volume primo - immac.it

E
CAPITOLO III.
UBERTO PALLAVICINO, DETTO IL GRANDE.
Fuit vir largus, curialis, probus et sagax
in praelio: rexit enim per longum tempus
totam partent impernii in Lombardia et
inTuscia. Fuit uno tempore Dominus civitatum
Cremonae, Mediolani, Brixiae,
Placentiae, Tordonae, Alexandriae et
pro eo faciebant sicut volebat Papienses,
Pergamenses, Parmenses, Mutinenses, etc.
CODAGNELLO, Cronaca Placentina.
numerando i figli del marchese Pelavicino dissi di un Uberto, pel quale mi riservavo la
parola, siccome quegli, che salito in tanta potenza, molto interessava le nostre
memorie, ed era pregio dell'opera parlarne a parte. - La sua nascita è segnata all'anno
1197 da alcuni in Busseto, di altri nella villa dei Polesine a sei chilometri; il suo nome
poi se va famoso, come capo di Ghibellini in Italia, si pretende, che facesse le prime
armi in pro della Chiesa; infatti lo si incontra nel 1224 qual Rettore della guelfa città di
Alessandria, e nel 1228 lo si vorrebbe dal Litta per quel Uberto da Busseto (1), che comandò
i cento cavallieri della Repubblica di Milano mandati in soccorso di Papa Gregorio IX contro le
truppe del Duca Rinaldo che per Federico II aveva invaso lo Stato Pontificio.
In questo secolo pace non godette alcuna parte d'Italia, e - ben dipinse i suoi tempi il
Divino Cantore in quegli sdegnosi versi:
Ahi serva Italia, di dolore ostello
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. . . ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode
Di que' che un muro ed una fossa serra (2).
Alle guerre di municipio contro municipio si accoppiavano ancora gli intestini dissidî entro le
stesse mura delle singole città; i nobili tentavano usurpare i diritti dei popolani, e da queste lotte
sorsero infine le Signorie a danno dei liberi Comuni, che ne erano usciti dalla pace di Costanza.
Piacenza al pari delle altre città andava da tempo insanguinata dalla guerra civile, che di quando in
quando pareva calmarsi per poi rinascere con maggior furore. - Siamo al 1233 nel qual anno i
Nobili rompevano la pace; armati si erano data la posta fuori di città nel castello di Montesanto, ed
il popolo, schierato sotto la guida di Guglielmo Landi e di Alberto da Fontana, ottenuta l'amicizia
del Comune di Cremona, elle mandava il marchese Uberto Pallavicino con cavalleria e pedoni (3),
si apparecchiava a combattere i Nobili fuorusciti, i quali erano poi vinti a Gravago nel dì
dell'Epifania del 1234. E la vittoria fu tale, che i popolani premiarono il Pallavicino di mille lire;
ma i Nobili rinserratisi nella forte posizione di Rivergaro, non fu possibile snidarli, ed in allora si
pensò conveniente accettare le proposte di un concordato presentate da Sozzo Coloni di Bergamo,
e i due partiti, riserbatisi pari onori nella cosa pubblica, diedero tregua a quella lotta.
Uberto non era però di tale natura, da far ritorno a Cremona, pago della sola popolana
riconoscenza: egli era un uomo pratico, come si direbbe con istile moderno, la gratitudine per lui
valeva quanto meglio facilitasse il passo alle conquiste; piantatosi in Piacenza, seppe in modo tale
maneggiare le cose da ottenere nel seguente anno 1235 la carica di Podestà (4), che insieme
esercitò con Guglielmo Landi.
Non andò molto però, che la Repubblica di Piacenza si accorgesse del disinteresse di
somiglianti ausiliari, ed istigata dal Legato Pontificio, che alla sua volta pensava pure di im-