinvenute invece alcune centinaia di frammenti di anfore<br />
greco italiche, tra cui qualche scarto di fornace, colli e pareti afflosciate (fig. III.9a-e) e alcuni grossi cilindri di argilla<br />
destinati probabilmente a sostenere le anfore durante la cottura (fig. III.6); nei pressi del forno n. 3 è rimasta anche<br />
della sabbia utilizzata probabilmente come degrassante per la fabbricazione dei recipienti.<br />
I frammenti diagnostici sono pochi (si vedano le tavv. 1-10). Si tratta soprattutto di anse bollate, alcuni orli e puntali<br />
cilindrici cavi, pareti (fig. III.7). Il materiale è frammentario e non sempre è possibile stabilire a quale tipo appartengano<br />
le anfore: i tipi documentati sono il III, il IV, una forma di passaggio tra il IV e il V, forse il V 19, il V/VI e il VI (queste<br />
ultime in quantità apparentemente inferiori) della classificazione del van der Mersch 20. Determinare il tipo delle anfore,<br />
quando il materiale è così frammentario, è talora complesso 21.<br />
Abbondano le anse prevalentemente frammentarie e spesso bollate. Solo in pochi casi è stato possibile associare<br />
un bollo a un tipo preciso di anfora (si veda infra) anche se l’ampliamento della ricerca ad altri contesti ha in qualche<br />
caso permesso di risalire alla tipologia del contenitore.<br />
I bolli impressi su anse e provenienti dalle diverse aree di Pithecusa sono oltre trecento e riportano nomi greci (di probabile<br />
origine ionico-euboica) e oschi, scritti in greco 22 (fig. III.9g-n); rivelano che i personaggi erano Pitecusani e Neapolitani<br />
di vecchio ceppo coloniale, ma anche Campani o Sanniti 23 (si vedano a questo proposito i capitoli IV e V).<br />
La fornace che ha prodotto anfore è probabilmente la numero 3 (fig. III.1, n. 3), di proporzioni maggiori e dove sono<br />
stati recuperati alcuni scarti oltre che una concentrazione di anse bollate (tra cui si annoverano ΠAΡ, ΞEN, EΛ, XAP,<br />
il bollo APΣT o APIΣT in cartiglio ovale).<br />
Tra i bolli più attestati nell’area di Santa Restituta ci sono ZΩ (documentato anche su tegole 24) e ΠAP, pertinenti<br />
probabilmente ad anfore tipo IV, che sembrano documentare una produzione contemporanea o comunque vicina nel<br />
tempo di questi bolli.<br />
Incollata sul piano della fornace 5 è stata rinvenuta invece un’ansa con bollo ΞEN TPE<br />
(fig. III.9e).<br />
È possibile che anche la fornace 4, probabilmente più recente, abbia prodotto anfore:<br />
un collo, appartenente al tipo VI, è stato ritrovato sul piano di combustione ma<br />
potrebbe trattarsi di materiale finito lì casualmente 25 (fig. III.8)<br />
L’abbondante ceramica di fabbricazione locale, riportabile ad epoche diverse, ha for-<br />
Fig. III.8: Anfora greco italica<br />
tipo VI dalla fornace n. 4.<br />
<strong>estratto</strong><br />
nito una base ideale per le indagini di laboratorio. Nelle fornaci di S. Restituta, durante<br />
l’epoca ellenistica, si producevano ceramiche comuni e fini, laterizi e pesi da telaio
30 c a p i to l o iii<br />
Scarti di fornace e anse bollate di anfore da S. Restituta<br />
a b c<br />
d<br />
e f<br />
g h i<br />
l m n<br />
<strong>estratto</strong><br />
Fig. III.9: a-e. Scarti di fornace di anfore greco italiche da S. Restituta (e. ansa con bollo ΞEN TPE che aderiva al piano della fornace<br />
5, cat. I B.159); f. scarto di fornace di anfora tardo antica nel museo di S. Restituta (da Monti 1991, fig. 45); g-n. anse bollate<br />
dall’area di S. Restituta.
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 31<br />
bollati 26, materiali che, sottoposti ad analisi chimica (XRF) e mineralogica insieme all’argilla, hanno fornito i dati di<br />
riferimento indispensabili per caratterizzare le anfore prodotte localmente 27.<br />
I bolli e le anfore che costituiscono il catalogo finale provengono da tre siti diversi di Lacco Ameno: 1) dall’area delle<br />
fornaci sotto la chiesa di Santa Restituta (la maggior parte); 2) dallo “scarico Gosetti” 28, sulla collina dell’acropoli; 3)<br />
dalla Necropoli di San Montano (dalle tombe ellenistiche).<br />
Mentre i reperti dell’area di Santa Restituta sono piuttosto omogenei come tipologia, impasto (e anche i bolli si ripetono),<br />
quelli delle altre aree - non produttive - in modo particolare quelli dello scarico Gosetti, hanno talvolta caratteristiche<br />
morfologiche e di impasto differenti 29 e potrebbero rappresentare anche anfore prodotte altrove, non è chiaro<br />
se a Ischia o in altri siti del Golfo e/o in area tirrenica centrale.<br />
Le analisi di laboratorio hanno facilitato l’attribuzione alla zona di Ischia/Golfo di Napoli di alcune anfore e di alcuni<br />
bolli; in altri casi è stato possibile almeno escludere un’origine diversa, rafforzando l’ipotesi della Campania come<br />
area di provenienza della materia prima.<br />
III.2. Alcuni dati sulla tipologia delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli<br />
<strong>estratto</strong><br />
I ritrovamenti di Ischia, se danno molte informazioni sulla possibile organizzazione della produzione e sulle problematiche<br />
economiche dell’isola e del Golfo di Napoli grazie ai bolli conservati, non consentono però né di elaborare<br />
una tipologia delle anfore greco italiche né di apportare dati cronologici nuovi (fig. della p. 24).<br />
Spesso si tratta di frammenti con leggere variazioni morfologiche degli orli difficilmente attribuibili a un tipo piuttosto<br />
che a un altro (tavv. 1-10). È il confronto con i reperti di contesti al di fuori dell’isola, in particolare con le anfore di<br />
alcuni relitti eoliani 30, che ha permesso di precisare i dati lacunosi di Ischia 31.<br />
Sono state mantenute le numerazioni della tipologia di Christian van der Mersch nel suo lavoro fondamentale del<br />
1994, poiché sono ormai entrate a far parte della terminologia archeologica; è stata però omessa la sigla MGS (Magna<br />
Grecia e Sicilia) che connota a priori un’area geografica di origine, come proposto in precedenza. Tale sigla potrà<br />
essere sostituita in futuro dal nome dell’area o del sito di origine dei contenitori, se verrà individuata.<br />
Non è chiaro quando appaiano con precisione in Campania le nuove anfore (il tipo IV e il V, in particolare) che assomigliano<br />
alle anfore greche à lèvre en “champignon”, adottate tra IV e III secolo a.C. da diversi siti produttori di vino<br />
o di olio del sud-est dell’Egeo 32, forse in seguito all’accordo da parte di una comunità che accetta uno “standard”<br />
di volume, come è stato recentemente proposto 33. Purtroppo le condizioni frammentarie del materiale di Ischia non<br />
consentono di effettuare verifiche che confermino o meno questa ipotesi; dati ulteriori potrebbero essere recuperati<br />
dal confronto con reperti di Napoli e di altri siti e relitti 34.<br />
In base agli studi precedentemente effettuati, una delle caratteristiche delle anfore greco italiche antiche rinvenute in<br />
Italia è data dall’orlo triangolare, la cui inclinazione è stata considerata fin dall’inizio degli studi un elemento datante:<br />
gli esemplari del IV secolo a.C. hanno orlo piano e orizzontale, mentre le greco italiche ad orlo triangolare obliquo<br />
(conosciute nei siti precedenti la metà del III secolo a.C.) hanno un’inclinazione verso il basso che sembra aumentare<br />
man mano che ci si avvicina allanfora tipo Dressel 1 35. Anche il puntale dei tipi IV e V è caratteristico: è cilindrico e<br />
cavo.<br />
Esistono moduli di grandezza variabile che non è possibile ricostruire in base ai reperti di Santa Restituta ma che<br />
risultano dalle misure delle anse.<br />
Un’anfora di modulo piccolo è esposta nel Museo di Villa Arbusto (tav. 9, n. 46, cat. III A.6). Un’altra, appartenente al<br />
tipo IV, integra, decisamente più piccola dell’anfora grande di cui è però la copia, proviene invece da una tomba della<br />
necropoli di Portella di Corso, in Sicilia: l’impasto e l’associazione con la kylix in ceramica a vernice nera di probabile<br />
origine campana lasciano supporre che l’anfora sia stata importata in Sicilia (fig. VIII.6g, nel capitolo VIII).<br />
Come si è detto, nelle pagine seguenti i dati di Ischia sono stati considerati insieme a quelli più completi di altri siti,<br />
per ottenere il maggior numero di informazioni sui diversi tipi di greco italiche.<br />
I frammenti diagnostici delle anfore di Ischia sono ritratti nelle tavole 1-10, alla fine del capitolo, dove si è cercato di<br />
riportarli a tipi noti.<br />
Il tentativo di raggruppamento e di attribuzione è preliminare e può presentare degli errori dal momento che spesso<br />
è impossibile riportare un frammento di orlo a un tipo piuttosto che ad un altro. Per le descrizioni dei bolli e le relative<br />
immagini si rimanda ai capitoli IV e V e ai cataloghi finali.<br />
Le tavole 11-14, invece, riuniscono alcuni esemplari spesso integri di diverse località del Mediterraneo che hanno<br />
attinenza con le greco italiche studiate e che vengono citate nel corso del lavoro.
32 c a p i to l o iii<br />
III.2.1. Tipo van der Mersch III = ISchIA/GOLFO DI NApOLI III (tavv. 1-2, nn. 1-5 e 6-10)<br />
Alcuni orli frammentari rinvenuti a Santa Restituta sono riconducibili al tipo III, con orlo a quarto di cerchio (o ad<br />
echino) e collo cilindrico, tipo documentato nel corso del IV e agli inizi del III secolo a.C. Qualche frammento ha l’orlo<br />
superiormente diritto e incavato internamente; altri sembrano riportabili a tipi di passaggio tra il III e il IV.<br />
Collegati a questi orli ci sono dei bolli (per esempio APICΤ, APIΣΤΟΚ, APIΣΤ•ΚΙP, forse APIΣΤ•XAP) 36, alcuni dei<br />
quali sono scarti di fornace.<br />
TIpO III o III/IV Ischia Altri siti / relitti<br />
A (Gela, Manfria37 )<br />
APICΤ, APIΣΤΟ, APIΣΤΟΚ, APIΣΤ•ΚΙP, APIΣΤ•[ ]<br />
EΛ (?) EΛ (Selinunte)<br />
MAMAPKOY<br />
ΝΙΩ (Aleria38 )<br />
[-]YTΩ / ΩTY<br />
Tabella III.1: Associazione del tipo III o III/IV con i bolli in alcune località del Mediterraneo occidentale 39 .<br />
III.2.2. Tipo van der Mersch IV = ISchIA/GOLFO di NApOLI IV (tavv. 1-4, nn. 6-10 e 11-24)<br />
Il tipo IV, che corrisponde alla forma A2 della classificazione della Will 40, sembra essere preponderante tra i materiali<br />
di Santa Restituta; alcuni esemplari rappresentano una forma di passaggio tra il tipo III e il IV.<br />
Caratteristiche morfologiche<br />
Si tratta di unanfora dal corpo affusolato e allungato. L’orlo è appiattito superiormente, piuttosto largo ed espanso,<br />
tanto che il profilo appare a forma di triangolo 41.<br />
Il collo è cilindrico a parete diritta; in qualche caso sul collo si nota una impressione digitale, con un segno simile a<br />
una L 42. L’ansa, lunga e a sezione ovale, talora con un leggero rigonfiamento nella parte centrale, è di solito impostata<br />
appena sotto l’orlo. Un breve spazio intercorre in genere tra l’orlo e il punto di attacco dell’ansa. Una ditata è<br />
impressa spesso alla base dell’ansa (fig. III.13e), presente anche negli esemplari del relitto Filicudi F (fig. VII.6m,<br />
capitolo VII) e di Aleria.<br />
Lo stacco tra spalla e corpo è sottolineato da una carena arrotondata e bombata, in qualche caso leggermente<br />
rigonfia. Il corpo è allungato e rastremato verso il basso; il puntale è cilindrico e cavo, di forma piuttosto allungata.<br />
Le caratteristiche distintive di questo tipo dal successivo e, in generale, dalle altre greco italiche sono date dal collo<br />
cilindrico lungo a parete diritta, dalle anse lunghe a sezione ovale e dalla carena poco pronunciata e bombata. Questa<br />
anfora è documentata da un formato più grande e da uno più piccolo ma la frammentarietà dei pezzi di Ischia non<br />
consente di definirne meglio le misure 43.<br />
Una parte dei reperti appartenenti a questo tipo proviene dalla zona della fornace n. 3 e dall’area tra la fornace n. 4<br />
e la n. 5 44. L’anfora di Ischia di tipo IV meglio conservata, rinvenuta nei pressi della fornace n. 4, è bollata con bollo<br />
ΞEN (fig. III.10).<br />
La concentrazione più elevata di anfore appartenenti al tipo in questione è stata recuperata a Napoli 45 durante i recenti<br />
scavi della metropolitana e, in numero ancora maggiore, sul relitto eoliano Filicudi F 46.<br />
Le anfore del relitto Filicudi F sono intere (tav. 11c-f) e permettono di descrivere le caratteristiche del tipo IV e le sue<br />
misure: altezza tra 72,5 e 73,5 cm; diametro dell’orlo esterno intorno ai 18 cm; lunghezza delle anse tra 15,6 e 16,5<br />
cm; lunghezza del collo tra 15 e 17,5 cm 47.<br />
L’orlo a sezione triangolare ha la parte inferiore un po’ bombata.<br />
Molti esemplari del relitto conservano tracce di pece all’interno,<br />
che non appare invece mai nelle anfore di Ischia.<br />
Fig. III.10: Anfora greco italica tipo IV con bollo<br />
ΞEN.<br />
<strong>estratto</strong><br />
Le anfore di Aleria dalle tombe 33, 67, 70, 71 (la cui datazione è<br />
collocata tra la seconda metà e la fine del IV secolo a.C.) 48 sono<br />
riportabili a questo tipo e sono simili agli esemplari del Golfo di<br />
Napoli e del relitto Filicudi F (tav. 11a).<br />
Le misure sono le seguenti: altezza 72 cm; diametro orlo 17 cm;<br />
lunghezza anse 18 cm ca; lunghezza collo 17 cm; diametro ansa<br />
4,5 cm.
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 33<br />
Associazioni tra il tipo IV e i bolli 49<br />
L’appartenenza di un bollo a un tipo è provata solo quando il bollo è conservato su frammenti diagnostici. Questo<br />
caso è piuttosto raro a Ischia, dove invece prevalgono le anse frammentarie bollate che non consentono di risalire a<br />
un tipo preciso. Il confronto con bolli di altri siti è stato però di aiuto e ha permesso di redigere la tabella che segue.<br />
Tutti i bolli attestati sul tipo IV sono in greco.<br />
TIpO IV Ischia Altri siti / relitti<br />
Certi ANΔΡ (Aleria 50 )<br />
ΑΡIΣ<br />
Γ/ΠAP corona M Γ /ΠAP corona M<br />
Γ /ΠAP corona ME<br />
Γ /ΠAP corona EY<br />
(Napoli 51 ; Relitto Filicudi F 52 )<br />
(Napoli 53 )<br />
(Napoli 54 )<br />
ΓΛAYK<br />
EΛ EΛ (Napoli55 )<br />
ZΩ (Relitto Filicudi F56 ; Gela57 )<br />
ΛEΠTINA (Gela58 ; Leptis Magna59 )<br />
ME (Poggio Marcato di Agnone60 )<br />
MEΓ (Relitto Filicudi F61 ; Erice62 ΞEN<br />
ΠΑΡ<br />
)<br />
ΠΥΘEA (Relitto Filicudi F63 )<br />
[Π]OΣEI (Gela64 TINΘ<br />
)<br />
TPE (Gela65 )<br />
TPEΒΙΩ (Napoli66 )<br />
[ ]Σ<br />
XAP<br />
XAPI<br />
XAPΜHΣ<br />
XAPΜEΩ<br />
(Napoli 67 )<br />
(Relitto Filicudi F 68 )<br />
(Gela, Manfria 69 )<br />
(Napoli 70 )<br />
Bollo non decifrabile (dal mare, zona di Paestum)<br />
Incerti ANΔPΩ (Napoli71 )<br />
ANTAΛΛ (Lipari72 )<br />
APIΣTO73 ΔIONICO (Camarina74 )<br />
EYΞ[ ] (Eraclea Minoa75 )<br />
NYMΨIOC (Ensérune76 )<br />
ΖΟΙΛ (Napoli77 )<br />
XAPMEΩ (Cartagine78 )<br />
TPE (Napoli79 )<br />
Tabella III.2: Associazione del tipo IV con i bolli nelle diverse località del Mediterraneo occidentale 80 .<br />
<strong>estratto</strong><br />
Impasto<br />
L’impasto delle anfore di questo tipo è di colore prevalentemente beige rosato, più o meno intenso (Munsell 5 YR 7/6-<br />
7/8-10 YR 8/3-8/4), in frattura marroncino tendente al rosato (Munsell 7.5 YR 7/4-5 YR6/4), con abbondanti inclusioni<br />
vulcaniche di colore nero lucido (fig. III.11).<br />
Analisi<br />
Per i dati analitici nel dettaglio si rimanda al capitolo VI.<br />
Alcuni frammenti di Ischia appartenenti al tipo IV, sottoposti ad analisi chimica, vanno a cadere nel gruppo D, di origine<br />
locale. Si tratta di ISC 644 (APIΣTO), ISC 640 (ΓLAYK) (a cui si aggiunge ISC 651 con lo stesso bollo, di cui si<br />
conserva solo l’ansa), ISC 647 e 648 ( EΛ), ISC 637 e 734 (TINΘ)(a cui si aggiunge ISC 646, di cui si conserva solo<br />
l’ansa bollata), ISC 748 e 749 (ΠAP) (oltre all’ansa ISC 747, con lo stesso bollo) e ISC 735 ([ ]Σ). Allo stesso gruppo<br />
appartiene anche l’ansa con bollo ΖΩ (ISC 638), da collegare con tutta probabilità al tipo IV, come documenta l’unico<br />
esemplare integro con questo bollo, ritrovato sul relitto Filicudi F.
34 c a p i to l o iii<br />
Fig. III.11: Impasti a confronto: greco italiche<br />
dal relitto Filicudi F (a sinistra) e da<br />
Ischia (a destra).<br />
Dello stesso gruppo chimico fanno parte inoltre alcuni pezzi diagnostici<br />
(orli, puntali) probabilmente attribuibili a questo tipo (ISC 728, 729, 730,<br />
733, 737, 739).<br />
Altri campioni di anfore di tipo IV vanno a cadere nell’insieme chimico E/F<br />
che comprende anche anfore greco italiche di Napoli, fatto che potrebbe<br />
testimoniare la produzione dello stesso tipo in officine e/o località diverse<br />
del Golfo.<br />
L’analisi mineralogica ha dimostrato che la gran parte degli esemplari pertinenti<br />
ai campioni citati ha una composizione mineralogica compatibile con<br />
il gruppo I la cui origine è discussa nel testo di I.Iliopoulos (capitolo VI); secondo<br />
G. Montana la litologia è compatibile con i prodotti vulcanici affioranti<br />
nell’isola di Ischia, in particolare quelli del Monte Epomeo (Montana, capitolo<br />
VI).<br />
Uno dei campioni (ISC 687 - bollo con la corona) cade nel gruppo IIa.<br />
Confronti e circolazione 81<br />
L’anfora tipo IV, con moduli differenti, è documentata, tra la fine del IV e gli<br />
inizi del III secolo a.C., ad Ischia, a Napoli e in alcuni siti e relitti del Medi-<br />
terraneo (tavv. 11-12). Per un approfondimento sulla circolazione si rimanda ai capitoli VII e VIII.<br />
Gli esemplari di Napoli, provenienti dagli scavi della Metropolitana 82, sono molto simili a quelli di Ischia; un esemplare<br />
è attestato anche a Paestum, proveniente però dal mare 83.<br />
In Sicilia, il tipo IV è presente sul relitto Filicudi F 84 e in alcune tombe di Lipari, databili ancora nel corso del IV secolo<br />
a.C. 85; inoltre in alcuni contesti della Sicilia meridionale. A Gela, ad esempio, sono stati rinvenuti una ventina di esemplari<br />
integri, talora bollati con bolli documentati a Ischia e a Napoli 86, provenienti da contesti datati entro il 282 a.C. da<br />
Adamesteanu e Orlandini. Parte di queste anfore è stata analizzata nel corso dello studio: le argille sono compatibili<br />
con quelle di Ischia e del Golfo di Napoli (Iliopoulos, capitolo VI).<br />
Anfore di tipo IV, in parte forse di produzione locale/regionale, sono documentate anche nel deposito della stoà ovest<br />
di Camarina che è datato alla fase anteriore alla distruzione della città da parte dei Romani, nel 258 a.C. 87; in quel<br />
deposito sembrano coesistere il tipo IV e il tipo V o V/VI 88, di produzione regionale e di importazione.<br />
In Nord Africa il tipo IV è attestato a Mellita, in Tripolitania, dove alcuni esemplari sono stati rinvenuti in una tomba (si<br />
veda il paragrafo III.5.1) 89.<br />
Il tipo è presente forse anche a Ensérune, nella Francia meridionale, documentato purtroppo solo da un frammento<br />
incompleto 90: interessante è il bollo, in greco, con un antroponimo - ΝΥΜΨΙΟC con sigma lunato - che sembrerebbe<br />
essere lo stesso che compare anche su alcune tegole di Ischia 91.<br />
Ad Aleria, in Corsica, dalla tomba 71 (300 e il 280 a.C.) 92 e dalla tomba 70 (300 e il 275 a.C.), provengono anfore tipo<br />
IV, una delle quali con bollo ANΔР 93; un tipo analogo ma con corpo più espanso proviene dalla tomba 67 (350-320<br />
a.C.).<br />
Osservazioni conclusive<br />
Il tipo IV è stato prodotto a Ischia, forse a Napoli e/o in altri centri del Golfo, attualmente non individuabili, probabilmente<br />
in un’area piuttosto circoscritta.<br />
Le attestazioni di Gela (in contesti precedenti il 282 a.C.), nelle tombe di Aleria, nonché i dati e le associazioni con<br />
la ceramica a vernice nera del relitto del Filicudi F e i recenti rinvenimenti in contesti stratigrafici di Napoli, ne confermano<br />
la datazione alla seconda metà/fine del IV-inizi III secolo a.C.<br />
La circolazione di questo tipo non è stata ricostruita ancora completamente ma è emersa dalle prime verifiche effettuate<br />
sulle anfore e sui bolli di alcuni relitti e siti di consumo: pare orientata soprattutto verso il Tirreno meridionale, la<br />
Sicilia e, forse, verso il nord Africa (si vedano a questo proposito i capitoli VII e VIII).<br />
Le analisi mineralogiche effettuate su materiali di Ischia, Napoli e in diversi siti e relitti della Sicilia, hanno confermato<br />
che le argille sono compatibili con quelle delle ceramiche di Ischia/Golfo di Napoli.<br />
III.2.3. Tipo van der Mersch V = ISchIA/GOLFO DI NApOLI V (tavv. 6-7, nn. 29-33 e 34-37)<br />
<strong>estratto</strong><br />
Il tipo è rappresentato dall’anfora di alcuni relitti eoliani e, in particolare, da quelle del Relitto della Secca di Capistello<br />
94 e corrisponde al tipo A1 della classificazione della Will 95.<br />
A Ischia non sono molti i frammenti riportabili a questo tipo; un esemplare intero con bollo ANΔРΩ è conservato<br />
presso il Magazzino di Mezzavia 96 (tav. 7, n. 35).
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 35<br />
Caratteristiche morfologiche<br />
L’anfora tipo V, “a trottola”, ha un corpo più panciuto del IV, in qualche caso rastremato verso il basso; l’orlo, meno<br />
largo e allungato di quello del tipo IV, è a sezione triangolare e leggermente inclinato verso l’esterno. Le anse, a sezione<br />
ovale, sono più corte di quelle del tipo precedente e si impostano tra orlo e spalla, prima della carena. Anche<br />
la spalla è più corta e ha una carena più marcata, sottolineata talvolta da un rigonfiamento caratteristico. Il collo è a<br />
tronco di cono rovesciato. Il puntale è cilindrico e cavo, più corto di quello del tipo precedente.<br />
Spesso è impossibile stabilire se i frammenti di Ischia siano pertinenti ai tipi V o al V/VI, cioè il tipo di passaggio alla<br />
forma più recente (a questo proposito si veda oltre il paragrafo III.6).<br />
L’unica anfora intera di Ischia pertinente a questo tipo, con bollo ANΔРΩ, ha le seguenti misure: altezza 61 cm; diametro<br />
orlo 12,8 cm; lunghezza delle anse 12,5 cm; lunghezza del collo 11 cm; diametro massimo di espansione 36<br />
cm (tav. 7, n. 35, cat. III A.1).<br />
Le misure delle anfore del relitto della Secca di Capistello sono le seguenti: altezza tra 62 e 65 cm; diametro orlo<br />
esterno: tra 15,8 e 18,5 cm, interno tra 10,4 e 12,5 cm; lunghezza delle anse tra 15,6 e 16,5 cm; lunghezza del collo<br />
tra 8,5 e 11 cm; diametro massimo di espansione tra 33,8 e 35,4 cm; altezza del puntale tra 5,6 e 6,4 cm.<br />
Associazioni tra il tipo V e i bolli 97<br />
I bolli apposti sul tipo V sono in greco e in alcuni casi (al di fuori di Ischia), sui tipi più recenti (V/VI), anche in latino.<br />
TIpO V Ischia Altri siti / relitti<br />
Certi ANΔΡΩ 98<br />
ΔI 101 (?)<br />
[Δ]IONY 102 (?)<br />
ΣATYΡOY<br />
(o ΣATYΡ•V ?)<br />
ANTAΛΛ (Lipari, Necropoli di Portinenti 99 )<br />
ΒΙΩ (Secca di Capistello 100 )<br />
ΔΙΩ (Secca di Capistello103 , Cartagena104 )<br />
ΔIΩN (Gela, Capo Soprano105 )<br />
EYΞ[ ] (Eraclea Minoa106 )<br />
EYΞEN(Ω ?) (Secca di Capistello107 , Eraclea Minoa108 )<br />
EYΞENOΥΑΡΙ (Napoli109 )<br />
MA[ΡΙΟ](?) (Lipari, Necropoli di Portinenti, tomba 2553, fine IV prima metà III sec.<br />
a.C. 110 )<br />
NIΩ + anfora (Aleria, tomba 33111 )<br />
ΝΟΙΩ (Antibes112 )<br />
ΠA[--] (Lipari Necropoli di Portinenti, tomba 2431, prima metà III sec. a.C. 113 )<br />
ΠAΡ<br />
(Secca di Capistello<br />
ΠAΡΗ<br />
114 )<br />
(Secca di Capistello, Relitto Roghi di Panarea115 )<br />
ΠOP (?) (Secca di Capistello116 )<br />
ΠIΣT (Secca di Capistello117 )<br />
ΠΤΥ (Secca di Capistello118 )<br />
ΦΙΛ (Populonia 119 )<br />
ΧΑΡΗΣ, tra caducei (Secca di Capistello 120 )<br />
XAΡM (Tour Fondue 121 )<br />
Incerti ANTAΛ (?) (Ensérune 122 )<br />
BIΩ (Cartagena 123 )<br />
ΔIONICO (Camarina 124 )<br />
TIpO V/VI (?) Ischia Altri siti / relitti<br />
Certi ANΔΡΩ 125 ANΔ[-]Ω (Mellita 126 )<br />
[I]EPΩ (Cartagena 127 )<br />
M(..)AK(…)(Μεγακλης) (Pech Maho 128 )<br />
ΜEΓΑΚΛ[ΗΣ] (?) (Tell-Sukas, Siria 129 )<br />
[---A]KΛ (Lipari Necropoli di Portinenti tomba 2447, prima metà III sec. a.C. 130 )<br />
ΣIM (Eraclea Minoa 131 )<br />
<strong>estratto</strong>
36 c a p i to l o iii<br />
ΣIMIA (Napoli 132 , Relitto della Meloria 133 )<br />
XAPIΛA (Napoli)<br />
N. AVLANI (Lipari Contrada Portinenti, tomba 2444, prima metà terzo III sec. a.C. 134 )<br />
M.VAL [--] (Marsala, relitto della nave punica - Capo Boeo 135 )<br />
N·V (Tour Fondue 136 )<br />
Tabella III.3: Associazione del tipo V e V/VI con i bolli nelle diverse località del Mediterraneo occidentale 137 .<br />
Impasto<br />
Alcune anfore appartenenti a questo tipo hanno l’impasto caratteristico delle anfore di Ischia descritto per il tipo IV,<br />
altre hanno impasti un po’ diversi, in qualche caso simili a quelli di anfore greco italiche rinvenute a Napoli.<br />
Analisi<br />
Controlli in laboratorio sono stati effettuati fino ad ora su anfore di Ischia e su quelle della Secca di Capistello; inoltre,<br />
in Etruria meridionale (Cavalupo, necropoli di Vulci), nel Lazio (Pyrgi, Ostia, Roma) e nella Campania settentrionale<br />
(Mondragone, Piscinola, Capua), nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>.<br />
Nessuna delle greco italiche di Ischia di tipo V va a cadere nel gruppo chimico D, quello considerato locale, mentre<br />
l’insieme E/F ne contiene alcune. Sono troppo pochi i dati per poter attribuire queste anfore ad un’area precisa<br />
che sembrerebbe comunque collocabile, in base ai dati a nostra disposizione, nel Golfo e, forse, anche in altri siti<br />
dell’area tirrenica centrale.<br />
Le greco italiche tipo V e V/VI dei relitti Secca di Capistello, della Tour Fondue e di Bon Capò 138 sono realizzate con<br />
argille compatibili con quelle dell’area del Golfo di Napoli.<br />
Le anfore dell’Etruria, di Ostia e della Campania settentrionale hanno una composizione mineralogica diversa e distinguibile<br />
al microscopio da quelle del Golfo di Napoli 139. Per i dati analitici nel dettaglio si rimanda al capitolo VI.<br />
Datazione<br />
Alcuni dati sulla cronologia di questo tipo sono discussi in questo stesso capitolo, nel paragrafo III.6.<br />
<strong>estratto</strong><br />
Confronti e circolazione 140<br />
Il tipo V è un contenitore presente, se pur con varianti morfologiche, in diversi contesti del Mediterraneo occidentale<br />
(tavv. 13-14). Per ulteriori dati sulla circolazione si rimanda ai capitoli VII e VIII.<br />
Per quanto riguarda l’area tirrenica, i tipi V e V/VI sono attestati a Napoli, come risulta dall’esposizione del materiale<br />
negli scavi della Metropolitana al Museo Archeologico di Napoli.<br />
In Sicilia tipi simili sono documentati a Gela, ad esempio in via Pistillo, a Capo Soprano (prima del 282 a.C.), con bolli<br />
già noti a Ischia; inoltre a Pech Maho (sito distrutto nel terzo quarto del III secolo a.C.) 141. Attestazioni riguardano<br />
anche Cartagine 142.<br />
In Etruria anfore di tipo V sono presenti, a titolo di esempio, a Norchia 143, da un contesto riferibile ai primi anni della<br />
prima guerra punica, a Cavalupo 144, a Populonia 145, tra i materiali di Marina di Montalto - Poggio delle Murelle 146 e a<br />
Pyrgi 147; nel Lazio, nella zona dell’ager portuensis 148.<br />
Nella Campania settentrionale sono stati riconosciuti esemplari di questo tipo a Mondragone 149, a Piscinola (Sessa<br />
Aurunca) 150 e a Capua 151.<br />
Il tipo in questione è presente anche in diversi relitti 152, tra cui:<br />
– Roghi 1 (Panarea, relitto datato al 300 a.C.)<br />
– Secca di Capistello (Lipari, 300-280 a.C.) 153<br />
– Filicudi B (fine IV secolo a.C.).<br />
– Marsala - Punta Scario nave punica (oppure frequentazione ?) 154 (metà III secolo a.C. - ? -).<br />
– Cabrera 2, sul relitto sono attestate insieme alle anfore greco italiche antiche anfore puniche Maña A e B e gutti in<br />
ceramica a vernice nera (IV-III secolo a.C. - ? -) 155.<br />
– Montecristo, Cala del Diavolo (prima metà del III - 250 a.C. - ? -) 156.<br />
Molti degli esemplari che hanno circolato hanno impasti contenenti materiale vulcanico.<br />
Al tipo V/VI, considerato di passaggio tra il tipo V e il VI, vengono attribuite le anfore greco italiche dei relitti indicati<br />
di seguito, per cui si rimanda alla tabella del paragrafo III.6 157:<br />
– Tour Fondue (Francia meridionale) (datato intorno al 250 a.C.).<br />
– Meloria A, Livorno (datato al 240-220 a.C. sulla base della vernice nera).<br />
– Bon Capò (Spagna) (datato al 240-220 a.C. in base alle datazione del Relitto della Meloria).<br />
Osservazioni conclusive<br />
È l’incrocio di dati tipologici, epigrafici e archeometrici che permette di attribuire al Golfo di Napoli alcune anfore di<br />
tipo V, come già era stato proposto 158.
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 37<br />
L’anfora con bollo ANΔΡΩ di tipo V o V/VI, conservata nei magazzini di Mezzavia a Ischia, ha una composizione<br />
mineralogica compatibile con la situazione geologica del Golfo di Napoli 159; il bollo ANΔΡΩ, inoltre, è conosciuto a<br />
Napoli su un laterizio/sostegno e su di un’anfora forse di tipo IV 160.<br />
Anche le anfore della Secca di Capistello sono state realizzate con argille compatibili con quelle dell’area Ischia/<br />
Golfo di Napoli 161.<br />
Una serie di prime verifiche in corso nei magazzini della Campania settentrionale ha permesso di evidenziare che<br />
esistono delle produzioni locali. Tra esse vanno ricordate, ad esempio, le greco italiche di tipo V di Piscinola (nella<br />
zona di Sessa Aurunca), rinvenute in tombe di fine IV/inizi III a.C. (fig. VIII.10c); hanno un impasto molto ricco di<br />
inclusioni vulcaniche visibili a occhio nudo, facilmente separabili da quelle del Golfo.<br />
Da verificare l’origine di alcune anfore rinvenute nell’area di Capua, dove esemplari di tipo V sono documentati tra i<br />
materiali di Curti - Albergo degli Anziani, una delle quali, sottoposta ad analisi mineralogica, ha composizioni simili a<br />
quelle delle anfore del Golfo, forse perché importata 162 (fig. VIII.10b).<br />
Anfore greco italiche di tipo V e V/VI, le cui composizioni sono diverse dai gruppi di riferimento del Golfo di Napoli,<br />
sono state rinvenute a Mondragone, Proprietà Schiappa 163 (fig. VIII.10d).<br />
Nel Lazio, i contesti di Ostia/ager portuensis hanno restituito greco italiche tipo V, senza bolli, con impasti diversi e<br />
ben distinguibili da quelli campani, come hanno confermato anche le analisi 164.<br />
Il tipo è stato prodotto anche in altri centri, probabilmente in Etruria meridionale, forse nell’area di Pyrgi, sempre in<br />
base alle prime analisi mineralogiche effettuate 165.<br />
III.2.4.Tipo V/VI-VI = ISchIA/GOLFO DI NApOLI V/VI-VI (tavv. 7-10, nn. 38-43 e 44-53)<br />
<strong>estratto</strong><br />
Le anfore greco italiche recenti (tipo VI) esulano da questo lavoro. A Ischia, tra i materiali delle fornaci di S. Restituta,<br />
le percentuali di questi tipi sono più basse e i reperti provengono dalla proprietà Gosetti<br />
o dalla necropoli di San Montano.<br />
Tra i reperti delle fornaci c’è un’unica anfora intera (fig. III.12), attribuibile al gruppo delle<br />
greco italiche recenti, e un orlo di collo rinvenuto all’interno della fornace n. 4 (fig. III.8).<br />
Un altro esemplare intero, con bollo ΦΙΛΙΠΠΟΥ166 (tav. 9, n. 47, cat. III A.5), è documentato<br />
al Museo di Villa Arbusto, proveniente da una tomba ellenistica; sempre dalla necropoli<br />
proviene un orlo e collo di anfora con bollo ACKΛΗ167 (tav. 10, n. 52, cat. III.A2).<br />
Un frammento di anfora tipo VI, con bollo TR. LOISIO (insieme a due anse con lo stesso<br />
bollo), è stato recuperato nello scarico Gosetti (tav. 8, n. 45, cat. II A.20).<br />
La fase più recente della produzione delle greco italiche, corrispondente al tipo VI, è<br />
ricostruibile grazie ai recenti e abbondanti ritrovamenti di Napoli. Dai nuovi scavi della<br />
Metropolitana, nell’area degli scavi di Piazza Nicola Amore, il tipo più recente di anfora<br />
è attestato già a partire dall’ultimo quarto del III secolo a.C. 168 (fig. VIII.10e-f, capitolo<br />
VIII). In questa zona sono state trovate numerose anfore, anche scarti, attribuibili al tipo<br />
VI (fine III e metà II secolo a.C.) e al tipo di passaggio tra il VI e la Dr. 1 (secondo quarto<br />
del II secolo a.C.) 169. Sempre in quest’area sono venuti alla luce due punzoni e un bollo<br />
ΣΙΜΙΑ (da un contesto di seconda metà III secolo a.C.) 170 che ricordano i bolli ΣΙΜΙ,<br />
ΣΙΜΙΑ, documentati sulle anfore greco italiche del relitto della Meloria171. Tipi V/VI-VI sono stati probabilmente prodotti da numerosi siti dell’area tirrenica, tra cui<br />
Minturno, Mondragone, Caere/Pyrgi, come le prime analisi mineralogiche hanno permesso di stabilire172. Fig. III.12: Anfora greco italica<br />
tipo VI da S. Restituta.<br />
Associazioni tra il tipo V/VI-VI e i bolli 173<br />
Tra i bolli apposti su anfore di tipo VI dalla necropoli di San Montano, alcuni sono ampiamente attestati anche in altri<br />
siti del Mediterraneo.<br />
ACKΛΗ, con sigma lunato, è presente a Ischia, su anfora tipo VI 174; ACKΛΗΠΙΑ (forse da aggiungere alla forma<br />
ACKΛ), è documentato a Napoli (in un contesto della metà del II secolo a.C.) 175, ma lo stesso nome è attestato su<br />
più bolli in siti diversi del Mediterraneo occidentale, con troncamenti differenti (si veda il capitolo V).<br />
Il bollo ΦΙΛΙΠΠΟΥ è impresso su un’anfora di tipo VI conservata al Museo di Villa Arbusto a Ischia 176. Non è chiaro<br />
che collegamento ci sia tra questo bollo e il bollo ΦΙΛ sul tipo V attestato a Populonia 177.<br />
Su pochi esemplari del tipo VI è documentato il bollo latino TR. LOISIO (si veda il capitolo V).<br />
Impasto<br />
Gli impasti del bollo ACKΛΗ e del bollo TR. LOISIO, apparentemente diversi da quelli delle anfore greco italiche<br />
antiche rinvenute a Ischia e diversi anche tra loro, contengono materiale vulcanico (tav. 54, in fondo al volume).<br />
L’impasto dell’anfora bollata ΦΙΛΙΠΠΟΥ non è visibile perché l’anfora, intera, è esposta nel Museo di Villa Arbusto.
38 c a p i to l o iii<br />
Analisi<br />
Sono stati sottoposti ad analisi quattro frammenti con bollo ACKΛH, da Ischia e altri siti, di cui uno dalla necropoli di<br />
San Montano pertinente al tipo VI 178; i campioni appartengono a gruppi mineralogici differenti 179. I dati a disposizione<br />
non consentono di stabilire con certezza la localizzazione dell’area di origine dei gruppi che pare vada comunque<br />
cercata nel Golfo di Napoli (si veda il capitolo VI).<br />
I bolli di TR. LOISIO hanno degrassante analogo a quello locale ma con parametri tessiturali diversi. Sono stati<br />
sottoposti ad analisi chimica più esemplari con questo stesso bollo, provenienti da località diverse, oltre ad Ischia,<br />
Marsala, Sagunto e Erice.<br />
I campioni confluiscono in un piccolo sottogruppo (allinizio della cluster) composto da otto anfore di cui quattro bollate<br />
TR. LOISIO e una con bollo TPE (fig. VI.2). Tale sottogruppo si distingue per valori decisamente più elevati di<br />
alluminio e manganese di quelli del gruppo chimico D, considerato locale (Thirion Merle, capitolo VI).<br />
La composizione mineralogica di questo gruppetto che contiene i bolli di TR. LOISIO (Iliopoulos, gruppo IV) è simile<br />
a quella della ceramica da cucina di Cuma 180, anche se il confronto è stato effettuato in base a dati bibliografici.<br />
Le altre anfore che costituiscono questo sottogruppo sono greco italiche di tipo V rinvenute nella necropoli di Lipari;<br />
quindi il centro che ha prodotto questi esemplari, ancora da individuare, ha prodotto sia tipi V che tipi VI, che sono<br />
stati oggetto di circolazione ad ampio raggio.<br />
Confronti e circolazione<br />
I recenti rinvenimenti di Napoli lasciano supporre che le anfore con bollo ACKΛH (e, forse, anche bollate TR. LOI-<br />
SIO 181) siano localizzabili nell’area del Golfo di Napoli.<br />
È sconosciuta invece l’area di origine delle anfore con bollo ΦΙΛΙΠΠΟΥ, che potrebbe essere localizzabile nella stessa<br />
zona o comunque nella fascia tirrenica centrale.<br />
III.3. Tecnologia di fabbricazione delle anfore rinvenute a Ischia<br />
<strong>estratto</strong><br />
Non sono molte le informazioni che abbiamo sulla fabbricazione delle anfore di Ischia.<br />
Nei pressi della fornace n. 3 (fig. III.1), quella in cui sono state trovate diverse anse bollate, è ancora conservato un<br />
accumulo di sabbia utilizzata probabilmente dai ceramisti come degrassante.<br />
L’osservazione dei reperti consente di ricavare alcune informazioni sulle modalità di fabbricazione, che avveniva in<br />
fasi successive: prima veniva modellato il corpo e, a seccaggio avvenuto, venivano apposte le anse - forse modellate<br />
e bollate a parte - e alla fine il recipiente veniva cotto. Segni di ditate e di pressione per far aderire l’ansa al corpo<br />
sono stati rinvenuti sul lato interno della spalla di alcune anfore (fig. III.13a-b).<br />
Di particolare interesse, inoltre, sono alcune anse che conservano traccia dell’errore per cui sono state scartate. Una<br />
spalla di anfora con bollo APIΣTO ripetuto conserva ben visibile la sede di congiunzione dell’ansa alla spalla 182, da<br />
cui l’ansa si è staccata in modo netto (fig. III.13c). Un’ansa appartenente ad un’altra anfora, inoltre, si è conservata<br />
interamente con la parte finale, che non aderiva alla spalla, liscia e uniforme 183 (fig. III.13d). Probabilmente, durante<br />
la cottura o mentre le anfore venivano estratte dai forni, anse apposte forse frettolosamente, non aderendo bene alla<br />
spalla, si staccavano, rendendo inservibile il recipiente che veniva scartato anche se già cotto.<br />
La maggior parte delle anse di Santa Restituta sono bollate sul gomito e non è dato di vedere se un bollo si trovava<br />
anche sul tratto di congiungimento tra la base dell’ansa e la spalla (come è attestato in alcune anfore del Filicudi F),<br />
dal momento che le anse spesso sono frammentarie. Le lettere sono a rilievo e l’andamento del bollo è sia progressivo<br />
che retrogrado.<br />
I bolli sono per lo più quadrangolari o rettangolari, dal segno netto e preciso e sono impressi profondamente (come nel caso<br />
del bollo ΞEN o ZΩ, fig. III.13f-g); altri sono rettangolari e allungati, talora dagli spigoli arrotondati. Altri bolli sono ovali.<br />
L’impressione del bollo può essere longitudinale (nella stessa direzione dell’ansa) oppure trasversale (perpendicolare<br />
all’ansa). In un caso il bollo (AΡIΣTO) è apposto due volte su di un frammento che potrebbe corrispondere ad una<br />
spalla quasi piatta di anfora di tipo III o IV (fig. III.13h); potrebbe forse trattarsi anche di una “prova” di bollatura 184.<br />
Anche il bollo TINΘ è apposto due volte, su di un’ansa 185 (fig. III.13i).<br />
In qualche caso sono evidenti gli errori di impressione, documentati spesso anche sui bolli delle anfore rinvenute in<br />
Grecia 186. In un caso, quello del bollo ANTAΛΛ, l’errore di impressione o la poca pressione esercitata, ha comportato<br />
l’apposizione di un secondo bollo nelle immediate vicinanze 187 (fig. 13l). Errori di punzonatura si riscontrano anche<br />
su scarti di fornace (AΡΣT) 188 (fig. III.13m, o).<br />
Il bollo AΡIΣTΟΚΡ[ ] appare impresso due volte per una sorta di “scivolatura” 189 (fig. III.13n), in questo caso l’errore<br />
produce un esito poco chiaro e si tratta forse di uno scarto. Dai materiali del relitto Filicudi F si ricava che le anfore<br />
bollate due volte forse per errore (o perché uno dei bolli è poco leggibile) erano comunque utilizzate per il trasporto<br />
(fig. VII.6f, capitolo VII).
Modalità di fabbricazione e di bollature delle anfore greco italiche<br />
a. cat. II B.11 b. cat. II B.11<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 39<br />
c. cat. I A. 10 = I B.21 d. cat. I B.69 e. cat. II B.11 (sopra) e I A.31 (sotto)<br />
f. cat. I B. 141 g. cat. I B.123 h. cat. I A.10 = I B.21<br />
i. cat. I A. 12 = I B. 213 l. I B. 3 m. cat. II B.11<br />
n. I B.44 o. cat. I B. 118 p. cat. I B. 122<br />
<strong>estratto</strong><br />
Fig. III.13: a-b, e. Segni della pressione delle dita su un’anfora greco italica da scarico Gosetti e su una da Santa Restituta; c.<br />
spalla di anfora con doppio bollo APIΣTO con segno del luogo in cui era attaccata l’ansa; d. frammento di ansa con la parte finale<br />
liscia e uniforme; f-i. alcune modalità di bollatura: bolli ΞEN e ZΩ in cartiglio profondo, doppio bollo APIΣTO, doppio bollo TINΘ;<br />
l-o. errori di impressione di alcuni bolli di S. Restituta; p. segno di impressione da supporto su un’ansa di greco italica da Santa<br />
Restituta.
40 c a p i to l o iii<br />
Diversi frammenti, infine, sono scarti veri e propri 190.<br />
Le anse bollate di Santa Restituta presentano talora il segno del punzone, una specie di piccolo avvallamento semicircolare,<br />
situato di solito sul lato lungo, collegato a un segno di impressione, più o meno lungo e filiforme, simile<br />
a quello creato da un supporto a bastoncino (fig. III.13p), documentato anche in cartigli di alcuni bolli di anfore del<br />
Filicudi F (fig. VII.6e, capitolo VII) 191. La gran parte dei contenitori conserva, oltre a segni di lavorazione e rifinitura,<br />
una ditata alla base dell’ansa (fig. III.13e), notata anche su alcune greco italiche di Napoli e del relitto Filicudi F.<br />
Per una visione di insieme degli impasti delle anfore di Ischia, Napoli e di alcune altre località si veda la tav. 10bis.<br />
<strong>estratto</strong><br />
III.4. Le anfore greco italiche di Ischia in rapporto a quelle di Napoli: qualche osservazione preliminare<br />
I recenti scavi per la realizzazione della Metropolitana a Napoli, nella zona di Piazza Nicola Amore, hanno consentito<br />
di portare alla luce, oltre a indicatori di produzione e scarti di fornace, numerose anfore greco italiche, in alcuni casi<br />
bollate 192; si tratta in modo particolare dei tipi più recenti (V/VI, VI e anche VI/forma di passaggio alle Dr.1), di cui<br />
esistono scarti di fornace; sono documentati però anche i tipi più antichi 193. In zona non sono state individuate per ora<br />
strutture attribuibili con certezza a un quartiere artigianale, ma numerosi sono gli indizi che sembrano confermare la<br />
presenza di un’area produttiva 194. Tra l’altro, la zona del ritrovamento non è molto lontana da quella in cui W. Johannowsky<br />
individuò scarichi di ceramica a vernice nera, cioè Corso Umberto e dall’area in cui, anche più recentemente,<br />
sono state trovate tracce della produzione in epoca tardo antica/medievale 195. Altre indagini avevano già portato alla<br />
luce a Napoli i resti di un’altra possibile area produttiva, quella di vicolo San Marcellino 196.<br />
In attesa che gli studi in corso aggiungano tasselli alla ricostruzione delle attività produttive di Napoli, si possono fare<br />
alcune considerazioni generali.<br />
Le anfore greco italiche antiche ritrovate a Ischia e quelle recuperate a Napoli hanno un aspetto simile, in alcuni casi<br />
sono identiche e talora hanno anche gli stessi bolli. Ci si chiede quindi se si tratti di ceramica prodotta localmente<br />
oppure importata da Ischia oppure ancora fabbricata a Napoli con le argille di Ischia, per seguire un’idea spesso<br />
sostenuta in passato 197. Gli argomenti che si ripropongono e su cui riflettere sono principalmente due.<br />
Composizioni chimico fisiche delle anfore e compatibilità con la situazione geologica di Napoli<br />
Sono state espresse dai mineralogisti perplessità a immaginare a Napoli una produzione ceramica con le caratteristiche<br />
di composizione delle anfore greco italiche rinvenute, per questioni di carattere geologico.<br />
In base ai dati geologici noti, nell’area della città, non ci sono argille sedimentarie del tipo di quelle utilizzate per la<br />
fabbricazione delle greco italiche. I recenti scavi della Metropolitana documentano però la produzione di anfore greco<br />
italiche, almeno nella fase più recente. Se anche la continuazione della ricerca confermasse la produzione ceramica<br />
nelle fasi più antiche, resterebbe comunque da stabilire l’origine della materia prima.<br />
Si potrebbe pensare che l’argilla con la quale sono state fabbricate le anfore di Napoli sia stata importata - come già<br />
è stato ipotizzato in passato per le ceramiche a vernice nera - e mescolata con le materie prime locali a disposizione<br />
(cinerite?) 198; un frammento di anfora, analizzato con metodo mineralogico, sembrerebbe avvalorare l’ipotesi dell’impiego<br />
di argille diverse 199. L’utilizzo a Napoli delle argille importate da Ischia non è però dimostrabile con i metodi di<br />
laboratorio e tale eventualità è destinata a restare un’ipotesi.<br />
Più favorevole è la situazione geologica di Ischia, le cui argille hanno una composizione compatibile con quella di<br />
parte della ceramica rinvenuta nell’area dei forni, la cui produzione locale è avvalorata anche dal ritrovamento degli<br />
scarti di fornace recuperati nell’area artigianale di Santa Restituta.<br />
Presenza di ceramiche di importazione nei quartieri artigianali<br />
A Ischia come a Napoli si pone il problema della possibile presenza accanto alle anfore locali di quelle di importazione,<br />
fenomeno ben conosciuto nei quartieri artigianali, soprattutto quelli situati nei pressi dei porti. Sia Napoli che<br />
Ischia, quindi, possono aver ricevuto anfore da centri “terzi”, situati in zona, oppure più lontani.<br />
A Lacco Ameno sono presenti anfore greco italiche del tipo più recente (VI), rinvenute in percentuali abbondanti a Napoli.<br />
Gli esemplari di Ischia provengono prevalentemente dallo scarico Gosetti e dalla necropoli, quindi da zone site<br />
al di fuori del quartiere artigianale e la produzione locale è probabilmente cessata tra la fine del III e il II secolo a.C.<br />
In definitiva, non siamo ancora in grado di stabilire se si trattasse di due (o più ?) produzioni parallele; per ora la fase<br />
più antica è emersa chiaramente a Ischia.<br />
Un’ulteriore ipotesi è che, ad una prima - e più antica - fase produttiva nell’area di Ischia, si sia affiancata, in un secondo momento,<br />
la produzione di Napoli, prevalente nel periodo più recente. Solo un confronto serrato tra i materiali dei due contesti,<br />
con l’apporto di analisi di laboratorio, potrà contribuire a una ricostruzione completa dellartigianato ceramico del Golfo.
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 41<br />
Le prime analisi effettuate su alcuni campioni di Napoli dimostrano che le anfore non hanno la stessa composizione<br />
chimica del gruppo di Ischia, anche se le caratteristiche sono simili 200.<br />
La definizione delle attività produttive nei due centri è importante anche per spiegare i rapporti tra l’isola e la terra<br />
ferma. È possibile ipotizzare che le officine dei due centri producessero tipi simili (così come documentato in alcune<br />
isole della Grecia) forse adottando tipi comuni e per la cui fabbricazione si seguivano “regole” condivise. I nomi<br />
impressi nei bolli, che ritornano sugli esemplari di Ischia e su quelli di Napoli, potrebbero riflettere una situazione<br />
economica e/o amministrativa simile o condivisa.<br />
Questo potrebbe anche spiegare la somiglianza morfologica delle anfore e, nello stesso tempo, la varietà e l’eterogeneità<br />
delle composizioni chimiche e mineralogiche dei reperti dei due siti. Si tratta però solo di ipotesi, passibili di<br />
correzioni e che, per di più, presuppongono l’appartenenza in questo periodo di Ischia a Neapolis, ipotesi condivisa<br />
da molti studiosi ma non da tutti 201.<br />
Per ora, pur avanzando delle ipotesi sull’appartenenza di alcuni bolli ad Ischia ed altri a Napoli, si preferisce mantenere<br />
la definizione “produzione Ischia/Golfo di Napoli” per i casi incerti, con l’intento di definire in tal modo la produzione di<br />
un “comprensorio” che aveva forse adottato contenitori simili 202 e in cui si bollavano le anfore con i nomi di personaggi<br />
che, in qualche caso, sembrerebbero essere gli stessi (si veda a questo proposito il capitolo IV).<br />
III.5. Qualche elemento di cronologia per le anfore greco italiche antiche di Ischia e del Golfo di Napoli<br />
Le anfore di Santa Restituta, frammentarie e spesso rinvenute al di fuori di contesti stratigrafici, non consentono di<br />
apportare dati nuovi e conclusivi alla cronologia delle anfore greco italiche. Alcuni elementi sono comunque emersi<br />
dallo studio e soprattutto dal confronto dei dati di Ischia con quelli delle anfore dei relitti e di siti di consumo. Vengono<br />
qui proposti in attesa che l’edizione dei materiali di Napoli, che provengono invece da scavi stratigrafici, possa fornire<br />
informazioni ulteriori su questi argomenti.<br />
III.5.1. contemporaneità di attestazione del tipo IV e del tipo V e loro associazione con altri tipi anforici<br />
Alcuni dati depongono a favore della coesistenza del tipo IV e del V che spesso sono simili, come rivela l’esame dei<br />
contenitori interi dei relitti eoliani. In favore di una contemporaneità delle anfore tipo IV e dei primi tipi delle V si è<br />
espresso K. Göransson che ha pubblicato le anfore di Euesperides, in Cirenaica 203; lo studioso ritiene infatti che il IV<br />
e il V vadano considerati come un unico tipo.<br />
Il rinvenimento di anfore greco italiche di tipo diverso in tombe puniche di Mellita 204 (non lontano da Sabratha), deposte<br />
contemporaneamente, offre alcuni indizi sulla cronologia e, forse, anche sull’origine comune dei recipienti.<br />
La tomba A comprende anfore greco italiche di tipo V, anfore di tipo punico a siluro 205 e “corinzie” B, oltre a ceramica<br />
a vernice nera 206.<br />
La tomba B comprende greco italiche tipo IV e V, anfore a siluro e “corinzie” B che, sulla base della tipologia, possono<br />
essere attribuite alla fase più recente della produzione, tra la seconda metà del IV e il III secolo a.C. 207 (fig. VIII.12c,<br />
capitolo VIII). I tipi IV e V coesistono nella tomba B, la cui datazione inizialmente proposta (seconda metà del II secolo<br />
a.C.) probabilmente è da rivedere, come è stato recentemente suggerito 208. Le greco italiche di Mellita sono state<br />
considerate di produzione locale dalla Bisi e, recentemente, “puniche” 209.<br />
Un legame tra il tipo IV e il tipo V è dato anche dal bollo ANΔР/ ANΔРΩ: a Ischia è stata rinvenuta un’anfora tipo V o V/<br />
VI bollata ANΔРΩ (tav. 13a), mentre ad Aleria il bollo ANΔР 210 è impresso su un’anfora greco italica tipo IV (tav. 11a). È<br />
possibile che si tratti di un’omonimia ma il controllo diretto delle anfore esposte ad Aleria ha confermato la somiglianza con<br />
i caratteri del bollo e degli impasti delle anfore di Ischia. Un bollo ANΔPΩ (con omega), inoltre, compare a Napoli su un’anfora<br />
greco italica di tipo IV (?), da un contesto datato agli inizi del III secolo a.C. 211, e un ANΔР su un laterizio/sostegno. L’<br />
analisi mineralogica conferma l’appartenenza possibile dell’anfora di Ischia alla produzione del Golfo di Napoli 212.<br />
Sempre il bollo ANΔРΩ compare su di un’anfora tipo V/VI dalla tomba di Mellita (tav. 14m), citata precedentemente<br />
213; una attestazione riguarda anche Camarina (si veda il capitolo V).<br />
Va infine sottolineata anche la frequente associazione tra anfore greco italiche del tipo V e le corinzie B, associazione<br />
che, già notata altrove 214, è stata riscontrata anche in alcune tombe della necropoli greco punica sotto il teatro di<br />
Leptis Magna 215 e in diversi contesti della Sicilia meridionale 216.<br />
Probabilmente queste due classi di anfore hanno circolato insieme, come risulta anche dai materiali di Euesperides 217; tale<br />
associazione è stata interpretata, per i reperti di quel sito, come il risultato di una redistribuzione da parte della Sicilia.<br />
III.5.2. Tipi e bolli in alcuni contesti datati del Mediterraneo<br />
<strong>estratto</strong><br />
L’incrocio dei dati consente di stabilire dei punti fermi per la cronologia di alcuni esemplari di anfore greco italiche tipi<br />
IV e V, probabilmente campane e, soprattutto, per alcuni bolli.
42 c a p i to l o iii<br />
campania<br />
Piscinola<br />
Anfore classificabili come tipo V sono state rinvenute nella necropoli di Piscinola (Sessa Aurunca), dove sono datate<br />
al periodo compreso tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C., grazie all’associazione con ceramiche figurate<br />
prodotte in un lasso limitato di tempo e rinvenute anch’esse nelle tombe 218 (tav. 14h e fig. VIII.10c).<br />
Napoli<br />
I recenti scavi della Metropolitana hanno portato alla luce numerose anfore greco italiche, provenienti da contesti<br />
scavati stratigraficamente, parzialmente editi 219 (fig. VIII.10e-f, capitolo VIII).<br />
In base a tali ritrovamenti le anfore greco italiche tipo IV sembrano attestate tra la fine del IV e gli inizi del III secolo<br />
a.C., mentre le V-VI/Dressel 1 A sono documentate principalmente nella prima metà del II a.C. 220<br />
Sicilia<br />
Le anfore greco italiche campane e del Golfo di Napoli sembrano essere documentate nei centri punici o di influsso<br />
punico della Sicilia. In alcuni siti della Sicilia meridionale, poi, compaiono bolli documentati anche a Ischia (si vedano<br />
gli elenchi del capitolo V).<br />
Gli scavi condotti da Orlandini e Adamesteanu a Gela 221, in alcuni quartieri della città ellenistica (abitati tra il 339 a.C.,<br />
momento di ricostruzione da parte di Timoleonte, e il 282 a.C., data della distruzione operata da Phintias), e a Manfria<br />
222 (dove fu portata alla luce una fattoria, abitata solo per circa un ventennio tra il 337 a.C. e il 310 a.C., quando fu<br />
incendiata 223) hanno permesso di recuperare anfore greco italiche, anche bollate, molte delle quali mostrano evidenti<br />
contatti con i contenitori di Ischia e del Golfo, confermati dalle analisi di laboratorio 224.<br />
Tra i materiali di Gela è attestato il bollo ΖΩ, noto a Ischia, a Napoli e sul Filicudi F (legato al tipo IV) e su anfore<br />
riportabili al tipo IV sono impressi i bolli ΛΕΠΤΙΝΑ e ΤΡΕ. Su di un’anfora di tipo V è documentato invece il bollo<br />
ΔΙΩΝ. Sono inoltre attestati i bolli XAPM retrogrado, dalle case ellenistiche di Gela (fine IV/inizi III secolo a.C.), il<br />
bollo MAMAP (da Capo Soprano) 225 e il bollo ΕΥΞΕΝΟΥ 226. Tra i bolli emersi dalle nuove indagini c’è anche XAPI 227,<br />
documentato anche sul Filicudi F (tav. 11b, 14g e fig. VIII.7-8a-u, capitolo VIII).<br />
A Manfria è presente il bollo XAΡMHΣ (in un contesto datato tra l’età di Timoleonte e Agatocle, 338-310 a.C.) 228 (tav.<br />
12g e fig. VIII.8v-z, capitolo VIII).<br />
A Lipari, anfore greco italiche, talora bollate, di tipo IV e V si ritrovano in tombe databili nel corso del IV secolo a.C. e<br />
nella prima metà del III secolo a.C. 229 (fig. VIII.1, capitolo VIII).<br />
Grecia<br />
Koroni<br />
Anfore greco italiche di tipo V sono state rinvenute nel campo di Koroni, in Attica, campo utilizzato per un periodo<br />
circoscritto durante la guerra cremonidea (267-261 a.C.) 230 e quindi con un appiglio cronologico sicuro (tav. VIII.12a,<br />
capitolo VIII). In base ai dati di questo sito, secondo il Görannson, le greco italiche tipo V sono databili nell’ambito di<br />
100 anni, tra il 350 e il 260 a.C. 231 (la data bassa è stata suggerita dalla datazione delle anfore rodie 232).<br />
corsica<br />
Aleria<br />
Le tombe di Aleria del periodo compreso tra la metà e la fine del IV secolo a.C. contengono anfore greco italiche di<br />
tipo IV e V, associate a ceramica a vernice nera precampana 233.<br />
III.5.3. Associazione di anfore greco italiche e ceramica a vernice nera: l’evidenza dei relitti eoliani<br />
<strong>estratto</strong><br />
L’anfora greco italica tipo IV è associata sul Filicudi F a ceramica a vernice nera, a qualche pezzo di comune e ad<br />
un’anfora punica 234.<br />
La ceramica a vernice nera è costituita da skyphoi, kylikes e da due coppe. Gli skyphoi sono genericamente attribuibili<br />
alla forma Lamboglia 43 e Morel 4373, documentati ampiamente in Campania, Magna Grecia e Sicilia tra il IV<br />
e il III secolo a.C. La recente tipologia realizzata dalla Pontrandolfo per il materiale di Paestum e di Pontecagnano<br />
permetterebbe di riportare gli skyphoi del relitto all’ultimo venticinquennio del IV e al primo venticinquennio del III<br />
secolo a.C. 235, datazione che corrisponde a quella delle anfore greco italiche tipo IV.<br />
I confronti più stringenti per questo skyphos riguardano il materiale di Capua rinvenuto nella necropoli di San Prisco,<br />
recentemente pubblicata 236.<br />
Anche per le kylikes non è stato individuato un confronto puntuale con la tipologia di Morel (si avvicinano al tipo<br />
4264a1); recipienti simili sono stati rinvenuti nelle necropoli dell’area di Napoli (si veda oltre, capitolo VII).
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 43<br />
Sul relitto Filicudi F è presente infine un’unica anfora punica: si tratta del tipo Ramon Torres T.6.1.1.1., la cui appartenenza<br />
al relitto è però messa in discussione 237.<br />
Lanfora tipo V è associato sul relitto della Secca di Capistello a ceramica a vernice nera antica 238 (per questa classe<br />
si rimanda al capitolo VII).<br />
III.6. Le anfore greco italiche tipo V e V/VI e la cronologia di alcuni relitti: problemi aperti<br />
<strong>estratto</strong><br />
Lo studio del materiale di Ischia e di altri siti e relitti pone alcuni quesiti di carattere generale inerenti la classificazione<br />
e la distinzione dei tipi V e V/VI e la datazione di relitti che trasportarono queste anfore.<br />
Le greco italiche del relitto della Secca di Capistello sono state considerate dal van der Mersch come il prototipo<br />
del tipo V 239, la cui cronologia è compresa tra gli ultimi anni del IV secolo e la prima parte del III secolo a.C. (320 -<br />
280/270 a.C. in particolare), in base all’attestazione di queste anfore in relitti e contesti di Magna Grecia e Sicilia 240.<br />
Indicazioni cronologiche vengono anche dal campo fortificato di Koroni 241, in Attica, dove il tipo V è documentato<br />
tra il 267 e il 261 a.C. 242. Se accettiamo l’opinione del Görannson 243, il tipo V, trattato dall’Autore insieme al tipo IV,<br />
sarebbe databile tra il 350 e il 260 a.C.<br />
Sempre il tipo V è documentato nella necropoli di Aleria, in Corsica, dove è stato rinvenuto in tombe di fine IV e prima<br />
metà III secolo a.C. 244<br />
Conferme di questa datazione vengono dal fatto che, molto spesso, nei siti di terra della Sicilia (Poggio Marcato di<br />
Agnone e Gela, ad esempio) e in Tripolitania, le anfore di tipo IV e V si trovano associate ad anfore “corinzie” B, la<br />
cui cronologia è compresa tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.<br />
Recenti ritrovamenti nell’area di Rimini, inoltre, riguardano molte anfore greco italiche di tipo V, di probabile produzione<br />
adriatica, in uno scarico datato con precisione al periodo compreso tra il 295 e il 268 a.C. 245<br />
Il van der Mersch fissa la circolazione del tipo V nella prima metà del III secolo a.C., datazione che pare confermata<br />
anche dai dati della necropoli di Portinenti a Lipari 246. A questo stesso periodo e, comunque, ad una fase precedente<br />
la prima guerra punica, l’Autore riconduce alcuni relitti con un carico di anfore tipo V, come la Torre della Meloria (prima<br />
metà del III secolo a.C.) e il Montecristo (290 ± 20 a.C.), gli stessi per i quali, però, è stata recentemente proposta<br />
una datazione più bassa (rispettivamente al 240-220 a.C. e al 250-220 a.C.) 247, che ha poi determinato a cascata la<br />
datazione anche di altri relitti, come ad esempio quella del relitto Bon Capò, nella Penisola Iberica.<br />
La rilettura delle pubblicazioni evidenzia, quindi, l’esistenza di opinioni differenti sulla cronologia di alcune imbarcazioni<br />
che hanno fatto naufragio tra la fine del IV e la prima metà del III secolo (come riassunto nella tabella della<br />
pagina che segue).<br />
Viene quindi spontaneo chiedersi come si sia arrivati alla datazione di alcuni relitti (ad esempio la Torre della Meloria<br />
o il Montecristo e di alcuni altri che avevano carichi simili come il Bon Capò 248 e il Cabrera 2 249). Il più delle volte la<br />
cronologia è stabilita in base alla datazione delle anfore e della ceramica a vernice nera.<br />
L’anfora viene definita come tipo V/VI; in diversi lavori recenti si fa infatti riferimento ad un’anfora di transizione tra<br />
il tipo V precedentemente descritto e il tipo VI, più recente, dal corpo affusolato e allungato, dal collo lungo, talora a<br />
tronco di cono rovesciato 250. Tale anfora “di passaggio” non sempre ha delle caratteristiche definite con certezza: pur<br />
conservando alcune caratteri peculiari del tipo V, ha collo più lungo e, soprattutto, orlo più inclinato e sembrerebbe<br />
preludere alle greco italiche recenti; viene pertanto considerata più recente e definita MGS V/VI 251.<br />
Questo tipo di anfora, rinvenuto sul relitto della Meloria, è stato datato al periodo 240-220 a.C. grazie alla associazione<br />
con ceramica a vernice nera, in particolare con kylikes di forma intermedia tra le Lamboglia 42 B e C (Morel<br />
F4152/4153) 252, oltre a coppe Lamboglia 27. Di conseguenza per un blocco di relitti che avevano a bordo quest’anfora<br />
è stata proposta una sequenza cronologica “a cascata”, scandita al venticinquennio: Montecristo, Meloria A,<br />
Tour Fondue e Bon Capò, dal 250 al 220 a.C. 253; Sanguinaires A, Cala Rossa e Tour d’Agnello, a seguire, datati al<br />
periodo 230-200 a.C. 254. Tale sequenza cronologica non corrisponde però, come si è detto, a quella che era stata<br />
precedentemente proposta dal van der Mersch e, per alcuni relitti specifici 255, anche da altri autori.<br />
Il riesame dei dati bibliografici portati a sostegno delle datazioni basse sia della Torre della Meloria che del Montecristo,<br />
basate sulla ceramica a vernice nera e sulle stesse anfore, non si è rivelato pienamente dirimente. Le kylikes<br />
a vernice nera non hanno una datazione circoscritta; tipi simili sembrerebbero essere spesso documentati e diffusi<br />
anche in contesti più antichi, il tipo 42B in particolare 256.<br />
Le anfore greco italiche del Relitto della Meloria, poi, sono datate alla metà del III secolo a.C. in base a confronti con<br />
esemplari dal deposito di Camarina 257 (la cui datazione è probabilmente da collocare prima del 258 a.C., data della<br />
distruzione della città da parte dei Romani) e con esemplari della Tour Fondue e di altri relitti che sono quelli di cui si<br />
vorrebbero poter verificare le datazioni 258.
44 c a p i to l o iii<br />
Relitto Autori dello scavo / prima<br />
pubblicazione<br />
Cala del Diavolo (Isola di<br />
Montecristo, Livorno)<br />
Tour Fondue (Penisola di<br />
Giens, Francia)<br />
Relitto della Torre, Secche di<br />
Meloria (Livorno)<br />
Metà III secolo a.C. o poco prima<br />
(Maggiani 1982)<br />
Metà del III sec. a.C. (Joncheray<br />
1989, Dangréaux 1993-96)<br />
Metà III secolo a.C.<br />
(Bargagliotti et al. 1997)<br />
Terrasini B (Palermo) Metà III secolo a.C.<br />
(Purpura 1974, Giustolisi 1975)<br />
Cabrera B / 2 (Isole Baleari,<br />
Spagna)<br />
L’Ametlla de Mar, Bon Capò<br />
(Tarragona, Spagna)<br />
Tour d’Agnello (Cap Corse,<br />
Corsica)<br />
Cala Rossa (Porto Vecchio,<br />
Corsica)<br />
Pointe Lequin 2 (Porquerolles,<br />
Francia)<br />
Tra la seconda metà del IV secolo<br />
a.C. e l’inizio del III secolo a.C.<br />
(Veny, Cerda 1972)<br />
III-II secolo a.C.<br />
(Vilaseca 1957-58)<br />
“Abbastanza alto nel III secolo<br />
a.C.”<br />
(Liou 1982, p. 454)<br />
III o inizio del II secolo a.C.<br />
(Tchernia 1969, p. 496)<br />
Fine del III secolo a.C.<br />
(DRASM 1985 e Pomey et al.<br />
1989)<br />
Tabella III.4: Le datazioni di alcuni relitti con i carichi di greco italiche.<br />
<strong>estratto</strong><br />
van der Mersch 1994 Altri autori<br />
e 2001<br />
ca. 290 a.C. (± 20) • ca. 300 a.C. (Morel 1985, pp. 176-177; Id. 1997,<br />
p. 222 nota 58; van der Mersch 2001, p. 177)<br />
• 250-240 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
• non oltre il 250-240 (Long 2004, p. 146)<br />
• 250-225 (Cibecchini 2007, p. 53)<br />
prima metà del III secolo • 240-220 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
a.C.<br />
• 310-260 a.C. (Parker 1992)<br />
• 220-200 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
ca. 250 a.C. (± 20) • seconda metà del III secolo a.C. (Nolla, Nieto<br />
1989, p. 376)<br />
• ca. 225-200 a.C. (Guerrero Ayuso et al. 1989, p.<br />
125)<br />
• 225-210 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
• 210-190 a.C. (Ramon Torres 1995, p. 62)<br />
• ca. 200 a.C. (Ramon Torres 1994, p. 27)<br />
ca. 260 a.C. (± 20) • fine del III secolo a.C. (Nolla, Nieto 1989, p. 374)<br />
• 240-220 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
• 230-200 a.C. (Asensio i Vilaro, Martín i Menéndez<br />
1998)<br />
ca. 240 a.C. (± 20) • 300-275 a.C. circa (Parker 1992, p. 431)<br />
• 210-200 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
ca. 240 a.C. (± 20) • 230-210 a.C. (Cibecchini 2007, Cibecchini et al.<br />
2007)<br />
ca. 240 a.C. (± 20) • 210-200 a.C. (Long 2004, pp. 149-150)<br />
• 210-190 a.C. (Cibecchini 2007)<br />
• ca. 200-150 a.C. (Parker 1992, p. 323)<br />
Il relitto della Tour Fondue, ad esempio, è datato in base alla presenza di una coppa a pasta chiara massaliota intorno<br />
al 250 a.C.; secondo L. Long la datazione di questo relitto non può essere abbassata oltre il 250/240 a.C. per la<br />
presenza di un’anfora massaliota Bertucchi 5 e per i bolli greci sulle greco italiche 259.<br />
Il recente esame delle anfore del Relitto della Secca di Capistello, infine, ha permesso di evidenziare che, nell’ambito<br />
di un medesimo carico, sono comprese anfore dalle caratteristiche un po’ differenti; se queste anfore fossero<br />
considerate separatamente, potrebbero condurre all’attribuzione di alcuni esemplari al tipo V e di altri al tipo V/VI; tali<br />
differenze sono probabilmente dovute al fatto che i recipienti sono stati prodotti da officine e/o ceramisti diversi, ma<br />
probabilmente nella stessa area, forse in un lasso di tempo non lontano, se fanno parte dello stesso carico.<br />
Inoltre, alcune delle anfore attribuite al tipo V rinvenute nelle tombe della necropoli di Lipari 260, la cui datazione è<br />
compresa tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a.C., non sembrerebbero presentare differenze morfologiche<br />
significative rispetto a quelle rinvenute nei relitti datati al periodo 250/220 a.C. 261<br />
Pur ammettendo l’esistenza di tipi di transizione documentati anche da esemplari di passaggio dal tipo III al IV, ci si<br />
chiede in definitiva se siano state sempre ben interpretate le differenze morfologiche che separerebbero il tipo V dal<br />
VI e se, soprattutto, sia sempre possibile leggere le variazioni formali del tipo V -V/VI in termini di cronologia.<br />
Un esempio di come sia stata interpretata in modo differente la tipologia di una stessa anfora è dato proprio dalle<br />
greco italiche del relitto di Montecristo: alcuni autori (van der Mersch, Corsi e Morel) le datano alla prima metà del III<br />
secolo a.C. per affinità con quelle della Secca di Capistello, altri le inseriscono nella serie dei relitti datati alla seconda<br />
metà del III secolo a.C. e le attribuiscono al tipo V/VI 262.<br />
In realtà, da un confronto solo bibliografico, pare che le anfore bollate in greco della Meloria A, della Tour Fondue e<br />
quelle del Relitto di Montecristo siano simili tra loro e, in qualche caso, accostabili a esemplari della Secca di Capistello;<br />
se così fosse, sarebbe forse preferibile seguire la cronologia “alta” proposta dal van der Mersch per il gruppo<br />
di relitti Montecristo, Meloria A, Bon Capò e Tour Fondue, la cui provenienza dalla Campania sembra accertata dalle<br />
analisi mineralogiche effettuate sulle anfore del Bon Capò e della Tour Fondue nell’ambito di questo lavoro 263.<br />
Pare quindi opportuno raccogliere dati ulteriori sui tipi anforici, fin tanto che le differenze morfologiche non saranno<br />
comprese meglio e in attesa che contesti scavati con metodo stratigrafico apportino elementi dirimenti alla datazione.<br />
Va comunque anche presa in considerazione l’ipotesi che, in alcuni casi, le differenze morfologiche riscontrabili nelle<br />
anfore tipo V e V/VI siano da attribuire alla fabbricazione in centri diversi di un medesimo “tipo”.
NOTE<br />
1 Il collegamento tra il quartiere di Santa Restituta di Lacco<br />
Ameno e la produzione di greco italiche è recente, Olcese et<br />
al. 1996, Olcese 2004 e 2007.<br />
2 Di Sandro 1986; Albore Livadie 1985, l’Autrice, a mio parere<br />
correttamente, attribuisce a Pithecusa le anfore tipo 1/2 rinvenute<br />
a Nuceria, datate al periodo compreso tra la fine del VII e<br />
gli inizi del VI secolo a.C. (p. 93 e p. 131).<br />
3 Pithekoussai I, tombe 344 e 461.<br />
4 Provenienti dalle tombe 281 e 287.<br />
5 Durando 1998.<br />
6 Notizie di Don Pietro Monti; per le ceramiche tardo antiche di<br />
Lacco, D’Agostino, Marazzi 1985.<br />
7 Si ritiene che le greco italiche contenessero vino. Come si<br />
è detto (nota 13 cap. II), però, non mancano attestazioni di<br />
altri prodotti trasportati all’interno di questi contenitori: le anfore<br />
del relitto della Secca di Capistello, ad esempio, pare trasportassero<br />
uva, pistacchi, olive e fibre non identificate Frey et al.<br />
1978, p. 289 (si deduce che si tratta di ipotesi); Parker 1992,<br />
p. 396.<br />
8 Finkielsztejn 2006, p. 32.<br />
9 Olcese et. al. 1996.<br />
10 Al volume di prossima pubblicazione si rimanda per la discussione<br />
relativa alle fornaci e per i riferimenti bibliografici<br />
completi.<br />
11 Si vedano a questo proposito le osservazioni di Y. Garlan,<br />
Garlan 2000, pp. 33 e seguenti.<br />
12 Si veda il cap. VI.<br />
13 Ateneo, Il banchetto dei Sofisti, XII, 519d.<br />
14 Questo argomento, trattato ampiamente dalla bibliografia -<br />
a titolo di esempio si ricordano Monti 1980, Buchner 1994 -<br />
è ripreso nel volume in corso di edizione che farà seguito a<br />
questo.<br />
15 Monti 1980, p. 161.<br />
16 Si veda la carta pubblicata in Garlan 2000, p. 39 fig. 17.<br />
17 Empereur, Tuna 1989; Garlan 2000, p. 45 e fig. 18.<br />
18 La datazione è stata ottenuta da M. Martini e E. Sibilia con il<br />
metodo della termoluminescenza. I dati saranno pubblicati nel<br />
secondo volume dedicato al quartiere artigianale.<br />
19 L’incertezza è data dal fatto che il più delle volte si tratta di<br />
frammenti di orlo.<br />
20 Van der Mersch 1994 e 2001.<br />
21 L’indagine allargata alle anfore greco italiche di altri siti e di<br />
alcuni relitti ha fatto emergere numerose incongruenze nell’organizzazione<br />
tipologica generale della classe - evidenti sono<br />
in alcuni casi le diversità morfologiche nell’ambito di anfore attribuite<br />
allo stesso tipo. Lo scopo di questo studio non è però<br />
né una revisione del problema tipologico né la creazione di<br />
una tipologia che sarà possibile solo con lo studio accurato di<br />
siti scavati stratigraficamente.<br />
22 Per i bolli di Ischia, Buchner 1997; Olcese 2004. I bolli in<br />
greco sulle anfore e sui laterizi di Santa Restituta sono 255,<br />
quelli di scarico Gosetti/Monte Vico sono 87, 12 sono quelli<br />
della necropoli.<br />
23 Lepore in Storia di Napoli I, cap. III, p. 252.<br />
24 I Teg.4 - 247285, con impasto un po’ diverso da quello delle<br />
anfore.<br />
25 L’analisi chimica non è stata dirimente in quanto il campione<br />
(ISC 634) si colloca alla fine della cluster, in posizione<br />
marginale.<br />
26 Lo studio di questi reperti confluirà nell’altro volume in corso<br />
di preparazione.<br />
27 I risultati completi verranno presentati nel volume succes-<br />
sivo.<br />
28 A proposito dello scarico Gosetti si veda il testo di Buchner,<br />
in Di Sandro 1986. Si tratta del riempimento di una frattura<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 45<br />
della montagna, costituito da moltissima ceramica intenzionalmente<br />
lì riversata e la cui cronologia è molto ampia.<br />
29 Per questo motivo il catalogo delle anfore e dei bolli rispecchia<br />
le aree di rinvenimento.<br />
30 Una revisione del carico dei relitti Filicudi F e Secca di Capistello<br />
è in corso presso il Museo di Lipari nell’ambito del progetto<br />
<strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong> (www.immensaaequora.org).<br />
31 Le condizioni in cui è avvenuto lo scavo rendono inutili le<br />
procedure di quantificazione.<br />
32 Fienkielsztejn 2006, p. 24.<br />
33 Fienkielsztejn 2002 e 2006, p. 28.<br />
34 In effetti verifiche sono programmate per le anfore dei relitti<br />
eoliani.<br />
35 Empereur, Hesnard 1987, p. 28.<br />
36 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda<br />
ai capitoli IV e V e ai cataloghi.<br />
37 Adamesteanu 1958, p. 307.<br />
38 Jehasse, Jehasse 1973, pl. 143, n. 357; per il bollo pl. 170<br />
n. 357, dalla tomba 33 datata al 300-275 a.C. (p. 38).<br />
39 Per le immagini dei bolli e dei tipi vedere le tavole alla fine del<br />
cap. V. Per altri bolli del tipo III, van der Mersch 1994, p. 70.<br />
40 Will 1982, p. 342.<br />
41 Negli esemplari bollati Γ/ΠAP corona M, superiormente è<br />
bombato, mentre in altri casi ha un leggero avvallamento sul<br />
lato superiore. Si veda la scheda del cap. V.<br />
42 Si potrebbe trattare di una traccia di lavorazione o di una<br />
indicazione numerica.<br />
43 Per il formato piccolo si veda la figura dell’esemplare siciliano<br />
esposto al museo di Licata, fig. VIII.6g nel cap. VIII. Anche<br />
tra le anfore del relitto Filicudi F esistono recipienti di misure<br />
diverse, ma sempre pertinenti al modulo più grande (per le<br />
misure delle anfore del Filicudi F si veda anche il cap. VII.1).<br />
44 Un intervento effettuato da Don Pietro Monti a metà degli anni<br />
’90 per installare una vetrina nei pressi della fornace n. 5 aveva<br />
permesso di recuperare molti frammenti di anfore greco italiche.<br />
45 Scavi coordinati da D. Giampaola, materiale in corso di studio<br />
da parte di L. Pugliese.<br />
46 Del relitto si parla più diffusamente nel cap. VII.<br />
47 Si discosta leggermente da questi esemplari l’anfora con<br />
bollo XAPI (17635, alta 70 cm e dal collo lungo 14 cm).<br />
48 Jehasse, Jehasse 1973, p. 38.<br />
49 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda<br />
al capitoli IV e V e ai cataloghi.<br />
50 Jehasse, Jehasse 1973, tav. 142 n. 1322, tomba 70.<br />
51 Materiali visionati direttamente grazie alla cortesia di L.<br />
Pugliese (per concessione di D. Giampaola); Febbraro, Giampaola,<br />
Atlante c.s.<br />
52 Olcese 2007, pp. 66-67; cap. VII in questo stesso volume.<br />
53 Devo l’informazione a L. Pugliese; Febbraro, Giampaola,<br />
Atlante c.s.<br />
54 Si veda la nota precedente.<br />
55 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. da un contesto di inizi III<br />
secolo a.C.<br />
56 Olcese 2007, p. 65; cap. VII in questo stesso volume.<br />
57 A Gela è attestato un bollo ZΩ su ansa (Adamesteanu, Orlandini<br />
1956, p. 348 n. 2); su di un frammento di anfora tipo IV<br />
è attestato un bollo che è simile a ZΩ ma l’omega ha un punto<br />
centrale, come fosse una Θ, S. Giunta in corso di studio (si<br />
veda anche il cap. VIII, p. 289).<br />
58 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 356 n. 5 (anfora tipo B),<br />
visionato direttamente; S. Giunta in corso di studio (si veda<br />
anche il cap. VIII, p. 289).<br />
59 De Miro, Fiorentini 1977, p. 42 fig. 57 (tomba 5, anfora<br />
n. 56).<br />
60 Barra Bagnasco 1989, p. 95 n. 24, tav. XXXVII n. 24.<br />
61 Olcese 2007, p. 65; cap. VII, in questo stesso volume.<br />
62 Pepoli 1885, tav. V n. 9.<br />
<strong>estratto</strong>
46 c a p i to l o iii<br />
63 Olcese, in corso di studio (si veda anche il cap. VII in questo<br />
stesso volume).<br />
64 S. Giunta, in corso di studio (si veda anche il cap. VIII, p.<br />
289); il bollo ΠΟΣΕΙ è attestato anche a Selinunte, Salinas<br />
1884, p. 329.<br />
65 S. Giunta, in corso di studio (si veda anche il cap. VIII, p.<br />
289).<br />
66 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., 10 frammenti da un contesto<br />
di fine IV/inizi III secolo a.C.<br />
67 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Si tratta di ca. 30 esemplari<br />
da contesti di fine IV/inizi III secolo a.C.<br />
68 Olcese 2007, p. 68.<br />
69 Adamesteanu 1958, p. 308. Si veda anche il testo di<br />
S. Giunta, p. 289.<br />
70 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
71 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., per gli autori è incerto se<br />
si tratti di un tipo IV, da un contesto di inizi III secolo a.C.<br />
72 Campagna 2000, p. 455 n. 73. È incerto se sia un tipo IV<br />
o V.<br />
73 È incerto se appartenga al tipo III o IV o a una forma inter-<br />
media.<br />
74 Visionato direttamente nel Museo di Camarina (CAM<br />
26.10.87). È incerto se si tratti di un’anfora di tipo IV o V.<br />
75 Visionati direttamente ai magazzini di Eraclea (AGS 3881).<br />
È incerto se si tratti di un’anfora di tipo IV o IV/V.<br />
76 Jannoray 1955, p. 327, n. inv. 1952.345, silos 3, ENS 13.<br />
77 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., per gli Autori è incerto se<br />
si tratti di un tipo IV, da un contesto di fine IV inizi III secolo a.C.<br />
78 Wolff 1986 a, p. 148 fig. 9.<br />
79 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., per gli Autori è incerto se<br />
si tratti di un tipo IV, da un contesto di fine IV inizi III.<br />
80 Per le immagini dei bolli e dei tipi vedere le tavole alla fine<br />
del cap. V.<br />
81 Lo scopo del paragrafo non è quello di riportare tutti i confronti<br />
bensì di considerare i siti in cui sono stati effettuati i<br />
controlli nell’ambito di questo progetto. Figure e fotografie dei<br />
materiali citati sono raccolte nei cap. VII e VIII e nelle tavv.<br />
11-12.<br />
82 Ho potuto vedere le anfore degli scavi napoletani grazie<br />
alla cortesia delle colleghe Giampaola, Febbraro e Pugliese.<br />
83 Si tratta di un’anfora recuperata casualmente, conservata<br />
nei magazzini del Museo di Paestum, bollata con un bollo non<br />
ben leggibile (si veda la fig. VIII.10a, nel cap. VIII).<br />
84 Si veda il cap. VII.1.<br />
85 Campagna 2000, p. 450, tombe 2538 e 2442 (350-325<br />
a.C.).<br />
86 Adamesteanu, Orlandini 1956 e 1960; i materiali di Gela<br />
sono in corso di revisione a cura di Stefania Giunta per una<br />
tesi di dottorato, si veda oltre in questo stesso volume (cap.<br />
VIII).<br />
87 Pelagatti 1984-85, pp. 687-692; ulteriori verifiche, mirate a<br />
indagare gli impasti e a studiare i bolli, sono state effettuate al<br />
Museo di Camarina.<br />
88 Le anfore sono attribuite, probabilmente erroneamente, al<br />
tipo VI da van der Mersch (van der Mersch 1994, p. 82). Per le<br />
poche analisi effettuate a Camarina, si veda il cap. VIII.<br />
89 Bisi 1969-70, p. 196, fig. 9, tav. LVI.4; Bisi 1971, tav. I, foto<br />
n. 2 (terzo esemplare da sinistra), tav. II n. 2.<br />
90 Di questo esemplare non si possiede il disegno ma solo<br />
una fotografia.<br />
91 Jannoray 1955, p. 327, silos 3, p. 12, scavi 1952, analisi<br />
ENS 13.<br />
92 Jehasse, Jehasse 1973, p. 366; in seguito a una visita del<br />
Museo di Aleria ho ricevuto dal dott. Ottaviani, che ringrazio<br />
per la disponibilità, una tabella riassuntiva dei dati sulle anfore<br />
nella necropoli di Aleria. Da questa risulta la presenza di 16<br />
anfore greco italiche (non viene operata una distinzione tra i<br />
tipi) dalla necropoli T 1 / T 2, oltre alle cinque già segnalate dal-<br />
<strong>estratto</strong><br />
lo Jehasse (si tratta per lo più dei tipi IV e V). Molte di queste<br />
anfore conservano la caratteristica “ditata”.<br />
93 I caratteri del bollo ANΔР (tav. 11a e cap. V, p. 92) sono<br />
molto simili a quelli del bollo ANΔРΩ attestato ad Ischia su di<br />
un’anfora di tipo V o V/VI (si veda oltre, il tipo V). Il controllo diretto<br />
degli impasti della anfore esposte ad Aleria ha permesso<br />
di stabilire la somiglianza con gli esemplari di Ischia e Napoli.<br />
94 Van der Mersch 1994, p. 76. Per gli esemplari della Secca<br />
di Capistello si veda il cap. VII in questo volume.<br />
95 Will 1982, p. 342.<br />
96 La provenienza non è purtroppo indicata ma si tratta di<br />
un’anfora rinvenuta ad Ischia (comunicazione della Dott.ssa<br />
Gialanella).<br />
97 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda<br />
ai capitoli IV e V e ai cataloghi.<br />
98 Tipo V o V/VI.<br />
99 Campagna 2000, p. 455 n. 73. È incerto se sia un tipo IV o V.<br />
100 Blanck 1978; Olcese 2007.<br />
101 Tipo V e IV/V-V (?).<br />
102 Tipo IV/V-V (?).<br />
103 Blanck 1978; Olcese 2007.<br />
104 Martín Camino 1996, p. 17.<br />
105 S. Giunta, studio in corso (si veda anche il cap. VIII, p.<br />
289).<br />
106 È incerto se si tratti di tipo IV o IV/V. Visionato direttamente<br />
nei magazzini di Eraclea (si vedano i capitoli V e VIII).<br />
107 Blanck 1978.<br />
108 È incerto se si tratti di tipo IV o IV/V. Visionato direttamente<br />
nei magazzini di Eraclea (si vedano i capitoli V e VIII).<br />
109 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. da un contesto di inizi<br />
III secolo a.C.<br />
110 Campagna 2000, p. 468 n. 50.<br />
111 Jehasse, Jehasse 1973, p. 194 n. 357.<br />
112 Van der Mersch 1994, p. 172.<br />
113 Campagna 2000, p. 470 n. 56.<br />
114 Blanck 1978.<br />
115 Anfora esposta nel Museo di Panarea; devo l’informazione<br />
a D. Galassi che ha concluso una tesi di laurea sul relitto Roghi<br />
di Panarea (Le Formiche).<br />
116 Il bollo viene attribuito, probabilmente per un errore, alle<br />
anfore tipo IV nell’elenco del van der Mersch 1994, p. 174.<br />
117 Blanck 1978; Olcese 2007.<br />
118 Blanck 1978; Olcese 2007.<br />
119 Romualdi (a cura di) 1992, p. 168 n. 50 (testo p. 167<br />
n. 5).<br />
120 Blanck 1978.<br />
121 Dangréaux 1993-96, tipo V o V/VI.<br />
122 Jannoray 1955, p. 327.<br />
123 Martín Camino 1996, pp. 15 e seguenti; Marquez Villora,<br />
Molina Vidal 2005, p. 336; il bollo è attribuito dagli Autori al tipo<br />
V sulla base del confronto con il materiale della Secca di Capistello,<br />
in quanto a Cartagena è conservata solo l’ansa.<br />
124 Visionato direttamente nel Museo di Camarina (CAM<br />
26.10.87). È incerto se si tratti di un’anfora di tipo IV o V.<br />
125 Tipo V o V/VI.<br />
126 Bisi 1969-70, p. 208, 18; Di Vita 1969-70, p. 230.<br />
127 Martín Camino 1996, p. 37; Marquez Villora, Molina Vidal<br />
2005, p. 336.<br />
128 Van der Mersch 1994, p. 171.<br />
129 Riis (a cura di) 1979, p. 56.<br />
130 Campagna 2000, p. 468 n. 52.<br />
131 Visionato direttamente nei magazzini di Eraclea.<br />
132 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s., un bollo e due punzoni<br />
da un contesto di seconda metà III secolo a.C.<br />
133 Bargagliotti et al. 1997; Cibecchini 2002.<br />
134 Campagna 2000, p. 470 n. 55.<br />
135 Bollo visionato direttamente.<br />
136 Dangréaux 1993-96.
137 Per le immagini dei bolli e dei tipi vedere le tavole alla fine<br />
del cap. V.<br />
138 Le analisi sulle anfore di Bon Capò, i cui risultati sono in<br />
corso di elaborazione, sono state possibili grazie alla collaborazione<br />
di D. Asensio; quelle della Tour Fondue grazie a B.<br />
Dangréaux.<br />
139 Olcese, Thierrin Michael 2009; si veda anche il testo di I.<br />
Iliopoulos in questo volume, cap. VI.<br />
140 Figure e fotografie dei materiali citati sono raccolte nelle<br />
tavole dei cap. VII e VIII e nella tavv. 13-14.<br />
141 Gailledrat et al. 2008. Uno studio completo sulle anfore di<br />
Pech Maho, mirato a distinguere quali siano da attribuire all’inizio<br />
del III secolo a.C. e quali invece all’epoca della distruzione,<br />
non è stato ancora effettuato.<br />
142 Karthago III, p. 124, Abb. 17 n. 24.<br />
143 Colonna Di Paolo, Colonna 1978, tomba PA 65, datata alla<br />
seconda metà del III secolo a.C., tav. CCCXCIX, 2.<br />
144 Materiale della necropoli esposto nel Museo di Vulci e conservato<br />
nel magazzino.<br />
145 Romualdi (a cura di) 1992, p. 168, nn. 50, 51, 52.<br />
146 Incitti 1986, pp. 195-198, che ipotizza trattarsi di un relitto;<br />
Parker 1992, p. 284.<br />
147 Dati inediti, in corso di studio archeometrico da parte di I.<br />
Iliopoulos nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>.<br />
148 Casale Bernocchi CB 53, inedito.<br />
149 Proprietà Schiappa, Lonardo, Atlante c.s.<br />
150 Necropoli di Piscinola (Sessa Aurunca), fine IV/inizi III secolo<br />
a.C. Ringrazio le dott.sse Ruggi e De Filippis che mi hanno<br />
mostrato il materiale di questa interessantissima necropoli<br />
in corso di studio.<br />
151 Capua-Curti, Albergo degli Anziani, dati inediti.<br />
152 Per la bibliografia si veda oltre, nel cap. VII.<br />
153 Per questo relitto si veda il cap. VII.<br />
154 Frost et al. 1981; non è chiaro se si tratti del relitto di una<br />
nave, forse da guerra, o di una frequentazione. Sull’anfora è<br />
impresso un bollo in latino, si veda oltre il cap. VII.3.1.<br />
155 Veny, Cerdà 1972, p. 312 fig. 4. Per il relitto sono state<br />
proposte diverse datazioni, vedere la tabella nel par. III.6.<br />
156 Il Maggiani data il relitto intorno o poco prima della metà del<br />
III secolo a.C. (Maggiani 1982, p. 66). La Corsi propende invece<br />
per gli inizi del III secolo a.C. (Corsi 1998), datazione non condivisa<br />
dalla Cibecchini (Cibecchini 2002, p. 214 nota 21).<br />
157 Per notizie più approfondite sulla circolazione, si veda il<br />
cap. VII.<br />
158 Van der Mersch 1994, p. 79.<br />
159 In particolare il campione è un “loner” ma vicino al gruppo<br />
II di Iliopoulos.<br />
160 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Il bollo su sostegno, attualmente<br />
inedito, mi è stato mostrato dalle colleghe Febbraro<br />
e Pugliese.<br />
161 Analisi mineralogiche in corso di studio.<br />
162 Ringrazio la dott.ssa V. Sampaolo per avermi consentito di<br />
prendere visioni di alcuni materiali dal territorio di Capua.<br />
163 Lonardo, Atlante c.s. Per ulteriori analisi su Dressel 1 da<br />
Mondragone, progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong> e Thierrin Michael<br />
1992.<br />
164 Olcese, Thierrin Michael 2009.<br />
165 Lettura dei dati di I. Iliopoulos nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong><br />
<strong>Aequora</strong>.<br />
166 Pithekoussai I, tomba 31 (tav. 38).<br />
167 Pithekoussai I, tomba 124 (tav. 38).<br />
168 Febbraro et al. c.s. a; Febbraro in Febbraro et al. c.s. b.<br />
169 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
170 La datazione è quella proposta in Febbraro, Giampaola<br />
2009 e non corrisponde a quella da me segnalata erroneamente<br />
in Olcese 2007.<br />
<strong>estratto</strong><br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 47<br />
171 Bargagliotti, Cibecchini 1998; Cibecchini 2002; Cibecchini<br />
2007. Un bollo ΣIM è attestato anche tra anfore di Corcyra,<br />
Calvet 1972, fig. 111 n. 103.<br />
172 Studi in corso nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>;<br />
si veda a questo proposito il testo di I.Iliopoulos in questo volume<br />
(cap. VI).<br />
173 Per la descrizione dei bolli e le relative immagini si rimanda<br />
ai capitoli IV e V e ai cataloghi.<br />
174 Dalla tomba 124 della necropoli di San Montano, Pi-<br />
thekoussai I.<br />
175 Febbraro, Giampaola, Atlante, c.s.<br />
176 Tomba 31 della necropoli di San Montano, Pithekoussai I.<br />
177 Van der Mersch 1994, p. 176.<br />
178 Cat. IIIA.2 (= IIIB.3), IS4.<br />
179 Da Ischia SG 292, gruppo mineralogico IIIc e IS4 gruppo<br />
mineralogico IIc; da Napoli (ACKΛHΠI) gruppo mineralogico<br />
IIa; è stato analizzato anche un campione da Ensérune (ENS<br />
15) ma solo chimicamente (insieme chimico F).<br />
180 Si veda il testo di I. Iliopoulos (cap. VI).<br />
181 Gruppo IV di Iliopoulos.<br />
182 Si tratta del pezzo SR 170/247201 (cat. I B.21 = I A.10).<br />
183 Si tratta del bollo M 155/247187 (ΔAMA) (cat. I B.69).<br />
184 SR 170/247201 (ISC 644) (cat. I B.21 = I A.10).<br />
185 247297 (ISC 637), tipo IV (cat. I B.213 = I A.12).<br />
186 Garlan c.s., p. 7.<br />
187 SR 191 (cat. I B.3).<br />
188 A 46 LT di scarico Gosetti (cat. II B.11).<br />
189 SR1801 (cat. I B.44)<br />
190 ISC 733, 737, 730 (247192 APIΣTOK, ISC 621 ΞEN TPE<br />
dal forno 5).<br />
191 Diverso è, ad esempio, il punzone in argilla ritrovato a<br />
Napoli negli scavi della Metropolitana, in corso di studio da<br />
S. Febbraro, Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
192 Per le scoperte di Napoli, Giampaola 2006; Giampaola,<br />
Carsana 2007; Febbraro et al. c.s. b; Febbraro, Giampaola<br />
2009; Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Lo studio sulle anfore<br />
è in corso da parte di L. Pugliese.<br />
193 In corso di studio da parte di L. Pugliese. Non è certo se si<br />
tratti di materiali di produzione locale.<br />
194 Febbraro, Giampaola, Atlante, c.s.<br />
195 Carsana 2004; Carsana et al. 2007.<br />
196 Laforgia 1997; Soricelli et al. 1994.<br />
197 Buchner, Rittmann 1948, p. 45.<br />
198 Febbraro, Giampaola 2009.<br />
199 Si tratta del campione 247204 (cat. I B.49).<br />
200 Non è attualmente possibile escludere che argille di altre<br />
zone di Ischia abbiano tali caratteristiche.<br />
201 Lepore 1952; Lepore in Storia di Napoli I (con bibliografia<br />
precedente). M. Crawford ritiene invece che nel periodo in questione<br />
Ischia dipendesse da Cuma e facesse parte dell’ager<br />
publicus (comunicazione personale; si veda il cap. I nota 28).<br />
202 Analogamente alla situazione decritta nella Grecia di età<br />
ellenistica (Garlan 2000, pp. 76-78; Finkielsztejn 2006, p. 28).<br />
203 Göransson 2007, pp. 133-134: secondo l’Autore, allo stesso<br />
modo, sono vicine nel tempo le produzioni medio-tarde del<br />
tipo V e le prime tipo VI.<br />
204 Bisi 1969-70 e 1971.<br />
205 Anche sul relitto Filicudi F, associata ad anfore di tipo IV,<br />
è documentata un’anfora “punica” a siluro che compare anche<br />
nelle tombe di Mellita.<br />
206 La ceramica a vernice nera è rappresentata da una coppa<br />
a orlo rientrante e decorazione a fascia, simile ad alcuni esemplari<br />
rinvenuti ad Ischia (Bisi 1969-70, fig. 16 n. 10).<br />
207 Anfore “corinzie” sono state prodotte anche a Corcyra,<br />
come hanno dimostrato gli studi di D. Kourkoumelis (Kourkoumelis<br />
1997 e Colloque Athènes 2010) e anche gli studi archeometrici,<br />
che ridimensionerebbero la produzione di Corinto;
48 c a p i to l o iii<br />
Whitbread 1995, pp. 278-285, 344-346. Per le anfore corinzie,<br />
Koehler 1979, pp. 39-40.<br />
208 Bisi 1971, p. 26; Göransson 2007, p. 128.<br />
209 Göransson 2007, p. 128 e nota 282.<br />
210 Aleria n. 1322, tomba 70 - n. 357; Jehasse, Jehasse 1973,<br />
pl. 142, n. 1322, pl. 143.<br />
211 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
212 IS 3, loner, vicino al gruppo II (testo Iliopoulos, cap. VI).<br />
213 Bisi 1969-70, p. 208 n. 18.<br />
214 Göransson 2007, p. 226.<br />
215 De Miro, Fiorentini 1977, tomba 5 a; in questo caso l’anfora<br />
è bollata ΛEΠTINA, un bollo che compare anche su una<br />
anfora tipo IV di Gela, con impasto simile a quello delle anfore<br />
di Ischia.<br />
216 Dati inediti dal progetto in corso (<strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
217 Göransson 2007, p. 226.<br />
218 Si veda la nota 150.<br />
219 Febbraro, Giampaola 2009; Febbraro, Giampaola, Atlante,<br />
c.s.; Febbraro et al. c.s. b.<br />
220 Febbraro Giampaola, Atlante c.s.; Febbraro et al. c.s.b.<br />
221 Per Gela si veda l’approfondimento di S. Giunta nel cap.<br />
VIII, pp. 288-289.<br />
222 Adamesteanu 1958.<br />
223 Adamesteanu 1958.<br />
224 Tali affinità erano già emerse durante le prime fasi del progetto<br />
sui materiali di Santa Restituta, per una prima notizia,<br />
Olcese 2004.<br />
225 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 348, n. 3.<br />
226 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 361, fig. 5.<br />
227 S. Giunta, tesi di dottorato.<br />
228 Adamesteanu 1958.<br />
229 Campagna 2000, p. 450, tombe 2538 e 2442 (350-325<br />
a.C.).<br />
230 Grace 1963, p. 327; Grace 1974, p. 197.<br />
231 Görannson 2007, p. 134.<br />
232 Grace 1963, Grace 1974; Görannson 2007, pp. 133-134.<br />
L’anfora di Koroni era stata in un primo momento datata intorno<br />
al 300; in seguito alla revisione della cronologia dei bolli rodii,<br />
la Grace ha abbassato la data delle anfore rodie di Koroni<br />
intorno al 270 a.C. G. Finkielsztejn ha ulteriormente abbassato<br />
tale datazione al 267-265 a.C. e, di conseguenza, secondo<br />
Görannson anche le MGS V di Koroni hanno probabilmente la<br />
stessa cronologia.<br />
233 Si veda il cap. VIII, par. VIII.4.<br />
234 Ramon Torres 1995, T-6.1.1.1, datata alla fine del IV - prima<br />
metà del III secolo a.C. in base al resto del carico.<br />
235 Pontrandolfo 2000; per Fratte, Serritella et al. 2009, p. 111<br />
fig. 18.<br />
236 Benassai 2004, p. 204, tombe 1, 7, 39.<br />
237 Ramon Torres 1995, p. 134; in realtà la Pallarés che sta<br />
riesaminando i dati di scavo del Filicudi F ritiene che, per la<br />
posizione, l’anfora facesse parte del carico (Pallarès, volume<br />
sul Filicudi F, in corso di preparazione con chi scrive).<br />
238 Blanck 1978.<br />
239 Van der Mersch 1994, pp. 76 e seguenti.<br />
240 Van der Mersch 1994, pp. 76-80, l’Autore riporta alcune<br />
attestazioni datanti del tipo V, ad esempio la fattoria di Montegiordano<br />
che fu abbandonata tra il 280 e il 270 a.C., Cozzo<br />
Presepe, sito abbandonato nel 270 a.C. (van der Mersch<br />
1994, p. 211 nota 194), Poggio Marcato di Agnone nei pressi di<br />
Licata, insediamento abbandonato nei primi anni del III secolo<br />
a.C. (Barra Bagnasco 1989, p. 95), Lilibeo (Bechtold 1999, p.<br />
159 nota 19).<br />
241 Vanderpool et al. 1962, p. 38 n. 44.<br />
242 Si deve a G. Finkielsztejn l’abbassamento della cronologia<br />
delle anfore rodie di Koroni e, di conseguenza, anche delle<br />
greco italiche trovate nello stesso sito, Finkielszstejn 2001, p.<br />
184; Göransson 2007, p. 134.<br />
<strong>estratto</strong><br />
243 Si veda il paragrafo precedente e la nota 231.<br />
244 Jehasse, Jehasse 1973, pl. 143 n. 357, dalla tomba 33,<br />
bollata NIΩ + anfora, datata tra il 325 e il 275.<br />
245 Malnati, Stoppioni (a cura di) 2008.<br />
246 Van der Mersch 2001, p. 173; Campagna 2000, pp. 450<br />
e seguenti.<br />
247 Cibecchini 2004 e 2007. In particolare nel testo del 2007 F.<br />
Cibecchini giudica inopportuno il rialzamento della cronologia<br />
del relitto della Meloria operato dal van der Mersch (Cibecchini<br />
2007, p. 52).<br />
248 Il relitto di Bon Capò è stato pubblicato da D. Asensio<br />
(Asensio i Vilaro, Martin i Menéndez 1998). La datazione del<br />
relitto è avvenuta in base alle anfore datate per analogia a<br />
quelle della Meloria (Asensio, comunicazione personale).<br />
249 Per il Cabrera 2 Veny, Cerdà 1972 sembrano propendere<br />
per una imbarcazione che trasportava i prodotti di una sola regione<br />
e datata tra il IV e il III secolo a.C. (p. 322); tale datazione<br />
sarebbe confortata da quella della vernice nera e dalla presenza<br />
di un louterion; Parker (Parker 1992, p. 80) data il relitto al periodo<br />
250-225 a.C. Lo stesso relitto è datato dalla Cibecchini al<br />
225-210 a.C. (Cibecchini 2007, p. 53), senza precisazioni sulla<br />
motivazione dell’abbassamento della data ma probabilmente<br />
per quanto esposto a proposito del Montecristo, si veda il paragrafo<br />
III.6.<br />
250 Lattara 6, pp. 46 e seguenti; Lattara 14, pp. 45 e seguenti.<br />
251 Lattara 14, pp. 45-70; Campagna 2000, p. 451; Cibecchini<br />
2004, p. 63.<br />
252 Bargagliotti et al. 1997, p. 46; Cibecchini 2004, p. 59.<br />
253 Cibecchini 2004 e 2007.<br />
254 Cibecchini 2007, p. 53.<br />
255 Mi riferisco al relitto di Montecristo, ad esempio.<br />
256 Ad Aleria, ad esempio, alla fine del IV secolo a.C. (Jehasse,<br />
Jehasse 2001, n. 2489, pl. 51 e 52, testo p. 120), dalla tomba<br />
122 A, verso il 325 a.C. “imitation attique, fréquente en Sicile”;<br />
o ancora Jehasse, Jehasse 1973, T. 83 p. 399 (375-340 a.C.),<br />
T. 99 n. 2142 (375-340 a.C.). Oppure ancora a Leptis Magna<br />
(De Miro, Fiorentini 1977, fig. 94 nn. XII e XIII), oppure a Olbia<br />
di Provenza dove sono considerate derivazione di modelli attici<br />
di IV secolo e datate genericamente al III secolo a.C. (Bats<br />
(a cura di) 1988, pp. 104-105). Ulteriori attestazioni di kylikes<br />
simili ma con tutta probabilità ancora più antiche, si hanno in<br />
Campania, a titolo di esempio a Fratte, dove sono considerate<br />
tipiche della zona di Poseidonia (Serritella et al. 2009, p. 110).<br />
Le altre forme della ceramica a vernice nera del relitto della<br />
Meloria corrispondono almeno in parte ai tipi presenti anche<br />
sulla Secca di Capistello (Coppa Blanck 8/Morel 2643; Blanck<br />
5/Morel 2771; piatto da pesce Lamboglia 23; coppa Lamboglia<br />
27 a/b).<br />
257 Bargagliotti et al. 1997, p. 48 nota 20.<br />
258 Anche la datazione di altri relitti, come ad esempio quella del<br />
Bon Capò, è stata fissata in base alla datazione del relitto della<br />
Meloria e del suo carico (Asensio, comunicazione personale).<br />
259 Long 2004, p. 146 con bibliografia precedente.<br />
260 Datazione compresa tra la fine del IV e gli inizi del III secolo<br />
a.C. (tomba 2553) e della prima metà del III secolo a.C.<br />
(tombe 2447, 2531, 2617, 2444, 2431, 2599, 2622, 2630).<br />
261 Campagna 2000, p. 469 fig. 2 b-e.<br />
262 Cibecchini 2007.<br />
263 Le possibili implicazioni dell’accettazione di questa cronologia<br />
sulla datazione di alcuni siti di terra (ad esempio di<br />
alcuni oppida del sud della Francia, come Pech Maho) non<br />
sono attualmente precisabili; l’argomento meriterebbe approfondimenti<br />
ulteriori che tengano conto anche dei dati di scavo,<br />
vecchi e nuovi. Uno studio completo delle anfore di Pech<br />
Maho, mirato a distinguere quali siano i contenitori da attribuire<br />
all’inizio del III secolo a.C. e quali invece all’epoca della distruzione,<br />
non è stato ancora effettuato (per il sito, si veda da<br />
ultimo Gailledrat et al. 2008).
Tav. 1<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 49<br />
1. cat. I A.1 2. cat. I A.2<br />
3. cat. I A.3 4. cat. I A.4<br />
5. cat. I A.5 6. cat. I A.7<br />
7. cat. I A.8 8. cat. I A.10<br />
Tav. 1: Anfore greco italiche di Ischia (disegni scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo III i nn. 1-5, al tipo III/IV i nn. 6-8.<br />
<strong>estratto</strong>
50 c a p i to l o iii<br />
Tav. 2<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
9. cat. II A.1 10. cat. II A.7<br />
11. cat. I A.11 12. cat. II A.3<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 2: Anfore greco italiche di Ischia (disegni scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo III/IV i nn. 9-10, al tipo IV i nn. 11-<br />
12.
Tav. 3<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 51<br />
13. cat. I A.19 14. cat. II A.4<br />
15. cat. I A.12 16. cat. I A.13<br />
17. cat. I A.14 18. cat. I A.15<br />
Tav. 3: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo IV i nn. 13-18.<br />
<strong>estratto</strong>
52 c a p i to l o iii<br />
Tav. 4<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
19. cat. I A.16 20. cat. I A.17<br />
21. cat. I A.18 22. cat. I A.24<br />
23. cat. II A.5 24. cat. I A.22<br />
Tav. 4: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo IV i nn. 19-24.<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 5<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 53<br />
25. cat. II A.8 26. cat. II A.9<br />
27. cat. II A.11 28. cat. II A.12<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 5: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo IV/V i nn. 25-26, al tipo IV/V- V<br />
(?) i nn. 27-28.
54 c a p i to l o iii<br />
Tav. 6<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
29. cat. II A.13 30. cat. II A.14<br />
31. cat. I A.27<br />
32. cat. I A.29 33. cat. I A.28<br />
Tav. 6: Anfore greco italiche di Ischia (disegni scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo V i nn. 29-33.<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 7<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 55<br />
34. cat. II A.18 35. cat. III A.1<br />
36. cat. II A.16 37. cat. II A.17<br />
38. cat. I A.34 39. cat. I A.35<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 7: Anfore greco italiche di Ischia (disegni interi: scala 1:8; colli: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo V o V/VI i<br />
nn. 34-37, al tipo V/VI-VI i nn. 38-39.
56 c a p i to l o iii<br />
Tav.8<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
40. cat. I A.36 41. cat. I A.37<br />
42. cat. I A.38 43. cat. II A.21<br />
44. cat. I A.39 45. cat. II A.20<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 8: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo V/VI-VI i nn. 40-43, al tipo VI i nn.<br />
44-45.
Tav. 9<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 57<br />
46. cat. III A.6 47. cat. III A.5 (disegno da Pithekoussai I, tav. XXXVIII, 31)<br />
48. cat. III A.4<br />
(da Pithekoussai I, tav. CXVII, 66)<br />
49. cat. I A.40<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 9: Anfore greco italiche di Ischia (disegni interi: scala 1:8; colli: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo VI i nn. 46-<br />
49.
58 c a p i to l o iii<br />
Tav. 10<br />
Le anfore greco italiche di Ischia: i reperti diagnostici<br />
50. cat. III A.3 51. cat. II A.22<br />
52. cat. III A.2 (disegno da Pithekoussai I, tav. XXXVIII, 124)<br />
53. cat. I A.41<br />
Tav. 10: Anfore greco italiche di Ischia (disegni: scala 1:4). Sono genericamente riportabili al tipo VI i nn. 50-53.<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 10bis<br />
Anfore greco italiche dai siti della campania: impasti<br />
Tav. 10bis: Impasti di anfore greco italiche della Campania a confronto.<br />
<strong>estratto</strong><br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 59
60 c a p i to l o iii<br />
Tav. 11<br />
TIpO IV TIpO IV TIpO IV<br />
ì<br />
a. ANΔP (Aleria-1322) b. ΛEΠTINA (Gela) c. ZΩ (Filicudi F - 17621 - F 20)<br />
d. ΓAP_corona_M (Filicudi F - 11022) e. MEΓ (Filicudi F - 17638 - F 120) f. XAPI (Filicudi F - 17635 - F 11)<br />
Tav. 11: Anfore greco italiche tipo IV di alcuni siti a confronto (disegni anfore: scala 1:10).<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 12<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 61<br />
TIpO IV TIpO IV TIpO IV<br />
g. XAPMHΣ (Gela - Manfria - MNF 1) h. ΓAP_corona_M (Ischia - II A.3 = II B.18) i. [ ]Σ (Ischia - I A.19 = I B.235)<br />
l. ΞEN (Ischia - I. A.11: anfora, I B.155:<br />
bollo)<br />
o. TINΘ (Ischia - I A.13 = I B.210) p. EΛ (Ischia - I A.14: anfora, I. B.79:<br />
bollo)<br />
m. ΠAP (Ischia - I A.15 = I B.172) n. ΓΛΑΥK (Ischia - I A.16 = I B.64)<br />
Tav. 12: Anfore greco italiche tipo IV di Ischia e altri siti a confronto (disegni: scala 1:6).<br />
q. TINΘ (Ischia - I A.12: anfora; I B.212:<br />
bollo)<br />
<strong>estratto</strong>
62 c a p i to l o iii<br />
Tav. 13<br />
TIpO V o V/VI TIpO V TIpO V<br />
a. ANΔPΩ (Ischia: III A.1=III B.1) b. V·BI (Pech-Maho) c. ΣIMI (Meloria A)<br />
TIpO V TIpO V TIpO V<br />
d. BIΩ (Secca di Capistello: 12846) e. EYΞENO (Secca di Capistello: 11028) f. ΠIΣT (Secca di Capistello: 12839)<br />
Tav. 13: Anfore greco italiche tipo V e V/VI di Ischia e altri siti a confronto (disegni anfore: scala 1:10) (c. da Cibecchini 2007).<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 14<br />
le a n f o r e g r e c o i ta l i c h e a n t i c h e d i i s c h i a 63<br />
TIpO V TIpO V TIpO V<br />
g. ΔIΩN (Gela - GL 1) h. Priva di bollo (Piscinola - 318154) i. Priva di bollo (Montecristo A)<br />
TIpO V TIpO V/VI TIpO V o V/VI<br />
l. ΣIMIA (Meloria) m. ANΔ[ ]Ω (Mellita) n. XAPM (Tour Fondue)<br />
TIpO IV/V - V (?) TIpO V TIpO IV/V - V (?)<br />
o. [ ]ONY (Ischia: II A.12=II B.24) p. ΣATYPOY (o ΣATYP•V ?) (Ischia: II<br />
A.13=II B.52)<br />
q. ΔI (Ischia:I I A.11=II B.22)<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 14: Anfore greco italiche tipo V e V/VI di Ischia e altri siti a confronto (disegni interi: scala 1:10; colli: scala 1:6) (g. da S.Giunta<br />
tesi di dottorato; i. da Corsi 1998; l. da Bargagliotti et al. 1997; m. da Bisi 1969-70; n. da Dangréaux in DRASM 1994).
Bolli ZΩ e ZOIΛ a Ischia e altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
<strong>estratto</strong><br />
CAPITOLO V<br />
I nomi attestati sui bolli delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli:<br />
confronti nel Mediterraneo occidentale e dati di laboratorio<br />
Il capitolo propone una interpretazione dei dati del catalogo e riunisce le informazioni a disposizione su alcuni bolli<br />
rivenuti a Ischia e documentati anche in altre aree; è il risultato di numerose ricognizioni effettuate nei magazzini della<br />
Sicilia e di qualche sito del Mediterraneo occidentale.<br />
Le schede dei bolli sono state realizzate in base al controllo diretto della gran parte dei reperti che, in alcuni casi,<br />
sono stati sottoposti anche ad analisi di laboratorio (chimica e/o mineralogica) per verificarne l’eventuale appartenenza<br />
alla produzione Ischia/Golfo di Napoli.<br />
Il capitolo non comprende pertanto tutti i bolli rinvenuti a Ischia elencati nel catalogo alla fine del volume, bensì solo<br />
quelli più attestati oppure quelli di cui è stato possibile seguire la circolazione oppure ancora quelli che, per caratteristiche<br />
peculiari, meritavano di essere discussi singolarmente. Anche per i bolli prescelti, i confronti non sono certamente<br />
completi; la priorità di presentazione è stata data al materiale oggetto di confronto diretto.<br />
Per l’elenco di tutti i bolli rinvenuti a Lacco Ameno, si vedano invece i cataloghi a conclusione del volume.<br />
Il raggruppamento di alcuni bolli viene presentato come proposta; allo stesso modo le carte di distribuzione sono da<br />
considerare preliminari e passibili di modifiche, anche a breve termine.<br />
L’indagine effettuata ha permesso di individuare alcuni bolli che, pur non essendo attestati a Ischia/Napoli, potrebbero<br />
essere originari di Napoli/Ischia o di centri di produzione del Golfo o, più in generale, della Campania.<br />
Ad una introduzione generale sul bollo fanno seguito i dati sulla Tipologia delle anfore, che documentano su quali<br />
tipi di anfore è attestato quel bollo.<br />
La voce Analisi raccoglie i dati delle analisi chimiche e mineralogiche effettuate sul materiale di Ischia ma anche su<br />
quello di confronto.<br />
Completa la scheda del bollo la tabella dei pezzi considerati con le fotografie ed, eventualmente, i disegni. La precedenza<br />
viene data ai reperti di Ischia; seguono quelli di Napoli e di altre località del Mediterraneo.<br />
Le carte di distribuzione sono in scala 1:200, 1:500, 1:800 e 1:1000 e sono a cura di G. Murro. Se il bollo è attestato<br />
a Ischia, compare sulla carta ma non nella legenda.<br />
Le tavole 15-21 hanno come fine di consentire il collegamento tra i bolli e le anfore su cui i bolli sono apposti, provenienti<br />
da località diverse.<br />
La tabella V.I è un riepilogo dell’attestazione dei bolli su greco italiche in alcuni siti e relitti.<br />
Per le abbreviazioni e le convenzioni grafiche si rimanda al testo dell’introduzione ai cataloghi, a p. 312.
92 c a p i to l o v<br />
ANΔP, ANΔPΩ, ANΔPΩNOΣ<br />
I bolli ANΔP ANΔPΩ, a cui si potrebbe forse aggiungere un bollo ANΔ attestato a Solunto 1, documentati in siti differenti<br />
e su supporti di tipo diverso, sono probabilmente riportabili ad un medesimo nome (Ἄνδρων ?). È possibile<br />
pensare ad omonimie ma la somiglianza di impasto e delle lettere delle matrici lascia ipotizzare che si tratti - almeno<br />
per quanto riguarda le anfore più antiche bollate ANΔP e ANΔPΩ - della stessa produzione o di produzioni di una<br />
stessa area. Nell’incertezza, i bolli vengono trattati separatamente nelle tabelle che seguono.<br />
Nel bollo di Selinunte dopo la P sembrano esserci i segni ++, da leggere in realtà come Ω (ANΔPΩ) 2.<br />
Il bollo ANΔPΩNOΣ è collegabile all’anfora greco italica più recente.<br />
Tipologia delle anfore: tipo V o V/VI (Ischia, bollo ANΔPΩ, e a Mellita - Sabratha); tipo IV (Aleria, bollo ANΔP 3,<br />
Napoli (?), bollo ANΔPΩ) (tav. 15).<br />
Analisi: l’analisi mineralogica consente di attribuire al gruppo II l’anfora tipo V-V/VI rinvenuta a Ischia (il campione<br />
è “loner” ma vicino al gruppo II). L’anfora di Selinunte, di cui è conservata solo l’ansa e la cui tipologia non è però<br />
ricostruibile, appartiene al gruppo mineralogico IIIa (?).<br />
Il bollo ANΔPΩNOΣ ha una composizione mineralogica simile a quella degli altri bolli analizzati (gruppo mineralogico IIb).<br />
ANΔP<br />
Località<br />
Aleria, Tomba 70<br />
ANΔP<br />
Retrogrado<br />
Tipo IV<br />
Selinunte<br />
1322<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ANΔPΩ SL 13921 ISC 782<br />
Insieme E<br />
ANΔPΩ<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SL 13921<br />
Gr. IIIa (?)<br />
Immagine<br />
1322<br />
SL 13921<br />
Il bollo ANΔPΩ è apposto a Ischia su di un tipo V-V/VI e a Napoli su di un’anfora probabilmente di tipo IV, da un contesto<br />
degli inizi del III secolo a.C., oltre che su di un sostegno forse utilizzato nell’ambito della cottura del materiale<br />
ceramico 4. Lo stesso bollo è attestato su di un’anfora a Taranto 5.<br />
Il bollo ANΔPΩ (IS 3) da Ischia è vicino al gruppo mineralogico II.<br />
Località<br />
Ischia (depositi di Mezzavia)<br />
ANΔPΩ<br />
Tipo V o V/VI<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
III B.1 (= III A.1) (s.n. inv.) IS 3<br />
Loner (?)<br />
vicino al<br />
gr. II<br />
Immagine<br />
III B.1<br />
<strong>estratto</strong>
Napoli - scavi metropolitana<br />
ANΔPΩ<br />
su anfora (tipo IV?) e su laterizio/sostegno<br />
Camarina<br />
ANΔ[ ]Ω<br />
Retrogrado<br />
Mellita (Sabratha)<br />
ANΔ[ ]Ω<br />
Retrogrado<br />
Tipo V/VI<br />
ANΔPΩNOΣ<br />
CAM 14.4.84<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 93<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
CAM 14.4.84<br />
(da Bisi 1969-70)<br />
– Napoli, su anfora e su sostegno (ANΔΡΩ, Febbraro,<br />
Giampaola, Atlante c.s.);<br />
– Taranto (ANΔPΩ, Viola 1885, p. 277 n. 147);<br />
– Solunto (ANΔP, Museo; Garozzo 2003, p. 567);<br />
– Erice (ANΔ e ΑΔΩΝΟ - ?, Pellegrini 1887, p. 272, nn.<br />
564-ΑΔΩΝΟ-, 568-ANΔ- forse lettura errata);<br />
– Selinunte (ANΔPΩ, visionato direttamente);<br />
– Camarina (ANΔ[ ]Ω, Museo di Camarina, dalla Stoà<br />
ovest, 14-4-84);<br />
– Aleria (ANΔP, su anfora tipo IV, Jehasse, Jehasse<br />
1973, tav. 142, n. 1322);<br />
– Pech Maho (ANΔPΩ, retrogrado vetrina del Museo e<br />
Museo, Amphores romaines et histoire économique,<br />
p. 65, nota 89);<br />
– Cartagine (ANΔP, Wolff 1986 a);<br />
– Mellita (Sabratha, ANΔ[ ]Ω, su tipo V/VI - Bisi 1969-<br />
70, p. 208, 18 e nello stesso testo, Di Vita 1969-70, p.<br />
230).<br />
Il bollo ANΔPΩNOΣ, attestato in diverse località 6, non è documentato a Ischia; non è certo se abbia a che fare con i<br />
bolli precedenti, dal momento che appare sul tipo più recente di greco italica, il tipo VI, a Cartagena 7; lo stesso bollo è<br />
attestato anche su di un’ansa frammentaria da Pech Maho (esposta al Museo di Sigean) e su un’altra di Selinunte visionate<br />
direttamente (lesemplare di Selinunte proviene dal Golfo di Napoli). Nel caso di Cartagena i tre bolli ANΔPΩNOΣ<br />
rinvenuti appartengono a un contesto della prima metà del III secolo a.C., anteriore alle guerre puniche 8.<br />
Località<br />
Selinunte - acropoli<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ANΔPΩNOΣ SL 86/14 SL 4<br />
Gr. IIb<br />
Immagine<br />
SL 86/14<br />
<strong>estratto</strong>
94 c a p i to l o v<br />
ANT, ANTA, ANTAΛ, ANTAΛΛ<br />
Diverse sono le matrici dei bolli ANT, ANTA, ANTAΛ(Λ) - questultimo da ricollegare forse al nome Ἄνταλλος - mentre i<br />
precedenti potrebbero essere in latino; sono state qui riunite anche se non sono attribuibili con certezza ad uno stesso<br />
personaggio e alla stessa produzione (e per questo mantenute distinte in paragrafi diversi).<br />
Il nome Ἄνταλλος è molto diffuso nelle iscrizioni della Sicilia durante l’epoca ellenistica, ma anche a Velia e nel Bruttium<br />
9.<br />
I bolli sono spesso retrogradi, la N e la T sono legate, così come le due lambda nel bollo ANTAΛΛ.<br />
Tipologia delle anfore: l’esemplare di Lipari con bollo ANTAΛ è un tipo IV o V 10.<br />
Analisi: le analisi chimiche effettuate consentono di attribuire i campioni analizzati all’insieme chimico E e F.<br />
I campioni ISC 690 (ANT) e SR 191 (ANTAΛΛ) da Santa Restituta cadono nel gruppo mineralogico IIIc.<br />
ANT<br />
Il monogramma ANT è retrogrado, N e T sono legate; lo stesso monogramma è noto su tegole di Entella (dati non inseriti<br />
nella carta) e Monte Iato 11, anche se è probabile che si tratti di produzioni differenti. Il bollo è documentato su un laterizio<br />
da Velia 12.<br />
Non è chiaro se esistano rapporti tra questo bollo su greco italiche e il bollo ANT che compare in legatura su Dr. 1, attribuito<br />
all’atelier di Albinia 13; sempre su Dr. 1 il bollo ANT è documentato, insieme ad ANTIO, sul relitto La Ciotat 3 14.<br />
Il monogramma ANT è presente anche su monete bronzee napoletane del periodo 320-280 a.C., secondo la cronologia<br />
proposta dal Sambon 15. Il bollo di Ischia in questione (ISC 690), sottoposto ad analisi, appartiene all’insieme chimico F e<br />
al gruppo mineralogico IIIc (?).<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ANT<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.2 (A 31-V 5)<br />
II B.3 (SG 285-A 32)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 690<br />
Insieme F<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 690<br />
Gr. IIIc (?)<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Taranto (IG XIV, 2393, 77b);<br />
– Reggio Calabria (IG XIV, 2393, 77d);<br />
– Selinunte (inedito, visionato direttamente<br />
nei magazzini);<br />
– Licata (ANΔPO?, lectio incerta, IG XIV,<br />
2393, 77e);<br />
– Palazzolo Acreide (IG XIV, 2393, 77c);<br />
– Pech Maho (visionato direttamente);<br />
– Mas Castellar Pontós (García Sánchez<br />
1997, p. 260);<br />
– La Vall d’Uixó (Arasa i Gil 2001, pp.<br />
123-124, fig. 90);<br />
– Cartagena (Marquez Villora, Molina Vidal<br />
2005, p. 335).<br />
Immagine<br />
II B.2<br />
<strong>estratto</strong>
ANTA<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 95<br />
Le lettere sono grandi e chiare, la N e la T sono legate, la A ha per lo più il tratto mediano diritto. L’impasto è apparentemente<br />
simile a quello delle anfore con bollo ΓAP/ ΠAP corona M (SG 279). Bolli molto simili sono stati rinvenuti<br />
a Lilibeo 16 e a Eraclea Minoa 17. Come per ANT, non è possibile stabilire se ci siano rapporti con il bollo ANT che<br />
compare in legatura su Dr. 1, attribuito all’atelier di Albinia 18, oppure ancora con il bollo ANTA, sempre su Dr. 1, documentato<br />
in Francia, a Lattes 19.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ANTA[ ]<br />
Retrogrado<br />
Lilibeo - collezione Whitaker<br />
ANTA<br />
nr. 26<br />
Retrogrado<br />
Eraclea Minoa<br />
ANTA<br />
Retrogrado<br />
Ampurias<br />
ANTA<br />
Retrogrado<br />
*Bollo ANT<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.5 (V 5 - A 33)<br />
648<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.5<br />
(da Garozzo 2000, tav. XCIX.2)<br />
648<br />
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 15)<br />
(da García Sánchez 1999, p. 236)<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Monte Iato (K 481 in legatura, comunicazione<br />
di M. Palaczyk);<br />
– Lilibeo-collezione Whitaker (Garozzo<br />
2000, p. 569);<br />
– Eraclea Minoa (stessa matrice di Ischia,<br />
De Miro 1958, p. 281, n. 15);<br />
– Lattes (Recueil des timbres II, p. 27 n.<br />
506);<br />
– Ensérune (Museo, inv. 1950 -350; Jannoray<br />
1955, p. 327);<br />
– Ampurias (anfora greco italica III/II a.C.)<br />
(García Sánchez 1999, p. 236 nr. 30);<br />
– Ullastret (García Sánchez 1999, p.<br />
236);<br />
– Cartagine (CIL VIII, 22639, 23).<br />
<strong>estratto</strong>
96 c a p i to l o v<br />
ANTAΛΛ<br />
Gli esemplari con questo bollo presentano caratteri simili, con le due lambda legate in basso. Il bollo da Santa Restituta<br />
è impresso due volte, i campioni analizzati appartengono all’insieme E (ISC 689) ed F (ENS 14) e al gruppo<br />
mineralogico IIIc (SR 191).<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
AN[T]AΛΛ<br />
Retrogrado<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ANTAΛΛ<br />
Retrogrado<br />
[AN]TAΛΛ<br />
Retrogrado<br />
Lipari - necropoli di Portinenti<br />
ANTAΛΛ<br />
Tipo IV o V<br />
retrogrado<br />
Ensérune<br />
ANTAΛ<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
I B.3 (SR 191) SR 191<br />
Gr. IIIc<br />
II B.4 (239123)<br />
II B.6 (SG 283) ISC 689<br />
Insieme E<br />
20709/b<br />
S.1189 ENS 14<br />
Insieme F<br />
Immagine<br />
I B.3<br />
II B.4<br />
II B.6<br />
20709/b<br />
(da Campagna 2000, tav. IVb)<br />
S.1189<br />
<strong>estratto</strong>
AΠOΛ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 97<br />
Tra i materiali di Lacco sono presenti solo due bolli riportabili al nome AΠΟΛ, di cui uno frammentario.<br />
A Napoli, dagli scavi della Metropolitana, sono stati recuperati bolli AΠΟΛΛ[ ], di cui un esemplare di scarto (provienente<br />
da un contesto di fine II - inizi I secolo a.C.) 20. Un bollo AΠΟΛ è documentato su di una tegola di Velia 21.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
AΠΟ[Λ]<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.5 (AR 180)<br />
AΠΟΛ I B.4 (SR 190-247305-AR<br />
179)<br />
Napoli - scavi metropolitana<br />
AΠΟΛΛ[ ]<br />
(incerto se si tratti di una<br />
Dr. 1A)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Lipari-Portinenti (Campagna 2000, p.<br />
455, nr. 73);<br />
– Erice (Pellegrini 1887, p. 273, nn. 569,<br />
570 - IG XIV, 2393, 78);<br />
– Lilibeo-collezione Whitaker (interpretato<br />
come ANTAΛΛOY in Garozzo 2000, p.<br />
569);<br />
– Ensérune (S 1189, 1950-350 esposto nel<br />
Museo; Jannoray 1955, p. 327 letto forse<br />
erroneamente ANTAX).<br />
Immagine<br />
I B.5<br />
I B.4<br />
<strong>estratto</strong>
98 c a p i to l o v<br />
AP, APIΣ, APΣT, APIC, APICT, APICTO, APIΣTOK, APIΣTOKPATEOΣ<br />
Sono documentate numerose abbreviazioni connesse all’aggettivo ἄριστος e a nomi composti con questo aggettivo,<br />
da collegare forse ad un nome, Άριστοκράτης, attestato al genitivo ΆPIΣTOKPATEOΣ, una sola volta per intero, tra<br />
i materiali di Ischia Santa Restituta 22.<br />
I bolli di Ischia, in cartiglio rettangolare o ovale, sono impressi su anse frammentarie; in pochi casi i frammenti sono<br />
diagnostici (riportabili ad anfore tipo III e IV).<br />
Uno dei bolli di Ischia è probabilmente uno scarto, visto che il punzone “scivolato” è stato impresso due volte e reca<br />
il bollo APIΣTOKP[ ]. Un altro riporta, come si è detto, il nome al genitivo in -eoς, APIΣTOKPATEOΣ (si potrebbe<br />
trattare di dialetto ionico o dorico) 23.<br />
Da chiarire sono i rapporti tra questi bolli (che potrebbero essere troncature di uno stesso nome) e se ci sia qualche<br />
collegamento con i bolli ΓAIOC APICTΩN e C·ARISTO 24, documentati su anfore di tipo V e V/VI in diverse località<br />
della Sicilia 25 e a Cartagena 26.<br />
Un bollo ARISTOCRA [- - -] con grafia latina e con la S retrograda si ritrova ad Ampurias 27 (non inserito nella carta<br />
essendo incerta la pertinenza al gruppo).<br />
Su monete argentee e bronzee di Neapolis, datate tra il 340 e il 280 a.C. 28, compare la sigla AΡ.<br />
Tipologia delle anfore: a Ischia si tratta dei tipi III (bolli APICT e APIΣTOK), III o IV (bolli APIΣTO e APIΣTOK), IV<br />
(bollo ΑΡIΣ) e VI (bollo APICT) (tav. 15).<br />
Analisi: cinque campioni prelevati dai bolli di Ischia, con matrici diverse, sono stati sottoposti ad analisi chimica; tutti<br />
cadono nel gruppo D.<br />
Le analisi mineralogiche effettuate confermano la pertinenza dei campioni con bolli ΑΡIΣTOK (SR 131 da Ischia e<br />
EM 11 da Eraclea Minoa), ΑΡIΣTO (A 9), ΑΡICT (ISC 635), APΣT o ΑΡIΣT (SR 1641) e di quello con bollo AP (ISC<br />
639) al gruppo mineralogico I.<br />
AP<br />
Il bollo AP, in monogramma entro cartiglio quadrangolare o ovale, è documentato su anfore di Santa Restituta e su un<br />
peso da telaio proveniente dalla zona delle fornaci; è impresso inoltre su due laterizi. Proprio per questo motivo e per<br />
le analisi di laboratorio che ne hanno confermato la produzione locale, si è deciso di non estrapolarlo dagli altri bolli a<br />
cartiglio rettangolare.<br />
Un bollo AP in cartiglio di forma ellittica e seguito da un caduceo è attestato a Taranto 29. La marca AP in monogramma<br />
è documentata anche su vasi greci 30.<br />
Le analisi permettono di attribuire ISC 639 al gruppo mineralogico I (?) e al gruppo chimico D.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
AP I B.6 (247306-AR 57)<br />
I B.7 (247307-AR 5 bis)<br />
I B.8 (SR 130-AR 55)<br />
I B.9 (AR 56)<br />
I Teg.1 (TR 8)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 639<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 639<br />
Gr. I (?)<br />
Immagine<br />
I B.8<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 99<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
AP II B.7 (SG 135 - A 44)<br />
II B.8 (SG 136 - A 45)<br />
Ischia - S. Restituta (su peso da telaio)<br />
AP<br />
Retrogrado<br />
APIΣ<br />
1534<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
Il bollo APIΣ, in cartiglio quadrangolare e con le lettere A e P in nesso e A a barra spezzata, sigma a tratti divaricati,<br />
anche retrogrado, è documentato su diversi bolli di Santa Restituta.<br />
Un bollo APIΣ è presente su un’ansa di Monte Sant’Angelo di Licata, anche se la matrice è diversa da quella di<br />
Ischia (le lettere A e P non sono in nesso). Una tegola da Velia reca il bollo API 31, frammentario, attestato anche su<br />
di un’ansa di anfora da Taranto 32.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
APIΣ<br />
Retrogrado<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
APIΣ<br />
Retrogrado<br />
Tipo IV<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.10 (M 153 - AR 88)<br />
I B.11 (SR 171)<br />
I B.12 (SR 171 - AR 29 bis)<br />
II B.10 (= II A.5) (SG 280 -<br />
A 49-239124)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
II B.7<br />
1534<br />
Immagine<br />
I B.11<br />
II B.10<br />
<strong>estratto</strong>
100 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Licata - Monte S. Angelo<br />
APIΣ s.n. inv.<br />
APΣT (o APIΣT)<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
Ad Ischia il bollo APΣT, con sigma a tratti esterni divaricati, è documentato in monogramma e cartiglio ovale. Su una<br />
tegola da Napoli è attestato il bollo ΑRIST in latino seguito dal simbolo della corona 33.<br />
Il campione analizzato cade nel gruppo chimico D e in quello mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
APΣT o APIΣT<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.16 (A 30)<br />
I B.17 (SR 1641-A)<br />
I B.18 (1613)<br />
I B.19 (A 31-AR 39)<br />
I B.20 (SR 1641)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 619<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SR 1641<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.17<br />
I B.19<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
APΣT o APIΣT<br />
Retrogrado<br />
APIC<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 101<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.11 (A 46 LT)<br />
Il bollo con sigma lunato è documentato anche ad Erice 34.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
APIC<br />
Retrogrado<br />
Erice<br />
APIC<br />
APICT<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.9 (47 LT)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.11<br />
Immagine<br />
II B.9<br />
(da Pepoli 1885, tav. V.3)<br />
Il bollo APICT con sigma lunato è apposto su di un’anfora tipo III dall’area di Santa Restituta. Un’anfora, forse un tipo<br />
VI, da una tomba della necropoli, reca questo stesso bollo 35.<br />
Le analisi effettuate sul campione ISC 635 hanno confermato la sua pertinenza al gruppo chimico D e a quello mineralogico<br />
I, locale.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
APICT<br />
Tipo III<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
APICT<br />
Tipo VI<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
I B.15 (= I A.6) (s.n. inv.) ISC 635<br />
Gr. D<br />
III B.2 (= III A.4)<br />
(166273-tomba 66)<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 635<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
III B.2<br />
<strong>estratto</strong>
102 c a p i to l o v<br />
APICTO<br />
Il bollo, retrogrado, è caratterizzato da sigma lunato ed omicron piccola.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
[Α]ΡICTO<br />
Retrogrado<br />
ΑΡIΣTO<br />
Nr catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.24 (AR 190)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
Il bollo ΑΡIΣTO, in un caso, è impresso per due volte anche sulla spalla di un’anfora greco italica probabilmente di<br />
tipo III o IV, rinvenuta nell’area delle fornaci di Santa Restituta (cat. I B.21, v. fig. III.13h).<br />
Un bollo APIΣTO, male impresso, è documentato anche su di uno scarto di fornace di Lacco Ameno e, in caratteri latini,<br />
su di una tegola da Puteoli, conservata al Museo di Napoli36; un bollo ΑΡIΣTO, su anfore di probabile provenienza<br />
da Selinunte oggi al Museo di Palermo 37, sembra derivare probabilmente dalla stessa matrice dei bolli di Ischia 38.<br />
Su una coppa in bucchero di VI secolo rinvenuta a Nocera Superiore è inciso Ἀρίστον39. Il campione di Ischia analizzato (ISC 644) appartiene al gruppo chimico D. L’analisi mineralogica consente di attribuire<br />
lo stesso campione al gruppo mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΑΡIΣTO<br />
Tipo III o IV<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΑΡIΣT[O]<br />
Tipo III o IV<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
ΑΡIΣTO/ ΑΡIΣTOI/<br />
ΑΡIΣTOK (?)<br />
Nr catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.21 (= I A.10) (SR 170 -<br />
247201 - A 9)<br />
I B.22 (RI 8)<br />
I B.23 (M 153 - AR 44)<br />
II B.12 (= II A.2) (s.n. inv.)<br />
47850<br />
47857<br />
47858<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 644<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
A 9<br />
Gr.I<br />
I B.24<br />
Immagine<br />
I B.21<br />
47858<br />
<strong>estratto</strong>
APIΣTOK<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 103<br />
Ad Ischia sono attestati almeno 18 bolli APIΣTOK. A e P sono in nesso, il sigma è a tratti divaricati e l’omicron è piccola;<br />
alcune anfore con questo bollo sembrano appartenere al tipo III e III/IV.<br />
Il bollo APIΣTOK è documentato anche ad Eraclea Minoa e, probabilmente, su di un’ansa conservata al Museo Palermo,<br />
di incerta provenienza, forse da Selinunte 40.<br />
Grazie alle analisi è possibile attribuire i campioni di Ischia al gruppo chimico D (ISC 643) e al gruppo mineralogico I<br />
(?) (SR 131). Anche il campione di Eraclea cade nel gruppo mineralogico I (EM 11).<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
APIΣTOK<br />
Tipo III, III/IV e IV (?)<br />
Eraclea Minoa<br />
Nr catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.25 (AR 35)<br />
I B.26 (247199 - AR 49)<br />
I B.27 (247191)<br />
I B.28 (SR 1797)<br />
I B.29 (247189 - AR 45)<br />
I B.30 (SR 1798)<br />
I B.31 (247190 - SR 170-<br />
AR 51)<br />
I B.32 (SR 1799)<br />
I B.33 (247196 - AR 36 - M<br />
153)<br />
I B.34 (247200 - AR 33)<br />
I B.35 (= I A.3) (SR 131-<br />
247195)<br />
I B.36 (247197 - SR 170-<br />
AR 50)<br />
I B.37 (247192 - SR 170)<br />
I B.38 (247194)<br />
I B.39 (M 96 - AR 32)<br />
I B.40 (AR 37)<br />
I B.41 (247193)<br />
I B.42 (AR 53 - SR 170)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 643<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SR 131<br />
Gr. I (?)<br />
APIΣTOK s.n. inv. EM 11<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.26<br />
I B.28<br />
I B.35<br />
<strong>estratto</strong>
104 c a p i to l o v<br />
APIΣTOKPATEOΣ<br />
Il punzone probabilmente è scivolato e il bollo è impresso due volte, l’una sovrapposta all’altra (I B.44).<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΑΡIΣΤOΚΡ[ ]<br />
ΑΡ[ ]ΣΤOΚΡAΤΕOΣ<br />
Ampurias<br />
ARISTOCRA [ ] con S<br />
retrograda<br />
Nr catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.44 (SR 1801)<br />
I B.43 (247205)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
I B.44<br />
I B.43<br />
(da García Sánchez 1999, p. 236)<br />
– Puteoli (tegola ARISTO, CIL X, I, 2392);<br />
– Napoli (tegola ARIST + corona, CIL X, 2, p. 845,<br />
8042, 18 = 31);<br />
– Velia (tegola API, IG XIV, p. 599, 2403 n. 6);<br />
– Taranto (AP + caduceo e API, Viola 1885, p.<br />
277 e p. 278 n. 151);<br />
– Erice (APIC, Pepoli 1885, tav. V, 3);<br />
– Selinunte (APIΣTO e forse APIΣTOK, Museo di<br />
Palermo, nn. inv. 47850, 47857, 47858);<br />
– Eraclea Minoa (APIΣTOK, visionato direttamente<br />
nei magazzini);<br />
– Licata, Monte S. Angelo (APIΣ, visionato direttamente<br />
nei magazzini).<br />
<strong>estratto</strong>
APIΣT•KIP, APIΣT•XAP<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 105<br />
Il bollo APIΣT•KIP (con I e P in nesso, l’occhiello della P è a metà della I), simile nella struttura all’altro, APIΣT•XAP,<br />
è formato dalle abbreviazioni di due nomi, separati da un punto al centro. La tecnica di bollatura utilizzata sembra<br />
analoga a quella documentata per il bollo ΣATYP•V (se non si tratta di ΣATYPOY, si veda oltre).<br />
Il primo nome è documentato a Ischia sia sulle anfore che sulle tegole. Non è certo invece a quale nome sia da ricondurre<br />
l’abbreviazione KIP, attualmente senza riscontro singolarmente sui bolli, forse al nome Kίρων (?) 41.<br />
Il bollo APIΣT•XAP associa due nomi attestati anche da soli sulle anfore greco italiche e sulle tegole di Ischia. Non è<br />
possibile sapere se l’abbreviazione XAΡ sia da ricollegare al gruppo ΧΑΡι- ΧΑΡιΛεΩΣ oppure al bollo XΑΡμεΩ, la<br />
cui interpretazione pone ancora qualche problema (si veda oltre).<br />
Tipologia delle anfore: tipo III (ΑΡIΣT•ΚιΡ) e III/IV (APIΣT•XAP) (Ischia, Santa Restituta) (tav. 15).<br />
Analisi: l’analisi mineralogica consente di attribuire i bolli ΑΡIΣT•XAΡ (campione 247204 e ISC 736) al gruppo<br />
mineralogico I; allo stesso gruppo appartengono anche i campioni SR 133 e, con qualche dubbio, IS 40<br />
(ΑΡIΣT•ΚιΡ).<br />
L’unica analisi chimica effettuata (ISC 736) permette di attribuire il campione al gruppo chimico D, locale.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΑΡIΣT•ΚΙΡ<br />
Tipo III<br />
ΑΡIΣT•XAΡ<br />
Tipo III o III/IV<br />
Nr catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.45 (247198-SR 133)<br />
I B.46 (= I A.1) (s.n. inv.)<br />
I B.47 (171 bis)<br />
I B.48 (SR 134-247203)<br />
I B.49 (247204)<br />
I B.50 (M.V.129)<br />
I B.51 (247202-AR 172)<br />
I B.52 (ΑΡIΣT•X[ ]) (RI 19)<br />
I B.53 (ΑΡIΣT•[ ]) (AR 172<br />
ter)<br />
I B.54 (ΑΡIΣT•[ ]) (= I A.7)<br />
(A 4)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 736<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SR 133<br />
Gr. I<br />
IS 40<br />
Gr. I (?)<br />
247204<br />
Gr. I<br />
ISC 736<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.45<br />
I B.49<br />
I B.54<br />
<strong>estratto</strong>
106 c a p i to l o v<br />
ACKΛH, ACKΛHΠI, ACKΛHΠIA<br />
I bolli nella forma abbreviata sono probabilmente da ricondurre al nome comune Ἀσκληπιάδης e tutti sono caratterizzati<br />
dal sigma lunato.<br />
A Napoli negli scavi della Metropolitana numerose anfore greco italiche sono bollate con i bolli ACKΛ, ACKΛHΠI,<br />
ACKΛHΠIA 42, dato che potrebbe deporre a favore di una produzione locale.<br />
Le attestazioni del bollo ACKΛH a Cos e di ACKΛHΠ sulle coste del mar Nero 43, da un primo controllo bibliografico<br />
limitato all’immagine, risulterebbero riferibili ad altre produzioni.<br />
Non è chiaro se ci sia un rapporto tra i bolli di questo gruppo e un bollo da Lattes, in greco, forse letto male, oppure<br />
con i bolli in caratteri latini - ASCLI - su Lamboglia 2 44 e su Dr. 2/4 45. Gli agoni Sebasteia, di età augustea, erano<br />
chiamati anche Ἀσκληπίεια ο Ἀσκλήπεια 46: ci si chiede se anche le anfore con i bolli di questo gruppo potessero<br />
essere in qualche modo collegate a festività e agli agoni (come ipotizzato per il bollo con la corona) 47 o se il bollo, più<br />
semplicemente, rappresenti un nome molto comune.<br />
Tipologia delle anfore: il bollo ACKΛ è documentato a Ischia su di un’anfora tipo VI facente parte del corredo della<br />
tomba 124 della necropoli di San Montano, la cui cronologia è fissata, grazie alla presenza di monete, verso la fine<br />
del III o, forse, agli inizi del II secolo a.C. 48 (tav. 16). I bolli rinvenuti a Napoli, documentati su anfore forse di tipo VI<br />
provengono da un contesto della metà del II secolo a.C. 49.<br />
Analisi: il campione di Ensérune ACKΛH (?) sottoposto ad analisi chimica appartiene all’insieme F.<br />
Il campione di Ischia scarico Gosetti appartiene al gruppo mineralogico IIIc; l’anfora tipo VI della necropoli di San<br />
Montano e quella dello stesso tipo da Napoli appartengono entrambe al gruppo mineralogico II (IIc, il campione della<br />
necropoli di San Montano e IIa quello da Napoli).<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ACKΛΗ II B.13 (SG 292) SG 292<br />
Gr. IIIc<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
ACKΛΗ<br />
Tipo VI<br />
Erice<br />
ACKΛ<br />
III B.3 (= III A.2) (166510,<br />
tomba 124)<br />
IS 4<br />
Gr. IIc<br />
Immagine<br />
II B.13<br />
III B.3<br />
(da Pepoli 1885, tav. V.5)<br />
<strong>estratto</strong>
Lilibeo<br />
ACKΛ<br />
Ensérune<br />
ACKΛH (?)<br />
Retrogrado<br />
Sagunto<br />
ACK[ΛH]<br />
Località<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
ACKΛHΠI<br />
Tipo VI<br />
Ampurias<br />
ACKΛ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 107<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
s.n. inv. ENS 15<br />
Insieme F<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
NNA 8<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
(da Brugnone 1986, tav. XXI.4)<br />
ENS 15<br />
(da García Sánchez 1999, p. 237)<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante<br />
c.s.);<br />
– Tarquinia (Serra Ridgway 1993, p. 135,<br />
t. 124);<br />
– Monte Iato (Isler 1979, p. 1220 n. 11;<br />
bollo ovoidale, datato al periodo tardoellenistico<br />
-?-);<br />
– Erice (Pellegrini 1887, pp. 273-274,<br />
nn. 578-583, ACKΛ, ACKΛΗ, ACKΛΗΠ<br />
-sigma lunato, Pepoli 1885, p. 48);<br />
– Lilibeo (Brugnone 1986, p. 104 n. 4);<br />
– Ensérune (Jannoray 1955, p. 450;<br />
ACFΛM ? dalla fase finale dell’occupazione);<br />
– Ampurias (Almagro 1952, p. 44 n.<br />
31, Garcia Sánchez 1999, p. 237<br />
ACKΛ[---]);<br />
– Sagunto (Araneguì Gasco 1995, p. 253,<br />
fig. 9, forse letto male, primo terzo del II<br />
secolo a.C.).<br />
<strong>estratto</strong>
108 c a p i to l o v<br />
BAPI<br />
Il bollo, documentato a Ischia da due esemplari, ΒΑΡ[ι] e ΒΑ[Ρι], è attestato in diverse località della Sicilia, tra cui<br />
Erice, Siracusa 50, Monte Iato e Segesta (su anfora greco italica datata al III secolo a.C.) oltre che sul relitto delle Isole<br />
Sanguinaires, in Corsica 51.<br />
Tipologia delle anfore: l’anfora del relitto delle Sanguinaires è simile al tipo VI.<br />
Analisi: la diversità dell’impasto e il risultato dell’unica analisi chimica effettuata lasciano ipotizzare che le anfore con questo<br />
bollo non siano prodotte a Ischia; l’analisi mineralogica permette di riportare il campione al gruppo IIIb.<br />
Località<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΒΑΡ[Ι] I B.55 (SR 1508)<br />
I B.56 (247308)<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
BA[PI] II B.14 (A 11 bis)<br />
Segesta<br />
BAPI<br />
Lilibeo<br />
BAPI<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 649<br />
fine cluster<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 649<br />
Gr. IIIb<br />
Immagine<br />
I B.55<br />
(da Garozzo 1999, fig. 168)<br />
(da Brugnone 1986, tav. XXI.7)<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Monte Iato (comunicazione di M. Palaczyk);<br />
– Erice (Pellegrini 1887, p. 283, nrr. 672-<br />
674; la Brugnone ricorda che su una<br />
tegola di Erice è impresso il bollo latino<br />
BAR, Pellegrini 1887, p. 296, n. 792)<br />
(Pepoli 1885, tav. VI, nr. 2);<br />
– Segesta (Garozzo 1999, p. 313);<br />
– Lilibeo (Brugnone 1986, p. 106 n. 6, Α a<br />
barra diritta, P retrograda);<br />
– Siracusa (IG XIV, 2393, 179);<br />
– Corsica - relitto “Sanguinaires A”, datato<br />
alla seconda metà del III secolo a.C.<br />
(Alfonsi, Gandolfo 1997, p. 43, A 418)<br />
oppure al periodo 210-190 a.C. (Cibecchini<br />
2007, p. 53).<br />
<strong>estratto</strong>
BI, BIΩ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 109<br />
Sono stati qui accorpati, in via ipotetica, il bollo BI in cartiglio ovale da Lacco Ameno (scarico Gosetti) e i due bolli<br />
BIΩ provenienti da Lipari e da Camarina, che potrebbero però anche appartenere ad un’altra produzione. Il bollo BIΩ<br />
attualmente non è noto a Ischia ma è documentato in numerosi siti della Sicilia 52, tra cui Erice 53 e Camarina; inoltre<br />
a Taranto 54 e a Cartagena (anfora di tipo V ?) 55. Potrebbe corrispondere al genitivo ionico del nome Βίων oppure al<br />
prenome osco BIΩ da mettere in rapporto forse con Βίωτος, o Βιωτός come proposto da C. van der Mersch che<br />
ritiene che la presenza in contemporanea di BIΩ, BIΩΤ, BIΩΤΩΣ, BIΩΤΩΟΣ in uno stesso sito, Akrai, indichi che si<br />
tratta del medesimo personaggio 56. Ciononostante si è preferito per ora inserire nella carta esclusivamente le attestazioni<br />
del bollo BIΩ.<br />
Su monete napoletane, datate al periodo 325-280 a.C. e al 272-250 a.C. e dalla Cantilena al 326-280 a.C. 57, è<br />
presente l’abbreviazione BI; sulla parte piatta delle anse di una kelebe in vernice nera da Cuma è graffito BIO<br />
TO 58.<br />
Tipologia delle anfore: tipo V (Secca di Capistello, Cartagena) (tav. 16).<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
BI II B.15 (SG 290 - A 18)<br />
Lipari - Secca di Capistello<br />
BIΩ<br />
Tipo V<br />
Erice<br />
BIΩ<br />
Camarina<br />
10608 / 73593<br />
12846<br />
12847<br />
12401<br />
12391<br />
12400<br />
BIΩ CAM 23.2.84<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.15<br />
12400<br />
(da Pepoli 1885, tav. II.6)<br />
CAM 23.2.84<br />
<strong>estratto</strong>
110 c a p i to l o v<br />
Cartagena<br />
BIΩ<br />
Tipo V (?)<br />
* Bollo BI<br />
Località<br />
Caduceo + BIΩ<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
(da Marquez Villora, Molina Vidal 2005,<br />
p. 336)<br />
Documentato a:<br />
– Napoli (BIΩ - ? - da un contesto di fine<br />
IV secolo a.C., Febbraro, Giampaola,<br />
Atlante c.s.);<br />
– Taranto (forse con una lettera ulteriore<br />
dopo l’omega, Viola 1885, p. 278 n. 152,<br />
IG XIV 2393, 180f);<br />
– Secca di Capistello (Blanck 1978, p. 96;<br />
Olcese, studi in corso);<br />
– Monte Iato (K 5696, retrogrado, comunicazione<br />
M. Palaczyk);<br />
– Erice (Pepoli 1885, p. 21 e tav. II);<br />
– Camarina (Stoà ovest, SG T 1, visionato<br />
direttamente Museo di Camarina, impasto<br />
simile agli esemplari di Ischia):<br />
– Palazzolo Acreide (IG XIV, 2393, 180b);<br />
– Cartagena (Martίn Camino 1996, p. 15 e<br />
seguenti, Marquez Villora, Molina Vidal<br />
2005, p. 336);<br />
– Cartagine (Carton 1894, n. 69, p. 190).<br />
Un bollo da Eraclea Minoa, visionato direttamente e disegnato, mostra - ma la lettura è incerta - un caduceo orizzontale<br />
prima del nome BIΩ; sempre ad Eraclea, dalla bibliografia, è attestato un altro bollo letto come ΖΥΒιΩ 59.<br />
Non è chiaro se intercorra un legame tra il bollo qui descritto e quelli del relitto della Secca di Capistello, dove alcune anfore<br />
sono bollate con il semplice bollo BIΩ ed altre hanno invece il caduceo verticale che precede e segue il nome ΧΑΡΗΣ 60.<br />
Analisi: l’analisi mineralogica dell’esemplare di Eraclea rivela somiglianza del bollo con le argille del gruppo IIa.<br />
Località<br />
Eraclea Minoa<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Caduceo (?) + BIΩ[ ] (?) AG.S. 3877 EM 10<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
AG.S. 3877<br />
<strong>estratto</strong>
BPEMΩNO[ ]<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 111<br />
Il bollo è da riportare al nome Βρέμων che è raro; un’ansa di anfora da Eraclea Minoa, inedita, pare bollata con un<br />
bollo analogo anche se la lettera dopo la E è di lettura incerta (anche la B è differente).<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
BPEMΩNO[Σ] II B.16 (SG 291)<br />
Eraclea Minoa<br />
ΒΡEM(?) [ ] AG.S. 3858<br />
BPI, BPICΩN<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.16<br />
AG.S. 3858<br />
Il bollo ha il sigma lunato. Il nome, poco diffuso, è rappresentato a Ischia da 3 bolli, di cui due nella forma abbreviata<br />
BPI, retrograda. L’unico collegamento possibile tra questo nome e la realtà ischitana sono le ninfe Βρίσαι, che in<br />
Eubea crebbero Aristeo e il cui culto è attestato anche a Ischia 61.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
BPI<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.57 (247309)<br />
I B.58 (SR 1808)<br />
ΒΡΙCΩΝ I B.59 (A 42)<br />
Analisi<br />
chimiche<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.57<br />
I B.59<br />
<strong>estratto</strong>
112 c a p i to l o v<br />
ΓAP/ΠAP corona M<br />
<strong>estratto</strong><br />
Questo bollo è documentato a Lacco Ameno solo su tre anse (una da Santa Restituta e due da scarico Gosetti), con<br />
impasti apparentemente un po’ diversi da quelli tipici delle altre anfore rinvenute nel quartiere artigianale. A Napoli,<br />
invece, è stato rinvenuto su più anse di anfore tipo IV negli scavi della Metropolitana, da contesti di fine IV/inizi III<br />
secolo a.C. 62; ma è il relitto del Filicudi F (isole Eolie, datato tra il 300 e il 280 a.C.) che ha restituito un cospicuo<br />
numero di questi bolli su anfore tipo IV, per lo più integre.<br />
Il carico del relitto è in corso di revisione e l’indagine preliminare ha permesso di appurare che sono almeno 17 le<br />
anfore che recano questo bollo, ricavato da una matrice molto chiara 63. Le lettere sono sottili e il bollo associa una Γ<br />
(in alcuni casi molto evidente come in F61) oppure una Π 64 alle due lettere AP in nesso (ΓΑΡ o ΠΑΡ) e a un simbolo<br />
- probabilmente una corona - formato da trattini che vanno verso l’esterno e verso l’interno. In qualche caso la Γ<br />
è staccata dal monogramma AP, come se si trattasse di due nomi distinti. L’ultima lettera, dopo la corona, è una M,<br />
sostituita in alcuni bolli delle anfore di Napoli anche da altre abbreviazioni come ME, EY, MAK 65, che corrispondono<br />
anche alle iniziali di altri bolli attestati a Ischia e a Napoli.<br />
Il confronto tra i materiali di Ischia e quelli del Filicudi F conferma che esistono matrici differenti.<br />
Il bollo in questione è presente in Sicilia a Monte Sant’Angelo (Licata), inedito, a Monte Iato e, forse, a Selinunte.<br />
Una parte delle anfore del Filicudi F è bollata con il bollo MEΓ; la M del bollo ΓAP corona M potrebbe rappresentare<br />
l’abbreviazione del bollo MEΓ apposto sulle anfore greco italiche che costituiscono l’altra parte del carico, ma si tratta<br />
solo di un’ipotesi.<br />
Non è possibile sciogliere con certezza le abbreviazioni, che potrebbero indicare due nomi (idionimo e patronimico ?)<br />
oppure ancora quello di un luogo o, ancora, il nome di un magistrato seguito da quello di un produttore. Si possono<br />
fare delle ipotesi sui nomi, anche se l’impossibilità di stabilire la natura della prima lettera, in alcuni bolli, le rende<br />
incerte: se si trattasse di una Π - ΠAP, il collegamento con il bollo ΠAP (e forse con ΠAPΗ ?) di Ischia verrebbe spontaneo.<br />
Dagli elenchi di Fraser e Matthews risultano invece scarsi i nomi che iniziano con ΓAP 66.<br />
Volendo poi mantenere, sempre in via di ipotesi, il confronto tra i bolli e le sigle della monetazione neapolitana (a<br />
questo proposito si veda il capitolo IV), va registrata la presenza, su monete in argento datate tra il 317 e il 300 a.C. 67,<br />
della sigla AP in nesso, talora accompagnata sul retro dalla sigla Γ (su alcuni didrammi argentei datati dal Sambon al<br />
periodo tra il 325 e il 280 a.C. 68) oppure ancora la presenza su didrammi di un monogramma forse leggibile proprio<br />
come ΓΑΡ o ΠΑΡ (fig. IV.7c). Una di queste monete raffigura tra l’altro una “statuette d’Artemis courant à dr. et tenant<br />
devant elle un flambeau”; si potrebbe trattare insomma, come nel caso della corona, di una citazione delle corse<br />
lampadiche e, forse, degli agoni (si veda il capitolo IX.7).<br />
La corona ritratta sul bollo, stilizzata, è comune ed è simile alla corona di grano 69, che apparirà più tardi sulle tabulae<br />
dei vincitori degli agoni di Napoli, i Sebastà, istituiti da Augusto nel 2 d.C. Queste feste si celebravano forse in sostituzione<br />
di antiche festività, le feste lampadiche 70, durante le quali veniva portata la fiaccola votiva durante la corsa 71.<br />
Sulla scorta di quanto noto in Grecia, dove le anfore panatenaiche, piene di olio degli olivi sacri, venivano assegnate<br />
ai vincitori delle gare ginniche e delle corse di cavalli 72, si può forse ipotizzare che le anfore tipo IV con il loro contenuto<br />
(vino probabilmente) fossero il premio di agoni locali oppure ancora ricordassero qualche evento particolare<br />
come già attestato altrove, a Samos ad esempio (si vedano il capitolo IV.9 e il IX.7). Questo non escluderebbe che i<br />
contenitori, con il loro contenuto, potessero essere anche oggetto di commercio 73.<br />
Le lettere molto chiare e precise di questo bollo sono simili a quelle del bollo ПYΘEA impresso su anfore greco italiche<br />
di tipo IV, trasportate sempre dal relitto Filicudi F (si veda nel capitolo VII, paragrafo VII.1.2). Considerata la somiglianza<br />
dei contenitori, è possibile ipotizzare che le anfore che recano i due bolli provenissero dalla stessa officina.<br />
La corona è impressa anche su di un laterizio da Napoli, bollato ΑRIST 74 con caratteri latini, fatto che potrebbe avvalorare<br />
l’ipotesi di una produzione napoletana.<br />
Compaiono corone anche su bolli di altre produzioni anforiche, ad esempio su anfore Dr. 1A rinvenute a Bibracte<br />
oppure su anfore da Cipro considerate locali, dove le corone si accompagnano a monogrammi 75; inoltre su<br />
puntali di anfore classificate come Dr. 2/4 della Tarraconense 76.<br />
Un monogramma simile a questo, anche se con lettere molto più irregolari, è inciso su di uno stamnos da Vulci 77.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (Ischia, scarico Gosetti, Napoli, Filicudi F) (tav. 16).<br />
Analisi: i campioni pertinenti a questo bollo, sottoposti ad analisi, sono 10 e provengono da Ischia, da Napoli e dal<br />
relitto Filicudi F.<br />
Le analisi mineralogiche sembrano confermare l’origine comune dei bolli dei tre siti (Ischia, Napoli e Filicudi F), nonostante<br />
siano state rilevate delle differenze, forse dovute alla lavorazione.<br />
I bolli sottoposti ad analisi mineralogica appartengono tutti al gruppo mineralogico II, se pur con differenze tessiturali<br />
che giustificano la creazione di sottogruppi mineralogici IIa (campioni di Ischia e Napoli), IIb (campioni di Ischia e di<br />
Filicudi F) e IIc (campioni di Ischia).
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 113<br />
L’unica anfora analizzata chimicamente (ISC 687 da Ischia-scarico Gosetti) cade nell’insieme chimico F.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo/<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
[Γ/Π]AP corona M I B.60 (AR 194) AR 194<br />
Gr. IIb<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
[Γ/Π]AP corona M<br />
Tipo IV<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
Γ/ΠAP corona M<br />
Tipo IV<br />
Lipari - Filicudi F<br />
Γ/ΠAPcorona M<br />
Tipo IV<br />
Licata - Monte S. Angelo<br />
II B.18 (= II A.3) (SG 279-A<br />
50)<br />
II B.19 (s.n. inv.)<br />
1859/2<br />
1859/4<br />
1859/13<br />
1863/1<br />
1863/6<br />
17692<br />
11025<br />
Γ[ ] corona M s.n. inv.<br />
11022; 11023; 11024;<br />
14731; 14732; 14735;<br />
17601 / F 192; 17612/F<br />
116; 17616 / F 64; 17602 /<br />
F 29; 17626 / F 28; 17629 /<br />
F 23; 17633; 17637 / F 61;<br />
17642 / F 63; 17646 / F 62<br />
ISC 687<br />
Insieme F<br />
SG 279<br />
Gr.IIa<br />
IS 6<br />
Gr.IIc<br />
1859/2<br />
1859/4<br />
1859/13<br />
1863/1<br />
1863/6<br />
Gr. IIa<br />
FF 1<br />
Gr. IIb<br />
FF<br />
11025<br />
Gr. IIb<br />
Immagine<br />
I B.60<br />
II B.18<br />
17692<br />
F 61<br />
<strong>estratto</strong>
114 c a p i to l o v<br />
ΓΛAY, ΓΛAYK, ΓΛAYKOΣ<br />
Alcuni bolli di Ischia, con troncamenti differenti (ΓΛAY, su anfora e tegola, ΓΛAYK e ΓΛAYKOΣ su anfora) sono<br />
probabilmente da riportare al nome ΓΛAYKOΣ, attestato anche per intero (I B.65); i caratteri sono piuttosto grandi<br />
e chiari, la omicron è piccola, come spesso si è notato nei bolli rinvenuti a Ischia e come è caratteristico per l’epoca<br />
ellenistica 78. Uno dei bolli è stato rinvenuto a fianco della fornace 5 (SR 1806).<br />
Il nome Γλαũκος ha diverse attestazioni in Italia meridionale 79. Γλαύκη, invece, compare a Napoli in una iscrizione<br />
della seconda metà del I secolo a.C. 80. Il bollo Γλαῦκος compare anche su anfore ellenistiche da Eraclea Pontica 81.<br />
Γλαũ(κες) si ritrova come graffito su alcuni vasi greci, a precisazione del tipo di contenuto 82.<br />
Glaucia, Glaucio e Glaucus, nomi molto comuni, sono attestati in latino in diverse località della Campania, tra cui ad<br />
esempio Capua 83.<br />
Molto incerti sono i confronti con le legende di alcune monete 84.<br />
Tipologia delle anfore: uno dei bolli di S. Restituta è apposto su di un’anfora greco italica tipo IV (tav. 16).<br />
Analisi: le analisi chimiche effettuate permettono di collocare le anfore con il bollo qui descritto nel gruppo D, di<br />
probabile origine locale. Le analisi mineralogiche hanno confermato l’appartenenza dei campioni analizzati al gruppo<br />
mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΓΛΑ[ ]<br />
Retrogrado<br />
ΓΛΑΥ<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo/<br />
Nr. inventario<br />
I B.66 (247300-SR 172-AR<br />
18 bis)<br />
I B.67 (247299-SR 172- AR<br />
19 bis)<br />
I B.68 (s.n. inv.)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Napoli (numerosi su tipo IV, associati a monete bronzee<br />
di Neapolis del 326 a.C.);<br />
– Filicudi F (tipo IV, bollo con la stessa matrice di Ischia;<br />
Olcese, studi in corso);<br />
– Monte Iato (K 16447, comunicazione M. Palaczyk);<br />
– Selinunte (?) (Albore Livadie in Archeologia subacquea<br />
2, p. 91, nota 2, letto come RAOM);<br />
– Licata - Monte S. Angelo (inedito, magazzini del Museo).<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.67<br />
I B.68<br />
<strong>estratto</strong>
ΓΛΑΥ[K]<br />
Retrogrado<br />
ΓΛΑΥK<br />
Retrogrado<br />
Tipo IV<br />
ΓΛΑΥKOΣ<br />
Retrogrado<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΓΛΑΥ<br />
Su tegola<br />
ΓNAI[ ]Y<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 115<br />
Nr. catalogo/<br />
Nr. inventario<br />
I B.63 (SR 1806-A 18)<br />
I B.61 (247298-SR 58-SR<br />
172)<br />
I B.62 (1493-AR 28)<br />
I B.64 (= I A.16) (247302)<br />
I B.65 (247301-AR 19)<br />
II Teg.1 (s.n. inv.)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 651<br />
Gr. D<br />
ISC 640<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
1493<br />
Gr. I<br />
IS 39<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
Il bollo è in cartiglio rettangolare. L’alfa sembra mancare del tratto centrale e un punto sembrerebbe sostituire la omicron<br />
(come in ΣATYPOY ?). L’impasto di questo bollo è simile a quello del bollo con la corona e a quello dell’anfora<br />
con bollo ΞENΩN.<br />
Tra i prenomi oschi c’è GNAIVS (Lat. Gnaeus = CN.) 85.<br />
Il nome ΓΝΑιΟΥ è documentato su monete napoletane d’argento datate dopo il 300-241 a.C. 86<br />
Analisi: l’esemplare da scarico Gosetti cade nell’insieme chimico F e nel gruppo mineralogico IIa.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΓΝΑΙ[ ]Y<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
II B.20 (SG 281) ISC 712<br />
Insieme F<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SG 281<br />
Gr. IIa<br />
I B.63<br />
I B.61<br />
I B.65<br />
Immagine<br />
II B.20<br />
<strong>estratto</strong>
116 c a p i to l o v<br />
ΔAMA<br />
Sei bolli retrogradi (talora con lettere filiformi), alcuni dei quali sono ricavati da una stessa matrice, con impasti un<br />
po’ differenti, provengono dallo scavo di Santa Restituta e, in particolare, dall’area della fornace 3. Il bollo potrebbe<br />
corrispondere al nome Δάμαρχος, come un esemplare di Erice, oppure a Δαμάτριος 87. Bolli Δαμάτριος e<br />
Δαμάσ(της) compaiono su bolli di anfore ellenistiche da Eraclea Pontica 88, anche se si tratta con tutta probabilità<br />
di un’altra produzione. Il bollo ΔAMA è documentato anche su anfore Dr. 1 rinvenute a Formia 89.<br />
Su monete bronzee napoletane documentate dal 250 a.C. compare l’abbreviazione ΔA 90.<br />
Analisi: il campione sottoposto ad analisi chimica (ISC 653) ricade nel gruppo chimico D, di probabile origine locale.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΔΑΜΑ<br />
Retrogrado<br />
ΔI, ΔIΩ, ΔIΩΝ (?)<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.69 (247187-M 155-AR 24)<br />
I B.70 (247185-M 207)<br />
I B.71 (247186-M 84-AR 25)<br />
I B.72 (247188- M 82-AR 26)<br />
I B.73 (AR 27 bis)<br />
I B.74 (AR 27 ter)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 653<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I tre bolli ΔI, ΔIΩ, ΔIΩN sono stati qui raggruppati ma non è certo se siano effettivamente riferibili a uno stesso personaggio<br />
e ad una stessa produzione (e per questo motivo sono descritti singolarmente) 91.<br />
ΔI<br />
Il bollo ΔI è presente su di un’anfora di Santa Restituta in cartiglio rettangolare (impresso dopo un ampio spazio<br />
vuoto). Il bollo ΔI in cartiglio ovale, a lettere rilevate, si ritrova su anfora greco italica di tipo IV/V - V (?) da scarico Gosetti;<br />
in cartiglio quadrangolare è documentato anche su tre tegole di tipo ellenistico della tomba 108 della necropoli,<br />
tomba datata al IV secolo 92. È interessante notare che su altre tegole della stessa tomba è apposto anche il bollo<br />
ΣΤΑ, documentato sempre a Ischia anche su di un’anfora (si veda oltre, in questo catalogo).<br />
La sigla Δι compare anche come graffito su anfore di Ischia e di Napoli e potrebbe anche essere l’indicazione di un<br />
numerale 93; inoltre, come titulus pictus, è attestata su di un’anfora del relitto della Torre della Meloria 94 e su un’altra<br />
di tipo V dalla necropoli di Portinenti a Lipari 95.<br />
In Sicilia il bollo Δι è attestato su un’ansa di anfora forse da Selinunte, conservata al museo di Palermo 96, e a<br />
Reggio 97. Un bollo ΔI, di matrice apparentemente diversa, è impresso su di un laterizio rinvenuto a Licata, Monte<br />
Sant’Angelo, inedito, visionato direttamente.<br />
Sulle monete argentee di Neapolis datate tra il 325 e il 280 a.C. e tra il 300 e il 282 a.C. compare la sigla ΔI 98.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV/V e V (Ischia, S. Restituta e scarico Gosetti) (tav. 17).<br />
Analisi: il campione di Ischia con bollo ΔI - ISC 708 - cade nell’insieme chimico E. L’analisi mineralogica ha permesso<br />
di stabilire l’appartenenza delle due anfore bollate ΔI al gruppo mineralogico I (IS 5) e al gruppo IIa (ISC 708).<br />
I B.70<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΔΙ[ ]<br />
Tipo V<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΔΙ<br />
Tipo IV/V-V (?)<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
ΔΙ<br />
Su tegola<br />
Selinunte<br />
ΔΙ<br />
Licata - Monte S. Angelo<br />
ΔΙ s.n. inv.<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 117<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.75 (= I A.30) (s.n. inv.)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
I B.76 (s.n. inv) IS 5<br />
Gr. I<br />
II B.22 (= II A.11) (28,11)<br />
II B.23 (= II A.23) (SG 278)<br />
III Teg.1 (tomba 108)<br />
ISC 708<br />
Insieme E<br />
ISC 708<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
I B.76<br />
II B.22<br />
III Teg.1<br />
(da Salinas 1884, p. 329, n. 312)<br />
<strong>estratto</strong>
118 c a p i to l o v<br />
* L’asterisco segnala che si tratta di un graffito o di un titulus pictus<br />
ΔIΩ, ΔIΩΝ<br />
Il bollo ΔIΩ è documentato sulle anfore tipo V della Secca di Capistello 99 e a Cartagena 100, con caratteristiche però<br />
differenti 101. Il bollo ΔIΩΝ si ritrova invece a Erice 102 e a Gela, su anfora greco italica tipo V 103, forse a Eraclea Minoa<br />
(il bollo è frammentario).<br />
Su monete bronzee di Neapolis datate al 320-280 a.C. è presente la sigla ΔIΩ 104.<br />
Tipologia delle anfore: tipo V (Secca di Capistello, Gela) (tav. 17).<br />
Analisi: sottoposti ad analisi mineralogica, i bolli dell’anfora della Secca di Capistello (ΔIΩ) e quello da Gela (ΔIΩΝ),<br />
su tipo V, sono riconducibili rispettivamente ai gruppi mineralogici IIa e IIb.<br />
Località<br />
Lipari-Secca di Capistello<br />
ΔIΩ<br />
Tipo V<br />
Eraclea Minoa<br />
ΔIΩ[ ]<br />
Retrogrado<br />
Gela<br />
ΔIΩN<br />
Tipo V<br />
12867<br />
12390<br />
12855<br />
AG.S. 3882<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SC 12867<br />
Gr. IIa<br />
s.n. inv. GL 1<br />
Gr. IIb<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Napoli (graffito) (?);<br />
– Reggio Calabria (IG XIV, p. 594, n. 589<br />
b);<br />
– Lipari-Portinenti (titulus pictus, Campagna<br />
2000, tav.IV, g);<br />
– Selinunte (da Salinas 1884, p. 329, n.<br />
312);<br />
– Licata - Monte S. Angelo (su laterizio,<br />
visionato direttamente);<br />
– Relitto Torre della Meloria (titulus pictus,<br />
Bargagliotti, Cibecchini 1998, fig. 3.4,<br />
indicata però come ΔA nel testo).<br />
Immagine<br />
12390<br />
AG.S. 3882<br />
(da S. Giunta, tesi di dottorato)<br />
<strong>estratto</strong>
* Bollo ΔIΩ<br />
[Δ]IONY, ΔIONYCO, ΔIONYCO[Δ ?]<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 119<br />
Documentato a:<br />
– Secca di Capistello (ΔIΩ, Olcese, studi<br />
in corso);<br />
– Erice (ΔIΩN, IG XIV, 2393, 219);<br />
– Eraclea Minoa (ΔIΩ[ ], visionato direttamente);<br />
– Agrigento (ΔIΩN, Pellegrini 1887, p. 275,<br />
nn. 594-595);<br />
– Gela (ΔIΩN, visionato direttamente;<br />
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p.<br />
289);<br />
– Cartagena (ΔIΩ, Martín Camino 1996, p.<br />
15);<br />
– Cartagine (ΔIΩ, Carton 1894, p. 190, n.<br />
70).<br />
Esistono matrici differenti per questo bollo; i campioni [Δ]ιΟΝΥ (da Ischia, ISC 711) e ΔIONYCO (da Camarina) hanno<br />
caratteri simili (la N visibilmente più grande delle altre lettere, la omicron piccola). Simili tra loro appaiono poi i bolli<br />
[Δ]ιΟΝΥCΟ[Δ ?] da Ischia scarico Gosetti (SG 288) e ΔIONYC[ ] da Licata Monte Sant’Angelo.<br />
Bolli analoghi sono anche [Δ]ιΟΝΥ e ΔIONYCO (con sigma lunato) di Monte San Giuliano in Sicilia 105. Diversamente<br />
a Taranto è attestato un bollo ΔIONYCιOC, con sigma lunato 106, da riportare al nome Διονύσιος, molto diffuso e<br />
documentato a Napoli da un’iscrizione nella tomba di vico Traetta 107. I bolli ΔIONY e ΔIONYCO, di Ischia e degli altri<br />
siti citati, invece potrebbero ricollegarsi al nome Διονυσόδως (attestato anche in un’iscrizione di Ischia), se è valida<br />
la lettura del bollo SG 288 con Δ finale.<br />
La sigla ΔIO compare su monete bronzee di Neapolis datate tra il 340 e il 280 108.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV/V e IV/V-V (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 17).<br />
Analisi: l’unico campione sottoposto ad analisi chimica (ISC 711) cade nell’insieme F.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
[Δ]ΙΟΝΥ<br />
Tipo IV/V-V (?)<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.24 (= II A.12) (A 77)<br />
II B.25 (A 78 - V 5)<br />
[Δ]ΙΟΝΥCΟ[Δ ?] II B.26 (SG 288-A 68)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 711<br />
Insieme F<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.24<br />
II B.26<br />
<strong>estratto</strong>
120 c a p i to l o v<br />
Erice<br />
ΔIONYCO<br />
Località<br />
Licata - Monte S. Angelo<br />
ΔIONYC[ ] s.n. inv.<br />
Camarina<br />
ΔIONYCO<br />
Tipo IV o V (?)<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
CAM 26.10.87<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
(da Pepoli 1885, tav. V.8)<br />
CAM 26.10.87<br />
– Taranto (Viola 1885, p. 275 n. 130);<br />
– Monte San Giuliano (Pepoli 1885, tav. V. n. 10);<br />
– Erice (Pepoli 1885, tav. V.8);<br />
– Licata, Monte S. Angelo (visionato direttamente nei<br />
magazzini del museo);<br />
– Camarina (visionato direttamente nel museo di Camarina).<br />
<strong>estratto</strong>
EYΞ, EYΞENO[?], EYΞENΩ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 121<br />
Il bollo EYΞENO (con omicron) è attestato a Ischia solo su anfore provenienti da scarico Gosetti e non dal quartiere<br />
artigianale di Santa Restituta: l’ansa mostra una sbavatura di argilla sulla parte finale del bollo (non è chiaro se ha<br />
terminazione in omicron o se il bollo sia da attribuire al gruppo successivo).<br />
Alcune osservazioni riguardano la grafia: la Ξ è attraversata da una barra verticale piuttosto marcata (che compare<br />
in molti degli esemplari - ad esempio in quello di Selinunte -) e che assomiglia al segno di alberello dell’alfabeto “nucerino”,<br />
il cui valore fonologico è KS 109.<br />
Il nome εὔξενος è piuttosto comune e compare, con matrici un po’ diverse, su bolli rinvenuti a Napoli (EYΞENOY<br />
API, si veda oltre) e in più località della Sicilia, tra cui Selinunte 110, Eraclea Minoa 111, Licata 112 e su due anse di anfore<br />
greco italiche di Gela, distrutta nel 282 a.C. (la matrice di quest’ultimo esemplare è un po’ differente e la terminazione<br />
è in ω, forse letta in modo errato [ ]ΥΞεΛΩ) 113. Un esemplare di Selinunte, conservato a Palermo e inedito, presenta,<br />
dopo l’omicron, un tratto verticale di chiusura (o si tratta di una iota?) riscontrato anche a fine del bollo XAPII. Un bollo<br />
analogo, ma più trasandato nella fattura, è impresso anche sulle anfore tipo V del relitto della Secca di Capistello (si<br />
veda il capitolo VII).<br />
Non è possibile stabilire con certezza se si tratti di omonimie o di riferimenti ad uno stesso personaggio 114. In molti<br />
casi il modo di bollare e l’impasto farebbero pensare a prodotti di una stessa officina (o comunque di una stessa area)<br />
e anche le analisi di laboratorio supportano questa ipotesi.<br />
εΥ compare anche, come graffito, su un’anfora di tipo IV/V conservata al Museo di Villa Arbusto 115.<br />
Su alcune delle anfore greco italiche di Napoli compare l’abbreviazione εΥ, dopo il bollo ΓΑΡ/ΠAP corona (si veda<br />
la scheda di questo bollo); potrebbe forse trattarsi dell’abbreviazione di questo nome.<br />
La sigla εΥΞ compare anche graffita su alcuni vasi a figure rosse rinvenuti a Vulci 116.<br />
Le sigle εΥΞ oppure εΥ, infine, si ritrovano su didracmi argentei di Napoli, datati dal Sambon tra il 325 e il 241<br />
a.C. 117, mentre una datazione tra il 300/280 e il 317/310-300 è stata proposta più recentemente 118.<br />
Tipologia delle anfore: gli esemplari della Secca di Capistello e il campione di Napoli (bollo EΥΞENOYAPI) appartengono<br />
al tipo V; un bollo di Eraclea Minoa (con bollo EΥΞ[ ]) è apposto su frammento riportabile a un tipo IV o IV/V<br />
(tav. 17).<br />
Analisi: otto campioni di anfore con questo bollo sono stati sottoposti ad analisi mineralogica, due dallo scarico<br />
Gosetti a Lacco Ameno (A 10, A 20), di cui uno con bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι, uno da un’anfora del relitto della Secca di<br />
Capistello (12872), due da Eraclea Minoa (EM 6, EM 9), due da Gela (GL 5, GL 21) e un ultimo da Napoli, dagli scavi<br />
della metropolitana (AMN 2, con bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι).<br />
In base a tali analisi, viene esclusa un’origine siciliana per tutti i campioni, che appartengono ai diversi sottogruppi<br />
del gruppo mineralogico II, di probabile origine campana, circoscrivibile forse al Golfo di Napoli (solo l’esemplare<br />
da Eraclea Minoa, EM 6, e quello con bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι da scarico Gosetti, A 20, appartengono al sottogruppo<br />
IIIc).<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ΕΥΞΕΝΟ[?] II B.29 (A 10) A 10<br />
Gr. IIc<br />
Secca di Capistello<br />
ΕΥΞΕΝ[Ω ? ]<br />
Tipo V<br />
12872<br />
9068/73652<br />
11028/7359<br />
12398<br />
12845<br />
SC 12872<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
II B.29<br />
12872<br />
<strong>estratto</strong>
122 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
E[Y]ΞENOI 48031<br />
Selinunte<br />
EYΞENΩ (?)<br />
Eraclea Minoa<br />
EYΞENΩ<br />
Retrogrado<br />
EYΞ[ ]<br />
Tipo IV o IV/V<br />
[ ] YΞENΩ<br />
Retrogrado<br />
Gela<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
AG.S. 3883 EM 6<br />
Gr. IIIc<br />
AG.S. 3881 EM 9<br />
Gr. IIa<br />
646<br />
[E] ΥΞEN[Ω ?] GL 5<br />
GL 21<br />
GL 5<br />
Gr. IIa<br />
GL 21<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
48031<br />
(da Salinas 1884, p. 329, n. 767)<br />
AG.S. 3883<br />
AG.S. 3881<br />
646<br />
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 24)<br />
GL 5<br />
(da S. Giunta, tesi di dottorato)<br />
<strong>estratto</strong>
ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 123<br />
Molto interessante è il bollo da scarico Gosetti che presenta l’associazione di due nomi εΥΞεΝΟΥ e ΑΡι.<br />
La omicron è piccola e si ritrova anche in altri bolli rinvenuti a Ischia (dove talora compare una traccia del trascinamento<br />
del punzone). L’abbreviazione del secondo nome, ΑΡι, potrebbe essere riconducibile al gruppo AP, APIΣ,<br />
APICT, APICTO precedentemente trattato.<br />
Un bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι proviene da Napoli, dove è documentato in contesti degli inizi del III secolo a.C., forse su<br />
anfora tipo V 119.<br />
Su monete argentee di Neapolis datate al 317/310-300 a.C. compaiono le sigle εΥΞ e AP 120.<br />
Tipologia delle anfore: tipo V (Napoli).<br />
Analisi: il campione da Ischia appartiene al gruppo mineralogico IIIc, l’esemplare da Napoli - AMN 2 - al gruppo<br />
mineralogico IIa e all’insieme chimico F. I gruppi mineralogici di appartenenza sono gli stessi del bollo precedente.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ II B.30 (A 20) A 20<br />
Gr. IIIc<br />
Napoli<br />
EYΞENOY API<br />
tipo V<br />
* Bollo εΥΞεΝΟΥΑΡι<br />
NNA 2 AMN 2<br />
Insieme F<br />
NNA 2<br />
Gr. IIa<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
II B.30<br />
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.);<br />
– Relitto della Secca di Capistello (anfora tipo V, Olcese,<br />
studi in corso);<br />
– Selinunte (Salinas 1884, p. 329 n. 767);<br />
– Selinunte (?) (Museo di Palermo, inv. 48031);<br />
– Eraclea Minoa (con Ω finale, forse un genitivo) (De<br />
Miro 1958, p. 282, n. 24);<br />
– Licata (IG XIV, 2393, 257 b, desinenza in u);<br />
– Gela (Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 360 n. 11<br />
e fig. 5 p. 361; [--]YΞEΛΩ, con omega, forse letto<br />
male, simile al bollo delle anfore della Secca di Capistello;<br />
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p. 289).<br />
<strong>estratto</strong>
124 c a p i to l o v<br />
EΛ<br />
Il bollo è documentato su 15 anse di anfore greco italiche, rinvenute in prevalenza nell’area della fornace di Santa<br />
Restituta; il digamma a traverse orizzontali, che si ritrova anche in Sicilia, secondo il Dubois è da ricollegare agli Eubei<br />
della costa tirrenica o agli Oschi dell’interno 121; costituisce la prima lettera del bollo e si ritrova anche da solo inciso su<br />
un’ansa di anfora (cat. I B.78) 122. Il segno (come nel successivo bollo IBI) è molto probabilmente utilizzato per rendere,<br />
in caratteri greci, il suono U consonantico della lingua latina. La E è legata in basso alla Λ, in quasi tutti i bolli.<br />
Il bollo compare a Santa Restituta anche sulla parte posteriore della matrice di una maschera, impresso molto leggermente<br />
tanto da non esser più quasi visibile. EΛ è attestato anche su un’anfora greco italica tipo IV di Napoli,da<br />
un contesto di inizi III secolo a.C. 123 e su un frammento di anfora greco italica simile al tipo III (?) che ho potuto vedere<br />
tra i materiali del Museo di Palermo, provenienti forse da Selinunte 124.<br />
Il nome non è greco; non è chiaro se appartenga a una persona di origine osca o se si tratti del prenome etrusco VEL 125; il<br />
gentilizio Velcaeus è attestato come graffito (VelXaie) su di una coppa in vernice nera dal Museo Nazionale di Napoli 126.<br />
Su monete di bronzo datate verso il 250-210 a.C. compare la scritta EΛEXA, il nome di una città conosciuta solo attraverso<br />
la sua monetazione - si è ipotizzato in passato che si trattasse del villaggio di Pallica tra Atella e Napoli 127.<br />
Non è chiaro infine se ci sia un rapporto tra questo bollo e i bolli CE su greco italiche, probabilmente di tipo VI, da<br />
Mas Castellar-Pontós 128.<br />
Tipologia delle anfore: due degli esemplari di Santa Restituta corrispondono ai tipi III/IV e IV 129 (tav. 18). A Napoli il<br />
bollo è impresso su di un’anfora tipo IV, mentre l’esemplare di Selinunte sembra un tipo III.<br />
Analisi: gli esemplari sottoposti ad analisi chimica (ISC 647 e 648) cadono nel gruppo D, probabilmente locale. L’analisi<br />
mineralogica effettuata su di un unico campione (SR 1473) ha permesso di collocarlo nel gruppo mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΕΛ<br />
tipi III/IV e IV<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.79 (SR 1473-247235-A<br />
16)<br />
I B.80 (= I A.22) (247236)<br />
I B.81 (247231-AR 96)<br />
I B.82 (RI 1)<br />
I B.83 (247230-M 157)<br />
I B.84 (247229-AR 95)<br />
I B.85 (247232-AR 97)<br />
I B.86 (247233-SR 1474-<br />
AR 98)<br />
I B. 87 (RI 2)<br />
I B.88 (s.n. inv.)<br />
I B.89 (= I A.14) (247237)<br />
I B.90 (M 86-AR 101)<br />
I B.91 (100)<br />
I B.92 (AR 104)<br />
ΕΛ II B.31 (A 58)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 648<br />
Gr. D<br />
ISC 647<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SR<br />
1473<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.79<br />
II B.31<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
EΛ<br />
Tipo IV<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
ΕΛ<br />
Tipo III (?)<br />
IBI<br />
48040<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 125<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
48040<br />
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante c.s);<br />
– Selinunte (?) - Museo di Palermo (inedito, visionato<br />
direttamente).<br />
<strong>estratto</strong><br />
Il bollo in questione è documentato su una tegola da Santa Restituta entro cartiglio ovale e si riferisce probabilmente<br />
a un nome osco. Il digamma ha la forma di una parentesi quadra, la stessa che si trova anche nel bollo EΛ, per<br />
rendere, in caratteri greci, il suono U consonantico della lingua latina (si veda sopra).<br />
Interessante il confronto con un bollo analogo da Eraclea Minoa, IBIΩ, su ansa di anfora di tipologia sconosciuta, la<br />
cui ultima lettera è un’omega e permette forse di riferire il bollo alla morfologia greca 130.<br />
La sigla IBI appare anche su monete bronzee da Napoli (datate intorno tra il 320 a.C. e il 280) 131; su altre, di argento,<br />
datate dopo il 300-241 a.C. 132, e di bronzo, datate al 320-280 compare l’abbreviazione I.<br />
Analisi: l’unica analisi effettuata è mineralogica e riguarda l’esemplare da Eraclea Minoa che appartiene al gruppo<br />
IIIb.
126 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
IBI<br />
Su tegola<br />
Eraclea Minoa<br />
IBI Ω (?)<br />
Retrogrado<br />
ZOIΛ, ZΩ<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I Teg.3 (TR 6)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
AG.S. 3908 EM 14<br />
Gr. IIIb<br />
Immagine<br />
I Teg.3<br />
AG.S. 3908<br />
<strong>estratto</strong><br />
Il nome greco Ζωίλος, piuttosto comune, è molto frequente tra i bolli di Ischia. Va notata la discrepanza grafica<br />
nell’uso dell’omicron e dell’omega nelle due diverse forme: undici esemplari sono attestati nella forma ZOIΛ<br />
retrograda con omicron, mentre sono trentacinque i bolli nella forma abbreviata ΖΩ, con omega spesso senza<br />
apici (oppure omicron ?), in cartiglio quadrangolare o rettangolare; quest’ultimo bollo è documentato anche su<br />
una tegola da Santa Restituta.<br />
Quasi tutti i bolli ZΩ sono stati rinvenuti nei pressi della fornace 6 (il nr. 1803 proviene dall’area tra il forno 4 e il 5,<br />
mentre il 1509 viene dal forno 3).<br />
Le anse con bollo ZΩ sono a sezione circolare e appartengono ad anfore di modulo piccolo e grande, mentre<br />
quelle con bollo ZOIΛ sono apparentemente più piccole e hanno sezione circolare e talora ovale. Purtroppo a<br />
Ischia non esistono esemplari diagnostici che consentano di risalire al tipo di anfora; il bollo ZΩ è conosciuto però<br />
anche fuori da Ischia, ad esempio su di un’anfora intera tipo IV del relitto Filicudi F 133 e in diversi siti della Sicilia,<br />
tra cui Gela 134.<br />
I ritrovamenti consentono di datare l’anfora e il bollo al periodo compreso tra la fine del IV e gli inizi del III secolo<br />
a.C.<br />
Bolli ZΩI compaiono su alcune tegole di Lipari 135 e a Monte Iato, su anfore 136.<br />
Il bollo ZOIΛ è documentato su anse di anfora a Napoli in un contesto di fine IV-inizi III secolo a.C. 137, a Siracusa 138<br />
e a Eraclea Minoa 139, insieme ad altri bolli noti a Ischia.<br />
È attestato un bollo Zωίλου anche nella Collezione dell’Università Cattolica di Milano 140; la zeta è retrograda e l’omega<br />
lunata.<br />
Uniscrizione di tarda età ellenistica rinvenuta a Napoli menziona uno Ζωίλος Ζωίλου 141, che aveva ricoperto la carica<br />
di φρήταρχος, capo di una fratria 142. Una lapide da Napoli databile sempre ad età ellenistica nomina uno Ζωίλος<br />
vincitore nei giochi pitici che il Kaibel identificava con il personaggio della lapide precedentemente citata, mentre la<br />
Miranda sostiene che si tratti di un nome molto comune e propende per un’omonimia 143.<br />
Una stele marmorea ed un’iscrizione dipinta della seconda metà del I a.C. ritrovata a Napoli, riportano il nome
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 127<br />
Zωίλου 144, evidentemente molto comune in quell’area e che ritorna anche su di una iscrizione di Metaponto datata<br />
intorno al 250 a.C. 145.<br />
Uno Ζωίλος Ζωίλου Κυμαĩος, infine, è documentato da un’iscrizione sepolcrale di Atene, datata al IV secolo<br />
a.C. 146.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (relitto Filicudi F) (tav. 18).<br />
Analisi: due campioni ΖΩ e ZOIΛ (ISC 638 e ISC 654) sottoposti ad analisi chimica, appartengono al gruppo D, di<br />
origine locale. L’analisi chimica effettuata in un secondo momento (e per questo non inserita nella cluster) sembra<br />
consentire l’attribuzione del campione di Gela (GL 4) allo stesso gruppo chimico delle anfore di Ischia bollate con<br />
questo bollo.<br />
Le analisi mineralogiche depongono a favore di un’origine comune di cinque esemplari bollati ΖΩ che ricadono nel<br />
gruppo mineralogico I; tra essi alcuni provengono dalla Sicilia (GL 4, MSA 1, CLTB 2). Allo stesso gruppo mineralogico<br />
appartiene anche il campione ZOIΛ da Eraclea Minoa.<br />
ZΩ<br />
Le anfore del relitto Filicudi F, bollate con questo bollo, appartengono al tipo IV (tav. 18).<br />
Tutti i campioni analizzati appartengono al gruppo chimico D e al mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
ZΩ I B.104 (RI 14)<br />
I B.105 (SR 1807)<br />
I B.106 (RI 12)<br />
I B.107 (A 35 - AR 140)<br />
I B.108 (A 36)<br />
I B.109 (s.n. inv.)<br />
I B.110 (RI 16)<br />
I B.111 (AR 123)<br />
I B.112 (SR 1805)<br />
I B.113 (SR 1804)<br />
I B.114 (AR 134)<br />
I B.115 (RI 11)<br />
I B.116 (AR 121 - SR 175)<br />
I B.117 (SR 175 - AR 122)<br />
I B.118 (RI 10)<br />
I B.119 (SR 175 - AR 143)<br />
I B.120 (A 37bis - AR 119)<br />
I B.121 (M 132 - AR 135)<br />
I B.122 (SR 1509)<br />
I B.123 (SR 1803)<br />
I B.124 (1830 A)<br />
I B.125 (247251)<br />
I B.126 (AR 118)<br />
I B.127 (RI 15)<br />
I B.128 (SR 175)<br />
I B.129 (AR 142)<br />
I B.130 (RI 13)<br />
I B.131 (RI 4)<br />
I B.132 (AR 129)<br />
I B.133 (AR 133)<br />
I B.134 (RI 17)<br />
I B.135 (SR 1818)<br />
I Teg.4 (247285)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 638<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SR 1509<br />
Gr. I<br />
SR 1803<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.109<br />
I B.122<br />
I B.123<br />
I Teg.4<br />
(su tegola)<br />
<strong>estratto</strong>
128 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
ZΩ II B.32 (A 55 - V 5)<br />
II B.33 (SG 342 - A 56)<br />
II B.34 (A 57 - V 5)<br />
Lipari - Filicudi F<br />
ZΩ<br />
Tipo IV<br />
Caltabellotta<br />
17621/F 20<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ZΩ CLTB 2 CLTB 2<br />
Gr. I<br />
Licata - Monte S. Angelo<br />
ZΩ MSA 1 MSA 1<br />
Gr. I<br />
Gela<br />
ZΩ GL 4 GL 4 GL 4<br />
Gr. I<br />
ZOIΛ<br />
Immagine<br />
II B.32<br />
17621/F 20<br />
CLTB 2<br />
MSA 1<br />
GL 4<br />
(da S. Giunta, tesi di dottorato)<br />
<strong>estratto</strong><br />
Alcune anse di Ischia hanno un diametro più piccolo di quelle con bollo ZΩ, probabilmente perché di modulo ridotto.<br />
Il bollo di Napoli, documentato forse su una greco italica tipo IV, proviene da un contesto di fine IV - inizi III secolo<br />
a.C. 147.<br />
Il campione ISC 654 cade nel gruppo chimico D; l’unica analisi mineralogica effettuata sull’esemplare di Eraclea<br />
Minoa (EM 13) appartiene al gruppo mineralogico I.
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ZOIΛ<br />
Retrogrado<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
ZOIΛ<br />
Tipo IV (?)<br />
Eraclea Minoa<br />
ZOIΛ<br />
EM 57/9c<br />
Retrogrado<br />
* Bollo ZOIΛ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 129<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.93<br />
(247167-SR 173-AR 108)<br />
I B.94 (SR 173-247170)<br />
I B.95 (A 34)<br />
I B.96 (247174-SR 173)<br />
I B.97 (247168-AR 107)<br />
I B.98<br />
(247171-SR 173-AR 111)<br />
I B.99 (247172)<br />
I B.100<br />
(247173-SR 173-AR 113)<br />
I B.101 (247169-AR 110)<br />
I B.102 (SR 173-AR 115)<br />
I B.103 (AR 114)<br />
641<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 654<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
EM 13<br />
Gr. I<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
I B.95<br />
EM 57/9c<br />
641<br />
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 13)<br />
– Napoli (ZOIΛ, Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.);<br />
– Velia (ZΩ su una tegola, Gallo 1966, p. 377 n. 86, Ω<br />
lettere con caratteristiche diverse);<br />
– Filicudi F (ZΩ, anfora 17621/F 20, Olcese, studi in<br />
corso);<br />
– Monte Iato (ZΩI,13015, comunicazione di M. Palaczyk);<br />
– Caltabellotta - S. Benedetto (Ag) (ZΩ, inedito, visionato<br />
direttamente);<br />
– Eraclea Minoa (ZOIΛ, De Miro 1958, fig. 50 n. 13 e<br />
visionato direttamente, non è certo se si tratti di due<br />
esemplari diversi o dello stesso);<br />
– Poggio Marcato di Agnone (ZΩ, inedito, visionato direttamente<br />
nei magazzini del museo di Licata);<br />
– Licata - Monte Sant’Angelo (ZΩ, inedito, visionato direttamente<br />
nei magazzini del museo);<br />
– Gela (ZΩ, Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 352, fig.<br />
11 nr. 2, p. 361 fig. 5; S. Giunta, studio in corso e cap.<br />
VIII, p. 289);<br />
– Siracusa (ZOIΛ, IG XIV, p. 578 n. 261).<br />
<strong>estratto</strong>
130 c a p i to l o v<br />
ΘEΩN<br />
È documentato un unico esemplare con impasto apparentemente un po’ diverso da quelli più comuni a Ischia.<br />
Non è chiaro se si tratti di un antroponimo o di una indicazione di marca di proprietà “divina”, così come ipotizzato<br />
a proposito di un’iscrizione ΘεΩ[ ] dipinta in nero su un cratere di fabbricazione locale proveniente dalla tomba 168<br />
di Pithecusa del 725 a.C. circa 148.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΘΕΩΝ<br />
Retrogrado<br />
IEPΩ<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.136<br />
(SR 189-247311-AR 163)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.136<br />
Da riportare forse al nome Ἱέρων. Il bollo è in cartiglio rettangolare. L’omega ha i tratti della base allargati (come nel<br />
bollo BIΩ della Secca di Capistello).<br />
Il bollo è documentato a Lilibeo - IEPΩ 149 - a Cartagena - [I]EPΩ 150 - e nella necropoli di Lipari su tegola - IEPΩN - 151.<br />
Se impresso su tegole si tratta forse di un contrassegno destinato al materiale da costruzione destinato ai santuari 152.<br />
Non essendo state effettuate analisi, il bollo non è attribuibile con certezza ai gruppi individuati.<br />
Tipologia delle anfore: l’esemplare di Cartagena su cui è apposto il bollo è classificato come tipo V-VI (datato però<br />
dagli autori al 350-280 a.C. (?) ) 153. Garcίa Sánchez associa il bollo IEPΩ al tipo V 154.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΙΕΡΩ<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.137 (247313-M 262-AR<br />
16)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.137<br />
<strong>estratto</strong>
Lilibeo<br />
ΙΕΡΩ<br />
Cartagena<br />
[Ι]ΕΡΩ<br />
Retrogrado<br />
Tipo V-VI<br />
IΣ<br />
Località<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 131<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
(da Brugnone 1986, tav. XXI. 11 a)<br />
(da Martín Camino 1996, p. 37)<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Lipari Portinenti (IEPΩN su tegola, Cavalier,<br />
Brugnone 1986, tav. XXXVI c);<br />
– Lilibeo (Brugnone 1986, tav. XXI. 11 a);<br />
– Cartagena (Martín Camino 1996, p. 37;<br />
Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p.<br />
336).<br />
Il bollo, di lettura incerta, impresso su ansa frammentaria non è ricollegabile ad un tipo preciso; corrisponde, ma<br />
probabilmente si tratta di una casualità, alla sigla che si ritrova sulle monete in argento e in bronzo napoletane del<br />
periodo 270-250 a.C. e di un gruppo di zecche campane, legate da un accordo di natura politico-finanziaria 155.<br />
Analisi: l’analisi mineralogica permette di attribuire l’esemplare al gruppo mineralogico IIIc.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
IΣ II B.36 (A 53 bis) A 53b<br />
Gr. IIIc<br />
Immagine<br />
II B.36<br />
<strong>estratto</strong>
132 c a p i to l o v<br />
KAPΠOY<br />
Questo bollo è presente solo su di un’ansa di Lacco Ameno e la modalità di impressione, in negativo, è differente da<br />
quella degli altri esemplari.<br />
Un bollo ΚΑΡΠΟΥ è documentato anche ad Erice 156. Su di una lucerna rinvenuta ad Atri è impresso il bollo<br />
KAPΠOΣ 157.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
ΚΑΡΠΟΥ I B.138 (247319)<br />
ΛΟΥ, ΛΟΥΚΙΟΥ<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.138<br />
I bolli che seguono sono attestati solo su laterizi, nessuno dei quali proviene dall’area delle fornaci di Santa Restituta.<br />
È interessante rilevare che una delle iscrizioni rinvenute a Ischia, una dedica ad Aristeo, nomina un μεγακλ[ῆς]<br />
Λουκίου 158.<br />
Su monete argentee di Neapolis, datate al 350-280 a.C. e al 300-241 a.C., è presente la sigla ΛΟΥ 159.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΛΟΥΚΙΟΥ II Teg.6 (27)<br />
ΛΟΥΔΗ<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
MAIΩ<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II Teg.5 (239127)<br />
Analisi<br />
chimico<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II Teg.5<br />
<strong>estratto</strong><br />
Due bolli sono stati rinvenuti nello scarico Gosetti. Il cartiglio è rettangolare; il bollo è retrogrado e presenta alle<br />
quattro estremità dei punti a rilievo (segni analoghi sono utilizzati per riquadrare i testi epigrafici nelle iscrizioni della<br />
penisola sorrentina 160 oppure, più in generale, sono utilizzati come segni divisori 161).<br />
Secondo il van der Mersch il nome μαίων è piuttosto raro al di fuori della zona di Napoli 162 e potrebbe trattarsi di un antroponimo<br />
osco grecizzato 163; il bollo potrebbe corrispondere al genitivo di μαίος o essere il nominativo di μαίων 164.<br />
Un’iscrizione greca di Lacco Ameno (IG XIV 894), oggi perduta, da riportare secondo il Cassola al III secolo a.C.,<br />
nominava un μάιος Πάκυλλοu, uno dei due arkontes dal nome osco grecizzato che avrebbero innalzato un muro di<br />
fortificazione nell’area di Monte Vico 165.<br />
Su un’anfora della necropoli di San Montano (da una tomba datata tra il 750 e il 730 a.C.) compare un graffito interpretato<br />
come μαίο[νος] (?), da un nominativo μαίων 166.<br />
A Lacco Ameno è attestato anche un altro bollo con desinenza in -ιω, cioè ΩΟιΩ; a questi bolli si aggiungono NOIΩ<br />
(da Antibes 167 e da Eraclea Minoa 168) e, forse, NIΩ (da Aleria 169), sempre su anfore greco italiche.
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
MAIΩ<br />
Retrogrado<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 133<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.37 (s.n. inv.)<br />
II B.38 (A 25)<br />
MAK, MAKKOΣ, MAKKOY<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.37<br />
II B.38<br />
Un unico bollo MAKKOY da S. Restituta, entro cartiglio rettangolare, è forse riconducibile a un nome osco al genitivo<br />
170. Un altro bollo in forma abbreviata MAK, retrogrado, proviene dallo scarico Gosetti. Un bollo ΔHMAK, infine,<br />
si trova su una tegola da una tomba ellenistica della necropoli 171; su un’altra tegola della stessa tomba è presente il<br />
bollo εΡ retrogrado. A Napoli è documentato il bollo μΑΚΚΟΣ (o con omega ?), per intero, su anfora greco italica tipo<br />
VI da un contesto di fine III - inizi II secolo a.C. 172; il bollo MAK compare anche in Sicilia su di un’ansa di anfora da<br />
Morgantina 173 e a Lilibeo 174. Un graffito MAK è attestato a Sorrento su di una coppa in ceramica a vernice nera 175.<br />
Si potrebbe trattare di un nome proprio μάκκος, Maccus, lo stesso utilizzato nella commedia atellana. Su monete<br />
di bronzo attribuite ad Acerra e datate intorno alla metà del III secolo a.C. è documentata l’iscrizione Makkiis, che<br />
fa riferimento forse a un magistrato 176; secondo il Cassola si tratta di cittadini di origine osca che diressero l’attività<br />
della zecca (Makkiis, Maakkiis = Maccius su monete di IV e III secolo a.C.) 177. La famiglia dei Maccii è documentata<br />
anche a Pompei, dove è considerata di origine sabellica 178.<br />
Tipologia delle anfore: tipo VI (Napoli) 179.<br />
Analisi: l’analisi mineralogica effettuata ha consentito di stabilire la possibile appartenenza del campione A 53a al<br />
gruppo mineralogico IIIc.<br />
Località<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Ischia - S. Restituta<br />
MAKKΟY<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
I B.139 (s.n. inv.)<br />
ΔH MAK (?)<br />
II B.39 (A 53) A 53a<br />
Retrogrado<br />
Gr. IIIc<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
ΔH MAK<br />
III Teg.3 (tomba 123)<br />
Retrogrado<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
MAKKOΣ (o MAKKΩΣ ?)<br />
Tipo VI<br />
Immagine<br />
II B.39<br />
III Teg.3<br />
<strong>estratto</strong>
134 c a p i to l o v<br />
MAMAPKOY, ΔHMAMAP<br />
Su laterizi (coppi) di Ischia compare il bollo ΔHMAMAP 180 che è forse da ricollegare all’altro, MAMAPKOY, genitivo<br />
singolare di Ϻάμαρκος, attestato negli scavi di Santa Restituta su anfora greco italica di tipo III. L’impasto dell’anfora,<br />
che non è stata sottoposta ad analisi, è un po’ differente da quello che si ritrova di solito nelle anfore locali.<br />
I caratteri del bollo MAMAPKOY su anfora sono piccoli e “pieni”, diversi da quelli solitamente attestati sulle greco<br />
italiche rinvenute a Lacco Ameno e diversi anche da quelli del bollo impresso sul coppo I Teg.6; i bolli si trovano<br />
entro un cartiglio rettangolare che si assottiglia verso il fondo. I caratteri del bollo sul coppo, chiari, distanziati e ben<br />
leggibili, sono simili a quelli dello stesso bollo documentato su di unanfora greco italica rinvenuta a Gela 181 (il sito è<br />
abitato nel periodo circoscritto tra il 339/338 e il 282 a.C.).<br />
Ϻάμαρκος è la versione greca del prenome osco Mamereks 182. Il nome è attestato a Napoli 183; è inoltre graffito<br />
sull’esterno di una coppa a vernice nera rinvenuta a Pontecagnano e datata tra la fine del V e gli inizi del IV secolo<br />
a.C. 184.<br />
Il bollo [--]MAPKΩ su anfora conservata nel Museo di Palermo e proveniente forse da Selinunte ha caratteri ancora<br />
diversi e appiattiti 185. Un’anfora greco italica da Mas Castellar-Pontós datata al 200-175 a.C. reca un bollo frammentario<br />
MAM[- -]O[- - -] 186 (non inserito nella carta perché incerto).<br />
Tipologia delle anfore: tipo III (Ischia, Santa Restituta) (tav. 18).<br />
Analisi: l’unico campione analizzato chimicamente si colloca alla fine della cluster, in posizione marginale.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΜΑΜΑΡΚΟΥ<br />
Retrogrado<br />
Tipo III<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
[Μ]ΑΜΑΡΚΟΥ<br />
Retrogrado<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
[MA]MAPKΩ (?)<br />
Retrogrado<br />
Gela<br />
MAMAP<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.140 (= I A.2)<br />
(SR 1472-AR 188)<br />
II B.40 (SG 282)<br />
48050<br />
s.n. inv.<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.140<br />
II B.40<br />
48050<br />
(da S. Giunta, tesi di dottorato)<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΔHMAMAP<br />
Retrogrado<br />
su coppo<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΔHMAMAP<br />
Retrogrado<br />
su coppo<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
* Bollo ΔHMAMAP<br />
NYMΠO, NYMΦOΔAIOΣ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 135<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I Teg.5 (247286-TR 5)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
I Teg.6 (TR 4) ISC 641<br />
fine cluster<br />
II Teg.7 (239128)<br />
II Teg.8 (239130)<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
I Teg.6<br />
II Teg.8<br />
– Monte Iato (comunicazione di M. Palaczyk);<br />
– Selinunte (?) (inedito, visionato direttamente al Museo<br />
di Palermo);<br />
– Gela (Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 352, fig. 11;<br />
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p. 289).<br />
<strong>estratto</strong><br />
Documentato su tegole e coppi, preceduto dalla sigla ΔH 187, il nome troncato è forse da collegare al bollo<br />
NYMΦOΔAIOY, dato dalle Ninfe, impresso a Ischia su un’anfora dello scarico Gosetti (n. II B.42 del catalogo) o ad<br />
altri nomi analoghi (la Π di NYMΠO corrisponde alla Φ, per la perdita di aspirazione tipica del dialetto ionico). Su<br />
tegole di Lipari e a Erice è attestato il nome NYMΦΩΔΩPOΣ 188.<br />
A Elis sono state rinvenute numerose anse di anfora con bollo NYMΦ, insieme ad altri bolli di possibile importazione<br />
dalla Magna Grecia; per il bollo ΝΥμΦ vengono riportati confronti con esemplari da Siracusa e Akrai 189.<br />
Non è possibile stabilire se ci sia un rapporto tra questi bolli e i bolli NY da Marsiglia 190 e [ ]YM apposto su una greco<br />
italica, probabilmente recente, da Lattes 191.
136 c a p i to l o v<br />
Su monete napoletane posteriori al 250 a.C. compare l’ abbreviazione NY 192, documentata anche su monete bronzee<br />
da Neapolis datate tra il 300 e il 260 e il 250 e il 200 193.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΝΥΜΦΟΔΑΙΟΥ<br />
NY[ ]<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.42 (A 63)<br />
II Teg.13 (s.n. inv.)<br />
ΝΥΜΦΩΝ II B.43 (SG 296-A 64)<br />
ΔHNYMΠΟ<br />
Su coppo<br />
ΔHNYM[ ]<br />
Su coppo<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
[ ]HMYMΠO<br />
Su coppo<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
ΔHNYΨI<br />
II Teg.10 (V 5 - T 14)<br />
II Teg.11 (239132)<br />
II Teg.12 (239133)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II Teg.10<br />
II Teg.11<br />
II Teg.12<br />
<strong>estratto</strong><br />
NYΨI è da collegare forse al prenome osco Νύμψιος che è documentato a Ischia sull’iscrizione detta di Lacco, pietra<br />
oggi scomparsa che risale, secondo il Maiuri, al periodo della prima occupazione napoletana di Ischia. L’iscrizione ricordava<br />
l’innalzamento di un muro di fortificazione e riportava i nomi osci grecizzati dei due comandanti: uno di essi è<br />
Πάκιος Νυμφίος o Νυμψίου (a seconda della lettura proposta), arconte 194.<br />
Secondo il Salomies, il nome Núμψιος e la variante Ny(m)psios, molto comuni a Napoli, possono essere collegati<br />
all’italico Nium(p)sis = Numasios > Numerius 195.<br />
Il nome Νύμψιος è attestato a Napoli: un Νύψιος Νεαπολίτης, ad esempio, militò come comandante dei mercenari<br />
sotto Dioniso il Giovane nel 356 196.<br />
Ci si chiede se il nome sia collegabile al Nymphius, princeps civitatis che consegnò nel 326 a.C. Neapolis ai Romani<br />
197, come per i bolli del gruppo XAP, XAPI, XAPIΛεΩ, descritti oltre.<br />
Un confronto diretto ha permesso di confermare che il bollo da Ensérune, Νύμψι o Νύμψιος 198, su anfora greco<br />
italica, ha un impasto di tipo simile a quello delle anfore di Ischia/Napoli. L’anfora di Ensérune proviene da un silos<br />
dell’insula IX, un contesto datato alla fine II/I a.C. 199; sempre a Ensérune è documentato anche un bollo di provenienza<br />
sconosciuta con abbreviazione NY, con la Y che sormonta la N 200, simile alla sigla delle monete di Neapolis<br />
(si veda la tabella 2 del capitolo IV).<br />
Un bollo Νγμψι, con N retrograda, è attestato a Acris 201.<br />
Alcune iscrizioni di III secolo a.C. del Serapieion C di Delo nominano un Agathon di Nympsios Petelinos 202.<br />
Su iscrizioni latine di Capua 203 e di Casapulla 204, infine, compare il gentilizio Numpsius (Q. Numpsi, in caratteri latini).<br />
Analisi: è stato effettuato un unico prelievo, dall’anfora di Ensérune; l’analisi chimica ha permesso di attribuirla all’insieme<br />
E.
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΔHNYΨI<br />
Retrogrado<br />
su tegola<br />
Ensérune<br />
NYMΨIOC<br />
Frammento di spalla, collo e<br />
ansa (tipo IV ?)<br />
ΞEN<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 137<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I Teg.8 (1712)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
1952.345, silos 3 ENS 13<br />
Insieme E<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I Teg.8<br />
1952.345<br />
Dalle fornaci di Santa Restituta provengono 16 bolli ΞEN (di cui alcuni dalla fornace 3, come risulta dagli inventari<br />
di Don Pietro Monti), uno solo dallo scarico Gosetti, dove è attestato anche il bollo ΞεΝΩΝ 205, che ha però caratteri<br />
differenti (si veda oltre). Le anse sono massicce e a sezione vagamente triangolare.<br />
Il bollo ΞEN è in cartiglio quadrangolare impresso profondamente, appena sotto il gomito, oppure perpendicolarmente<br />
allansa; in alcuni casi è conservato il segno lasciato dall’estremità del punzone. Le lettere hanno più o meno la<br />
stessa altezza, la Ξ è costituita dai tre tratti orizzontali (mentre nel bollo ΞεΝΤΡε, descritto oltre, i tratti sono attraversati<br />
dalla barra verticale); la E ha il tratto mediano più corto degli altri.<br />
Uno dei bolli - il n. 1598 (n. cat. I B.156) - è stato trovato sul fondo della fornace 3 206.<br />
Il nome ΞEN è, in alcuni bolli, associato al nome ΤΡε (si veda oltre).<br />
Tipologia delle anfore: un bollo ΞEN è apposto su di un’anfora, da Ischia, Santa Restituta, di tipo IV, di cui è conservato<br />
l’orlo e il collo (I B.142) (tav. 18).<br />
Analisi: il bollo, sottoposto ad analisi chimica, va a cadere nel gruppo chimico D; l’analisi mineralogica conferma<br />
l’appartenenza del bollo al gruppo mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΞΕΝ<br />
Tipo IV<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.141 (247182)<br />
I B.142 (= I A.11) (RI 24)<br />
I B.143 (247175-AR 151-<br />
SR 174?)<br />
I B.144 (247183-SR 174-AR 147)<br />
I B.145 (M 78)<br />
I B.146 (RI 21)<br />
I B.147 (RI 20)<br />
I B.148 (247179-M 154)<br />
I B.149 (247178-AR 146)<br />
I B.150 (247176-AR 152)<br />
I B.151 (247180)<br />
I B.152 (247177-M 154-AR 144)<br />
I B.153 (M 158-AR 159)<br />
I B.154 (247181-M 154-AR 153)<br />
I B.155 (SR 174-AR 149-<br />
247184)<br />
I B.156 (1598)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 642<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 642<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.141<br />
I B.142<br />
I B.155<br />
<strong>estratto</strong>
138 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
[Ξ]ΕΝ II B.44 (SG 294)<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
ΞΕΝ 48036<br />
ΞEN TPE<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
Tra le anse bollate di Ischia, almeno otto recano questo bollo retrogrado; tutte sembrano derivare per lo più dalla<br />
stessa matrice. Si tratta di anse a sezione triangolare, alcune appartenenti ad anfore di modulo piccolo. Il cartiglio è<br />
rettangolare, profondo, talora con angoli arrotondati. Nella lettera Ξ i tratti orizzontali sono attraversati da una barra<br />
verticale.<br />
Il bollo è formato dall’abbreviazione di un nome greco e di uno osco associati 207 (si veda più avanti il bollo TPE). Una<br />
delle anse bollate è stata rinvenuta all’interno della fornace 3 (M 105, n. cat. I B.162) insieme a un bollo AΡIΣTOK e ad<br />
un bollo che raffigura un’anforina; un’altra era “incollata” al piano di cottura della fornace 5 (ISC 621, n. cat. I B.159).<br />
Il bollo è probabilmente documentato anche in Sicilia, proveniente forse da Selinunte (materiale conservato al Museo<br />
di Palermo, visionato direttamente) e a Segesta, anche se la lettura che ne viene data, ΞEN TII, non consente di<br />
affermarlo con certezza 208.<br />
Analisi: i due campioni analizzati cadono entrambi nel gruppo D, probabilmente locale. L’analisi mineralogica è<br />
stata effettuata su tre campioni che, pur rivelando differenze tessiturali, sono da riportare al gruppo mineralogico<br />
I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΞΕΝ TPE<br />
Retrogrado<br />
I B.157 (1832)<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.158 (M 158 bis)<br />
I B.159 (1507)<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
ΞΕΝ TPE<br />
Retrogrado<br />
I B.160 (264)<br />
I B.161 (AR 156)<br />
I B.162 (M 105-AR 157)<br />
I B.163 (M 158-AR 159)<br />
I B.164 (AR 160)<br />
48043<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 650<br />
Gr. D<br />
ISC 621<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SR 1832<br />
Gr. I<br />
ISC 650<br />
Gr. I<br />
ISC<br />
621/621<br />
bis<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.157<br />
I B.158<br />
48043<br />
<strong>estratto</strong>
Segesta<br />
ΞΕΝTII (?)<br />
* Bollo ΞEN<br />
ΞENΩN<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 139<br />
(da Garozzo 1999, fig. 172)<br />
Il bollo in cartiglio rettangolare è apposto alla base dell’ansa, allo stesso modo di altri bolli su greco italiche da siti<br />
diversi (ad esempio quelli delle greco italiche tipo IV del relitto Filicudi F).<br />
I caratteri (grandi e ben leggibili) e il modo di bollare sono diversi da quelli dei bolli ΞEN e ΞENTPE, precedentemente<br />
descritti. In questo bollo la Ξ è costituita da tre tratti orizzontali mentre nel bollo ΞENTPE la Ξ è attraversata dal tratto<br />
verticale.<br />
Non è chiaro se ci sia un rapporto tra questo bollo e quello rinvenuto a Erice, ΞεΝΩΝOΣ 209.<br />
Analisi: il campione analizzato chimicamente appartiene all’insieme E.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ΞΕΝΩ[Ν] II B.45 (s.n. inv.) ISC 692<br />
Insieme E<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Segesta (letto ΞεΝTII, Garozzo 1999, p. 314, n. 46,<br />
fig. 172);<br />
– Selinunte (?) (inedito, visionato direttamente al Museo<br />
di Palermo).<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.45<br />
<strong>estratto</strong>
140 c a p i to l o v<br />
OBI, ΔHOBI<br />
Il bollo è documentato su due tegole, in un caso preceduto da ΔH.<br />
Il nome osco OBI(OS) (?) potrebbe corrispondere al prenome Ovius, attestato a Pompei e a Capua 210.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
OBI<br />
Su tegola<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
OB[I]<br />
ΔΗ [O]BI<br />
Su tegola<br />
ΠAP<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I Teg.9 (M 145-TR 2)<br />
II Teg.15 (s.n. inv.)<br />
II Teg.14 (s.n. inv.)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I Teg.9<br />
<strong>estratto</strong><br />
Si tratta di uno dei bolli più documentati a Ischia nell’area delle fornaci (35 anse bollate solo nell’area delle fornaci di<br />
Santa Restituta e 5 tra i reperti di scarico Gosetti), alcuni dei quali provengono dal fondo della fornace 3. Dalle misure<br />
delle anse si potrebbe ipotizzare lesistenza di moduli diversi (medi e piccoli).<br />
Le matrici sono diverse e il bollo in qualche caso è retrogrado. La Π è per lo più trilineare, in qualche caso curvilinea 211;<br />
nelle iscrizioni della penisola sorrentina - Vico Equense, Nocera e Sorrento - questa lettera è rappresentata in maniera<br />
diversa ma fondamentalmente le due varianti hanno tratti lineari (Vico Equense) o ad occhiello (Sorrento) 212.<br />
Nei bolli di Ischia la alfa ha spesso la barra spezzata, talora diritta (almeno 12 esemplari da Santa Restituta). In alcuni<br />
casi esiste uno stacco tra la lettera Π e le altre due in nesso (AP). In qualche bollo la rota è staccata con occhiello<br />
rotondo, simile ad alcuni dei bolli delle anfore della Secca di Capistello (si vedano le immagini qui di seguito).<br />
A Erice è documentato un bollo ΠAP 213. Un altro bollo ΠAP, da matrice diversa da quella di Santa Restituta, è presente<br />
su anfore greco italiche di tipo V del relitto della Secca di Capistello e, forse, tra i materiali della necropoli di<br />
Portinenti a Lipari 214. L’antroponimo ΠAP è documentato anche su mattoni di Velia 215.<br />
Tra i materiali di Ischia/scarico Gosetti è conservato anche il bollo ΠAPH che, per la grafia e per l’impasto differente,<br />
è stato tenuto separato.<br />
A Eraclea Minoa è documentato un bollo ΠAPME 216 che, forse, ma non è certo, potrebbe costituire un’integrazione<br />
dei bolli di Ischia; le lettere e la matrice sembrano però differenti da quelle del bollo qui descritto e per questo è stato<br />
isolato dagli altri bolli del gruppo. Anche su monete di Neapolis compare la sigla ΠAPME 217.<br />
È interessante notare che alcune coppe a vernice nera trovate nel sud della Francia (Ensérune), datate intorno al 250<br />
a.C., riportano il bollo ΠAP 218 (fig. IX.1); le lettere, però, separate tra loro da segni di interpunzione, hanno una grafia<br />
diversa, la rota ad esempio ha la parte superiore a triangolo (come alcune iscrizioni di Vico Equense 219). A Lattes un’anfora<br />
greco italica di tipo recente reca un bollo ΠAP ma la grafia è differente (rota ha l’occhiello appuntito) 220.<br />
La sigla ΠΑΡ (o ΓΑΡ ?) in monogramma è documentata su didrammi d’argento (fig. IV.7c).<br />
Sia nel caso delle monete che per il bollo delle anfore è possibile che si tratti dell’abbreviazione di nomi di personaggi<br />
privati o pubblici; numerosi sono i nomi che iniziano con le tre lettere, ma Παρμένων è forse il più probabile 221. Inoltre,<br />
pur rimanendo nel campo delle ipotesi e in mancanza di effettivi riscontri, potrebbe venire spontaneo associare<br />
la sigla ΠAP al nome ΠΑΡΘεΝΟΠΗ che Tolomeo (Georg. III 1, 69) ricorda essere una delle isole del golfo di Napoli<br />
prima che un centro della terraferma 222.
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 141<br />
ΠAPME potrebbe corrispondere sempre a Παρμένων oppure a Παρμε(νίδης), come ipotizzato dal Sambon per la<br />
sigla apposta sulle monete 223.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (Ischia, Santa Restituta); tipo V (Secca di Capistello, si tratta però di bolli con matrice<br />
diversa) (tav. 18).<br />
Analisi: i campioni sottoposti ad analisi chimica da Ischia (ISC 747, 748 e 749) e da Lipari (ISC 774) cadono tutti nel<br />
gruppo D, mentre il bollo ΠΑΡΗ, descritto di seguito, appartiene all’insieme F.<br />
Le analisi mineralogiche effettuate sulle anfore ISC 749 e ISC 747 con bollo ΠAP di Ischia Santa Restituta consentono<br />
di attribuirle al gruppo mineralogico I.<br />
Il campione da Lipari-Portinenti (ISC 774), marginale al gruppo D, appartiene al gruppo mineralogico IIIb; il campione<br />
dal relitto della Secca di Capistello (SC 8) appartiene al gruppo IIa.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΠΑΡ<br />
Tipo IV<br />
Retrogrado per la variante<br />
con P a occhiello tondo<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΠΑΡ<br />
Retrogrado per la variante<br />
con P a occhiello tondo<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.165 (247210 - SR 171)<br />
I B.166 (247213)<br />
I B.167 (247214)<br />
I B.168 (247218)<br />
I B.169 (247221)<br />
I B.170 (247222 - SR 171)<br />
I B.171 (247223)<br />
I B.172 (= I A.15) (A 7)<br />
I B.173 (AR 85)<br />
I B.174 (247211)<br />
I B.175 (247208 - SR 171)<br />
I B.176 (247219)<br />
I B.177 (M 77)<br />
I B.178 (247314 - SR 171)<br />
I B.179 (247215)<br />
I B.180 (247209-AR 184-<br />
SR 171)<br />
I B.181 (247220)<br />
I B.182 (AR 84-247117)<br />
I B.183 (247216)<br />
I B.184 (247212)<br />
I B.185 (M 176 - AR 86)<br />
I B.186 (247207 - SR 171)<br />
I B.187 (RI 6)<br />
I B.188 (SR 171)<br />
I B.189 (AR 90)<br />
I B.190 (RI 26)<br />
I B.191 (247224)<br />
I B.192 (247225 - AR 63)<br />
I B.193 (247226)<br />
I B.194 (= I A.23) (247227)<br />
I B.195 (247228-AR 67)<br />
I B.196 (RI 5)<br />
I B.197 (RI 7)<br />
I B.198 (A 41 - AR 65)<br />
I B.199 (66)<br />
II B.46 (A 33)<br />
II B.47 (SG 344)<br />
II B.48 (SG 189-40)<br />
II B.49 (A 37)<br />
II B.50 (A 38 - V 5)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 749<br />
Gr. D<br />
ISC 747<br />
Gr. D<br />
ISC 748<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 749<br />
Gr. I<br />
ISC 747<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.172<br />
I B.173<br />
I B.194<br />
II B.47<br />
<strong>estratto</strong>
142 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Lipari - Secca di Capistello<br />
ΠΑΡ<br />
Tipo V<br />
Lipari - necropoli Portinenti<br />
ΠΑΡ (ΠΑ[T]Ρ o ΠΑ[Γ]Ρ)<br />
Tipo V<br />
ΠΑΡME<br />
Località<br />
Eraclea Minoa<br />
ΠΑΡME<br />
Retrogrado<br />
* bollo ΠAPME<br />
12850<br />
9044/73667<br />
12830<br />
12833<br />
12838<br />
12842<br />
12864<br />
12865<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
T.2431 (18349) ISC 774<br />
Gr. D<br />
651<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SC 8<br />
Gr. IIa<br />
LP 4<br />
Gr. IIIb<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
12850<br />
Immagine<br />
651<br />
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 10)<br />
– Velia (su mattoni, Gallo 1966, p. 376);<br />
– Secca di Capistello (Frey et al. 1978, pp. 288-289;<br />
Olcese, studi in corso);<br />
– Lipari necropoli di Portinenti (Campagna 2000, p. 470<br />
n. 56 bollo ΠA (ΓΡ) (?), su tipo V datato alla prima<br />
metà del III secolo a.C.);<br />
– Erice, (Pellegrini 1887, p. 279 n. 631);<br />
– Eraclea Minoa (ΠAPME, De Miro 1958, p. 281 n. 10).<br />
<strong>estratto</strong>
ΠAPH<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 143<br />
Il bollo, impresso capovolto e alla base dell’ansa, è un po’ diverso dai bolli ΠAP precedentemente descritti. Anche<br />
l’impasto ha caratteristiche macroscopiche apparentemente differenti. I caratteri sono nitidi e l’alfa ha il tratto mediano<br />
diritto. È attestato anche su di un’anfora appartenente forse al carico del relitto “Roghi” di Panarea (fig. VII.21c,<br />
foto di D. Galassi).<br />
Tipologia delle anfore: tipo V (relitto della Secca di Capistello) (tav. 19); tipo IV/V (?) (relitto Roghi 1 - Panarea - ?).<br />
Analisi: il campione analizzato da Ischia (scarico Gosetti) appartiene all’insieme chimico F e al gruppo mineralogico<br />
IIa; a quest’ultimo appartengono anche le anfore della Secca di Capistello con lo stesso bollo.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ΠΑΡΗ II B.51 (SG 276) ISC 686<br />
Insieme F<br />
Lipari - Secca di Capistello<br />
ΠΑΡH<br />
Tipo V<br />
12859<br />
12852<br />
12874<br />
9010; 12424/73616; 12822;<br />
12827; 12829/73645; 12834;<br />
12836; 12837; 12869<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 686<br />
Gr. IIa<br />
SC 12859<br />
Gr. IIa<br />
SC 12852<br />
Gr. IIa<br />
SC 12874<br />
Gr. IIa<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
II B.51<br />
12874<br />
– Secca di Capistello (con alfa a barra diritta e a barra<br />
spezzata) (Frey et al. 1978, p. 289; Blanck 1978, p. 96;<br />
Olcese, studi in corso);<br />
– Roghi 1 (Panarea) (?).<br />
<strong>estratto</strong>
144 c a p i to l o v<br />
ΠOP<br />
Ad Ischia il bollo ΠOP è documentato solo tra i materiali di scarico Gosetti e su una tegola di una tomba ellenistica<br />
della necropoli 224, tomba in cui sono depositati anche unguentari fusiformi.<br />
Un’anfora del relitto della Secca di Capistello (300-280 a.C.) è bollata forse con un bollo ΠOP, ma la matrice sembra<br />
differente da quella di Ischia.<br />
Tipologia delle anfore: tipo V (Secca di Capistello) (tav. 19).<br />
Analisi: l’anfora della Secca di Capistello, analizzata mineralogicamente, è simile alle ceramiche del gruppo mineralogico<br />
I; mentre l’anfora rinvenuta a Ischia sembra appartenere al gruppo mineralogico IIb.<br />
Località<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΠOP o ΠOY (?) I B.201 (AR 91)<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
ΠOP III Teg.4 (tomba 48)<br />
Lipari - Secca di Capistello<br />
ΠOP (o ΠOΠ) (?)<br />
Tipo V<br />
ΠYΘE<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
I B.202 (A 44) A 44<br />
Gr. IIb<br />
12870 SC 12870<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.201<br />
III Teg.4 (da Pithekoussai I, tav. 45, 48)<br />
Solo due bolli ΠYΘE sono stati recuperati a Lacco Ameno, uno proviene da Santa Restituta e l’altro dal Monte<br />
Vico. La Π ha i tratti lineari e il secondo tratto della epsilon è breve. Il nome potrebbe essere Πυθέας, documentato<br />
anche a Puteoli, in Sicilia e a Taranto, oltre che in diverse località della Grecia 225.<br />
È verosimile che questo bollo abbia a che vedere con il bollo ΠYΘEA impresso sulle anfore tipo IV del relitto Filicudi<br />
F, i cui caratteri sono molto nitidi e precisi (si veda oltre il capitolo VII), mentre è poco probabile che ci sia un collegamento<br />
con il bollo ΠYΘΟ, da Morgantina, su ansa di greco italica 226.<br />
Su un laterizio da Velia si trova la sigla ΠYΘ 227, mentre un’iscrizione su un rilievo ora al Museo di Napoli contiene, tra<br />
gli altri, nomi analoghi 228. Su un’iscrizione tarda da Puteoli è attestato il nome Pytheas con caratteri latini 229.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
ΠΥΘΕ I B.203 (247315-AR 162)<br />
I B.204 (AR 138 bis-AR<br />
182 bis)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
12870<br />
Immagine<br />
I B.204<br />
<strong>estratto</strong>
ΣATYPOY (o ΣATYP•V ?)<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 145<br />
Bollo ben impresso su anfora greco italica tipo V, dallo scarico Gosetti, corrisponde probabilmente al genitivo di<br />
Σάτυρος, con omicron piccola (come è caratteristico dal IV secolo a.C. 230), sigma a tratti divaricati e rota ad occhiello<br />
rotondo. Se si tratta di due nomi separati da un punto, ipotesi meno verosimile, la V potrebbe essere l’iniziale di un<br />
nome in latino. Il punto di separazione dei nomi compare anche in altri bolli di Ischia (APIΣT•XAP, ad esempio). Tra<br />
le anfore greco italiche di Pech Maho, una reca il bollo Λ·ΒІ 231 che contiene forse una la lettera V impressa in senso<br />
contrario (o una lambda ?), un punto di separazione e la sigla BI 232. Tra i bolli della Troade della metà o terzo quarto<br />
del III secolo a.C. esiste un Σάτυρoυ di produzione locale 233.<br />
Non è possibile stabilire se ci sia un rapporto tra questo bollo e la gens dei Saturii 234, il cui gentilizio è raro. Tra le<br />
iscrizioni del CIL è ricordato, tra gli altri, un Saturus Saturninus (CIL VI 9258, per quanto di pieno I secolo), che è<br />
nominato tra i citrarii Neapolitani 235.<br />
Tipologia dell’anfora: tipo V (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 19).<br />
Analisi: il campione analizzato appartiene all’insieme chimico E e al gruppo mineralogico IIIa.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΣΑΤΥΡΟΥ (o ΣΑΤΥΡ•V ?)<br />
Tipo V<br />
ΣI, ΣIM, ΣIMIA, ΣIMIAΣ<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
II B.52 (= II A.13) (SG 265) ISC 709<br />
Insieme E<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SG 265<br />
Gr. III a<br />
Immagine<br />
II B.52<br />
Non è chiaro se questi bolli di matrice differente siano da considerare insieme o se si tratti di abbreviazioni di nomi<br />
diversi (e di produzioni eterogenee). Incerto poi è se vadano messi in connessione con il bollo ΣIMIA impresso su<br />
anfore greco italiche tipo V/VI del relitto della Meloria, datato intorno alla metà del III secolo a.C. (per questo relitto e<br />
la bibliografia si veda il capitolo VII).<br />
A Napoli sono documentati bolli ΣI da un contesto della seconda metà del III secolo a.C., inoltre un bollo ΣIMIA e<br />
persino due punzoni ΣIMIA provengono da un contesto di seconda metà del III secolo a.C. (tipo V/VI ?) 236.<br />
In cartiglio rettangolare, forse da collegare ai bolli di Napoli e a quello del relitto della Meloria, è il bollo ΣIMIAΣ su di<br />
un’ansa conservata al Museo di Palermo (proveniente da Selinunte ?).<br />
Un bollo ΣIM (EM 7), apposto su di un’ansa frammentaria da Eraclea, è di probabile origine campana 237.<br />
Il nome è documentato, tra gli altri, anche a Locri e in Sicilia 238. Il bollo ΣIM retrogrado è attestato anche su anfore<br />
rinvenute a Salamina di Cipro e attribuite alla produzione di Corcira mentre un bollo ΣIMIAΣ è noto a Cartagine, su<br />
di un’anfora forse rodia 239.<br />
Tipologia delle anfore: tipo V/VI (Napoli, Eraclea Minoa, relitto Torre della Meloria) (tav. 19).<br />
Analisi: il campione EM 7 appartiene al gruppo mineralogico I.<br />
ΣI<br />
Località<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
ΣI<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
<strong>estratto</strong>
146 c a p i to l o v<br />
ΣIM<br />
Località<br />
Eraclea Minoa<br />
ΣIM<br />
Tipo V/VI<br />
ΣIMIA, ΣIMIAΣ<br />
Località<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
ΣIMIA<br />
Tipo V/VI<br />
Relitto Torre della Meloria<br />
ΣIMIA<br />
Retrogrado<br />
Tipo V/VI<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
ΣIMIAΣ 47860<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
EM 77 EM 7<br />
Gr. I<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
EM 77<br />
Immagine<br />
(da Bargagliotti et al. 1997)<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
47860<br />
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante<br />
c.s);<br />
– Selinunte (?) (inedito, visionato direttamente<br />
nel museo di Palermo);<br />
– Eraclea Minoa (inedito, visionato direttamente<br />
nei magazzini del museo);<br />
– Relitto Torre della Meloria (Bargagliotti<br />
et al. 1997).<br />
<strong>estratto</strong>
CTA, ΣTA, ΣTATI<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 147<br />
Il bollo CTA (che è forse l’abbreviazione di un nome e di un gentilizio osco) con sigma lunato è documentato su di<br />
un’ansa di anfora di Santa Restituta. Diverse sono le attestazioni del nome Cτατιοϲ in area campana 240.<br />
La versione abbreviata ΣTA, con sigma a segmenti allargati e tau collegate nella parte superiore, compare su due<br />
tegole della copertura di una tomba della necropoli, datata al IV secolo a.C. 241.<br />
Il nome di Στατία μαμάρχου è attestato nelle iscrizioni dell’Ipogeo dei Cristallini a Napoli 242 ed è interessante<br />
poiché associa due nomi presenti su bolli di Ischia e Napoli (si veda la scheda del bollo μΑμΑΡΚΟY in questo<br />
catalogo).<br />
Non è chiaro se ci siano rapporti tra l’abbreviazione in questione e il bollo ΣTAIΟΣ, impresso su di un’ansa da Erice 243<br />
e su un’altra da Cartagine 244.<br />
Un bollo ΣT con sigma non lunato è documentato anche a Gela, ma si tratta di un’anfora “corinzia B” 245.<br />
La sigla ΣTA compare su monete napoletane d’argento datate tra il 325 e il 280 a.C. 246.<br />
Se ipotizziamo che l’abbreviazione ΣTA sia da ricollegare ai nomi di una gens, a Capua e anche in molte zone del sud<br />
Italia sono documentati gli Statii e gli Statilii, forse una gens lucana 247, mentre la gens Staia è una delle più eminenti<br />
del Sannio agli inizi del III secolo 248.<br />
Analisi: l’analisi mineralogica ha rivelato che si tratta di un campione diverso dagli altri analizzati.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
CΤΑ[ ]<br />
Retrogrado<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
CΤΑΤΙ<br />
Retrogrado<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
I B.205 (s.n. inv.) IS 41<br />
Loner<br />
II B.53 (239122)<br />
ΣΤΑ III Teg.5 (tomba 108)<br />
Immagine<br />
I B.205<br />
II B.53<br />
III Teg.5<br />
<strong>estratto</strong>
148 c a p i to l o v<br />
TINΘ,TINΘΩ (?)<br />
TINΘ è uno dei bolli più attestati nell’area delle fornaci di S. Restituta (anfora greco italica tipo IV) e in un caso è forse<br />
presente il bollo TINΘΩ, tra i materiali di scarico Gosetti. La matrice è per lo più retrograda e in un esemplare la bollatura<br />
è doppia (fig. III.13i); sono attestati cartigli di misure diverse, alcuni grandi altri più piccoli.<br />
Il bollo è impresso anche su più anse forse da Selinunte, conservate al museo di Palermo 249. La matrice dei bolli di<br />
Ischia e quella dei bolli del Museo di Palermo sembra essere la stessa.<br />
Il nome intero, forse di origine etrusca, era probabilmente Tίνθωρ, da ricollegare alla famiglia dei Tintorii/Tintirii 250; una<br />
iscrizione di Napoli, dall’ipogeo della tomba D del sepolcreto di via Cristallini, ricorda un μάμαρχε Τίνθωρος, nome<br />
che rivela una mescolanza di elementi greci, etruschi e oschi 251. I Tintirii ricorrono nei territori occupati dai Frentani, a<br />
Herdonia, Tuder e presso i Ligures Baebiani 252.<br />
Tipologia anfore: tipo IV (Ischia, Santa Restituta) (tav. 19).<br />
Analisi: tre dei quattro campioni di Ischia analizzati chimicamente cadono nel gruppo D, considerato locale. Le due<br />
analisi mineralogiche effettuate (ISC 637 e 734) consentono di attribuire le anfore al gruppo mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
TINΘ - TINΘΩ (?)<br />
Destrorso e retrogrado<br />
Tipo IV<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
I B.206 (A 37)<br />
I B.207 (M 249-247296)<br />
I B.208 (SR 1834)<br />
I B.209 (1834)<br />
I B.210 (= I A.13) (A 8 - AR<br />
11 bis)<br />
I B.211 (247295 - AR 7)<br />
I B.212 (M 97-247294)<br />
I B.213 (= I A.12) (247297-<br />
M 263)<br />
I B.214 (1830 B)<br />
I B.215 (247291)<br />
I B.216 (AR 21)<br />
I B.217 (AR 22)<br />
I B.218 (AR 23)<br />
I B.219 (247292)<br />
I B.220 (RI 18)<br />
I B.221 (RI 25)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 646<br />
Gr. D<br />
ISC 734<br />
Gr. D<br />
ISC 637<br />
Gr. D<br />
ISC 645<br />
fine cluster<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 734<br />
Gr. I<br />
ISC 637<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.206<br />
I B.207<br />
I B.211<br />
I B.221<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
TINΘ<br />
Tipo IV (?)<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
TINΘ<br />
Destrorso e retrogrado<br />
Selinunte<br />
TINΘ<br />
Destrorso e retrogrado<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 149<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.55 (= II A.6) (s.n. inv.)<br />
48044<br />
48054<br />
48048<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
II B.55<br />
48044<br />
48054<br />
(da Salinas 1884, p. 329, nn. 653 e 358)<br />
– Selinunte (Salinas 1884, p. 329, nn. 653, 358).<br />
Al Museo di Palermo sono conservati 5 bolli TINΘ, di<br />
provenienza incerta, forse da Selinunte.<br />
<strong>estratto</strong>
150 c a p i to l o v<br />
TPE, TPEBIΩ (?)<br />
Il bollo TPE è documentato in percentuali basse tra i materiali di Santa Restituta e di scarico Gosetti, mentre tra i<br />
materiali delle fornaci si ritrova più volte il bollo ΞEN TPE (si veda la scheda di questo bollo).<br />
A Napoli il bollo TPE è apposto su anfora di tipo IV (?) e proviene da un contesto di fine IV - inizi III secolo<br />
a.C. 253.<br />
TPE, prenome osco troncato, è forse da mettere in collegamento con il bollo ΤΡεΒιΩ, molto diffuso in Campania e<br />
in Magna Grecia 254 (si veda anche la scheda del bollo mutilo [---]εΒιΩ).<br />
Bolli TPE, prevalentemente retrogradi, sono stati rinvenuti in diverse località della Sicilia, oltre che a Cartagine e a<br />
Eusperides, in Cirenaica 255.<br />
I bolli TPE, sia dal punto di vista della matrice che dell’impasto, non sembrerebbero aver nulla a che vedere con le<br />
anfore bollate Trebio Loisio, da cui si distinguono anche in base all’analisi mineralogica. Un unico esemplare (ISC<br />
691) appartiene allo stesso gruppo chimico dei bolli TR.LOISIO.<br />
Di un certo interesse la presenza di un Τρέβιος, figlio di Zωίλος (nome tra i più attestati sui bolli di Pithecusa), a<br />
Napoli, nell’ipogeo dei Cristallini 256.<br />
Recenti ricerche effettuate sugli inventari del santuario di Delo 257 hanno contribuito a far emergere in maniera più<br />
chiara la presenza “romana” a Delo intorno alla metà del III secolo a.C. Tra i nomi di coloro che hanno apposto una<br />
dedica si ritrova un Trebius, negoziante in legno 258.<br />
C. van der Mersch ricorda che esiste il vino campano Τρεβιλλικóς, di cui il bollo TPE potrebbe costituire il troncamento,<br />
anche se è più logico pensare all’abbreviazione di un antroponimo, come l’Autore stesso propone 259.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (Napoli 260 e Gela 261) (tav. 20).<br />
Analisi: le analisi chimiche effettuate consentono di attribuire il campione di Santa Restituta al gruppo D (ISC 694)<br />
e gli altri due (da scarico Gosetti, ISC 691 e da Selinunte, ISC 785) all’insieme E.<br />
In base alle analisi mineralogiche solo il campione ISC 694 da Santa Restituta è attribuibile con certezza a Ischia<br />
(gruppo min. I). Gli altri ricadono in gruppi mineralogici differenti che sono però forse da collocare nel Golfo di Napoli.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
TPE<br />
(non più reperibile)<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
TPE<br />
Retrogrado<br />
Napoli<br />
TPE<br />
Tipo IV (?)<br />
Segesta<br />
TPE<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
I B.222 (SR 1808) ISC 694<br />
Gr. D<br />
II B.56 (AG Go-63)<br />
II B.57 (SG 295-A 24)<br />
ISC 691<br />
Sottogruppo<br />
insieme E<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 694<br />
Gr. I<br />
IS 7<br />
Gr. IIIa<br />
1807 1807<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
II B.56<br />
(da Garozzo 1999, fig. 176)<br />
<strong>estratto</strong>
Selinunte<br />
TPE<br />
Retrogrado<br />
Località<br />
Caltabellotta (AG)<br />
TPE<br />
Retrogrado<br />
Eraclea Minoa<br />
TPE<br />
Retrogrado<br />
Licata - Monte S. Angelo (AG)<br />
TPE<br />
Retrogrado<br />
Gela<br />
TPE<br />
Retrogrado<br />
Tipo IV<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 151<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
SL 13920 ISC 785<br />
Insieme E<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SL 13920<br />
Gr. IIIc<br />
s.n. inv. CLTB 1<br />
Gr. IIa<br />
EM 57/9 (644) EM 12<br />
Gr. IIb<br />
2654 MSA 2<br />
Gr. IIa<br />
s.n. inv. GL 26<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
SL 13920<br />
(da Salinas 1884, p. 329, n. 292)<br />
CLTB 1<br />
EM 57/9 (644)<br />
MSA 2<br />
(da S. Giunta, tesi di dottorato)<br />
<strong>estratto</strong>
152 c a p i to l o v<br />
[?]EBIΩ<br />
Bollo in cartiglio rettangolare da Santa Restituta; le prime lettere non sono conservate, ciononostante è forse da<br />
ricollegare al bollo TPEBIΩ a cui si è fatto cenno nella scheda precedente.<br />
La lettura del bollo si deve a Don Pietro Monti che ne ha eseguito e pubblicato il disegno. La lettera B, con i due<br />
occhielli separati, è molto simile a quella impressa su un peso da telaio prodotto localmente; la I ha la stessa altezza<br />
della B mentre l’omega è più piccola, come si è notato in altri casi.<br />
Il bollo TPEBIΩ è attestato su anfore tipo IV a Napoli, in contesti della fine IV - inizi III secolo a.C. 262.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (a Napoli 263).<br />
Analisi: l’unico campione analizzato appartiene al gruppo chimico D.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
[?TP]EBIΩ I B.231 (M 88) ISC 652<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Napoli (tipo IV (?), in contesti di fine IV/<br />
inizi III secolo a.C.; Febbraro, Giampaola,<br />
Atlante c.s.);<br />
– Solunto (Museo e Garozzo 1999, p. 362);<br />
– Segesta (Garozzo 1999, p. 316, n. 50,<br />
fig. 176, n. 51, fig. 177);<br />
– Selinunte (Salinas 1884, p. 329 n. 292,<br />
impasto diverso dai soliti);<br />
– Sciacca (Tirnetta 1978, p. 164);<br />
– Caltabellotta - S. Benedetto (Ag) (inedito,<br />
visionato direttamente);<br />
– Eraclea Minoa (De Miro 1958, fig. 49 e,<br />
fig. 50 n. 12, impasto diverso);<br />
– Poggio Marcato di Agnone (2654) (inedito,<br />
visionato direttamente nei magazzini<br />
del museo di Licata);<br />
– Licata - Monte S. Angelo (inedito, visionato<br />
direttamente nei magazzini del museo)<br />
(con impasto diverso dai soliti);<br />
– Gela (da S. Giunta, studio in corso e<br />
cap. VIII, p. 283);<br />
– Cartagine, Byrsa (CIL 22637.103, vol.<br />
VIII pars tertia, amphorae - Delattre<br />
1894, p. 117 n. 49; Vegas 1991, p. 180<br />
n. 34, p. 183 fig. 37, p. 208 fig. 45; Carton<br />
1894, p. 191, n. 75, retrogrado);<br />
– Eusperides (Göransson 2007, p. 130,<br />
n. 239, p. 133);<br />
– Tour Fondue (?) (Dangréaux in DRASSM<br />
1996, fig. 90 n. 36).<br />
Immagine<br />
I B.231<br />
<strong>estratto</strong>
[ ]YTΩ / ΩTY (?)<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 153<br />
Non è del tutto chiaro se il bollo, in cartiglio ovale, sia costituito solo da tre lettere (come sembra) o se ce ne fosse<br />
un’altra all’inizio, dal momento che non sono facilmente rintracciabili nomi che iniziano con le tre lettere YTΩ.<br />
Se si trattasse di un bollo retrogrado ΩTY 264 potrebbe fare riferimento al tema dei nomi di uccelli (otos, otis) o al<br />
nome di un gigante con Ω iniziale, ΩTYS, con una parte finale che non è conservata. L’omega è più piccola delle<br />
altre lettere ed è come “sospesa”.<br />
Tipologia dell’anfora: tipo III/IV (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 20).<br />
Analisi: il campione appartiene all’insieme chimico E e al gruppo mineralogico IIa.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
[ ]ΥΤΩ/ΩΤΥ (?)<br />
Tipo III/IV<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
II B.67 (= II A.1) (SG 268) ISC 710<br />
Insieme E<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Napoli (tipo IV contesto con anfore di fine IV - inizi III<br />
a.C., Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.);<br />
– Erice (Pepoli 1885, tav. II, 6);<br />
– Eloro (Militello 1966, p. 308 nota 1, il bollo è frammentario<br />
come quello di Ischia).<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SG 268<br />
Gr. IIa<br />
Immagine<br />
II B.67<br />
<strong>estratto</strong>
154 c a p i to l o v<br />
ΦΙ, ΦΙΛΙΠΠOY<br />
Il bollo ΦιΛιΠΠOY compare su un’anfora intera tipo VI della necropoli. È documentato anche a Erice 265 e a Segesta<br />
266. Non esistono analisi e non è quindi possibile fare attribuzioni certe per questo bollo.<br />
Un bollo frammentario [-]IΛιΠΠOY proviene da Mas Castellar Pontós 267.<br />
Non è chiaro se il bollo Φι, impresso a Ischia su di un’anfora da Santa Restituta e su di un peso da telaio da scarico<br />
Gosetti (L.T. 773), abbia a che vedere con il bollo ΦιΛιΠΠOY e con il bollo Φι inciso su alcune tegole di Lipari 268. Un<br />
bollo Φι è attestato a Salamina di Cipro 269.<br />
La sigla Φι è documentata anche su monete bronzee di Napoli datate al 320-280 a.C. 270, 240-210 a.C. 271 e 250-200<br />
a.C. 272.<br />
Tipologia delle anfore: tipo VI (Ischia, necropoli di San Montano) (tav. 20).<br />
Località<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΦΙ I B.223 (247316-AR 15)<br />
Ischia - necropoli di San Montano<br />
ΦΙΛΙΠΠOY<br />
tipo VI<br />
Erice<br />
ΦΙΛΙΠΠ<br />
Segesta<br />
ΦΙΛΙΠΠOY<br />
Mas Castellar Pontós<br />
[Φ]ΙΛΙΠΠOY<br />
III B.4 (= III A.5) (166192,<br />
tomba 31)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.223<br />
III B.4<br />
(disegno da Pithekoussai I, tav. 38, 31)<br />
(da Pepoli 1885, tav. VII.8)<br />
(da Garozzo 1999, n. 178)<br />
(da García Sánchez 1998, p. 233)<br />
<strong>estratto</strong>
XAIPI<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 155<br />
Il nome (Xαιρίων ?) deriva forse dalla base Xαιρ 273. Su di un’anfora di Cuma al Museo di Napoli è stato inciso un<br />
graffito Xαιρίο (tre punti verticali) ειμί 274.<br />
Il bollo XAIPI è attestato, con matrici diverse, anche in Sicilia, tra i materiali inediti di Eraclea e di Monte Sant’Angelo<br />
di Licata (Museo, materiali inediti).<br />
Su monete bronzee napoletane che appaiono dal 250 a.C. compare la sigla XAI 275.<br />
Analisi: le analisi mineralogiche dei tre campioni da Santa Restituta ne consentono l’attribuzione al gruppo IIIb.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
ΧΑΙΡΙ I B.224 (247317-SR 188)<br />
Eraclea Minoa<br />
I B.225 (A 33-56)<br />
I B.226 (A 32)<br />
I B.227 (AR 14 bis-54)<br />
XAIPI AG.S. 3873<br />
Licata - Monte S. Angelo<br />
XAIP[ ] (?) s.n. inv.<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
247317<br />
Gr. IIIb<br />
A 33<br />
Gr. IIIb<br />
A 32<br />
Gr. IIIb<br />
Immagine<br />
I B.224<br />
AG.S. 3873<br />
<strong>estratto</strong>
156 c a p i to l o v<br />
XAP, XAPI, XAPIΛA, XAPIΛEΩ<br />
Sono stati qui riuniti alcuni bolli - presentati però di seguito singolarmente - che potrebbero far riferimento ai nomi<br />
Xαρίλεως e Xαρίλας, documentati a Ischia anche nella forma più completa.<br />
Il bollo XAP compare con matrici differenti (le lettere sono distinte oppure in monogramma) e potrebbe essere anche<br />
l’abbreviazione di nomi diversi, non sempre collegabili a tipi anforici precisi.<br />
Negli scavi di Santa Restituta XAP è presente sull’ansa di un’anfora (M 87, trovata nei pressi del forno 3, n. cat. I<br />
B.229), con lettere abbastanza sottili, e anche su un laterizio preceduto dalla sigla ΔH (ΔHXA[P]?), fatto che già di<br />
per sé potrebbe deporre a favore di una produzione locale.<br />
Un bollo di scarico Gosetti ha la X e la A in monogramma, nell’altro invece le lettere non sono legate tra loro.<br />
Il bollo XAP è attestato abbondantemente a Napoli negli scavi della Metropolitana, con lettere non legate, su anfore<br />
greco italiche tipo IV (contesti di fine IV e inizi III secolo a.C.) 276.<br />
Su di una tegola da Velia è impresso il bollo XAP 277. A Pech Maho è documentato, su un’ansa di anfora, un bollo<br />
XAP in monogramma 278.<br />
Gli esemplari della Sicilia, in particolare quelli di Segesta e Lilibeo, sono molto simili tra loro.<br />
Non è chiaro se il gruppo XAP sia da collegare ai bolli ΧAPMHΣ (documentati su anfore greco italiche in Sicilia),<br />
ΧAPHΣ (attestato sulle anfore greco italiche del relitto della Secca di Capistello) o ancora al bollo XAPI, attestato su<br />
di un’anfora del relitto Filicudi F e a Gela, o a XAPII, su un’anfora di Selinunte.<br />
Su monete argentee napoletane documentate tra il 325 e il 280 a.C. 279 è presente il gruppo XAPI o XA 280 oppure<br />
XAP in monogramma 281. XAP in monogramma appare su monete bronzee di Neapolis 282, anche con la sigla ME.<br />
Il possibile collegamento tra le abbreviazioni XAP, XAPI, XAPIΛEΩ (su monete e su anfore) e il Xαρίλεως che nel<br />
326 a.C. consegnò la città ai Romani è già stato proposto da diversi autori 283.<br />
Più tardo è il bollo ΧΑΡ retrogrado con lettere grandi che appare in diversi contesti della Francia meridionale, talora su anfore<br />
Dressel 1 (a titolo di esempio Ensérune, Dressel 1 A ? 284) o su Dressel 1 A o 1 C dal relitto Riou 3, nella baia di Marsiglia 285.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (bollo XAP, Napoli 286; bollo XAPI, Filicudi F) (tav. 20); tipo V/VI - VI (?) (bollo XAPIΛA,<br />
Napoli).<br />
Analisi: quattro campioni analizzati con il metodo mineralogico (SG 284 - XAP, SL 17915 - XAPII, GL 34 - XAPI,<br />
247318 - XAPIΛA), appartengono al gruppo III e hanno una composizione mineralogica compatibile con la situazione<br />
geologica di Ischia/Golfo di Napoli, presentando caratteri simili ai campioni con bollo ACKΛH (SG 292 e NNA 8).<br />
Sono state effettuate 2 analisi chimiche dei bolli XAP (ISC 688 da Ischia-scarico Gosetti, ENS 16 da Ensérune) e una<br />
mineralogica (SG 284 da Ischia-scarico Gosetti) e riguardano bolli con matrici differenti.<br />
Per un solo campione con il bollo XAPI è stata effettuata sia l’analisi chimica che quella mineralogica (ISC 783/SL<br />
17915 da Selinunte).<br />
L’analisi chimica attribuisce una posizione marginale ai campioni ISC 688 - XAP, ISC 783 - XAPII e AMP 618 - XAPIΛA<br />
(forse per problemi di contaminazione).<br />
Il campione da Ensérune ΧΑΡ (ENS 16) sembra appartenere all’insieme chimico E, mentre quello di Ischia con bollo<br />
XAPIΛEΩ (ISC 696) appartiene al gruppo chimico D.<br />
XAP<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
[?]ΧΑΡ I B.229 (M 87 - AR 1)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.229<br />
<strong>estratto</strong>
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
ΔΗΧΑ[P](?)<br />
Retrogrado<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΧΑΡ<br />
(II B.58: XA in nesso)<br />
Retrogrado<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
XAP<br />
tipo IV<br />
Segesta<br />
ΧΑΡ<br />
Retrogrado<br />
Lilibeo-collezione Whitaker<br />
ΧΑΡ<br />
Retrogrado<br />
Eraclea Minoa<br />
I Teg.11<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 157<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.58 (SG 284 - A 27)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
II B.59 (A 28) ISC 688<br />
Fine<br />
cluster<br />
nr. 29<br />
ΧΑΡ AG. S. 3868<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
SG 284<br />
Gr. IIIa<br />
Immagine<br />
I Teg.11<br />
II B.58<br />
II B.59<br />
(da Garozzo 1999, fig. 179)<br />
(da Garozzo 2000, tav. C.1)<br />
AG.S. 3868<br />
<strong>estratto</strong>
158 c a p i to l o v<br />
Ensérune<br />
Località<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
XAP 53.572 ENS 16<br />
Insieme E<br />
Pech Maho<br />
XAP<br />
(in monogramma)<br />
PM 363-1962-F 34<br />
* Bollo XAP (XA in nesso) o in monogramma (Pech Malo)<br />
XAPI - XAPII<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
53.572<br />
PM 363-1962-F 34<br />
– Napoli (XAP, greco italica tipo IV in contesti<br />
di fine IV - inizi III; Febbraro, Giampaola,<br />
Atlante c.s.);<br />
– Velia (su laterizi, Gallo 1966, p. 377 n.<br />
85);<br />
– Segesta (Garozzo 1999, p. 318, n. 53,<br />
fig. 179);<br />
– Lilibeo-collezione Whitaker (Garozzo<br />
2000, p. 571);<br />
– Eraclea Minoa (inedito, su ansa frammentaria,<br />
visionato direttamente nei<br />
magazzini del museo);<br />
– Su anfora del Golfo di Fos (Dr. 1A o 1C,<br />
con alfa a barra interrotta) (Amar, Liou<br />
1984, p. 157, con altri confronti);<br />
– Ensérune (Lamour Mayet 1980, n. 13);<br />
– Pech Maho (Olcese 2004, p. 183, 1962,<br />
PM 363 F 34);<br />
– Mar Nero (Pridik 1917, p. 115 n. 344)<br />
(non inserito nella carta);<br />
– Alessandria (Botti 1897, p. 94 n. 99)<br />
(non inserito nella carta).<br />
<strong>estratto</strong><br />
I bolli XAPI, che provengono da Gela (dove il bollo è apposto su di un’ansa di un’anfora proveniente dalle abitazioni<br />
ellenistiche) e dal relitto Filicudi F, sono molto simili; anche il XAPII di Selinunte si avvicina molto ai due precedenti,<br />
da cui si distingue per la presenza di un tratto di chiusura o di un’altra I.<br />
L’anfora del relitto Filicudi F appartiene al tipo IV.<br />
Sia il campione di Selinunte che quello di Gela cadono nel gruppo mineralogico IIIb.
Località<br />
Lipari - Filicudi F<br />
XAPI<br />
Retrogrado<br />
Tipo IV<br />
Gela<br />
XAPI<br />
Retrogrado<br />
Selinunte<br />
XAPII<br />
Retrogrado<br />
XAPIΛA<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 159<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
17635 / F 11<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
12468 GL 34<br />
Gr. IIIb<br />
SL 17915 ISC 783<br />
Fine cluster<br />
SL 17915<br />
Gr. IIIb<br />
Immagine<br />
17635 / F 11<br />
12468<br />
(da S. Giunta, tesi di dottorato)<br />
SL 17915<br />
Si potrebbe trattare di un genitivo dorico o di un nominativo dorico senza sigma; vi sono casi in cui il nome è l’abbreviazione<br />
di Χαρίλα-ος 287.<br />
Il bollo di Santa Restituta ha caratteri filiformi e precisi e presenta lettere di altezza uniforme; quello di Camarina ha<br />
la X e la A in nesso.<br />
Il bollo è documentato a Napoli, su anfore greco italiche, nella versione XAPIΛA, da un contesto di fine III - inizi II<br />
secolo a.C., e XAPIΛ, da un contesto di prima metà II secolo a.C. 288. Poiché il contesto di provenienza dei campioni<br />
di Napoli è di fine III inizi/prima metà del II secolo a.C., si potrebbe trattare in quel caso di anfore tipo V/VI-VI. Sempre<br />
a Napoli, il nome Xαρίλης compare nelle iscrizioni di alcuni sepolcreti 289.<br />
Bolli XAPIΛA sono attestati, oltre che a Ischia, anche a Camarina e a Pech Maho 290, con caratteri e matrici differenti.<br />
L’analisi mineralogica effettuata sull’esemplare da Santa Restituta (247318) consente di collocarlo nel gruppo IIIb.<br />
Il campione di anfora da Pech Maho con questo bollo (AMP 618), probabilmente riferibile ad un’anfora più recente,<br />
analizzato chimicamente, risulta marginale.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ΧΑΡΙΛΑ I B.228 (247318) 247318<br />
Gr. IIIb<br />
Immagine<br />
I B.228<br />
<strong>estratto</strong>
160 c a p i to l o v<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
ΧΑΡΙΛΑ<br />
Tipo V/VI - VI (?)<br />
Camarina<br />
ΧΑΡΙΛΑ<br />
(con XA in nesso)<br />
Pech Maho<br />
ΧΑΡΙΛΑ<br />
Retrogrado<br />
XAPIΛEΩ<br />
CAM 28.3.84<br />
PM F 40 C.I.91 AMP 618<br />
Fine cluster<br />
CAM 28.3.84<br />
PM F 40 C.I.91<br />
Il bollo è apposto su di un’ansa da scarico Gosetti; le prime tre lettere non sono in monogramma. La iota e la lambda<br />
(a base larga) sono collegate nella parte bassa, l’omega è più piccola delle altre lettere, come spesso riscontrato nei<br />
bolli trovati a Ischia, e si trova nella parte più alta del cartiglio.<br />
Si potrebbe trattare di un genitivo (desinenza ionica), al pari di Χάρμεω (si veda oltre).<br />
Il nome Χαρίλεως, dialetto calcidese 291, documentato da un graffito su una patera a vernice nera (Χαριλεω εμι) da<br />
Berlino, forse di provenienza campana 292, ricorre anche su monete argentee di Napoli (datate tra il 325 e il 280 a.C.<br />
oppure al 300-280 a.C.) 293.<br />
Come detto precedentemente, il collegamento tra il nome apposto sulle monete e il Charilaos, princeps civitatis che<br />
favorì il passaggio di Neapolis ai Romani nel 326 a.C., è stato già proposto 294.<br />
Iscrizioni dipinte di Napoli datate alla seconda metà del I secolo a.C. - inizio I d.C. documentano il nome Χαρίλης 295.<br />
L’unico campione sottoposto ad analisi di laboratorio (ISC 696-scarico Gosetti) da Ischia, appartiene al gruppo D di<br />
probabile origine locale.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ΧΑΡΙΛΕΩ II B.60 (A 15) ISC 696<br />
Gr. D<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.60<br />
<strong>estratto</strong>
* Bollo XAPIΛA, XAPIΛEΩ<br />
XAPM, XAPME, XAPMΗΣ<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 161<br />
Un unico bollo XAPME da scarico Gosetti, visto agli inizi della ricerca, non è più reperibile. I bolli raccolti in questo<br />
gruppo potrebbero appartenere a personaggi e produzioni diverse, anche se la somiglianza di alcuni di essi<br />
(come ad esempio quelli di Selinunte, Eraclea, Monte Iato 296 - XAPME - oppure quelli di Gela/Manfria e Selinunte<br />
- XAPMHΣ -) fa pensare che si tratti, almeno in alcuni casi, della stessa produzione. XAPME potrebbe essere un genitivo<br />
Χάρμε(ω), senza omega finale (da Χάρμης -?- nome maschile documentato per intero su anfore greco italiche<br />
tipo IV a Gela) oppure essere una desinenza al nominativo del dialetto ionico (?). Oppure potrebbe rappresentare<br />
l’associazione di due nomi abbreviati/sigle, XAP e ME 297. A Napoli è nota l’iscrizione Xάρμη Φιλίου 298. Su monete di<br />
bronzo napoletane (del periodo 320-280 a.C.) sono attestate le sigle XAP (in monogramma, come appare su alcuni<br />
bolli) e ME (in nesso) (in associazione al simbolo del grappolo d’uva e della foglia di vite) 299.<br />
Non è chiaro quali siano i rapporti tra i numerosi bolli documentati in diversi centri della Sicilia, talora con matrici un<br />
po’ diverse e se si tratti di abbreviazioni dello stesso nome (Χαρμης ?). Se così fosse, si potrebbe pensare che anche<br />
il bollo successivo XAPMEΩ (per ora tenuto separato anche per la fattura differente), forse un genitivo, sia collegabile<br />
a questo gruppo che comprenderebbe diverse troncamenti di uno stesso nome (Χάρμ, Χάρμης, Χάρμε(ω),<br />
Χάρμεω). Al Museo di Palermo sono conservate anse di anfore probabilmente da Selinunte bollate XAPMHΣ 300,<br />
XAPME 301 e XAPM 302. Un altro bollo, conservato sempre a Palermo, è XAPMA, forse un genitivo dorico 303.<br />
Tipologia delle anfore: tipo IV (con bollo XAPMHΣ a Manfria da una fattoria abitata tra il 337 e il 310 a.C.) 304, tipo<br />
V o V/VI (XAPM[--], relitto della Tour Fondue) 305 (tav. 20).<br />
Analisi: le anfore di Gela e Manfria (GL 24, MNF 1) hanno una composizione mineralogica molto simile a quella delle<br />
ceramiche del gruppo mineralogico I di Ischia.<br />
Località<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
XAPME Non è più reperibile<br />
Selinunte (?) - Museo di Palermo<br />
ΧΑPME<br />
47890<br />
Retrogrado<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Napoli (XAPIΛ, XAPIΛA, Febbraro,<br />
Giampaola, Atlante c.s.);<br />
– Filicudi F (XAPI, su anfora associata ad<br />
anfore bollate ΓΑΡ/ΠAP corona M; Olcese,<br />
studi in corso);<br />
– Selinunte (XAPII e XAPIΛA visionato direttamente<br />
nei magazzini del museo);<br />
– Licata - Monte S. Angelo (XAPIΛ (?) visionato<br />
direttamente nei magazzini del<br />
museo);<br />
– Gela (XAPI, S. Giunta, studio in corso e<br />
cap. VIII, p. 289);<br />
– Camarina (XAPIΛA, con XA in nesso,<br />
inedito visionato direttamente nel museo<br />
di Camarina);<br />
– Pech Maho (XAPIΛA visionato direttamente<br />
nei magazzini del museo).<br />
Immagine<br />
47890<br />
(disegno da Salinas 1884, p. 329, n. 142)<br />
<strong>estratto</strong>
162 c a p i to l o v<br />
XAPMHΣ<br />
Retrogrado<br />
XAPM<br />
Retrogrado<br />
Località<br />
Eraclea Minoa<br />
XAPME<br />
Retrogrado<br />
Gela, Gela - Manfria<br />
XAPMHΣ<br />
Retrogrado<br />
Tipo IV<br />
Relitto Tour Fondue<br />
XAPM[--] (?)<br />
Retrogrado<br />
Tipo V o V/VI<br />
47783<br />
47830<br />
47854<br />
649<br />
GL 24<br />
1989<br />
s.n. inv.<br />
[XAP ?] ME Ω + kantharos<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
GL 24<br />
Gr. I<br />
MNF 1<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
47783<br />
47830<br />
47854<br />
649<br />
(da De Miro 1958, fig. 50 n. 18)<br />
MNF 1<br />
(disegno da Joncheray 1989, fig. 2)<br />
<strong>estratto</strong><br />
Questo bollo è documentato tra i materiali dello scarico Gosetti 306 e la sua probabile lettura è possibile grazie ad un<br />
esemplare di Cartagine, rinvenuto tra i materiali del porto 307, apparentemente molto simile a quello di Ischia.<br />
Se è esatta l’integrazione [XAP] ME Ω, si potrebbe trattare del genitivo del dialetto ionico del nome Χάρμης 308. Il bollo da scarico<br />
Gosetti conserva l’immagine di un piccolo kantharos dopo l’omega; il kantharos ricorre anche su monete argentee di Neapolis<br />
(ad esempio quelle con sigla XA o XAPI, la cui cronologia è compresa tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. 309).<br />
35 bolli XAPMEΩ anche senza monogramma sono stati recentemente rinvenuti durante gli scavi della metropolitana<br />
di Napoli su anfore tipo IV, in contesti di III secolo a.C. (Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.).
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 163<br />
Negli esemplari di Ischia XAP potrebbe essere in monogramma (come nell’esemplare di Cartagine), ME è in nesso<br />
(come nelle sigle su alcune monete di bronzo di Neapolis, datate tra il 320 e il 280 a.C. 310, che riportano le stesse<br />
abbreviazioni) e l’omega precede la rappresentazione del vaso.<br />
Tipologia delle anfore: è sconosciuta; dai rinvenimenti di Napoli si ricava che il bollo XAPMEΩ è apposto su anfore<br />
tipo IV 311.<br />
Analisi: l’anfora analizzata da Ischia appartiene all’insieme chimico F.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
[ΧΑP]ME (in nesso) Ω +<br />
kantharos<br />
Napoli - scavi Metropolitana<br />
XAPMEΩ<br />
tipo IV<br />
Cartagine<br />
XAP (in monogramma) ME<br />
(in nesso) Ω<br />
* Bollo XAPMEΩ<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.61 (s.n. inv.)<br />
II B.62 (A 71)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 697<br />
Insieme F<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
Immagine<br />
II B.62<br />
(da Wolff 1986 a)<br />
– Napoli (Febbraro, Giampaola, Atlante<br />
c.s.);<br />
– Selinunte (Salinas 1884, pp. 328-292),<br />
distrutta durante la prima guerra punica;<br />
– Selinunte (?) (Museo di Palermo, nn.<br />
47890, 47783, 47830, 47854);<br />
– Eraclea Minoa (ΧΑPME, De Miro 1958,<br />
pp. 279-285, n. 18, fine IV - inizi III);<br />
– Agrigento (XAPMHΣ, Garozzo 2000, p.<br />
571);<br />
– Gela (XAPMHΣ retrogrado, Adamesteanu,<br />
Orlandini 1960, p. 206 n. 15 fig. 9;<br />
S. Giunta, studio in corso e cap. VIII, p.<br />
289);<br />
– Manfria (XAPMHΣ), distrutta nel 310<br />
(Adamesteanu 1958, p. 307), n. 1989;<br />
– Tour Fondue (Dangréaux 1993-96);<br />
– Cartagine (Wolff 1986 a, p. 148, fig. 9).<br />
<strong>estratto</strong>
164 c a p i to l o v<br />
ΩΙΟΩ<br />
Il bollo, non più reperibile, è riferito forse a un nome osco scritto con caratteri greci.<br />
A Ischia e in altri siti sono documentati alcuni bolli con la terminazioni in -ίω (μαίω, ad esempio), bolli che potrebbero<br />
corrispondere - ma si tratta di un’ipotesi - a un genitivo in -ω.<br />
Ad Aleria è documentato ΝιΩ, seguito dal simbolo dell’anforina, da una tomba datata al 300-275 a.C. 312. Su di un’anfora<br />
greco italica da Eraclea Minoa compare un bollo ΝΟιΩ (?) (EM 15, gruppo mineralogico IIIb), attestato anche<br />
ad Antibes 313.<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
ΩΙΟΩ<br />
Retrogrado<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.64 (A 54)<br />
BOLLI IN LATINO SU GRECO ITALICHE<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
Tra i pochi bolli in latino documentati a Ischia si è deciso di trattare solo quello relativo a Tr.Loisio, riservando la pubblicazione<br />
degli altri ad un articolo a parte.<br />
TR. LOISIO<br />
<strong>estratto</strong><br />
Il prenome è osco Trebios, seguito da un gentilizio osco Loisios.<br />
Seppius Loesius è meddix tuticus di Capua alla fine del III secolo a.C. 314. I Trebii (Traebii) sono spesso attestati a<br />
Pompei in iscrizioni osche 315.<br />
A Ischia sono documentate tre matrici diverse che contengono il nome Trebio: TR (latino), TΡE e ΞEN TΡE, in greco.<br />
Le anfore greco italiche (tipo VI) che recano questo bollo in caratteri latini hanno avuto un’ampia circolazione, anche<br />
se la loro cronologia precisa è ancora incerta. Il bollo è attestato, tra gli altri, a Trapani, Erice, Monte S. Giuliano,<br />
Licata, Siracusa, Taranto, Cartagena (nella seconda metà dell III secolo a.C.) 316, Cartagine 317.<br />
Per una ricostruzione completa della circolazione del nome e delle problematiche ad esso collegate, si rimanda alla<br />
bibliografia precedente 318.<br />
Tipologia dell’anfora: tipo VI (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 21).<br />
Analisi: per la prima volta sono state sottoposti ad analisi di laboratorio (chimiche e mineralogiche) bolli di Trebio<br />
Loisio da diverse località del Mediterraneo (Ischia, Marsala, Erice, Sagunto), analisi che hanno confermato quanto<br />
era emerso da una prima analisi macroscopica: si tratta di anfore che hanno una stessa composizione chimica e<br />
mineralogica e, di conseguenza, con tutta probabilità, una stessa origine.<br />
Per quando riguarda la localizzazione dell’area di produzione delle anfore con questo bollo è possibile rilevare, in<br />
base alle analisi chimiche, che si tratta di un piccolo sottogruppo che si separa sia dal gruppo D (Ischia) che dall’insieme<br />
E (Golfo di Napoli ?) e che comprende anche uno dei bolli TPE sottoposti ad analisi (ISC 691, scarico Gosetti).<br />
Allo stato attuale della ricerca non è possibile localizzare con precisione l’area effettiva di origine, che parrebbe non<br />
essere Ischia.<br />
I campioni sono stati visionati al microscopio da più specialisti con opinioni non sempre concordi. Si tratta di<br />
argille differenti da quelle dei gruppi di riferimento noti (ad esempio Cales, Dugenta, Minturno e nell’Ager Falernus)<br />
(G. Thierrin Michael) accostabili genericamente alle argille del Golfo di Napoli, in modo particolare alle<br />
ceramiche da cucina attribuite a Cuma (secondo il parere di I. Iliopoulos, ma in base a confronti per ora solo<br />
bibliografici, si veda il capitolo VI).
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
TR. LOISIO<br />
[TR. LOI]SIO<br />
Tipo VI<br />
II B.73 esposto al museo di<br />
Villa Arbusto<br />
Erice<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 165<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.72 (s.n. inv.)<br />
II B.73 (= II A.20) (239119)<br />
II B.74 (SG 343)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
ISC 693<br />
Sottogruppo<br />
insieme E<br />
ISC 695<br />
Sottogruppo<br />
insieme E<br />
TR. LOISIO 106 ISC 784<br />
Sottogruppo<br />
insieme E<br />
Marsala (necropoli di Lilibeo?)<br />
TR. LOISIO MR 4495 ISC 786<br />
Sottogruppo<br />
insieme E<br />
Lilibeo-collezione Whitaker<br />
TR. LOISIO nr. 30<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
ISC 693<br />
Gr. IV<br />
ISC 695<br />
Gr. IV<br />
MR 4495<br />
Gr. IV<br />
Immagine<br />
II B.73<br />
II B.74<br />
106<br />
(disegno da Pepoli 1885, tav. III.1)<br />
MR 4495<br />
(da Garozzo 2000, tav. C.2)<br />
<strong>estratto</strong>
166 c a p i to l o v<br />
Località<br />
Eraclea Minoa<br />
[ ].LOISIO AG.S. 3860<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Sagunto<br />
TR. LOISIO SAG 1<br />
Gr. IV<br />
Do c u m e n tat o a:<br />
– Pompei (Arthur 1982, p. 31, nota 14);<br />
– Taranto (Viola 1885, p. 283);<br />
– Hipponion (Will 1982, p. 350; inoltre su di una tegola da<br />
Monteleone, CIL X, 2, 8041.58);<br />
– Kaulonia (Orsi 1914, pp. 892, 895);<br />
– Segesta (Garozzo 1999, p. 296 n. 7);<br />
– Erice (Pepoli 1885, tav. III, 1; Pellegrini 1887, pp. 286-287,<br />
nn. 697-706; Platania 1994, p. 292; CIL X, 8051.21b-c);<br />
– Trapani (CIL X, 8051.21a);<br />
– Lilibeo-collezione Whitaker (Garozzo 2000, p. 572);<br />
– Marsala-necropoli di Lilibeo (visionato direttamente nel museo<br />
Baglio Anselmi, probabilmente si tratta di quello già edito<br />
dalla Brugnone 1986, pp. 109 e 110 nn. 14, 15, tav. XXI.15);<br />
– Entella (Garozzo 1999, pp. 296-297, n. 7.133;<br />
Immagine<br />
AG.S. 3860<br />
SAG 1<br />
(da Araneguì Gasco 1995, fig. 1)<br />
– Eraclea Minoa (inedito, visionato direttamente nei magazzini<br />
del museo);<br />
– Licata (CIL X, 8051.21d; Platania 1994, p. 293);<br />
– Gela (Carita 1972, p. 152, n. 20);<br />
– Siracusa (Orsi 1891, p. 385);<br />
– Marsiglia, La Cloche (Tchernia 1986, pp. 50-51, nota 28);<br />
– Relitto di Port Vendres (Liou, Pomey 1985, pp. 547-551);<br />
– Relitto Mallorca (Liou, Pomey 1985, p. 551, nota 17);<br />
– Sagunto (Araneguì Gasco 1995, pp. 247-248, fig. 1);<br />
– Cartagena (Martín Camino 1996, pp. 11, 20; García Sánchez<br />
1997, p. 259);<br />
– Cartagine (Delattre 1885, p. XIX, n. 93.);<br />
– Alessandria (Will 1982, p. 350; van der Mersch 1994, p. 168);<br />
– Elis (Lepeniotis 1991, p. 384; van der Mersch 1994, p. 168<br />
- non è chiaro se ci sia veramente);<br />
– Rodi (Will 1982, p. 350; Brugnone 1986, p. 110).<br />
<strong>estratto</strong>
EMBLEMI<br />
Fiaccola<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 167<br />
Su un bollo di Santa Restituta sembra intravedersi una fiaccola simile a quelle documentate su anfore rinvenute a<br />
Eraclea Minoa 319 e a Erice 320. La fiaccola, portata da una figurina interpretata come Artemide che corre, appare anche<br />
su didrammi argentei di Neapolis (datati tra il 325 e il 280 a.C.) 321.<br />
È possibile che il simbolo, se letto correttamente, rappresenti la λαμπάς e sia da collegare a cerimonie e/o agoni,<br />
come quelli napoletani, così come già ipotizzato per il bollo con la corona (si veda supra). Ciò costituirebbe una prova<br />
ulteriore del collegamento tra alcune anfore greco italiche e gli agoni 322.<br />
In realtà, anche altre produzioni anforiche recano il bollo che rappresenta la fiaccola; è il caso, tra gli altri, delle anfore<br />
rodie, i cui bolli con la fiaccola sono stati talora messi in collegamento con alcuni culti 323.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Fiaccola I B.241 (1560 -A-)<br />
III (?)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.241<br />
Bollo circolare impresso profondamente come il bollo ΔI, reca all’interno tre trattini con tratto orizzontale perpendicolare,<br />
simili a T rovesciate. Potrebbe forse anche trattarsi di un ΠTI.<br />
Non è chiaro se i segni siano un’indicazione numerica (ταρακὺισμα = la somma ripetuta 3 volte di T = 300) e possano<br />
fare riferimento in qualche modo alla capacità 324.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
III I B.242 (A 40 - AR 185)<br />
Anforine<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
I B.242<br />
<strong>estratto</strong><br />
Il bollo gemma raffigurante l’anfora è attestato a Santa Restituta su tre anse (una delle quali viene dalla fornace 3)<br />
ed è documentato anche su pesi da telaio.<br />
Due esemplari, inoltre, recano una A che sovrasta l’anforina (come in alcuni contenitori da Gela-Manfria).
168 c a p i to l o v<br />
Un’ansa di anfora da scarico Gosetti è invece bollata con due anfore di modulo diverso.<br />
La consuetudine di bollare alcune anfore con il simbolo dell’anfora è nota nel mondo greco 325.<br />
I bolli con anforine si trovano in diversi contesti, ad esempio a Selinunte 326 e al Museo di Palermo 327, a Gela - Manfria<br />
328 e a Licata - Monte S. Angelo.<br />
Tipologia dell’anfora: tipo IV (Gela, Manfria) (tav. 21).<br />
Analisi: l’unico esemplare sottoposto ad analisi (da Gela - Manfria) risulta attribuibile al gruppo mineralogico I.<br />
Località<br />
Ischia - S. Restituta<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Anforina + A I B.236 (M 8-1560-B-AR 176)<br />
I B.237 (AR 123)<br />
I B.238 (AR 182)<br />
I B.239 (M 83/1560c-AR 175)<br />
I B.240 (M 33)<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Due anforine II B.69 (SG 183)<br />
Gela - Manfria<br />
Anforina + A<br />
Tipo IV<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
1990 MNF 2<br />
Gr. I<br />
Immagine<br />
I B.236<br />
I B.239<br />
II B.69<br />
MNF 2<br />
<strong>estratto</strong>
Selinunte<br />
Anforina<br />
Località<br />
Pentagramma<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 169<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
(da Salinas 1884, p. 328, n. 250)<br />
Pentagramma impresso entro bollo circolare sul collo di un’anfora che assomiglia al tipo V, mentre l’orlo ricorda più il<br />
tipo IV. Sul collo ci sono due abbreviazioni graffite EY e TY (Museo di Villa Arbusto) che potrebbero essere un augurio<br />
329 oppure l’abbreviazione di un nome (εὐτύχης, ad esempio, attestato anche a Napoli 330).<br />
Il pentagramma, considerato come trademark dal Johnston 331, si ritrova su anfore da Nuceria attribuite ad Ischia<br />
e datate alla fine del VII/inizi VI secolo a.C. oppure su di un’anfora MGS II 332. Questo simbolo è di sovente graffito<br />
anche su ceramica a vernice nera - ad esempio sul fondo di uno skyphos a vernice nera tipo Morel 4360, da località<br />
Trinità a Sorrento 333 -.<br />
Appare anche su coppe in ceramica campana e in ceramica comune rinvenute ad Aleria da tombe di inizio III secolo<br />
a.C. Ciò ha fornito l’occasione agli autori di riconsiderare il valore del simbolo 334; si ritiene che esso abbia conosciuto<br />
una grande diffusione nell’oriente cretese fenicio e che venisse utilizzato con valore apotropaico, anche su coppe<br />
etrusche e campane in ceramica a vernice nera. Il pentagramma fa parte infatti dei bolli della ceramica etrusco campana<br />
ed è frequente sulle monete italiche di III secolo a.C. (Napoli, Cales, Aesernia, Teanum). Appare su monete di<br />
Napoli e altre città campane nella prima metà del III secolo 335.<br />
I pitagorici lo adottarono come simbolo della salute, fatto che potrebbe collegarsi ai graffiti forse bene auguranti della<br />
nostra anfora 336. Lo stesso simbolo si trova su una tegola di Selinunte 337.<br />
Tipologia anfora: IV/V (Ischia, scarico Gosetti) (tav. 21).<br />
Località<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
Tipo IV/V<br />
Esposto al museo di Villa<br />
Arbusto<br />
Selinunte<br />
Tegola<br />
Nr. catalogo /<br />
Nr. inventario<br />
II B.70 (= II A.9) (239118)<br />
Analisi<br />
chimica<br />
Analisi<br />
mineral.<br />
Immagine<br />
II B.70<br />
(da Salinas 1884, p. 327, n. 65)<br />
<strong>estratto</strong>
170 c a p i to l o v<br />
NOTE<br />
1 Garozzo 2003, pp. 566-567.<br />
2 In altri casi il segno + viene interpretato come una semplificazione<br />
della lettera φ, Larfeld 1914, p. 270.<br />
3 Jehasse, Jehasse 1973, tav. 142, n. 1322, tomba 70.<br />
4 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
5 Viola 1885, p. 277 n. 147.<br />
6 Si veda van der Mersch 1994, p. 162 e IG XIV n. 2393, 77.<br />
7 Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p. 335, datato alla seconda<br />
metà del III inizi II a.C.; García Sánchez 1997, p. 260,<br />
con altri confronti.<br />
8 Martín Camino 1996, p. 11.<br />
9 Dubois 1995, p. 158; Fraser, Matthews 1997, p. 43; van der<br />
Mersch 1994, p. 162.<br />
10 Campagna 2000, p. 474 n. 73.<br />
11 Garozzo 2000, p. 569.<br />
12 IG XIV p. 599, n. 2403, 4.<br />
13 Olmer 2003, p. 23.<br />
14 Long et al. 2003, Long, Volpe c.s., Long et al., Aiac 2008 c.s.<br />
15 Sambon 1903, p. 189, n. 630.<br />
16 Garozzo 2000, tav. XCIX.2.<br />
17 De Miro 1958, fig. 50 n. 15.<br />
18 Olmer 2003, p. 23.<br />
19 Recueil de timbres II, p. 27 n. 506.<br />
20 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
21 IG XIV, p. 599, 2403,5; Gallo 1966, p. 372 n. 23.<br />
22 Lo stesso nome è documentato su bolli di anfore ellenistiche<br />
da Eraclea Pontica, Monachov 2003, p. 341. Diversi<br />
bolli APIΣTOKPATEΥΣ sono segnalati come provenienti da<br />
Taranto (considerati come rodii), Calatafimi e Cagliari; nel<br />
caso di Taranto il bollo è circondato da quattro stelle, IG XIV,<br />
n. 2393, 123; Viola 1885.<br />
23 Per il nome, Fraser, Matthews 1997, p. 62.<br />
24 Manacorda 1989, p. 445; van der Mersch 1994, p. 163.<br />
25 Meligunis Lipara II, p. 332; Cavalier, Brugnone 1986, p.<br />
221 n. 14; Libertini 1921, p. 221.<br />
26 Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p. 162.<br />
27 Garcίa Sánchez 1999, p. 236 n. 31, la K è resa come C.<br />
28 Sambon 1903, nn. 430, 473-475, 588, 628-629, 640-641,<br />
647. Non è possibile stabilire se parte dei bolli di questo<br />
gruppo siano in qualche modo da collegare alla fratria degli<br />
Άρισταιοι di Napoli.<br />
29 Viola 1885, p. 278 n. 151.<br />
30 Johnston 1979, p. 244, tipo 9E; p. 41.<br />
31 IG XIV, p. 599, 2403 n. 6.<br />
32 Viola 1885, p. 277.<br />
33 CIL X, 2, p. 845, 8042, 18 = 31.<br />
34 Pepoli 1885, tav. V, 3.<br />
35 Pithekoussai I, tomba 66, tav. 40, 66.<br />
36 CIL X, I, 2392.<br />
37 Nn. inv. 47850, 47857, 47858.<br />
38 Un tratto verticale visibile dopo la lettera omicron, già notato<br />
anche su di un esemplare di Ischia, potrebbe corrispondere<br />
al tratto verticale della K o ad una I oppure corrispondere<br />
al tratto di chiusura del cartiglio.<br />
39 Dubois 1995, p. 90.<br />
40 Museo di Palermo, n. inv. 47858 (ΑΡιΣTΟΚ ?).<br />
41 Fraser, Matthews 1997, p. 242 da Illiria Apollonia, II secolo<br />
a.C. (SEG XXXVI, 558). Kιρρός era uno dei tre colori del vino<br />
usato anche in medicina, come ricorda il medico Mnésithéos<br />
di Atene nel III secolo a.C., Salviat 1986, p. 177.<br />
42 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
43 Brugnone 1986, p. 104. Su anfore olearie da Brindisi è<br />
attestato il bollo [AC]KΛHΠIAΔΟΥ (Palazzo 1992, p. 129).<br />
44 Per il bollo di Lattes, letto [---]CEΛΗ e datato dalla stratigrafia<br />
al periodo -175/-150, Lattara 14, p. 70. Recueil de<br />
timbres II, p. 54 n. 606.<br />
<strong>estratto</strong><br />
45 Recueil de timbres II, p. 112 n. 808.<br />
46 RE II, p. 1683; CIG I, 1186.<br />
47 Si veda oltra la scheda di ΓAP/ΠAP corona M. Meno probabile<br />
il collegamento del bollo con il nome di una pianta,<br />
Άσκληπιάς, chiamata così in onore di Esculapio e utilizzata<br />
per fini medici. RE II, p. 1685.<br />
48 Pithekoussai I, p. 135, tav. XXIIId, tav. n. 38 per il disegno<br />
dell’anfora, n. 40 per il disegno bollo.<br />
49 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
50 IG XIV, 2393, 179.<br />
51 Per Segesta Garozzo 1999, p. 313; per il relitto Sanguinaires<br />
A, Alfonsi Gandolfo 1997.<br />
52 Van der Mersch 1994, p. 164.<br />
53 Pepoli 1885, p. 21 e tav. II.<br />
54 Viola 1885, p. 278 n. 152.<br />
55 Martίn Camino 1996, pp. 15 e seguenti.<br />
56 Van der Mersch 1994, p. 164, con ulteriori attestazioni in<br />
Sicilia di queste forme.<br />
57 Sambon 1903, nn. 470, 492, 497 e 538; Cantilena et al.<br />
1986, serie 41, 42.<br />
58 Gabrici 1913, p. 666, sepoltura CCXX.<br />
59 De Miro 1958, fig. 49, g e fig. 50.<br />
60 Archelogia subacquea 2, p. 63; per il relitto si veda il cap.<br />
VII.<br />
61 Buchner 1949-50, p. 7.<br />
62 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
63 Per il relitto si veda il cap. VII.<br />
64 Come proposto da van der Mersch 1994, p. 174.<br />
65 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s. Devo le informazioni<br />
orali anche alla cortesia di L. Pugliese.<br />
66 Fraser, Matthews 1997, p. 96. Uno dei nomi che inizia con<br />
Γαρ è Γαρτύδας, attestato a Crotone nel IV secolo a.C.<br />
67 Cantilena 1985 e Cantilena et al. 1986, serie 68.<br />
68 Sambon 1903, nn. 473 e 474.<br />
69 Crowther 1989, pp. 100 e 102.<br />
70 Feste legate a Diotimo che aveva condotto una flotta ateniese<br />
a Neapolis, Tim. 566 J. fr. 98, da Schol. in Lyc. 732; Lyc. 732-<br />
737; Beloch 1890, p. 57; per i Sebastà Miranda 1985 e 2007.<br />
71 Stazio, Silvae III, 5, 70; Id. IV, 8, 50-51.<br />
72 Valavanis 1986.<br />
73 Si veda il cap. IX.7.<br />
74 CIL X, 2, p. 845, 8042, 18 = 31.<br />
75 Per le Dr. 1A di Bibracte, Laubenheimer Rodriguez 1991,<br />
p. 83, nn. 179-180, figg. 132-133; per il materiale di Cipro,<br />
Meyza 2004, p. 274, figg. 2 e 3.<br />
76 Recueil de timbres II, p. 116 n. 823.<br />
77 Johnston 1979, fig. 8 x.<br />
78 Guarducci 1987, p. 81.<br />
79 Fraser, Matthews 1997, p. 99.<br />
80 Miranda 1995, n. 151.<br />
81 Monachov 2003, p. 341.<br />
82 Johnston 1979, p. 32.<br />
83 Glaucia Popili, CIL X, 1, 3790; Glaucus, sempre da Capua,<br />
CIL X, 1, 4122.<br />
84 Sambon 1903, pp. 179-180 e 320, n. 816 (moneta attestata<br />
a Nola, intorno al 340 a.C. ?); il Garrucci considera che<br />
si tratti forse del nome di un magistrato, Garrucci 1885, pp.<br />
83-84 n. 31.<br />
85 Lejeune 1976, pp. 87 e 131 (n. 158).<br />
86 Sambon 1903, p. 185, p. 232 n. 482.<br />
87 Fraser, Matthews 1997, p. 108.<br />
88 Monachov 2003, p. 341.<br />
89 Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>, studi in corso da parte di chi<br />
scrive.<br />
90 Sambon 1903, p. 191, n. 724.<br />
91 Il bollo ΔI potrebbe essere anche associato al nome impresso<br />
su di una stele locale, ΔIOΔΩΡΩ, Pithekoussai I, p.<br />
139, tomba 125 (ellenistica, riusata).
92 Pithekoussai I, p. 125, tav. 45.<br />
93 Johnston 1979, p. 29.<br />
94 Bargagliotti, Cibecchini 1998, fig. 3.4, indicata però come<br />
ΔA nel testo.<br />
95 Campagna 2000, p. 468, n. 52; tav. IV, g.<br />
96 Salinas 1884, n. 312.<br />
97 “in colle S. Salvatoris”, IG XIV p. 594, n. 589 b.<br />
98 Sambon 1903, nn. 441, 447, 448, 452, 470, 556; Cantilena<br />
et al. 1986: 326-317/310 a.C. e 317/310-300 a.C., serie<br />
24, 32-33, 40-42.<br />
99 Blanck 1978, p. 96; van der Mersch in Archeologia subacquea<br />
2, pp. 61 e 63.<br />
100 Martín Camino 1996, p. 15.<br />
101 Il bollo di Cartagena è simile ad un bollo inedito da Monte<br />
S. Angelo di Licata, conservato al museo di Licata, visionato<br />
direttamente.<br />
102 IG XIV, p. 575 n. 219.<br />
103 S. Giunta, in corso di studio e cap. VIII, p. 289.<br />
104 Sambon 1903, n. 642. Inoltre su monete argentee datate<br />
al 325-280 a.C. (Sambon 1903, nn. 437, 438, 440; Cantilena<br />
et al. 1986, serie 11-17) compare ΔιΟΦΑΝоΥΣ.<br />
105 Pepoli 1885, tav. V. n. 10.<br />
106 Viola 1885, p. 275 n. 130.<br />
107 Leiwo 1994, p. 190.<br />
108 Sambon 1903, nn. 582, 615.<br />
109 Dubois 1995, p. 13. Tale segno sarebbe ottenuto dal samek<br />
fenicio (Russo 2005, p. 70).<br />
110 Bollo visionato direttamente, ha un tratto molto chiaro<br />
dopo la omicron, IG XIV, p. 577 n. 257 “non Rhodiae fabricae”,<br />
Salinas 1884, p. 329.<br />
111 De Miro 1958, p. 282, n. 24.<br />
112 Di Paola Avolio 1829, tab. 3, 17; bollo visionato diretta-<br />
mente.<br />
113 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 360, n. 11.<br />
114 Lo si ritrova anche su anfore ellenistiche da Eraclea Pontica<br />
anche se, in questo caso, si tratta con tutta probabilità di<br />
un’omonimia (Monachov 2003, p. 342).<br />
115 Sull’altra ansa compare TY, si veda oltre.<br />
116 Johnston 1979, pp. 41 e 139.<br />
117 Sambon 1903, pp. 231-232, nn. 477, 483-485; Breglia<br />
1949, pp. 227-228.<br />
118 Cantilena et al. 1986, serie 60-62, e 55-56.<br />
119 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
120 Cantilena et al. 1986, serie 55.<br />
121 Per il digamma a parentesi quadre, Dubois 1995, p. 13.<br />
122 È documentato forse anche su di un’ansa di anfora greco<br />
italica di Pech Maho (n. inv. PM 1452).<br />
123 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
124 N. inv. 48040.<br />
125 Salomies 1987, p. 95 n. 57 (VEL/VOLTA/VO(LTIUS?),<br />
nome etrusco. Molti sono i nomi che potrebbero corrispondere<br />
a questa abbreviazione, anche il nome Volturnum attribuito da<br />
Livio a Capua (IV, 37). Volturnum è un toponimo di nomi etruschi<br />
Vel, Velthur, Velthurna dal dio Vel, Velthur; Capua potrebbe aver<br />
avuto due nomi Capua-Volturnum perché fondata dalla gens<br />
Capia e consacrata al dio Vel, Heurgon 1942, p. 153.<br />
126 Poccetti 1979, p. 175 n. 230, il nome ritorna anche in Vel.<br />
Xaies di una coppa da Capua. Un graffito Velius è attestato<br />
sotto il piede di un aryballos dei Musei di Berlino, Poccetti<br />
1979, p. 178 n. 234.<br />
127 Garrucci 1885, pp. 37 e 90; Sambon 1903, p. 414, n.<br />
1064.<br />
128 Garcίa Sánchez 1997, p. 264, Garcίa Sánchez 1998, pp.<br />
234-235.<br />
129 Alcuni frammenti hanno impasto più grossolano degli altro,<br />
con ingubbiatura verdina.<br />
130 Per il prenome osco vibyo, Lejeune 1976, p. 102.<br />
<strong>estratto</strong><br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 171<br />
131 Sambon 1903, p. 262 n. 638; Id. p. 189, dove l’abbreviazione<br />
è ascritta all’osco IBI -Vibius.<br />
132 Sambon 1903, n. 489.<br />
133 Olcese 2007, p. 65; si veda anche il cap. III, tabella III.2<br />
di questo volume.<br />
134 Si veda il cap. III, tabella III.2.<br />
135 Meligunis Lipara II, pp. 102, 332, tav. 28; Cavalier, Brugnone<br />
1986, tav. XLIX, a, b, c.<br />
136 Informazione M. Palacyzk.<br />
137 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
138 IG XIV, p. 578 n. 261.<br />
139 De Miro 1958, pp. 279-285, fig. 50 n. 13.<br />
140 Criscuolo 1982, p. 133, n. 199.<br />
141 Miranda 1990, pp. 28-29, n. 12.<br />
142 Phretarchos in RE, Suppl. X, 1965.<br />
143 Miranda 1990, p. 29 n. 13.<br />
144 Miranda 1995, II, p. 173 n. 90.<br />
145 Dubois 2002, II, p. 114, n. 60.<br />
146 IG II 2 , 9116; devo l’informazione a M. Nocita.<br />
147 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
148 Dubois 1995, pp. 28-29 che riporta le ipotesi di Johnston<br />
a proposito dell’iscrizione.<br />
149 Brugnone 1986, p. 108 n. 11a-b.<br />
150 Martίn Camino 1996, p. 15; Marquez Villora, Molina Vidal<br />
2005, p. 336 n. 370.<br />
151 Cavalier, Brugnone 1986, p. 229 e tav. XXXVI c.<br />
152 Ipotesi formulata dalla Guarducci, Guarducci 1969, p. 499,<br />
ripresa dalla Brugnone, Cavalier, Brugnone 1986, p. 229.<br />
153 Marquez Villora, Molina Vidal 2005, p. 336 n. 370.<br />
154 Garcίa Sánchez 1997, p. 259.<br />
155 Breglia 1952 b, p. 50; Taliercio Mensitieri 1987, p. 161,<br />
nota 2; si veda anche la tabella IV.2.<br />
156 Pepoli 1885, p. 45.<br />
157 IG XIV, p. 601, 2405.17.<br />
158 Buchner 1949-50, pp. 4 e seguenti. Inoltre sulla stele<br />
di una tomba da Napoli (via Arena della Sanità) è attestata<br />
uniscrizione con il nome Λουκία (Leiwo 1994, p. 84).<br />
159 Sambon 1903, nn. 468, 483.<br />
160 Russo 2005, p. 47.<br />
161 Guarducci 1967, p. 392.<br />
162 IG XIV, 696 da Salerno; van der Mersch 1994, p. 69.<br />
163 Si vedano anche gli elenchi del Lejeune, Lejeune 1976,<br />
p. 88 (MAI( ); gen. MAIE[ìs]).<br />
164 Van der Mersch 1994, p. 169.<br />
165 Cassola 1986, p. 69; Maiuri 1946, p. 164 con bibliografia<br />
precedente; Sartori 1953, p. 56.<br />
166 Dubois 1995, p. 22.<br />
167 Van der Mersch 1994, p. 172.<br />
168 Bollo visionato direttamente.<br />
169 Jehasse, Jehasse 1973, p. 194 n. 357.<br />
170 Il bollo, visto negli anni ‘90, non è più reperibile.<br />
171 Pithekoussai I, p. 135 e tav. 45 (tomba 123, bollo retrogrado,<br />
AK in legatura).<br />
172 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
173 Lindhagen 2006, p. 55.<br />
174 Brugnone 1986, p. 111, tav. XXIV nr. 16.<br />
175 Budetta, comunicazione al convegno Sorrento e la penisola<br />
sorrentina (Sorrento 2007).<br />
176 Sambon 1903, pp. 418-419, n. 1074.<br />
177 Cassola 1986, p. 70; Vetter 1953, p. 133, 200 a 5.<br />
178 Castrén 1975, p. 186; Sogliano 1898.<br />
179 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
180 Monti 1968, p. 55 fig. 16.<br />
181 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 352 fig. 11 n. 3.<br />
182 Buchner 1997, p. 162, con bibliografia e discussione<br />
sulle testimonianze di questo nome a Napoli, dove compare<br />
nelle pitture dell’ipogeo dei Cristallini, Miranda 1995; Poccetti<br />
1979, p. 184.
172 c a p i to l o v<br />
183 IG XIV, 718 = Miranda 1990, 5 e Miranda 1995, pp. 141,<br />
146, 165. Buchner 1997, p. 165.<br />
184 Basile 2004-05, pp. 259-262.<br />
185 N. inv. 48050.<br />
186 Garcίa Sánchez 1998, p. 232, n. 5.<br />
187 Per il significato della sigla ΔH, si veda il cap. IV.7.<br />
188 Cavalier, Brugnone 1986, nn. 61-62, per cui è proposto<br />
un confronto con un bollo mutilo da Reggio; Pepoli 1885, p.<br />
46.<br />
189 Lepeniotis 1991, Taf. II, Abb. 5.<br />
190 Bertucchi 1992, p. 163, NY legate con Y che sormonta la<br />
N, come documentato anche sulle monete napoletane.<br />
191 Lattara 14, p. 69, n. 326, contesto datato al 250-175<br />
a.C.<br />
192 Sambon 1903, p. 191, n. 736.<br />
193 Sambon 1903, p. 254, nn. 709 e 754.<br />
194 Maiuri 1946, p. 164; Cassola 1986, p. 69 che data l’iscrizione<br />
al III secolo a.C..<br />
195 Salomies 1987, p. 41.<br />
196 Diod. Sic. XVI, 18-19, Miranda 1995, pp. 30-31, Miranda<br />
1990, p. 30 con bibliografia; il nome è documentato in una<br />
iscrizione su piccolo bue in ceramica verniciata di nero, datato,<br />
forse erroneamente, al I secolo a.C. e su di una lastra di<br />
marmo di fine I secolo a.C. - inizio I secolo d.C. (Leiwo 1994,<br />
pp. 163-164; Miranda 1995, p. 66 n. 142).<br />
197 Livio VIII, 25, 9-11, Pugliese Carratelli 1952, p. 260.<br />
198 SEG XVI, 630, non viene indicato se il sigma è lunato.<br />
199 Jannoray 1955, p. 327.<br />
200 Jannoray 1955, p. 327.<br />
201 IG XIV, p. 585 n. 390.<br />
202 IG XI 4, 1244, 1245 e 1246; devo l’informazione a M. Nocita;<br />
Nocita 2003, p. 103.<br />
203 CIL I2 , 1595.<br />
204 CIL I2 , 1595.<br />
205 Il nome è presente nel CIL X,1, 3488, da Miseno.<br />
206 Con altri bolli tra cui, APΣT o APIΣT, 1613.<br />
207 Si veda il cap. IV.6.<br />
208 Garozzo 1999, p. 314, n. 46, fig. 172.<br />
209 Pepoli 1885, p. 47.<br />
210 Castrén 1975, p. 201.<br />
211 Secondo la Guarducci, in età ellenistica, il secondo tratto<br />
verticale della Π tende ad allungarsi fino ad eguagliare il primo,<br />
Guarducci 1987, p. 84.<br />
212 Russo 2005, p. 70.<br />
213 IG XIV, 2393, 577 b - interpretato Παριον in base a un<br />
bollo trovato ad Akrai; Pellegrini 1887, p. 279 n. 631.<br />
214 Campagna 2000, p. 470 n. 56: bollo ΠA(ΓΡ) di difficile<br />
integrazione e lettura.<br />
215 Gallo 1966, p. 376.<br />
216 De Miro 1958, p. 281 n. 10.<br />
217 Cantilena et al. 1986, serie 70, 317/310-300 a.C.; Sambon<br />
1903, n. 465, 325-280 a.C.<br />
218 Jannoray 1955, pp. 352-353, nota 4, ipotizza che siano<br />
delle imitazioni locali; Solier, Sanmarti 1978, p. 39.<br />
219 Russo 2005, p. 70.<br />
220 Lattara 14, p. 70 n. 328, contesto datato al 175-150 a.C.<br />
221 Fraser, Matthews 1997, p. 353.<br />
222 Cassola 1986, p. 44.<br />
223 Sambon 1903, p. 228 n. 465; Cantilena et al. 1986, serie<br />
70.<br />
224 Pithekoussai I, tomba 48, tav. 45.<br />
225 Fraser, Matthews 1997, p. 380.<br />
226 Lindhagen 2006, p. 55.<br />
227 IG XIV, 2403, 18; Gallo 1966, p. 376, n. 77.<br />
228 IG XIV, p. 205 n. 756.<br />
229 CIL X, 1648.<br />
230 Guarducci 1987, pp. 81-82.<br />
231 N. inv. PM 54 c, A 34, Museo di Pech Maho.<br />
<strong>estratto</strong><br />
232 Non è dato di sapere se si tratti dell’abbreviazione di un<br />
nome - il nome osco Βίοτος ? -.<br />
233 Lawall, Colloque Athènes 2010, abstracts p. 11.<br />
234 Si tratta forse di una variante dei Satrii, attestata anche<br />
nella Pompei pre-romana, Castrén 1975, pp. 216-217, nn.<br />
355 e 356.<br />
235 Tra i rappresentanti della gens dei Valeri ci sono un C. Valerius<br />
Saturus (CIL VIII, 18696) un M. Valerius Saturus (CIL<br />
VIII, 15041) e un Valerius Saturus (CIL VIII, 3947, 4106).<br />
236 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
237 Un’anfora intera, sporadica, dal territorio di Eraclea Minoa,<br />
tipo V/VI, inedita, visionata direttamente, reca un bollo<br />
non ben leggibile che potrebbe essere un altro ΣIM; la sua<br />
composizione mineralogica, però, non corrisponde a quelle<br />
delle anfore di Ischia/Golfo di Napoli (EM 8, si veda il cap. VI<br />
e fig. VIII.4g).<br />
238 Fraser, Matthews 1997, p. 395.<br />
239 Calvet 1972, p. 104; per l’anfora di Cartagine, SEG 1938,<br />
nn. 853-855.<br />
240 Napoli (Miranda 1995, n. 169); Capri (IG XIV, 901); Pompei<br />
(N.Sc. 1936, p. 347, n. 279).<br />
241 Pithekoussai I, p. 125, tav. 45.<br />
242 Leiwo 1994, p. 200; Miranda 1995, p. 84 n. 165; Buchner<br />
1997, p. 168.<br />
243 Van der Mersch 1994, p. 176.<br />
244 CIL VIII, 22639, 146.<br />
245 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 356 fig. 2 n. 3.<br />
246 Sambon 1903, p. 229 n. 472: sulla stessa moneta si ritrova<br />
XA in nesso; Cantilena et al. 1986, serie 19 (317/310 - 300<br />
a.C.).<br />
247 Castrén 1975, pp. 224-225, n. 388: Staii; n. 390: Statii,<br />
entrambi gentilizi sabellici.<br />
248 Campanile 1994, p. 560.<br />
249 Salinas 1884, p. 329; IG XIV, 2393, 571.<br />
250 Schulze 1966, pp. 62 e 338; M. Tintorius Kalendinus, Capua<br />
CIL VI, 3559.<br />
251 Miranda 1995, vol II, pp. 65-66; Salomies 1987, pp. 34-<br />
35.<br />
252 Castrén 1975, p. 229.<br />
253 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
254 RE, VI A, 2 1973, sv Trebius, Salomies 1987, p. 94, Miranda<br />
1995, iscrizioni nn. 109, 116, 152, 173, 174, 174 bis;<br />
Fraser Matthews 1997, pp. 434-435.<br />
255 Göransson 2007, pp. 130, 133.<br />
256 Miranda 1995, n. 173.<br />
257 Baslez 1996.<br />
258 Baslez 1996, p. 221 n. 22.<br />
259 Van der Mersch 1994, p. 176.<br />
260 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
261 Giunta, in corso di studio (si veda anche il cap. VIII).<br />
262 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
263 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
264 Lettura e commento mi sono stati suggeriti da F. Corda-<br />
no.<br />
265 Pepoli 1885, p. 48 e tav. VII.<br />
266 Garozzo 1999, p. 317.<br />
267 Casa 2, zona 11-4, 4, 11052, García Sánchez 1997, p.<br />
263, n. 8, letto meglio in García Sánchez 1998, p. 233.<br />
268 Cavalier, Brugnone 1986, p. 242, tav. LIVd.<br />
269 Calvet 1972, p. 54 fig. 119.<br />
270 Sambon 1903, nn. 630-632.<br />
271 Sambon 1903, nn. 605-606, 699-700.<br />
272 Sambon 1903, nn. 737, 749, 758.<br />
273 A Napoli è documentato il nome Χαιρέας, Miranda 1995,<br />
nn. 94 e 109.<br />
274 Dubois 1995, p. 57, Collezione del Conte di Siracusa; secondo<br />
il Dubois il nome è molto attestato nell’epigrafia dell’Eubea<br />
e la trascrizione può essere Χαιρίου oppure Χαιρίω.
275 Sambon 1903, p. 191, p. 273, nn. 722, 761.<br />
276 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
277 IG XIV, p. 599, 2403 n. 20.<br />
278 Olcese 2004, p. 183, 1962, PM 363 F 34.<br />
279 Cantilena et al. 1986: 317/310-300 e 300-280 a.C.<br />
280 Sambon 1903, p. 228, nn. 466-468.<br />
281 Cantilena et al. 1986, serie 94 fase IB, 300-280 a.C.<br />
282 Sambon 1903, tra 320 e 280 a.C., n. 634.<br />
283 Sambon 1903, pp. 182-183; Breglia 1952 b, p. 27; Storia<br />
di Napoli I, p. 258.<br />
284 Lamour, Mayet 1980, n. 13, esposto nel Museo di Ensérune.<br />
285 Amar, Liou 1984, p. 157.<br />
286 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
287 Fraser, Matthews 1997, p. 473.<br />
288 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.<br />
289 Miranda 1995, nn. 151 e 180, datate tra il I secolo a.C.<br />
e il I d.C.<br />
290 Magazzini del Museo, PM. F40C.1.91.<br />
291 Cassola 1986, p. 74.<br />
292 Cassola 1986, p. 74; per la patera conservata a Berlino,<br />
Furtwängler 1885, p. 735 n. 2611.<br />
293 Sambon 1903, p. 229 n. 469 (tra il 325-280 a.C.), Rutter<br />
(a cura di) 2001 (300-275), Cantilena et al.1986 (300-280)<br />
serie 80.<br />
294 Si veda la nota 283.<br />
295 Miranda 1995, nn. 151, 180.<br />
296 Comunicazione di M. Palaczyk (K 11422): il bollo XAPME<br />
retrogrado è compreso tra un caduceo e la rappresentazione<br />
di un’anfora.<br />
297 Alla stregua di ΠΑΡ/ΓΑΡ corona με oppure di ΠΑΡμε.<br />
Molto meno probabile l’ipotesi di un nome associato ad una<br />
unità di misura (metretes)<br />
298 IG XIV, 817. Miranda 1995, n. 181.<br />
299 Sambon 1903, p. 261 n. 634.<br />
300 Nn. inv. 47783 e 47830, con cartiglio con doppia cornice.<br />
301 XAPME retrogrado 47890 è probabilmente lo stesso bollo<br />
ritratto in Salinas 1884, p. 329 n. 142.<br />
302 N. inv. 47854.<br />
303 N. inv. 47782.<br />
304 Adamesteanu 1958, p. 307.<br />
305 Dangréaux 1993-96.<br />
306 Si tratta di due campioni non più reperibili.<br />
<strong>estratto</strong><br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 173<br />
307 Wolff 1986 a, p. 148, fig. 9. L’anfora è attribuita dalla Grace<br />
alla Sicilia.<br />
308 L’uso del dialetto è da collegare forse alla colonizzazione<br />
euboica.<br />
309 Sambon 1903, n. 467: 325-280 a.C.; Cantilena et al.<br />
1986: 317/310-280 a.C.; si veda la tabella 2 del cap. IV.<br />
310 Sambon 1903, n. 634.<br />
311 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.; Pugliese, studio in<br />
corso.<br />
312 Jehasse, Jehasse 1973, p. 194 n. 357.<br />
313 Van der Mersch 1994, p. 172.<br />
314 Livio XXVI, 6, 13, Storia di Napoli I, p. 274; Manacorda<br />
1981.<br />
315 Castrèn 1975, p. 230.<br />
316 Martín Camino 1996, p. 11.<br />
317 CIL I, 425.<br />
318 Van der Mersch 1994, p. 168; vedere inoltre bibliografia<br />
sotto la carta.<br />
319 De Miro 1958, fig. 51 n. 33.<br />
320 Pepoli 1885, tav. I.<br />
321 Sambon 1903, p. 230 n. 473.<br />
322 Si veda il cap. IV, par. IV.9.<br />
323 Dobosz, Colloque Athènes 2010.<br />
324 Larfeld 1914, p. 295.<br />
325 Koehler 1982.<br />
326 Salinas 1884, p. 328 n. 250.<br />
327 Nn. inv. 47823, 47777.<br />
328 Materiali del magazzino, 1990, anfora tipo IV.<br />
329 Su di una kotyle dell’VIII secolo a.C. da Lacco Ameno<br />
è presente un graffito diversamente interpretato come<br />
εύπότ’εμ[ί] (“sono gradevole da bere”) oppure come ευ<br />
ποτερ[ιον] (“buon vaso a bere”), Dubois 1995, p. 30, con<br />
bibliografia.<br />
330 IG XIV, p. 218 n. 826.16.<br />
331 Johnston 1979, p. 88, tipo 38A (vasi a figure nere, di cui<br />
uno da Vulci vicino al pittore Priamo, uno della maniera del<br />
pittore Antimene e un altro vicino al pittore Euphileto).<br />
332 Tagliamonte 2010.<br />
333 Russo 2005, p. 69.<br />
334 Jehasse, Jehasse 1973, p. 555.<br />
335 Breglia 1952b, p. 49.<br />
336 Jehasse, Jehasse 1973, p. 556.<br />
337 Salinas 1884, p. 327 n. 65.
174 c a p i to l o v<br />
Tav. 15<br />
ANΔP ANΔPΩ<br />
TIPO IV – Aleria TIPO V-V/VI – Ischia TIPO V/VI – Mellita<br />
APIΣTOK APIΣ APICT<br />
TIPO III (?) – Ischia - S. Restituta TIPO IV – Ischia - scarico Gosetti TIPO VI<br />
Ischia - necropoli di S. Montano<br />
APIΣT ● KIP - APIΣT ● XAP<br />
TIPO III – Ischia - S. Restituta TIPO III o III/IV – Ischia - S. Restituta<br />
Tav. 15: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 16<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 175<br />
ACKΛH BIΩ<br />
TIPO VI – Ischia - necropoli di S. Montano TIPO V – Secca di Capistello<br />
ΓAP/ΠAP corona M ΓΛAYK<br />
TIPO IV – Ischia - scarico Gosetti<br />
TIPO IV – Filicudi F TIPO IV – Ischia - S. Restituta<br />
Tav. 16: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
176 c a p i to l o v<br />
Tav. 17<br />
ΔI ΔIΩ, ΔIΩN<br />
TIPO IV/V - V (?)<br />
Ischia - scarico Gosetti<br />
TIPO V – Secca di Capistello TIPO V – Gela<br />
[Δ]IONY<br />
TIPO IV/V - V (?) – Ischia - scarico Gosetti<br />
EYΞ, EYΞENO[?]<br />
TIPO V – Secca di Capistello TIPO IV o IV/V – Eraclea Minoa<br />
Tav. 17: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 18<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 177<br />
EΛ ZΩ<br />
Ischia - S. Restituta<br />
TIPO IV – Ischia - S. Restituta Filicudi F TIPO IV – Filicudi F<br />
MAMAPKOY ΞEN<br />
TIPO III – Ischia - S. Restituta TIPO IV – Ischia - S. Restituta<br />
TIPO IV – Ischia - S. Restituta<br />
ΠAP<br />
TIPO IV (?) – Ischia - S. Restituta TIPO V – Secca di Capistello<br />
Tav. 18: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
178 c a p i to l o v<br />
Tav. 19<br />
ΠAPH ΠOP<br />
TIPO V – Secca di Capistello TIPO V – Secca di Capistello<br />
ΣATYPOY (o ΣATYP • V ?) ΣIM, ΣIMIA<br />
TIPO V – Ischia - scarico Gosetti TIPO V/VI – Meloria A<br />
TINΘ<br />
TIPO IV – Ischia - S. Restituta<br />
Tav. 19: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 20<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 179<br />
TPE [ ]YTΩ / ΩTY (?) ΦΙΛΙΠΠOY<br />
TIPO IV – Gela TIPO III/IV – Ischia - scarico Gosetti TIPO VI<br />
XAPI XAPM, XAPMΗΣ<br />
Ischia – necropoli di S. Montano<br />
TIPO IV – Filicudi F TIPO IV – Gela-Manfria TIPO V o V/VI – Tour Fondue<br />
Tav. 20: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
180 c a p i to l o v<br />
Tav. 21<br />
TR.LOISIO A con anforina Pentagramma<br />
TIPO VI – Ischia - scarico Gosetti TIPO IV – Gela-Manfria TIPO IV/V – Ischia - scarico Gosetti<br />
Tav. 21: Associazione tra bolli e tipi di anfore greco italiche di Ischia e di altri siti.<br />
<strong>estratto</strong>
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 181<br />
Tabella V.1. I bolli di Ischia: tipologia delle anfore e siti/relitti di attestazione<br />
Legenda: ISC S. R.: Ischia, Santa Restituta; ISC S. G.: Ischia, scarico Gosetti; ISC N.: Ischia, necropoli e altri siti; FF: relitto Filicudi<br />
F; SC: relitto della Secca di Capistello.<br />
ELENCO BOLLI<br />
(l’asterisco indica<br />
bolli su laterizi)<br />
TIPOLOGIA SITI/RELITTI DI ATTESTAZIONE<br />
Tipo III Tipo IV Tipo V Tipo VI ISC ISC ISC Napoli FF SC Gela Altro<br />
S. R. S. G. N<br />
A 2 1<br />
ANΔPΩ X<br />
(ANΔP)<br />
X<br />
(V o V/VI)<br />
1 X<br />
(tipo IV ?)<br />
Taranto; Solunto: ANΔP; Erice<br />
(?); Selinunte; Camarina;<br />
Aleria: ANΔP (tipo IV); Pech<br />
Maho; Cartagine: ANΔP;<br />
Mellita<br />
<strong>estratto</strong><br />
ANT 2<br />
ANTAΛΛ X<br />
X<br />
1 2 Lipari-Portinenti (tipo IV o V);<br />
(IV o V) (IV o V)<br />
Erice; Lilibeo; Ensérune<br />
ANTA 1 Monte Iato; Lilibeo; Eraclea<br />
Minoa; Lattes; Ensérune; Ampurias;<br />
Ullastret; Cartagine<br />
AΠΟΛ 2 X<br />
AP 4 2<br />
AP * 1<br />
APIC 1 Erice<br />
ΑΡIΣ X 5 (3+2 1 Velia: API*; Taranto: API;<br />
mutili)<br />
Licata-Monte S. Angelo<br />
APICT X X 1 1<br />
ΑΡΣT o ΑΡIΣT 5 1 X<br />
(ARIST*)<br />
ΑΡIΣTO X X<br />
3 1 Puteoli (ARISTO); Selinunte<br />
(III o IV) (III o IV)<br />
(?): APIΣTO / APIΣTOI /<br />
APIΣTOK (?)<br />
[A]PICTO 1<br />
APIΣTOK X X (?) 18 Selinunte (?); Eraclea Minoa<br />
ΑΡ[I]ΣΤOΚΡΑΤΕOΣ 1<br />
ΑΡΙΣΤOKP[ ] 1<br />
APIΣΤ●ΚΙΡ X 3<br />
APIΣΤ ● XAP 4<br />
APIΣΤ ● X [ ] 1<br />
APIΣΤ ● [ ] X (III o<br />
III/IV)<br />
2<br />
ACKΛΗ X 1 1 X<br />
Tarquinia; Monte Iato; Erice;<br />
(ACKΛΗΠI -<br />
Lilibeo; Ensérune(?); Ampu-<br />
tipo VI)<br />
rias; Sagunto<br />
ΒΑΡ[Ι] X 2 1 Monte Iato; Erice; Segesta;<br />
Lilibeo; Siracusa; relitto Sanguinaires<br />
A (tipo VI)<br />
BI X<br />
1 X<br />
X (BIΩ-<br />
BIΩ: Taranto; Monte Iato;<br />
(BIΩ)<br />
(BIΩ?)<br />
tipo V)<br />
Erice; Camarina; Palazzolo<br />
Acreide; Cartagena; Cartagine<br />
BPEMONO[Σ] 1 Eraclea Minoa: BPEM (?)[ ]<br />
BPI 2<br />
ΒΡΙCΩΝ 1<br />
BPYTA[ ] (?) 1<br />
[Γ/Π]AP corona M X 1 2 X X<br />
Monte Iato; Selinunte (?);<br />
(tipo IV) (tipo IV)<br />
Licata-Monte S. Angelo<br />
ΓΛΑΥ 1<br />
ΓΛΑΥ * 1<br />
ΓΛΑΥΚ 3<br />
[ ]AYK X 1<br />
ΓΛΑΥΚOΣ 1<br />
ΓΛΑ[ ] 2<br />
ΓΝΑΙ[ ]Y 1<br />
ΓN[ ] (?) 1<br />
ΔΑΜΑ 6<br />
ΔH * 3<br />
ΔΙ X (V e IV/V-<br />
1 2 X (graffito) X (ΔIΩ- X (ΔIΩN- Reggio Calabria; Lipari-Por-<br />
V ?)<br />
tipo V) tipo V) tinenti: titulus pictus; Erice:<br />
ΔIΩN; Selinunte; Eraclea Minoa:<br />
ΔIΩ[ ]; Agrigento: ΔIΩN;<br />
relitto Torre della Meloria:<br />
titulus pictus; Cartagena:<br />
ΔIΩ; Cartagine: ΔIΩ<br />
ΔΙ * 3 Licata*<br />
ΔΙ[ ] 1<br />
Δ[ΙΟΝΥ] o<br />
X<br />
X<br />
1 ΔιΟΝΥCO: Taranto; Monte S.<br />
Δ[ΙΟΝΥCO] (?)<br />
(IV o V: (IV o V:<br />
Giuliano; Erice; Licata-Monte<br />
ΔιΟΝΥCO) ΔιΟΝΥCO)<br />
S. Angelo; Camarina (tipo<br />
IV o V?)<br />
[Δ]ΙΟΝΥ X<br />
X<br />
2 ΔιΟΝΥCO: Taranto; Monte S.<br />
(IV o V: (IV/V-V?)<br />
Giuliano; Erice; Licata-Monte<br />
ΔιΟΝΥCO)<br />
S. Angelo; Camarina (tipo<br />
IV o V?)<br />
[Δ]ΙΟΝΥCΟ[Δ?] X<br />
X<br />
1 ΔιΟΝΥCO: Taranto; Monte S.<br />
(IV o V: (IV o V:<br />
Giuliano; Erice; Licata-Monte<br />
ΔιΟΝΥCO) ΔιΟΝΥCO)<br />
S. Angelo; Camarina (tipo<br />
IV o V?)
182 c a p i to l o v<br />
ELENCO BOLLI<br />
(l’asterisco indica<br />
bolli su laterizi)<br />
TIPOLOGIA SITI/RELITTI DI ATTESTAZIONE<br />
Tipo III Tipo IV Tipo V Tipo VI ISC ISC ISC Napoli FF SC Gela Altro<br />
S. R. S. G. N<br />
EM[ ] * 1<br />
ΕΠΙΓΕ 2<br />
EP * 1<br />
ΕΥΞΕΝΟ[?] X<br />
(IV o IV/V:<br />
EΥΞεΝΩ)<br />
X<br />
(EΥΞεΝΩ)<br />
ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ X 1 X<br />
(tipo V)<br />
ΕΛ X X<br />
1<br />
14 1 X<br />
(tipo IV)<br />
1 X<br />
(EΥΞεΝΩ-<br />
tipo V)<br />
X Selinunte: EΥΞεΝΩ/<br />
(EΥΞεΝΩ?) EΥΞεΝOI; Eraclea Minoa:<br />
EΥΞεΝΩ (tipo IV o IV/V);<br />
Licata: EΥΞεΝY<br />
Selinunte (?) (tipo III?)<br />
<strong>estratto</strong><br />
IBI * 1 Eraclea Minoa, anfora:<br />
IBIΩ (?)<br />
ZOIΛ X (?) 11 X<br />
(tipo IV?)<br />
Eraclea Minoa; Siracusa<br />
ZΩ X 32 3 X<br />
X Velia*; Monte Iato: ZΩI; Cal-<br />
(tipo IV)<br />
tabellotta; Poggio Marcato<br />
di Agnone; Licata-Monte S.<br />
Angelo<br />
ZΩ * 1<br />
HPAKΛ 1<br />
ΘΕΩΝ 1<br />
ΙΕΡΩ X<br />
1 Lipari-Porinenti: IEPΩN*; Lili-<br />
(V-VI)<br />
beo; Cartagena (tipo V-VI)<br />
IΣ 1<br />
ΚΑΡΠΟΥ 1<br />
ΛOYΔH * 1<br />
ΛOYKIOY * 1<br />
MAIΩ 2<br />
MAK (?) 1<br />
ΔH MAK * 1<br />
MAKKOY X 1 X<br />
(MAKKOΣ o<br />
MAKKΩΣ -<br />
tipo VI)<br />
ΜΑΜΑΡΚΟΥ X 1 1 X (MAMAP) Monte Iato; Selinunte (?):<br />
[MA]MAPKΩ (?)<br />
ΔHMAMAP * 2 2<br />
ΔHMΠ (?) * 1<br />
MEA 1<br />
ΔHMO EΛ<br />
(o ΔHMO EA) *<br />
1<br />
ΝΥΜΦΟΔΑΙΟΥ 1<br />
ΝΥΜΦΩΝ 1<br />
ΝΥ [ ] * 1<br />
ΔHNYMΠO * 3<br />
ΔHNYΨI * 1 Ensérune, anfora: NYMΨIOC<br />
(tipo IV?)<br />
ΞΕΝ X 16 1 Selinunte (?)<br />
ΞEN TPE 8 Segesta: ΞENTII; Selinunte<br />
(?)<br />
ΞΕΝΩΝ 1<br />
OBI * 1 1<br />
ΔH OBI * 1<br />
ΠΑΡ X X 35 5 X<br />
Velia*; Lipari-Portinenti:ΠA[T]<br />
(tipo V)<br />
P o ΠA[Γ]P; Erice; Eraclea<br />
Minoa: ΠAPME<br />
ΠΑΡΗ X 1 X<br />
Roghi 1 (Panarea) (?) (tipo<br />
(tipo V)<br />
V)<br />
ΠΕΛ (o Δ) 1<br />
ΠI[-]IΠ (?) 1<br />
ΠOP o ΠOY (?) X 2 X (?)<br />
(tipo V)<br />
ΠOP * 1<br />
ΠΥΘΕ 2<br />
ΣΑΤΥΡOY<br />
(o ΣΑΤΥΡ●V ?)<br />
X 1<br />
CΤΑ[ ] 1<br />
ΣTA * 2<br />
CΤΑΤΙ 1<br />
TAXIO 1<br />
TINΘ X 15 1 Selinunte<br />
[TI]NΘΩ (?) 1<br />
ΤΡΕ X 1 2 X<br />
X Solunto; Segesta; Seli nunte;<br />
(tipo IV?)<br />
(tipo IV) Sciacca; Cal tabellotta; Eraclea<br />
Minoa; Poggio Marcato<br />
di Agnone; Licata-Monte S.<br />
Angelo; Cartagine; Euesperides<br />
TP * 1<br />
ΦΙ 1<br />
ΦΙΛΙΠΠΟΥ X 1 Erice; Segesta; Mas Castellar<br />
Pontós
ELENCO BOLLI<br />
(l’asterisco indica<br />
bolli su laterizi)<br />
i n o m i at t e s tat i s u i bolli delle a n f o r e g r e c o i ta l i c h e d i i s c h i a e d e l g o l f o 183<br />
TIPOLOGIA SITI/RELITTI DI ATTESTAZIONE<br />
Tipo III Tipo IV Tipo V Tipo VI ISC ISC ISC Napoli FF SC Gela Altro<br />
S. R. S. G. N<br />
<strong>estratto</strong><br />
ΧΑΙΡΙ 4 Eraclea Minoa; Licata-Monte<br />
S. Angelo<br />
XAP X 1 (?) 2 X<br />
Velia*; Segesta; Lilibeo;<br />
(tipo IV)<br />
Eraclea Minoa; golfo di Fos;<br />
Ensérune; Pech Maho; Mar<br />
Nero; Alessandria<br />
ΧΑΡΙΛΑ X 1 X<br />
Selinunte; Licata-Monte S.<br />
(V/VI -<br />
(tipo V/V-<br />
Angelo (?): XAPIΛ; Camari-<br />
VI?)<br />
VI?)<br />
na; Pech Maho<br />
ΧΑΡΙΛΕΩ 1<br />
ΧΑΡΜΕ [Ω +<br />
X<br />
X<br />
2 X<br />
X Selinunte (?): XAPM / XAPkantharos]<br />
(XAPMHΣ (V o V/VI:<br />
(XAPMEΩ-<br />
(XAPMHΣ) ME / XAPMHΣ; Eraclea<br />
e XAPM[--])<br />
tipo IV)<br />
Minoa: XAPME; Agrigento:<br />
XAPMEΩ)<br />
XAPMHΣ; Manfria (tipo IV):<br />
XAPMHΣ; relitto Tour Fondue:<br />
XAPM[--] (?) (tipo V o V/<br />
VI); Cartagine: XAPMEΩ<br />
ΔHXA[P] (?)* 1<br />
ΔHMXAP [ ] * 1<br />
XPH[ ] 1<br />
ΩΙΟΩ (?) 1<br />
[A]NT (?) 1<br />
[?TP]EBIΩ X 1 X<br />
(tipo IV)<br />
Erice (?); Eloro (?)<br />
N[ ] 1<br />
Σ[ ] o M[ ] 1<br />
[ ]EΔ 1<br />
[ ]IΣ (?) 1<br />
[?]NY 1<br />
[ ]Σ X 1<br />
[ ]ΥΤΩ / ΩΤΥ (?) X<br />
(III/IV)<br />
1<br />
(?) + A * 1<br />
ancora * 1<br />
A con anforina 3<br />
anfora (o cratere?) 1<br />
anforina 1<br />
2 anforine 1<br />
fiaccola 1<br />
pentagramma X<br />
(IV/V)<br />
1<br />
III o ΠTI (?) 1<br />
2 linee intersecate<br />
da una linea verticale<br />
1<br />
ANTIORO 1<br />
M. ANTERIO 1<br />
Q. ANTRO 1<br />
CAM 1<br />
TR. LOISIO X 3 X Pompei; Taranto; Hipponion;<br />
Kaulonia; Segesta; Erice;<br />
Trapani; Lilibeo; Entella; Eraclea<br />
Minoa; Licata; Siracusa;<br />
Marsiglia-La Cloche; relitto<br />
Port Vendres; relitto Mallorca;<br />
Sagunto; Cartagena; Cartagine;<br />
Alessandria; Elis (?); Rodi<br />
Tot. 258 91 12
Carta geologica dell’isola di Ischia.<br />
<strong>estratto</strong>
CAPITOLO VI<br />
I dati delle analisi di laboratorio<br />
VI.1. Materiali e metodi<br />
L’idea di indagare le ceramiche di Ischia con i metodi archeometrici è nata nel corso di interessanti discussioni con<br />
Maurice Picon, che si è occupato delle ceramiche a vernice nera di Napoli e del Golfo.<br />
Le analisi di laboratorio effettuate sulle anfore, oggetto di questo capitolo, fanno parte di un programma di analisi<br />
di laboratorio più ampio che ha coinvolto numerose classi ceramiche di epoche diverse rinvenute nell’area<br />
di Santa Restituta, per un totale di 118 analisi chimiche e 104 mineralogiche, i cui risultati complessivi verranno<br />
presentati nel volume in corso di preparazione.<br />
Lo studio archeometrico ha avuto due obiettivi principali che rientrano nel campo di studio delle “determinazioni di<br />
origine”:<br />
• la caratterizzazione delle ceramiche di produzione locale nel corso delle epoche,<br />
• l’individuazione di ceramiche di importazione.<br />
Per quanto riguarda le anfore greco italiche, l’indagine effettuata mirava a stabilire se i contenitori ritrovati a Lacco<br />
Ameno, nelle officine di Santa Restituta e nello scarico Gosetti, fossero stati prodotti localmente e a caratterizzarli.<br />
Le officine del Golfo di Napoli coinvolte nella produzione delle anfore greco italiche furono probabilmente diverse e<br />
la ricerca in corso è mirata a definirne l’articolazione e le modalità produttive nel corso del tempo. A questo proposito<br />
va ricordato che aree limitrofe possono aver condiviso il patrimonio artigianale/epigrafico e aver prodotto ceramiche<br />
dalle caratteristiche analoghe. In realtà, una prima tornata di analisi effettuate in alcuni siti della Campania settentrionale<br />
interna e del Lazio meridionale sembra dimostrare che le produzioni ceramiche di quelle zone sono distinguibili<br />
da quelle di Ischia con i metodi mineralogici 1 e, in qualche caso, anche con quelli chimici.<br />
Il lavoro avviato a Ischia è stato la base di un progetto più ampio, finanziato dal Ministero della Ricerca, cioè la<br />
creazione di un database dei dati archeologici e archeometrici delle ceramiche prodotte in Italia centro-meridionale 2;<br />
inoltre ha dato luogo a una serie di approfondimenti nelle aree di produzione di anfore e ceramica (in Lazio e Campania)<br />
e alla revisione dei carichi di quei relitti che si ipotizzano provenire dalla Campania e, più in generale, dall’area<br />
tirrenica centrale.<br />
VI.1.1. Analisi di laboratorio su ceramiche a Ischia prima di questo lavoro<br />
<strong>estratto</strong><br />
L’archeometria può dare un apporto determinante alla individuazione e alla caratterizzazione delle ceramiche locali;<br />
consente inoltre il collegamento di reperti ceramici a possibili aree di origine, soprattutto se si hanno a disposizione<br />
gruppi di riferimento (= ceramiche prodotte con certezza in un luogo e che sono state analizzate). I gruppi di<br />
riferimento infatti facilitano il confronto delle composizioni tra reperti di origine incerta e i materiali ceramici di cui si<br />
conosce l’origine.<br />
Il tentativo di determinazione di origine in laboratorio delle anfore trovate nei siti di consumo e sui relitti, in passato,<br />
non sempre ha dato risultati soddisfacenti: le caratteristiche di composizione delle argille dell’area compresa tra<br />
l’Etruria meridionale e la Campania sono spesso simili 3 e non sempre si dispone di gruppi di riferimento relativi ai<br />
centri di produzione 4.<br />
Ischia è stata oggetto già in passato di alcune indagini archeometriche sulle ceramiche. Un primo tentativo è stato<br />
condotto nel 1986 da Deriu, Buchner e Ridgway. Il metodo utilizzato è la spettroscopia di Mössbauer e lo scopo è<br />
quello di differenziare le ceramiche di epoca geometrica prodotte localmente da quelle importate 5.<br />
Più o meno nello stesso periodo sono state effettuate le prime verifiche con i metodi chimici (XRF) da parte di<br />
M. Picon che, grazie alla collaborazione di J.-P. Morel, ha affrontato in laboratorio il problema della produzione di<br />
ceramica a vernice nera a Ischia e a Napoli, procedendo ad una prima serie di analisi chimiche sulle ceramiche<br />
fini dei due centri 6.<br />
Poche analisi mineralogiche effettuate da G. Abbas su frammenti di anfore e laterizi da Ischia hanno permesso di<br />
individuare in alcune anfore recuperate dellisola foraminiferi (del tipo delle bolivine) e spicules di echinodermi 7. Da
186 c a p i to l o v i<br />
ulteriori analisi effettuate sempre dallo stesso autore su alcune ceramiche da Cuma è emerso che i due siti (Pithecusa<br />
e Cuma) presentano facies ceramiche differenti, perché il degrassante più grossolano è diverso 8. Lo studio<br />
di Abbas ha mostrato buone prospettive di avanzamento per l’utilizzo dei clinopirosseni della provincia magmatica<br />
campana quali marcatori di provenienza delle anfore.<br />
Metodi di laboratorio sono stati utilizzati per cercare di distinguere le anfore fenicie da quelle locali 9 di tipo B (tomba<br />
281 e 287): “the provenance from ancient Pithekoussai is confirmed by many fragments of lava with feldspathic crystals<br />
and biotite on a glassy round mass. The microscope test recorded presence of original clay, surely illite, well<br />
known at Ischia”.<br />
VI.1.2. Le indagini effettuate nel corso del progetto<br />
<strong>estratto</strong><br />
Considerata l’importanza di Ischia quale centro di produzione di ceramica nel corso del tempo, è stato effettuato<br />
un ampio screening analitico sulle ceramiche di diverse fasi cronologiche, partendo dagli scarti di fornace e dalla<br />
materia prima, come l’argilla ritrovata nei pressi della fornace n. 1, quella proveniente dalle alture poste sopra Casamicciola<br />
10.<br />
I metodi di laboratorio utilizzati sono le analisi chimiche (XRF) e le analisi mineralogiche (microscopio a luce polarizzata<br />
su sezione sottile), metodi entrambi già impiegati con successo per numerosi studi di caratterizzazione e<br />
determinazione di origine 11.<br />
Le indagini di laboratorio utilizzate, incrociate tra loro, consentono:<br />
1) la caratterizzazione delle materie prime,<br />
2) il confronto tra materia prima e reperti,<br />
3) la creazione di eventuali gruppi di reperti dalle composizioni simili,<br />
4) il legame tra composizioni delle ceramiche e una possibile area geologica di produzione.<br />
Le analisi chimiche sono mirate a conoscere la composizione chimica delle argille con cui è stata fabbricata la ceramica,<br />
a stabilire gruppi di materiali con la stessa composizione e a individuarne l’origine 12. Il metodo utilizzato, la<br />
fluorescenza a raggi X (XRF), è da tempo impiegato per lo studio in laboratorio della ceramica romana ed esistono<br />
già numerosi dati di riferimento 13, indispensabili per poter fare delle attribuzioni.<br />
Nel caso del Golfo di Napoli, dati di confronto vengono da indagini effettuate da M. Picon nel laboratorio di Lyon e<br />
da precedenti ricerche. Una prima parte di analisi chimiche sulle ceramiche di Ischia è stata effettuata da chi scrive<br />
a Berlino, presso l’Arbeitsgruppe Archäometrie della Freie Universität Berlin, una seconda e più cospicua serie<br />
presso il Laboratorio CNRS di Lione, con la collaborazione di M. Picon e V. Thirion Merle 14, grazie al finanziamento<br />
della Thyssen Stiftung di Bonn. Un’ultima tranche di analisi è stata realizzata recentemente a Roma nell’ambito del<br />
progetto Firb “<strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>” 15.<br />
Gli scarti di fornace, in verità non molto abbondanti nell'area di Santa Restituta, e i campioni di argilla, ammassata<br />
nei pressi della fornace 1, hanno fatto da guida nel tentativo di caratterizzare in laboratorio la ceramica di produzione<br />
locale.<br />
I dati ottenuti dall’effettuazione delle analisi chimiche sono stati rielaborati con metodi di statistica semplice e multivariata<br />
e i risultati sono rappresentati sotto forma di cluster o diagramma ad albero. Sono stati individuati più gruppi<br />
tra il materiale di Santa Restituta (ad esempio quelli della ceramica a vernice nera, uno dei quali probabilmente napoletano)<br />
e, all’interno delle anfore greco italiche, si sono isolati gruppi, sottogruppi e insiemi 16.<br />
In un secondo momento, per confronto, le indagini di laboratorio sono state estese a ceramiche e anfore (soprattutto<br />
greco italiche) rinvenute in diversi centri del Mediterraneo.<br />
Le analisi mineralogiche, più indicate per lo studio delle ceramiche a impasto grossolano (come le anfore, i laterizi o<br />
le ceramiche da cucina), sono state impiegate per caratterizzare le ceramiche dal punto di vista mineralogico.<br />
L’apporto principale delle analisi mineralogiche è stato quello di favorire il collegamento dei gruppi creati con l’analisi<br />
chimica ad aree di origine circoscritta; in modo particolare è stato possibile attribuire alla produzione Ischia/Golfo di<br />
Napoli la gran parte delle anfore greco italiche rinvenute a Ischia e a Napoli e, di conseguenza, collegare a questa<br />
zona i bolli impressi sulle loro anse, spesso frammentarie, rinvenuti anche in altri siti dell’area tirrenica.<br />
Il risultato intermedio delle analisi è quello di avere ottenuto la caratterizzazione della maggior parte delle ceramiche<br />
rinvenute a Ischia e la costituzione di alcuni gruppi di riferimento, pertinenti a ceramiche dell’epoca della colonizzazione<br />
e al periodo compreso tra il IV e il II secolo a.C.<br />
Come spesso succede, l’effettuazione di un progetto analitico così ampio, oltre a produrre risultati importanti, ha<br />
anche generato una serie di quesiti nuovi che sono stati affrontati solo marginalmente: il rapporto tra le ceramiche<br />
di Ischia e quelle di Napoli e di altri centri del Golfo è certamente uno dei più importanti, che merita approfondimenti<br />
futuri.
VI.1.3. Le argille di Ischia e il vulcanismo campano 17<br />
Dal punto di vista del vulcanismo, la Campania è divisa in tre parti 18:<br />
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 187<br />
1) Campi Flegrei, caratterizzati da accumuli di tufi piroclastici gialli.<br />
2) Ischia, dove affiorano le trachiti alcaline e i trachifonoliti. In genere questo vulcanismo è più alcalino di quello<br />
dei Campi Flegrei e produce rocce effusive con minerali sodici (sodalite, egirina, augite egirinica).<br />
3) Somma/Vesuvio che, confrontata con i precedenti, è caratterizzato attualmente da magma potassici con leucite.<br />
Gli studi di A. Rittmann negli anni ’30 e le osservazioni di G. Buchner danno informazioni imprescindibili sulla situazione<br />
delle argille di Ischia (fig. a p. 184).<br />
I giacimenti argillosi utilizzati in epoca antica si trovano soprattutto sulle pendici settentrionali dell’Epomeo, sopra<br />
Casamicciola. L’argilla non si trova in superficie ma è coperta da depositi sabbiosi e da frane, per cui per poterla recuperare<br />
è necessario scavare delle gallerie. Così Buchner descrive le argille di Ischia: “Le argille sono sovrapposte<br />
al tufo verde dell’Epomeo e contengono avanzi di fauna marina, specie di gusci di molluschi e foraminiferi, appartenenti<br />
senza esclusione a specie tuttora viventi nel Mediterraneo. Si tratta cioè di depositi di fango marino, formatisi<br />
quando il tufo dell’Epomeo era sommerso per una profondità calcolabile all’incirca intorno a un centinaio di metri, e<br />
costituiti principalmente da cenere vulcanica dilavata dallo stesso tufo” 19.<br />
E in un altro testo 20 le notizie sono ancora più specifiche: “Alfred Rittmann (1930) ha dimostrato che l’Epomeo non è<br />
il rudere di un vulcano centrale, come finora si è ritenuto, ma un horst vulcano-tettonico sollevato. Il tufo dell’Epomeo,<br />
tuttavia, non è di formazione sottomarina, ma rappresenta una ignimbrite, vale a dire un deposito di nubi ardenti di<br />
formazione subaerea, successivamente sprofondato e in seguito nuovamente sollevato.<br />
La giacitura degli strati di argilla - che qui ci interessa per le implicazioni che ne derivano per il loro sfruttamento<br />
industriale - si presenta in modo piuttosto complesso. Il horst del Monte Epomeo è colpito da un sistema di faglie<br />
a gradini variamente inclinate, in modo che gli strati di argilla plastica si trovano oggi a altezze che vanno da una<br />
cinquantina di metri (alla base orientale del Monte Tabor) fino a circa 700 metri sulla cresta dell’Epomeo tra Pietra<br />
del Cantariello e Pietra d’Acqua, senza relazione tra l’altezza attuale dei depositi e la profondità marina in cui si sono<br />
formati. La situazione è ulteriormente complicata per il fatto che il sollevamento dell’horst è stato interrotto da periodi<br />
di stasi prolungata, durante i quali si formarono spiagge con ciottoli arrotondati di trachite e, in corrispondenza con<br />
queste, depositi di sabbie fini di tufiti non plastiche con fauna di basso fondo litorale, molto diversa da quella che si<br />
trova nelle argille plastiche formatesi in acque più profonde. Le differenti proprietà delle argille ischitane per quanto<br />
riguarda il loro impiego industriale (di cui si dirà più sotto) possono essere dovute quindi alla circostanza che le stesse<br />
si sono formate a profondità e in condizioni diverse. Per giunta, i giacimenti di argilla non sono quasi mai esposti<br />
in superficie, ma sono generalmente coperti da una spessa coltre costituita da depositi sabbiosi di slittamenti marini<br />
(“correnti di torbida”) formatesi durante il sollevamento, cui si aggiungono frane di crollo di origine subaerea composte<br />
da frammenti del tufo verde dell’Epomeo. Un’idea della complicata giacitura dei depositi di argilla possono dare<br />
le sezioni schematiche della stratigrafia del versante settentrionale dell’Epomeo, pubblicate da Rittmann. I giacimenti<br />
più consistenti e in passato sfruttati per l’industria figulina si trovano nella parte orientale delle pendici settentrionali<br />
dell’Epomeo, sulle colline sopra Casamicciola (regione Carusiello, Buceto, Ervaniello, Fasaniello, Campomanno,<br />
ecc.) tra ca. 100 e 500 m. s.l.d.m.<br />
In età recente le fornaci si trovarono lungo la costa in località Perrone, nel territorio di Casamicciola, che si prestava<br />
particolarmente allo scopo, allora fuori dal paese, ma vicino al suo margine orientale. Una falda freatica di<br />
acqua dolce, raggiungibile con pozzi, forniva l’acqua indispensabile per la preparazione e lavorazione dell’argilla,<br />
la costa a bassa falesia permetteva di ancorare le barche direttamente sotto le officine per il carico dei prodotti<br />
da spedire in terraferma (come ho potuto osservare ancora personalmente negli anni 1930), mentre la zona era<br />
anche il più possibile vicina ai giacimenti sulle colline sopra Casamicciola. La difficoltà maggiore era rappresentata<br />
proprio dal rifornimento della materia prima locale che, per le condizioni appena descritte, doveva essere scavata<br />
faticosamente in cunicoli sotterranei e trasportata poi a dorso di mulo per poco agevoli sentieri fino al luogo di<br />
lavorazione”.<br />
C. Haller descrive come si procedeva all’estrazione dell’argilla: “… le territoire de Casamice est miné, dans toutes<br />
les directions, de glaisières abandonnées ou nouvellement exploitées. On y procède de la manière suivante. Le<br />
mineur commence par se mettre d’accord avec le propriétaire du terrain pour le prix que doit valoir chaque charge<br />
de glaise. Ensuite le premier se met à essaver le terrain, creusant des puits, jusqu’à ce qu’il rencontre la glaise, qui<br />
ordinairement, à douce ou quince pieds de profondeur [ca. 3-5 m.], forme des filons à-peu-près horizontaux. Le<br />
mineur le suit, en pratiquant des galéries, qui vont au zigzac, à demi-hauter d’homme, quelque fois à une distance<br />
asséz considerable” 21.
188 c a p i to l o v i<br />
Poiché ormai da molti decenni l’escavazione dell’argilla non viene più praticata procurarsi campioni freschi della<br />
stessa è diventata un’impresa oltremodo difficile. Preziose sono perciò le notizie che il dotto locale Francesco De<br />
Siano riferisce circa i diversi tipi di argilla ischitana e le loro differenti qualità tecniche 22. Conviene riportare per intero<br />
le sue parole: “Della medesima se ne distinguono varie specie secondo il colore e consistenza, cioè bianchiccio,<br />
citrina e lutea. Le due prime sono meno correnti; la terza è molto tenace e glutinosa; questa e la seconda specie<br />
sono marziali, ma molto più la lutea, la quale si osserva carica di piccolissime particelle di ferro risplendenti a guisa<br />
del letten, o sia argilla vitrescens metallicis particulis mixta del Wallerio.... Questa terza specie è la più stimata da’<br />
lavoranti; ma non si può assolutamente mettere in opera senza mischiarla con la più dolce della sabbia, altrimenti si<br />
fende al fuoco. Di questa che chiamiamo creta forte e della seconda specie, si servono per la fabbrica di vasi; della<br />
prima meno corrente si servono per fare i mattoni; …”.<br />
Già prima, però, alcuni autori si erano occupati di questo argomento.<br />
“Creta locus abundat, doliaque ex ea conficiebant, quemadmodum hoc tempore creta non ad vasa, sed ad lateres,<br />
quibus Neapolitanae Urbis plateae sternuntur, conficiendos utimur, atque in scopulo, qui Gigantis dicitur, ardentes<br />
fornaces figolorum usui extant” scrive Giulio Cesare Capaccio, nelle Historiae Neapolitanae del 1771 23.<br />
Un testo del 1783 ricorda che l’argilla da Ischia veniva trasportata a Napoli: “Oggidì non solamente una tal fabbrica<br />
è in vigore nella marina di Casamicciola, ma dalla creta non lavorata se ne trasporta una grande quantità in Napoli<br />
dove viene destinata allo stesso fine” 24.<br />
Altre informazioni si ricavano dal testo dell’Ultramontano 25: “… l’argilla predomina nella maggior parte delle terre<br />
miste di Ischia, ed anche la creta, la vera terra da vasaio, vi si trova in abbondanza. Da tempo immemorabile, si è<br />
fabbricata un’immensa quantità di vasellame nell’isola, che deve appunto il nome Pithaecusae ai grandi vasi chiamati<br />
Pithos dai Greci che avevano colonizzato l’isola. Questa specie di industria è presentemente concentrata nel territorio<br />
di Casamiccia, in cui vi è maggior abbondanza di creta, che viene estratta da tanti secoli che il suolo vi è forato<br />
dappertutto come una spugna. È opportuno fare qui osservare che la creta di Casamiccia contiene spesso piccoli<br />
frammenti di pietra pomice e di altri corpi ugualmente vulcanici, ma nessun pezzo di lava compatta, il che sembra<br />
indicare che questa creta provenga da una specie di tufo vulcanico. Inoltre, i letti di questa terra da vasaio sono<br />
sempre nel mezzo di masse di ceneri solidificate… e mai fra strati di lava. È da notarsi, che le lave di Ischia, anche<br />
quelle dell’Arso, contengono spesso frammenti di feldspato del tutto conservati: sembra che questi, come anche il<br />
quarzo, la mica e lo schoerl, eruttati durante le esplosioni vulcaniche, restino del tutto insensibili all’azione del fuoco<br />
e non subiscano alcun deterioramento.” 26<br />
Si è già detto di come il Capaccio nelle Historiae Neapolitanae del 1771 ricordi, a proposito di Pithecusa, la presenza<br />
di “ardentes fornaces figulorum”.Tutta la zona da Casamicciola a Lacco Ameno, in particolare quella costiera, era<br />
destinata alla produzione della ceramica; le ultime fornaci, ancora visibili negli anni trenta a Perrone, scomparvero<br />
durante la costruzione della strada litoranea (anno 1933-34) (fig. III.2, capitolo III). Fornaci erano attive nella zona<br />
prospiciente il mare e a ogni fornace corrispondeva, sulla costa rocciosa, una scala intagliata nella pietra che agevolava<br />
l’imbarco delle ceramiche 27.<br />
Casamicciola, grazie alla presenza di giacimenti di argilla nel suo territorio, ha una tradizione importante nella fabbricazione<br />
della ceramica; il D’Aloysio, nel 1757, ricorda, parlando di Casamicciola, “quel sito, in cui gli Artefici de’ vasi<br />
di creta dimorano colle loro officine e che da essi vien detto: le Piazze” 28.<br />
L’Ultramontano delinea, nel 1822, la situazione della attività artigianale ceramica a Casamicciola: “ Le barche di Casamiccia<br />
esportano inoltre tutto il vasellame, le tegole e i mattoni che vi producono, ed anche una grande quantità<br />
di terra ad uso delle fabbriche di maiolica della Capitale. L’argilla e la ceramica di Casamiccia, formano insieme un<br />
ramo d’industria che apporta non meno di trentamila ducati all’anno a questo Comune…il territorio di Casamiccia è<br />
scavato, in tutte le direzioni, da cave di argilla abbandonate oppure utilizzate da poco tempo. Vi si procede nel seguente<br />
modo: il minatore comincia con il mettersi d’accordo con il proprietario del terreno sul prezzo da stabilire per<br />
ogni carico di argilla, e comincia poi a saggiare il terreno scavando alcuni pozzi, finchè non si incontra l’argilla che, di<br />
solito, ad una profondità di dodici o quindici piedi, forma filoni quasi orizzontali. Il minatore li segue praticando gallerie<br />
a zig zag, a mezza altezza d’uomo, talora anche per lunghi percorsi. Spesso abbiamo notato, nelle vigne, cedimenti<br />
di terreno causati da crolli di vecchie miniere esaurite… Le fornaci di Casamiccia sono situate in riva al mare, presso<br />
lo sbocco del ruscello che proviene dai Bagni” 29.<br />
VI.1.4. Le argille di Ischia utilizzate a Napoli ? Un tema ricorrente<br />
<strong>estratto</strong><br />
Per le analisi di laboratorio delle ceramiche di Ischia si rimanda ai testi di V.Thirion Merle, G. Montana e I.<br />
Iliopoulos.
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 189<br />
Grazie a tali analisi è stato possibile arrivare a una caratterizzazione delle ceramiche dell’isola 30; pare assodato che<br />
la produzione a Ischia sia stata ininterrotta nel corso del tempo. Più complessa è la situazione di Napoli. Gli archeologi<br />
vorrebbero poter separare le produzioni ceramiche di Ischia da quelle di Napoli.<br />
Dai dati della bibliografia specialistica si evince che, nella Baia di Pozzuoli e in quella prospiciente la città di Napoli,<br />
non ci sono argille marine fossilifere di età quaternaria, adatte per la realizzazione di ceramiche, mentre queste argille<br />
sono abbondanti a Ischia, la cui fama nella produzione di vasellame ceramico è nota.<br />
A Napoli, però, sono venuti alla luce scarichi di ceramica a vernice nera che in parte è già stata pubblicata e sottoposta<br />
ad analisi 31; inoltre, nei recenti scavi della Metropolitana sono stati trovati scarti di ceramica comune e di anfore,<br />
che attestano la lavorazione della ceramica in periodi diversi 32. L’ipotesi della presenza a Napoli di officine ceramiche<br />
era stata già considerata da tempo, anche se si pensava piuttosto ad una lavorazione locale di argille provenienti<br />
da Ischia. Va precisato che l’utilizzo di metodi di laboratorio, di per sé, non può confermare o smentire l’idea che, in<br />
antico, l’argilla di Ischia venisse trasportata a Napoli e lì lavorata.<br />
In questa ricerca si è cercato di rispondere alla domanda se a Napoli siano state prodotte anfore greco italiche (e<br />
quale fosse il rapporto tra queste anfore e quelle di Ischia), quesito che ha impiegato molto del nostro tempo e che<br />
è stato risolto solo in parte. Per studi archeometrici risolutivi è necessario poter contare su dati geologici relativi alle<br />
argille delle diverse aree, dati di cui disponiamo attualmente solo in minima parte per il Golfo di Napoli 33.<br />
VI.1.5. I risultati delle analisi di laboratorio effettuate<br />
<strong>estratto</strong><br />
Le analisi mineralogiche<br />
Sono state effettuate 62 analisi mineralogiche sulle anfore greco italiche di Ischia, studiate al microscopio polarizzatore<br />
in fasi diverse e da più studiosi 34, nell’ambito di un progetto che ha preso in considerazione diverse classi<br />
ceramiche dall’epoca della colonizzazione fino al tardo antico.<br />
In un primo tempo, un numero ridotto di sezioni sottili è stato esaminato da G. Thierrin Michael 35. Successivamente<br />
una consistente serie di sezioni sottili di Ischia è stata letta da G. Montana, a cui si devono le considerazioni<br />
del paragrafo VI.3 e alcune schede di dettaglio o raggruppate per “famiglie” di bolli (catalogo IVA e IVB alla fine<br />
del volume).<br />
Nell’ultima parte della ricerca tutte le sezioni di Ischia (della vecchia e della nuova serie) sono state riconsiderate<br />
e interpretate da I. Iliopoulos 36 (paragrafo VI.4) che ha messo in connessione i dati di Ischia con quelli raccolti nel<br />
frattempo in altri centri della Campania, del Lazio e della Sicilia, nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>. Sempre<br />
a I. Iliopoulos si deve un primo tentativo di lettura di dati mineralogici in relazione a quelli chimici. Quest’ultima fase<br />
del lavoro è la più completa (i risultati sono riassunti nelle tabella VI.3 e VI.4).<br />
È emerso che le anfore di Ischia contengono quasi esclusivamente inclusioni vulcaniche (la cui grandezza è compresa<br />
tra mm 0,1 e mm 0,8, mediamente tra mm 0,3 e mm 0,4) e hanno una matrice carbonatica con microfossili. La<br />
percentuale di rocce corrisponde più o meno alla percentuale dei minerali vulcanici isolati, tra cui prevale nettamente<br />
il sanidino rispetto ai clinopirosseni 37. Tra i frammenti di roccia vulcanica prevale la pomice e la massa di fondo è<br />
vetrosa, con fenocristalli di clinopirosseno o plagioclasi, talora con microliti di plagioclasi. I campioni si distinguono<br />
tra loro per la frequenza delle inclusioni e per la distribuzione delle inclusioni di taglia differente.<br />
L’argilla dei mattoni analizzati è la stessa delle anfore ma con inclusioni più grandi e grossolane, con sabbia vulcanica<br />
probabilmente aggiunta.<br />
L’argilla prelevata dall’area dei forni presenta una matrix carbonatica e pochi microfossili, le inclusioni sono costituite<br />
da grossi grani vulcanici (roccia, sanidino, plagioclasi e clinopirosseni) 38.<br />
Le analisi chimiche<br />
Sono state effettuate 68 analisi chimiche sulle anfore di Ischia 39, interpretate in una prima fase da M. Picon e, successivamente,<br />
da V. Thirion Merle. I risultati dell’analisi chimica sono riuniti nella tabella VI.2 che contiene, nell’ordine<br />
del dendrogramma, i campioni di anfore greco italiche, suddivise nei gruppi/insiemi riconosciuti, mentre la tabella<br />
VI.1 contiene anche i dati epigrafici.<br />
Il gruppo D, molto probabilmente locale, è in realtà molto più grande e comprende anche ceramica geometrica e<br />
alcune ceramiche comuni prodotte a Ischia.<br />
L’insieme E, i cui contorni ancora sfuggono e la cui origine non è definita, potrebbe comprendere la produzione di<br />
Napoli e/o di più siti del Golfo; l’insieme F, per ora di incerta definizione ma vicino al precedente, è stato caratterizzato<br />
grazie alle analisi mineralogiche 40.<br />
Un gruppetto a parte, infine, comprende tutti i campioni analizzati di anfore bollate con il bollo di Trebio Loisio,<br />
anche quelle rinvenute a Erice e a Marsala 41. Sono necessarie ulteriori verifiche ma, attualmente, le analogie più<br />
stringenti dal punto di vista mineralogico sono possibili con i dati archeometrici editi della ceramica da cucina di<br />
Cuma 42.
190 c a p i to l o v i<br />
Tabella VI.1: Elenco dei campioni ordinati secondo i risultati dellanalisi chimica (cluster delle fig. VI.2).<br />
Nr. Analisi chimica Bollo Analisi mineralogica Luogo di rinvenimento<br />
Gruppo D<br />
ISC 734 TINΘ X S. Restituta<br />
ISC 739 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 747 ΠAP X S. Restituta<br />
ISC 740 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 741 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 728 Puntale privo di bollo S. Restituta<br />
ISC 736 APIΣT● [ ] (?) X S. Restituta<br />
ISC 746 Puntale privo di bollo S. Restituta<br />
ISC 731 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 735 [ ] Σ X S. Restituta<br />
ISC 733 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 729 Puntale privo di bollo S. Restituta<br />
ISC 748 ΠAP S. Restituta<br />
ISC 773 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 651 ΓΛΑΥΚ S. Restituta<br />
ISC 653 ΔAMA S. Restituta<br />
ISC 650 ΞENTPE X S. Restituta<br />
ISC 652 [?ΤΡ]EBIΩ S. Restituta<br />
ISC 643 APIΣTOK S. Restituta<br />
ISC 654 ZOIΛ S. Restituta<br />
ISC 644 Doppio ΑΡΙΣΤO X S. Restituta<br />
ISC 646 TINΘ S. Restituta<br />
ISC 640 [ ]AΥΚ X S. Restituta<br />
ISC 648 EΛ X S. Restituta<br />
ISC 647 [ ]EΛ S. Restituta<br />
ISC 743 Puntale privo di bollo S. Restituta<br />
ISC 749 ΠAP X S. Restituta<br />
ISC 694 TPE X S. Restituta<br />
ISC 750 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 635 APICT X S. Restituta<br />
ISC 642 ΞΕΝ X S. Restituta<br />
ISC 730 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 737 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 732 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 696 XAPIΛΕΩ Scarico Gosetti<br />
ISC 744 Puntale privo di bollo S. Restituta<br />
ISC 745 Puntale privo di bollo S. Restituta<br />
ISC 637 TINΘ X S. Restituta<br />
ISC 639 AP X S. Restituta<br />
ISC 684 Q.ANTRO X S. Restituta<br />
ISC 619 ΑΡΣT o ΑΡIΣT X S. Restituta<br />
ISC 638 ZΩ X S. Restituta<br />
ISC 621 ΞEN TPE X S. Restituta<br />
ISC 611 Argilla X S. Restituta<br />
Insieme E<br />
ISC 710 [ ]YTΩ / ΩTY (?) X Scarico Gosetti<br />
ISC 708 ΔI X Scarico Gosetti<br />
ISC 738 Priva di bollo X S. Restituta<br />
ISC 692 ΞΕΝΩ[Ν] Scarico Gosetti<br />
ISC 709 ΣΑTYPOY o ΣΑTYP●V X Scarico Gosetti<br />
ISC 689 [AN]TAΛΛ Scarico Gosetti<br />
Insieme F<br />
ISC 687 [Γ/Π]ΑΡ corona M X Scarico Gosetti<br />
ISC 686 ΠAPH X Scarico Gosetti<br />
<strong>estratto</strong>
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 191<br />
Nr. Analisi chimica Bollo Analisi mineralogica Luogo di rinvenimento<br />
ISC 711 [Δ]IONY Scarico Gosetti<br />
ISC 697 XAPME [Ω + kantharos] Scarico Gosetti<br />
ISC 712 ΓΝΑΙ[ ]Υ X Scarico Gosetti<br />
ISC 690 ANT X Scarico Gosetti<br />
Sottogruppo insieme E (bolli Tr. LOISIO)<br />
ISC 695 [TR. LOI]SIO X Scarico Gosetti<br />
ISC 691 TPE X Scarico Gosetti<br />
ISC 693 TR. LOISIO X Scarico Gosetti<br />
Marginali<br />
ISC 685 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 742 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 645 TINΘ S. Restituta<br />
ISC 688 ΧΑΡ Scarico Gosetti<br />
ISC 634 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 636 Priva di bollo S. Restituta<br />
ISC 649 ΒΑ[ΡΙ] X S. Restituta<br />
L’impasto delle anfore del gruppo D, locale, è di colore beige rosato, più o meno intenso (esternamente Munsell 5YR<br />
8/3-8/4; in frattura marroncino tendente al rosato 7.5 YR 7/4-6/4 YR), con abbondanti inclusioni vulcaniche di colore<br />
nero lucido, visibili a occhio nudo.<br />
La tav. 10bis mette a confronto gli impasti di anfore greco italiche di siti diversi della Campania.<br />
In breve i risultati delle analisi sono così riassumibili:<br />
• Le ceramiche rinvenute a Lacco Ameno in diverse aree e pertinenti ad epoche differenti sono state caratterizzate<br />
chimicamente e mineralogicamente, partendo dal confronto con l’argilla rinvenuta nell’area dei forni e con<br />
gli scarti di fornace.<br />
Sull’isola abbondano le argille calcaree che hanno offerto la materia prima per la fabbricazione delle anfore<br />
greco italiche a cui è stato aggiunto del degrassante intenzionale (sabbia), ma esistono anche argille silicee,<br />
utilizzate per fabbricare alcune anfore (SR 1473/ISC 648 e ISC 749).<br />
• Chimicamente sono stati individuati gruppi (D) ed insiemi (E ed F). D è locale; il degrassante di questo gruppo<br />
è diverso da quello degli insiemi E/F (più fine e di altra dimensione) 43.<br />
Un gruppetto a parte, distinto sia con le analisi chimiche che con quelle mineralogiche (gruppo IV), comprende<br />
tutti i campioni di anfore provenienti da diversi siti del Mediterraneo bollate con lo stesso bollo in caratteri latini<br />
(TR. LOISIO).<br />
• Dal punto di vista mineralogico, le ceramiche di Ischia sottoposte ad analisi (gruppo chimico D) sono ben distinguibili<br />
da quelle dei siti analizzati per confronto nel corso del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong> e in altri studi; in<br />
particolare si differenziano dalle ceramiche prodotte a Minturno, Mondragone, Capua, Cales, Cuma, Sorrento,<br />
Paestum 44.<br />
• La distinzione in laboratorio tra le anfore rinvenute a Ischia e quelle recuperate a Napoli è attualmente possibile<br />
solo grazie all’incrocio di dati diversi.<br />
• Le anfore greco italiche di alcuni relitti datati tra la fine del IV e il III secolo a.C. (Filicudi F e Secca di Capistello)<br />
e altre rinvenute in alcuni siti di consumo della Sicilia sono state attribuite agli insiemi E/F (Golfo Napoli) e, in<br />
parte minore, al D (Ischia).<br />
VI.2. Les analyses chimiques: les resultats (V. Thirion Merle)<br />
<strong>estratto</strong><br />
Suite aux fouilles du quartier artisanal situé sous l’église Santa Restituta à Lacco Ameno d’Ischia et à la découverte<br />
de plusieurs fours et d’un grand nombre de céramiques de types très divers, les questions de détermination d’origine<br />
et de distinction entre productions locales et importations se sont évidemment posées. Pour tenter d’y répondre plusieurs<br />
séries d’analyses ont été entreprises.
192 c a p i to l o v i<br />
Dans un premier temps les analyses ont principalement concerné les céramiques à vernis noir, les amphores grécoitaliques,<br />
et les céramiques culinaires. Il s’agissait alors de vérifier pour ces différentes catégories de céramiques<br />
l’existence possible d’une production locale - et en ce qui concerne les céramiques à vernis noir de la comparer aux<br />
productions de Campanienne A des ateliers napolitains.<br />
Mais en raison des difficultés rencontrées lors de l’identification des productions locales 45, l’échantillonnage a dû être<br />
complété. On s’est alors intéressé aux céramiques à décor de vernis noir (également appelée céramique à décor<br />
géométrique), dans la mesure où ces céramiques semblaient bien être une production locale, probablement la plus<br />
ancienne d’Ischia. D’autres céramiques, très vraisemblablement locales, ont également été prises en considération:<br />
céramiques architecturales, bassins, poids et autres céramiques communes.<br />
Nous présentons ici la partie des résultats qui concernent uniquement les amphores puisqu’il s’agit du thème de cet<br />
ouvrage. Les autres catégories de céramiques seront abordées dans la publication qui leurs sera dédiée (à paraître).<br />
VI.2.1. Méthodes d’analyse chimique et de traitement statistique<br />
<strong>estratto</strong><br />
Les analyses chimiques ont été réalisées au laboratoire de Berlin (Arbeitsgruppe Archäometrie de la Freie Universität<br />
Berlin) et également au laboratoire d’Archéométrie et d’Archéologie de Lyon (UMR 5138, Université de Lyon -<br />
CNRS).<br />
La méthode d’analyse utilisée, que ce soit à Berlin ou à Lyon, est l’analyse par fluorescence X en dispersion de<br />
longueur d’onde, méthode d’analyse globale permettant de déterminer les constituants chimiques présents dans la<br />
pâte. Au laboratoire d’archéométrie de Lyon, vingt-quatre éléments chimiques sont ainsi déterminés et les résultats<br />
de cette analyse chimique sont exprimés en pourcentages d’oxyde pour les constituants majeurs et en partie par<br />
million de métal pour les éléments traces. Il s’agit pour les éléments majeurs du calcium (CaO), fer (Fe 2O 3), titane<br />
(TiO 2), potassium (K 2O), silicium (SiO 2), aluminium (Al 2O 3), magnésium (MgO), manganèse (MnO), sodium (Na 2O)<br />
et phosphore (P 2O 5) et pour les éléments traces du zirconium (Zr), strontium (Sr), rubidium (Rb), zinc (Zn),chrome<br />
(Cr), nickel (Ni), lanthane (La), baryum (Ba), vanadium (V), cérium (Ce), yttrium (Y), thorium (Th), plomb (Pb) et<br />
cuivre (Cu).<br />
La méthode de traitement statistique des données d’analyse qui a ensuite été utilisée est une méthode de classification<br />
qui a pour objectif la constitution de groupes de céramiques de composition similaire.<br />
Il s’agit d’une classification ascendante hiérarchique ou analyse de grappe utilisant le calcul de distances euclidiennes,<br />
les données chimiques centrées réduites et fusion en affinité moyenne non pondérée, (aussi appelée analyse<br />
de grappes en affinité moyenne non pondérée sur données centrées réduites). Elle consiste à mesurer la différence<br />
de composition de chaque exemplaire par rapport aux autres grâce à un calcul de distances euclidiennes. Les deux<br />
exemplaires les plus ressemblants sont alors regroupés pour former un «pseudo échantillon» de composition correspondant<br />
à la moyenne des 2 échantillons qui le forment, puis ce pseudo-échantillon de composition moyenne<br />
est comparé aux autres exemplaires, et ainsi de suite par itérations successives on regroupe les exemplaires les<br />
plus ressemblants. On utilise les données centrées réduites et non les données brutes de façon à donner un poids<br />
identique aux constituants majeurs et aux éléments en traces 46.<br />
Le résultat de la classification se schématise par un dendrogramme (fig. VI.1 47) où chaque échantillon céramique est<br />
représenté par un trait vertical à la base du graphique. Lorsque deux de ces traits sont réunis par une barre horizontale<br />
cela marque une ressemblance entre les compositions des deux échantillons correspondants. Cette barre sera<br />
positionnée d’autant plus bas par rapport à la base du graphique que la ressemblance entre les deux échantillons<br />
sera forte. Ces deux échantillons sont alors fusionnés en un «pseudo échantillon», représenté par une barre unique,<br />
de composition moyenne. On recalcule ensuite les ressemblances existant entre ce «pseudo échantillon» et les céramiques<br />
restantes. Ce sont alors les 2 échantillons ou «pseudo échantillons» les plus ressemblants qui fusionnent<br />
à leur tour et qui sont remplacés par un nouveau «pseudo échantillon». Ce processus se répète jusqu’à l’obtention<br />
d’un «pseudo échantillon» unique rassemblant tous les échantillon à classifier. Sur ce dendrogramme apparaissent<br />
alors des groupes d’échantillons de compositions d’autant plus similaires qu’ils seront reliés à bas niveau. Tout<br />
échantillon rattaché à une hauteur relativement élevée à l’un ou l’autre de ces groupes aura une faible probabilité<br />
d’en faire partie.<br />
Puis ce sont ces différents groupes que l’on doit confronter avec les données archéologiques et géochimiques.<br />
Cette méthode permet une représentation simple des relations de ressemblances entre individus, mais elle ne<br />
nous abstient pas de la compléter par un examen détaillé et approfondi des données individuelles de composition.
Fig. VI.1: Cluster di tutte le ceramiche di Ischia sottoposte ad analisi chimica (XRF).<br />
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 193
194 c a p i to l o v i<br />
VI.2.2. Les résultats des analyses chimiques des céramiques d’Ischia<br />
L’étude ayant porté sur l’ensemble des catégories céramiques retrouvées sur Ischia, une première classification<br />
ascendante hiérarchique réalisée sur 17 éléments chimiques (Ca, Fe, Ti, K, Si, Al, Mg, Mn, Zr, Sr, Rb, Zn, Cr, Ni,<br />
Ba, V et Ce) est représentée par la fig. VI.2. Elle rassemble des exemplaires analysés des différentes catégories<br />
de céramiques recueillies sous l’église Santa Restituta à Lacco Ameno d’Ischia dans la zone des fours et d’autres<br />
découverts sur le Monte Vico au Scarico Gosetti mais également pour comparaison des exemplaires représentant<br />
les productions napolitaines de campanienne A (au total 192 échantillons). Elle fait apparaître plusieurs groupes<br />
marqués de A à E. Les groupes A à C concernent les céramiques à vernis noir et les céramiques culinaires et<br />
seront donc traités dans un volume ultérieur puisque l’on va s’intéresser ici uniquement aux amphores, thème de<br />
cet travail.<br />
VI.2.3. Les productions locales<br />
<strong>estratto</strong><br />
Le groupe D, qui apparaît sur la seconde partie de la grappe, est un groupe relativement important auquel vient<br />
se rattacher l’ensemble E sur la droite. On trouve dans ce groupe une grande diversité de catégories de céramiques:<br />
céramiques communes (bassins, poids…), céramiques à décor géométrique de vernis noir datant de la fin du<br />
8 ème - 7 ème av. J.-C., amphores gréco-italiques portant des timbres ou non, terres cuites architecturales. Il comporte<br />
également une argile prélevée dans la zone des fours de Santa Restituta (ISC 611) ainsi qu’un certain nombre de<br />
céramiques surcuites (3 amphores gréco-italiques ISC 730, 737, 750, 3 céramiques à décor géométrique ISC 609,<br />
610 et 767 et 4 céramiques non définissables ISC 623 à 626).<br />
D’après la constitution de ce groupe, à savoir la diversité des céramiques rencontrées, la présence de l’argile et des<br />
déchets de cuisson, on est amené à penser que ce groupe représente les compositions des productions locales.<br />
D’autant plus que la quasi-totalité des céramiques à décor géométrique de vernis noir - catégorie de céramiques<br />
très fortement représentée sur le site de Santa Restituta et qui serait la production la plus ancienne d’Ischia - se<br />
retrouvent dans ce groupe.<br />
Néanmoins le groupe D n’est pas un groupe très homogène, certains éléments chimiques présentent une variabilité<br />
importante, tels le calcium, le potassium, le strontium, le zinc et le vanadium. On rappellera que ce groupe rassemble<br />
à la fois des céramiques fines 48 et des amphores et sur une période chronologique assez large - de la fin du 8 ème<br />
siècle avant notre ère jusqu’au 2 ème siècle avant notre ère.<br />
Cela peut aussi être le reflet de l’hétérogénéité des gisements d’argiles sur Ischia. Les argiles d’Ischia sont des<br />
argiles volcaniques probablement reprises dans des formations de plages et résultant d’altérations fumeroliennes<br />
qui peuvent avoir agi très différemment d’un point à un autre, pouvant permettre des séparations sur de très courtes<br />
distances. Or si les gisements d’argile sont de petite taille, on peut avoir formation de groupes ou sous-groupes<br />
liée à des conditions particulières telles que le lieu d’approvisionnement en argile, la période, le propriétaire de<br />
l’atelier…<br />
Il est certain que la validité de ce groupe nécessiterait d’être assurée par des analyses pétrographiques des exemplaires<br />
le constituant, surtout en ce qui concerne le matériel amphorique. Ce qui a en partie été fait, mais sur un trop<br />
petit nombre d’exemplaires.<br />
A ce groupe D vient se rattacher sur la droite un ensemble (appelé ensemble E) qui se scinde en deux. Une première<br />
partie comprend 3 céramiques communes (CAM 780 à 782) et 1 céramique à décor géométrique (ISC 618), la seconde<br />
comprend 14 amphores gréco-italiques toutes timbrées. On parlera plutôt d’ensemble pour E plutôt que de<br />
groupe dans la mesure où les échantillons qui le constituent présentent des variations de composition relativement<br />
importantes, qui pourraient être le reflet d’origines diverses.<br />
Même si la composition chimique des amphores de l’ensemble E est assez proche de celles du groupe D, elle s’en<br />
distingue notamment sur les teneurs en chaux - les amphores E sont en général plus calcaires que la majorité des<br />
amphores de D - mais également sur les teneurs en strontium (Sr), baryum (Ba), magnésium (Mg), et manganèse<br />
(Mn) (éléments souvent liés à la phase calcaire) beaucoup plus élevées par rapport au groupe D, mais aussi sur les<br />
teneurs en vanadium (V) plus élevées pour les amphores de E. On notera également que deux exemplaires de E<br />
(ISC 695 et ISC 693) ont aussi des teneurs plus élevées en alumine (tabella VI.2).<br />
On se pose alors la question de l’origine de ces amphores, représentent-elles une production locale ou s’agit-il d’amphores<br />
importées ?<br />
Il faut revenir un instant sur la constitution même de cet ensemble. En effet, les amphores de E présentent plusieurs<br />
particularités qui les distinguent des amphores du groupe D. Premièrement, elles n’ont pas été trouvées dans la zone<br />
des fours sous l’église Santa Restituta comme l’ensemble des céramiques du groupe D, mais dans un dépotoir, le<br />
Scarico Gosetti sur le Monte Vico situé à quelques centaines de mètres de Santa Restituta, à l’exception toutefois de<br />
l’exemplaire ISC 738, amphore trouvée dans la zone des fours. Deuxièmement, elles portent toutes des timbres qui<br />
sont plus rares sur l’île, différents également de ceux des amphores du groupe D. Et pour finir, elles ont la particu
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 195<br />
larité d’être parfois de forme plus récente par rapport aux autres amphores gréco-italiques retrouvées dans la zone<br />
des fours de Santa Restituta.<br />
Ces différences par rapport aux amphores du groupe D pourraient expliquer les variations de composition. On peut<br />
en effet se demander si il n’a pas pu y avoir un changement en approvisionnement en argile pour la fabrication des<br />
amphores de E dans la mesure où elles sont plus récentes. Comme on l’a déjà souligné les gisements d’argile sur<br />
Ischia sont assez hétérogènes et il se peut donc que les différences qui apparaissent soient liées aux gisements d’argile<br />
ce qui pourrait alors être en faveur d’une production locale de certaines des amphores gréco-italiques du Scarico<br />
Gosetti. Mais il ne faut pas oublier qu’Ischia est un site portuaire avec tous les risques d’importations de céramiques<br />
étrangères que cela suppose.<br />
Il faut souligner que trois amphores découvertes dans le scarico Gosetti s’insèrent dans le groupe D, il s’agit d’ISC<br />
694, ISC 696 et ISC 710 (ces 3 amphores portent 3 marques différentes). Pour ISC 696 et ISC 694, ne s’agissant que<br />
de fragments, il est difficile de dire si elles sont plus récentes ou non. Ce sont surtout leurs marques (TPE pour ISC<br />
694, XAPIΛEΩ pour ISC 696) qui font supposer qu’elles pourraient être plus récentes que les amphores de Santa<br />
Restituta.<br />
Les comparaisons effectuées avec les productions des différents ateliers d’amphores gréco-italiques et Dressel 1<br />
connus de la côte thyrénienne, qui constituent 11 groupes de référence (Rosignano, Albinia et Cosa en Etrurie septentrionale,<br />
Fondi, Minturnes et Garigliano dans le sud du Latium, Mondragone, Falerne intérieur, Cales et Dugenta<br />
dans le nord de la Campanie ainsi que les amphores estampillées Eumachi de production pompéienne) 49, n’ont pas<br />
été concluantes. Nous avons utilisé, pour ces comparaisons, la méthode des distances de Mahalanobis. Seule une<br />
amphore de l’ensemble E, l’exemplaire ISC 712, pourrait avoir des affinités avec le groupe de Mondragone. Mais<br />
on ne saurait attribuer cet échantillon à ce groupe sur la seule base des données chimiques, d’autant plus que les<br />
compositions de Mondragone sont très dispersées 50.<br />
La caractéristique majeure des amphores de l’ensemble E réside dans les timbres qu’elles portent. Or ces timbres,<br />
rares sur l’île d’Ischia, se retrouvent sur des amphores découvertes sur différents sites méditerranéens. Il semblait<br />
donc intéressant de comparer les amphores de ces sites avec celles mises au jour à Ischia, même si l’origine de ces<br />
amphores demeure encore incertaine. Des amphores gréco-italiques découvertes sur les sites d’Ensérune et Pech<br />
Maho en Gaule, à Lipari et en Sicile ont donc été intégrées à notre étude, ainsi que des exemplaires découverts à<br />
Naples lors de fouilles récentes.<br />
Nous avons alors fait une nouvelle classification ne prenant en compte que le matériel amphorique du groupe D,<br />
celui de l’ensemble E, le matériel amphorique issu des découvertes récentes de Naples, ainsi que les amphores des<br />
différents sites énumérés ci-dessus. Il s’agit de la classification de la fig. VI.2.<br />
Il ressort de cette grappe que les amphores du groupe D forment un groupe vraiment à part. Seule une amphore<br />
découverte à Lipari (ISC 774) se place dans ce groupe mais en position assez marginale, de plus l’examen de la<br />
composition chimique de cette amphore nous incite à être prudent quant à son attribution au groupe D et par conséquent<br />
à une production ischitaine.<br />
On observe également la formation d’un petit groupe en début de grappe (allant de ISC 695 à ENS 17) particulièrement<br />
intéressant car il est constitué de 8 amphores dont 4 portent la marque TR.LOISIO et une la marque<br />
TRE (pour les 3 autres, nous n’avons pas de traces de timbre sur le tesson analysé). Deux de ces amphores<br />
portant la marque TR. LOISIO ont été découvertes à Ischia dans le scarico Gosetti (il s’agit des exemplaires<br />
ISC 693 et ISC 695, exemplaires «marginaux» de l’ensemble E) et les deux autres en Sicile à Marsala et Erice.<br />
Les autres amphores proviennent des sites de Lipari et d’Ensérune. Ce petit groupe d’amphores se distingue<br />
principalement par des teneurs en alumine (Al 2O 3) et manganèse (MnO) nettement plus élevées. Souvent une<br />
origine campanienne ou sicilienne a été avancée pour ces amphores marquées TR.LOISIO sans arriver à une<br />
attribution précise. Les analyses dont nous disposons pour l’instant ne nous permettent pas d’attribuer ces<br />
échantillons aux productions d’Ischia dans la mesure où elles se distinguent des compositions que l’on peut,<br />
sans trop de risques, considérer comme locales (Groupe D). De plus, d’après les analyses pétrographiques<br />
réalisées sur les exemplaires ISC 693 et ISC 695, ces amphores probablement n’auraient pu être fabriquées<br />
avec une argile d’Ischia.<br />
Quant aux autres amphores découvertes sur les différents sites précités, elles sont très difficiles à attribuer. On peut<br />
tout de même signaler que les exemplaires AMN 2 AMN 4 et AMN 7 découverts à Naples et ENS 14 et 15 mis au<br />
jour à Ensérune ont des compositions similaires à certaines des amphores découvertes à Ischia qui font partie de<br />
l’ensemble E, d’où la formation de ce petit groupe, noté F sur la fig. VI.2. Ce qui signifie que ces amphores ont vraisemblablement<br />
une origine commune, que l’on ne peut préciser pour l’instant dans la mesure où il ne nous a pas été<br />
possible d’établir avec certitude une origine locale pour les amphores d’Ischia de l’ensemble E.
196 c a p i to l o v i<br />
Fig. VI.2: Cluster delle anfore greco italiche di Ischia e di altre località.<br />
<strong>estratto</strong>
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 197<br />
Tabella VI.2: Valori chimici (XRF) delle anfore di Ischia, Napoli e altri siti nell’ordine della cluster della fig. VI.2. Per lo scioglimento<br />
delle sigle si veda la cluster a fianco. Le analisi chimiche sono di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>.<br />
CaO Fe 2O 3 TiO 2 K 2O SiO 2 Al 2O 3 MgO MnO Na 2O P 2O 5 Zr Sr Rb Zn Cr Ni La Ba V Ce<br />
% ppm<br />
ANFOrE - grUPPO D<br />
ISC 734 5,88 6,14 0,731 3,76 61,68 17,87 1,97 0,1006 1,46 0,24 245 264 198 108 99 49 55 302 123 116<br />
ISC 739 5,49 6,19 0,741 3,74 61,66 18,18 2,05 0,1081 1,44 0,23 240 257 192 102 91 51 54 307 107 115<br />
ISC 747 5,92 5,85 0,711 3,92 61,70 17,62 2,08 0,0946 1,61 0,33 242 266 190 98 98 45 58 328 115 112<br />
ISC 740 5,17 6,34 0,758 3,67 61,41 18,66 2,06 0,1075 1,45 0,22 242 240 187 107 98 56 51 289 107 116<br />
ISC 741 5,51 6,29 0,747 3,83 61,09 18,18 2,11 0,0920 1,57 0,41 248 249 200 126 107 52 50 302 115 113<br />
ISC 728 6,35 5,99 0,724 3,57 62,08 17,37 2,15 0,0895 1,30 0,22 244 249 179 109 94 48 48 298 112 110<br />
ISC 736 7,26 6,03 0,720 3,58 60,79 17,45 2,17 0,0931 1,52 0,22 244 301 170 114 98 50 45 315 103 101<br />
ISC 746 6,79 5,99 0,716 3,67 60,95 17,57 2,15 0,0974 1,67 0,22 240 294 183 128 96 47 44 338 123 110<br />
ISC 731 6,28 6,09 0,730 3,69 61,35 17,79 2,00 0,0872 1,60 0,23 244 282 187 99 95 51 50 334 121 102<br />
ISC 735 6,87 5,78 0,695 3,77 61,49 17,23 2,04 0,0929 1,60 0,27 245 279 183 97 88 46 46 317 124 104<br />
ISC 733 7,81 6,12 0,727 3,64 59,67 17,81 2,09 0,1018 1,65 0,21 242 307 175 95 94 47 47 329 125 110<br />
ISC 729 8,36 5,79 0,684 3,92 59,98 17,07 2,09 0,0996 1,56 0,27 249 295 177 110 94 45 48 312 121 96<br />
ISC 748 6,82 5,55 0,672 3,91 61,58 16,65 2,60 0,1059 1,76 0,20 245 246 183 127 96 49 52 339 112 108<br />
ISC 773 5,13 5,58 0,693 3,48 64,14 16,79 2,01 0,0949 1,66 0,24 264 272 173 107 93 54 52 347 94 116<br />
ISC 651 5,30 5,61 0,702 3,78 62,79 17,37 2,03 0,0897 1,92 0,40 228 233 163 114 94 39 58 286 90 100<br />
ISC 653 5,28 5,30 0,674 3,86 63,61 16,88 1,95 0,1001 2,01 0,33 221 242 156 115 90 39 49 315 85 99<br />
ISC 650 7,68 5,50 0,695 3,89 60,50 17,29 2,06 0,0924 1,92 0,34 214 255 157 108 87 38 47 267 98 99<br />
ISC 652 7,98 5,54 0,687 3,74 60,86 16,74 2,19 0,1015 1,89 0,27 222 277 149 105 94 41 49 293 88 101<br />
ISC 643 7,19 5,82 0,721 3,77 60,82 17,34 2,17 0,0924 1,85 0,23 217 260 158 110 96 41 54 304 90 93<br />
ISC 654 8,97 5,34 0,683 3,89 59,02 17,43 2,12 0,1015 2,15 0,30 224 274 154 93 89 37 48 278 102 94<br />
ISC 644 6,53 5,66 0,705 3,84 61,30 17,70 1,91 0,0987 2,01 0,25 230 268 164 89 87 39 46 316 101 109<br />
ISC 646 6,27 5,49 0,694 4,16 60,59 18,22 2,02 0,1044 2,22 0,23 222 265 170 98 87 37 48 266 102 106<br />
ISC 640 6,52 5,78 0,713 3,69 61,72 17,40 2,12 0,1040 1,64 0,30 203 245 166 89 90 48 53 325 81 107<br />
ISC 648 5,76 6,11 0,746 3,78 60,93 18,25 2,15 0,0927 1,93 0,25 219 238 163 106 99 44 47 287 84 100<br />
ISC 647 8,01 5,77 0,710 3,83 59,65 17,65 2,12 0,1210 1,87 0,26 211 253 158 128 95 41 47 281 97 106<br />
ISC 743 9,67 5,55 0,655 3,92 59,18 16,80 2,02 0,1031 1,67 0,27 239 298 180 94 83 39 46 310 93 112<br />
ISC 749 8,29 5,56 0,662 3,89 60,63 16,84 1,98 0,0936 1,63 0,25 231 271 181 97 88 43 41 336 103 106<br />
ISC 694 6,93 5,53 0,669 3,67 62,46 16,65 2,03 0,1255 1,50 0,28 248 270 173 101 86 47 51 328 105 109<br />
ISC 750 8,67 5,55 0,689 3,58 60,41 16,97 2,16 0,1095 1,51 0,17 270 317 182 89 78 39 53 413 121 125<br />
ISC 635 5,54 6,04 0,747 3,85 61,85 17,77 2,09 0,0950 1,77 0,26 214 224 162 134 97 54 53 290 75 98<br />
ISC 642 4,53 5,67 0,713 4,01 61,52 19,11 1,85 0,0956 2,20 0,30 217 221 135 87 91 49 57 294 81 93<br />
ISC 730 11,26 5,53 0,661 3,27 58,87 16,07 2,41 0,0944 1,48 0,19 236 349 164 84 86 42 50 325 119 108<br />
ISC 737 13,43 5,62 0,654 3,15 56,75 15,89 2,50 0,0935 1,38 0,38 220 346 152 93 90 41 41 306 117 99<br />
ISC 732 13,35 5,23 0,611 3,37 57,69 14,86 2,47 0,0914 1,83 0,34 228 372 130 99 82 39 44 332 100 94<br />
ISC 696 9,82 5,42 0,629 4,03 58,66 16,93 2,17 0,1094 1,87 0,20 197 352 153 93 81 36 42 372 116 94<br />
ISC 744 9,09 5,24 0,622 3,97 60,97 15,76 1,98 0,0936 1,87 0,25 233 331 162 91 79 42 45 359 86 92<br />
ISC 745 11,12 5,58 0,659 4,04 58,39 15,80 2,28 0,0888 1,60 0,28 222 328 168 113 93 42 38 349 118 96<br />
ISC 637 10,52 5,22 0,654 3,64 59,12 16,65 2,20 0,0910 1,72 0,19 196 220 156 90 90 43 60 262 95 105<br />
ISC 639 8,89 5,44 0,696 3,34 60,98 16,66 1,95 0,0950 1,43 0,53 201 257 161 82 104 45 42 295 116 91<br />
ISC 684 8,12 6,45 0,753 2,95 60,68 17,24 2,47 0,0969 0,80 0,27 201 312 150 114 112 58 44 326 117 94<br />
ISC 774 (L) 6,71 7,02 0,781 3,10 59,45 17,99 2,74 0,1117 1,60 0,32 230 347 126 86 97 46 40 422 163 79<br />
ISC 619 6,04 5,23 0,660 4,33 61,67 17,84 1,79 0,0990 2,10 0,23 199 257 167 61 80 41 48 290 79 85<br />
ISC 638 6,49 4,78 0,612 4,47 61,71 17,25 1,82 0,1080 2,43 0,35 197 243 168 89 75 39 46 314 81 90<br />
ISC 621 8,33 4,95 0,616 4,39 58,93 17,11 2,55 0,1230 2,50 0,51 186 255 143 59 70 37 46 274 90 104<br />
INsIEME E<br />
ISC 710 7,46 6,32 0,753 3,47 59,85 17,21 2,65 0,1051 1,59 0,38 242 372 167 104 95 47 51 500 144 106<br />
ISC 779 (L) 7,46 6,14 0,734 3,49 60,31 17,25 2,52 0,1143 1,51 0,26 245 426 174 110 85 47 63 559 137 108<br />
ISC 777 (L) 5,11 6,16 0,745 3,69 62,29 17,20 2,55 0,0992 1,71 0,24 245 412 180 102 90 52 55 554 135 102<br />
ISC 776 (L) 7,48 6,69 0,762 3,68 60,06 16,05 3,06 0,1185 1,62 0,27 230 376 178 107 106 48 53 469 143 104<br />
AMN 5 10,27 6,07 0,702 3,78 57,17 16,97 2,49 0,1011 1,94 0,29 235 443 170 89 88 41 50 576 121 99<br />
AMN 8 10,15 6,15 0,709 3,78 57,13 16,67 2,94 0,1095 1,85 0,30 228 484 163 91 90 40 49 613 129 103<br />
ISC 708 9,90 5,91 0,696 3,70 57,69 16,81 2,68 0,1032 2,02 0,29 236 449 162 106 88 36 48 600 124 102<br />
ENS 16 (E) 10,76 6,22 0,736 3,43 56,71 16,79 2,73 0,1058 1,81 0,49 233 455 155 97 96 42 52 697 134 97<br />
AMP 613 (P) 11,03 5,98 0,697 3,50 57,19 16,60 2,64 0,1038 1,74 0,30 230 617 154 102 92 40 45 697 104 100<br />
AMN 6 10,60 5,75 0,679 3,69 58,38 15,67 2,85 0,1005 1,80 0,29 241 453 159 79 90 42 46 570 103 95<br />
ISC 782 (S) 10,01 5,90 0,696 3,85 57,87 16,90 2,49 0,1103 1,67 0,27 240 499 155 90 83 35 51 854 139 94<br />
ISC 738 11,45 6,19 0,706 3,43 56,28 16,04 3,26 0,1075 2,03 0,31 228 483 150 92 99 41 52 590 117 103<br />
AMN 3 11,51 6,23 0,715 3,46 56,31 16,20 3,13 0,1077 1,75 0,40 236 415 155 94 100 43 45 481 140 101<br />
AMN 1 12,25 6,10 0,694 3,48 55,68 16,54 2,94 0,0958 1,81 0,23 224 419 166 100 91 40 45 478 141 102<br />
ENS 13 (E) 11,40 6,36 0,745 3,15 56,74 16,36 3,04 0,1057 1,58 0,32 232 397 150 109 106 45 53 556 119 101<br />
AMN 9 12,69 6,64 0,733 3,13 55,56 15,78 3,27 0,1023 1,67 0,24 218 390 148 88 99 43 47 415 166 101<br />
ISC 785 (S) 10,60 6,25 0,719 3,47 57,02 16,28 3,24 0,1025 1,71 0,37 219 546 129 99 96 43 54 811 144 91<br />
ISC 692 9,48 6,96 0,777 3,59 56,23 17,42 3,19 0,1376 1,74 0,29 226 392 162 112 104 44 53 462 161 107<br />
ISC 709 10,25 6,68 0,756 3,68 54,98 17,97 2,86 0,1215 2,22 0,27 236 435 156 105 102 44 61 544 144 111<br />
ISC 689 9,35 6,59 0,755 3,29 57,00 17,30 3,18 0,1123 1,89 0,30 244 471 146 97 95 41 59 642 137 119<br />
<strong>estratto</strong>
198 c a p i to l o v i<br />
CaO Fe 2O 3 TiO 2 K 2O SiO 2 Al 2O 3 MgO MnO Na 2O P 2O 5 Zr Sr Rb Zn Cr Ni La Ba V Ce<br />
% ppm<br />
AMP 616 (P) 10,41 6,79 0,797 3,01 55,77 17,41 3,28 0,1231 1,84 0,35 246 481 121 91 108 48 51 679 138 110<br />
ISC 775 (L) 10,02 5,41 0,721 2,70 60,13 16,23 2,27 0,1266 1,97 0,21 224 554 155 102 86 41 61 506 112 99<br />
INsIEME F<br />
ISC 687 9,96 5,94 0,699 3,45 58,38 16,99 2,56 0,1122 1,46 0,24 258 427 172 98 84 40 57 616 127 116<br />
ENS 15 (E) 9,52 6,08 0,722 3,49 57,91 17,36 2,53 0,1003 1,77 0,29 254 436 171 101 90 41 58 632 125 111<br />
ISC 686 9,74 6,11 0,712 3,59 57,90 17,44 2,45 0,1179 1,51 0,23 256 393 172 101 79 43 60 503 136 116<br />
ENS 14 (E) 9,10 6,20 0,714 3,58 58,37 17,15 2,29 0,1012 1,75 0,56 263 383 162 101 90 42 59 453 120 110<br />
AMN 4 8,02 5,99 0,723 3,53 59,95 17,26 2,41 0,0931 1,51 0,33 260 386 172 94 92 45 56 491 119 111<br />
ISC 711 9,64 6,40 0,741 3,46 58,21 16,56 2,47 0,1213 1,96 0,25 257 376 163 102 90 40 62 479 146 116<br />
ISC 697 9,67 6,23 0,727 3,33 58,39 17,17 2,67 0,0973 1,28 0,24 231 391 171 104 96 48 46 477 114 107<br />
ISC 712 10,77 6,12 0,724 3,29 57,61 16,63 2,55 0,1036 1,76 0,26 238 363 160 101 95 45 52 402 125 106<br />
ISC 690 9,27 6,24 0,720 3,53 57,17 17,77 2,85 0,1179 1,87 0,27 232 423 156 101 89 43 55 524 134 108<br />
AMN 2 8,71 6,41 0,710 3,44 58,39 16,92 3,10 0,0986 1,60 0,44 234 391 148 98 88 47 53 449 128 102<br />
AMN 7 9,64 6,04 0,708 3,58 58,21 16,83 2,52 0,1440 1,87 0,26 225 407 160 91 87 44 48 504 120 103<br />
sOTTOgrUPPO INsIEME E (bOLLI Tr. LOIsIO)<br />
ISC 695 7,98 6,41 0,727 3,72 57,19 19,32 2,40 0,1394 1,71 0,19 253 369 198 115 94 50 62 580 130 118<br />
ISC 786 (S) 8,33 6,60 0,746 3,60 56,84 19,40 2,50 0,1456 1,44 0,19 252 349 190 109 97 53 61 608 137 118<br />
ISC 691 8,01 6,38 0,730 3,73 57,40 18,01 2,61 0,1246 1,52 1,26 253 425 180 112 96 44 56 608 132 109<br />
ISC 780 (L) 6,38 6,50 0,777 3,35 60,12 18,76 2,18 0,1266 1,40 0,20 280 356 189 96 89 51 67 617 135 115<br />
ISC 781 (L) 6,83 6,40 0,736 3,69 59,35 18,03 2,57 0,1593 1,79 0,23 247 424 168 127 101 57 70 491 131 115<br />
ISC 693 8,98 7,11 0,801 3,14 55,73 19,16 3,08 0,1398 1,38 0,26 229 406 174 104 105 55 53 673 163 102<br />
ISC 784 (S) 9,31 6,96 0,784 3,50 55,31 19,26 2,79 0,1549 1,45 0,26 243 441 171 100 99 51 57 763 140 107<br />
ENS 17 8,68 7,21 0,790 3,87 54,79 19,21 3,11 0,1418 1,68 0,26 245 483 194 117 113 52 60 821 162 118<br />
ISC 778 (L) 7,15 7,61 0,836 3,54 58,78 16,80 3,04 0,1360 1,59 0,31 249 457 176 117 108 44 54 533 182 107<br />
FINE CLUsTEr<br />
AMP 614 (P) 11,23 5,68 0,805 2,81 59,34 15,89 2,48 0,1240 1,23 0,18 354 569 179 98 120 42 62 453 118 117<br />
AMP 615 (P) 10,05 5,72 0,762 3,01 59,17 17,31 2,28 0,1016 1,25 0,13 328 378 182 92 91 38 61 560 119 107<br />
ISC 787 13,31 6,56 0,785 2,66 56,54 15,12 3,09 0,1561 1,38 0,20 291 378 140 90 117 34 40 437 128 117<br />
AMP 617 (P) 8,22 7,00 0,848 3,69 57,08 17,37 2,88 0,1434 2,25 0,28 246 444 144 180 98 40 58 750 131 104<br />
ISC 783 (S) 11,89 8,43 0,849 3,04 55,20 14,77 3,90 0,1310 1,18 0,40 215 447 134 107 132 47 56 582 234 99<br />
AMP 618 (P) 12,23 7,05 0,762 2,68 56,89 14,63 3,79 0,1158 1,37 0,24 224 590 125 118 121 49 51 809 155 97<br />
ENS 18 (E) 12,94 5,80 0,746 3,28 55,94 16,63 2,63 0,2938 1,29 0,23 389 449 196 84 93 37 58 616 127 136<br />
VI.2.4. Premières conclusions<br />
<strong>estratto</strong><br />
Beaucoup de questions restent toujours en suspens concernant les productions céramiques ischitaines, autres que les<br />
amphores. Mais concernant les productions d’amphores gréco-italiques, elles sont bien avérées à Ischia pour la période<br />
la plus ancienne avec les amphores faisant partie du groupe D. En revanche, il est plus difficile d’affirmer que les productions<br />
plus récentes (amphores de l’ensemble E), dont des exemplaires similaires d’un point de vue typologique et par les<br />
timbres qu’elles portent ont été retrouvés sur différents sites du pourtour méditerranéen, sont elles aussi ischitaines.<br />
Parvenus à ce point des analyses des productions avérées ou supposées d’Ischia, il apparaît clairement que les<br />
analyses chimiques ne permettent plus d’avancer et de répondre aux questions d’attributions.<br />
Or cela peut assez facilement s’expliquer par la représentativité, pour toute l’île d’Ischia, des analyses effectuées sur<br />
le matériel des ateliers de Santa Restituta. S’il est certain que cette représentativité est très bonne pour la période du<br />
début de la colonisation, les 8 ème, 7 ème et 6 ème siècle avant notre ère, elle est beaucoup moins sûre pour les périodes<br />
plus récentes. En effet, la proximité du site d’implantation de la première colonisation grecque et du site d’atelier de<br />
Santa Restituta rend probable que cette zone ait été, à cette époque, la seule zone d’ateliers de tradition grecque de<br />
l’île. Mais cette situation n’a certainement pas duré, surtout pour les amphores. L’extension des zones vinicoles à Ischia<br />
n’a pas dû manquer de provoquer l’ouverture de nombreux autres ateliers d’amphores, à proximité des vignobles, et<br />
non à proximité de l’acropole grecque (cette dispersion s’observe aussi pour d’autres artisanats, celui des métaux par<br />
exemple). Ainsi, le groupe de référence de Santa Restituta, satisfaisant pour les périodes géométrique et archaïque,<br />
ne l’est certainement plus guère à la fin du 3 ème et au début du 2 ème s. avt J.-C., lorsque vont se développer nombre<br />
d’ateliers d’amphores gréco-italiques, probablement dans le Golfe de Naples et ailleurs sur la côte thyrénienne.<br />
Sans doute est-ce l’origine des difficultés d’attribution à Ischia d’une fraction importante des amphores gréco-italiques<br />
ischitaines, difficultés renforcées par le développement du vignoble en divers points du golfe de Naples, entraînant<br />
l’ouverture d’autres ateliers.<br />
Pour surmonter ces difficultés, il faudrait pouvoir étudier les faciès géochimiques des céramiques des principaux sites<br />
antiques de l’île. Mais il s’agit là d’une opération lourde, aux résultats incertains car il faudrait également y inclure les principaux<br />
sites antiques du golfe de Naples. Ce qui demeure faisable en théorie, mais beaucoup plus difficile en pratique.<br />
C’est à ce point que la recherche pétrographique est utile et même irremplaçable, surtout pour les amphores grécoitaliques<br />
qui ont des affinités de composition avec l’atelier de Santa Restituta, (en priorité les amphores de l’ensem
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 199<br />
ble E), mais ne peuvent lui être rattachées par la chimie. L’étude des caractéristiques pétrographiques peut souvent<br />
apporter des éléments de réponse complémentaires.<br />
VI.3. La prima serie di analisi mineralogiche sulle anfore di Ischia (g. Montana) 51<br />
Di seguito vengono commentati i risultati dello studio petrografico condotto su anfore greco italiche, consistito nell’osservazione<br />
di sezioni sottili al microscopio polarizzatore 52. La tavv. 22-25 rappresentano le microfoto delle sezioni<br />
sottili delle anfore studiate.<br />
La maggior parte dei reperti analizzati (23) è stata rinvenuta negli scavi effettuati ad Ischia - Lacco Ameno; un gruppo<br />
di 9 campioni proviene da Napoli - scavi della metropolitana; un consistente numero di reperti proviene da siti di<br />
scavo ubicati in altre regioni, in particolare in Sicilia (7). Inoltre, sono stati presi in considerazione, come termine di<br />
confronto, i seguenti materiali: campioni da relitti di navi affondate in prossimità delle coste francesi (1); mattoni dalla<br />
struttura di una delle fornaci del sito di scavo a S. Restituta-Ischia (2). Infine, per un raffronto di massima con gli<br />
impasti ceramici caratteristici della parte centro-orientale della Sicilia, le osservazioni sono state estese anche a un<br />
laterizio prelevato negli scavi di Camarina (Ragusa) e un frammento di anfora da Licata (Agrigento).<br />
Per la gran parte di questi reperti anforici sono state compilate delle schede, allegate nel catalogo finale (cat. IV),<br />
contenenti i dettagli delle osservazione petrografiche con la relativa documentazione fotografica. Si rimanda inoltre<br />
al testo di I. Iliopoulos che ha continuato le indagini [nota redazionale].<br />
VI.3.1. Considerazioni geolitologiche a sostegno della manifattura ceramica di Ischia<br />
Trachiti alcaline e trachiti sono le rocce che predominano tra le vulcaniti dell’isola di Ischia, mentre fonoliti e rocce<br />
subvulcaniche olocristalline o plutoniche (dicchi) sono da considerare prodotti relativamente più rari 53. Le trachiti<br />
alcaline presentano, in sezione sottile, una tipica tessitura fluidale dove i microliti sanidinici costituiscono più dei<br />
4/5 (80%) della massa fondamentale. Sono presenti anche microliti di augite, biotite e, come accessori, magnetite<br />
e apatite. I fenocristalli sono rappresentati in grande prevalenza dal sanidino e, in misura relativamente minore, da<br />
clinopirosseno 54. Le vulcaniti ischitane mostrano tessitura trachitica fino a vitrofirica. Sono ricche in fenocristalli di<br />
feldspato alcalino, plagioclasio, oltre a clinopirosseno e biotite, tra i minerali colorati. Sporadicamente è presente<br />
anche olivina. Ad Ischia il “tufo verde” predomina su tutti gli altri materiali, fra i quali le lave, che formano la minima<br />
parte. I prodotti della III fase eruttiva (55000-33000 BP), che ha formato i depositi di tufo verde del Monte Epomeo,<br />
possiedono i seguenti valori medi: CaO = 1,44%; Na 2O = 4,91%; K 2O = 6,61% (calcolati in base ai dati riportati da<br />
Vezzoli (a cura) 1988). L’ignimbrite densa e saldata del Monte Epomeo è formata da abbondante pomice porfirica<br />
vescicolata, xenoliti (trachiti alcaline e trachibasalti) e cristalli singoli (felspato alcalino e biotite) dispersi in una scarsa<br />
matrice vitrica 55. Il tufo verde del Monte Epomeo è attraversato anche da numerosi dicchi di lava orientati E-W e<br />
spessi al massimo 150 m (tra cui troviamo anche rocce subvulcaniche o plutoniche come sieniti e monzoniti).<br />
Nell’Isola di Ischia sono presenti, oltre ai ben noti prodotti vulcanici (per lo più classificabili come trachiti alcaline e trachiti),<br />
anche depositi marini quaternari datati al Calabriano e caratterizzati da una fauna fossile calcarea più o meno abbondante<br />
56. Tali depositi consistono in: argille, spesso intimamente mescolate ai prodotti del disfacimento del tufo verde, depositate<br />
in acqua relativamente profonda; argille sabbiose depositate in acqua poco profonda nelle zone litorali; sabbie ricche<br />
in fossili subrecenti. I fossili sono essenzialmente costituiti (all’85%) da molluschi (gasteropodi 54%; lamellibranchi 31%)<br />
quindi da foraminiferi (9%). Il restante 6% è rappresentato da echinodermi, celenterati, scafopodi, alghe, vermi e briozoi.<br />
Le argille contengono in grande prevalenza foraminiferi, mentre sono poco frequenti o rari gli organismi di maggiori dimensioni<br />
(bivalvi e gasteropodi). Questi ultimi sono invece molto più abbondanti nelle argille sabbiose e nelle sabbie 57.<br />
Le argille rappresentano essenzialmente il risultato dell’alterazione del “tufo verde”che costituisce la massa principale<br />
del Monte Epomeo quando questo era sommerso dal mare per circa un centinaio di metri. I depositi argillosi si trovano<br />
in sede nelle parti alte dell’Epomeo, ma anche a quote più basse, fra le masse franate sui pendii settentrionali.<br />
Pertanto, i banchi di argilla plastica non sono quasi mai affioranti ma sono generalmente coperti da una spessa coltre<br />
costituita da depositi di torbida (di natura sabbiosa) cui si aggiungono frane e smottamenti di origine subaerea composte<br />
da frammenti del tufo verde dell’Epomeo 58. I giacimenti di argilla più consistenti erano estratti a mezzo cunicoli<br />
sotterranei ubicati nel settore orientale delle falde settentrionali del Monte Epomeo, sulle colline sopra Casamicciola.<br />
Sono molte le testimonianze sul loro intenso sfruttamento nei secoli passati da parte dell’industria figulina locale 59.<br />
VI.3.2. Le anfore di Ischia<br />
<strong>estratto</strong><br />
La maggior parte delle anfore trovate ad Ischia presentano similarità nelle caratteristiche composizionali e tessiturali<br />
del degrassante tali da poter essere considerate manifatture prodotte a partire da una specifica materia prima con<br />
la medesima tecnologia.
200 c a p i to l o v i<br />
I campioni anforici 1493, SR 1832, ISC 621, ISC 621bis, ISC 637, SR 1509/ISC 638, ISC 639, ISC 642, A 9/ISC<br />
644, ISC 686, ISC 708, A 13/ISC 738, ISC 749, SR 1473/ISC 648, SR 1803, A 12, 247204 sono caratterizzati da un<br />
impasto in cui una componente sabbiosa (con taglia medio-grossolana) di natura solo vulcanica è stata mescolata<br />
ad un’argilla fossilifera. Infatti, la distribuzione dimensionale del degrassante presenta una bimodalità molto distintiva<br />
e vistosa (classazione iatale). Lasciando ritenere come assai verosimile l’ipotesi che la frazione sabbiosa più<br />
grossolana sia stata deliberatamente aggiunta dal ceramista. La prima classe modale è costituita dal silt grossolano<br />
(0,04-0,06 mm) e dalla sabbia molto fine (0,06-0,125 mm), la seconda è rappresentata dai clasti con diametro entro<br />
l’intervallo della sabbia media (0,25-0,5 mm). Da sporadici a rari i granuli con dimensioni superiori a 0,5 mm. L’addensamento<br />
del degrassante varia dal 15 al 25%.<br />
Per ciò che concerne la composizione del degrassante, nella componente vulcanica, in genere, i costituenti monomineralici<br />
felsici (sanidino e plagioclasio) prevalgono su femici (clinopirosseno verde, biotite) e ossidi opachi. I<br />
frammenti di lava, per lo più a tessitura trachitica o vitrofirica con microfenocristalli di feldspato alcalino sono (di<br />
solito) subordinati al complesso dei minerali felsici. I costituenti accessori più comuni sono anfibolo alcalino, olivina,<br />
frammenti litici subvulcanici (sienitoidi), nefelina, sodalite, titanite.<br />
Sono del tutto assenti i costituenti di natura detritica a composizione quarzoso-feldspatica.<br />
La frazione molto fine del degrassante (ancora identificabile ad ingrandimenti convenzionali) è essenzialmente formata<br />
da feldspato alcalino e minuti cristalli di mica bianca.<br />
La massa di fondo appare in genere otticamente inattiva (isotropa). I macropori (in genere intorno al 10-15% areale),<br />
di forma irregolare o da impronta, hanno dimensioni molto variabili e non mostrano orientamenti preferenziali. Sono<br />
in genere comuni e talora abbondanti i micritic clots (grumi di calcite microcristallina in questo caso originati dalla<br />
parziale decomposizione dei microfossili calcarei termica seguita da ricarbonatazione).<br />
Sussistono tutti gli elementi per costituire un gruppo petrografico di riferimento: 1) si trova nell’isola, come visto in<br />
precedenza, argilla idonea alla manifattura ceramica; 2) la composizione del degrassante sabbioso sopra descritta<br />
risulta pienamente compatibile con la litologia dei prodotti vulcanici affioranti nell’isola di Ischia e in particolare quelli<br />
nell’area del Monte Epomeo; 3) l’osservazione delle sezioni sottili relative a due mattoni prelevati dalle fornaci di<br />
Santa Restituita (R 611 e R 613), certamente foggiati con materia prima locale, conferma esattamente la composizione<br />
(qualità e proporzioni relative) della sabbia presente in tutte le anfore greco italiche sopra elencate; 4) esiste<br />
un’ampia documentazione storica a riprova della millenaria tradizione figulina ischitana.<br />
VI.3.3. Anfore da siti di confronto<br />
<strong>estratto</strong><br />
Nove campioni di anfore greco italiche (NNA 1, NNA 2, NNA 3, NNA 4, NNA 5, NNA 6, NNA 7, NNA 8, NNA 9), provenienti<br />
da scavi effettuati durante la realizzazione della metropolitana di Napoli (per conto della Soprintendenza<br />
archeologica di Napoli), sono stati caratterizzati petrograficamente per verificare eventuali differenze (nell’impasto)<br />
con il gruppo di probabile produzione ischitana.<br />
L’addensamento risulta compreso tra 10 e 20% (tra 10 e 15%: NNA 1, NNA 3, NNA 4, NNA 5, NNA 6, NNA 9; > 15%<br />
NNA 2, NNA 7, NNA 8). Il maximum grain size (MGS) risulta sempre inferiore ad 1 mm. Il degrassante sabbioso risulta<br />
essere modestamente classato, con distribuzione che, il più delle volte, appare spiccatamente bimodale. Infatti<br />
possono essere distinte due classi modali: la prima comprende i granuli con dimensione del silt grossolano e della<br />
sabbia molto fine (0,04-0,1 mm); la seconda è rappresentata dai granuli della sabbia media (0,25-0,5 mm). La sabbia<br />
fine (0,125-0,25 mm) è, di solito, relativamente meno abbondante delle classi granulometriche sopraccitate, mentre<br />
la sabbia grossolana (> 0,5 mm) è da sporadica a rara. Costituiscono un’eccezione alla sopradescritta caratterizzazione<br />
tessiturale i campioni NNA 5 e NNA 4 in cui la sabbia fine è ben rappresentata ed è più abbondante della sabbia<br />
media, pertanto, nel caso di questi due campioni, la distribuzione può essere meglio definita come seriale.<br />
Dal punto di vista composizionale, la componente più fine è formata da minute lamelle di mica bianca, feldspato alcalino,<br />
quarzo monocristallino (granuli angolosi) e da micritic clots o pori da impronta, derivanti dalla decomposizione<br />
di microfossili calcarei. La frazione del degrassante a grana medio-grossolana vede, costantemente, la prevalenza di<br />
frammenti di sanidino con habitus da anedrale ad euedrale (talora geminato). Componenti da abbondanti a comuni<br />
risultano essere il clinopirosseno (verde o incolore), i frammenti litici di natura vulcanica (per lo più caratterizzati da<br />
microliti di sanidino a tessitura fluidale ma sono presenti anche frammenti con microfenocristalli di plagioclasio), il<br />
vetro vulcanico a vario grado di vescicolazione ed il plagioclasio. Da sporadici a rari sono biotite, anfibolo alcalino,<br />
frammenti litici subvulcanici (agglomerati di cristalli di feldspato alcalino), ossidi opachi e feldspatoidi.<br />
Il campione NNA 1 si distingue dagli altri per la massa di fondo vetrificata, ricca di pori da impronta e di colore verdastro,<br />
tipica degli impasti carbonatici cotti a temperatura molto elevata. Al contrario, il campione NNA 2 risulta essere<br />
relativamente meno cotto degli altri ed in ogni caso si distingue per la presenza di una componente calcarea particolarmente<br />
abbondante, rappresentata da microfossili parzialmente decomposti e micritic clots, per lo più concentrata<br />
nella frazione sabbiosa molto fine e siltosa, ma individuata anche nella classe dimensionale della sabbia media.
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 201<br />
Alla luce di quanto rilevato, i reperti sopradescritti possiedono caratteristiche petrografiche del tutto assimilabili a quelle<br />
individuate nelle anfore greco italiche prodotte ad Ischia, ossia un degrassante sabbioso costituito da una abbondante<br />
componente vulcanica e riconducibile a lave di tipo trachitico mescolato ad una componente calcarea, generalmente<br />
subordinata, rappresentata esclusivamente da microfossili (per lo più foraminiferi). Molto rara (uno o due granuli e peraltro<br />
in poche sezioni) o del tutto assente la tipica componente sedimentaria detritica (quarzo monocristallino subarrotondato,<br />
quarzo policristallino, selce, frammenti litici derivanti da rocce cristalline acide, frammenti litici carbonatici) che<br />
invece caratterizza in modo più o meno marcato, insieme a quella vulcanica, i depositi argillosi del litorale tirrenico. Anche<br />
in questo caso, pertanto, sembrerebbe verosimile l’impiego, anche nelle fornaci napoletane, delle argille di Ischia<br />
che, come già visto, possiedono tali peculiarità. Proprio la presenza dei microfossili calcarei, concentrati soprattutto<br />
nella frazione sabbiosa molto fine e siltosa, farebbe escludere con un accettabile margine di sicurezza l’utilizzo, per la<br />
manifattura di questi reperti, delle argille colluviali eventualmente disponibili nell’area flegrea.<br />
VI.3.4. Le anfore trovate ad Ischia ma non prodotte nelle fornaci locali<br />
Sono soltanto 5 (su 23) le anfore analizzate portate alla luce ad Ischia ciò nondimeno con caratteristiche composizionali<br />
tali da non potere, con certezza, essere attribuite alla sopradescritta produzione ischitana. Si tratta dei campioni<br />
247303/ISC 684, SG 279/ISC 687, ISC 693, ISC 695 e CAM-A 40.<br />
Tra essi, soltanto l’anfora con bollo CAM non può essere, con assoluta sicurezza, collocata neanche in ambito<br />
regionale (area litorale campano-laziale) in quanto, nel degrassante sabbioso, risulta completamente assente la<br />
componente vulcanica e, al contrario, sono appieno predominanti frammenti litici e granuli monomineralici attribuibili<br />
a rocce metamorfiche di alto grado. Tale peculiarità, circoscritta al contesto geo-litologico italiano, potrebbe lasciar<br />
considerare come attendibile per tale campione un’ipotesi di manifattura in ambito Calabro-Peloritano.<br />
Per i restanti reperti vengono proposte differenti ipotesi sulle possibili località di manifattura, questa volta con certezza<br />
collocate in ambito regionale.<br />
ISC 695 e ISC 693 risultano contraddistinti da una componente vulcanica molto più abbondante della frazione detritica<br />
di natura quarzoso-feldspatica, oltre che dalla peculiare predominanza dei frammenti litici (con pasta di fondo<br />
vetrosa e microfenocristalli di feldspato alcalino; oppure, con tessitura intergranulare composti da plagioclasio, clinopirosseno<br />
e minerali opachi e, infine, a tessitura microporfirica con plagioclasio e leucite) e del vetro vulcanico (anche<br />
ad alto grado di vescicolazione) sui granuli monomineralici (sanidino, clinopirosseno verde, plagioclasio, biotite,<br />
anfibolo bruno, granato melanitico).<br />
VI.3.5. Le anfore da alcuni siti siciliani<br />
Si tratta di 7 campioni provenienti da: Selinunte (SL 1993, SL 13920/ISC 785, SL 13921/ISC 782, SL 17915/ISC 783);<br />
Licata (PMA 89); Eraclea Minoa (EM 1); Marsala (MR 4495/ISC 786).<br />
Le analisi petrografiche consentono di affermare con certezza che per 6 campioni su 7 è da escludere la possibilità di<br />
una loro manifattura in terra siciliana. Le anfore SL 13920/ISC 785, SL 13921/ISC 782, SL 17915/ISC 783, EM 1 sono<br />
state prodotte sicuramente ad Ischia/Goldo di Napoli in quanto presentano caratteristiche tessiturali e composizionali<br />
del tutto analoghe a quelle precedentemente descritte per il gruppo delle anfore ischitane. I campioni SL 1993 e MR<br />
4495/ISC 786 provengono senz’altro dall’area litorale campano-laziale. In particolare, in base alla composizione e<br />
al rapporto di abbondanza tra degrassante vulcanico e degrassante non vulcanico potrebbe essere ipotizzata, con<br />
somma cautela, una provenienza da Fondi per SL 1993 e da Falerno per MR 4495/ISC 786 60 [la continuazione delle<br />
analisi ha permesso di arrivare a dati diversi, nota redazionale; si veda la tabella VI.3].<br />
L’anfora PMA 89 è l’unica per cui, almeno teoricamente, non può essere esclusa l’ipotesi di una produzione siciliana.<br />
Infatti, la completa assenza di componente vulcanica (di qualsiasi tipo) e, nel contempo, la presenza nel degrassante<br />
di frammenti litici di natura metamorfica (unitamente ad una notevole frequenza dei costituenti silico-clastici più<br />
comuni), potrebbe indurre a collocare un eventuale centro di produzione locale nella fascia costiera tirrenica nordorientale<br />
sovrastata dai M.ti Nebrodi o dai M.ti Peloritani.<br />
VI.3.6. Le anfore da alcuni relitti<br />
È stato sottoposto ad analisi un campione di anfora greco italica proveniente dal relitto della Tour Fondue (TF 1). Per<br />
questo è possibile proporre con un buon margine di sicurezza la manifattura di Ischia/Golfo di Napoli. Si veda anche<br />
il testo di I. Iliopoulos nel paragrafo successivo.<br />
VI.3.7. Alcuni confronti: esempi di impasti ceramici prodotti nella sicilia centro-meridionale<br />
<strong>estratto</strong><br />
Nel tentativo di distinguere le manifatture ceramiche campane da quelle siciliane sono stati analizzati anche un laterizio<br />
proveniente da Camarina e un’anfora da Licata.
202 c a p i to l o v i<br />
Negli impasti dei due campioni K 11 (da Camarina) ed L 11 (da Licata), prodotti certamente nella Sicilia centromeridionale,<br />
risultano totalmente assenti i minerali e i frammenti litici di natura vulcanica ascrivibili all’attività eruttiva<br />
quaternaria che ha caratterizzato la fascia costiera medio-tirrenica. In particolare, si tratta, in entrambi i casi, di<br />
impasti derivanti da argille marine terziarie, estremamente ricche in microfossili calcarei e con una consistente componente<br />
detritica di natura quarzoso-feldspatica. Tra i componenti a composizione non calcarea predomina il quarzo<br />
monocristallino, presente in tutte le classi dimensionali, ma particolarmente abbondante nella frazione sabbiosa<br />
relativamente più grossolana. Altri costituenti detritici meno comuni sino a sporadici o rari sono: plagioclasio, feldspato<br />
potassico (ortoclasio con alterazione sericitica), mica, quarzo policristallino, selce e frammenti di quarzarenite.<br />
Un’associazione mineralogica di tal tipo appare ben compatibile con i depositi neogenici (argille, argille sabbiose ed<br />
areniti) estesamente affioranti nella Sicilia centrale sino a toccare l’avampaese ibleo.<br />
VI.4. Le nuove analisi mineralogiche sulle anfore greco italiche di Ischia e dei siti di confronto<br />
(I. Iliopoulos)<br />
L’ampliamento delle analisi ad altri campioni di anfore greco italiche ha consentito di approfondire i dati a disposizione<br />
ottenuti nello studio di G. Montana; in particolare la microscopia ottica ha permesso l’individuazione di quattro<br />
gruppi petrografici maggiori e di sei sottogruppi (le foto delle sezioni che rappresentano i gruppi sono riunite nella<br />
tav. 26).<br />
Inoltre si sono riscontrati alcuni campioni con caratteristiche petrografiche peculiari, tali da permettere di classificarli<br />
come loners, cioè campioni singoli, ognuno dei quali ha proprie caratteristiche petrografiche non condivise con nessuno<br />
dei gruppi maggiori individuati.<br />
VI.4.1. Il gruppo mineralogico I (A 9, A 12, IS 2, IS 5, IS 9, IS 39, IS 40, ISC 621-621bis, ISC 635, ISC 637, ISC 639,<br />
ISC 642, ISC 650, ISC 694, ISC 734, ISC 735, ISC 736, ISC 747, ISC 749, SR 131, SR 133, SR 1473, SR 1509, SR<br />
1641, SR 1803, SR 1832, 1493, 247204, R 611)<br />
L’impasto di questo gruppo (tav. 26a) denota una distribuzione areale bimodale. La frazione fine mostra dimensioni<br />
che variano tra il silt medio e il silt grossolano con la mode intorno a 0,02-0,04 mm, mentre i clasti che costituiscono<br />
quella grossolana cadono dimensionalmene nella classe granulometrica della sabbia medio grossolana (0,4-0,8<br />
mm). Il rapporto c:f:v 0.0625 61 risulta tra il 15:86:
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 203<br />
Sottogruppo IIb (A 13, A 44, AR 194)<br />
I campioni che fanno parte di questo sottogruppo mostrano le stesse caratteristiche petrografiche di quelle descritte<br />
per il sottogruppo IIa, ad esclusione della distribuzione dimensionale del degrassante che risulta bimodale (tav. 26c).<br />
Inoltre tra le due classi dimensionali è più rappresentata quella grossolana.<br />
Sottogruppo IIc (A 10, IS 4, IS 6)<br />
Si tratta di un sottogruppo molto simile al sottogruppo IIa, ma con una presenza molto ristretta del componente<br />
calcareo (tav. 26d). Questa caratteristica si mostra molto più evidente nella frazione fine, ma si osserva anche nella<br />
frazione siltosa, dove i calcarei compatti risultano da subordinati a rari. Al contrario la frazione siltosa appare molto<br />
più arricchita in lamelle di mica bianca rispetto ai campioni del sottogruppo IIa.<br />
Anche se è possibile stabilire questi sottogruppi a causa delle caratteristiche petrografiche sopracitate, essi si possono<br />
considerare come risultati di piccole variazioni nelle ricette che hanno seguito i ceramisti antichi e anche nelle temperature<br />
massime ottenute durante la cottura dei manufatti, che però appartengono probabilmente alla stessa unità operativa.<br />
VI.4.3. Il gruppo mineralogico III<br />
<strong>estratto</strong><br />
Anche il gruppo mineralogico III è stato suddiviso in tre sottogruppi (per le stesse motivazioni che hanno portato alla<br />
suddivisione del precedente), che vengono analizzati di seguito.<br />
Sottogruppo IIIa (IS 7, SG 265, SG 284)<br />
Questo gruppo (tav. 26e) è caratterizzato da una distribuzione areale bimodale, in cui ognuna delle due frazioni è<br />
molto meglio assortita rispetto a quelle che si sono individuate nel gruppo I (cioè il loro spettro granulometrico risulta<br />
molto ristretto). La frazione grossolana cade dimensionalmente nella sabbia medio-grossolana (0,25 - 1 mm), mentre<br />
la frazione fine non supera il silt grossolano (0,04-0,06 mm). Il rapporto c:f:v 0.0625 risulta intorno al 25:75:
204 c a p i to l o v i<br />
Sottogruppo FIL Ia (FF 3, FF 1770/1, FF 17705)<br />
Questo gruppo, anche se condivide molte delle caratteristiche descritte per il gruppo II di Ischia-Golfo di Napoli,<br />
mostra delle piccole particolarità composizionali che ci obbligano a formare un gruppo a parte (tav. 27a). Si tratta<br />
di un impasto a pasta di fondo calcarea, con scarsa classazione che talvolta si avvicina ad essere bimodale. L’addensamento<br />
del degrassante risulta intorno al 20-25 %. La dimensione delle inclusioni varia tra il silt grossolano a<br />
sabbia media e una coda nella classe granulometrica di sabbia grossolana (mode intorno a 0,05 mm). Dal punto di<br />
vista composizionale, come differenza significativa dal gruppo II di Ischia-Golfo di Napoli, si può notare la presenza<br />
di olivina che si osserva in tutti i campioni di questo gruppo. Un’altra particolarità composizionale è la presenza di<br />
calcite spatica anziché micritica.<br />
La similarità di questo gruppo con il gruppo II (a, b, c) di Ischia-Golfo di Napoli indica che probabilmente si tratta di<br />
una sua variante.<br />
Sottogruppo FIL Ib (FF 2, FF 7, FF 17689)<br />
Nei campioni più cotti la componente calcarea risulta estensivamente decomposta (tav. 27b).<br />
VI.4.6. Il gruppo FIL II (ceramiche comuni del relitto Filicudi F) (FF 4, FILF 1, FILF 2, FILF 3)<br />
Il gruppo FIL II è chiaramente diverso da tutti i campioni che provengono dal golfo di Napoli e sono esaminati in<br />
questo studio (tav. 27c). La pasta di fondo risulta significativamente micacea e otticamente attiva. Il degrassante sabbioso<br />
si mostra molto ben classato e cade dal punto di vista dimensionale nella classe granulometrica della sabbia<br />
fine (0,125 - 0,25 mm) con la mode intorno a 0,14 mm. La distribuzione dimensionale è caratterizzata da una ratio<br />
c:f:v0.01 =30:60:10. La porosità risulta allungata e orientata parallelamente alla superficie esterna del reperto ceramico.<br />
Dal punto di vista composizionale, è predominante il quarzo angoloso. I feldspati alcalini (pertite), i plagioclasi,<br />
i frammenti vulcanici e i clinopirosseni (per lo più incolori) sono da abbodanti a subordinati. I frammenti vulcanici<br />
mostrano una variabilità notevole, includendo frammenti basaltoidi, trachitoidi ma anche riolitoidi. In quantità subordinate<br />
si osservano frammenti di vetro vulcanico di colore marrone, che spesso risulta ricco in fenocristalli di clinopirosseno<br />
e biotite. Talvolta si notano dei frammenti di vetro vulcanico ricco in pori e ben saldato, mentre in quantità<br />
minore si riscontrano frammenti di vetro senza inclusioni. Rari ma onnipresenti risultano i frammenti di argillite (clay<br />
pellets) arrotondati e di selce. È da sottolineare l’assenza assoluta del componente calcareo.<br />
La provenienza di questo gruppo dalla zona del golfo di Napoli non può essere totalmente esclusa, ma deve essere<br />
identificata con un’area più remota rispetto a quelle che hanno dato la materia prima per le produzioni principali del<br />
Golfo di Napoli, cioè i gruppi I, II e III (ma anche il IV) di Ischia-Golfo di Napoli.<br />
VI.4.7. Campioni “loners” (= “isolati”)<br />
Tra i campioni esaminati sono individuati anche alcuni campioni che presentano caratteristiche composizionali e tessiturali<br />
incompatibili con quelle riportate per i gruppi sopra elencati. Si tratta dei campioni IS 3, IS 8, IS 41, 247303,<br />
CAM, T 1038, NNA 7, MAd 1, GL 2, GL 3, GL 8, GL 22, PMA 3, PMA 89, EM 2, EM 4, EM 5, EM 8, EM 16 62.<br />
Campione NNA 7<br />
Questo campione si separa dagli altri campioni provenienti da Napoli e assegnati al gruppo petrografico II a causa<br />
della sua assai scarsa classazione (tav. 27d). Inoltre le dimensioni degli inclusi arrivano a tenori più alti rispetto a<br />
quelli riscontrati negli altri gruppi stabiliti per Ischia-Golfo di Napoli, avvicinandosi di più a quelli del gruppo I.<br />
VI.4.8. I risultati delle analisi mineralogiche effettuate sulle anfore di alcuni siti della sicilia<br />
<strong>estratto</strong><br />
Una serie di campioni provenienti da alcuni siti della Sicilia sono stati confrontati con i campioni di riferimento di<br />
Ischia, Napoli e di diversi siti dell’Italia tirrenica centro meridionale, in corso di studio nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong><br />
<strong>Aequora</strong>.<br />
Sono stati studiati 15 campioni prelevati a gela (GL 1-6, GL 8, GL 19-24, GL 26, GL 34, tav. 28a-g), i quali in gran<br />
parte (~66%) sono assegnati ai gruppi petrografici stabiliti per l’area Ischia-Golfo di Napoli. Si tratta di un totale di<br />
10 campioni a loro volta suddivisi nei vari gruppi petrografici individuati in quella zona: 3 campioni sono assegnati al<br />
gruppo I (GL 4, 19, 24), 3 al gruppo IIa (GL 5, 21, 26), 3 al gruppo IIb (GL 1, 6, 20) e 1 campione mostra delle somiglianze<br />
significative con il gruppo IIIb (GL 34). I restanti 5 campioni (~33%), tranne uno (GL 23), mostrano caratteristiche<br />
petrografiche non compatibili con la geologia di questa zona e, in base alla loro composizione, si può ipotizzare<br />
una loro provenienza dalla Sicilia nord orientale (GL 22), da Pyrgi (GL 3) e dalla Grecia (GL 2, GL 8) 63.<br />
Il campione GL 23 mostra delle caratteristiche abbastanza simili con l’area di Ischia, ma a causa di alcune differenze<br />
(quali il colore dell’impasto, la significativa quantità di microfossili, l’orientamento di alcuni degli inclusi, come per
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 205<br />
esempio le miche e il sanidino, parallelamente alle superfici esterne del reperto ceramico) si è preferito considerarlo<br />
non tipico della zona di Ischia-Golfo di Napoli.<br />
Due campioni da Manfria (MNF 1-2, tav. 28h), nelle vicinanze di Gela, si attribuiscono al gruppo petrografico I<br />
dell’area di Ischia-Golfo di Napoli.<br />
I campioni di Licata, tranne Monte S. Angelo, presentano una situazione un po’ diversa da quella delineata per i siti<br />
dell’area costiera meridionale della Sicilia. Dei campioni che sono stati prelevati a Licata (2 campioni, L 2 e L 11,<br />
tav. 31a-b) e a Poggio Marcato di Agnone (3 campioni, PMA 2, PMA 3, PMA 89, tav. 31e-f), soltanto 2 possono<br />
essere assegnati ai gruppi petrografici stabiliti per l’area di Ischia-Golfo di Napoli (L 2 e PMA 2), mentre per i restanti<br />
3 campioni (1 da Licata - L 11 - e 2 da Poggio Marcato di Agnone - PMA 3 e PMA 89), può essere ipotizzata, in base<br />
alla loro composizione mineropetrografica, una provenienza dalla Sicilia interna. I campioni da Monte s. Angelo (2<br />
esemplari, MSA 1-2, tav. 31c-d) sono entrambi attribuiti ai gruppi petrografici di Ischia-Golfo di Napoli.<br />
16 campioni sono stati prelevati da anfore di Eraclea Minoa (EM 1-16, tav. 29) e ricalcano la situazione registrata<br />
a Gela. La maggior parte di essi (~66 %) sono assegnati ai gruppi petrografici che sono stati stabiliti per l’area di<br />
Ischia-Golfo di Napoli (EM1, EM 3, EM 6, EM 7, EM 9-15), mentre i restanti 5 campioni (~33%) mostrano delle similarità<br />
petrografiche con i gruppi petrografici individuati nel Lazio meridionale (Minturno - EM 2 e EM 4), in Campania<br />
(Mondragone - EM 8) e in Etruria meridionale (Pyrgi - EM 5 e EM 16).<br />
Andando verso la parte occidentale della costa sud della Sicilia, a selinunte (SL 1-4, SL 1993, SL 13920/ISC 785, SL<br />
13921/ISC 782, SL 17915/ISC 783, tav. 30), la maggior parte dei campioni esaminati (5 su 8 campioni) presentano<br />
un fabric petrografico compatibile con quello stabilito nell’area di Ischia-Golfo di Napoli (SL 2, SL 4, SL 13921/ISC<br />
782, SL 17915/ISC 783, SL 13920/ISC 785), mentre 3 campioni sono attribuiti ai gruppi petrografici di Pyrgi (SL 1),<br />
Minturno (SL 1993) e Mondragone (SL 3) (analisi realizzate nel progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
Per quanto riguarda i siti della parte interna della Sicilia (a nord della parte sud-costiera), per il contesto di Monte<br />
Adranone (MAd 1-2, tav. 32c-d) 1 campione è attribuito al gruppo petrografico IIa di Ischia-Golfo di Napoli (MAd 2)<br />
e 1 mostra somiglianze con il fabric petrografico rilevato nei campioni di Mondragone (MAd 1), mentre per i 2 campioni<br />
da Caltabellotta (CLTB 1-2, tav. 32a-b) una provenienza dall’area di Ischia-Golfo di Napoli sembra quella più<br />
verosimile.<br />
Per la gran parte dei campioni esaminati dai contesti archeologici ubicati nella parte sud orientale o orientale della<br />
Sicilia è stato possibile rilevare una loro compatibilità con la geologia della Sicilia. I 4 campioni esaminati da Camarina<br />
(K 2-4, K 11, tav. 32e-g) sono caratterizzati dalla presenza di inclusioni la cui origine può essere rintracciata nella<br />
parte nord orientale o nord occidentale della Sicilia. Soltanto per 1 campione (K 2) ci sono prove, di tipo composizionale,<br />
di una provenienza dall’area di Ischia-Golfo di Napoli, ma la sua attribuzione ai gruppi già stabiliti per quella<br />
zona deve essere esclusa. Per quanto riguarda l’unico esemplare considerato da Naxos (NX 1, tav. 32h), a grandi<br />
linee, si può ipotizzare una sua origine siciliana.<br />
VI.4.9. Alcune osservazioni sui risultati delle analisi mineralogiche e chimiche<br />
<strong>estratto</strong><br />
I campioni assegnati al gruppo I mostrano delle differenze di tipo composizionale e tessiturale rispetto a quelli che<br />
si attribuiscono ai gruppi II e III. L’ipotesi di una provenienza da una zona più remota per gli ultimi due gruppi petrografici<br />
resta abbastanza attendibile. Al contrario, le differenze osservate tra i campioni riuniti nei gruppi (e i loro sottogruppi)<br />
II e III si riferiscono per lo più a delle caratteristiche tessiturali, mentre il loro carattere composizionale risulta<br />
molto simile (ad esclusione del sottogruppo IIIb, per il quale la spiccata presenza di minerali opachi deve essere<br />
riconsiderata più in dettaglio). L’ipotesi di una loro provenienza simile sembra abbastanza attendibile.<br />
Si deve sottolineare che al gruppo IIa è stato assegnato pure uno scarto di fornace campionato dallo scarico di fornace<br />
scavato nella zona di Napoli. Inoltre, la maggioranza dei campioni prelevati da relitti sono stati attribuiti a questi due<br />
gruppi (II e III) e soltanto sporadicamente si sono riscontrati campioni assegnati al gruppo I. Per il gruppo IV, anche se le<br />
differenze del tipo composizionale con i campioni dei gruppi II e III non sono così tanto marcate, la loro diversità del tipo<br />
di tessitura risulta molto evidente e va anche accompagnata alla differenza composizionale che si nota nella matrice<br />
argillosa, che risulta molto micacea e ricca in ferro, senza nessun contributo della componente calcarea.<br />
ll gruppo I si considera come ischitano, tenendo conto che i campioni classificati in questo gruppo sono quasi esclusivamente<br />
recuperati a Ischia e provengono da unarea di produzione. Al contrario campioni con questo fabric non si<br />
trovano nella zona di Napoli (o soltanto pochi?). Questa potrebbe essere un’ulteriore indicazione per la provenienza<br />
ischitana di tali campioni.<br />
Il fabric petrografico dei campioni classificati nel gruppo I presenta delle differenze sia composizionali sia tessiturali<br />
rispetto ai fabric petrografici dei campioni assegnati ai gruppi II e III. In tal senso risulta molto probabile che in questi<br />
ultimi siano raggruppate ceramiche realizzate in una zona diversa da quella che ha prodotto i campioni del gruppo<br />
I. Questa zona potrebbe essere o vicino a quella che ha dato i campioni assegnati a gruppo I o anche in un’area più<br />
remota, come per esempio la zona di Napoli o nelle sue vicinanze, o alternativamente in entrambe le zone, una più
206 c a p i to l o v i<br />
locale (a Ischia) e un’altra più remota (forse vicino a Napoli). Le prove per quest’ultima ipotesi, almeno di tipo direttamente<br />
petrografico, purtroppo non emergono. Si possono soltanto fare delle ipotesi più concrete se si considerano<br />
anche i dati chimici. Infatti una prima lettura dei dati chimici mostra un carattere nettamente discriminante per almeno<br />
due degli elementi chimici: il calcio e lo stronzio. I valori medi di questi due elementi nei due gruppi principali (gruppi<br />
I e IIa) sono:<br />
i) campioni del Gruppo petrografico I: CaO = 8,45% e Sr = 254 ppm<br />
ii) campioni del Gruppo petrografico IIa recuperati a Ischia: CaO = 9,26% e Sr = 410 ppm<br />
iii) campioni del Gruppo petrografico IIa recuperati a Napoli: CaO = 10,91% e Sr = 429 ppm<br />
(Le considerazioni per la chimica sono basate sui campioni: ISC 621, 637, 639, 644 e 749 per il gruppo petrografico<br />
I; ISC 686, 687, 708 e 710 per il gruppo petrografico IIa per i campioni prelevati ad Ischia; NNA 1, 2, 3, 5, 6, 8, 9 per<br />
il gruppo petrografico IIa per i campioni prelevati a Napoli).<br />
Le considerazioni che emergono sono le seguenti:<br />
1. Lo Sr risulta molto più basso per i campioni assegnati al gruppo I. Questo è probabilmente da mettere in relazione<br />
all’assenza del clinopirosseno in questi campioni, come risulta dall’analisi petrografica. Questo minerale, come quello<br />
che si trova nel vulcanismo alcalino della provincia romana ma anche delle zone più a sud, porta un significativo<br />
tenore di questo elemento in tracce.<br />
2. Lo Sr mostra un tenore simile nei altri due “gruppetti chimici” e questo va d’accordo con la presenza significativamente<br />
più alta del clinopirosseno in entrambi i gruppetti chimici, come risulta dall’analisi petrografica.<br />
3. Il contenuto di CaO nei campioni del gruppo petrografico IIa risulta più alto rispetto al gruppo petrografico I. I campioni<br />
trovati ad Ischia e classificati nel gruppo IIa mostrano un valore di CaO molto più simile a quello che si osserva<br />
nei campioni del gruppo petrografico I (differenza di 0,81%), rispetto al valore che mostrano i campioni del gruppo IIa<br />
trovati a Napoli (differenza di 2,46%). Il poco CaO in più che porta l’aggiunta del clinopirosseno (insieme a quello dello<br />
Sr già considerato) può dare una prima spiegazione per questa piccola differenza di Ca, che si nota nei campioni<br />
prelevati ad Ischia e classificati petrograficamente come IIa rispetto a quelli proprio Ischitani (gruppo I). Per i restanti<br />
campioni (quelli prelevati a Napoli), però, la differenza nel calcio è significativamente alta per attribuirla soltanto alla<br />
presenza elevata di clinopirosseno. Come alternativa si ipotizza l’uso di un’argilla composizionalmente diversa per<br />
la manifattura di questi campioni.<br />
4. Rimane però aperta la possibilità che anche queste anfore si producessero ad Ischia ma con l’uso di un’argilla<br />
diversa da quella utilizzata per il gruppo I. La presenza di scarti di fornace a Napoli non sembra provare tale ipotesi.<br />
L’esportazione dell’argilla da Ischia verso Napoli è un’altra ipotesi da considerare. Se una tale ipotesi va accettata,<br />
l’assenza di campioni con simile chimismo nei dintorni di Ischia emerge come problematica. Se esportavano argilla<br />
da Ischia, perché non veniva esportata quella già usata per i campioni ischitani? E se alla fine c’era veramente un’argilla<br />
di questo tipo a Ischia, ed è vero che la esportavano verso Napoli, perché non si trovano anche delle ceramiche<br />
ischitane realizzate con questo tipo di argilla?<br />
Quindi, l’ipotesi di una produzione di ceramiche del fabric petrografico IIa in due diverse zone (e probabilmente anche<br />
contemporaneamente), delle quali una può essere quella di Ischia e l’altra più vicino a Napoli, rimane quella più<br />
probabile, sulla base dei dati a disposizione.<br />
Per quanto riguarda i gruppi petrografici stabiliti per i campioni dal relitto di Filicudi, si può ipotizzare una provenienza dalla<br />
stessa zona dei gruppi I, II e III per il gruppo FIL I, mentre il gruppo FIL II, che comprende la ceramica da cucina, deve<br />
considerarsi tra quelli più incompatibili con i gruppi stabiliti finora dal Golfo di Napoli (si veda anche la tabella VII.1).<br />
Tabella VI.3. Assegnazione dei campioni ai gruppi petrografici stabiliti (I. Iliopoulos).<br />
sigla gruppo<br />
petrografico<br />
gruppo<br />
Chimico<br />
A 9 (ISC 644) Gruppo I Gruppo D<br />
A 12 Gruppo I<br />
IS 2 Gruppo I<br />
IS 5 Gruppo I<br />
IS 9 Gruppo I<br />
IS 39 (ISC 640) Gruppo I Gruppo D<br />
IS 40 Gruppo I (?)<br />
ISC 621 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 621bis Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 635 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 637 Gruppo I Gruppo D<br />
Note<br />
Ischia<br />
<strong>estratto</strong>
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 207<br />
sigla gruppo gruppo Note<br />
petrografico Chimico<br />
ISC 639 Gruppo I (?) Gruppo D Con piccole differenze, soprattutto a causa della dimensione dei clasti<br />
più grossolani (risulta più bassa del solito)<br />
ISC 642 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 650 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 694 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 734 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 735 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 736 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 747 Gruppo I Gruppo D<br />
ISC 749 Gruppo I Gruppo D<br />
SR 131 Gruppo I (?)<br />
SR 133 Gruppo I<br />
SR 1473 (ISC 648) Gruppo I Gruppo D<br />
SR 1509 (ISC 638) Gruppo I Gruppo D<br />
SR 1641 (ISC 619) Gruppo I Gruppo D<br />
SR 1803 Gruppo I<br />
SR 1832 Gruppo I<br />
1493 Gruppo I<br />
247204 Gruppo I In omogeneità areale intensa per il degrassante sabbioso<br />
R 611 Gruppo I (?)<br />
IS 1 Gruppo IIa<br />
ISC 686 Gruppo IIa Insieme F<br />
ISC 708 Gruppo IIa Insieme E<br />
SG 268 (ISC 710) Gruppo IIa Insieme E<br />
SG 279 (ISC 687) Gruppo IIa Insieme F<br />
SG 279 - A 50 (ISC 687) Gruppo IIa Insieme F<br />
SG 281 (ISC 712) Gruppo IIa Insieme F<br />
A 13 (ISC 738) Gruppo IIb Insieme E<br />
A 44 Gruppo IIb<br />
AR 194 Gruppo IIb<br />
A 10 Gruppo IIc<br />
IS 4 Gruppo IIc<br />
IS 6 Gruppo IIc<br />
IS 7 (ISC 691) Gruppo IIIa Sottogruppo<br />
insieme E<br />
SG 265 (ISC 709) Gruppo IIIa Insieme E<br />
SG 284 Gruppo IIIa<br />
A 32 Gruppo IIIb<br />
A 33 Gruppo IIIb<br />
ISC 649 Gruppo IIIb Fine cluster<br />
247317 Gruppo IIIb<br />
247318 Gruppo IIIb<br />
A 20 Gruppo IIIc Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati<br />
A 53a Gruppo IIIc<br />
A 53b Gruppo IIIc<br />
ISC 690 Gruppo IIIc (?) Insieme F Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati<br />
SG 292 Gruppo IIIc Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati<br />
SR 191 Gruppo IIIc Ricco in scorie nere con inclusioni di feldspati<br />
ISC 341 Gruppo IV<br />
ISC 693 Gruppo IV Sottogruppo<br />
insieme E<br />
ISC 695 Gruppo IV Sottogruppo<br />
insieme E<br />
IS 3 LONER (?) Probabilmente da Ischia-Golfo di Napoli (vicino al Gruppo II)<br />
IS 8 LONER Probabilmente da Ischia-Golfo di Napoli (vicino al Gruppo IIIa)<br />
IS 41 LONER Simile a campioni da Cales o Pontelatone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
247303 (ISC 684) LONER Gruppo D Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
CAM (A 40) LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)
208 c a p i to l o v i<br />
<strong>estratto</strong><br />
sigla gruppo gruppo Note<br />
petrografico Chimico<br />
T 1038 LONER Simile a campioni da Fondi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
Napoli<br />
NNA 1 (AMN 1) Gruppo IIa Insieme E<br />
NNA 2 (AMN 2) Gruppo IIa Insieme F<br />
NNA 4 (AMN 4) Gruppo IIa Insieme F<br />
NNA 5 (AMN 5) Gruppo IIa Insieme E<br />
NNA 6 (AMN 6) Gruppo IIa Insieme E<br />
NNA 8 Gruppo IIa<br />
NNA 9 (AMN 7) Gruppo IIa Insieme F<br />
1807 Gruppo IIa<br />
1859/2 Gruppo IIa<br />
1859/4 Gruppo IIa<br />
1859/13 Gruppo IIa<br />
1863/1 Gruppo IIa<br />
1863/6 Gruppo IIa<br />
NNA 7 LONER Assomiglia al gruppo II ma con classazione molto più scarsa e<br />
dimensione dei clasti più grandi.<br />
Filicudi F (relitto)<br />
FF 3 Gruppo FIL Ia Con classazione scarsa e pasta calcarea<br />
FF 1770/1 Gruppo FIL Ia Con classazione scarsa e pasta calcarea<br />
FF 17705 Gruppo FIL Ia Con classazione scarsa e pasta calcarea<br />
FF 2 Gruppo FIL Ib Con classazione scarsa<br />
FF 7 Gruppo FIL Ib Con classazione scarsa<br />
FF 17689 Gruppo FIL Ib Con classazione scarsa<br />
FF 4 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia<br />
FILF 1 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia<br />
FILF 2 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia<br />
FILF 3 Gruppo FIL II Non riportabile ai gruppi noti di Ischia<br />
FF 5 Gruppo IIa<br />
FF 6 Gruppo IIa<br />
FF 17697 Gruppo IIa<br />
FF 17700 Gruppo IIa<br />
FF 1 Gruppo IIb<br />
FF 11025 Gruppo IIb<br />
FILF 4 Gruppo IIb<br />
secca di Capistello (relitto)<br />
SC 12870 Gruppo I<br />
SC 8 Gruppo IIa<br />
SC 12393 Gruppo IIa<br />
SC 12852 Gruppo IIa<br />
SC 12858 Gruppo IIa<br />
SC 12859 Gruppo IIa<br />
SC 12867 Gruppo IIa<br />
SC 12872 Gruppo IIa<br />
SC 12873 Gruppo IIa<br />
SC 12874 Gruppo IIa<br />
gela (CL)<br />
GL 4 Gruppo I<br />
GL 19 Gruppo I<br />
GL 24 Gruppo I Pasta di fondo troppo calcarea rispetto agli altri campioni del gruppo<br />
I<br />
GL 5 Gruppo IIa<br />
GL 21 Gruppo IIa<br />
GL 26 Gruppo IIa<br />
GL 1 Gruppo IIb<br />
GL 6 Gruppo IIb<br />
GL 20 Gruppo IIb
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 209<br />
sigla gruppo gruppo Note<br />
petrografico Chimico<br />
GL 34 Gruppo IIIb<br />
GL 2 LONER Grecia, Sicilia ?<br />
GL 3 LONER Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
GL 8 LONER Grecia, Sicilia ?<br />
GL 22 LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)<br />
GL 23 Ischia-Golfo di Napoli ? molto ricco in foraminiferi<br />
gela-Manfria (CL)<br />
MNF 1 Gruppo I<br />
MNF 2 Gruppo I<br />
Licata (Ag)<br />
L 2 Gruppo IV Simile a campioni da Cuma?<br />
L 11 Simile a dati di riferimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)<br />
Poggio Marcato di Agnone (Ag)<br />
PMA 2 Gruppo IIa<br />
PMA 3 LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)<br />
PMA 89 LONER Simile a dati di riferimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)<br />
Monte s. Angelo di Licata (Ag)<br />
MSA 1 Gruppo I<br />
MSA 2 Gruppo IIa<br />
Eraclea Minoa (Ag)<br />
EM 7 Gruppo I<br />
EM 11 Gruppo I<br />
EM 13 Gruppo I<br />
EM 1 Gruppo IIa<br />
EM 9 Gruppo IIa<br />
EM 10 Gruppo IIa<br />
EM 12 Gruppo IIb<br />
EM 14 Gruppo IIIb<br />
EM 15 Gruppo IIIb<br />
EM 3 Gruppo IIIc<br />
EM 6 Gruppo IIIc<br />
EM 2 LONER Simile a campioni da Minturno (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
EM 4 LONER Simile a campioni da Minturno (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
EM 5 LONER Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
EM 16 LONER Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
EM 8 LONER Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
(simile a 247303 (ISC 684), ma leggermente più fine)<br />
selinunte (TP)<br />
SL 2 Gruppo IIa<br />
SL 4 Gruppo IIb<br />
SL 13921 (ISC 782) Gruppo IIIa ? Insieme E<br />
SL 17915 (ISC 783) Gruppo IIIb Fine cluster<br />
SL 13920 (ISC 785) Gruppo IIIc Insieme E<br />
SL 1 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
SL 3 Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
SL 1993 Simile a campioni da Minturno (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
Monte Adranone (Ag)<br />
MAd 1 LONER Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
MAd 2 Gruppo IIa<br />
Caltabellotta (Ag)<br />
CTLB 2 Gruppo I<br />
CTLB 1 Gruppo IIa<br />
Camarina (rg)<br />
K 2 Composizionalmente simile a Ischia-Golfo di Napoli ma con differenze<br />
tessiturali significative.
210 c a p i to l o v i<br />
<strong>estratto</strong><br />
sigla gruppo gruppo Note<br />
petrografico Chimico<br />
K 3 Simile a dati di rierimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)<br />
K 4 Simile a dati di rierimento della Sicilia nord orientale (I. Iliopoulos)<br />
K 11 Simile a dati di rierimento della Sicilia nord occidentale (I. Iliopoulos)<br />
Naxos (ME)<br />
NX 1 Simile a dati di riferimento della Sicilia (Siracusa?) (I. Iliopoulos)<br />
Lipari-Portinenti (ME)<br />
LP 1 (ISC 777) Gruppo IIa Insieme E<br />
LP 2 (ISC 779) Gruppo IIa Insieme E<br />
LP 3 (ISC 776) Gruppo IIIa? Insieme E<br />
LP 4 (ISC 774) Gruppo IIIb Gruppo D<br />
Marsala/Lilibeo (TP)<br />
MR 4495 (ISC 786) Gruppo IV Sottogruppo Simile a campioni da Cuma?<br />
insieme E<br />
Nave di Marsala Punta scario (relitto)<br />
MR 1 Gruppo IIa<br />
MR 5 Gruppo IIIa<br />
MR 6 Gruppo IV Simile a campioni da Cuma?<br />
MCB 1 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
MR 2 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
MR 3 Impasto campano<br />
MR 4 Impasto campano<br />
MR 7 Ceramica fine, Grecia?<br />
MR 8 Campania ?<br />
Terrasini b (relitto)<br />
TER 2 Gruppo IIa<br />
TER 7 Gruppo IIIa<br />
TER 1 Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 4 Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 5 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 6 Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 8 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 9 Simile a campioni da Mondragone (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 11 Simile a campioni da Pyrgi (Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>)<br />
TER 12 Impasto campano ?<br />
spagna - sagunto<br />
SAG 1 Gruppo IV<br />
spagna - bon Capò (relitto)<br />
ES 1 Gruppo IIa<br />
ES 2 Gruppo IIa<br />
ES 3 Gruppo IIa<br />
ES 4 Gruppo IIa<br />
ES 5 Gruppo IIa<br />
ES 6 Gruppo IIa<br />
Francia - Tour Fondue (relitto)<br />
TF 1 Gruppo IIb<br />
Francia - Tour d’Agnello (relitto)<br />
TA 3025 Non<br />
Esclusivamente costituito de materia prima finissima (argillosa), pieno<br />
classificabile<br />
di pori vescicolari e con comuni microfossili calcarei (molluschi)
NOTE<br />
1 È ciò che emerge dall’intenso lavoro di confronto effettuato<br />
da I.Iliopoulos nell’ambito del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>.<br />
2 Progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>, www.immensaaequora.org.<br />
3 Ricq de Bouard et al. 1989, p. 257. T. Mannoni, ad esempio,<br />
ha da tempo sottolineato come nell’area compresa tra la Toscana<br />
meridionale e la Campania settentrionale siano molte le<br />
aree interessate da vulcani quaternari e le argille di quelle zone<br />
siano caratterizzate dalla presenza degli stessi minerali (augite<br />
e sanidino idiomorfi, biotite, lapilli vetrosi e frammenti di roccia<br />
trachitica, Mannoni 1984). Anche se ricerche successive sembrano<br />
aprire spiragli interessanti e poter giungere a una migliore<br />
caratterizzazione e distinzione delle ceramiche di alcune aree<br />
(Thierrin Michael 1992), è indubbio che, in mancanza dei dati<br />
sui centri di produzione, è solo l’incrocio di dati diversi - storici,<br />
tipologici, epigrafici e archeometrici - che consente di circoscrivere<br />
la zona di origine delle anfore che hanno circolato.<br />
4 Gruppi di riferimento sono stati pubblicati nell’ambito del<br />
lavoro della Thierrin Michael nel 1992; dati nuovi sono stati<br />
ottenuti nel corso del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>.<br />
5 I metodi utilizzati sono solo parzialmente comparabili.<br />
6 Morel, Picon 1994.<br />
7 Abbas 1999, p. 60, la ricerca ha avuto come oggetto le<br />
anfore ionio-massaliote.<br />
8 Abbas inedito, p. 62.<br />
9 Durando 1998.<br />
10 I dati completi saranno inseriti nel volume successivo.<br />
11 Per questi argomenti si rimanda a Picon 1984b; per una<br />
panoramica generale sui problemi di determinazione di origine<br />
della ceramica, Olcese 1993 e 2006.<br />
12 Olcese 1993 e 2006, per la bibliografia.<br />
13 Si vedano in modo particolare i numerosi contributi di<br />
M. Picon.<br />
14 Le analisi sono state finanziate in gran parte dalla Thyssen<br />
Stiftung di Bonn, in una prima fase come completamento<br />
della tesi di abilitazione di chi scrive discussa presso la Freie<br />
Universität di Berlino, poi come ricerca sulle aree di produzione<br />
ceramica dell’Italia tirrenica. Le analisi chimiche e mineralogiche<br />
comprese nel capitolo sono di proprietà del progetto<br />
<strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong> a cura di chi scrive.<br />
15 Le nuove analisi chimiche sono state effettuate con la collaborazione<br />
del CNR/IGG. Si veda il sito www.immensaaequora.org<br />
e Olcese 2010.<br />
16 Con la definizione “insieme” si vogliono indicare materiali<br />
che, per mancanza di dati, non è ancora possibile definire<br />
come gruppo e che potrebbero in realtà comprendere reperti<br />
di più siti/aree.<br />
17 Le notizie riportate di seguito sono finalizzate esclusivamente<br />
all’introduzione del tema delle analisi di laboratorio e<br />
non hanno certo la pretesa di esaustività. Per i testi di riferimento<br />
si veda la nota successiva.<br />
18 Per il vulcanismo campano, si vedano tra gli altri Joron<br />
et al. 1987, Di Girolamo et al. 1991, Abbas 1999, Vallario (a<br />
cura di) 2001.<br />
19 Pithekoussai I, p. 32.<br />
20 Buchner 1994, pp. 17 e seguenti.<br />
21 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 135.<br />
22 De Siano 1801, p. 23.<br />
23 Capaccio 1771, p. 180.<br />
24 Andria 1783, p. 79.<br />
25 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 61.<br />
26 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 64.<br />
27 Niola Buchner 1965, p. 65.<br />
28 D’Aloysio 1757, libro IV, p. 311.<br />
29 Haller 1822 (Tommaselli 2005), p. 112.<br />
30 Ulteriori dati archeometrici saranno pubblicati nel secondo<br />
volume in corso di preparazione.<br />
31 Accorona et al. 1985, Laforgia 1986, Morel 1986a, Morel,<br />
Picon 1994.<br />
32 Febbraro, Giampaola 2009.<br />
33 Si rimanda ai singoli testi dei colleghi nei paragrafi successivi<br />
e per analisi già edite dei materiali del Golfo di Napoli<br />
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 211<br />
si vedano i testi di Picon e Schneider in Ceramica romana e<br />
archeometria; Olcese et al. 1996.<br />
34 G.Thierrin Michael in Olcese et al. 1996; G. Montana in<br />
questo volume; G. Abbas ha effettuato alcune analisi mineralogiche<br />
di confronto nell’ambito di una ricerca sulle anfore<br />
ionio-massaliote, Abbas 1999.<br />
35 Olcese et al. 1996.<br />
36 Dell’Università di Patrasso, che ha preso in carico l’interpretazione<br />
delle sezioni sottili del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong><br />
sulle aree di produzione ceramica in area tirrenica centrale.<br />
37 Thierrin Michael in Olcese et al. 1996, p. 18.<br />
38 La descrizione è di G. Thierrin, in Olcese et al. 1996, p. 19.<br />
39 Queste analisi vanno ad aggiungersi a quelle effettuate<br />
sulle altre classi ceramiche, già concluse, che saranno inserite<br />
nel volume in corso di preparazione.<br />
40 Si veda il testo di Iliopoulos.<br />
41 ISC 695, ISC 786 (Marsala), ISC 691, ISC 780 (Lipari),<br />
ISC 781 (Lipari), ISC 693, ISC 784 (Erice), ENS 17.<br />
42 Grifa et al. 2009.<br />
43 Nei diversi articoli i gruppi/insiemi sono stati denominati in<br />
modo diverso e la tabella che segue ha lo scopo di facilitare<br />
l’equiparazione delle definizioni.<br />
Le fasi della ricerca archeometrica: le denominazioni dei gruppi<br />
Olcese et. al. 1996 Olcese 2004 Olcese 2007 Olcese 2010<br />
Gr. chim.1 (vernice<br />
nera)<br />
Insieme chim.2<br />
(vernice nera)<br />
Gr. chim.3 (anfore) Gr. chim.1 Gr. chim. D Gr. chim. D/Gr.<br />
(anfore) (anfore) min.I (anfore)<br />
Gr. chim.2 Insieme chim. Insieme chim.<br />
(anfore) E-F (anfore) E-F/Gr. min.II-III<br />
(anfore)<br />
44 Per questo sito i campioni di riferimento sono ancora pochi<br />
e ricerche future potrebbero modificare i dati attualmente<br />
in nostro possesso.<br />
45 Olcese et al. 1996.<br />
46 Pour plus de détails sur les méthodes de calcul, voir Picon<br />
1984a ou D’Anna et al. 2003.<br />
47 Les resultats des analyses chemiques concernates les autres<br />
classes céramiques seront publiées dans le livre à paraître.<br />
48 Parmi les céramiques à décor géométrique, on peut noter<br />
que quelques-unes ont des taux de CaO assez élevés, qu’elles<br />
présentent en moyenne des taux de fer et de vanadium<br />
assez élevés. Néanmoins les céramiques à décor géométriques<br />
présentent des compositions très voisines de celles des<br />
amphores gréco-italiques.<br />
49 Thierrin Michael 1992.<br />
50 Thierrin Michael, Galetti 1996.<br />
51 Nota redazionale: il testo è relativo alla prima fase di ricerca<br />
e non ha potuto tenere conto dell’avanzamento dello studio.<br />
52 Vedere anche i cataloghi IVA e IVB alla fine del volume.<br />
53 Rittmann, Gottini 1980; Vezzoli (a cura di) 1988.<br />
54 Rittmann, Gottini 1980.<br />
55 Vezzoli (a cura di) 1988.<br />
56 Rittmann 1930; Rittmann, Gottini 1980.<br />
57 Rittmann, Gottini 1980, pp. 234-235.<br />
58 Rittmann, Gottini 1980.<br />
59 Buchner 1994. Si veda il testo riportato nel par. VI.I.3.<br />
60 Nota redazionale: la continuazione delle analisi ha permesso<br />
di arrivare a precisare tali risultati grazie al confronto<br />
con i dati del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>. Si vedano il par.<br />
VI.4 e la tabella VI.3 di I. Iliopoulos.<br />
61 c = componente grossolano (>0,0625 mm); f = componente<br />
fine (
212 c a p i to l o v i<br />
Tav. 22<br />
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)<br />
1 2<br />
3 4<br />
5 6<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 22: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 1. anfora greco italica con bollo AP (ISC 639, cat. I B.8);<br />
2. anfora greco italica con bollo APIΣTO (A 9/ISC 644, cat. I B.21); 3. anfora greco italica con bollo APIΣT●XAP (247204, cat. I<br />
B.49); 4. anfora greco italica con bollo [Γ/Π]AP corona M (SG 279/A 50 - ISC 687, cat. II B.18); 5. anfora greco italica con bollo<br />
ΓΛAYK (1493, cat. I B.62); 6. anfora greco italica con bollo ΔI (ISC 708, cat. II B.22). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto<br />
G. Montana - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
Tav. 23<br />
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)<br />
7 8<br />
9 10<br />
11 12<br />
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 213<br />
Tav. 23: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 7. anfora greco italica con bollo EYXENO[ ] (A 10, cat.<br />
II B.29); 8. anfora greco italica con bollo EYΞENOYAPI (A 20, cat. II B.30); 9. anfora greco italica con bollo EΛ (SR 1473/ISC<br />
648, cat. I B.79); 10. anfora greco italica con bollo ZΩ (SR 1509/ISC 638, cat. I B.122); 11. anfora greco italica con bollo ZΩ (SR<br />
1803, cat. I B.123); 12. anfora greco italica con bollo ΞEN (ISC 642, cat. I B.141). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto G.<br />
Montana - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
214 c a p i to l o v i<br />
Tav. 24<br />
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)<br />
13 14<br />
15 16<br />
17 18<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 24: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 13. anfora greco italica con bollo ΞENTPE (ISC 621, cat.<br />
I B.159); 14. anfora greco italica con bollo ΞENTPE (SR 1832, cat. I B.157); 15. anfora greco italica con bollo ΠAP (ISC 749, cat.<br />
I B.172); 16. anfora greco italica con bollo ΠAPH (ISC 686, cat. II B.51); 17. anfora greco italica con bollo TINΘ (ISC 637, cat. I<br />
B.213); 18. anfora greco italica con bollo TPE (IS 7/ISC 691, cat. II B.56). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto G. Montana -<br />
sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
nella pagina accanto:<br />
Tav. 25: Microfoto delle sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia: 19. anfora greco italica con bollo XAIPI (247317, cat. I<br />
B.224); 20. anfora greco italica con bollo XAIP[I] (?) (A 33, cat. I B.225); 21. anfora greco italica con bollo XAI[ ] (A 32, cat. I B.226);<br />
22. anfora greco italica con bollo XAPIΛA (247318, cat. I B.228); 23. anfora greco italica tipo VI con bollo TR. LOISIO (ISC 693,<br />
cat. II B.73); 24. anfora greco italica con bollo [TR. LOI]SIO (ISC 695, II B.74); 25. Orlo di anfora greco italica tipo IV (A 12, cat. I<br />
A.20); 26. frammento di anfora greco italica tipo V/VI-VI (A 13/ISC 738,cat. I A.36). Dimensione 0,5 mm; nicols incrociati (foto G.<br />
Montana - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
Tav. 25<br />
sezioni sottili delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.3)<br />
19 20<br />
21 22<br />
23 24<br />
25 26<br />
<strong>estratto</strong><br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 215
216 c a p i to l o v i<br />
Tav. 26<br />
I gruppi mineralogici delle anfore greco italiche di Ischia (par. VI.4)<br />
a b<br />
c d<br />
e f<br />
g h<br />
<strong>estratto</strong>
Tav.27<br />
relitto Filicudi F, Napoli (par. VI.4)<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 217<br />
a b<br />
Filicudi F Filicudi F<br />
c d<br />
Filicudi F Napoli<br />
<strong>estratto</strong><br />
nella pagina accanto:<br />
Tav. 26: Microfoto delle sezioni sottili dei gruppi mineralogici delle anfore greco italiche di Ischia: (a) gruppo I: campione ISC 642<br />
(cat. I B.141); (b) sottogruppo IIa: campione 1859/13 (Napoli); (c) sottogruppo IIb: campione AR 194 (cat. I B.60); (d) sottogruppo<br />
IIc: campione A 10 (cat. II B.29); (e) sottogruppo IIIa: IS 7/ISC 691 (cat. II B.56); (f) sottogruppo IIIb: A 33 (cat. I B.225); (g) sottogruppo<br />
IIIc: A 20 (cat. II B.30); (h) gruppo IV: campione ISC 693 (cat. II B.73). Larghezza immagine ca. 5,2 mm; nicols incrociati<br />
(foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
Tav. 27: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto: (a) gruppo FIL Ia (Filicudi F): campione FF<br />
1770/1; (b) gruppo FIL Ib (Filicudi F): campione FF 17689; (c) gruppo FIL II (Filicudi F): campione FILF 3; (d) “loner”: campione<br />
NNA 7 (Napoli). Larghezza immagine ca. 5,2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong><br />
<strong>Aequora</strong>).
218 c a p i to l o v i<br />
Tav. 28<br />
gela, Manfria (par. VI.4)<br />
a b<br />
Gela Gela<br />
c d<br />
Gela Gela<br />
e f<br />
Gela Gela<br />
g h<br />
Gela Manfria<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 29<br />
Eraclea Minoa (par. VI.4)<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 219<br />
a b<br />
c d<br />
e f<br />
<strong>estratto</strong><br />
nella pagina accanto:<br />
Tav. 28: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (gela - GL- e Manfria - MNF):<br />
(a) campione GL 4; (b) campione GL 5; (c) campione GL 20 (d) campione GL 34; (e) campione GL 22; (f) campione GL 3; (g) campione<br />
GL2; (h) campione MNF 2. Larghezza immagine ca. 5,2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà<br />
del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
Tav. 29: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (Eraclea Minoa): (a) campione<br />
EM 11; (b) campione EM 9; (c) campione EM 14 (d) campione EM 6; (e) campione EM 2; (f) campione EM 5. Larghezza immagine<br />
ca. 5,2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
220 c a p i to l o v i<br />
Tav. 30<br />
selinunte (par. VI.4)<br />
a b<br />
c d<br />
e f<br />
g h<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 31<br />
Licata, Monte s. Angelo di Licata, Poggio Marcato di Agnone (par. VI.4)<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 221<br />
a b<br />
Licata Licata<br />
c d<br />
Monte S. Angelo di Licata Monte S. Angelo di Licata<br />
e f<br />
Poggio Marcato di Agnone Poggio Marcato di Agnone<br />
<strong>estratto</strong><br />
nella pagina accanto:<br />
Tav. 30: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (selinunte): (a) campione SL<br />
2; (b) campione SL 4; (c) campione SL 13921 (d) campione SL 13920; (e) campione SL 17915; (f) campione SL 1; (g) campione<br />
SL 3; (h) campione SL 1993. Larghezza immagine ca. 5.2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del<br />
progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
Tav. 31: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (Licata - L -, Monte s. Angelo<br />
di Licata - MSA -, Poggio Marcato di Agnone - PMA): (a) campione L 2; (b) campione L 11; (c) campione MSA 1 (d) campione<br />
MSA 2; (e) campione PMA 3; (f) campione PMA 89. Larghezza immagine ca. 5.2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni<br />
sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
222 c a p i to l o v i<br />
Tav. 32<br />
Caltabellotta, Monte Adranone, Camarina, Naxos (par. VI.4)<br />
a b<br />
Caltabellotta Caltabellotta<br />
c d<br />
Monte Adranone Monte Adranone<br />
e f<br />
Camarina Camarina<br />
g h<br />
Camarina Naxos<br />
<strong>estratto</strong>
Tav. 33<br />
relitto Terrasini b (par. VI.4)<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 223<br />
a b<br />
c d<br />
e f<br />
<strong>estratto</strong><br />
nella pagina accanto:<br />
Tav. 32: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (Caltabellotta - CLTB -, Monte<br />
Adranone - MAd -, Camarina - K -, Naxos - NX): (a) campione CLTB 2; (b) campione CLTB 1; (c) campione MAd 1 (d) campione<br />
MAd 2; (e) campione K 2; (f) campione K 3; (g) campione K 11; (h) campione NX 1. Larghezza immagine ca. 5.2 mm; nicols<br />
incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).<br />
Tav. 33: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (relitto Terrasini b): (a) campione<br />
TER 2; (b) campione TER 7; (c) campione TER 1 (d) campione TER 6; (e) campione TER 5; (f) campione TER 12. Larghezza<br />
immagine ca. 5.2 mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
224 c a p i to l o v i<br />
Tav. 34<br />
relitto della secca di Capistello e nave di Marsala Punta scario (par. VI.4)<br />
a b<br />
Secca di Capistello Secca di Capistello<br />
c d<br />
Marsala / Punta Scario Marsala / Punta Scario<br />
e f<br />
Marsala / Punta Scario Marsala / Punta Scario<br />
g h<br />
Marsala / Punta Scario Marsala / Punta Scario<br />
<strong>estratto</strong><br />
Tav. 34: Microfoto delle sezioni sottili di anfore greco italiche di alcuni siti di confronto della Sicilia (relitto della secca di Capistello<br />
- SC -, nave di Marsala Punta scario - MR, MCB): (a) campione SC 12870; (b) campione SC 12858; (c) campione MR 1 (d)<br />
campione MR 5; (e) campione MR 6; (f) campione MCB 1; (g) campione MR 4; (h) campione MR 7. Larghezza immagine ca. 5.2<br />
mm; nicols incrociati (foto I. Iliopoulos - sezioni sottili di proprietà del progetto <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>).
Tabella VI.4: Dati riassuntivi delle analisi chimiche e mineralogiche su anfore e laterizi di Ischia.<br />
Legenda: AC: analisi chimica, AM: analisi mineralogica<br />
Nr.<br />
Analisi/ nr.<br />
Inventario<br />
1493<br />
(1493)<br />
(AR 28)<br />
247303 vedere IsC 684<br />
247204<br />
(247204)<br />
247317<br />
(247317)<br />
(SR 188)<br />
247318<br />
(247318)<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 225<br />
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.<br />
catalogo<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. IIIb<br />
IsCHIA<br />
Anfora greco italica Ansa con bollo ΓΛAYK I B.62<br />
Anfora greco italica Ansa con frammento di spalla con bollo<br />
ΑΡΙΣΤ● ΧΑΡ<br />
I B.49<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAIPI I B.224<br />
<strong>estratto</strong><br />
X<br />
Gr. IIIb<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAPIΛA I B.228<br />
A 9 vedere IsC 644<br />
A 10<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΕΥΞΕΝΟ[?] II B.29<br />
(A 10)<br />
Gr. IIc<br />
A 12<br />
X Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo I A.20<br />
(A 12)<br />
Gr. I<br />
A 13 vedere IsC 738<br />
A 20<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΕΥΞΕΝΟΥΑΡΙ II B.30<br />
(A 20)<br />
Gr. IIIc<br />
A 32<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΙ[ ] I B.226<br />
(A 32)<br />
Gr. IIIb<br />
A 33<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΙΡ[Ι] (?) I B.225<br />
(A 33)<br />
(56)<br />
Gr. IIIb<br />
A 40<br />
X X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo CAM I B.246<br />
(A 40T.L.)<br />
(CAM)<br />
Loner<br />
A 44<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΠOP o I B.202<br />
(A 44)<br />
Gr. IIb<br />
ΠOY (?)<br />
A 53a<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo MAK (?) II B.39<br />
(A 53)<br />
Gr. IIIc<br />
A 53b<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo IΣ II B.36<br />
(A 53 bis)<br />
Gr. IIIc<br />
Ar 194<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [Γ/Π]AP I B.60<br />
(AR 194)<br />
Gr. IIb<br />
corona M<br />
CAM vedere A 40<br />
Is 1 X<br />
Gr. IIa<br />
Anfora greco italica Ansa completa con bollo XPH[ ] II B.63<br />
Is 2<br />
X Anfora greco italica Ansa completa con bollo [ ]IΣ (?) II B.66<br />
(A 6)<br />
Gr. I<br />
Is 3 X Anfora greco italica tipo V Anfora completa con bollo sull’ansa<br />
III B.1<br />
Loner (?) o V/VI<br />
ANΔPΩ<br />
(= III A.1)<br />
Is 4<br />
X Anfora greco italica tipo VI Collo con orlo, anse e spalla con bollo III B.3<br />
(166510)<br />
Gr. IIc<br />
ACKΛH<br />
(= III A.2)<br />
Is 5 X<br />
Gr. I<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΔI [ ] I B.76<br />
Is 6 X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo<br />
II B.19<br />
Gr. IIc<br />
[ΓAP/ΠAP] corona M<br />
Is 7 vedere IsC 691<br />
Is 9 X<br />
Gr. I<br />
Anfora greco italica Puntale I A.52<br />
Is 39 vedere IsC 640<br />
Is 40 X Anfora greco italica tipo III Frammento di orlo con parte di collo e ansa I B.46<br />
Gr. I (?)<br />
con bollo ΑΡΙΣΤ● KI<br />
(= I A.1)<br />
Is 41 X<br />
Loner<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo CTA [ ] I B.205<br />
IsC 619 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo APΣT o APIΣT I B.17<br />
(SR 1641-A) Gr. D (sr 1641)<br />
Gr. I
226 c a p i to l o v i<br />
Nr.<br />
Analisi/ nr.<br />
Inventario<br />
IsC 621<br />
(1507)<br />
IsC 621bis<br />
(1507)<br />
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.<br />
catalogo<br />
X<br />
Gr. D<br />
IsC 634 X<br />
Fine cluster<br />
IsC 635 X<br />
Gr. D<br />
IsC 636 X<br />
Fine cluster<br />
IsC 637 X<br />
(247297)<br />
(M 263)<br />
Gr. D<br />
IsC 638 X<br />
(SR 1509) Gr. D<br />
IsC 639<br />
(SR 130)<br />
(AR 55)<br />
IsC 640<br />
(247302)<br />
IsC 641<br />
(TR 4)<br />
IsC 642<br />
(247182)<br />
IsC 643<br />
(247200)<br />
(AR 33)<br />
IsC 644<br />
(247201)<br />
(SR 170)<br />
(A 9)<br />
IsC 645<br />
(247292)<br />
IsC 646<br />
(M 249)<br />
(247296)<br />
IsC 647<br />
(M 86)<br />
(AR 101)<br />
IsC 648<br />
(247235)<br />
(SR 1473)<br />
(A 16)<br />
IsC 649<br />
(SR 1508)<br />
IsC 650<br />
(M 158 bis)<br />
IsC 651<br />
(247298)<br />
(SR 58)<br />
(SR 172)<br />
IsC 652<br />
(M 88)<br />
IsC 653<br />
(247185)<br />
(M 207)<br />
IsC 654<br />
(SR 173)<br />
(247170)<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Fine cluster<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Fine cluster<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Fine cluster<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
(sr 1509)<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I (?)<br />
X<br />
(Is 39)<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
(A 9)<br />
Gr. I<br />
X<br />
(sr 1473)<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. IIIb<br />
X<br />
Gr. I<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞEN TPE I B.159<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞEN TPE I B.159<br />
Anfora greco italica tipo VI Orlo e parte del collo I A.39<br />
Anfora greco italica tipo III Frammento di ansa e di orlo con bollo I B.15<br />
APICT<br />
(= I A.6)<br />
Anfora greco italica Scarto I A.53<br />
Anfora greco italica tipo IV Orlo, collo e frammento di ansa con bollo<br />
doppio TINΘ<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con attacco alla spalla<br />
con bollo ZΩ<br />
I B.213<br />
(= I A.12)<br />
I B.122<br />
Anfora greco italica Ansa con attacco alla spalla con bollo AP I B.8<br />
Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo con parte di collo e di<br />
ansa con bollo [ ]AΥΚ<br />
I B.64<br />
(= I A.16)<br />
Laterizio Frammento di coppo con bollo ΔΗΜΑΜΑΡ I Teg.6<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞEN I B.141<br />
Anfora greco italica forse di<br />
tipo III<br />
Anfora greco italica tipo<br />
III o IV<br />
Ansa completa con bollo APIΣTOK I B.34<br />
Spalla con attacco dell’ansa con bollo<br />
doppio ΑΡΙΣΤO<br />
I B.21<br />
(= I A.10)<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TINΘ I B.219<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TINΘ I B.207<br />
Anfora greco italica<br />
probabilmente tipo III o IV.<br />
Anfora greco italica<br />
probabilmente di tipo IV.<br />
Frammento di ansa con bollo [ ]ΕΛ I B.90<br />
Ansa intera con bollo EΛ I B.79<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΒΑ[ΡΙ] I B.55<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞΕΝ ΤΡΕ I B.158<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΓΛAYK I B.61<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [?TP]ΕΒΙΩ I B.231<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΔΑΜΑ I B.70<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΖΟΙΛ I B.94<br />
<strong>estratto</strong>
Nr.<br />
Analisi/ nr.<br />
Inventario<br />
IsC 684<br />
(247303)<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 227<br />
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.<br />
catalogo<br />
X<br />
Gr. D<br />
X<br />
(247303)<br />
Loner<br />
Anfora greco italica (?) Frammento di ansa con bollo Q.ANTrO I B.245<br />
<strong>estratto</strong><br />
IsC 685 X<br />
Fine cluster<br />
Anfora greco italica tipo VI Anfora intera priva di bollo I A.40<br />
IsC 686 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di spalla con bollo ΠAPH II B.51<br />
(SG 276) Insieme F Gr. IIa<br />
IsC 687 X<br />
X Anfora greco italica tipo IV Ansa con attacco al collo e orlo con bollo II B.18<br />
(SG 279) Insieme F (sg 279,<br />
[Γ/Π]ΑΡ corona M<br />
(= II A.3)<br />
(A 50)<br />
sg 279-A<br />
50)<br />
Gr. IIa<br />
IsC 688 X<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAP II B.59<br />
(A 28) Fine cluster<br />
IsC 689 X<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [AN]TAΛΛ II B.6<br />
(SG 283) Insieme E<br />
IsC 690 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ANT II B.2<br />
(A 31)<br />
(V 5)<br />
Insieme F Gr. IIIc (?)<br />
IsC 691 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TPE II B.56<br />
(AG Go 63) Sottogruppo (Is 7)<br />
insieme E Gr. IIIa<br />
IsC 692 X<br />
Insieme E<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞΕΝΩ[Ν] II B.45<br />
IsC 693 X<br />
X Anfora greco italica tipo VI Orlo, collo e ansa con bollo Tr.LOIsIO II B.73<br />
(239119) Sottogruppo<br />
insieme E<br />
Gr. IV<br />
(= II A.20)<br />
IsC 694 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo TPE I B.222<br />
(SR 1808) Gr. D Gr. I<br />
IsC 695 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo [TR. LOI]SIO II B.74<br />
(SG 343) Sottogruppo<br />
insieme E<br />
Gr. IV<br />
IsC 696 X<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΡΙΛΕΩ II B.60<br />
(A 15) Gr. D<br />
IsC 697 X<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΧΑΡΜΕ [Ω + II B.61<br />
Insieme F<br />
kantharos]<br />
IsC 708 X<br />
X Anfora greco italica tipo Frammento di orlo con parte di collo e ansa II B.22<br />
(SGo 28,11) Insieme E Gr. IIa IV/V -V (?)<br />
con bollo ΔI<br />
(= II A.11)<br />
IsC 709 X<br />
X Anfora greco italica tipo V Orlo, collo e ansa con bollo ΣATYPOY II B.52<br />
(SG 265) Insieme E (sg 265)<br />
Gr. IIIa<br />
(o ΣATYP●V ?)<br />
(= II A.13)<br />
IsC 710 X<br />
X Anfora greco italica tipo Orlo, collo e ansa con bollo [ ]YTΩ / ΩTY (?) II B.67<br />
(SG 268) Insieme E (sg 268)<br />
Gr. IIa<br />
III/IV<br />
(= II A.1)<br />
IsC 711 X<br />
Anfora greco italica tipo Frammento di orlo con parte di collo e di II B.24<br />
(A 77) Insieme F<br />
IV/V -V (?)<br />
ansa con bollo [Δ]ΙΟΝΥ<br />
(= II A.12)<br />
IsC 712 X<br />
X Anfora greco italica Ansa completa con bollo ΓΝΑΙ[ ]Υ II B.20<br />
(SG 281) Insieme F (sg 281)<br />
Gr. IIa<br />
IsC 728 X<br />
Anfora greco italica tipo IV Puntale I A.32<br />
Gr. D<br />
o V (?)<br />
IsC 729 X<br />
Anfora greco italica tipo IV Puntale I A.33<br />
Gr. D<br />
o V (?)<br />
IsC 730 X<br />
Anfora greco italica tipo IV Scarto di orlo I A.26<br />
(A 11) Gr. D<br />
o IV/V<br />
IsC 731 X<br />
Anfora greco italica Frammento di spalla I A.45<br />
(A 10) Gr. D<br />
IsC 732 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Frammento di spalla I A.46<br />
IsC 733 X<br />
Anfora greco italica tipo IV Collo con parte di orlo e attacco dell’ansa I A.18<br />
(A 5) Gr. D
228 c a p i to l o v i<br />
Nr.<br />
Analisi/ nr.<br />
Inventario<br />
IsC 734<br />
(A 8)<br />
(AR 11 bis)<br />
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.<br />
catalogo<br />
X<br />
Gr. D<br />
IsC 735 X<br />
Gr. D<br />
IsC 736 X<br />
(A 4) Gr. D<br />
IsC 737 X<br />
(A 1) Gr. D<br />
IsC 738 X<br />
(A 13) Insieme E<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
Gr. I<br />
X<br />
(A 13)<br />
Gr. IIb<br />
Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo con parte di collo e ansa<br />
con bollo TINΘ<br />
I B.210<br />
(= I A.13)<br />
Anfora greco italica tipo IV Orlo con parte di collo e di ansa con bollo I B.235<br />
[ ]Σ<br />
(= I A.19)<br />
Anfora greco italica tipo III Frammento di orlo, collo e ansa con bollo I B.54<br />
o III/IV<br />
ΑΡΙΣΤ ● [ ] (?)<br />
(= I A.7)<br />
Anfora greco italica tipo<br />
III o IV<br />
Scarto di orlo I A.9<br />
Anfora greco italica tipo V/<br />
VI - VI<br />
Orlo, collo e attacco delle anse I A.36<br />
<strong>estratto</strong><br />
IsC 739 X<br />
Anfora greco italica tipo IV Frammento di orlo I A.21<br />
(13-1) Gr. D<br />
IsC 740 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Frammento di spalla I A.47<br />
IsC 741 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Frammento di collo I A.43<br />
IsC 742 X<br />
Fine cluster<br />
Anfora greco italica Frammento di collo I A.44<br />
IsC 743 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Puntale I A.48<br />
IsC 744 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Puntale I A.49<br />
IsC 745 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Puntale I A.50<br />
IsC 746 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Puntale I A.51<br />
IsC 747 X<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΠΑΡ I B.173<br />
(AR 85) Gr. D Gr. I<br />
IsC 748 X<br />
Anfora greco italica tipo Frammento di orlo, parte del collo e<br />
I B.194<br />
(247227) Gr. D<br />
IV (?)<br />
dell’ansa con bollo ΠΑΡ<br />
(= I A.23)<br />
IsC 749 X<br />
X Anfora greco italica tipo IV Ansa e orlo con bollo ΠAP I B.172<br />
(A 7) Gr. D Gr. I<br />
(= I A.15)<br />
IsC 750 X<br />
Anfora greco italica Scarto di corpo I A.54<br />
(1588) Gr. D<br />
IsC 773 X<br />
Gr. D<br />
Anfora greco italica Frammento di orlo I A.42<br />
IsC 787<br />
(1461)<br />
X Anfora Dressel 1 Frammento di orlo e collo con bollo ANTIO rO I B.244<br />
sg 265 vedere IsC 709<br />
sg 268 vedere IsC 710<br />
sg 279 vedere IsC 687<br />
sg 279 - A 50 vedere IsC 687<br />
sg 281 vedere IsC 712<br />
sg 284<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo XAP II B.58<br />
(SG 284)<br />
(A 27)<br />
Gr. IIIa<br />
sg 292<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ACKΛΗ II B.13<br />
(SG 292)<br />
Gr. IIIc<br />
sr 131<br />
X Anfora greco italica tipo Frammento di orlo, parte del collo e<br />
I B.35<br />
(SR 131)<br />
(247195)<br />
Gr. I (?) III (?)<br />
dell’ansa con bollo ΑΡΙΣΤOK<br />
(= I A.3)<br />
sr 133<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΑΡΙΣΤ● KIP I B.45<br />
(SR 133)<br />
(247198)<br />
Gr. I<br />
sr 191<br />
X Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo AN[T]AΛΛ I B.3<br />
(SR 191)<br />
Gr. IIIc<br />
sr 1473 vedere IsC 648<br />
sr 1509 vedere IsC 638
Nr.<br />
Analisi/ nr.<br />
Inventario<br />
i d at i delle a n a l i s i d i l a b o r at o r i o 229<br />
AC AM Classe/Forma/Tipo Descrizione/bollo n.<br />
catalogo<br />
sr 1641 vedere IsC 619<br />
sr 1803<br />
X<br />
(SR 1803)<br />
Gr. I<br />
sr 1832<br />
X<br />
(1832)<br />
Gr. I<br />
T. 1038 X<br />
Loner<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ZΩ I B.123<br />
Anfora greco italica Frammento di ansa con bollo ΞΕΝΤΡΕ I B.157<br />
Anfora greco italica tipo VI Collo con orlo, un’ansa e parte del corpo,<br />
privo di bolli<br />
III A.3<br />
NAPOLI - sCAVI DELLA METrOPOLITANA<br />
Anfora greco italica tipo<br />
IV (?)<br />
Frammento di ansa con bollo TPE 1807<br />
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1859/2<br />
<strong>estratto</strong><br />
1807 X<br />
Gr. IIa<br />
1859/2 X<br />
Gr. IIa<br />
1859/4 X<br />
Gr. IIa<br />
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1859/4<br />
1859/13 X<br />
Gr. IIa<br />
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1859/13<br />
1863/1 X<br />
Gr. IIa<br />
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1863/1<br />
1863/6 X<br />
Gr. IIa<br />
Anfora greco italica tipo IV Bollo Γ/ΠAP corona M 1863/6<br />
1863/8 X<br />
Gr. IIa<br />
/<br />
AMN 1 X<br />
X Anfora greco italica forse Frammento di parete /<br />
Insieme E (NNA 1)<br />
Gr. IIa<br />
tipo VI<br />
AMN 2 X<br />
X Anfora greco italica tipo V Bollo EYΞENOY API /<br />
Insieme F (NNA 2)<br />
Gr. IIa<br />
AMN 3 X<br />
X Ceramica comune Scarto di parete /<br />
Insieme E (NNA 3)<br />
AMN 4 X<br />
X Anfora greco italica tipo Scarto /<br />
Insieme F (NNA 4)<br />
Gr. IIa<br />
III-IV<br />
AMN 5 X<br />
X Anfora greco italica forse Frammento di parete /<br />
Insieme E (NNA 5)<br />
Gr. IIa<br />
tipo VI<br />
AMN 6 X<br />
X Anfora greco italica tipo VI Frammento di collo /<br />
Insieme E (NNA 6)<br />
Gr. IIa<br />
AMN 7 X<br />
X Anfora greco italica tipo VI Frammento di collo /<br />
Insieme F (NNA 9)<br />
Gr. IIa<br />
o di passaggio<br />
AMN 8 X<br />
Insieme E<br />
Anfora greco italica tipo VI Collo /<br />
AMN 9 X<br />
Insieme E<br />
Anfora greco italica tipo VI Scarto con bollo illeggibile /<br />
NNA 1 vedere AMN 1<br />
NNA 2 vedere AMN 2<br />
NNA 4 vedere AMN 4<br />
NNA 6 vedere AMN 6<br />
NNA 7 X Anfora greco italica tipo VI Frammento di orlo /<br />
Loner o di passaggio<br />
NNA 8 X<br />
Gr. IIa<br />
Anfora greco italica tipo VI Bollo ACKΛHΠI /<br />
NNA 9 Vedere AMN 7
SUMMARY<br />
C. van der Mersch held, with good reason, that the archaeology of the territory had not provided, up until now, many<br />
clear data about the world of Campanian wine between the Fourth and Third centuries B.C. Similarly, J. P. Morel<br />
and A. Tchernia emphasized that certain aspects related to the production of wine in Third century B.C. Campania<br />
are not clear. In particular, the identity of the producers, that of the sellers, and the role played by Rome are not well<br />
understood 1.<br />
The study of the material culture of Ischia and the comparison with that of Naples offers, through the aid of laboratory<br />
analyses, preliminary data on the production and trade of wine in the Gulf of Naples. It also provides data on the initial<br />
phases of Roman economic expansion in the western Mediterranean.<br />
Ancient Greco-Italic amphorae, which are the particular subject of this study, act as important indicators of the economic<br />
and commercial situations from the end of the Fourth to the Third centuries B.C. This was the moment when<br />
Rome turned her attention south, and extended her influence to Neapolis and the Gulf, acting as a stabilizer in the<br />
Tyrrhenian Sea. During this period, Neapolis, taking advantage of her alliance with Rome following the Foedus Aequum<br />
of 326 B.C., saw her foreign trade relations increase notably, a fact evidenced also by coinage and the increase<br />
in activity at the Neapolitan mint 2.<br />
Some results of the study carried out at Ischia are covered in the following pages, in the form of preliminary notes.<br />
They await further development to give them a more exhaustive interpretation, with the hope that the arguments<br />
gleaned from them might be picked up and developed by specialists from different fields. Indeed, questions emerge<br />
from this study that require further development and new investigations that are not limited to data from the study of<br />
material culture.<br />
IX.1 Greco-Italic Amphorae at Ischia and in the Gulf<br />
<strong>estratto</strong><br />
There are many areas involved in the production of wine along the Tyrrhenian coast of Italy, and, as one might imagine,<br />
there have been many efforts in recent years to shed light on them. The importance of Campania and of the Gulf<br />
of Naples, in particular, being the point of origin for Greco-Italic amphorae – and of high quality wine above all – which<br />
enjoyed wide circulation, becomes more and more clearly defined already between the end of the Fourth and first half<br />
of the Third centuries B.C. The Gulf of Naples itself represents a unique type of enclave over the centuries, thanks<br />
to its favourable climate, the fertility of its land, its strategic position, and its artisanal tradition, which had remained<br />
strong since the time of its colonization. Pithecusae, in particular, known for its fertility, was at the centre of the most<br />
intense currents of trade, being rightly defined as “the gateway to the rich Tyrrhenian traffic” 3.<br />
Ischia’s eukarpia was noted by ancient sources 4, and the island wielded significant influence in wine production all<br />
the way up to recent times, at least until the 1940s. Amphora production has been attributed to the island since the<br />
most ancient periods; the increase in research on structures related to wine production on the island is bringing new<br />
data to light 5. It is not unreasonable to suppose that amphora production continued at Ischia from the Archaic Period<br />
up until the late Ancient Period, although with some periods of interruption 6. More generally, all types of Greco-Italic<br />
amphorae, from types II to VI 7, were produced in the Gulf of Naples. The production might have even increased starting<br />
in the second half of the Fourth century B.C., owing to the spread of the Aminea vine 8.<br />
At Naples, vines were cultivated on the hills of the city, and the winemaking traditions of the Gulf, probably emerging<br />
from Euboean colonization, as the cult of Dionysus and the onomastics related to wine suggest, remained alive<br />
and present 9. In the Fourth and Third centuries B.C., specialized arboreal cultivation was widespread not only in the<br />
coastal regions of Campania, but also in the area of Benevento and Volturno 10.<br />
The relationship between Ischia and Naples emerged clearly from the study of Ischian pottery, as well as from<br />
sources claiming a connection between the two centres. On-going research will better clarify whether the first phase<br />
of production, related to ancient Greco-Italic types III and IV, identified in the kilns of Santa Restituta, might also<br />
involve Neapolitan workshops, as certain deposits found recently during the excavation of the Metro might seem to<br />
indicate 11. Other elements might emerge from the new studies to further clarify the administrative and economic relations<br />
that existed between Naples and Ischia during the Fourth and Third centuries B.C.
436 s u m m a r y<br />
IX.2. The Artisans’ Quarter of Santa Restituta and Greco-Italic Amphorae<br />
The artisans’ quarter of Santa Restituta at Lacco Ameno, which already existed during the colonial period, was renovated<br />
and expanded, probably in the second half of the Fourth century B.C. This expansion included the creation of<br />
new kilns for the production of pottery, bricks and amphorae 12.<br />
The position of the kilns, in the confines of the protected bay and not far from both the sea and the hills where the<br />
vines were cultivated, nor even distant from the clay fields, fits into a logistical “pattern” of production that has already<br />
been identified, also in the Hellenistic Age, even in other areas, such as some of the islands of Greece 13.<br />
Greco-Italic amphorae are prevalent in the area of Santa Restituta and the fragments that have been analyzed belong<br />
to types II, IV, V and VI 14. However, most of the finds consist of fragmentary stamped handles, often unidentifiable<br />
as precise types; materials from other sites, at which the same stamps are found on amphorae of recognizable<br />
typology, help to identify these finds 15.<br />
The amphorae have stamps in Greek: in some cases they are the same stamps recorded at Neapolis 16 and at other<br />
sites around the Mediterranean (Aleria, Gela and Punic Sicily, as well as North Africa), besides those found on the<br />
wreck known as Filicudi F, discovered in the waters of the Aeolian islands 17.<br />
Research on certain stamps common to the Italic territory – for example, ΛΟΥΚΙΟΥ, ΓΝΑΙ[Ο]Υ, and ΙΒΙΩ – still needs to<br />
be clarified; it must be determined whether they belong to Oscan or even Latin individuals who wrote in Greek. Indeed,<br />
these stamps might indicate the arrival of the Romans in the Greek “system of productions” of the Gulf of Naples.<br />
IX.3. Ischia and/or Naples? The results of laboratory analyses<br />
<strong>estratto</strong><br />
The presence of similar amphorae at Ischia and Naples, oftentimes with the same stamps, has opened the way for a<br />
new conclusion, based on archaeological and laboratory findings 18: either the amphorae were produced at both sites,<br />
or they were transported from one, to another. Not much is known about the relationship between the island and<br />
Naples in this period, although this is certainly not the place to reopen the discussion about the Ischia’s belonging to<br />
Naples, which is generally agreed upon, or about the eventual administrative consequences of such a connection.<br />
Chemical and mineralogical analyses, carried out in successive phases since the 90s, have found that the material<br />
composition of the amphorae found at Ischia and Naples are distinguishable from those found in other geographic<br />
areas of Campania (for example, they are not confused with those found in the area of Vesuvius, or that of North-<br />
Central Campania) 19.<br />
Chemical analyses of the amphorae at Ischia reveal the existence of groups and subgroups that indicate production<br />
at multiple workshops. One of these, Group D, can be attributed to Ischia, on the basis of archaeological and laboratory<br />
findings.<br />
The other chemical sets, labelled E and F 20, which could include material from multiple workshops, contain samples<br />
from amphorae found at Naples (discovered during the excavation of the Metro) as well as those found in other parts<br />
of the Mediterranean, mostly from the deposit at Gosetti, and a few samples from Santa Restituta. On the basis of<br />
the chemical data alone, sets E and F are not attributable to a definite location in the Gulf of Naples. However, if the<br />
chemical data are taken in light of the archaeological evidence (the vessels were found in the area of Palazzo Nicola<br />
Amore, which has been identified by the excavators as a production site) 21, along with the results of the mineralogical<br />
analyses, it is possible to conclude with more certainty that groups E – F are products of Neapolis and/or other<br />
sites on the Gulf.<br />
Mineralogical analyses have been fundamental, since they supported the connection between the chemical groups<br />
and their possible sites of origin. They also allowed some amphorae, found at their sites of consumption and disposal,<br />
to be attributed to Campania and the Gulf of Naples.<br />
The mineralogical compositions of the amphorae from chemical groups E and F are comparable to the material of<br />
those from Ischia, although the temper has different sized particles 22.<br />
The mineralogical analysis has led to a subdivision of the amphorae found at Ischia, Naples and other centres, into<br />
four major petrographic groups 23, of which the first is definitely attributable to Ischia. The second and third are similar<br />
in respect to their compositions, although they have different textures. Since the subgroup IIa contains a piece from<br />
a kiln found at Naples, it is possible to hypothesize that it is a group of pottery produced at Neapolis, though with the<br />
reservations already expressed earlier 24. The fourth group has a composition similar to groups II and III, but should<br />
probably be attributed to another area besides either Ischia or Naples. It could be located in the Gulf and may, although<br />
it is not certain, come from Cuma 25.<br />
Most of the samples found on the Aeolian islands have been assigned to groups II and III, and are generally identifiable<br />
as being from the Gulf of Naples, along with a few from the first group (which corresponds to production identified<br />
as Ischian).
s u m m a r y 437<br />
On the basis of the first analyses, therefore, the amphorae that were circulated, more than those from Ischia, where<br />
some stamped vessels, found also in Sicily, dating to the Fourth and Third centuries B.C., might be attributable to<br />
the Gulf of Naples in general and, perhaps, to Naples herself. However, the question of the origin of the clay used to<br />
make them is still open. The geological data tell us that clays, compatible with some of the mineral groups identified<br />
by analyzing the amphorae, have been found at Ischia. The lack of thorough study on these clays, however, impedes,<br />
for now, the drawing of a full picture of the primary materials available on the island, where deposits of clay used in<br />
ancient times might exist, however different from those drawn upon by potters for the production of the amphorae<br />
found in the kilns of Santa Restituta.<br />
On the other hand, the geological situation at Naples does not favour local production of amphorae like those analyzed,<br />
which were made from sedimentary clays 26.<br />
The discovery of fragments of black glazed pottery in the area of Corso Umberto and Vico San Marcellino along with<br />
fragments of late Ancient and high Medieval periods in Piazza Nicola Amore, where fragments of more recent Greco-<br />
Italic pottery were also found, document, however, the activity of workshops, probably active in the area confined by<br />
the fortifications of Neapolis and the sea, which continued for a long time 27.<br />
We do not know, therefore, with what materials the amphorae of Naples were made. The hypothesis that clay was<br />
transported from Ischia to Naples, developed in the past, and documented in more recent times – in the 1500s, for<br />
example 28 – is possible, but cannot be verified in the laboratory 29.<br />
IX.4. Stamps on Greco-Italic Amphorae found at Ischia<br />
<strong>estratto</strong><br />
The epigraphic documentation from the amphorae found at Ischia is of much interest, since it tells us about the organization<br />
of production and the economic and social realities on the island in the Hellenistic Age. The understanding<br />
of stamps from this period is much more limited than that of stamps found in Greece, where the phenomenon seems<br />
to change its meaning from centre to centre 30. The studies carried out at numerous sites in Greece of the Hellenistic<br />
Age have provided the first points of reference for the interpretation of stamps in the Gulf of Naples, with hypotheses<br />
that will need to be verified and expanded by future research.<br />
We do not know when the practice of stamping Greco-Italic amphorae might have first begun at Ischia and, more generally,<br />
in Campania 31: in the area of the kilns, stamps have been found on types III, III/VI, and IV, so from the second<br />
half of the Fourth century and in the first decades of the III century B.C. More than three hundred have been found<br />
that bear Greek (some of probable Ionico-Euboean origin) and Oscan names, written in Greek. It seems evident that<br />
the practice of stamping is connected to the wine trade, which was carried out through the sea.<br />
In some cases, the names are progressively truncated, a phenomenon possibly tied to the internal organization of<br />
the production, whose exact significance is still unknown 32.<br />
At times the names in the stamps on the amphorae are the same that accompany the bricks (see chapter IV.7), in<br />
some cases preceded by the abbreviation ΔΗ; it is not clear if it indicates “state” production of pottery and/or bricks<br />
or production on behalf of the state, depending on how the abbreviation is interpreted 33.<br />
Free letters or monograms impressed on the amphorae from Ischia seem, in some cases, to correspond with those<br />
that appear on the coins of Neapolis from the Fourth and Third centuries B.C. If this is not a coincidence of similar<br />
names, as is possible, they might be referring to public figures, perhaps magistrates. If this were so, the phenomenon<br />
might be an indication of an organized system of production and a series of decisions aimed at exercising control<br />
over vessels, territorial production, and even the trade of quality goods, such as wine. Otherwise, it could be the result<br />
of measures carried out to guarantee the quality and/or content of production, as some scholars have proposed 34.<br />
The debate in this field is very animated and, unfortunately, the available data for Ischia and the Gulf are not definite<br />
enough to indicate which of the two hypotheses is closer to the truth.<br />
It is not known why Greco-Italic amphorae were stamped, and it enters into a wider debate on the stamping of amphorae<br />
in general, a process justified by various factors, depending on geographic factors and the period in question<br />
35. Hypothetically, one might imagine that it was a phenomenon caused by circumstances similar to those that<br />
brought about, in a previous period, the stamping of amphorae at Chios in 430 B.C., perhaps because of an Athenian<br />
law on weights and measurements 36.<br />
The situation at Thasos 37 (411/410 B.C.) informs us of the existence of fiscal regulations and legislative documents<br />
aimed at controlling the production and trade of wine on the island. These included:<br />
1) a fiscal program that levied some taxes on the production of wine.<br />
2) the protection of wine producers against the merchants.<br />
3) the maintenance of rigorous control over the coasts and territorial waters.<br />
Other laws, perhaps on fiscal matters, have also been theorized for the Greek island, which might have involved the<br />
involved the production of containers.
438 s u m m a r y<br />
<strong>estratto</strong><br />
Because the introduction – or increase – of stamping at Ischia (and at Naples too?) seems to coincide with the signing<br />
of the Foedus between the Romans and Neapolitans in 326 B.C., there could be a link between the two events,<br />
as has been hypothesized for the minting of Neapolitan coins, in the same period 38.<br />
One wonders then – although we are always speaking hypothetically – whether the Foedus between the Romans<br />
and Neapolitans of 326 B.C., which opened up new trade opportunities, might not have included among its effects a<br />
reorganization (for fiscal purposes?), with forms of control and/or guarantee also for containers and/or foodstuffs, as<br />
happened with the coinage.<br />
If this were the case, it would be easier to understand the phenomenon of “chain-reaction” build up in production and<br />
artisanal activity concerning pottery and metals, with the organization (or reorganization) of pottery workshops and<br />
the Neapolitan mint, already following on the treaty of 326 B.C. Elsewhere there is no shortage of examples of this<br />
type in more recent times: the foedus signed in 229 B.C. between Athens and Rome, for example, brought about the<br />
reorganization of mining and coin minting at Athens 39.<br />
As for the stamped amphorae, Grace supposed that the appearance of seals, for example, (which indicate those whom<br />
the author defines as “duoviri” on the stamps of Cnidus) might be connected with the entity of tax collection and the<br />
reorganization of the Roman province of Asia at the end of the Second and the beginning of the First centuries B.C. 40<br />
IX.5. Greco-Italic Amphorae: a trace of the productive system of Ischia and the Gulf of Naples in<br />
the Hellenistic Age<br />
The wine trade, and above all that of the ‘quality’ wines, may be at the root both of great profits and of the need<br />
for rules, controls, and state regulation, sometimes in the form of “protectionism” 41. As the study of Greek wine, for<br />
example that of Thasos, has shown 42, it brought about new fiscal measures: on the island, but also in other centres<br />
that were at once port cities and centres of wine production, from the Fifth century on, there existed a class of vinetenders,<br />
owners or renters, with settlements equipped for wine production, and another class of merchants, possessing<br />
capital, who were dedicated to maritime trade 43.<br />
The most useful data for the reconstruction of a “system of production” come from the study of structures involved<br />
in production and material culture, and from an investigation of stamps; furthermore, these data can also come from<br />
cross examination of epigraphic, archaeological, and archaeometric data.<br />
The situation on Ischia emerges clearly, and that of Naples is currently under study by the responsible Superintendency.<br />
The available data, subject to minor alterations thanks to the results of the investigation of the finds from the<br />
excavations in the Metro, demonstrate the presence of Greco-Italic amphorae at the two sites, with similar characteristics<br />
(types IV, V and VI – these last ones making up a modest percent of those found at Pithecusae and being<br />
decisively predominant at Neapolis, where the remains of kilns have also been documented).<br />
As much as the comparison of the finds from the two sites is only preliminary 44, certain stamps seem to be present<br />
at both Ischia and Naples, a few in higher percentage and with a variety of sources, some more evident in one site<br />
than in the other.<br />
On-going laboratory tests will contribute to shedding light more clearly on the characteristics of the amphorae produced<br />
at Neapolis 45, and might even verify the existence of a “institutional” system of production, analogous and<br />
parallel at the two sites, dependent on customs/common laws, and which referred to the same figures, perhaps<br />
public ones. Such a scenario could be similar to that described throughout some Greek islands in the Hellenistic<br />
Age, for example, Rhodes; the studies of Empereur and Picon showed, thanks to the use of laboratory analysis, that<br />
in multiple sites on the island and on the mainland (the so-called “Perea”), or moreover in the integrated territories<br />
“institutionally” dominated by Rhodes, amphorae were produced according common morphological characteristics<br />
(for example, the amphorae with “champignon” rims or the Dressel 4 type), for the purpose of holding the product at<br />
the centre of the common economic system: Rhodian wine 46.<br />
The example of the “insular economy” of Thasos at the end of the Fifth century B.C., moreover, was chosen by Raviola<br />
to describe the relationship between Neapolis and Pithecusae 47: Thasos was a polis that controlled the commercial<br />
traffic in the narrow space between the island and the mainland, levying taxes on goods and passengers, and, as a<br />
protectionist measure, forbidding the import of foreign wine between Mt. Athos and the cape of Pacheius 48.<br />
Pithecusae, situated on a commercial route that had been busy for centuries, is an example of an “insular economy,”<br />
probably similar to Thasos, based also on trade. In the Hellenistic Age, the island was, as it had been since the second<br />
half of the Fifth century B.C., the “peraia” of Neapolis, which offered it the potential for an economic boom 49; the<br />
organization of production on the island and that of the mainland, which also turned around the axis of wine production,<br />
seem, in the end, to coincide.
s u m m a r y 439<br />
Finally, G. Finkielsztejn’s recent studies of amphorae and their stamps in the Hellenistic Age in Greece offer interesting<br />
points of reflection, which deserve further elaboration in future research 50. The author demonstrated how a relation<br />
might have existed in the Greek mind of the Hellenistic Age between the practice of coinage, that of weights and measures,<br />
and that of the manufacture of amphorae (through their stamps), as expressions of guarantee on the part of the<br />
city administration. The Greeks referred to units of measure (étalons) for sekomata, weights, and, hypothetically, the<br />
same even for amphorae, which were perhaps used by multiple cities that formed a koiné and traded together 51.<br />
The amphorae with triangular or champignon rims, produced in the South-East Aegean between the Fourth and Third<br />
centuries, offer an example for reference 52. The adoption of the same form of amphora in multiple centres of production<br />
in a single region could be a sign recognizing the shared decision of a given “unit” of volume on the part of the<br />
members of the community 53; this agreement was, perhaps, the result of a common policy on commercial relations<br />
in the Mediterranean between the end of the Fourth and the beginning of the Third centuries B.C.<br />
It may not be a coincidence if, even in the Gulf of Naples, the Greco-Italic amphora was adopted at the end of the<br />
Fourth/beginning of the Third century B.C., an amphora which, even with its specific forms, resembles the Greek à lèvre<br />
en “champignon.” The choice of amphora types IV and V by many production centres in the Gulf (as analyses seem to<br />
indicate) could therefore provide – although it must be verified – a sign that similar receptacles were being adopted in<br />
the same area.<br />
IX.6. Production Centres in Campania and in Areas of the Southern Tyrrhenian 54<br />
The investigations carried out at Ischia should be expanded also to other sites in the Gulf, for example the peninsula<br />
of Sorrento, Pompeii and the area of Cuma 55, in order to identify eventual local production centres. Further research<br />
would also be necessary in the area between Southern Lazio and Northern Campania, in the area of Capua and<br />
Piscinola 56 (close to Sessa Aurunca), for example.<br />
The first laboratory analyses carried out on the amphorae from some sites 57 have determined that the mineralogical<br />
compositions of the Greco-Italic amphorae are different from those amphora from Ischia and the Gulf of Naples.<br />
As one might have predicted, there existed other centres of production in Northern Campania and Southern Lazio,<br />
about with little is currently known. These initial data leave the hypothesis open that local production of amphorae can<br />
perhaps be connected to the wine from that area 58.<br />
Much further south, production sites were probably active also in Calabria: the production site at Locri, Centocamere,<br />
is notable 59. C. van der Mersch included Hipponion among the centres of Greco-Italic amphora production. The Greco-<br />
Italic amphora type IV from Hipponion is actually engraved on the coins of the period between 330 and 220 B.C. 60 A<br />
preliminary examination of this vessel 61 concluded that it is actually not a “canon” Greco-Italic amphora type IV; the end<br />
is different from that of amphorae from Campania, for example, and recalls moreover amphorae produced in Greece or<br />
local imitations of the same. The fabric, moreover, is different from that of amphorae produced in the Gulf.<br />
As for the production centres in Sicily, the absence of focused studies prevents us from drawing a definite image of<br />
the system of manufacture of Greco-Italic amphorae there 62. Some were probably located in the South of the island:<br />
one of these was Selinunte, where a quick recognition of the storage 63 sites made it possible to identify, among the<br />
materials from the acropolis, some remains of a Greco-Italic kiln. There are numerous fragments of types IV and<br />
V in small modules, whose light-colored fabric is distinguishable from those from Campania and is apparently very<br />
similar to that of some containers discovered in Baglio del Viaggatore. The fact that Sicilian production has not been<br />
identified with clarity could be caused by a lack of study, but may also derive from the fact that wine production was<br />
“irrelevant” in this period, as Manganaro put it, in relation to imported wine, from Rhodes for example 64.<br />
At Gela, Greco-Italic amphorae from Campania (Gulf of Naples) have been documented, a fact that emerge in this<br />
same study (see chapter VIII).<br />
Some Greco-Italic amphorae from Camarina (fig. VIII.9a) have a different fabric from those from Campania, as was<br />
confirmed in the initial mineralogical analyses that were carried out 65. Also at Camarina, however, amphorae and<br />
stamps have been documented that were imported from Campania (fig. VIII.9e-h).<br />
Some areas of Southern Etruria, in which there have been found Greco-Italic amphorae - for example the area of<br />
Pyrgi/Caere, and, maybe, also the area of Tarquinia - deserve concentrated investigations 66.<br />
IX.7. Amphorae, Stamps and Games<br />
<strong>estratto</strong><br />
There are few stamps with images on the Greco-Italic amphorae found at Ischia. The first stamp found showed a<br />
symbol (a stylized wreath; it is not clear whether it is olive or grain), placed between a truncated monogrammed<br />
named (ΓΑΡ/ΠΑΡ) and the letter Μ 67; the other stamp, ΧΑΡΜΕΩ, is followed by a depiction of a small kantharos 68<br />
(fig. chapter IV.2).
440 s u m m a r y<br />
The Filicudi F wreck included a large quantity of type IV amphorae, stamped with a crown (in some cases, it seemed<br />
evident that the stamps read “ΓΑΡ”) 69. Amphorae with similar stamps were found at Naples, during the Metro excavations<br />
in a context dated to between the end of the Fourth and beginning of the Third centuries B.C. 70<br />
Finally, an apparently very similar stamp appears, although sporadically, in some sites in Sicily, including Selinunte 71<br />
and Monte Sant’Angelo (Licata) 72; the shapes are, however, sometimes different 73, in some cases because of purposeful<br />
production, and in others because of sloppy work.<br />
The mineralogical analyses carried out on the amphorae from Ischia, Naples, and the finds from the Filicudi F wreck<br />
with the wreath stamp reveal the use of similar raw materials and, consequently, a common origin or one limited to<br />
the same geological area. This revelation, however, leaves open the possibility that the same type of amphora, with<br />
a similar stamp, might be manufactured in multiple centres of the same area 74.<br />
The wreath stamp itself has also opened an interesting course of research, one that should be developed in the future,<br />
related to the eventual connection between the amphorae and the Neapolitan games 75. The amphorae marked<br />
with this stamp, found at Naples, come, in fact, from the recent excavations at Piazza Nicola Amore, where a temple<br />
and a large portico 76 were also found. The site was used, during the Augustan and Imperial periods, for the quinquennial<br />
isolympic games, the Sebastà, founded in 2 B.C. in honour of the emperor Augustus 77.<br />
It has been hypothesized that the area used as the “games quarter” played a similar role in the preceding period,<br />
and coincided with the area where the games in honour of the siren Parthenope were held 78. The Sebastà, in fact,<br />
were probably held as a substitution of the ancient festivals, during which the lampadedromia was performed, a race<br />
with votive torches in honour of Parthenope 79. According to G. Pugliese Carratelli, the Neapolitans preserved the<br />
lampadophoriae over the years 80. The competition was perhaps related to those races held in Greece, at Athens, for<br />
example, and which held religious and public significance, tied to fire and seasonal harvests 81. The votive torch was<br />
carried in the races that took place during these festivals 82; the competition was won not by the fastest athlete but by<br />
the one who was able to carry the flame to its destination 83: the significance was, therefore, that of the transport of<br />
the flame, of the renewal of the fire itself, rather than of an exercise of speed 84.<br />
The official awarding of wreaths to the victors of the matches (in the case of the Sebastà, it was a wreath of grain) 85<br />
took place during the main festivities, on the occasion of the games 86.<br />
Figures, running with torches in their hands, are depicted on Neapolitan didramma 87 (fig. IV.7g) and refer directly<br />
to the games 88. Nike, crowning the androcephalous bull (which symbolizes Acheloos), appears on one side of didramma<br />
from the end of the Fourth century and in the first 20 years of the Third century B.C.; the other side shows<br />
the siren Parthenope, who represents the city 89. One wonders therefore if there might be a connection between the<br />
Greco-Italic amphorae marked with the crown stamp 90, datable to the same period, and the city cults or the context<br />
of these finds in the recent excavations at Naples.<br />
The pattern in these data should be studied in detail, since it may allow for the reconstruction of a system of “references”<br />
tied to the social and religious life of the city. Some inscriptions provide indirect reports about the games at<br />
Naples; a stone found in the city, now lost but dated to the Hellenistic Age, reported the name of a victor in the Pythian<br />
Games, Ζωίλος 91, who, perhaps entirely by chance, has the same name that appears on many stamps from Greco-<br />
Italic amphorae from Santa Restituta, Naples and the Filicudi F wreck 92.<br />
On-going research by the Soprintendenza dei Beni Archeologici could determine whether it is correct to conjecture that<br />
amphora production was connected with the sanctuary and the local games 93, as has already been documented in<br />
other areas, even in different periods 94, or if the amphorae with the wreath stamp were intended to mark a special event.<br />
An example of such a situation comes from a limited series of stamped amphorae produced at Samos, whose manufacture<br />
Grace has already connected to festivals celebrated on the island in 322 B.C. for the return of the Samians 95.<br />
One might also think – although we are still in the realm of hypothesis, all of which must be verified – that the amphorae<br />
might have been given as a prize, in keeping with the stylized wreath 96. We know that there were 140 Panathenaic<br />
amphorae full of oil reserved for the victors in the four-horse chariot race 97, a rather substantial prize that might<br />
have led either the victor or the producer to put them up for sale and export them to other places 98.<br />
At Athens, it was the city itself that ordered the amphorae from the workshops and charged the archons with their production;<br />
if the situation in the Gulf of Naples was the same, the markings on the amphorae could preserve the memory<br />
of these activities and the individuals – magistrates and/or manufacturers – who were themselves involved.<br />
IX.8. Figures, Greco-Italic Amphorae, and Wine in the Gulf of Naples<br />
<strong>estratto</strong><br />
What role did the Neapolitan elites and the influential Roman families play in the wine trade? C. van der Mersch<br />
already wondered “faut il considérer EYΞENOΣ, Γ. ’Aρίστων, Tr. Loisio et autres Στάιος Τράγων comme de producteurs/négociants<br />
campaniens ? C’est possible ma pas entièrement sur.” 99
<strong>estratto</strong><br />
s u m m a r y 441<br />
Following this question, which involves both products and producers from various periods – the amphorae marked<br />
with EYΞENOΣ (type V) and those from Tr. Loisio (types V/VI and VI) do not have the same date – comes van der<br />
Mersch’s answer, which considers the aristocracy of Campania as being implicated in the production of wine 100. The<br />
growing importance of Campania in the years preceding the Punic Wars has already been emphasized “dont la richesse<br />
agricole s’affirmait, dont les vins s’exportaient de plus en plus.” 101<br />
The influence and economic success that the elites of Campania had already achieved in the Third century B.C. must<br />
have been high if the Punic Wars are seen as connected to the defense of the interests and expansionist pretexts of<br />
the upper classes in Campania: Lancel remarks in regard to this idea that the Atilii of Campania held the consulship<br />
seven times between 267 and 245 B.C. 102<br />
The placement of the some of the finds of Greco-Italic amphorae from the Third century in the Gulf of Naples, which<br />
has been confirmed by mineralogical analyses, is significant, like the Tour Fondue and the Bon Capò 103, maybe even<br />
the Meloria A, in the evidence for the distribution of wine from Campania, probably from Naples, in the Northwest part<br />
of the Mediterranean and along the routes that led to France and the Iberian Peninsula. To this can be added much<br />
more evidence that has only been partially verified in the laboratory 104.<br />
It is useful to reconsider and connect the available typological, epigraphic an archaeometric data, in order to try to<br />
flush out at least some of figures involved in the “enterprising economic class of Naples,” about which E. Lepore has<br />
written on multiple occasions 105.<br />
The names of these figures, listed below (either whole or abbreviated), appeared on amphorae of types IV and V,<br />
whose compositions are compatible with the clays of Ischia and, more generally, the Gulf of Naples 106. They are<br />
mostly made up of Greeks, perhaps members of the founding elites of Neapolis, and also of Oscans 107; these figures<br />
might have held public offices (magistrates?) and been both involved in the production and trade of a wide range of<br />
wine and, in some cases, also commissions connected to the games.<br />
Thanks to the combination of textual evidence and historical data, the list has grown in respect to past years 108, when<br />
few figures emerged from the study of Greco-Italic vases (Trebio Loisio, in particular, with stamps in the Latin alphabet,<br />
pressed onto more recent Greco-Italic vases).<br />
ΑΝΔΡΩΝ: the name, which is probably referred to by some abbreviations, appears on amphorae of type IV and V from Ischia and<br />
at Naples (where it appears on a brace perhaps meant for manufacture) 109 , and at Aleria and Mellita (Sabratha). The examples<br />
found at Ischia and Selinunte, having been subjected to analysis, are attributed to the Gulf of Naples 110 .<br />
ΑΝΔΡΩΝOΣ: this figure, whose name is given in the genitive, is quite probably connected to the former, from whom he has been<br />
separated on account of the different type of amphorae. The name is found on Greco-Italic amphorae of type VI, which seem to<br />
have been circulated in different parts of the western Mediterranean, perhaps already in the first half of the Third century B.C. 111<br />
The vessel on which the stamp from Selinunte was impressed (it is probably one of the more recent Greco-Italic amphorae) 112<br />
may have originated in the Gulf of Naples.<br />
ACKΛH, if it refers to a person, is perhaps an abbreviation of the name Άσκληπιάδης. At Naples, in the digs on the Metro, many<br />
of the Greco-Italic amphorae are marked with the stamps ACKΛ, ACKΛHΠI, ACKΛHΠIA 113 , which are progressively truncated;<br />
their presence, united in the fact that the name Άσκληπιάδης is fairly common and well documented in Campania, could indicate<br />
a local or regional production, as the mineralogical analyses seem to confirm. The stamps in question are affixed to Greco-Italic<br />
vases of type VI; in the case of the example found in the Necropolis of San Montano, the amphorae was whole, in a context containing<br />
coins, dated to the end of the Third/beginning of the Second centuries B.C. 114 The amphorae with these stamps seem to<br />
have been circulated fairly widely, and arrived at various regions of the western Mediterranean.<br />
EYΞENOΣ, a fairly widespread name, has been documented on some amphorae from Ischia 115 and Naples, as well as from the<br />
Secca di Capistello wreck, in the Aeolian islands (Type V). Other reported finds in Sicily have been found at Gela, in contexts<br />
that predate the destruction of 282 B.C. 116 (contexts in which other stamps, that also appear at Ischia, have been found); these<br />
stamps are also found at Selinunte, Licata and Heraclea Minoa. The stamps appear on types IV, or IV/V, and/or IV/V. 117 All of the<br />
amphorae with this stamp that have been analyzed fall into mineralogical groups from the Gulf of Naples. 118<br />
The mark EYΞ also appears on silver didrachmae from Naples from between 317 and 310 – 300 B.C., as well as 300 – 280 B.C.<br />
In light of this fact, we can conjecture, albeit cautiously, that the amphorae and the coins are referencing the same figure.<br />
ZOIΛOΣ is one of the names mostly attributed to the amphorae found at Pithecusae; the stamps appear mostly in truncated form<br />
(ΖΩ), which has been documented also at Naples, on a find from the Filicudi F wreck (the only intact type IV amphora) 119 . This<br />
stamp is present in Sicily at, among other places, Monte Sant’Angelo (Licata), Poggio Marcato di Agnone and at Gela, destroyed<br />
in 282 B.C. 120 If these are all the same stamp, the destruction of the city points to a terminus for both the stamp and the amphorae<br />
of type IV; the analyses have confirmed that in almost all cases, these amphorae come from the Gulf of Naples.<br />
The name seems to be spread around the area of Naples: an inscription from the late Hellenistic Age, found in the city, mentions<br />
a Ζωίλος Ζωίλου 121 , who had recovered the position of φρήταρχος, that is the head of a phratry 122 . Another stone from Naples,<br />
also datable to the Hellenistic Age, names a Ζωίλος as a winner of the Pythian games 123 . The name Ζωíλος Ζωíλου κυμαιος<br />
appears on a tomb inscription from Athens, dated to the Fourth century B.C. 124
442 s u m m a r y<br />
ΧΑΡ, appearing on amphorae (in some cases of type IV) probably produced in the Gulf of Naples, is found on numerous samples<br />
from Naples and elsewhere. It is not certain if it may be connected to the stamps ΧΑΡΙ, ΧΑΡΙΛΑ, ΧΑΡΙΛΕΩ 125 , which are also<br />
documented at both Ischia and Naples, and perhaps is connected to Charilaos, recorded in original sources at one of the principes<br />
civitatis, who handed Neapolis over to the Romans in 326 B.C. The abbreviation ΧΑΡΙ returned to Neapolitan coins in series 71,<br />
dated to the period between 300 and 280 B.C.<br />
XAPMΗΣ, XAPMEΩ, XAPME: it is not certain if these names refer to the same person, given once in the nominative, and again in<br />
the genitive 126 . The stamp has been found in the form “XAPMEΩ” multiple times at Naples (in respect to the few stamps found at<br />
Ischia), where it is also recorded in the inscription Χάρμη Φιλίου 127 and, at least once, on a stamp found at Carthage.<br />
The initials XAP (in monogram)/ME are present on Neapolitan silver coins in the 93 (as well as 94?) series, dated to 300/280 B.C.<br />
The stamps XAPMH, XAPMHΣ are also found on amphorae found in Sicily; two examples from Gela (with the stamp, XAPMHΣ on<br />
a Greco-Italic amphora type IV), are attributable to Ischia/Gulf of Naples, based on the mineralogical analyses 128 .<br />
MEΓ, which appears on amphorae of type IV from the Filicudi F wreck (attributed to the Gulf of Naples) and perhaps at Erice<br />
(Eryx), is not currently interpretable. It could be, although it must still be proven, an abbreviation of the name MEΓAKΛΗΣ. Greco-<br />
Italic amphorae of type V with stamps interpreted, although hypothetically, as MEΓAKΛΗΣ have been found at Lipari and at Tell<br />
Sukas in Syria 129 .<br />
The name is fairly rare, and appears also in the dedicatory inscription on a votive offering found in the artisan quarter of Santa<br />
Restituta 130 , besides on inscriptions from Capri.<br />
MAIΩ, an Oscan name that appears at Ischia on two fragmented handles, is also, perhaps totally by coincidence, the name of one<br />
of the two archons who raised a fortified wall in the area of Monte Vico 131 . The Greek inscription from Lacco, now lost, reported<br />
by Cassola to date to the Third century 132 , named a Μάιος Πάκυλλου 133 .<br />
NYΨI, connected with the name Νύμψιος, which derives from the Oscan Niumsis/ Νυμψις, has been documented at Ischia on<br />
an inscription said to be from Lacco, today lost. The name is often seen also at Naples 134 and perhaps could be connected to the<br />
Nymphius princeps civitatis 135 , who, with Charilaos, supported the entry of the Romans into Naples 136 .<br />
ΤΡΕ has been documented at Ischia, Naples and in numerous sites in Sicily, although it impossible to know if the they refer to the<br />
same person (and it is important to remember that it is an abbreviation, not a whole name). Nevertheless, mineralogical analyses<br />
allow us to tie most of such stamps (even many of those found in Sicily) to the Gulf of Naples.<br />
ΤΡΕΒΙΟΣ has been found in the form ΤΡΕΒΙΩ on stamps from Greco-Italic amphorae of type IV from Naples (in contexts dated<br />
from the end of the Fourth century to the beginning of the Third century B.C.) 137 and, in fewer numbers, from Ischia. Τρεβιος, son<br />
of Zωίλος (one of the most common names on the stamps from Pithecusae), has been documented at Naples in the hypogeum<br />
of the Cristallini belonging to the gens Trebia 138 .<br />
Among the names of those who placed a dedication on the sanctuary at Delos around the middle of the Third century B.C., there<br />
is a Trebius, a wood seller 139 , a fact that sheds light on the nature of the goods carried by Italic mercatores towards the East.<br />
Some stamps are in Latin 140 ; recent investigations on the Greco-Italic vases bearing these stamps are still on going.<br />
TREBIO LOISIO is undoubtedly the figure connected to the Greco-Italic amphorae that garnered the most attention for the wide<br />
range of their distribution 141 . His name, written in Latin, is tied to amphorae of type VI that circulated wide and far, not just in the<br />
western Mediterranean.<br />
There is much discussion about the origin of the amphorae stamped with the name Trebio Loisio, and the question is not completely<br />
resolved; however, thanks to archaeometric analyses carried out for this study, it seems that their place of origin is the<br />
same and should be located in Campania, perhaps near the Gulf of Naples (probably not at Ischia, nor at Naples).<br />
IX.9. Greco-Italic Amphorae and Black Glaze Pottery<br />
<strong>estratto</strong><br />
The studies that have been carried out confirm that there are multiple points of contact between the production of<br />
Greco-Italic amphorae and that of black glaze pottery from Campania 143. At Ischia, both classes of pottery may have<br />
been produced 144.<br />
The remains of black glaze pottery workshops have been found at Naples (Corso Umberto and Vico San Marcellino)<br />
145; fragments of Greco-Italic amphorae discovered recently by archaeologists from the Soprintendenza come<br />
from the area of Piazza Nicola Amore, which is located near Corso Umberto 146.<br />
The bulk of the most ancient finds indicate how the two classes might have often circulated together, coming from the<br />
same areas/centres of production 147. The export that begins at the Gulf of Naples, therefore, combines agricultural<br />
and artisanal products, in a “duo” that will become “exemplary” 148 in the following period, when the type VI amphora<br />
would circulate along with Campanian type A pottery.<br />
However, the Greco-Italic amphora type IV already circulated before – an example is given in a find from the Filicudi F<br />
wreck – with forms of black glaze pottery such as the skyphos or the kylix, forms dated between the end of the Fourth<br />
and the beginning of the Third centuries B.C. and produced in different centres around Campania and Magna Grecia<br />
(Capua, Sorrento, Paestum, just to give a few examples) but also in Sicily.
<strong>estratto</strong><br />
s u m m a r y 443<br />
Amphora type V – such as the one found on the wreck at Capistello – is associated with forms of archaic black glaze<br />
pottery (cup, fishplate, lamp with a high foot) 149 found also in the kilns at Santa Restituta.<br />
Finally, Greco-Italic amphorae, like the black glaze pottery of the Gulf of Naples, seem to have been produced mostly<br />
for sea-trade 150. Some new points of connection between the two classes emerge, although it is still to be verified,<br />
from the analyses of certain stamps. Many Greco-Italic amphorae from Ischia (type IV) bear the stamp ΠΑΡ 151; black<br />
glazed ceramic cups of Lamboglia types 26 and 27, dated to the Third century B.C., found at Pech Maho and at Ensérune,<br />
have the same stamp, although the letters are different and located between the rays of a star, impressed on<br />
the centre of the base of the cup, alternating around the points 152 (fig. IX.1).<br />
It is possible that these are coincidences – also because we do not know with certainty if the pottery originates in<br />
Campania or rather from local copies – but faint traces of markings (common ones?) and a recurring symbolism on<br />
coins and stamps show through, whose meaning, which still must be investigated, could hold particular (public or<br />
religious?) significance.<br />
IX.10. The Circulation of Ancient Greco-Italic Amphorae from the Gulf of Naples and an On-Going<br />
Project<br />
What can be inferred from the available archaeological and archaeometric data concerning the circulation of ancient<br />
Greco-Italic amphorae from the Gulf of Naples?<br />
1) Wine from the Gulf of Naples 153 (and the amphorae in which it was transported) – studies carried out have managed<br />
to isolate it from other areas in Campania – was produced and circulated at the beginning of the Third century<br />
B.C. (and also at the end of the Fourth) 154. It was evidently a high quality wine, intended for mostly maritime<br />
trade and was transported in containers regulated through their stamps. The finds from two shipwrecks, found in<br />
the waters of the Aeolian islands, the Filicudi F and the Secca di Capistello 155, serve as an example of the wide<br />
range of distribution. It could be a coincidence, but the few groups found that pertain to the period between the end<br />
of the Fourth century and the first half of the Third, made up of Greco-Italic amphorae (types IV and V), originate<br />
in the Gulf of Naples 156. The distribution of products from Campania intensified, as noted, in the following period,<br />
perhaps also following the multiplication of pottery production sites 157.<br />
2) The transport of agricultural goods, in this phase, went along with the that of artisanal ceramic products, as the<br />
body of finds from the Aeolian digs show 158.<br />
3) The archaeological and archaeometric investigation conducted on the find from the Filicudi F wreck and that of the<br />
Secca di Capistello (end of the Fourth – beginning of the Third centuries B.C.) leads one to think that amphorae,<br />
those probably manufactured at various sites in the Gulf of Naples, travelled together, departing or transferring at<br />
Naples, which was a possible sites of (re)distribution for products in that area. The circulation took place mainly in<br />
the coastal areas, but, in some cases, it took place also at inland sites (in Sicily, for example), as the study of the<br />
stamps showed.<br />
4) The majority of the amphorae of type IV 159 that were circulated seems to be mostly attributable to the Gulf of<br />
Naples, and stamped in Greek 160.<br />
The amphorae of type V may rather reflect a more articulated production system that involved different areas<br />
(the Gulf of Naples, Northern Campania, Southern Lazio, Southern Etruria - ? -, and Sicily). The stamps are in<br />
Greek 161, and a few in Latin 162, the latter being mostly found on type V/VI.<br />
Some Greco-Italic amphorae of type VI 163, for example those stamped with ACKΛH or TR. LOISIO, with various<br />
origins (mineralogical group IV), can be attributed to the Gulf of Naples, although probably not to Ischia 164.<br />
5) Attributing Greco-Italic amphorae, as well as some stamps, to the Gulf of Naples, a fact made possible by laboratory<br />
analysis, makes it easier to reconstruct the pattern of distribution for “Neapolitan” wine in the Southern Tyrrhenian,<br />
Sicily, and even North Africa, a century before the exporting “boom” of products from Campania, which<br />
is usually placed after the Second Punic War 165. It is an under-studied phenomenon that often goes hand in hand<br />
with the circulation of black glazed pottery, which Morel, in his first works defined as the “archaic” and/or “primitive”<br />
pottery of Campania 166, which was documented, for example, in the Punic sites of Western Sicily, but also in<br />
the North-West Mediterranean, at Ensérune in Southern France, at Aleria in Corsica, and in North Africa 167. At the<br />
current stage of research, it is not possible to determine the exact areas of origin of these types of pottery, except<br />
in certain cases. The distribution of Calean black figure ware in the Third century B.C., or example (“Byrsa class
444 s u m m a r y<br />
166,” attributed to an atelier from Cales, or perhaps more precisely, workshop from Southern Campania, based on<br />
research by M. Picon) 168, documented at Carthage and Lilybaeum at the beginning of the Third century B.C. 169,<br />
begins to emerge more clearly.<br />
There are a few Sicilian sites, such as Gela, Selinunte, Camarina, or Liparis that preserve documentation of this<br />
early ceramics trade – of amphorae and black glazed ware – that have pronounced similarities, whose origins<br />
are already determined, thanks in part to laboratory analyses. At Gela, for instance, the majority of Greco-Italic<br />
vases, stamped in Greek, that were subjected to laboratory tests during the course of this study were found to<br />
have originated in either Ischia or the Gulf of Naples 170.<br />
Other contexts, such as the oppida of Pech Maho, or Ensérune in Southern France, or even Aleria in Corsica offer<br />
further data on the circulation of production from Campania in the Third century 171.<br />
Other recent studies have revealed the existence of black glazed pottery that has been called, perhaps incorrectly,<br />
“Campanian type A from the Third Century,” in numerous sites on the Iberian peninsula, probably dating from 250<br />
B.C. on, and have raised a debate (still open today) on the dating of this class of pottery and interpretation of its<br />
presence 172. The study of some (carefully selected) Mediterranean contexts, should allow for the collection of<br />
other data in support of the first evidence, and determine the actual amount of these early finds.<br />
Moreover, by intensifying research on areas of production, it will be possible to one day to identify the centres of<br />
export for various phases of production and highlight the preferential relationships between areas of production<br />
and areas of consumption 173.<br />
6) In the most ancient phase of distribution of vessels from the Gulf of Naples, it seems that the route that led to<br />
Sicily, and perhaps also North Africa, went through Capo Lilibeo. And it was Sicily that, as they say, return many<br />
important data, which should be taken in relation with locally-produced amphorae (about which little is known) or<br />
with those imported from other areas (such as the “Corinthian” B and Punic amphorae) 174.<br />
Punic centres, or those under Punic influence, (Eryx, Lilybaeum, Selinunte) and some in the interior (Caltabellotta,<br />
Monte Adranone 175, or Monte Iato) were points of arrival and sorting of wine and other products packed into amphorae<br />
from the Gulf between the end of the Fourth and the Third centuries B.C.; that is, these activities coincide<br />
with the period immediately following the third treaty between Rome and Carthage (306 B.C.).<br />
In some sites (for example, at Monte Adranone) Campanian and Osco-Campanian coins 176 have been found,<br />
which have been connected by Breglia to mercenaries from Campania on the island, who were there as part of the<br />
build up to the First Punic War and the advance of Pyrrhus (278), in which the army moved out of Campania 177.<br />
In light of data from material culture, perhaps, the third Romano-Carthaginian treaty can be better understood 178:<br />
the Sicilian markets were closed to Rome, and there was a desire to limit the distribution of products – perhaps<br />
even those from the workshops in the Gulf of Naples and in Campania in general – of businessmen who were<br />
pushing for an invasion of the markets controlled by Carthage. And as F. Sartori wrote, “it is not purely coincidence<br />
that Neapolitan businessmen, working in multiple, diverse markets, were considered by their trade “partners” as,<br />
above all, Romans” 179.<br />
The clues that come from the amphorae and the black glazed pottery seem to document that the early commercial<br />
entrance by products from the Gulf of Naples may have already begun in North Africa, in Tunisia and Libya<br />
(perhaps at Mellita and Sabratha, for example) 180.<br />
7) The distribution of products from Campania in the following period, from about the middle of the Third century<br />
B.C., is better understood, such as in the example of Sicily, when, following the capture of Agrigento (262) and<br />
that of Lilybaeum (241), Roman traffic in the direction of the South Mediterranean increased 181.<br />
New archaeometric investigations have allowed us to attribute even Greco-Italic amphorae, sometimes stamped<br />
in Greek, to the Gulf of Naples; these are part of the bodies of finds whose chronology can be traced to the middle<br />
of the Third century B.C. and perhaps even later: the Tour Fondue in Southern France, Bon Capò and, probably,<br />
also the finds from Meloria 182.<br />
IX.11. Ischia, Neapolis and Rome<br />
<strong>estratto</strong><br />
The study of Greco-Italic amphorae from Ischia and Naples, particularly the oldest of these, contributes to our understanding<br />
of the relationships that were being created between Rome, Neapolis, and the Gulf at the end of the Fourth<br />
century, and throughout the Third.<br />
As Lepore already hypothesized, the exploit and organization of the Pithecusan artisanship presupposed “economic<br />
capacities that were larger than local ones, through investment capital and the possibility for transport and distribution
<strong>estratto</strong><br />
s u m m a r y 445<br />
of the traded product. Only a merchant and trader class such as that of Neapolis, with her shipyards, her ships, and<br />
her organization, could have explained this phenomenon” 183.<br />
The Foedus Aequum between Naples and Rome in 326 B.C. made Naples, as a city, foederata 184; the territory was<br />
independent and could mint coins, although the city had to make her navy available in case of need, a clause fulfilled<br />
during the First Punic War, when Neapolis provided naval contingents 185.<br />
Rome, for her part, in her southward expansion, beginning in 340 B.C. became a participant in commercial ventures<br />
and interests in Campania and Magna Graecia 186; essentially, Rome’s intention to place at least a part of the Greek<br />
world “under protection” emerges already in the treaty with Taranto (ca. 303) 187.<br />
As Cassola clarified, what mattered to the Romans was not so much the subjugation of Naples and Capua - for example<br />
- but rather to guarantee collaboration with a world rich in industrial activity and open to the sea 188. The economic<br />
end of this agreement resulted from the monetary system, which was modeled on that of Naples, and which must<br />
have helped to penetrate the areas controlled by Neapolis 189.<br />
During her advance, Rome entered into contact with some important areas for wine production on the Tyrrhenian 190.<br />
Various authors hold that, between the Fourth and the Third centuries, in the area that lies between Capua and the<br />
Gulf of Naples, forms of agricultural exploitation began that led to a “structured” system of wine production 191, and<br />
that the food products being exported were those from the newly controlled areas, among with are also some sites<br />
from the Gulf of Naples and Campania 192.<br />
Some open questions concern the economy and production of wine: should the distribution of products from the Gulf<br />
of Naples be interpreted in terms of the arrival of the Romans in Campania or should it be attributed to the activities<br />
of Neapolis 193?<br />
According to Morel “c’est Rome, et non pas Naples (non plus qu’aucune autre cité de la Grand Grèce) qui parmi les<br />
villes d’Italie manifeste le plus d’initiative et rencontre le plus de succès dans l’exportation de céramiques vers le<br />
pays de la Méditerranée occidentale” 194. For C. van der Mersch, the beginning of the production of “Roman” wine in<br />
Campania should be dated to between the period of creation of the ager falernus and the First Punic War 195. Such a<br />
production would have been desired and controlled by the influential Roman elites who were already present in the<br />
period of the foedus, and whose interests coincided with those of the powerful Campanian families 196.<br />
Based on the first data available to us, which are however relative to the study of material culture, while Rome carried<br />
her path of conquest southward and beyond (the construction of the Via Appia, for military purposes but also for the<br />
purposes of improving relations between Rome and Capua, took place in 312-310 B.C.), the products of the Gulf of<br />
Naples and pottery from Campania made their way into the Southern Tyrrhenian markets, and in some cases further<br />
north, such as Aleria, in Corsica 197.<br />
Wine production and the artisanal tradition of pottery manufacture were part of the realities of Ischia and Naples,<br />
even before the arrival of the Romans 198, when both sectors were reorganized and expanded.<br />
E. Lepore, produced fundamental writing during the 1950s on the history of Naples in the Hellenistic Age. Despite the<br />
fact archaeological data available to him were sparse, his writings reveal acute intuitions, confirmed by study of the<br />
finds from Ischia and also by recent findings at Naples 199.<br />
The scholar underscored the “very relevant industrial activity at Pithecusae, as at Neapolis” being tied to “fairly large<br />
local economic capacities,” to the activities of the mint and to the high level of development - which he defined as<br />
“industrial” - of artisan ceramics. These determined “relationships equal to other centres and markets in the Hellenistic<br />
world, while they further illuminate the technical and cultural influence that the ‘city’ managed to hold over<br />
even Rome” 200. Naples preserved her institutions and use of the Greek language for a long time after 326 B.C., but<br />
also after she obtained citizenship, such that some historians have held that there was never a true “Romanization”<br />
there 201.<br />
Following the pact of alliance with Rome that united influential Roman families with the leaders of Naples - that is, the<br />
Greek merchant class - the Gulf of Naples, found itself in a privileged position of economic development and growth<br />
in the trade and artisan sectors, thanks to the loyalty the Neapolitans demonstrated to the Romans 202. The port of<br />
Naples was one of the important harbour installations of the Fourth century and the first half of the Third century<br />
B.C. 203 The effort to dredge the harbour floor, brought to light by recent research on the part of the Soprintendenza<br />
Archeologica di Napoli, testifies to the intense use of the harbour basin in the years following Naples’ entrance into<br />
the Roman sphere of influence 204.<br />
Beginning in the Fourth century, and for over a hundred years, “Naples was, in full luxuriance and without rivalry or<br />
limitations, a centre of economic gravity for Campania and also the Western Mediterranean… The moneyed classes<br />
found themselves at full liberty for economic initiatives, which transformed into merchant activities. The Hellenistic<br />
city revolved around the port and her commercial activities were not only import and transport, but also the export of,<br />
for example, pottery produced thanks to the clay from Pithecusae” 205.<br />
In reality, we now know that the trade activities revolved around not only fine ceramics, but also, very probably,<br />
amphorae and their contents, wine, which was certainly of high quality and was produced for wide circulation 206.
446 s u m m a r y<br />
<strong>estratto</strong><br />
There are many figures, whose names, both Greek and Oscan, appear on amphorae from Ischia and Naples. These<br />
figures, who were involved in the production and distribution of “Neapolitan” and Gulf wine, helped shed light on the<br />
social and economic reality of an area that is still not well understood.<br />
While Rome strengthened her position, once more relying heavily on a partner of broad commercial capacities – as<br />
she had already done in the North with Caere – Naples, thanks to her new alliance and the contributions of Ischia,<br />
acquired a higher standard of living and expanded.<br />
Ultimately, therefore, the production and circulation of wine from the Gulf of Naples, in the period following Rome’s<br />
entrance onto the scene, could be read as an outcome of the situation and the result of a prevailing synergy also in<br />
the economic environment 207.<br />
Neapolis received compensation for her eximia fides, profiting from the roads that had been opened for the Roman<br />
armies through her merchants and navy. Roma deftly took advantage of the economic and manufacturing potentials<br />
in the area of Neapolis, and inserted herself into distribution and trades routes that were already established by<br />
Naples. She made them her own, “structured” them and organized them (starting with the mint and coinage), thus<br />
complying with the demands of the negotiatores, who were perhaps already strong enough to shift Roman policy at<br />
the end of the Fourth and in the first half of the Third century B.C. 208<br />
Following the Foedus, maritime trade became the de facto realm of Greeks from Neapolis 209, who made up the<br />
merchant class, whereby “friendship with the Romans meant peaceful relations with friendly poleis in the Tyrrhenian<br />
basin, and the return of traffic, perhaps even industrial production, in a position of privilege and respect towards other<br />
Italic and Greek competitors, for example the Tarentini, without the need share any advantage with them” 210.<br />
What is certain is that in the last two decades of the Fourth century B.C. and in the first part of the Third, a series of<br />
clues – the renovations in the artisan quarter of Lacco Ameno, the production of new amphorae, the “Greco-Italics,”<br />
the introduction or expansion of a system of “stamping,” and a new series of coins – speak of a transformed economic<br />
and social reality that goes hand in hand with the entrance of the Romans onto the scene. This should not be taken to<br />
mean that the fact that the Romans were entering an already existing network of economic and commercial relations,<br />
which was created by the Neapolitans themselves, is irrelevant. And it is that very commerce of Neapolis, over the<br />
course of centuries, that deserves to be investigated further.<br />
In the following phase, around the middle of the Third century B.C. and in the second half of the century, amphorae<br />
from the Gulf of Naples, types V and V/VI, stamped in Greek, are retraceable even to the finds recovered along the<br />
routes that led to the North-West Mediterranean, along the French and Iberian coasts (in the case of the finds at Tour<br />
Fondue, Bon Capò, and perhaps even Meloria) 211; the circle of activity was appreciably enlarged.<br />
After the Punic Wars, the situation changed: vineyards extended to various areas of Campania and along the Tyrrhenian<br />
coast, a phenomenon that explains the activities of new workshops that sprung up around the wine-growing<br />
areas. The phenomenon of the dispersion of artisan activity can be seen also in other forms of artisanship, for example<br />
in the fabrication of metals.<br />
At Naples, the new coinage ceased 212, and, along the Tyrrhenian coast, the activities of new centres of production of<br />
amphorae, which grew alongside, and in some cases supplanted those of the Gulf, intensified.<br />
Wine and amphorae, the Greco-Italic type VI, still produced at Neapolis 213, now arrived also from other workshops,<br />
distributed over a wider area of the Tyrrhenian strip. For this reason, distinguishing between the works of different<br />
centres, even in the laboratory, is even more complex.
NOTES<br />
1 See van der Mersch 2001, p. 189, with bibliography (note<br />
327); see also the papers of J-P. Morel and A. Tchernia (e.g.<br />
Morel 1986, with bibliography) and the contributions of Lepore,<br />
Johannowski, Cassola and, more recently, of Zevi, Mele<br />
and De Caro to the debate on the economic/commercial situation<br />
in the Gulf of Naples during the Hellenistic Age.<br />
2 For the social and economic history of Neapolis, see Lepore<br />
1952; Id. in Storia di Napoli I. For the coinage of Neapolis,<br />
see Cantilena et al. 1986.<br />
3 Raviola 1995, p. 122.<br />
4 Strabo V, IV.9; Mele 1986 and 2000.<br />
5 See chapter II.<br />
6 Graeco-Italic amphorae type II have not yet been found,<br />
neither is it clear if type VI was produced or not.<br />
7 For the production of MGS II amphorae in Naples see Febbraro,<br />
Giampaola, Atlante forthcoming; Tagliamonte 2010<br />
(the latter is a MGS II amphora, with a graffito inscribed before<br />
firing, found in Vico Equense and attributed to the area<br />
of Pompei or, less likely, of Pontecagnano).<br />
8 Mele 1986, pp. 360-361; Aminaea, in RE I, II, pp. 1835-<br />
1837.<br />
9 Mele 1986, pp. 360-361; Mele 2000.<br />
10 Cerchiai 1995, p. 201. The existence of wine production<br />
has already been documented in the Archaic Period in the region<br />
of Stabiae and in the area of Deserto di S. Agata dei due<br />
Golfi in the Sorrentine peninsula, Cerchiai 1995, p. 137.<br />
11 Under study by L. Pugliese and S. Febbraro.<br />
12 Data on urban development in Campania at the end of<br />
the 4th Century have also been collected for the Sarno Valley<br />
and Pompeii (De Caro 1986); the latter becomes part of the<br />
civitates foederatae of the Roman Republic. The new excavations<br />
have brought to light some kilns under the Casa dei<br />
Cubicoli, which were maving bricks for roofs (Pesando 2010,<br />
p. 244 with bibliography).<br />
13 For the case of Rhodes (but also of Thasos and Cnidos),<br />
see Empereur, Picon 1986, pp. 124-125; Picon, Garlan<br />
1986.<br />
14 The conditions in which the excavations took place did not<br />
yield new data on the chronology of Graeco-Italic amphorae.<br />
15 For instance, the stamp “ΖΩ” is well attested at Ischia but<br />
only on fragmentary handles; however, it has been possible<br />
to link it to MGS type IV, thanks to an unbroken amphora from<br />
the cargo of the Filicudi F shipwreck (see chapters III, VII).<br />
16 See chapters IV and V.<br />
17 It is a complete set of amphorae MGS type IV with some<br />
stamps that correspond to those of Ischia and Neapolis; see<br />
Chapter VII.<br />
18 The material from Naples comes from recent excavations<br />
for the new city subway, which have been mentioned several<br />
times in this volume (Giampaola 2009 and Febbraro, Giampaola<br />
2009). As for laboratory analyses on the materials of<br />
Neapolis, 14 chemical analyses and 7 mineralogical analyses<br />
on amphorae samples have already been carried out,<br />
thanks to D. Giampaola, S. Febbraro and L. Pugliese, with<br />
whom I initiated a project for research and comparison (Febbraro<br />
et al. forthcoming a, b).<br />
19 Picon 1988, p. 255.<br />
20 The latter are not actual groups, see the contribution of V.<br />
Thirion Merle in chapter VI.<br />
21 The area yielded no kilns, but a significant amount of ceramic<br />
wasters (Febbraro, Giampaola 2009).<br />
22 The ceramics from groups E and F have a finer texture<br />
and different dimensions compared to those from Ischia.<br />
23 See the contribution of I. Iliopoulos in chapter VI.<br />
24 See chapter VI.1.4.<br />
s u m m a r y 447<br />
25 See I. Iliopoulos’ contribution in chapter VI. The samples<br />
of amphorae with the stamps Trebio Loisio have been hypothetically<br />
attributed to Cuma, based on the comparison with<br />
cooking ware found at the site, and on mineralogical data<br />
provided in Grifa et al. 2009.<br />
26 According to the results of mineralogical analyses, some<br />
amphorae from Naples and from the Aeolian shipwrecks<br />
were probably manufactured with a mixture of different clays<br />
(I. Iliopoulos, personal communication).<br />
27 Febbraro et al. c.s. a, b; Febbraro, Giampaola 2009; Carsana<br />
et al. 2007 (contribution on the pottery of the Late Antiquity<br />
and Early Medioeval Age).<br />
28 Buchner 1994, p. 22.<br />
29 See chapter VI.<br />
30 Garlan 1993, p. 184.<br />
31 Archaic amphorae found at Ischia bear no stamps (Di<br />
Sandro 1986); an MGS II amphora from Vico Equense bears<br />
a graffito inscribed before firing (Tagliamonte 2010).<br />
32 See chapter IV, par. IV.5.<br />
33 See chapter IV; Garlan 2001; Raviola 1995, p. 118; Small<br />
2006, p. 192.<br />
34 In some cases the abbreviations, whose meaning is unclear,<br />
may be indications of capacity. See chapter IV.<br />
35 Garlan 2000, with bibliography.<br />
36 Garlan 2000, p. 169.<br />
37 Garlan, Introduction (www.archweb.cimec.ro); Garlan<br />
2000 p. 171; Salviat 1986.<br />
38 The hypothesis was first suggested by 1952b and recently<br />
accepted by Cantilena et al. 1986; see chapter IV.<br />
39 For the figures, see www.snible.org/Coins/hn/Attica.html,<br />
Athenian Coins of the “New Style”; Thompson 1961, p. 32 ff.;<br />
the names of two magistrates appear on silver coins of the<br />
Athenian “New Style” , the first one in the form of a monogram,<br />
together with symbols and sometimes with the name<br />
of a third magistrate. The presence of some letters has been<br />
linked to the lunar year during which the coins were minted.<br />
40 Grace, Savvatianou 1970, p. 322; Grace 1971.<br />
41 Salviat 1986, p. 183 ff. describes a series of measures<br />
aimed at protecting the wine of Thasos that, according to him,<br />
benefited from an exemption, while other wines – such as<br />
those produced in the coastal regions of Thracia – were probably<br />
not allowed to be loaded on Thasian ships.<br />
42 Salviat 1986, p. 181. The contribution illustrates the case of<br />
Thasos and some laws that are recorded in written sources.<br />
43 Salviat 1986, p. 182 and note 66.<br />
44 Thanks to the courtesy of Drs. Giampaola, Febbraro and<br />
Pugliese.<br />
45 Same as the case of mineralogical group II, see the contribution<br />
of I. Iliopoulos, chapter VI, par. VI.4.<br />
46 Empereur, Picon 1986, p. 112 ff.; Empereur, Tuna 1989,<br />
pp. 287-292.<br />
47 Raviola 1995, p. 340, p. 120 ff.<br />
48 Raviola 1995, p. 123 and note 75; for Thasos, Salviat<br />
1986, p. 183; Garlan 1999 b, with bibliography.<br />
49 Raviola 1995, p. 122-124 in which the terms of the comparison<br />
and differences are clarified, since in the case of Naples<br />
and Ischia the mainland was the principal administrative<br />
centre. This hypothesis implies that in the period considered,<br />
Fourth to Third Cent. BC, Ischia belonged to Naples. In this<br />
regard, see note 28 of Chapter I.<br />
50 See chapter IV.<br />
51 Garlan 2000, pp. 76-78; Finkielsztejn 2006, p. 28.<br />
52 See the studies of Empereur, Picon and Lawall (reported<br />
by Finkielsztejn).<br />
53 Finkielsztejn 2002 and 2006.<br />
54 The results presented in the paragraph are only prelimi-<br />
nary.<br />
<strong>estratto</strong>
448 s u m m a r y<br />
55 The production of amphorae in Sorrento in a later period<br />
is documented by the presence of Dr. 2/4 amphorae wasters,<br />
Russo 1999; Olcese, Atlante c.s.; in Cuma the production<br />
of cooking wares and other vessels is known also thanks to<br />
laboratory analyses, Grifa et al. 2009.<br />
56 See chapter VIII, par. VIII.2.<br />
57 Project <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>, www.immensaaequora.org.<br />
58 The amphorae of Piscinola, which I was able to examine<br />
directly, thanks to the courtesy of Drs. Ruggi d’Aragona and<br />
De Filippis, are currently being investigated by A. De Filippis.<br />
59 Barra Bagnasco 1995, p. 78, with bibliography.<br />
60 Van der Mersch 1994, p. 75; Enotri e Brettii in Magna Gre-<br />
cia, p. 23.<br />
61 Exposed in the Museum of Vibo Valentia; I was able to<br />
examine it directly thanks to the courtesy of Drs. A.M. Rotella<br />
and M.T. Iannelli.<br />
62 Preliminary data on Sicily (see chapters VII and VIII) are<br />
the result of a series of direct investigations since 2002 in<br />
many archaeological sites on the island, aimed at the identification<br />
of pottery that is likely of Campanian origin.<br />
63 Thanks to the cooperation of the Soprintendenza Archeologica<br />
di Trapani.<br />
64 Manganaro 1980, pp. 428-429.<br />
65 Fabrics are red-coloured with pale beige, sometimes pale<br />
greenish surfaces.<br />
66 Data from investigations carried out within the Project <strong>Immensa</strong><br />
<strong>Aequora</strong>.<br />
67 For this stamp, see the related file in the Catalogue in<br />
chapter V.<br />
68 This stamp is attested at Ischia, Naples and Carthage.<br />
See the related file in the Catalogue.<br />
69 See chapter VII and the related file in chapter V.<br />
70 Febbraro et al. forthcoming a, b; Febbraro, Giampaola,<br />
forthcoming. The Graeco-Italic amphorae of Naples are being<br />
investigated by L. Pugliese.<br />
71 C. Albore Livadie in Archeologia subacquea 2, p. 91, interpreted<br />
as PAOM.<br />
72 It is a rectangular scroll in which the first letters are abraded<br />
and unreadable, while the crown and M, typical of this<br />
stamp, are visible (based on direct checks in the Museum of<br />
Licata). Barra Bagnasco 1989, pl. XXXVII, no. 24.<br />
73 The stamps of Ischia and of the Filicudi F have an alpha<br />
with a broken bar while those of Naples have a straight bar.<br />
74 If it were indeed so, it would confirm a willingness to refer<br />
to the same figures. See chapters V (and the files related<br />
to the mentioned stamps), VI (laboratory analysis) and VII<br />
(shipwrecks).<br />
75 A first hint in Olcese, in 2007; the topic was discussed with<br />
L. Pugliese, who is courrently studying the Graeco-Italic amphorae<br />
of Naples. As far as the games are concerned, evidence<br />
has been found at Ischia for the participation of a girl<br />
from Pithecusa in the games during Imperial times (Buchner<br />
1952, p. 408; Monti 1980, p. 219 ff., fig. 100). The information<br />
comes from an inscription once walled in the Church of Santa<br />
Restituta, later removed and now located in the courtyard of<br />
the church. Seia Spes is celebrated in the inscription, who<br />
in the year of the 39th Italide (154 AD), had won by taking<br />
part in the competitions reserved for sons / daughters of the<br />
judges. Without further explanation and referring to a forthcoming<br />
publication of the inscription in Notizie degli Scavi, G.<br />
Buchner considered it unlikely that the inscription came from<br />
the island, believing that it had instead come from Naples.<br />
However, it is not possible to exclude the theory that the inscription<br />
came from Lacco Ameno, as suggested by the fact<br />
that it was originally placed within the walls of the Church of<br />
Santa Restituta.<br />
<strong>estratto</strong><br />
76 Giampaola 2009, p. 40; Febbraro, Giampaola 2009; Bragantini<br />
et al. forthcoming.; Cavalieri Manasse, Roncella forthcoming.<br />
77 For the Sebastà, Geer 1935; Miranda De Martino 2007.<br />
78 Giampaola 2009, p. 40; Febbraro, Giampaola 2009.<br />
79 Lycofrone 720-721, Scholia to Lycofrone, 732-737; Wecklein<br />
1873; RE XII, 1 pp. 569-576; Zevi 1986; Raviola 1995, p.<br />
55 ff.; Mele 2007, p. 260 ff., with bibliography; according to<br />
Mele, they were instituted around 452 B.C. (Timeo 566 J fr.<br />
98 from Scholia to Lycofrone 732).<br />
80 Pugliese Carratelli 1952, p. 253; Miranda De Martino<br />
2007, p. 209. These feasts, which were connected to Ceres,<br />
allegedly had esoteric elements, Napoli 1959, p. 141.<br />
81 Brelich 1969; Mele 2007, p. 261. Races with torches, silent<br />
lampadedromiae, were held in Neapolis in honor of Demeter<br />
Actaea, the goddess of Neapolis, in this regard Giangiulio<br />
1986, p. 140 and Breglia Pulci Doria’s intervention at the conclusion<br />
of the same article.<br />
82 Statius, Silvae III, 5, 70; IV, 8, 50-51; Capasso 1892, p.<br />
212 ff.<br />
83 Feasts in honor of Dionysus, in Athens, also included ceremonies<br />
related to the new wine (rites in which wine and water<br />
were mixed), as well as feasts called Lampteria or Lampter,<br />
which included carrying torches at night to the sanctuary of<br />
Dionysus, Robertson 1993, p. 228.<br />
84 Wecklein 1873, p. 446.<br />
85 Crowther 1989, p. 100.<br />
86 Mommsen 1898, p. 72.<br />
87 Coins sometimes bear acronyms apparently similar to<br />
those attested on amphora stamps (see chapter IV.8.2 on<br />
this subject).<br />
88 Sambon 1903, nn. 473, 474, 482, 579, 466 (Artemide with<br />
torch), Strabone, V, IV, 7. See chapter IV, 9.<br />
89 Cantilena et al. 1986, with bibliography; Zevi 1986.<br />
90 The same question can be asked with regard to the amphora<br />
stamped with a torch attested at Santa Restituta, fig.<br />
IV. 2,e.<br />
91 Miranda 1990, p. 29 n. 13.<br />
92 See chapter V.<br />
93 Olcese 2007.<br />
94 An example is the situation at Locri (Costabile 1987 and<br />
Costabile, Alfaro Giner 1992) and other centres of Southern<br />
Italy. For stamped amphorae connected to the sanctuary of<br />
Delos, see Grace, Savvatianou 1970; Grace 1971, p. 65.<br />
95 Grace 1971, p. 65; during that event, a religious rite took<br />
place on the beach next to the Heraion, with the purification<br />
of the cult statue.<br />
96 Crowns were awarded as prizes in musical contests in the<br />
Games of Olympia, Delfi, Isthmia and Nemea; in Athens “material”<br />
prizes such as olive oil were awarded. Oil was used for<br />
physical exercises, Bentz 1998, p. 12 ff., with bibliography.<br />
97 Valavanis 1986, p. 455, estimates a content of 35-40 litres<br />
ca. for each amphora.<br />
98 Valavanis 1986, p. 455; Bentz 1996 and Th. Mommsen<br />
before him had already listed the prizes for victory, on the<br />
basis of Aristotle (Mommsen 1898, pp. 76-77). According to<br />
Valavanis, Panathenaic amphorae assigned to winners could<br />
be sold by the winner himself and exported, as their presence<br />
outside Greece (e.g. in Etruria) suggests. is the The information<br />
found in a Scholiast of Pindar is important (Nem. X 64 a.),<br />
according to which the exportation of Athen’s oil was forbidden<br />
to all but the winners of Panathenaic Games, Valavanis<br />
1986, p. 455.<br />
99 Van der Mersch 1994, p. 145.<br />
100 Van der Mersch 2001, p. 187.<br />
101 Lancel 1992 p. 382 ff.<br />
102 Lancel 1992, p. 383; Heurgon 1969, p. 344.<br />
103 See chapter VI (table VI.3).
104 A mineralogical analysis on a sample of an amphora type<br />
MGS V-V/VI from the Terrasini B shipwreck, with the Latin<br />
graffito L. AIMILIO inscribed before firing, has shown a fabric<br />
composition similar to that of the amphorae of the Gulf of Naples<br />
(fig. VII.23b). Data from the project <strong>Immensa</strong> <strong>Aequora</strong>.<br />
For the Terrasini shipwreck, Purpura 1974; Giustolisi 1975.<br />
105 See the contribution in Storia di Napoli I, p. 248.<br />
106 The following list of names summarizes available information<br />
on some stamps; see also chapter V.<br />
107 Some funerary inscriptions from Neapolis have identical<br />
names to those that appear on amphorae stamps, Leiwo<br />
1994; Miranda 1990 e 1995 (see e.g. the Ipogeo dei Cristallini);<br />
although these could also be homonymies.<br />
108 See the files in chapter V, with bibliography.<br />
109 Febbraro, Giampaola, Atlante c.s.. I was able to directly<br />
examine the brace (which I believe was aimed at separating<br />
the amphorae in kilns) thanks to the courtesy of Drs. Febbraro<br />
and Pugliese.<br />
110 See chapters V for the stamps and VI for laboratory analyses<br />
(mineralogical groups II and III).<br />
111 Martín Camino 1996, p. 11; according to the data collected<br />
at Cartagena, the MGS type VI already existed in the<br />
first half of the 3 rd Cent. B.C. (if it has not to be interpreted as<br />
a type V/VI).<br />
112 Mineralogical group IIb.<br />
113 Febbraro, Giampaola, Atlante forthcoming.<br />
114 See the catalogue of the necropolis of San Montano, III.<br />
B3 and the file in chapter V.<br />
115 Which does not come from the kiln area; see the catalogues<br />
at the end of the volume.<br />
116 Adamesteanu, Orlandini 1956, p. 360 n. 11 (interpreted<br />
as YΞEΛO).<br />
117 See chapter V.<br />
118 Mineralogical groups IIa e IIIc.<br />
119 It is generally agreed that the shipwreck can be dated to<br />
around the end of the 4 th Century B.C. and the beginning of<br />
the following century.<br />
120 For the circulation of the stamp in Sicily see the related<br />
file in chapter V.<br />
121 Miranda 1990, pp. 28-29, n. 12.<br />
122 Phretarchos in RE, Suppl. X.<br />
123 Miranda 1990, p. 29 n. 13; Kaibel identified Ζωίλος with<br />
a figure also known from another inscription, while on the<br />
other hand, Miranda suggests either a different person or a<br />
case of homonymy.<br />
124 IG II 9116.<br />
125 For the stamps see the related files in chapter V.<br />
126 See the related files in chapter V.<br />
127 IG XIV, 917.<br />
128 Analyses have been carried out on vessels from Gela<br />
and Manfria (see chapter VI).<br />
129 Campagna 2000, p. 468 n. 52, text p. 455; Riis (Ed) 1979,<br />
p. 56 fig. 186-188.<br />
130 Buchner 1949-50, pp. 4 ff. The dedication, in Greek, is<br />
to Aristaeus from Megakles, the Roman, son of Lucius. Tha<br />
name Megakles, as noted by Buchner, appears in one inscription<br />
from Naples and in one found in Capri. The stamp ΛΟΥ<br />
has been attested on some bricks from Pithecusa; Loukios<br />
is the name of the father of Megakles in the dedication to<br />
Aristaeus.<br />
131 Maiuri 1946, p. 164; for the stamp ΜΑΙΩ, van der Mersch<br />
1994, p. 169.<br />
132 Cassola 1986, p. 69, with bibliography.<br />
133 IG XIV 894.<br />
134 Miranda 1990, p. 30 with bibliography; the name is attested<br />
in an inscription on a small black painted ceramic ox,<br />
dated (perhaps incorrectly) to the First century BC, and on a<br />
<strong>estratto</strong><br />
s u m m a r y 449<br />
marble slab from the First Century BC (Miranda 1995, p. 66<br />
n. 142).<br />
135 See the file in chapter V. A Νύψιος Νεαπολίτης served<br />
as commander of the mercenaries under Dionysius I, Miranda<br />
1995, pp. 30-31.<br />
136 Among the dedications of the Third Cent. BC in the Serapieion<br />
C of Delos, some are those of Agathon of Nympsios<br />
Petelinos, who rebuilt the ceiling of the temple, Nocita 2003,<br />
p. 103.<br />
137 Febbraro, Giampaola, Atlante, forthcoming.<br />
138 Miranda 1995, n. 173; for the gens Trebia, Leiwo 1994,<br />
p. 60, who refers the opinion of Gabrici and cites the contribution<br />
of Salomies 1987, pp. 94-95 with regard to the geographical<br />
diffusion of the name.<br />
139 Baslez 1996, p. 221 n. 22.<br />
140 Sporadic.<br />
141 See the file and the map in chapter V.<br />
142 See chapter VI and the related file in chapter V. Chemical<br />
analyses have been carried out by M. Picon, who has suggested<br />
that the clays come from a volcanic area (the eastern<br />
part of Sicily or the region of Naples): Picon, personal comunication<br />
and Morel 1986 a, note 206, with the results of the<br />
laboratory analyses carried out by Picon.<br />
143 The association between Campanian type A pottery and<br />
late Graeco-Italic amphorae in the 2nd Cent. BC has been<br />
often stressed (e.g. Morel 1981).<br />
144 For Ischian black-glazed pottery, see Olcese et al. 1996<br />
(brief summary of the results of chemical analyses); the subject<br />
will be discussed in the forthcoming volume.<br />
145 For the pottery dump at Corso Umberto: Accorona et al.<br />
1985; Laforgia 1986; Morel 1986 a; Morel, Picon 1994; on<br />
Vico San Marcellino, Laforgia 1997; Soricelli et al. 1994.<br />
146 Febbraro, Giampaola 2009.<br />
147 The shipwrecks of Secca di Capistello and Filicudi F seem<br />
to confirm this hypothesis. For the circulation of Graeco-Italic<br />
amphorae and black-glazed pottery in Catalogna during the<br />
second half of the 3rd Cent. B.C., see Cibecchini, Principal<br />
2002.<br />
148 Morel 2009, p. 77; Cibecchini 2004.<br />
149 see chapter VII.<br />
150 No targeted research has been carried out, but it seems<br />
from initial examinations that they are not widely spread in<br />
the towns of inner Campania.<br />
151 See chapter V.<br />
152 Solier, Sanmarti 1978, pp. 37-42; abbreviations with similar<br />
characters are attested on obols found in Marseille, although<br />
their chronology is uncertain, p. 38-39. The star, albeit<br />
with a different number of points (the 8 pointed star cam after<br />
6 and 4 pointed stars), occurs noticeably on Neapolitan coins<br />
depicting Apollo, dating to the period between 315 BC and<br />
295 BC, Breglia 1952b p. 41.<br />
153 The definition includes the production of Ischia and of Neapolis<br />
and perhaps of other sites. Not much is known about<br />
the situation of the area of Neapolis; before 326, the Chora of<br />
Neapolis, except the islands, was quite small and measured<br />
17 km2 , Cassola 1986, p. 59.<br />
154 Some scholars believe that the production of Roman<br />
wine in Campania began only in the second quarter of the 2nd Century BC, Carandini, 1989, p. 113. According to A. Mele<br />
the production and circulation of Campanian wine started in<br />
the Fifth Century BC, Mele 1986, pp. 360-361.<br />
155 See chapter VII.<br />
156 The shipwreck Roghi 1 has to be added to the list of shipwrecks<br />
mentioned in chapter VII; its amphorae are similar<br />
(in one case bearing the stamp ΠΑΡΗ, which was already<br />
known from the shipwreck of the Secca di Capistello).<br />
157 See Morel 2009, p. 77.
450 s u m m a r y<br />
158 Unfortunately it is not presently possible to attribute the<br />
black-glazed pottery from the shipwreck to a particular area<br />
with much certainty: these forms are very common in Magna<br />
Graecia and Sicily, and no analyses have been carried out<br />
on the materials from the shipwreck, which are nevertheless<br />
intact. Analyses on rather similar pottery from the necropolis<br />
of Lipari have produced varied results (Campania, Sicily, unidentified<br />
areas).<br />
159 One was also recovered in the waters of Paestum and<br />
could be an imported product. Amphorae of MGS type IV,<br />
whose origin could coincide with the area of discovery, are<br />
also attested in northern Campania, in Ostia and in some<br />
sites in southern Etruria.<br />
160 the productions of Sicily are less visible in these early<br />
phases, which has been briefly discussed in paragraph IX.6<br />
and should be investigated more thoroughly.<br />
161 See chapter III.2.3.<br />
162 For example, the amphora MGS type V/VI with the graffito<br />
L. AIMILIO inscribed before firing from the Terrasini shipwreck<br />
(for which see chapter VII.3.1 of this volume), which<br />
proved to belong to the group IIa, perhaps from the Gulf of<br />
Naples; or the MGS type V amphora, found the shipwreck of<br />
Marsala, stamped with M. VAL [---] (sample MCB1), which is<br />
similar to the amphorae found in southern Etruria, in Pyrgi, for<br />
example. On this subject see the contribution of I. Iliopoulos<br />
in Chapter VI.<br />
163 MGS type VI has not been examined exhaustively.<br />
164 See chapter VI, par. VI.4.4 in particular.<br />
165 See for example the data from Carthage, Bechtold 2007<br />
a. A somewhat different situation from the one shown by recent<br />
excavations seems to emerge from the ceramic materials<br />
of the port, Wolff 1986 a, b.<br />
166 See for example Morel 1980 a, p. 102. The author attributes<br />
this production to Ischia, from the Fourth to the Third<br />
Cent. BC (“A primitive”) and from 280-220 BC (“A archaic”)<br />
respectively.<br />
167 In Sicily, the “archaic” Campanian type A pottery is documented<br />
among “early” imports from different areas of Campania,<br />
which along with “Calenan” pottery attests to the existance<br />
of direct relations between different areas of Campania<br />
with Punic Sicily and North Africa. See in this regard<br />
Bechtold 1999, for Lilybaeum; Bechtold 2007 a. For blackglazed<br />
pottery of Carthage, Chelbi 1992.<br />
168 Morel, Picon 1994; Morel 1998, p. 246. For the presence<br />
of the pottery from Cales in Carthage (class Byrsa 661) see<br />
Pedroni 2001, Bechtold 2007b.<br />
169 Bechtold 2007 b, p. 26 and p. 30 ff.<br />
170 See chapter VIII.<br />
171 See chapter VIII; data from ongoing studies.<br />
172 Arqueo Mediterrània 4, see the contribution of J.-P. Morel<br />
(Morel 1998) and that of J. Principal Ponce specifically.<br />
173 At present, unfortunately, it is still very difficult to attribute<br />
Campanian ceramics to specific areas of production. Recent<br />
publications, however, have shed light on the pottery of major<br />
sites (at Capua, for example, where black-glaze ceramics<br />
and common wares from the communal cemetery were published,<br />
Benassai 2004) and opened new horizons for future<br />
research on the material culture of the Hellenistic period in<br />
Campania.<br />
174 Future investigations should take into account the quantities<br />
of different products and compare them; it would be<br />
particularly important to refine the identification and characterization<br />
of the amphorae of Sicilian origin, already partially<br />
identified by present research (those of Selinunte or Eraclea<br />
Minoa, for example).<br />
175 See chapter VIII.1.<br />
176 Fiorentini 1998; De Miro, Fiorentini 1982-83.<br />
<strong>estratto</strong><br />
177 Breglia 1952b, pp. 90 ff.; they are quadrigati found in<br />
Selinunte, which was destroyed in 250 BC (deadline for the<br />
dating of the hoards discovered). The Campanian military<br />
emigration assumed a permanent character in Sicily, as revealed<br />
by several studies, Tagliamonte 1999 and 2006, with<br />
earlier bibliography; see in the same volume in the contribution<br />
of M. De Cesare.<br />
178 The Treaty of 348 BC between Rome and Carthage already<br />
hinted at maritime interests not only in the Tyrrhenian<br />
Sea, but in the western Mediterranean in general. For the<br />
Roman – Carthage treaties, Scardigli 1991.<br />
179 Sartori 1976, p. 92.<br />
180 Caputo 1959; Bisi 1969-70; Morel 1980 b; De Miro,<br />
Fiorentini 1977 (for the Graeco-Italic amphora p. 42 fig. 57,<br />
tomb 5).<br />
181 Van der Mersch 1994, pp. 128-130; van der Mersch<br />
2001, p. 191.<br />
182 See chapter VII and chapter VI for laboratory analyses.<br />
183 Lepore 1952, p. 313.<br />
184 Cicero Pro Balb. 55; for the institutions of Neapolis, De<br />
Martino 1952.<br />
185 Polybius I 20 14.<br />
186 Musti 1988, pp. 531-537; the author points out – note 20<br />
p. 535 – that evidence of this is given by the Romano-Campanian<br />
coin production, although it is unclear if they were<br />
made for domestic or international circulation.<br />
187 Musti 1988, p. 537. This treaty implied the delimitation of<br />
a sphere of interests for which Capo Lacinio was the boundary<br />
point.<br />
188 Cassola 1962, p. 121 ff.<br />
189 For the coinage of Neapolis, Breglia 1952 a e b, Cantilena<br />
et al. 1986; Taliercio Mensitieri 1987.<br />
190 Van der Mersch 2001, p. 187.<br />
191 Van der Mersch 2001, p. 189 n. 324. In this regard F. De<br />
Martino believes that the schematic view should be corrected,<br />
according to which a major agrarian transformation, with<br />
more profitable crops, such as vineyards and olive groves,<br />
was only possible after the war with Hannibal and the subsequent<br />
afflux of slaves, De Martino 1991, p. 201.<br />
192 Van der Mersch 2001, p. 192.<br />
193 This hypothesis seems to be accepted by Lepore, History<br />
of Naples, p. 253. For the function of Campania and of<br />
Naples and Ischia, Lepore 1952, p. 312-313; Purcell 1985, p.<br />
5 note 19; Hesnard et al. 1989 p. 31.<br />
194 Morel 1986 a, p. 335. The author refers to the production<br />
and circulation of the ceramics of the Atelier des petites<br />
estampilles that are widely spread in the western Mediterranean<br />
between the late Fourth and the early / mid Third Cent.,<br />
almost in parallel with the first productions of amphorae of<br />
Gulf of Naples.<br />
195 Van der Mersch 2001, p. 190.<br />
196 Frederiksen 1984, p. 232; van der Mersch 2001, p. 190.<br />
197 The materials from Aleria actually reveal the presence of<br />
pottery from different areas, as already pointed out by Jehasse<br />
(Jehasse, Jehasse 1973 and 2001).<br />
198 Van der Mersh connects part of the production of Graeco-<br />
Italic amphorae MGS type II to Southern Campania, van der<br />
Mersch 1994, p. 69. Recent research revealed that the production<br />
of the type II is also attested in Naples, Febbraro,<br />
Giampaola, Atlante, c.s.<br />
199 E. Lepore in Storia di Napoli I, pp. 241 ff.; Lepore 1952.<br />
200 E. Lepore in Storia di Napoli I, p. 253.<br />
201 De Martino 1952, p. 340.<br />
202 Lepore 1952.<br />
203 Frederiksen 1984, p. 225.<br />
204 De Caro, Giampaola 2004; De Caro 2005, p. 658; Giampaola<br />
2009, p. 41.<br />
205 E. Lepore in Storia di Napoli I, pp. 239 ff.
206 It is also possible that the amphorae contained other<br />
products, as reported by the archaeologists who recovered<br />
the amphorae from the shipwreck of Secca di Capistello,<br />
which also contained grapes, pistachios, olives and fibers of<br />
unknown origin.<br />
207 See the contributions of Breglia and Lepore and Morel<br />
1986 a, p. 348, with bibliography.<br />
208 Musti 1988, p. 535. The author also points out that the<br />
possibility of a commercial outlet from the Roman policy of<br />
expansion into the South only materializes in the last dec-<br />
<strong>estratto</strong><br />
s u m m a r y 451<br />
ades of the Third and particularly of the Second Centuries<br />
BC, with a turning point in the creation of the Portoria Venalicium<br />
of Capua and Puteoli in 199 BC.<br />
209 Zevi 2004, p. 819.<br />
210 Lepore in Storia di Napoli I, p. 234, cites Dionysius of<br />
Halicarnassus, XV 5,2.<br />
211 See chapter VII.<br />
212 Breglia 1952 a, p. 299.<br />
213 Febbraro, Giampaola 2009.
sommario<br />
Presentazione, di S. De Caro. ...............................................................p. 7<br />
Préface, di A. Tchernia .....................................................................p. 9<br />
capitolo i. Obiettivi, difficoltà e limiti di una ricerca. ...........................................p. 11<br />
<strong>estratto</strong><br />
capitolo ii. il vino di ischia ................................................................p. 17<br />
II.1. Viti e vino a Ischia ..................................................................p. 17<br />
II.2. Due modelli di coltivazione della vite a Ischia .............................................p. 19<br />
II.3. Le evidenze archeologiche relative alla produzione del vino a Ischia: i palmenti ..................p. 20<br />
Vendemmia a Ischia (A. Maiuri) ...........................................................p. 22<br />
capitolo iii. le anfore greco italiche antiche di ischia. .........................................p. 25<br />
III.1. Le fornaci di Santa Restituta e le anfore greco italiche .....................................p. 25<br />
III.2. Alcuni dati sulla tipologia delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli . ...............p. 31<br />
III.2.1. Tipo van der Mersch III = ISCHIA/GOLFO DI NAPOLI III ................................p. 32<br />
III.2.2. Tipo van der Mersch IV = ISCHIA/GOLFO di NAPOLI IV ................................p. 32<br />
III.2.3. Tipo van der Mersch V = ISCHIA/GOLFO DI NAPOLI V ................................p. 34<br />
III.2.4.Tipo V/VI-VI = ISCHIA/GOLFO DI NAPOLI V/VI-VI .....................................p. 37<br />
III.3. Tecnologia di fabbricazione delle anfore rinvenute a Ischia ..................................p. 38<br />
III.4. Le anfore greco italiche di Ischia in rapporto a quelle di Napoli: qualche osservazione preliminare ...p. 40<br />
III.5. Qualche elemento di cronologia per le anfore greco italiche antiche di Ischia e del Golfo di Napoli ...p. 41<br />
III.5.1. Contemporaneità di attestazione del tipo IV e del tipo V e loro associazione con altri tipi anforici .......p. 41<br />
III.5.2. Tipi e bolli in alcuni contesti datati del Mediterraneo ...................................p. 41<br />
III.5.3. Associazione di anfore greco italiche e ceramica a vernice nera: l’evidenza dei relitti eoliani ....p. 42<br />
III.6. Le anfore greco italiche tipo V e V/VI e la cronologia di alcuni relitti: problemi aperti ..............p. 43<br />
capitolo iV. i bolli e la bollatura ............................................................p. 65<br />
IV.1. La bollatura delle anfore in età ellenistica a Ischia: quali contatti con la situazione della Grecia? .....p. 65<br />
IV.1.1. Gli studi di Y. Garlan ............................................................p. 65<br />
IV.1.2. Gli studi di G. Finkielsztejn .......................................................p. 66<br />
IV.2. I bolli sulle anfore greco italiche rinvenute a Ischia. ........................................p. 67<br />
IV.3 L’elenco dei bolli sulle anfore di Lacco Ameno. ............................................p. 69<br />
IV.4. Bolli e tipi anforici a Ischia ...........................................................p. 72<br />
IV.5. I troncamenti progressivi .............................................................p. 72<br />
IV.6. La combinazione di nomi. ............................................................p. 72<br />
IV.7. La DEMOSIA KERAMIS e la bollatura dei laterizi a Ischia ...................................p. 73<br />
IV.8. Sigle su anfore e monete: una traccia per una possibile interpretazione della bollatura nel Golfo di Napoli ? . p. 76<br />
IV.8.1. Sigle su monete e anfore ........................................................p. 76<br />
IV.8.2. Le monete di Neapolis e i bolli delle anfore del Golfo di Napoli ...........................p. 77<br />
IV.9. Anfore, emblemi e agoni .............................................................p. 78<br />
capitolo V. I nomi attestati sui bolli delle anfore greco italiche di Ischia e del Golfo di Napoli:<br />
confronti nel mediterraneo occidentale e dati di laboratorio. ....................................p. 91<br />
Capitolo Vi. i dati delle analisi di laboratorio ................................................p. 185<br />
VI.1. Materiali e metodi .................................................................p. 185
<strong>estratto</strong><br />
VI.1.1. Analisi di laboratorio su ceramiche a Ischia prima di questo lavoro .......................p. 185<br />
VI.1.2. Le indagini effettuate nel corso del progetto. ........................................p. 186<br />
VI.1.3. Le argille di Ischia e il vulcanismo campano. ........................................p. 187<br />
VI.1.4. Le argille di Ischia utilizzate a Napoli ? Un tema ricorrente .............................p. 188<br />
VI.1.5. I risultati delle analisi di laboratorio effettuate .......................................p. 189<br />
VI.2. Les analyses chimiques: les resultats (V. Thirion Merle) ...................................p. 191<br />
VI.2.1. Méthodes d’analyse chimique et de traitement statistique ..............................p. 192<br />
VI.2.2. Les résultats des analyses chimiques des céramiques d’Ischia. .........................p. 194<br />
VI.2.3. Les productions locales ........................................................p. 194<br />
VI.2.4. Premières conclusions .........................................................p. 198<br />
VI.3. La prima serie di analisi mineralogiche sulle anfore di Ischia (G. Montana). ....................p. 199<br />
VI.3.1. Considerazioni geolitologiche a sostegno della manifattura ceramica di Ischia ..............p. 199<br />
VI.3.2. Le anfore di Ischia. ............................................................p. 199<br />
VI.3.3. Anfore da siti di confronto ......................................................p. 200<br />
VI.3.4. Le anfore trovate ad Ischia ma non prodotte nelle fornaci locali .........................p. 201<br />
VI.3.5. Le anfore da alcuni siti siciliani ...................................................p. 201<br />
VI.3.6. Le anfore da alcuni relitti. .......................................................p. 201<br />
VI.3.7. Alcuni confronti: esempi di impasti ceramici prodotti nella Sicilia centro-meridionale .........p. 201<br />
VI.4. Le nuove analisi mineralogiche sulle anfore greco italiche di Ischia e dei siti di confronto (I. Iliopoulos) ...p. 202<br />
VI.4.1. Il Gruppo mineralogico I ........................................................p. 202<br />
VI.4.2. Il Gruppo mineralogico II .......................................................p. 202<br />
VI.4.3. Il Gruppo mineralogico III . ......................................................p. 203<br />
VI.4.4. Il Gruppo mineralogico IV .......................................................p. 203<br />
VI.4.5. Il Gruppo FIL I (anfore del relitto Filicudi F) .........................................p. 203<br />
VI.4.6. Il Gruppo FIL II (ceramiche comuni del relitto Filicudi F) ...............................p. 204<br />
VI.4.7. Campioni “loners” (= “isolati”) ....................................................p. 204<br />
VI.4.8. I risultati delle analisi mineralogiche effettuate sulle anfore di alcuni siti della Sicilia ..........p. 204<br />
VI.4.9. Alcune osservazioni sui risultati delle analisi mineralogiche e chimiche. ...................p. 205<br />
Capitolo Vii. La circolazione delle anfore greco italiche antiche: i risultati preliminari delle verifiche<br />
archeologiche e archeometriche effettuate su alcuni relitti del Mediterraneo occidentale ...........p. 231<br />
VII.1. I relitti eoliani: Il relitto Filicudi F e il suo carico ..........................................p. 231<br />
VII.1.1. Le anfore ...................................................................p. 232<br />
VII.1.2. I bolli. ......................................................................p. 232<br />
VII.1.3. La ceramica a vernice nera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 236<br />
VII.1.4. La ceramica comune . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 238<br />
VII.1.5. Le analisi di laboratorio sulle ceramiche del Filicudi F: i risultati preliminari ................p. 238<br />
VII.2. I relitti eoliani: il relitto della Secca di Capistello e il suo carico ..............................p. 241<br />
VII.2.1. Le anfore ...................................................................p. 241<br />
VII.2.2. I bolli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 244<br />
VII.2.3. La ceramica a vernice nera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 245<br />
VII.2.4. Le analisi di laboratorio sulle ceramiche della Secca di Capistello: i risultati preliminari. ......p. 246<br />
VII.3. Altri relitti di III secolo a.C. con anfore greco italiche tipo IV e V nel Mediterraneo occidentale. .....p. 248<br />
VII.3.1. Sicilia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .p. 248<br />
VII.3.2. Toscana e Lazio. .............................................................p. 254<br />
VII.3.3. Francia. ....................................................................p. 256<br />
VII.3.4. Spagna. ....................................................................p. 256<br />
Capitolo Viii. anfore greco italiche antiche in alcuni siti della sicilia e del mediterraneo occidentale:<br />
i risultati preliminari delle verifiche archeologiche e archeometriche ............................p. 265<br />
VIII.1 Sicilia ..........................................................................p. 265<br />
VIII.2. Campania ......................................................................p. 277<br />
VIII.3. Lazio .........................................................................p. 277<br />
VIII.4. Francia ........................................................................p. 277<br />
VIII.5. Altre aree. ......................................................................p. 280<br />
VIII.6. La circolazione delle anfore greco italiche di Ischia/Golfo di Napoli: osservazioni conclusive preliminari. p. 280<br />
Le anfore greco italiche in alcuni contesti di Gela (S. Giunta). ...................................p. 288
capitolo iX. Appunti sull’economia del Golfo di Napoli in età ellenistica:<br />
i dati delle anfore greco italiche antiche ....................................................p. 293<br />
IX.1. Anfore greco italiche a Ischia e nel Golfo . ..............................................p. 293<br />
IX.2. Il quartiere artigianale di Santa Restituta e le greco italiche .................................p. 294<br />
IX.3. Ischia e/o Napoli? I dati di laboratorio. .................................................p. 294<br />
IX.4. La bollatura delle anfore greco italiche rinvenute a Ischia ..................................p. 295<br />
IX.5. Le anfore greco italiche: una traccia della situazione produttiva di Ischia e del Golfo di Napoli<br />
in età ellenistica ......................................................................p. 296<br />
IX.6. Centri di produzione in Campania e in alcune aree nel Tirreno meridionale ....................p. 297<br />
IX.7. Anfore, bolli e agoni ...............................................................p. 297<br />
IX.8. Personaggi, anfore greco italiche e vino del Golfo di Napoli ................................p. 298<br />
IX.9. Anfore greco italiche e ceramica a vernice nera ..........................................p. 300<br />
IX.10. La circolazione delle greco italiche antiche del Golfo di Napoli e un progetto in corso ...........p. 301<br />
IX.11. Ischia, Neapolis e Roma ..........................................................p. 302<br />
cataloghi.....................................................................................p. 311<br />
Introduzione ai cataloghi .................................................................... p. 312<br />
Catalogo IA. Fornaci di Santa Restituta. Anfore greco italiche: reperti diagnostici ....................p. 313<br />
Catalogo IB. Fornaci di Santa Restituta. Anfore greco italiche e laterizi: i bolli .......................p. 325<br />
Catalogo IIA. Scarico Gosetti / Monte Vico. Anfore greco italiche: reperti diagnostici .................p. 377<br />
Catalogo IIB. Scarico Gosetti / Monte Vico. Anfore greco italiche e laterizi: i bolli ....................p. 385<br />
Catalogo IIIA. Necropoli di San Montano e altri siti di Ischia. Anfore greco italiche: reperti diagnostici ....p. 403<br />
Catalogo IIIB. Necropoli di San Montano e altri siti di Ischia. Anfore greco italiche e laterizi: i bolli .......p. 407<br />
Cataloghi IVA e IVB. Schede delle analisi mineralogiche (G. Montana) ..........................p. 411<br />
Summary ....................................................................................p. 435<br />
<strong>estratto</strong><br />
Foto a colori dei bolli e degli impasti .......................................................p. 453<br />
Bibliografia ............................................................................p. 475