ESSERE E LINGUAGGIO IN HEIDEGGER - Lillo Turco
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Tesi di Laurea di:<br />
Calogero <strong>Turco</strong><br />
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO<br />
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />
CORSO DI LAUREA <strong>IN</strong> FILOSOFIA<br />
<strong>ESSERE</strong> E <strong>L<strong>IN</strong>GUAGGIO</strong><br />
<strong>IN</strong> <strong>HEIDEGGER</strong><br />
Relatore:<br />
Ch.mo Prof. Pietro Palumbo<br />
ANNO ACCADEMICO 2004/2005
I. LA RIFLESSIONE <strong>HEIDEGGER</strong>IANA<br />
F<strong>IN</strong>O A “<strong>ESSERE</strong> E TEMPO”<br />
1 - Dall’essere al linguaggio<br />
Martin Heidegger (Messkirch, 1889-1976), può essere a<br />
pieno titolo considerato il principale filosofo tedesco del<br />
secolo scorso. Tra i lavori più importanti ricordiamo:<br />
Essere e tempo 1 2<br />
, (1927), Sentieri interrotti (1950), In<br />
3<br />
cammino verso il linguaggio (1959).<br />
L’opera di Martin Heidegger è una delle espressioni più<br />
interessanti della filosofia contemporanea, e certamente la<br />
più influente nell’ambito del pensiero novecentesco, il<br />
quale si è rispecchiato nel programma di una messa in<br />
questione della metafisica, non finalizzata ad ottenere un<br />
1 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi Longanesi, Milano 1970.<br />
2 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, trad. it. di P. Chiodi, La Nuova Italia Editrice, [1968] Firenze<br />
1998.<br />
3 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, trad. it. di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti,<br />
Mursia, Milano 1973.<br />
1
alternativo sistema di idee, ma proponendo il definitivo<br />
accantonamento della stessa idea di sistema filosofico.<br />
La lezione heideggeriana ha determinato una<br />
trasformazione di enorme portata nel panorama della<br />
cultura post-moderna, la quale è stata capace di ridefinire i<br />
rapporti tradizionali, interni alla storia della metafisica, e<br />
anche concezioni ormai consolidate, che del discorso<br />
metafisico sono le estreme conseguenze, effettuando un<br />
incredibile capovolgimento di prospettive.<br />
Heidegger ha innescato una vera e propria rivoluzione<br />
filosofica fondata su presupposti fenomenologici,<br />
esistenziali ed ermeneutici, forse non ancora pienamente<br />
decifrati in tutta la loro innegabile profondità e rilevanza.<br />
Fino alle soglie della nascita dell’analitica esistenziale, il<br />
pensiero metafisico ha posto il pensiero a notevole distanza<br />
dall’esser-ci Dasein).<br />
(<br />
2
Questa concezione giustifica la straordinaria importanza<br />
della prospettiva heideggeriana, animata dalla scelta<br />
decisiva di abbandonare la classica identificazione tra<br />
essere e sostanza.<br />
I congegni filosofici ereditati dalla tradizione occidentale,<br />
lo stesso svolgersi della metafisica nella storia, hanno<br />
sempre più allontanato l’uomo da sé stesso, imbrigliando la<br />
mente con formule e schemi inautentici.<br />
Il risultato di questa operazione ermeneutica, radicata su u<br />
profondo ragionato e motivato ripensamento dell’ontologia<br />
tradizionale, è stato epocale, rilanciando una visione del<br />
mondo che colloca in primo piano l’esser-ci, nel suo<br />
costitutivo rapporto con l’essere e la sua concretezza.<br />
Con Heidegger dunque emerge un’interpretazione in chiave<br />
“esistenziale” dell’ essere, che perde i suoi caratteri<br />
formalistici e generici. Ne deriva una riqualificazione<br />
dell’essere a partire dal suo rapporto con l’esserci,<br />
3
finalmente emancipato da tante ormai logore determinazi<br />
dell’onto-teologia, della logica e della metafisica<br />
tradizionali.<br />
Un altro aspetto rilevante della concezione filosofica<br />
heideggeriana, che ne conferma l’innegabile modernità, è<br />
l’idea di una connessione più esplicita tra dimensione<br />
ontologica e dimensione linguistica, tra essere e<br />
linguaggio.<br />
L’analitica esistenziale esprime un interesse tutt’altro che<br />
marginale per i vari aspetti dell’esperienza del linguaggio<br />
nelle sue relazioni con il problema dell’approfondimento<br />
del senso dell’essere, attraverso le caratteristiche modalità<br />
che vi danno forma.<br />
Già in Essere e tempoil<br />
problema del linguaggio è presente<br />
in maniera diffusa e articolata. La stessa analitica<br />
esistenziale pone dei continui interrogativi di carattere<br />
linguistico. Heidegger procede infatti esaminando vari<br />
4
termini che compongono il suo dizionario ontologico come<br />
un navigato filologo, e tende a presentare i diversi dilemmi<br />
filosofici anche nella forma di fraintendimenti o<br />
incomprensioni linguistiche.<br />
La lezione heideggeriana elabora un progetto innovativo e<br />
costruttivo di recupero del senso dell’essere, nel quale il<br />
rapporto al linguaggio emerge come nesso vitale capace di<br />
realizzare un approccio più autentico con la verità.<br />
2 - Il superamento del neokantismo<br />
Agli esordi Heidegger guardò con un certo interesse al<br />
Neocriticismo, che aveva aggiornato la prospettiva<br />
kantiana. Ne è in qualche modo testimonianza l’argomento<br />
della tesi di laurea, La dottrina del giudizio nello<br />
4<br />
psicologismo. Contributo critico-positivo sulla . logic<br />
4 cfr. M. Heidegger, La dottrina del giudizio nello psicologismo. Contributo critico-positivo sulla logica,<br />
trad. it. di A. Babolin, La Garangola, Padova 1972.<br />
5
È un saggio di notevole rilevanza, non solo perché si tratta<br />
del debutto assoluto di Heidegger come filosofo, ma<br />
soprattutto perchè manifesta un determinante interesse per<br />
alcuni temi che saranno ampiamente sviluppati nel corso<br />
del suo lungo percorso di ricerca.<br />
La tesi analizza, criticandola, la prospettiva di Wundt,<br />
Brentano, Lipps e altri filosofi della mente, i quali<br />
avevano concepito una revisione della logica in chiave<br />
psicologistica.<br />
L’opera prima di Heidegger esibisce chiaramente una<br />
vicinanza concettuale con il Neokantismo, mentre nella<br />
successiva tesi di dottorato“La dottrina delle categorie e<br />
del significato in Duns Scoto 5 ” riprende l’interesse per la<br />
logica ma lo rivolge ad una ricostruzione storico-filosofica<br />
di alcuni motivi essenziali della Scolastica medioevale,<br />
5 cfr. M. Heidegger, La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto, Laterza, Roma-Bari 1974.<br />
6
ivisitati in una prospettiva, di fatto, se non già<br />
ufficialmente, fenomenologica.<br />
Da questo momento in avanti Heidegger sarà sempre più<br />
attratto nell’orbita della Fenomenologia di Edmund<br />
Husserl, un pensiero radicato sull’esperienza vissuta<br />
(“Erlebnis”) e non più sulle astratte categorie della logica<br />
tradizionale.<br />
Husserl si proponeva di osservare i vari fenomeni adottando<br />
la prospettiva trascendentale kantiana, e quindi<br />
prescindendo dalla contrapposizione soggetto-oggetto, m<br />
interpretata in una maniera più dinamica e moderna.<br />
3 - Fatticità e storicità della vita<br />
Prima di Essere e tempo (1927) il pensiero heideggeriano è<br />
contrassegnato dalla problematica della storicità e della<br />
fatticità della vita.<br />
7
Heidegger darà alla fenomenologia una curvatura<br />
innovativa personale, che lo porterà anche a distanziarsi da<br />
Husserl.<br />
L’intento di Heidegger era quello di giungere<br />
fenomenologicamente ad una comprensione della vita stes<br />
nella sua genesi, schivando la mancanza di concretezza di<br />
un approccio eccessivamente accademico, di derivazione<br />
neokantiana. Sin d’ora, comunque, Heidegger mirava<br />
principalmente a ritrovare un più profondo significato<br />
esistenziale dell’interrogazione filosofica.<br />
Prendendo spunto dai termini e dalla concezione tipica del<br />
neokantismo, “maturano in Heidegger problemi ed esigenze<br />
che in tale ambito non si lasceranno più risolvere 6 ”, e che<br />
sono direttamente rinviabili al problema, niente affatto<br />
scontato nell’ambito della filosofia scientifica del<br />
6 cfr. G. Vattimo, “Introduzione ad Heidegger”, Laterza, Roma-Bari 2002, p.8.<br />
8
Novecento, “di riconoscere la storicità dello spirito<br />
vivente 7 ”.<br />
In altri termini, Heidegger orienta il suo discorso sulla base<br />
della prospettiva di Dilthey, che scorgeva nella dimensione<br />
storica una forza dinamica e irrazionale, espressione della<br />
libertà, della vitalità e della creatività dell’uomo, e come<br />
tale irriducibile a schemi e categorie di origine kantiana.<br />
E sarà proprio la scoperta “della vita della coscienza come<br />
storicità” che schiuderà ad Heidegger “un concetto di<br />
temporalità irriducibile al concetto di tempo usato nelle<br />
8<br />
scienze fisiche ”…<br />
Ammettere i caratteri di storicità dello spirito, cioè della<br />
realtà umana nel suo complesso come contrapposta alle<br />
scienze della natura (Naturwissenschaften), implica<br />
direttamente quel fenomeno che in seguito Heidegger<br />
7 cfr. G. Vattimo, “Introduzione ad Heidegger”, op. cit., p.8.<br />
8 Ibidem<br />
9
definirà l’effettività dell’esistenza, la quale “rende<br />
impossibile vedere il soggetto della conoscenza come quel<br />
soggetto puro che è presupposto di ogni posizione di tipo<br />
trascendentale 9 ”.<br />
L’effettività non è, e non può essere presa in<br />
considerazione dalle scienze esatte, che adoperano una<br />
metodologia di ricerca che mette tra parentesi la vita<br />
vissuta dell’uomo, il suo esser-ci.<br />
“[..]Non solo o non tanto, incontrato a un certo<br />
punto il problema della storicità, Heidegger<br />
riconosce che anch'esso può trovare soluzione<br />
adeguata solo dal punto di vista di una nuova<br />
impostazione ontologica” osserva – Vattimo – “ma –<br />
più fondamentalmente – è proprio il fenomeno della<br />
9 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 8<br />
10
storicità e della quello che impone la<br />
10<br />
riproposizione del problema dell'essere […].<br />
Per Heidegger il senso della temporalità acquista valore<br />
solo relativamente al nostro essere-nel-mondo.<br />
Nel decisivo passaggio dal Neocriticismo alla<br />
Fenomenologia, è doveroso riflettere sulla autonoma presa<br />
di posizione di Heidegger, maturata da un originale<br />
ripensamento della prospettiva kantiana svolto a<br />
prescindere dall’adozione del punto di vista trascendenta<br />
Del resto,“non ha senso pensare che Heidegger si avvicini<br />
a Husserl anzitutto nella misura in cui, anche per lui, è<br />
11<br />
centrale la tematica trascendentale ”.<br />
Evidentemente il futuro autore di Essere e tempo era in<br />
cerca di un nuovo metodo filosofico, al fine da liberarsi<br />
10 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p.13.<br />
11 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 8.<br />
11
dalla maniera astratta di presentare i problemi filosofici<br />
tipica del Neokantismo.<br />
“È vero che, per molti aspetti [..] la fenomenologia<br />
husserliana, con il programma della riduzione<br />
trascendentale, presenta profonde affinità con il<br />
neokantismo. Ma proprio il fatto che Essere e tempo,<br />
che con il neokantismo non ha più nulla da spartire,<br />
sia dedicato a Husserl, dimostra che Heidegger<br />
vedeva in Husserl e nella fenomenologia, più che una<br />
variazione e un approfondimento del punto di vista<br />
trascendentale neokantiano, il modo per allargare il<br />
suo discorso proprio nella direzione di quelle<br />
dimensioni di storicità, di effettività, potremmo dire<br />
di concretezza, a cui alludevano le pagine conclusive<br />
della tesi su Scoto<br />
12 .<br />
12 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma-Bari 2002, op. cit., pp. 8-9<br />
12
In altre parole, Heidegger non guarda alla fenomenologia<br />
con le stesse motivazioni con cui si era accostato al<br />
criticismo neokantiano, ma per ragioni di tutt’altro segno,<br />
Heidegger è particolarmente interessato a quello che<br />
potrebbe essere considerato un semplice motto o un<br />
aforisma, ma che rappresenta molto di più, cioè l’invito di<br />
Husserl di andare “alle cose stesse”, verso la concretezza<br />
della vita reale.<br />
“Mentre il neokantismo privilegiava la scienza” -<br />
scrive Vattimo - “nel suo carattere costruttivo e<br />
matematizzante, come unica forma di conoscenza<br />
valida, per Husserl l’atto conoscitivo si risolve<br />
nella Anschauung, l’intuizione (delle essenze), che<br />
non si riduce alla conoscenza scientifica, ma è un<br />
13<br />
incontrare le cose, per dir così, in carne e ossa ”.<br />
13 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 9<br />
13
Heidegger concorda con Husserl nel considerare<br />
estremamente riduttivo il punto di vista delle scienze<br />
esatte, che pongono una sorta di velo fatto di schemi<br />
matematici e formule operative, impedendo all’uomo di<br />
raggiungere quel tipo di conoscenza pre-categoriale che,<br />
per la Fenomenologia, garantisce dell’unico vero sapere.<br />
Pre-categoriale è quella conoscenza che prescinde e supera<br />
quell’apparato di categorie che per i neokantiani era<br />
indispensabile al raggiungimento di un metodo certo e<br />
rigoroso di risolvere i problemi scientifici.<br />
La conoscenza pre-categoriale, rifiutando la prevedibilità<br />
la consequenzialità dell’approccio matematizzante<br />
all’essere, si basa sull’intuizione, l’Anschauung, che in<br />
Husserl non è una forza irrazionale, o un impulso mistico<br />
alla maniera romantica, ma indica semplicemente un<br />
percorso di avvicinamento alla realtà delle cose.<br />
14
“È a questa concezione husserliana dell’intuizione<br />
che si ricollegherà l’interpretazione heideggeriana<br />
del concetto di fenomeno in Essere e tempo,” -<br />
puntualizza Vattimo - “che non intende più questo<br />
concetto, come il neokantismo, in contrapposizione<br />
alla cosa in sé, ma come positiva<br />
14<br />
dell’essenza stessa della ”. cosa<br />
L’intuizione concepita come avviamento alla conoscenza<br />
pre-categoriale, non vuole negare l’esperienza della realtà<br />
ma approfondirla. In questo senso, rappresenta un<br />
antecedente necessario dell’analitica esistenziale, che v<br />
rivolgersi all’autenticità dell’essere e quindi al ripristino<br />
di un rapporto trasparente con la verità.<br />
Giustamente è stato notato che “la sostituzione della<br />
Anschauung alla scienza, che costruisce il mondo<br />
dell’esperienza in rigorose strutture matematiche, è un<br />
14 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 9.<br />
15
passo avanti verso la liberazione dai limiti del<br />
15<br />
trascendentalismo neokantiano .”<br />
L’intuizione fenomenologica viene dopo l’esperienza, non<br />
prima; non è un presupposto da assumere dogmaticamente,<br />
in astratto, bensì un punto d’arrivo concreto, un modello di<br />
conoscenza “aperta”, da costruire passo a passo, in una<br />
ravvicinata presa di contatto con i fenomeni.<br />
4 – L’analitica esistenziale<br />
In Essere e tempo, Heidegger parlerà esplicitamente di<br />
integrare l’impostazione fenomenologica e la prospettiva<br />
diltheyana di un contatto più esplicito con il mondo-della-<br />
vita; si tratta di esigenze diverse ma non troppo, che<br />
confluiranno in quella complessa struttura di pensiero che è<br />
l’analitica esistenziale.<br />
Heidegger non poteva non giungere al definitivo e fatale<br />
distacco da Husserl, che con operazioni artificiose come<br />
15 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, cit., p. 9.<br />
16
l’epochè, o sospensione del giudizio, rendeva pressoché<br />
impossibile risalire alle ragioni stesse dell’esistenza, e<br />
riuscire finalmente a rispondere alla domanda “che cos’è<br />
l’essere”.<br />
La riproposizione del problema del senso dell’essere<br />
rappresenta infatti la questione fondamentale cui Heidegge<br />
dedica la sua intera ricerca filosofica.<br />
La metafisica ha tematizzato in molteplici forme il<br />
problema ontologico, ma, secondo Heidegger, nel suo<br />
nucleo più profondo questo tema d’indagine è rimasto in<br />
realtà inascoltato.<br />
Per Heidegger è indispensabile dunque ritornare all’essere<br />
e porsi in ascolto di una dimensione troppo spesso<br />
trascurata o considerata a torto risolta una volta per tutti.<br />
L’interrogazione di senso che ha come suo fine<br />
l’accertamento della questione dell’essere può e deve<br />
17
proseguire, a condizione di rimuovere i vari pregiudizi che<br />
circolano intorno ad essa.<br />
Heidegger nel primo capitolo di Essere e tempo pone<br />
l’accento sulla necessità di una “ripetizione esplicita” del<br />
problema ontologico.<br />
Il filosofo tedesco riflette sul fatto che il concetto di essere<br />
sia ad oggi completamente caduto in oblio.<br />
Ormai è venuta meno l’esigenza di un confronto costruttivo<br />
e di un approfondimento del senso dell’essere.<br />
Heidegger vuol farsi portavoce di un ritorno in grande stile<br />
alla tematica ontologica e a tale scopo intende ricollegarsi<br />
agli “sforzi greci per giungere all’interpretazione<br />
dell’essere 16 ”.<br />
Heidegger parla con cognizione di causa della costituzione<br />
di un vero e proprio dogma filosofico, che “oltre a<br />
16 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op.cit., p.17<br />
18
dichiarare superfluo il problema del senso dell’essere, ne<br />
17<br />
legittima la omissione ”.<br />
In altri termini, c’è stata e c’è una tendenza, pressoché<br />
universale, a non tematizzare più l’essere, a non<br />
considerarlo più qualcosa di essenziale ai fini di una<br />
ricerca speculativa seria e rigorosa.<br />
Scrive Heidegger:<br />
“Il concetto di è il più generale e vuoto di<br />
tutti e resiste perciò a qualsiasi tentativo di<br />
definirlo. D’altra parte, in quanto generalissimo, e<br />
come tale, non ha neppur bisogno di essere definito.<br />
Tutti lo impiegano continuamente e anche già<br />
comprendono che cosa si intende con esso.<br />
In tal modo, ciò che, per il suo nascondimento,<br />
sospinse e mantenne nell’inquietudine il filosofare<br />
degli antichi, è divenuto chiaro ed ovvio, a tal punto<br />
17 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit. p.17.<br />
19
che colui che si ostina a farlo oggetto di ricerca è<br />
18<br />
accusato di errore metodologico ”.<br />
Sein und Zeit si apre con la delineazione della “necessità,<br />
struttura e primato del problema dell’essere” , che non si<br />
può trattare come un concetto qualsiasi dell’indagine<br />
filosofica, ma deve tornare a interpretare un ruolo da<br />
protagonista.<br />
Heidegger intende l’essere in maniera diversa da come lo<br />
intendevano i pensatori che se ne erano occupati dopo<br />
Platone ed Aristotele. InEssere e tempo giunge addirittura<br />
a definire i filosofi successivi quali autori capaci di<br />
realizzare solo modifiche e ritocchi ai loro sistemi<br />
speculativi:<br />
“Quanto essi acquisirono si è mantenuto fino alla<br />
Logica di Hegel,” – scrive Heidegger – “attraverso<br />
una serie di modifiche e di ritocchi. Ciò che<br />
quell’estremo sforzo del pensiero riuscì allora a<br />
18 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 17.<br />
20
strappare ai fenomeni, sia pure in modo<br />
frammentario e rudimentale, si è da tempo<br />
trivializzato 19 .<br />
Tuttavia non si tratta di rifare il verso agli antichi, ma di<br />
creare una nuova filosofia dell’essere, centrata<br />
sull’esistenza.<br />
Finalità della ricerca filosofica diventa la concretezza di<br />
situazioni reali e realmente coinvolte nella progettualità<br />
dell’Esser-ci.<br />
L’essere della metafisica, visto perlopiù come sostanza,<br />
“ousia”, per quanto declinabile in diverse categorie e<br />
modalità differenti, restava avvolto da un alone di<br />
astrattezza.<br />
19 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 17<br />
21
Heidegger distingue il piano ontico, relativo all’essere<br />
tradizionalmente inteso come sostanza e come genere, dal<br />
piano ontologico.<br />
L’essere in senso tradizionale è velato dalle sovrastrutture<br />
categoriali, cioè dagli elementi formali che ne hanno<br />
nascosto l’intima essenza, quel significato originario che<br />
l’analitica esistenziale intende ripristinare.<br />
La dimensione ontica collegava l’essere al genere e alle<br />
categorie più che alla verità come “a-lètheia”, “non-<br />
nascondimento”. È quanto emerge sin dagli esordi Essere di<br />
e tempo, che delinea il destino della tradizione metafisica<br />
nella forma di un graduale oblio dell’essere. Rispetto ai<br />
modi tradizionali di pensare l’essere, Heidegger afferma:<br />
L’, secondo la denominazione<br />
dell’ontologia medioevale, è un trascendens. Già<br />
Aristotele aveva riconosciuto nell’unità di questo<br />
trascendentale, contrapposta alla<br />
22
molteplicità reale dei sommi concetti di genere,<br />
l’unità dell’analogia.<br />
Nonostante la sua dipendenza dalla impostazione<br />
ontologica di Platone, Aristotele, con questa<br />
scoperta, ha posto il problema dell’essere su una<br />
base fondamentalmente nuova. Ma non si può dire<br />
che egli abbia anche illuminato l’oscurità di queste<br />
connessioni categoriali. L’ontologia medioevale,<br />
specialmente nelle correnti tomistiche e scotistiche,<br />
ha discusso ampiamente questo problema, senza<br />
tuttavia giungere a una chiarificazione di fondo. E<br />
quando Hegel, infine, definisce l’ come<br />
l’ e pone questa<br />
definizione a base di tutte le sue successive<br />
elaborazioni categoriali, non si discosta dalla<br />
visuale della ontologia antica, con la differenza che<br />
egli pone in disparte il problema aristotelico<br />
23
dell’unità dell’essere rispetto al molteplice reale<br />
delle .<br />
La grande svolta di Heidegger rispetto alla metafisica<br />
tradizionale consiste nel porre in primo piano il problema<br />
dell’essere in chiave esistenziale.<br />
Con Heidegger, l’essere cessa di porsi come un mero<br />
contenitore di cose, di enti confusi e immedesimati in un<br />
genere sommo dai tratti piuttosto vaghi.<br />
Il discorso speculativo heideggeriano basa il pensiero<br />
dell’essere sulla riflessione del modo proprio di essere<br />
dell’esser-ci, oDasein, termine che in tedesco significa<br />
anche esistenza.<br />
L’uso del termine “analitica” getta luce sull’esigenza di<br />
volgere in senso esistenziale il metodo fenomenologico, che<br />
si basava sull’interpretazione di eventi ontologici<br />
20 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p.18.<br />
24
individuati complessivamente sulla base dell’esperienza<br />
vissuta (“Erlebnis”).<br />
Esistono comunque rilevanti differenze che vanno ben oltre<br />
la pur significativa analogia di metodo tra fenomenologia<br />
husserliana e analitica heideggeriana, che riguardano il<br />
merito, ovvero la scelta di fini del tutto diversi e per taluni<br />
aspetti inconciliabili.<br />
L’esperienza vissuta di Husserl, a furia di utilizzare schemi<br />
e formule astratte, si allontanava da una comprensione<br />
autentica del vero significato dell’esistenza, la quale non<br />
può realizzarsi prescindendo dai dati emozionali e dalla<br />
situazione concreta sperimentabile sul piano dell’esser-<br />
Analitica è un termine che entra nel dizionario filosofico<br />
contemporaneo grazie a Kant, il quale lo conia riprendendo<br />
l’antico verbo greco “analùo”, che significa fare in parti –<br />
da cui il nostro verbo“analizzare”.<br />
25
Heidegger modifica il senso del termine analitica, con la<br />
semplice aggiunta di un aggettivo tutt’altro che decorativo,<br />
come esistenziale.<br />
L’analitica esistenziale è una metodologia di ricerca che<br />
vuole ribadire l’esigenza di un ritorno all’essere; come dic<br />
il nome, finalizzato a recuperare quell’eccezione ontolo<br />
che sfugge tanto alla scienza-tecnica moderna quanto alla<br />
metafisica tradizionale.<br />
Ma entrambi i punti di vista, metafisico e scientifico,<br />
hanno di fatto perso di vista il genuino e profondo<br />
significato della parola essere.<br />
Secondo Heidegger per poter indagare il senso dell’essere<br />
bisogna interrogare quell’ente peculiare che, per essere<br />
tale, deve necessariamente sperimentare e porre in<br />
discussione il suo essere. Pertanto solo l’esser-ci o<br />
esistenza (Dasein), può mettersi sulle tracce dell’essere; ed<br />
26
a ciò è destinato “perché gli è essenzialmente familiare il<br />
21<br />
domandare, e con il domandare, l’essere ”.<br />
L’esser-ci infatti è l’unico ente capace di interrogarsi<br />
completamente e compiutamente su se stesso, soggetto<br />
privilegiato e nello stesso tempo posto in gioco di<br />
continuo. “Questo essere che noi stessi siamo” - osserva<br />
Leonardo Amoroso – “il protagonista dell’analitica<br />
esistenziale, è introdotto e ribattezzato proprio in<br />
22<br />
riferimento al suo essere interrogante ”<br />
La stessaanalitica esistenziale non pretende di pervenire a<br />
risultati certi e inoppugnabili, è provvisoria almeno come il<br />
suo tema di indagine, l’esser-ci.<br />
L’analitica esistenziale rivela così i tratti di una forma del<br />
tutto inedita di discussione in merito alla questione<br />
dell’essere.<br />
21 L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg & Sellier, Torino 1993, p. 71.<br />
22 Ibidem<br />
27
Con l’analitica esistenziale Heidegger ritiene di aver<br />
scoperto l’ontologia fondamentale, sulla quale può basarsi<br />
il pensiero dell’essere.<br />
L’analitica esistenziale getta le basi di un’ontologia che<br />
vuole superare la concezione metafisica.<br />
L’analisi dell’esistenza risponde all’interrogazione<br />
ineluttabile circa il nostro essere-nel-mondo. In questo<br />
senso, rinvia alla possibilità di una piena consapevolezza<br />
dell’esser-ci circa il proprio essere e il proprio riferimento<br />
al mondo; presuppone inoltre un approfondimento del<br />
concetto tradizionale di essere, che in fin dei conti porta a<br />
ridefinirlo in termini oggettivamente discordanti rispetto<br />
alla prospettiva metafisica antico-medioevale, e in parte a<br />
quella moderna.<br />
L’analitica esistenziale pertanto risulta il primo approccio<br />
necessario per tentare di rispondere alla domanda “che<br />
cos’è l’essere?”.<br />
28
L’interrogativo sollecita una riflessione fondata<br />
storicamente, che intende riproporre il problema del senso<br />
dell’essere.<br />
Individuando il programma di una riproposizione della<br />
questione dell’essere, l’analitica esistenziale sembra<br />
apparentemente riprendere dei temi di carattere<br />
tradizionale. Ma l’attenzione all’essere invocata da<br />
Heidegger non è rivolta nostalgicamente al passato ed è<br />
animata anzi dal proposito di revisionare l’approccio<br />
tradizionale, in considerazione del fatto che tutta la storia<br />
della metafisica ha parlato dell’essere in maniera<br />
inadeguata, confondendo l’essere con semplice la presenza .<br />
L’analitica esistenziale segue un orientamento ben preciso,<br />
che contempla l’elaborazione di una ricerca riguardante in<br />
prima istanza il rinvenimento del senso dell’essere. Non si<br />
tratta tuttavia di un’ontologia definitiva, anzi. Siamo di<br />
fronte ad una nuova analisi dell’essere che, diversamente<br />
29
da quelle tradizionali tendenti a costruire un compiuto e<br />
completo sistema di pensiero, viene a caratterizzarsi come<br />
incompleta e addirittura provvisoria.<br />
Heidegger, infatti, non mira a risolvere la questione<br />
dell’essere una volta per tutte, ma a sollevare l’attenzione<br />
su un modello d’interrogazione filosofica che per sua stessa<br />
natura sfugge a qualsiasi sistematicità, rispecchiando la<br />
struttura dinamica e flessibile dell’esistenza nel suo<br />
evidente legame con la verità e l’essere, due concetti che<br />
nel contesto heideggeriano risultano intimamente connessi<br />
tra di loro.<br />
“Se fin dai tempi più lontani la filosofia ha<br />
congiunto verità ed essere ” – puntualizza Amoroso a<br />
proposito della correlazione tra l’istanza veritativa e<br />
la problematica ontico-ontologica riproponendo – “<br />
la<br />
30
questione dell’essere, non può non riproporre anche,<br />
23<br />
al contempo la questione della verità ”.<br />
Nella prospettiva dell’analitica esistenziale non è possibile<br />
pensare l’essere al di fuori del suo rapporto alla verità.<br />
L’essere, descritto da Heidegger come un livello di realtà<br />
più profondo rispetto a come lo descrive la tradizione<br />
metafisica, confluisce e tende a confondersi con la verità<br />
stessa.<br />
Ma per Heidegger occorre ridefinire la verità classicamente<br />
intesa, in modo da porre le basi per una “riproposizione del<br />
24<br />
problema dell’essere ”.<br />
In altri termini, è necessario ristabilire il significato<br />
originario della verità come alètheia, “non nascondimento”,<br />
concetto che risulta più profondo dell’identificazione<br />
classica tra verità e adeguazione.<br />
23 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit, p. 24.<br />
24 Ibidem<br />
31
In tale prospettiva il concetto di verità cessa di essere<br />
connesso alla metafora della luce, cioè di un rischiaramento<br />
assoluto dei fenomeni, e, immedesimandosi con l’essere e il<br />
linguaggio come sua emanazione, viene presentata in modo<br />
molto peculiare come Lichtung, termine traducibile<br />
approssimativamente come radura.<br />
La Lichtung è appunto la radura in cui la luce della verità<br />
(Licht in tedesco) si mostra a macchia di leopardo.<br />
L’essere non è più una sostanza dai contorni netti e precisi,<br />
ma piuttosto una sintesi di ombra e luce, di trasparenza e<br />
nascondimento, di presenza e nulla.<br />
E il linguaggio, tornato protagonista dell’esperienza<br />
speculativa contemporanea, viene posto in risalto non già<br />
solo come modalità di espressione dell’uomo ma, in senso<br />
ermeneutico e dialettico, quale casa dell’essere e cifra di<br />
quell’interrogazione continua che costituisce l’essenza di<br />
32
un pensiero finalmente emancipato dall’ipoteca metafisica<br />
dalle sue facili certezze.<br />
5 - I pregiudizi ontologici<br />
Nell’interpretazione di Heidegger la questione ontologica<br />
richiede un ripensamento radicale, al fine di coglierne il<br />
valore di principio dinamico, libero dai condizionamenti<br />
della tradizione metafisica, per poi riuscire, mediante le<br />
risorse linguistiche dell’analitica esistenziale, non già a<br />
rimuovere i vari pregiudizi ontologici, ma a dar loro<br />
adeguata collocazione.<br />
Il supremo esercizio teoretico che vuole rispondere alla<br />
questione sull’essenza dell’essere può e deve avvalersi di<br />
presupposti apparentemente negativi, che sono appunto i<br />
vari pregiudizi metafisici.<br />
Questi travisamenti del modo corretto di impostare<br />
l’interrogazione dell’essere sono rivelativi nel certificare<br />
l’omissione della risposta alla questione fondamentale de<br />
33
filosofia, che è la tematica ontologica. Omissione che,<br />
affermando superficialmente la superfluità e<br />
l’improponibilità della risposta al quesito che “cos’è<br />
l’essere?”, consente tuttavia di trovare degli spunti<br />
positivi, come punto di partenza di un percorso finalizzato<br />
a ridefinire lo statuto della verità, in contrapposizione al<br />
pensiero metafisico tradizionalmente inteso.<br />
Non si tratta di semplici fraintendimenti da risolvere una<br />
volta per tutte, ma di presupposti indispensabili, che<br />
rendono possibile una preventiva ripetizione “<br />
esplicita del<br />
25<br />
problema dell’essere ”.<br />
BENCHÉ la rinascita della sia un<br />
vanto del nostro tempo, il problema dell’essere è<br />
oggi dimenticato. Si crede infatti di potersi sottrarre<br />
a una rinnovata .<br />
Eppure non si tratta di un problema qualsiasi. Esso<br />
ha ispirato il pensiero di Platone e Aristotele, anche<br />
25 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p.17.<br />
34
se ha senz’altro taciuto dopo di loro, come il<br />
26<br />
problema tematico di una vera ricerca .<br />
Heidegger ribatte ai pregiudizi ontologici peculiari della<br />
tradizione metafisica, argomentando che l’indefinibilità e<br />
la presunta ovvietà del concetto di essere rendono<br />
indispensabile un’indagine profonda e variegata per<br />
contenuti, temi e variazioni.<br />
Heidegger critica chi professa l’impossibilità per l’uomo<br />
di definire l’essere o chi lascia cadere il discorso<br />
ontologico, considerandolo superfluo, e del tutto indegno<br />
un’analisi speculativa sui generis .<br />
Dire infatti che “quello di è il più generale dei<br />
concetti, non equivale a dire che è anche il più chiaro e che<br />
non richiede alcuna ulteriore discussione. Il concetto di<br />
è anzi il più oscuro di tutti 27 ”.<br />
26 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p.17.<br />
27 Ibidem<br />
35
Per l’autore di Essere e tempo non bisogna fermarsi alle<br />
apparenze, ma scavare in fondo per risalire alle sorgenti<br />
stesse dei diversi equivoci ontologici, presenti addirittura<br />
prima che si coniasse la significativa espressione<br />
metafisica.<br />
Si dice: il concetto di è il più generale e<br />
vuoto di tutti e resiste perciò a qualsiasi tentativo di<br />
definirlo.<br />
D’altra parte, in quanto generalissimo, e come tale<br />
indefinibile, non ha neppur bisogno di essere<br />
definito.<br />
Tutti lo impiegano continuamente e anche già<br />
comprendono che cosa si intende con esso. In tal<br />
modo, ciò che, per il suo nascondimento, sospinse e<br />
mantenne nell’inquietudine il filosofare degli<br />
antichi, è divenuto chiaro e ovvio, a tal punto che<br />
36
colui che si ostina a farlo oggetto di ricerca è<br />
28<br />
accusato di errore metodologico .<br />
Gli stereotipi e i fraintendimenti della tradizione<br />
ontologica non agevolano il compito di chi intende sottrarre<br />
l’essere alla sua frequente equivocazione, per giungere a un<br />
rapporto più immediato e libero con la dimensione<br />
ontologica, in una ottica più concreta di rapporto con<br />
l’esistenza.<br />
Per Heidegger non è solo l’attuale punto di vista tecnico-<br />
scientifico ad adottare come dato di fatto la complessa e<br />
problematica vicenda dell’essere, senza assumersi l’onere<br />
di una ricerca che approfondisca il significato di quel<br />
29<br />
nascondimento insito già filosofare nel degli antichi .<br />
Come sottolinea Heidegger,<br />
[…] i pregiudizi che continuamente suscitano e<br />
alimentano la convinzione della non indispensabilità<br />
28 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit., p.17<br />
29 Ibidem<br />
37
di una ricerca intorno all’essere […] gettano le loro<br />
radici nella stessa ontologia antica; la quale, a sua<br />
volta, per essere adeguatamente interpretata, quanto<br />
al terreno in cui sono nati i suoi concetti ontologici<br />
fondamentali, alla fondatezza della legittimazione e<br />
alla completezza del numero delle sue categorie, non<br />
può far a meno del filo conduttore costituito dalla<br />
chiarificazione e dalla risoluzione del problema<br />
dell’essere 30 .<br />
Per Heidegger va compreso in tutta la sua profondità il<br />
peso che i vari pregiudizi ontologici hanno avuto sulla<br />
storia o il destino dell’essere.<br />
“Quello di è il concetto : . Illud<br />
quod primo cadit sub apprehensione est ens, cuius<br />
intellectus includitur in omnibus, quaecumque quis<br />
30 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., pp.17-18.<br />
38
apprehendit. Ma<br />
la dell’ non è quella del<br />
genere 31 .<br />
Heidegger parla di un vero e proprio dogma metafisico, che<br />
nello stesso tempo proclama il carattere accessorio o<br />
sostanzialmente indefinibile dell’essere, caratteri che<br />
sarebbero semmai indice di un’oscura e remota enigmaticità<br />
che deve indurci verso la questione ontologica e non ad<br />
allontanare lo sguardo da essa.<br />
Il concetto di è indefinibile. Questo<br />
carattere venne dedotto dalla sua estrema generalit<br />
Non è possibile definire l’essere muovendo da<br />
concetti più alti, né presentarlo muovendo da più<br />
bassi. Diremo allora che l’ non pone<br />
nessun problema? Niente affatto. L’unica<br />
31 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit, p.18.<br />
39
conseguenza legittima è questa: l’<br />
non è<br />
qualcosa come l’ente. Ecco perché quel modo di<br />
determinare l’ente, la della logica<br />
tradizionale che entro certi limiti è da considerarsi<br />
fondata e che trova la sua ragion d’essere<br />
32<br />
nell’ontologia antica, non è applicabile . all’essere<br />
La denuncia heideggeriana si rivolge principalmente a<br />
quanti scorgono nel concetto di essere qualcosa di<br />
suscettibile di una possibile definizione.<br />
Per Heidegger la gravosità dell’impresa di definire l’essere<br />
non costituisce una scappatoia per evitare di pensarlo, anzi<br />
pensare l’essere resta una sorta di imperativo categorico<br />
dal quale nessun pensatore può esimersi.<br />
L’analisi dell’essere dovrà dunque prendere le mosse<br />
dall’impossibilità di definire questo termine secondo i<br />
consueti metodi e le strategie acquisite, per partire da zero,<br />
cioè a prima della dialettica platonica e della metafisica<br />
32 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., pp. 18-19<br />
40
aristotelica. Infatti, per Heidegger, “l’indefinibilità<br />
dell’essere non dispensa dal problema del suo senso, ma al<br />
33<br />
contrario, lo rende necessario .<br />
Nell’interpretazione heideggeriana la metafisica è,<br />
storicamente, la matrice, di un razionalismo esasperato ed<br />
esasperante confluito poi nella scienza e in saperi ad essa<br />
satelliti.<br />
Per Heidegger i grandi filosofi hanno fatto distogliere<br />
l’interesse dall’essere pur parlandone, paradossalmente, di<br />
continuo! Tanto che, a furia di discutere e chiosare, si è<br />
giunti presto a sorvolare sul significato effettivo della<br />
dimensione ontologica, e a trattare come ovvietà quel che<br />
invece andava considerato una priorità.<br />
Quello di è un concetto ovvio. In ogni<br />
conoscere ogni asserzione, in ogni comportamento<br />
[che ci pone in rapporto] con l’ente, in ogni<br />
33 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 19<br />
41
comportamento che ci pone in rapporto con noi stessi<br />
si fa uso di , e l’espressione è<br />
34<br />
.<br />
Il primato dell’essere smentisce, di fatto, la sua pretesa<br />
ovvietà: come si può infatti giudicare superfluo qualcosa<br />
che ha a che fare con il fondamento stesso della realtà?<br />
Il richiamo all’ovvietà, relativamente al concetto<br />
dell’essere, può assolvere però un ruolo significativo<br />
qualora l’ovvio venga interpretato e trasformato in quei<br />
giudizi segreti della ragione comune (Kant) la cui<br />
elaborazione per Heidegger “deve diventare e rimanere il<br />
tema esplicito dell’analitica esistenziale )".<br />
34 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit., p. 19.<br />
35 Ibidem<br />
42
II. ONTOLOGIA E <strong>L<strong>IN</strong>GUAGGIO</strong><br />
NEL “PRIMO <strong>HEIDEGGER</strong>”<br />
1 - Pre-comprensione e medietà<br />
Heidegger non vuole liberarsi del tutto dai pregiudizi<br />
ontologici, relativi alla genericità, all’indefinibilità e<br />
ovvietà di ogni interrogazione sull’esser-ci, ma prenderli<br />
per quello che sono: dei pre-giudizi, cioè dei giudizi che<br />
precedono la conoscenza effettiva dell’essere, di carattere<br />
indicativo e provvisorio, e non assoluto.<br />
I vari pregiudizi metafisici rinviano al concetto di pre-<br />
comprensione che assume un duplice significato, ontolog<br />
e linguistico.<br />
In senso ontologico, la pre-comprensione è definita anche<br />
da Heidegger comprensione media.<br />
La pre-comprensione, nella forma della comprensione<br />
media, non è incomprensione. Manifesta il fenomeno che,<br />
43
nei diversi comportamenti e modi di essere, ci pone a<br />
contatto con “l’ente in quanto ente”.<br />
Heidegger sottolinea l’estrema incidenza dell’idea di pre-<br />
comprensione in rapporto alla ricerca del senso autentico<br />
dell’essere.<br />
L’Esserci non è una tabula rasasganciata<br />
dal mondo, ma,<br />
da un certo punto di vista, è esso stesso mondo. Non si può<br />
quindi comprendere l’essere prescindendo dalla pre-<br />
comprensione. La pre-comprensione indica il dato che<br />
siamo già immersi nella dimensione comprendente<br />
dell’essere “e che, nel contempo, il senso dell’essere<br />
continua a restare avvolto nell’oscurità”, attestando, “la<br />
necessità fondamentale di una ripetizione del problema del<br />
senso dell’ ”.<br />
Come base di un processo gnoseologico ed ontologico<br />
libero dal tradizionale schema di un io che conosce la<br />
36 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 19.<br />
44
ealtà entrando nel mondo, l’esserci come essere-gettato<br />
comprende in virtù di un’originaria pre-comprensione vers<br />
sé stesso e gli altri, e quindi il Dasein come spazio comune<br />
dell’esser-ci e del con-essere Mit-sein). (<br />
“In questo contesto, l’apertura dell’esser-ci e lo<br />
scoprimento dell’ente vengono ripensati<br />
rispettivamente come Offenständigkeit, come uno<br />
stare aperto (da parte dell’uomo) e come Offen-<br />
barkeit, come un essere-manifesto (da parte<br />
dell’ente): l’uomo è aperto o <br />
all’esperienza dell'ente che gli è accessibile in quanto<br />
37<br />
gli si mostra e lo coinvolge”<br />
La pre-comprensione, implicita nell’idea di comprensione<br />
che emerge nell’analitica esistenziale, rispetto ai success<br />
sviluppi di Essere e tempo acquista senz’altro un valore<br />
fondante.<br />
37 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg & Sellier, Torino 1993, op. cit., p. 26<br />
45
La pre-comprensione è quell’apertura orizzontale che non<br />
trattiene la comprensione ma in un certo senso la schiude,<br />
rendendola disponibile e utilizzabile da parte dell’esse<br />
Come i pregiudizi riguardanti l’essere, i vari presupposti,<br />
pur suscitando interferenze e fraintendimenti di carattere<br />
non solo linguistico, vanno integrati entro una prospettiva<br />
di ampio respiro che dia loro una funzione rivelatrice e<br />
costruttiva del vero senso dell’essere.<br />
Per Heidegger l’operazione ermeneutica di interpretazione<br />
e comprensione reale dell’essere deve necessariamente<br />
prendere avvio dai presupposti connessi ai pregiudizi, alla<br />
pre-comprensione e alla medietà.<br />
Ma cosa vuol dire partire dalla medietà? Il concetto indica<br />
il complesso, sulle prime eclettico e confuso, delle<br />
possibilità reali o ipotetiche a disposizione dell’uomo<br />
46
“come una sorta di media statistica delle maniere in cui<br />
38<br />
singoli uomini si determinano nel mondo ”.<br />
Heidegger elabora la problematica dell’esistenza, cioè del<br />
modo di essere proprio dell’esser-ci, analizzandola<br />
attraverso la lente privilegiata della medietà<br />
(Durchschnittlichkeit), non completamente separabile dalla<br />
stessa (Alltäglichkeit).<br />
L’analitica esistenziale si rivolge alla maniera di rivelarsi<br />
dell’esserci innanzitutto e per lo più, non con un teorizzare<br />
astratto ed avulso dalla verità della vita.<br />
Per Heidegger occorre ammettere una differenza<br />
fondamentale tra la dimensione<br />
47<br />
inautenticadell’esistenza,<br />
la quale genera artificiose determinazioni fisse e rigide<br />
tipiche talvolta della tradizione metafisica, e la dimensione<br />
autentica di essa, immediatamente riconducibile<br />
all’effettività o fatticità dell’esperienza (Fättlichkeit), che<br />
38 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma-Bari 2002, op.cit., p. 19.
si riferisce costitutivamente all’essere dell’uomo, cioè<br />
all’esser-ci o esistenza Dasein). (<br />
La prospettiva legata all’analisi esistenziale,<br />
approfondendo le strutture dell’essere, rinvia al piano<br />
ontologico, mentre la prospettiva metafisica classica è<br />
contrassegnata dal piano ontico, riguardante la<br />
considerazione dell'ente in quanto tale, ma che non ne pone<br />
in discussione l’essere.<br />
Ontico e ontologico non sono due piani contrapposti, la<br />
loro è una differenza di grado, di maggiore o minore<br />
aderenza all’idea di un approfondimento del senso<br />
dell’essere realizzabile solo al di fuori dello schema<br />
metafisico tradizionale.<br />
Il piano ontico giunge al massimo alla descrizione dell’ente<br />
intramondano, mentre l’interpretazione dell’essere di<br />
questo ente pertiene al piano ontologico. Ma anche una<br />
conoscenza dell’ente in generale contempla una media e<br />
48
provvisoria consapevolenza del significato dell’essere: la<br />
verità ontologica fonda quella ontica.<br />
Essere e tempo indaga la tematica esistenziale seguendo un<br />
percorso speculativo estremamente originale; questo non<br />
esclude la presenza di modelli significativi a cui<br />
richiamarsi.<br />
Heidegger attinge, oltre che al pensiero aurorale dei<br />
Presocratici (soprattutto Eraclito e Anassimandro) e di<br />
alcuni contemporanei (Dilthey, Husserl e Yorck), alla<br />
lezione di un esistenzialista ante-litteram come il danese<br />
Sören Kierkegaard. Heidegger lo considera un pensatore<br />
autorevole, l’unico che “ha esplicitamente affermato e<br />
accuratamente penetrato il problema dell’esistenza come<br />
39<br />
problema esistentivo ”.<br />
39 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op.cit, p. 13<br />
49
Kierkegaard, per quanto ancora lontano da una presa di<br />
coscienza ontologica, è comunque riuscito a fare<br />
dell’esistenza materia d’interrogazione filosofica,<br />
anticipando i temi e le proposte dell’analitica esistenziale.<br />
Non solo, ma, come scrive Vattimo, “Kierkegaard viene<br />
esplicitamente richiamato proprio in alcuni punti nodali<br />
dello sviluppo di Essere e tempo, a proposito del concetto<br />
40<br />
di angoscia e di quello di temporalità ”.<br />
Il rapporto tra Heidegger e Kierkegaard è cruciale, in vista<br />
della scoperta del dirompente valore euristico della<br />
situazione affettiva, della cura, etc… tutti elementi estran<br />
al discorso filosofico tradizionale, in genere propenso a<br />
separare artificiosamente pensiero ed esistenza.<br />
L’importanza di Kierkegaard consiste nell’aver posto<br />
l’accento sulla quotidianità, quella quotidianità che per<br />
Heidegger è l’ingrediente indispensabile di ogni<br />
speculazione sull’essere connotato in senso esistenzial<br />
40 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op.cit, p. 13<br />
50
La quotidianità è infatti la dimensione in cui l’esistenza<br />
vive in concreto e sperimenta quell’essere-nel-mondo che<br />
non le è affatto estraneo.<br />
2 - Dal mondo alla mondità<br />
L’esistenza è determinata da un universo di molteplici<br />
possibilità che spesso e volentieri rimangono irrealizzate,<br />
come già in Kierkegaard; ma Heidegger, muovendosi<br />
nell’ambito dell’ermeneutica, ritiene di dover approfondir<br />
la tematica del poter-essere, o, per maggior precisione,<br />
della possibilità come essenza dell’essere, attraverso<br />
un’analisi comprendente dei suoi presupposti.<br />
Decidendo di muovere da un modo di essere calato e reso<br />
possibile nel contatto con la quotidianità, che la<br />
presuppone, Heidegger sceglie la realtà umana così com’è,<br />
nella sua concretezza.<br />
La nozione di medietà, il fatto che noi stessi in qualche<br />
modo già possediamo un’idea vaga e media delle cose ancor<br />
51
prima di averne diretta esperienza, è un presupposto<br />
necessario della comprensione, e dell’essere-nel-mondo a<br />
cui questa si applica. La medietà, infatti, prepara la<br />
comprensione su un piano corrivo e generico, al quale sono<br />
associate le diverse modalità di essere dell’esser-ci.<br />
Per Heidegger il mondo precede le cose, che sono tali in<br />
quanto rimandano al mondo come mezzi. Il mondo precede<br />
anche i significati propri peculiari delle cose,<br />
rappresentando il complesso dei significati parziali che<br />
queste manifestano.<br />
Il mondo può essere compreso perché noi in maniera<br />
originaria ereditiamo determinate idee e pregiudizi che ci<br />
permettono di conoscere; qui entra ancora una volta in<br />
gioco il concetto di pre-comprensione, elemento<br />
indispensabile alla comprensione stessa.<br />
La comprensione dell’essere cui tende l’analitica<br />
esistenziale, non può non radicarsi che sulla pre-<br />
52
comprensione, “un certo orizzonte preliminarmente aperto<br />
e disponibile che, più che limitare la libertà della<br />
41<br />
comprensione, la rende possibile ”.<br />
La pre-comprensione schiude in qualche modo le varie<br />
possibilità dell’esistenza, che si articola in connessione a<br />
strutture basate sul poter-essere e l’apertura.<br />
L’essere-nel-mondo si realizza nel segno del “progetto”;<br />
anche la pre-comprensione si attua in questo modo,<br />
intendendo appunto il progetto sia come una sorta di guida<br />
delle nostre idee che nel significato corrente di abbozzo o<br />
piano di lavoro, che per essere realizzato necessita di<br />
elaborazioni successive, esattamente come quel che, per<br />
esempio, accade in vista della costruzione di una struttura<br />
edilizia o d’altro genere.<br />
Comprendere è progettare dal momento che include anche<br />
la disposizione e la programmazione di tutto un complesso<br />
41 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op.cit., p. 20.<br />
53
di significati che formano (costituiscono, rap-presentano)<br />
mondo.<br />
“L’impossibilità di uscire dalla prospettiva che già<br />
sempre abbiamo del mondo e dei significati una volta<br />
che sia caduto il presupposto delle cose come<br />
semplici presenze,” – osserva Vattimo – “non è più<br />
qualcosa di negativo o di limitante, ma viene a<br />
costituire la nostra stessa possibilità di incontrare il<br />
mondo 42 ”.<br />
Anche la medietà e la quotidianità dell’esistenza si<br />
mostrano particolarmente nella forma dell’essere-nel-<br />
mondo. Tuttavia occorre precisare che per “mondo”<br />
Heidegger non intende l’ente secondo l’ottica della<br />
semplice presenza, ma una realtà intrinseca all’esistenza<br />
Gli enti intramondani, presenti cioè all’interno del mondo<br />
in cui noi stessi siamo, non sono dei passivi oggetti di<br />
42 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 30.<br />
54
conoscenza, ma rappresentano dei mezzi attivamente<br />
coinvolti nel “progetto” dell’esistenza.<br />
L’esser-ci si realizza come essere-nel-mondo mediante le<br />
varie possibilità di cui dispone, in quanto ente<br />
“progettante” che utilizza le cose nell’ambito di un<br />
progetto che le vuole strumenti ontologici.<br />
Pure la datità, l’aspetto di semplici-presenze assunto dalle<br />
cose, dipende strettamente dai modi in cui l’esser-ci si<br />
accosta ad esse, interpretandole in senso strumentale.<br />
Rispetto all’esser-ci la cosa è mezzo, non nell’accezione di<br />
un oggetto isolato e “staccato” dall’esistenza; ogni cosa è<br />
mezzo in vista dell’agire e del pensare umano, mezzo-per. è<br />
Il mondo non è una totalità composta di semplici-presenze,<br />
di cose date, ma la condizione esistenziale nella quale le<br />
cose risultano mezzi utilizzabili dall’esser-ci.<br />
Nell’essere-nel-mondo il suoessere caratteristico è reso<br />
possibile grazie all’esistenza, la quale fa sì che il mondo<br />
55
venga reinterpretato in maniera del tutto originale come<br />
parte integrante dell’essere dell’esser-ci.<br />
Per Heidegger anche il fenomeno del conoscere “si fonda<br />
preliminarmente in quell’esser-già-presso-il-mondo che<br />
43<br />
costituisce come tale l’essere dell’Esserci ”.<br />
“Questo esser-già-presso” –specifica – “non è<br />
originariamente un’inerte contemplazione di<br />
semplici-presenze. L’essere nel mondo, in quanto<br />
prendersi cura, è coinvolto nel mondo di cui si<br />
prende cura<br />
44 ”.<br />
L’essere-nel-mondo partecipa della situazione concreta<br />
dell’Esserci, è immedesimato nella dimensione di realtà di<br />
cui prende cura, non è qualcosa di estraneo ad essa.<br />
Anche la conoscenza del mondo non è un momento isolato<br />
dell’esperienza dell’Esser-ci.<br />
43 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit., p. 86.<br />
44 Ibidem<br />
56
L’analisi delle cose che formano il mondo è insufficiente,<br />
perché pertiene peculiarmente al piano ontico, ed è quindi<br />
qualcosa di ben diverso dalla ricerca ontologica intorno al<br />
mondo.<br />
L’interpretazione mondo del implica la scoperta dell’essere<br />
dell’ente che agisce dentro il mondo e non fuori del mondo<br />
stesso.<br />
Nel processo aperto dell’interpretazione del mondo<br />
incontriamo il concetto mondità di del mondo , che assume i<br />
caratteri di un esistenziale, cioè di una delle nuove<br />
categorie imposte al discorso filosofico contemporaneo<br />
dall’analitica esistenziale.<br />
Scrive Heidegger:<br />
“La è un concetto ontologico e denota<br />
la struttura di un momento costitutivo dell’essere-<br />
nel-mondo. Ma questo ci è apparso come una<br />
57
determinazione esistenziale dell’Esserci. La<br />
45<br />
è quindi essa stessa un esistenziale .<br />
In Essere e tempo Heidegger chiarisce i rapporti tra esserci<br />
e mondo, tra esistenza e mondità, che si pongono<br />
all’insegna della continuità.<br />
Quando si pone il problema del , a quale<br />
ci si riferisce? Non a questo o a quello,<br />
46<br />
ma alla mondità del mondo in generale .<br />
Da questo passo, emerge chiaramente che il mondo rinvia al<br />
concetto di .<br />
Il neologismo heideggeriano è il presupposto necessario<br />
utile a comprendere quel “mondo comune in cui, in realtà,<br />
[già di fatto] siamo 47 ”.<br />
45 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 89.<br />
46 Ibidem<br />
47 Ibidem<br />
58
Diversamente che nella tradizione metafisica in cui il<br />
mondo era visto come un oggetto contrapposto al punto di<br />
vista del soggetto, per Heidegger mondo ed esser-ci sono<br />
posti in un rapporto che non è più di prossimità o di<br />
contrapposizione, ma di identificazione.<br />
Ovviamente Heidegger non intende tornare alla prospettiva<br />
idealistica, che confondeva esistenza e mondo e che<br />
scorgeva nella realtà una libera produzione dello spirito,<br />
ma si muove in una visione ermeneutica di partecipazione<br />
“condivisa" dell’ esser-ci come esistenza all’essere-nel-<br />
mondo, partecipazione da intendere in quella forma<br />
caratteristica che è la comprensione.<br />
In realtà il mondo (Welt) è una struttura ontologica<br />
implicita nella dimensione “aperta” dell’esser-ci, ma che in<br />
questa apertura-dischiudente mantiene innegabilmente la<br />
propria autonomia e specificità.<br />
59
Quando indaghiamo ontologicamente , il<br />
non abbandoniamo per nulla il campo tematico<br />
dell’analitica dell’Esserci. Ontologicamente il<br />
non è affatto una determinazione<br />
dell’ente difforme dall’Esserci, ma è, al contrario,<br />
un carattere dell’Esserci stesso che non esclude però<br />
che la via lungo la quale procede la ricerca, intorno<br />
al fenomeno del , passi attraverso l’ente<br />
48<br />
intramondano e il suo essere .<br />
Il fenomeno del mondo si può descrivere utilizzando il<br />
neologismo mondità (Weltlichkeit), che non è una qualità<br />
del mondo ma piuttosto il modo di essere con cui il mondo<br />
si mostra all’esser-ci e in qualche maniera lo determina:<br />
La è un concetto ontologico e denota la<br />
struttura di un momento costitutivo dell’essere-nel-<br />
48 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 89.<br />
60
mondo. Ma questo ci è apparso come una<br />
49<br />
determinazione esistenziale dell’Esserci<br />
.<br />
Il suo punto di partenza è una fondamentale domanda su<br />
“che cos’è il mondo?” e su come sia possibile identificare<br />
mondo ed esistenza senza cadere nel soggettivismo:<br />
“Il sarà forse un carattere d’essere<br />
dell’Esserci?” si – chiede Heidegger – “Ogni Esserci<br />
non ha forse,, un suo mondo? Ma il<br />
non diviene in tal caso qualcosa di<br />
?<br />
Per Heidegger è necessario riflettere non sui mondi<br />
individuali propri di ogni singolo, né sul mondo inteso, al<br />
contrario, come realtà collettiva e spersonalizzante, ma su<br />
49 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 89.<br />
50 Ibidem<br />
61
quella che egli definisce eloquentemente mondità del<br />
51<br />
mondo in generale .<br />
La mondità è inseparabile dal mondo (come dall’esser-ci),<br />
di cui costituisce il presupposto.<br />
Ma la mondità è tale relativamente a quale mondo?<br />
In realtà Heidegger concepisce il mondo in maniera<br />
parzialmente autonoma sia rispetto al piano ontico che a<br />
quello ontologico, essendo in effetti presupposto da queste<br />
due significative espressioni:<br />
Né la descrizione ontica dell’ente intramondano né<br />
l’interpretazione ontologica dell’essere di questo<br />
ente investono come tali il fenomeno del.<br />
In ambedue questi , il fenomeno<br />
del , se pur in modi diversi, è già<br />
.<br />
51 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit., p. 89.<br />
52 Ibidem<br />
62
Questa presupposizione del fenomeno del mondo, che<br />
precede i momenti ontico ed ontologico come modalità<br />
interpretative dello stesso ente, correlata anche alla pre-<br />
comprensione, non è ancora una nota definitoria, ma la<br />
traccia di un percorso che conduce a quattro diverse<br />
possibili definizioni.<br />
La prima definizione è quella espressa dalla tradizione<br />
metafisica, che scorge nel mondo nient’altro che un insieme<br />
di semplici presenze. Si tratta di un concetto del mondo di<br />
carattere sostanzialistico, rivelativo di quel piano ontico<br />
che, pur assolvendo un ruolo significativo, può e deve<br />
essere superato:<br />
Mondo può essere inteso come un concetto ontico e<br />
significa allora la totalità dell’ente semplicemente-<br />
53<br />
presente all’interno del mondo .<br />
53 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 90.<br />
63
Ma “mondo funge anche da termine ontologico e significa<br />
54<br />
allora l’essere dell’ente ”, nella fattispecie, quell’ente che<br />
costituisce l’oggetto dell’analitica esistenziale: l’esser-<br />
Come si è già visto, nella prospettiva di Essere e tempo il<br />
mondo è inteso quale parte integrante della dimensione<br />
esistenziale, non un corpo estraneo da osservare<br />
dall’esterno.<br />
Un’altra definizione individua nel mondo una struttura che<br />
contiene a sua volta una molteplicità di enti particolari.<br />
Mondo è, nel linguaggio matematico, “la regione degli<br />
55<br />
oggetti possibili della matematica ”.<br />
La quarta definizione, che vede il mondo come la totalità<br />
56<br />
dell’ente semplicemente-presente all’interno del è mondo<br />
orientata a stabilire un senso dell’idea di mondo che non<br />
denota più “l’ente che l’Esserci essenzialmente non è e che<br />
54 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 90.<br />
55 Ibidem<br />
56 Ibidem<br />
64
si incontra nel mondo, ma ciò in cui un Esserci effettivo<br />
come tale 57 ”.<br />
Questo è il significato del mondo considerato<br />
58<br />
preontologicamente esistentivo . Il termine esistentivo<br />
indica il valore di problema quotidiano e concreto del<br />
mondo come casa comune in cui l’esser-ci si trova a vivere<br />
e ad operare.<br />
Il mondo così inteso ha carattere pre-ontologico, nel senso<br />
che, come presupposto, rende possibile<br />
quell’approfondimento ontologico che Heidegger ritiene<br />
indispensabile al rinvenimento dell’autentica immagine de<br />
mondo, la quale non può non prescindere dalla mondità del<br />
mondo, che viene definita in maniera molto duttile e<br />
dinamica.<br />
La mondità è infatti modificabile in base ai vari mondi di<br />
cui è indice e segno, e nello stesso tempo rappresenta<br />
57 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 90.<br />
58 Ibidem<br />
65
qualcosa oltre se stessa, come “l’apriori della mondità in<br />
generale 59 ”.<br />
Tuttavia Heidegger accentua la differenza che intercorre tr<br />
l’essere-nel-mondo, come fenomeno relativo al mondo<br />
genericamente inteso, e la metafora della natura.<br />
È piuttosto l’esser-ci a indagare l’ente e quindi a rendere<br />
ragione della natura, non viceversa. Infatti la natura è<br />
conosciuta dall’esser-ci in quanto modalità peculiare del<br />
suo esser-nel mondo:<br />
Questo conoscere ha il carattere di una determinata<br />
demondificazione del mondo. La, come<br />
insieme categoriale delle strutture ontologiche di un<br />
determinato ente incontrato come intramondano, non<br />
60<br />
può mai rendere comprensibile la mondità .<br />
59 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 90<br />
60 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 91<br />
66
L’esser-ci conosce attraverso la demondificazione del<br />
mondo che lo circonda, cioè una messa tra parentesi del<br />
mondo stesso, che non è una negazione dell’essere del<br />
mondo, ma indica semplicemente una modalità d’approccio<br />
al mondo che ne interpreta i caratteri in senso tutt’altro che<br />
naturalistico.<br />
Analogamente al mondo, pure la natura viene incontro<br />
all’esserci in forme del tutto diverse rispetto al punto di<br />
vista religioso o scientifico.<br />
Anche il fenomeno, ad esempio nel senso<br />
del concetto romantico della natura, è comprensibile<br />
ontologicamente solo a partire del concetto di mondo<br />
61<br />
e cioè dell’analitica dell’Esserci .<br />
Per Heidegger anche la prospettiva romantica, qui intesa in<br />
un senso lontano dall’idealismo filosofico e semmai<br />
61 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 91.<br />
67
prossima alle vedute dell’arte e della letteratura, percepiva<br />
nella natura una proiezione della visione del mondo<br />
dell’uomo, di quello che l’analitica esistenziale definisce<br />
come esserci.<br />
In termini più aderenti all’impostazione heideggeriana, si<br />
direbbe che il Romanticismo abbia trattato la natura come<br />
un utilizzabile, come un elemento di cui fare uso.<br />
Chiariamo tuttavia ulteriormente che il concetto di<br />
utilizzabilità va inteso in senso lato, e non ha niente di<br />
utilitaristico: anche sogni, fantasie, trasfigurazioni di<br />
eventi o fenomeni naturali, possono considerarsi a loro<br />
modo degli utilizzabili intramondani, tali perché inscritti<br />
per così dire nel codice dell’esser-ci che li utilizza quali<br />
mezzi-per.<br />
L’aspetto più interessante di questa teoria è che ingloba o<br />
identifica in maniera del tutto originale ed inedita il mondo<br />
interpretato in accezione ontologica al dominio dell’esser-<br />
68
ci, senza cadere nell’idealismo ma anzi tenendosi in<br />
collegamento, fenomenologicamente, con le cose stesse, e<br />
quindi con la concretezza dell’esperienza vissuta.<br />
3 - L’essere-nel-mondo<br />
L’essere-nel-mondo descrive ermeneuticamente la<br />
condizione del Dasein, dell’essere inteso in chiave<br />
esistenziale.<br />
L’essere-nel-mondo non è un confuso amalgama di cose<br />
disparate che vengano a riunirsi in un secondo momento,<br />
ma una realtà uniforme ed originaria. Non può in alcun<br />
modo essere considerato l’esito della banale constatazione<br />
dell’esperienza umana, soggetta alle dinamiche di un<br />
mondo concepito, “cartesianamente, come l’estensione di<br />
62<br />
una sostanza corporea ”.<br />
L’essere-nel-mondo indica nello specifico una condivisio<br />
fattuale e non nominale,per cui il “chi” dell’esistenza e il<br />
62 cfr. C. Esposito, L’analitica dell’esistenza, in Aa. Vv., Guida a Heidegger, a c. di F. Volpi, Laterza,<br />
Roma-Bari II edizione 2002, p. 133 (nota 42).<br />
69
“che cosa” del mondo si fondano in un unico progetto<br />
ontologico 63 . È il progetto dell’esser-ci, e come tale<br />
“gettato” nel mondo.<br />
L’esistenza si presenta quale un presupposto molto<br />
peculiare, che non andrebbe nella maniera più assoluta<br />
confuso con altri luoghi comuni, “né con un archetipo<br />
originario quanto irrecuperabile, o con un’idea<br />
64<br />
indeterminata quanto inesperibile della ”. vita<br />
Finalità dell’analisi dell’esser-ci è appunto<br />
l’interpretazione dell’essere-nel-mondo: “il compito<br />
dell’analitica sarà dunque quello di guadagnare l’intero di<br />
65<br />
questa struttura attraverso i suoi momenti costitutivi ” -<br />
osserva acutamente Esposito - “e cioè la ,
mondo>> e infine la stessa struttura ontologica dell’ come tale 66 ”.<br />
La tradizione metafisica aveva spiegato il mondo in<br />
relazione alla categoria dello spazio, ridefinita in età<br />
moderna da Cartesio come res extensa, che<br />
caratterizzerebbe un ente dotato di estensione. In questa<br />
prospettiva anche il mondo era considerato semplice<br />
presenza.<br />
“Per Heidegger, invece, l’analitica deve mostrare<br />
che – lungi dall’essere una categoria teoretica – la<br />
mondità è essa stessa un esistenziale” – scrive<br />
Esposito – “e deve farlo a partire da quel mondo<br />
.<br />
66 cfr. C. Esposito, L’analitica dell’esistenza, op. cit., p. 132.<br />
67 Ibidem<br />
71
L’essere-nel-mondo è l’autentico fondamento<br />
dell’esperienza filosofica raccontata Sein in und Zeit, di<br />
cui gli elementi fondamentali ineriscono al mondo-<br />
ambiente, quel mondo che ci circonda e in cui siamo in<br />
qualche modo gettati a vivere, quel mondo che non è più un<br />
oggetto contrapposto al soggetto, secondo l’indirizzo<br />
metafisico tradizionale, ma un utilizzabile dell’esser-ci, al<br />
pari degli altri enti intramondani.<br />
Le strutture di base e le modalità quotidiane che sono parte<br />
in causa del discorso heideggeriano sull’esser-ci sono<br />
diverse e di diverso tipo, ma risultano tutte accomunate dal<br />
fatto di essere sperimentate non in astratto, ma attraverso<br />
l’esperienza concreta contemplata dal concetto di essere-<br />
nel-mondo e dei vari aspetti ad esso correlati.<br />
Heidegger elabora la questione del senso dell’essere in<br />
chiave ontologica, cioè privilegiando quella domanda<br />
consapevole ed autointerrogante che coinvolge in prima<br />
72
persona l’esser-ci. Ogni singolo uomo non è un “che cosa”<br />
ma un “chi”, un esser-ci, il quale sperimenta<br />
esistenzialmente il suo essere-nel-mondo (In-der-Welt-<br />
sein). L’esser-ci non è semplicemente-presente nell’essere-<br />
del-mondo, come la parte discreta di una totalità o l’acqua<br />
contenuta all’interno del bicchiere.<br />
Per Heidegger l’esistenza (Existenz) si accosta all’essere-<br />
nel-mondo nella modalità dell’apertura-dischiudente ad<br />
esso, o Erschlossenheit, ovvero in quanto vi è stato<br />
“gettato” a vivere e se ne prende-cura.<br />
4 - Realtà,cura, deiezione<br />
Come nel caso dei pregiudizi ontologici, che costituiscono<br />
il punto di partenza per elaborare quell’approfondita<br />
ricerca sulla fondamentale domanda sull’essere avanzata<br />
nel primo grande capolavoro heideggeriano, anche essere- l’<br />
nel-mondo ha i caratteri di un presupposto che affonda le<br />
sue radici non sull’esistenza autentica, bensí su un<br />
73
elemento apparentemente negativo, quale potrebbe essere<br />
considerata l’esistenza in-autentica.<br />
Quell’essere del mondo a cui l’esistenza è sempre aperta<br />
non si manifesta come un insieme ontico di realtà<br />
semplicemente date (Vor-handenheit) o disponibili-<br />
sottomano, o, ancora, sganciate dalla situazione emotiva<br />
dell’esser-ci.<br />
La situazione emotiva non rappresenta qualcosa di isolato<br />
rispetto all’essere-nel-mondo, anzi rinvia alla sua<br />
condizione originaria di progetto-gettato, alla costitutiva<br />
gettatezza (Geworfenheit) dell’esser-ci resa possibile<br />
dall’ineludibile apertura alla “mondità del mondo”.<br />
La situazione emotiva esposta da Heidegger rimanda ad una<br />
analisi dei vari problemi esistenziali in correlazione a<br />
spunti di carattere “ermeneutico”, riguardanti il legame<br />
74
d’incontro e d’intermediazione tra più mondi: essere,<br />
dimensione spazio-temporale e linguisticità.<br />
Il comprendere (Verstehen) è una proiezione attiva,<br />
progetto (Entwurf) o interpretazione (Auslegung) di<br />
qualcosa che rinvia a qualcos’altro, secondo gli schemi<br />
della rimandatività o della significatività presupposti dallo<br />
stesso essere-nel-mondo.<br />
Per questa via il Da-sein o esser-ci abita nel mondo non<br />
come un ospite distaccato ma prendendosene-cura,<br />
attraverso il commercio-ambientale con i vari enti<br />
intramondani.<br />
Più in generale, il rapporto tra esistenza autentica ed<br />
esistenza inautentica rinvia al più complesso rapporto tra<br />
realtà e cura.<br />
Per Heidegger, infatti, la nozione di realtà è impensabile<br />
senza cura, intesa come il fenomeno esistenziale del<br />
prendersi-cura:<br />
75
“Il reale è accessibile solo come ente intramondano.<br />
Ogni accesso a tale ente è fondato ontologicamente<br />
nella costituzione fondamentale dell’Esserci,<br />
nell’essere-nel-mondo. Più originariamente<br />
nell’essere-nel-mondo ha la costituzione la Cura<br />
(avanti-a-sé esser-già-in-un-mondo in quanto esser<br />
68<br />
presso l’ente intramondano )”.<br />
Alla luce di queste considerazioni, gli enti intramondani,<br />
vigenti a vario titolo nel mondo e nel suo orizzonte ontico-<br />
ontologico, in relazione cioè alla semplice-presenza<br />
(Vorhandenheit) e all’esser-ci come approfondimento del<br />
senso dell’essere, nell’ottica dell’esistenzialismo<br />
heideggeriano non rappresentano “dei più semplici dati di<br />
fatto o degli oggetti contrapposti ad un soggetto<br />
conoscente, bensì sulla base di quella struttura d’essere<br />
68 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit., p. 252.<br />
76
dell’esserci che consiste (Besorgen)<br />
di essi 69 ”.<br />
In verità tali fenomeni acquistano una valenza significativa<br />
solo relativamente alla loro reale “significatività”<br />
(Bedeutsamkeit), di “ciò con cui si a ha che fare”, cioè gli<br />
utilizzabili (Zuhandenheit), enti intramondani posti a<br />
nostra disposizione in quanto interroganti dell’essere.<br />
Per Heidegger occorre superare il concetto di un mondo<br />
esterno, oggettivo e da conoscere come controparte del<br />
soggetto conoscente.<br />
“Il è impostato nel<br />
senso dell’ente intramondano (le cose e gli oggetti).<br />
Di conseguenza queste discussioni si avvolgono in<br />
70<br />
una problematica ontologica inestricabile<br />
”.<br />
69 cfr. C. Esposito, L’analitica dell’esistenza, op. cit., p. 132.<br />
70 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p.253<br />
77
L’analisi del reale non è un tipo d’indagine che possa<br />
prescindere dall’esser-ci, ma deve rinviare ad una struttura<br />
circolare e “aperta”, in cui venga sorpassato il categorico<br />
schema di soggetto-oggetto:<br />
[…]“l’analisi della realtà”[…]”è”[…]”possibile<br />
sul fondamento di un accesso adeguato al reale. La<br />
conoscenza intuitiva è da tempo immemorabile<br />
l’organo specifico della conoscenza del reale. Tale<br />
conoscenza uno stato dell’anima, della<br />
coscienza 71 ”.<br />
La connessione tra realtà e cura è assai rilevante per<br />
comprendere il punto di vista heideggeriano in merito alla<br />
questione dell’essere-nel-mondo, come si evince da questo<br />
ulteriore passaggio:<br />
Il problema se, in generale, sussista un mondo e se il<br />
suo essere possa esser dimostrato, è senza senso<br />
71 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 251.<br />
78
come problema posto dall’Esserci in quanto essere-<br />
nel-mondo; e chi mai, d’altronde, potrebbe porlo?<br />
Tale problema è per di più affetto di equivocità.<br />
Manca infatti la distinzione fra nel senso<br />
di dell’in-essere e nel senso<br />
dell’ente intramondano, cioè del <br />
72<br />
dell’immedesimazione prendente . cura<br />
La cura del prendersi-cura è la maniera in cui ci<br />
approcciamo all’esser-ci, e che contempla quel<br />
, o Umgang, consistente nel<br />
trattare l’ente che ci viene incontro come mezzo-per.<br />
Heidegger giunge persino ad affermare che la <br />
(Sorge) s’identifica in tutto e per tutto con l’esistenza, e,<br />
di concerto con la stessa “significatività”, al mondo-<br />
ambiente (Um-welt) in cui siamo gettati come progettanti<br />
dell’essere in senso ontologico.<br />
72 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 252<br />
79
Il termine cura, in tedesco Sorge - da cui il verbo Besorgen<br />
deriva - ha in tedesco una significativa ambiguità semantica<br />
che nell’italiano attuale si è in parte persa.<br />
Sorge è traducibile come cura, attenzione partecipe ad una<br />
determinata cosa o persona, ma anche come angoscia,<br />
preoccupazione, apprensione.<br />
La Cura ha infatti i caratteri di quell’ansietà connessa al<br />
nostro modo di prenderci cura del mondo e degli enti<br />
intramondani che esso ospita, sottolineando che questa cura<br />
non è del tipo della datità o semplice presenza, la quale<br />
scorge nell’ente un oggetto passivo da interpretare<br />
dall’esterno, secondo il punto di vista di un soggetto<br />
autonomo e scollegato da esso.<br />
Oltre alla significatività, la “cura” determina l’effettività<br />
(Faktizität) o la “finitezza esistenziale”, ossia il fatto che<br />
il suo essere sia di volta consegnato e vincolato al mondo.<br />
80
L’importanza della nozione di Cura per i suoi risvolti<br />
ermeneutici si manifesta chiaramente nel momento in cui<br />
viene assunto da Heidegger come criterio per<br />
l’interpretazione dell’esser-ci e la comprensione del<br />
significato autentico del tempo Zeit), ( che è la temporalità<br />
(Zeitlichkeit).<br />
La temporalità determina un differente rapporto di<br />
profondità con la sequenza temporale del presente, del<br />
passato e del futuro, da non intendere più in senso<br />
cronologico, come scansione ordinata di più tempi, bensì<br />
come un’unità estatica delle tre dimensioni del tempo.<br />
Come progetto-gettato l’esser-ci si rivolge soprattutto alla<br />
dimensione del futuro.<br />
Nella maniera in cui l’uomo ad-viene, infatti, esce da sé<br />
stesso; questa “ek-stasis” indica una fuga o un<br />
trascendimento capace di definire gli orizzonti del passato<br />
e del futuro, tutti giocati tra l’effettività del trascendere,<br />
81
dell’andare-avanti-a-sé-essendo-già-in, e quel paradossale<br />
salto che è la decisione.<br />
La temporalità, più originaria del tempo, deve tale suo<br />
primato al fatto che in essa e solo in essa si manifesta la<br />
storia o il destino dell’essere.<br />
La tradizione metafisica non è riuscita a cogliere in tutta la<br />
sua pregnanza il valore di un approccio all’essere partendo<br />
dalla semplice presenzao<br />
sostanza da incontrare nel<br />
presente. Questa è la ragione per cui la metafisica si è poi<br />
cristallizzata all’essere-presente, omettendo la co-<br />
originarietà di passato, presente e futuro.<br />
Da qui derivano i pregiudizi sull’essere, i quali dipendono<br />
essenzialmente dal carattere deiettivo o difettivo<br />
dell’essere come e in quanto esser-ci.<br />
82
La difettosità inerente all’essere è detta da Heidegger<br />
Verfallen, “deiezione”, termine che potrebbe rendersi solo<br />
con una certa approssimazione come caduta:<br />
Il termine, che non importa alcuna valutazione<br />
negativa, sta a significare che l’Esserci è innanzi<br />
tutto e per lo più presso il di cui si<br />
prende cura. Questa immedesimazione in… ha per lo<br />
più il carattere dello smarrimento nella pubblicità<br />
del Si. L’Esserci è, innanzi tutto, sempre già de-<br />
caduto da se stesso come autentico poter-essere e<br />
deietto nel. Lo stato di deiezione presso<br />
il equivale all’immedesimazione<br />
nell’essere-assieme dominato dalla chiacchiera,<br />
73<br />
dalla curiosità e dall’equivoco .<br />
73 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 221.<br />
83
Heidegger mette giustamente in guardia da non intendere<br />
l’espressione nel senso di una condanna moralistica<br />
dell’esistenza in-autentica.<br />
La deiezione indica il decadere dell’esserci nelnon-poter-<br />
essere-se-stesso, che viene travolto nel vortice di un<br />
mondo che distoglie l’uomo dall’esistenza autentica, e nel<br />
quale abbondano i fenomeni di tipo deiettivo, legati al si<br />
impersonale e alla pubblica opinione, come la chiacchiera,<br />
la curiosità, e l’ambiguità.<br />
Questi esistenziali, non si presentano come determinazioni<br />
semplicemente-presenti nell’esserci, ma anzi ne<br />
costituiscono l’essere.<br />
Il si impersonale e gli altri esistenziali di carattere<br />
deiettivo, in sé e nella loro “connessione ontologica<br />
manifestano quel modo fondamentale dell’essere della<br />
84
quotidianità che noi chiamiamo la deiezione<br />
dell’Esserci 74 ”.<br />
In queste modalità di esistenza inautentica, l’esser-ci si<br />
riduce a cosa-presente Vor-handenes) (<br />
o cosa-Io (Ich-ding),<br />
coscienza soggettiva, “senza mondo”.<br />
La deiezione impedisce il realizzarsi dell’esistenza<br />
autentica da parte dell’esser-ci. Tale realizzazione si basa<br />
sull’essere-per-la-morte, e non è certo un caso. Uno dei<br />
tratti salienti diEssere e tempo riguarda la connessione tra<br />
ontologia e nichilismo, essere e nulla.<br />
Se il punto di partenza dell’analitica esistenziale<br />
(ciò che ne fa la propedeutica adeguata per una<br />
possibile ontologia alternativa) è la considerazione<br />
del rapporto dell’uomo con l’essere, il punto<br />
d’arrivo, per così dire, della medesima analitica<br />
esistenziale (quello che permette di indicare nella<br />
74 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 221.<br />
85
temporalità il senso dell’esistenza) è il rapporto<br />
dell’uomo col nulla, ovvero il progetto<br />
dell’, progetto che non è né<br />
una realizzazione, né un’attesa, ma una<br />
, ovvero un’assunzione liberante<br />
del che pervade costitutivamente il<br />
75<br />
proprio essere .<br />
Tra tutte le varie possibilità a disposizione dell’esser-ci,<br />
solo la morte è inesorabile, propria e costitutiva di ognuno.<br />
Prendere coscienza della morte schiude all’esser-ci la<br />
possibilità di concepirsi non come puro dato, ma come “un<br />
insieme di possibilità, la possibilità della morte è, per lui,<br />
la possibilità più propria, perché lo sovrasta in tutta la sua<br />
esistenza e riguarda la sua esistenza stessa come tale, è la<br />
possibilità insuperabile ed estrema, perché è, per l’esse<br />
la possibilità di non esserci più. Anticipare (vorlaufen:<br />
75 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg & Sellier, Torino 1993, op. cit., pp.21-22.<br />
86
) questa possibilità significa appropriars<br />
76<br />
come possibilità ”.<br />
Per l’esser-ci prendersi coscienza di questa sua più estrema<br />
ed autentica possibilità vuole poter dire finalmente<br />
diventare davvero se stesso e quindi raggiungere una libert<br />
non apparente ma reale e concreta.<br />
“L’essere-per-la-morte è così una sorta di<br />
,” - afferma Amoroso - per quanto<br />
paradossale 77 ”.<br />
Ovviamente Heidegger pone l’accento non sulla morte come<br />
tale, ma soprattutto sulla possibilità che l’evento dischiude<br />
per l’esser-ci, che si trova appunto proiettatoin-avanti-a-<br />
sé-essendo-già-in, grazie alla spinta propulsiva derivante<br />
da una decisione precorritrice che investe tutto il<br />
76 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 22.<br />
77 Ibidem<br />
87
movimento dell’esistenza ed influisce sull’opzione<br />
fondamentale tra autenticità ed inautenticità.<br />
5 - “Segno” e “rimando”<br />
Il commercio ambientale, la contrattazione infinita tra noi e<br />
gli enti intramondani che pur presuppone una base comune<br />
qual è l’essere-nel-mondo come tale, ci fa vedere<br />
chiaramente che“ogni cosa viene utilizzata - all’interno di<br />
una totalità di cose – come uno strumento o un (Zeug) qualcos’altro, di modo che, prima di<br />
qualsiasi considerazione teoretica, l’ente intramondano c<br />
si mostra da se stesso proprio nel “modo di essere”<br />
78<br />
dell’utilizzabilità (Zuhandenheit)<br />
”.<br />
L’utilizzabilità rinvia in modo originario alla nostra<br />
visione ambientale, o Umsich, più che all’elaborazione<br />
logico-concettuale, che si applica a un’idea di mondo come<br />
sostanza che Heidegger giudica riduttiva, in quanto non<br />
78 cfr. C. Esposito, L’analitica dell’esistenza, in Aa. Vv., Guida a Heidegger, a c. di F. Volpi, Laterza,<br />
Roma-Bari II edizione 2002, op. cit., p. 133.<br />
88
ende sufficientemente conto del fatto che il mondo non è<br />
solo una somma di semplici presenze, ma di mezzi-per, di<br />
strumenti ontologici.<br />
Il mezzo-per “ha il carattere del rimando. Esso non<br />
rimanda solo all’uso specifico per cui è fatto, ma anche,<br />
per esempio, alle persone che lo usano, al materiale di cui<br />
79<br />
è costituito, etc …”<br />
Tuttavia, osserva ancora Vattimo, il mezzo-per “non è fatto<br />
per manifestare tali rimandi” . In genere la sua funzione è<br />
legata all’uso che se ne fa, e niente affatto a fini<br />
d’informazione.<br />
Tra i vari mezzi-per, va riconosciuta la specificità di una<br />
tipologia molto peculiare di essi, che presentano proprio<br />
una valenza informativa, cioè ci rinviano a qualcos’altro.<br />
Evidentemente la teoria dei segni rimanda alla più<br />
complessa questione del linguaggio, e, ancor più<br />
79 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit, p. 26.<br />
89
all’Ermeneutica, come prassi dell’interpretazione e della<br />
mediazione linguistica.<br />
In quest’ottica, l’idea di comprensione si svela quale punto<br />
nevralgico dell’Ermeneutica Essere di e tempo, che solo in<br />
parte s’identifica con l’analitica esistenziale, in quanto<br />
propedeutica non risolutiva della domanda sull’essere.<br />
In tale prospettiva, non più esistenziale ma che vira già in<br />
direzione della successiva Svolta ermeneutica, il<br />
“comprendere” (Verstehen) non rappresenta un elemento<br />
accessorio o casuale dell’esperienza filosofica, diventa<br />
un fenomeno costitutivo essere-nel-mondo.<br />
dell’<br />
Dall’analisi dei temi suggeriti dall’essere-nel-mondo,<br />
emerge il cruciale problema dei rapporti tra segno in<br />
generale e rimando, concetti estremamente rilevanti per<br />
chiarire in qualche modo i caratteri e la situazione dei<br />
differenti enti intramondani. È infatti soprattutto intorno a<br />
90
questa questione che prende forma la particolarissima<br />
Ermeneutica diEssere e tempo, come intreccio di spunti<br />
linguistici ed esistenziali, e che avrà espliciti sviluppi in<br />
seguito, all’epoca della Svolta.<br />
“Nel segno, l’utilità coincide con la<br />
; il segno non ha altro uso che<br />
quello del rimandare. In tal modo, nel segno viene in<br />
luce in modo particolarmente chiaro ciò che è<br />
proprio in generale di tutte le cose intramondane,<br />
cioè il rimando nel senso della connessione con<br />
altro 80 ”.<br />
Come mezzi-per o strumenti di un certo tipo, gli enti<br />
intramondani, per loro stessa natura, “rinviano ad altro da<br />
sé 81 ”.<br />
80 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma-Bari 2002, op. cit., p. 26.<br />
81 Ibidem<br />
91
La caratteristica del segno riguarda principalmente il suo<br />
82<br />
“costitutivo essere-in-rapporto ” […] “che si presenta in<br />
primo piano, nell’identità di utilizzabilità e<br />
rimandatività 83 ”.<br />
Il segno rivela così un duplice volto: come mezzo-per e<br />
come rimando, capace di far emergere l’essenza nascosta di<br />
ogni ente intramondano, che non è semplicemente cosa o<br />
“ousìa” nel senso della semplice presenza, ma traccia di<br />
percorsi ulteriori.<br />
Heidegger si propone di comprendere più a fondo il<br />
fenomeno del segno, con un’indagine ovviamente<br />
complicata dalla molteplicità dei segni possibili:<br />
Heidegger poi precisa che con il termine segno “si<br />
intendono molte cose: non solo le diverse specie di<br />
segni, ma anche l’esser segno di…che può esser<br />
formalizzato in un genere universale di relazione,<br />
82 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 26.<br />
83 Ibidem<br />
92
sicché la struttura stessa del segno può offrire il filo<br />
conduttore ontologico per una <br />
84<br />
dell’ente in generale ”.<br />
In Essere e tempo il segno è definito in primo luogo come<br />
un “mezzo in cui si possono rintracciare in<br />
85<br />
vari sensi.<br />
Nel contesto di Essere e tempo, Heidegger distingue il<br />
segno come rimando dai “segni di riconoscimento”, mentre<br />
i rimandi identificano l’utilizzabilità dell’ente da un punto<br />
di vista ontologico, e sono infatti le peculiari<br />
determinazione dei utilizzabili vari<br />
intramondani .<br />
“Fra i segni” – scrive Heidegger – “ci sono i<br />
sintomi, i presagi, le tracce, le insegne, i segni di<br />
riconoscimento in cui la maniera di indicare è<br />
86<br />
sempre diversa ”.<br />
84 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1970, op. cit., p. 104.<br />
85 Ibidem<br />
86 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 105.<br />
93
Ma il rimandare è qualcosa di differente dall’indicare,<br />
perché quest’ultimo termine non individua “la struttura<br />
87<br />
ontologica del segno in quanto mezzo ”, che è essenziale al<br />
fine di un superamento dell’ente come semplice presenza, e<br />
in vista di un approfondimento ontologico implicito<br />
nell’analitica esistenziale dell’esser-ci.<br />
Ma esistono molti altri segni che possono essere<br />
“facilmente formalizzati”a causa del loro carattere<br />
“relazionale-formale”.<br />
“Noi siamo oggi particolarmente inclini,” –spiega<br />
Heidegger – “sulla scorta dello schema della<br />
, a sottoporre ogni ente a<br />
un’, che è sempre <br />
perché, in realtà, vuota, come avviene anche per lo<br />
88<br />
schema abusato di forma e contenuto ”.<br />
87 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 105<br />
88 Ibidem<br />
94
Heidegger tiene a distinguere i segni che rinviano ad altro<br />
da sé, cioè i rimandi, dai segni d’indicazione, “la traccia,<br />
le vestigia, il monumento, il documento, la testimonianza,<br />
89<br />
il simbolo, l’espressione, l’apparizione, il significato ”, e<br />
dopo avere precisato che “il segno è sempre la cosa<br />
significata 90 ”, afferma “Il segno è un utilizzabile ontico<br />
che, in quanto è questo determinato mezzo, funge nel<br />
contempo da qualcosa che rende manifesta la struttura<br />
ontologica dell’utilizzabilità, della totalità dei rimandi e<br />
91<br />
della mondità ”.<br />
Da parte sua C. Esposito chiarisce che il rimando è “il<br />
fondamento ontologico del segno, ma non è un segno esso<br />
stesso 92 ”.<br />
Importante è che, secondo Heidegger, è ilSein del Da-sein,<br />
cioè l’essere dell’esserci, a dare un senso all’ente,<br />
89 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 105<br />
90 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 110<br />
91 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 111<br />
92 cfr. C. Esposito, L’analitica dell’esistenza, cit., p. 133 .<br />
95
facendone un utilizzabile, il “ciò-in-vista-di-cui” Worum(<br />
willen) si realizzano le possibilità insite nel progetto<br />
esistenziale dell’uomo.<br />
Il significato del rimando allora consiste in ciò: “che<br />
l’essere dell’utilizzabile abbia la struttura del rimando<br />
significa che esso ha in se stesso il carattere dell’essere-<br />
rimandato 93 ”. Quel che caratterizza l’essere<br />
dell’utilizzabile è la sua “appagatività” Bewandtnis). (<br />
Ma<br />
essa non può essere risolta in sé stessa, dal momento che in<br />
ultima istanza “sfocia” nell’orizzonte ontologico<br />
dell’esser-ci, che Heidegger definisce significativamente<br />
l’ Wozu) ( dell’utilità.<br />
93 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., pp. 112-13<br />
96
6 - Sein und Zeit <br />
e la prassi dell’interpretazione<br />
Attraverso le tematiche sopra delineate ecco che Heidegger<br />
avvia una rilettura in chiave ermeneutica dell’essere, che<br />
pone in primo piano l’esistenza, la temporalità e il<br />
linguaggio, superando la tradizionale riflessione metafisi<br />
sull’essere legata alla sostanza e alla semplice presenza.<br />
Per Heidegger ontico ed ontologico non rappresentano due<br />
momenti che si escludono a vicenda, quanto espressioni<br />
della complessità e della polisemia strutturale della realtà<br />
Quel che sta a cuore del filosofo diSein und Zeit è il senso<br />
della domanda sul “che cos’è dell’essere?”, la quale impone<br />
una risposta adeguata in vista del superamento di una<br />
tradizione pur gloriosa e certamente venerabile come quella<br />
metafisica, ma incapace di tematizzare adeguatamente il<br />
pensiero dell’essere.<br />
97
È chiaro però che Heidegger si muove in una direzione che<br />
può definirsi post-moderna, in quanto intende la propria<br />
riflessione solo come un avvio in un cammino che non può<br />
essere concluso con qualche definizione più o meno<br />
precisa.<br />
Andare oltre la metafisica dunque non significa<br />
semplicemente rimuoverla, ma attraverso il percorso<br />
originale dell’ analitica esistenziale dell’esser-ci, instaura<br />
una riflessione caratterizzata da un’attenzione non del tutto<br />
marginale per il linguaggio.<br />
Infatti la tematica linguistica è ampiamente e variamente<br />
presente anche nel primo Heidegger, tuttavia qui il<br />
linguaggio non era ancora il filo conduttore principale.<br />
Essere e tempo privilegiava la domanda sul primato<br />
ontologico dell’esistenza.<br />
Ma lo stesso linguaggio, se inteso come una delle possibili<br />
vie dischiuse nell’ambito dell’essere-nel-mondo, si mostra<br />
98
come indissolubilmente correlato alla dimensione<br />
ermeneutica, che fonde motivi di ordine linguistico ed<br />
esistenziale.<br />
Heidegger non ritrattò maiEssere e tempo, valorizzandone<br />
soprattutto il significato di un tentativo di meditare sul<br />
senso (Sinn) dell’essere in rapporto all’esistenza<br />
dell’uomo.<br />
E tuttavia, per ammissione del suo stesso autore, l’opera<br />
presenta indubbiamente un grave “difetto” teoretico,<br />
derivante dal fatto di non aver approfondito il problema del<br />
linguaggio in relazione all’essere, e quindi di aver<br />
concepito il linguaggio senza coglierne fino in fondo<br />
l’essenziale significato ontologico riconosciuto in seguito<br />
da Heidegger.<br />
In Essere e tempo la prospettiva linguistica emerge quindi<br />
in chiave ermeneutica, come a proposito dei rapporti tra<br />
99
segno e rimando, o nella circolarità di “comprensione” e<br />
“pre-comprensione”, mediante il quale inavvertitamente<br />
l’ente “ci raggiunge”.<br />
La pre-comprensione rappresenta in effetti il presupposto<br />
ontologico della “significatività” dell’ente intramondano<br />
“grazie al fatto che l’esserci stesso esiste come il<br />
94<br />
”.<br />
Anche se in Essere e tempo gli spunti esistenziali dominano<br />
su quelli linguistico-dialettici, il linguaggio è comunque<br />
un’importante fonte d’ispirazione, dettando in qualche<br />
modo sin d’ora molte delle linee-guida che Heidegger<br />
svilupperà nel corso del suo percorso di pensiero.<br />
Affrontare la problematica relativa al senso dell’essere<br />
implica il rivolgersi alla connessione tra l’esser-ci (Da-<br />
sein) o l’essere-nel-mondo (In-der-Welt-sein) e alcuni<br />
esistenziali che rinviano direttamente alla prassi<br />
94 cfr. C. Esposito, L’analitica dell’esistenza, in Aa. Vv., Guida a Heidegger, a c. di F. Volpi, Laterza,<br />
Roma-Bari II edizione 2002, op. cit., p. 133.<br />
100
dell’interpretazione, come la chiacchiera, il discorso, la<br />
comprensione.<br />
Tali esistenziali di carattere ermeneutico specificano<br />
sempre le vie in cui si muove l’esser-ci relazionandosi con<br />
gli altri esser-ci e gli utilizzabili dei quali fa esperienza<br />
nell’ottica del prendersi-cura.<br />
Anche la stessa analisi degli esistenziali coinvolti nel Si<br />
impersonale, come la curiosità e l’opinione pubblica, rivela<br />
un sorprendente indirizzo ermeneutico che dev’essere preso<br />
in seria considerazione, dal momento che prepara da vicino<br />
il complesso itinerario della Kehre (“la svolta”) o<br />
addirittura ne fa già parte, se non ufficialmente almeno sul<br />
piano dello sviluppo delle idee, in vista di quel cammino<br />
verso il linguaggio che prende avvio già Essere in e tempo .<br />
L’analisi del linguaggio prende le mosse dalla riflessione<br />
sulla chiacchiera, modalità linguistica propria del dominio<br />
della quotidianità, che in quanto tale caratterizza il<br />
101
discorso ermeneutico diEssere e tempo, alla luce di una<br />
trattazione rigorosa e niente affatto banale o scontata.<br />
Per Heidegger, la chiacchiera “non ha alcun significato<br />
. Il termine si limita a indicare “un<br />
fenomeno positivo che costituisce il modo di essere della<br />
comprensione e dell’interpretazione dell’Esserci<br />
quotidiano 96 ”.<br />
L’importanza della chiacchiera in prospettiva ermeneutica<br />
risiede nel rapporto privilegiato con il linguaggio e con il<br />
discorso, uno degli esistenziali più complessi, e a cui<br />
Heidegger assegna la funzione concomitante del<br />
comprendere Verstehen) (<br />
e dell’interpretare (Auslegen).<br />
“Per lo più il discorso si esprime, e si è già<br />
sempre espresso, in parole. È linguaggio. Ciò che è<br />
95 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 211.<br />
102
espresso presuppone sempre la comprensione e<br />
l’interpretazione 97 ”.<br />
La dimensione linguistica, connessa alle facoltà espressive<br />
dell’uomo ma anche al suo essere-nel-mondo, è essa stessa<br />
portatrice di un codice ermeneutico di cui pure è oggetto.<br />
Il discorso quotidiano contiene in sé non solo i presupposti<br />
della sua interpretazione, ma di ogni interpretazione in<br />
generale, la quale in primo luogo ha a che fare con l’esser-<br />
ci e il prendersi-cura Besorgen). (<br />
Il discorso presenta una familiarità con gli utilizzabili di<br />
cui l’esser-ci fa uso. Per Heidegger il discorso quotidiano è<br />
l’elemento cardine di una dimensione dialettica che si pone<br />
sia dentro sia fuori dal linguaggio, verso quella<br />
comprensione autointerrogante dell’esser-ci al quale il<br />
fenomeno linguistico si lega a doppia mandata.<br />
97 cfr. M. Heidegger, Essere e tempo, op. cit., p. 211-212.<br />
103
Il discorso è linguaggio vivo, articolato e “manifesto”; in<br />
esso emergono degli aspetti utili alla comprensione<br />
dell’esser-ci:<br />
“Il linguaggio, in quanto espressione, porta con sé<br />
un’interpretazione stabilita della comprensione<br />
dell’Esserci. Questa situazione interpretativa non è<br />
semplicemente-presente, come non lo è il linguaggio; il<br />
suo essere è conforme all’Esserci. L’Esserci, innanzi<br />
tutto ed entro certi limiti, è completamente rimesso a<br />
questa interpretazione stabilita, che regola e ripartisc<br />
le possibilità della comprensione media e della relatva<br />
98<br />
situazione emotiva ”.<br />
Heidegger considera quindi il linguaggio come chiave di<br />
lettura per l’interpretazione dell’esistenza dell’uomo, non<br />
come semplice strumento di conversazione.<br />
98 cfr. Martin Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Longanesi, Milano, 1970, op. cit., p. 212.<br />
104
Per Heidegger l’essere del linguaggio, oltre a contemplare<br />
una certa prassi dell’interpretazione e della comprensione,<br />
presenta una conformità di fondo con l’Esser-ci, di cui<br />
costituisce l’interessata e partecipe manifestazione.<br />
105
III. <strong>ESSERE</strong> E <strong>L<strong>IN</strong>GUAGGIO</strong><br />
NEL “SECONDO” <strong>HEIDEGGER</strong><br />
1 - I presupposti della “Svolta”<br />
Nell’analisi del problema del linguaggio Heidegger rinvia<br />
ad una sostanziale revisione del tradizionale modello di<br />
conoscenza. Come osserva giustamente Vattimo, per il<br />
filosofo di Messkirch “la conoscenza non è il rapporto di<br />
un soggetto con un oggetto esterno a lui, ma invece<br />
l’articolazione di cui l’esserci dispone già sempre, e nella<br />
99<br />
quale è già sempre in rapporto col mondo ”.<br />
Per questa via, oltre ad abbattere il confine tra soggetto ed<br />
oggetto, la particolare ermeneutica heideggeriana non<br />
separa artificiosamente un tipo di sapere presunto vero da<br />
uno falso, né considera una modalità linguistica come il<br />
discorso capace di arrivare alle cose superiore alla<br />
chiacchiera quotidiana, uno dei principali esempi di<br />
99 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 40.<br />
106
fenomeno deiettivo tipico dell’esistenza (Dasein)<br />
inautentica.<br />
Discorso e chiacchiera sono coinvolti allo stesso modo<br />
nelle dinamiche della comprensione: anche la sfera della<br />
deiezione si costituisce su precise basi ermeneutiche,<br />
rientra in un progetto onnicomprensivo che ingloba<br />
l’essere-nel-mondo e l’esser-ci.<br />
A proposito del circolo ermeneutico tra precomprensione,<br />
comprensione e interpretazione, per Heidegger, in esso “ si<br />
nasconde una possibilità positiva del conoscere più<br />
originario, possibilità che è afferrata in modo genuino solo<br />
se l’interpretazione ha compreso che il suo compito primo,<br />
durevole ed ultimo è quello di non lasciarsi mai imporre<br />
pre-disponibilità, pre-veggenza e precognizione [sono i<br />
termini costitutivi della precomprensione] dal caso o dalle<br />
107
opinioni comuni, ma di farle emergere dalle cose stesse,<br />
100<br />
garantendosi così la scientificità del proprio ”. tema<br />
Per Heideggerpensiero dell’essere e pensiero linguistico<br />
coincidono soprattutto sul piano dell’ermeneutica, che<br />
rappresenta senz’altro “una delle parole-guida di tutto il<br />
suo pensiero 101 ”. L’interesse per la prassi<br />
dell’interpretazione risale a ben prima della Svolta, e “si<br />
ricollega all’origine teologica della speculazione<br />
heideggeriana 102 ”.<br />
Diversamente da come comunemente si ritiene, l’idea di<br />
una ermeneutica come illuminazione Lichtung), ( del valore<br />
linguistico dell’essere del valore ontologico del<br />
linguaggio, è in qualche maniera già presente in Essere e<br />
tempo, in una prospettiva che anticipa Svolta. la<br />
100 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, Laterza, Roma-Bari 2002, op. cit., p. 41.<br />
101 cfr. G. Vattimo, Introduzione a Heidegger, op. cit., p. 126.<br />
102 Ibidem<br />
108
Basti pensare alla tematica dell’essere-nel-mondo, alla<br />
funzione del linguaggio non come strumento di espressione<br />
o d’informazione, immediatamente riferibile ad una realtà<br />
oggettiva esterna all’esser-ci, linguaggio che per<br />
Heidegger non si limita a nominare le cose ma che<br />
addirittura assegna loro la propria significatività.<br />
Lo stesso Heidegger è consapevole della rilevanza che la<br />
tematica linguistica assume nella sua opera del 1927, come<br />
testimonia questo passo: “[…]Sein und Zeit (§ 34) contiene<br />
un rinvio alla dimensione essenziale del linguaggio,<br />
toccando questa semplice domanda: in quale modo<br />
dell’essere il linguaggio è di volta in volta in quanto<br />
linguaggio? 103 ”<br />
In altre parole, Heidegger perviene sin da subito ad<br />
individuare alcuni temi di carattere ermeneutico che<br />
saranno poi sviluppati all’epoca della Svolta, e che<br />
103 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’ [1947], in Segnavia, Adelphi, Milano 1987, p. 272.<br />
109
verteranno sempre più sul linguaggio come modalità di un<br />
incontro immediato e trasparente con la verità.<br />
2 - Arte come verità<br />
Com’è noto, alla fine degli anni Quaranta, Heidegger<br />
modificò l’impostazione generale del suo pensiero, sia<br />
attraverso la ripresa di temi già affrontati nelle opere<br />
precedenti, specialmente Essere in e tempo, che soprattutto<br />
introducendo nuovi argomenti, collegati al linguaggio e a<br />
quel complesso fenomeno linguistico –ma anche<br />
ontologico– che è l’arte.<br />
104<br />
In “Sentieri interrotti ” (1950) Heidegger elabora una sua<br />
estetica che comunque presenta chiare attinenze con<br />
l’ermeneutica dell’essere, espressione utilizzabile come<br />
sigla complessiva del percorso delineato nella Kehre, con<br />
opere che hanno segnato e trasformato il paesaggio<br />
filosofico della Contemporaneità.<br />
104 cfr. Martin Heidegger, Sentieri interrotti, trad. it. di P. Chiodi, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1998.<br />
110
Nell’essenziale scritto pubblicato nel 1950 il fenomeno<br />
artistico viene riscoperto come via d’accesso alla verità<br />
dell’essere e come chiave di volta in vista<br />
dell’interrogazione del suo misterioso significato.<br />
La riflessione estetica heideggeriana, ispirata ai temi<br />
dell’essere e del linguaggio, si potrebbe sintetizzare nella<br />
formula tutt’altro che banale arte come verità .<br />
Come scrive Leonardo Amoroso, “la verità come<br />
disvelamento non , a differenza della verità<br />
metafisicamente intesa, ma accade. Uno dei modi<br />
fondamentali in cui la verità come disvelamento accade<br />
105<br />
(geschieht) storicamente (geschtlich) è ”. l’arte<br />
La messa in opera della verità, che l’opera d’arte manifesta<br />
in maniera essenziale e costitutiva, realizza a sua volta<br />
l’apertura all’evento dell’essere.<br />
105 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg & Sellier, Torino 1993, op. cit., p. 30<br />
111
“[…]l’arte - spiega Amoroso - è per Heidegger<br />
quell’evento col quale la verità viene ”.<br />
In questo senso, Heidegger afferma la connessione tra<br />
l’opera d’arte e la verità – che è poi la verità dell’essere –<br />
nei termini di un rapporto di continuità.<br />
L’opera d’arte apre, a suo modo, l’essere dell’ente.<br />
Nell’opera ha luogo questa apertura, cioè lo<br />
svelamento, cioè la verità dell’ente. Nell’opera<br />
d’arte è posta in opera la verità dell’ente. L’arte è il<br />
107<br />
porsi in opera della verità .<br />
L’esperienza estetica è rivalutata in quanto veicolo della<br />
verità ontologica, la quale si dispiega diventando “evento”<br />
e quindi anche prendendo forma di opera d’arte.<br />
106 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 30.<br />
107 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, trad. it. di P. Chiodi, La Nuova Italia, Firenze 1998, op. cit., p.25<br />
112
La connessione arte-verità è molto importante per chiarire<br />
in che cosa consiste esattamente l’essenza dell’opera<br />
d’arte, e il suo determinante impatto col pensiero<br />
ontologico, quel pensiero che pensa l’essere come verità e<br />
la verità come essere. E l’opera d’arte si apre proprio a<br />
entrambi, sia all’essere che alla verità. Per Heidegger<br />
“l’opera d’arte “istituisce” , un collocandolo al<br />
contempo sulla ”.<br />
Heidegger individua una duplicità dell’opera d’arte, dovuta<br />
al suo carattere di esposizione e pro-duzione (Her-stellung;<br />
cfr. ancheherstellen, “porre-qui):<br />
“[…] l’opera, allo stesso modo che richiede una<br />
esposizione nel senso dell’erezione votante-<br />
celebrante (poiché l’esser opera dell’opera consiste<br />
nella esposizione di un mondo), implica anche<br />
necessariamente un porre-qui (herstellen), poiché<br />
108 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 30.<br />
113
l’esser-opera dell’opera ha nel contempo il carattere<br />
109<br />
del porre-qui .”<br />
L’opera d’arte, aprendo un mondo, ne autorizza il suo<br />
particolare manifestarsi, come evento di verità che si<br />
collega all’essere:<br />
“L’opera, in quanto opera, espone un Mondo.<br />
110<br />
L’opera mantiene aperta l’apertura del ”. Mondo<br />
Heidegger rifiuta l’identificazione tra arte ed evasione; per<br />
il filosofo tedesco l’arte non è fine a sé stessa, ma<br />
rappresenta una via privilegiata per raggiungere la verità.<br />
Il bello artistico, in quanto portatore di una forte istanza<br />
veritativa, non è affatto fonte di disimpegno, anzi, la sua<br />
funzione di “sorpresa” o “straniamento” (Befremdung)<br />
risulta estremamente rivelativa del mistero dell’essere e de<br />
motivi importantissimi che ad esso si accompagnano.<br />
109 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, op. cit., p. 31.<br />
110 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, op. cit., p. 30.<br />
114
Questa intuizione, che coglie un valore altissimo<br />
nell’esperienza estetica come modalità di accesso ad una<br />
verità di carattere ontologico, rappresenta uno degli aspetti<br />
più rilevanti della prospettiva heideggeriana.<br />
Le riflessioni ermeneutiche di Heidegger sul problema<br />
dell’arte si segnalano anche per un certo rigore scientifico<br />
nel momento in cui scorgono in qualsiasi opera d’arte, non<br />
solo poetica o letteraria, una struttura testuale che può<br />
essere interpretata nelle sue molteplici espressioni ed<br />
articolazioni.<br />
Un’altra caratteristica essenziale dell’opera d’arte è la sua<br />
segnicità, cioè il fatto di costituirsi come segno o realtà<br />
allegorico-simbolica capace di rinviare a qualcos’altro. Ciò<br />
pone in qualche maniera l’opera oltre sé stessa, in una<br />
dimensione comprendente la quale schiude una pluralità di<br />
sensi e significati. Un elemento, questo, che denota la<br />
ricchezza inesauribile di ogni opera d’arte.<br />
115
3 - L’essenza dell’opera d’arte<br />
Nella raccolta Sentieri interrotti , Heidegger approfondisce<br />
in senso ermeneutico la questione dell’essenza dell’opera<br />
d’arte, individuando le diverse dimensioni di senso<br />
attribuibili ad ogni produzione estetica.<br />
Infatti, in quanto tale, l’opera d’arte assume una duplicità<br />
di significati che in qualche modo dialettizzano tra di loro,<br />
e che vengono indicati da Heidegger mediante le eloquenti<br />
metafore della Terra e del Mondo.<br />
All’interno dell’opera d’arte viene riconosciuta una sorta<br />
lotta o conflitto tra una dimensione di senso verticale,<br />
sotterranea e profonda, ed una di superficie.<br />
La caratteristica saliente dell’opera è d’arte di essere “una<br />
Auf-stellung, una di un mondo storico e<br />
111<br />
una Her-stellung, una pro-duzione della ”. terra<br />
111 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 30.<br />
116
L’opera è definibile come esposizione di un mondo e come<br />
produzione della “terra” , termine simbolico che indica la<br />
dimensione profonda dell’opera d’arte, la quale custodisce<br />
nel sottosuolo quei tesori nascosti che sono l’oro, le gemme<br />
e le altre pietre preziose, e i metalli, e nello stesso tempo è<br />
il substrato su cui anche poggiano e vivono le varie specie.<br />
Per Heidegger la Terra è “ciò in cui l’opera si ritira e ciò<br />
che, in questo ritirarsi, essa lascia emergere […]”. “Essa è<br />
la emergente-custodente. La Terra è l’assidua-infaticabi<br />
non-costretta. Su di essa ed in essa l’uomo storico fonda il<br />
112<br />
suo abitare nel mondo.”<br />
L’opera d’arte è come la Terra, in quanto ricca di<br />
significati occulti che occorre attingere per cogliere il<br />
valore di veicolo di verità che essa avanza come suo tratto<br />
specifico.<br />
112 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, op. cit., p. 31.<br />
117
Il modo inautentico e fuorviante di interpretare l’opera<br />
d’arte è simboleggiato invece dalla metafora del Mondo,<br />
cioè il mondo dell’uomo ormai incapace di vedere al di là<br />
della superficie e che non riesce ad andare oltre gli aspetti<br />
visibili e subito accessibili dell’esperienza estetica,<br />
deprivandone la ricchezza e la fecondità di significati<br />
pressoché infiniti ed indisgiungibili da essa.<br />
Heidegger scorge nel Mondo “l’autoaprentesi apertura<br />
delle ampie vie delle opzioni semplici e decisive nel destin<br />
di un popolo storico 113 ”. Questo va inteso sempre in<br />
relazione all’opera d’arte, e allo stesso “storicizzarsi<br />
114<br />
dell’esser opera”.<br />
Ma la Terra, sfuggendo agli aspetti<br />
umani propri del Mondo, può essere definita al di fuori del<br />
contesto storico in cui si situa l’opera, come “la non<br />
113 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, op. cit., p. 33.<br />
114 Ibidem<br />
118
costretta apparizione del costantemente autochiudentesi,<br />
115<br />
cioè del coprente-custodente ”.<br />
Il contrapporsi di Terra e Mondo viene presentato da<br />
Heidegger nei termini di una lotta aperta, non “come<br />
contesa e rissa 116 ”, ma nel senso di una sorta di necessità<br />
reciproca.<br />
È, in sostanza, una lotta autenticamente connotata, in cui<br />
Mondo e Terra, lottando contro, giungono ad elevarsi in<br />
vista di un’autoaffermazione della loro peculiare essenza.<br />
L’opera d’arte è l’attizzatrice di questa lotta di Terra e<br />
Mondo, la quale, riguarda anche l’ente che volta in volta è<br />
messo in luce e l’essere di cui noi stessi siamo parte.<br />
“Nella misura in cui l’opera è l’esposizione di un<br />
mondo e il porre-qui la Terra essa […] è [...]<br />
117<br />
l’attizzatrice di questa .” lotta<br />
115 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, op. cit., p. 33.<br />
116 cfr. M. Heidegger, Sentieri interrotti, op. cit., p. 34.<br />
117 Ibidem<br />
119
La Luce e l’Oscurità proprie del disvelamento originario<br />
dell’essere sono poste in rapporto ai due concetti di Terra e<br />
Mondo, strettamente correlati alla duplice natura, verticale<br />
ed orizzontale, dell’opera d’arte.<br />
Sarebbe limitativo e fuorviante considerare la ricerca di<br />
Heidegger sull’essenza dell’opera d’arte, e della<br />
produzione artistica intesa come espressione di carattere<br />
ontologico-linguistico, solo in riferimento all’estetica<br />
In effetti, pur avendo indubbiamente offerto un contributo<br />
notevole in questo senso, Heidegger si è spinto ben oltre<br />
l’estetica, coinvolgendo diversi ambiti del sapere e<br />
segnalando di un comune, originalissimo, indirizzo di<br />
pensiero, diretto al superamento della metafisica e della<br />
filosofia classicamente intesa.<br />
120
4 - “Nichtung” e “Lichtung”:<br />
in cammino oltre la metafisica<br />
Nella “Lettera sull’umanismo” , pubblicata nel 1947 ed<br />
indirizzata al filosofo francese Jean Beaufret, Heidegger<br />
rifiuta di essere accostato all’umanismo, inteso come una<br />
forma di esistenzialismo antropocentrico. Tale rifiuto<br />
heideggeriano della prospettiva umanista si basa in parte su<br />
un’accentuazione dell’interesse per l’essere.<br />
Con il termine Svolta (Kehre) Heidegger indica non già un<br />
nuovo percorso di idee, ma il suo svolgersi in tutt’altra<br />
direzione.<br />
La differenza tra l’approccio Sein di und Zeite<br />
quello della<br />
Kehre è legato ad una nuova visione del problema della<br />
verità: “[…] se nei limiti dell’analitica esistenziale la<br />
nozione primaria di era indicata nell’apertura<br />
dell’esserci, adesso quest’apertura viene ricondotta,<br />
insieme alla manifestazione dell’ente, alla dimensione di<br />
121
un nel quale soltanto l’una e l’altra possono<br />
aver luogo<br />
118 […]”.<br />
Questa dimensione di apertura è la Lichtung, la quale viene<br />
riletta approfondendone comunque i risvolti ermeneutici.<br />
Heidegger riflette sul fatto che la stessa verità<br />
gnoseologica – cioè la verità della proposizione – ammette<br />
la verità comeLichtung, come apertura-dischiudente e come<br />
manifestazione illuminante: “se dev’essere possibile<br />
un’asserzione su qualcosa, occorre infatti che prima lo si<br />
, se ne faccia un’esperienza, e dunque che quel<br />
119<br />
qualcosa si manifesti per quello che .” è<br />
Ma il concetto di Lichtung non è legato soltanto alla<br />
Svolta: affonda le radici già in Sein und Zeit, in quel tema<br />
speculativo tipicamente heideggeriano che è l’essere-per-<br />
118 cfr. Leonardo Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg & Sellier, Torino 1993, op. cit., p.26<br />
119 Ibidem<br />
122
la-morte, in un certo senso “punto d’arrivo 120 ”<br />
dell’analitica esistenziale, che continuerà ad essere un<br />
fenomeno centrale anche dopo la Svolta, nella forma di un<br />
rapporto dinamico tra l’essere e il nulla.<br />
La Lichtung, la radura luminosa in cui la verità si<br />
manifesta a macchia di leopardo, è possibile a partire<br />
dall’idea dellapeculiare rivelatività del nulla, in quanto<br />
, .<br />
Il niente, inteso etimologicamente come non-ente, e quindi<br />
negazione dell’essere come semplice-presenza, è<br />
accessibile all’esser-ci tramite l’angoscia Sorge), ( la quale<br />
diversamente dalla paura non si applica a qualcosa di<br />
determinato, ma alla stessa esistenza (Dasein) e al<br />
fenomeno esistenziale del prendersi-cura Besorgen). (<br />
120 cfr. Leonardo Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 22.<br />
121 Ibidem<br />
123
È l’angoscia che schiude la possibilità radicale del niente<br />
all’esser-ci, e“ , in quanto ci lascia<br />
sospesi [lä t uns schweben] >> e, così, ” […].<br />
Lo spaesamento causato dall’angoscia originaria connessa<br />
all’essere, diventa per converso una sorta di<br />
manifestazione 123 .<br />
Per Heidegger il niente dell’angoscia(Nichtung)è<br />
l’humus<br />
che alimenta l’originaria apertura-illuminante Lichtung) (<br />
capace di gettare una luce crepuscolare di verità sull’ente,<br />
che naturalmente non ha niente a che fare con l’accecante<br />
bagliore della metafisica della luce, ma che risulta<br />
maggiormente determinante ai fini di una definizione della<br />
verità dell’essere, al di fuori dei tradizionali schemi<br />
metafisici correlati semplice alla presenza .<br />
122 cfr. Leonardo Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 23.<br />
123 Ibidem<br />
124
Esiste una certa contiguità tra la Nichtung, cioè la<br />
nientificazione intesa significativamente come essenza del<br />
niente, e la Lichtung, l’illuminazione lampeggiante da essa<br />
determinata.<br />
Occorre tuttavia specificare il ruolo svolto dalla<br />
nientificazione originaria che Heidegger denomina<br />
Nichtung, e che in quanto tale non si identifica affatto con<br />
dei concetti apparentemente affini, come l’“annientamento<br />
(Vernichtung) e la “negazione”<br />
125<br />
(Verneinung).<br />
La Nichtung rimanda direttamente alla Lichtung, nei suoi<br />
aspetti di apertura e diradamento che individuano il vero<br />
volto dell’ente – cioè l’essere – non più oggetto o cosa<br />
semplicemente-presente sottomano Vorhanden). (<br />
“Se il pensiero dimentica la Nichtung e la<br />
Lichtung,” – spiega Amoroso – “gli enti vengono<br />
necessariamente irrigiditi in oggetti […]. Solo
attraverso la Nichtung e la Lichtung viene aperto,<br />
124<br />
invece, un accesso all’essere […]”.<br />
L’interrogazione del senso dell’essere è resa possibile solo<br />
pensando fino in fondo la Nichtung e la Lichtung come<br />
modi diversi – e contrapposti – di una stessa apertura<br />
all’essere.<br />
La questione del senso dell’essere si collega<br />
all’individuazione dei limiti della metafisica, riassumibili<br />
nella mancata elaborazione della diversità tra i piani<br />
ontologico ed ontico:<br />
“[…] la metafisica rappresenta l’ente nel suo essere,<br />
e pensa così anche l’essere dell’ente. Ma essa non<br />
pensa l’essere come tale, non pensa la differenza tra<br />
125<br />
l’essere e l’ente”.<br />
124 cfr. Leonardo Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 23.<br />
125 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, in Segnavia, Adelphi Milano 1987, op. cit., p. 276.<br />
126
Da questo passo merge un dato interessante che smentisce<br />
la prospettiva di Sein und Zeit, in cui nell’esserci (Dasein)<br />
era ritenuto risiedere l’essenza dell’uomo, adesso concepit<br />
in relazione all’essere ma da esso distinta:<br />
“La metafisica non si interroga sulla verità<br />
dell’essere. Perciò, essa non si chiede neppure mai<br />
in che modo l’essenza dell’uomo appartenga alla<br />
126<br />
verità dell’essere ”.<br />
Andare oltre l’umanismo implica un analogo superamento<br />
della metafisica, considerate obsolete e del tutto inadegu<br />
alla ricerca del vero significato dell’essere:<br />
“L’essere attende ancora di divenire esso stesso<br />
127<br />
degno per l’uomo di essere pensato ”.<br />
126 cfr. Martin Heidegger, Lettera sull’, op. cit., p. 276.<br />
127 Ibidem<br />
127
Il carattere dell’essere si lega ora al diradante splendore<br />
della Lichtung da cui la dimensione ontologica emerge e<br />
prende forma .<br />
Il concetto dell’essere come impensato, che si collega alla<br />
Frage (domanda o interrogazione) sul senso dell’essere<br />
presupposta nell’analitica esistenziale e considerata<br />
praticamente inesauribile, è un problema essenziale per il<br />
“secondo” Heidegger, perché determina una certa idea di<br />
essere che non va disgiunta dal tema del linguaggio…<br />
5 - “Verso” il linguaggio<br />
L’ermeneutica del “secondo” Heidegger si sviluppa a<br />
partire dalla formula“il linguaggio è la casa dell’essere”,<br />
che costituisce lasumma e nello stesso tempo il manifesto<br />
programmatico della Kehre:<br />
“Il pensiero porta a compimento il riferimento<br />
(Bezug) dell’essere all’essenza dell’uomo. Non che<br />
128
esso produca o provochi questo riferimento. Il<br />
pensiero lo offre all’essere soltanto come ciò che gli è<br />
stato consegnato dall’essere. Questa offerta consiste<br />
nel fatto che nel pensiero l’essere viene al linguaggio.<br />
Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora<br />
128<br />
abita l’uomo[…]”.<br />
Definendo il linguaggio “casa dell’essere” Heidegger non<br />
vuole ricadere in un anacronistico schema metafisico, nel<br />
quale l’uomo non abbia possibilità di agire sul fenomeno<br />
linguistico: “invece, il linguaggio come casa dell’essere è<br />
129<br />
al contempo la in cui ”.<br />
La strutturazione linguistica dell’esistenza, ammessa in<br />
qualche modo già nelle pagine di “Sein und Zeit”, è ora<br />
sviluppata individuando nel linguaggio un elemento<br />
128 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, op. cit., p. 267.<br />
129 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 153.<br />
129
decisivo, in quanto privilegiata espressione della verità<br />
dell’essere.<br />
Ma l’attenzione rivolta da Heidegger al linguaggio come<br />
dimora dell’essere e quindi dell’uomo non deriva neanche<br />
da un atteggiamento umanistico, che Heidegger considera<br />
proprio della concezione metafisica, come affermato<br />
chiaramente nella Lettera “<br />
sull’umanismo ”.<br />
A partire da quest’opera, la dimensione linguistica viene<br />
fatta coincidere con la struttura della realtà, una realtà<br />
sottratta alle definizioni della dialettica e della metafisica<br />
ed interpretata in prospettiva ermeneutica.<br />
Alla luce della “Kehre”, l’esperienza linguistica va intesa<br />
in maniera molto diversa rispetto alla situazione Essere di e<br />
tempo. La stessa considerazione di un fenomeno<br />
esistenziale, ad esempio, come la nozione di dimensione<br />
pubblica, che corrisponde in qualche modo al concetto di Si<br />
impersonale dell’analitica, è adesso interpretata in linea<br />
130
con una nuova prospettiva di carattere ermeneutico e<br />
linguistico.<br />
Heidegger sottolinea come la dimensione pubblica abbia<br />
130<br />
ormai invaso del tutto gli spazi dell’esistenza privata .<br />
Questa tipologia di esistenza testimonia di un crescente<br />
asservimento alla dimensione pubblica, che si pone nel<br />
131<br />
segno di una “incondizionata oggettivazione di tutto”,<br />
che non risparmia neanche il linguaggio:<br />
[…] il linguaggio cade al servizio della funzione<br />
mediatrice delle vie di comunicazione per le quali<br />
l’oggettivazione, come uniforme accessibilità di tu<br />
a tutti, si estende in spregio a ogni limite. Così il<br />
linguaggio cade sotto la dittatura della dimensione<br />
pubblica 132 .”<br />
130 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, op. cit., p. 271<br />
131 Ibidem<br />
132 Ibidem<br />
131
La nozione di dimensione pubblica presuppone l’analisi del<br />
Si impersonale svolta in Essere e tempo, le quali, per<br />
ammissione dello stesso Heidegger, non rappresentavano u<br />
“occasionale contributo alla sociologia 133 ”, ma<br />
contenevano in realtà un implicito “rinvio all’iniziale<br />
134<br />
appartenenza della parola all’essere ”.<br />
Ma la connessione tra parola ed essere, sia pure<br />
individuata, non costituiva ancora il fondamento della<br />
riflessione heideggeriana. Giustamente il filosofo di “Sein<br />
und Zeit” parla di un “rinvio all’iniziale appartenenza<br />
all’essere 135 ”, che potrebbe essere interpretato, in fondo,<br />
come l’annuncio di un pensiero diverso e di una diversa<br />
prospettiva ermeneutica. In questo senso, il ruolo di dimora<br />
dell’essere assegnato al linguaggio non è più legato<br />
133 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, op. cit., p. 272.<br />
134 Ibidem<br />
135 Ibidem<br />
132
soltanto alle modalità dell’esistenza, ma assume una<br />
dimensione ben più ampia, universale.<br />
Il “secondo” Heidegger considera il linguaggio una realtà<br />
enigmatica, ineffabile, che nel suo gioco di ombre e luci fa<br />
intravedere l’apertura-illuminante Lichtung, della cioè la<br />
sfuggente verità dell’essere.<br />
Tuttavia sarebbe ingenuo scorgere in questa concezione del<br />
linguaggio come mistero una qualche concessione alla<br />
metafisica tradizionale o alla prospettiva idealistico-<br />
romantica. Per Heidegger, infatti, il linguaggio non rinvia<br />
all’Assoluto, ma è mistero in virtù della sua enigmatica<br />
profondità.<br />
Il linguaggio non “è”, ma, in linea con la nozione di evento<br />
(Ereignis), “accade”, nel mondo e intorno a noi.<br />
133
Il linguaggio è quindi un mistero vivo, concreto, che<br />
incontriamo giorno per giorno, e di cui ci serviamo nella<br />
nostra esperienza:<br />
“Secondo una tradizione antica, noi, proprio noi,<br />
siamo gli esseri che sono in grado di parlare e che<br />
perciò già possiedono il linguaggio. Né la facoltà di<br />
parlare è nell’uomo solo una capacità che si ponga<br />
accanto alle altre, sullo stesso piano delle altre. È la<br />
facoltà di parlare che fa l’uomo uomo. Questo tratto<br />
136<br />
è il profilo stesso del suo essere”.<br />
E, sottolinea Heidegger:<br />
“Si dice che l’uomo è per natura parlante, e vale per<br />
acquisito che l’uomo, a differenza della pianta e<br />
dell’animale, è l’essere vivente capace di parola.<br />
Dicendo questo, non s’intende affermare soltanto ch<br />
l’uomo possiede, accanto alle altre capacità, anche<br />
quella del parlare. S’intende dire che proprio il<br />
136 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, trad. it. di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti,<br />
Mursia, Milano 1973, op. cit, p. 189<br />
134
linguaggio fa dell’uomo quell’essere vivente che egli<br />
è in quanto uomo. L’uomo è uomo in quanto<br />
parla 137 ”.<br />
Il linguaggio è generalmente considerato uno strumento di<br />
espressione, e la sua importanza è quindi da collegare alla<br />
138<br />
scontata affermazione: l’uomo parla.<br />
Ma, in realtà, per Heidegger non è l’uomo a fare uso del<br />
linguaggio, ma è piuttosto il linguaggio usare ad l’uomo:<br />
“Il linguaggio non è qualcosa di posseduto<br />
dall’uomo,” – afferma P. Chiodi – “poiché, al<br />
contrario, è l’essere – come parola – che pretende e<br />
possiede l’uomo: il linguaggio è linguaggio<br />
dell’essere 139 ”.<br />
La dimensione linguistica è irriducibile alle consuete<br />
categorie della logica o della grammatica, come a qualsiasi<br />
137 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit., p. 27.<br />
138 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit., p. 189<br />
139 cfr. P. Chiodi, “Presentazione”, in M. Heidegger, Sentieri interrotti, op cit., p. 5<br />
135
definizione volta a suggerire “un’idea di ciò che è il<br />
140<br />
linguaggio in universale ”.<br />
Heidegger insiste sulla necessità di superare il punto di<br />
vista della Filosofia del Linguaggio, perché non consider<br />
idonea ad effettuare l’interrogazione originaria dell’e<br />
del fenomeno linguistico in rapporto all’Essere:<br />
“Quando […] la verità dell’essere è divenuta per il<br />
pensiero degna di essere pensata, anche la<br />
meditazione sull’essenza del linguaggio deve<br />
raggiungere un altro livello. Non può più essere<br />
141<br />
mera filosofia del linguaggio .”<br />
Per Heidegger occorre rispettare l’aspetto di ineffabilità<br />
della prospettiva linguistica, concetto irriducibile<br />
all’indefinibilità. Infatti il linguaggio è ineffabile, nel<br />
140 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit, p. 27<br />
141 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, op. cit., p. 272.<br />
136
senso che presenta un certo alone di mistero, ma non è<br />
indefinibile.<br />
Del linguaggio si può fornire una definizione, se per<br />
definizione intendiamo l’interrogazione di un termine al<br />
fine di appropriarci del suo significato. Però tale<br />
definizione del linguaggio è, in qualche modo, una<br />
impossibile possibilità , su cui comunque è indispensabile<br />
scommettere a tutti i costi, se si vuole comprendere fino in<br />
fondo l’essere e la sua verità.<br />
Heidegger determina il significato del linguaggio<br />
ricorrendo ad unastridente tautologia, ma che, adottando il<br />
suo peculiare punto di vista, cessa di essere tale,<br />
diventando più eloquente di qualsiasi altra definizione:<br />
“Il linguaggio è il linguaggio. Il linguaggio<br />
parla. Se ci lasciamo cadere nell’abisso evocato da<br />
questa affermazione, non precipitiamo nel vuoto.<br />
Cadiamo in un’altezza, la cui altitudine apre una<br />
137
profondità. L’una e l’altra costituiscono lo spazio e la<br />
sostanza di un luogo nel quale vorremmo farci di casa<br />
142<br />
per trovare una dimora per l’essenza dell’uomo ”.<br />
Del linguaggio possiamo dire soltanto che è linguaggio:<br />
questa tautologia , “che sarebbe immediatamente rifiutata<br />
dalla logica metafisica abituata a definire le cose mediante<br />
il rinvio alle loro cause vuole significare che non si può<br />
rifare ad altro per definire il linguaggio, perché ogni<br />
catena causale, ogni rinvio alle origini è possibile solo<br />
entro un ambito linguistico, usando un linguaggio piuttosto<br />
che un altro, per cui il linguaggio è il luogo (Ort) che<br />
ospita ogni possibile discorso, ogni indagine causale o<br />
no 143 ”.<br />
Il compito dell’uomo è di ascoltare la voce del linguaggio,<br />
non come qualcosa di fine a sé stesso, ma come voce<br />
dell’essere che nel linguaggio si manifesta:<br />
142 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, trad. it. di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti,<br />
Mursia, Milano 1973, p. 27<br />
143 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, Mursia, Milano 1997, p. 230<br />
138
“Riflettere sul linguaggio significa pervenire al<br />
parlare del linguaggio in modo che questo parlare<br />
avvenga come ciò in cui all’essere dei mortali è dato<br />
144<br />
ritrovare la propria dimora ”.<br />
La riflessione sul linguaggio è considerata da Heidegger la<br />
necessaria via per conseguire un rapporto autentico con la<br />
Lichtung, la “radura luminosa” della verità come non-<br />
nascondimento (a-lètheia), che è poi la stessa verità<br />
dell’essere emancipata dalla metafisica, e restituita al suo<br />
carattere di Evento ontologico Ereignis). (<br />
Dal punto di vista heideggeriano, il linguaggio dev’essere<br />
valorizzato al di là della sua rilevanza di mezzo espressivo.<br />
Ridurre il linguaggio a espressione implica un inautentico<br />
ridimensionamento del suo ruolo, come anche delle sue<br />
connessioni con il pensiero dell’essere e l’evento della<br />
verità che la linguisticità porta con sé.<br />
144 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit., p. 27<br />
139
In Unterwegs zur Sprache emerge una concezione che<br />
considera il linguaggio come una forza attiva e non come<br />
oggetto passivo dell’iniziativa umana, come voce che parla<br />
e non come tacito ascoltatore di parole altrui. Il linguaggio<br />
è “ciò che sta alle origini e da cui tutto si origina 145 ”.<br />
Il carattere originario del linguaggio è legato anche alla<br />
sua capacità di dar vita a sempre nuove articolazioni di<br />
parole.<br />
Ma il linguaggio non è solo o prevalentemente espressione,<br />
ma significa molto di più. È una dimensione di senso<br />
verticale, che abbraccia ed apre in rapporto alla verità una<br />
molteplicità di significati, manifestando l’abissale<br />
profondità dell’essere, cui è possibile accedere mediante le<br />
risorse infinite Dire del originario :<br />
“Questo dire (Sagen) originario, che dice<br />
evocando, chiamando presso di sé, da cui ogni<br />
145 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit., p. 231<br />
140
esplicito dire prende le mosse, e a cui ritorna come<br />
alla propria possibilità, Heidegger lo chiama<br />
Sage 146 ”.<br />
corrisponde al greco “epos”, da cui deriva il<br />
nome di quel genere letterario noto come “epica”; come<br />
l’epos dei Greci, Sage significa sia leggenda che canto. La<br />
saga è quel canto epico che narra le gesta di un popolo, e<br />
così facendo ne celebra i valori peculiari e ne preserva<br />
l’identità. Alla saga ogni popolo fa ritorno, per ritrovare le<br />
proprie origini.<br />
“In quanto dire originario, entro cui ogni discorso, ogni<br />
parola, ogni enunciazione esplicita diventa possibile,” –<br />
sottolinea Galimberti –“la saga, come ogni leggenda che<br />
parla delle origini e delle origini teogoniche,<br />
cosmogoniche o, più semplicemente, etniche o popolari,<br />
146 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit., p. 231.<br />
141
dischiude un mondo e le cose che, solo in quanto incluse in<br />
147<br />
quel mondo, sono significanti ”.<br />
Per Heidegger la “saga” o il Dire originario non operano<br />
mediante il significare (bedeuten), ma nelle modalità<br />
dell’indicare zeigen), ( del far apparire, e del mostrare.<br />
Il significato, invece, spetta alle parole, le quali rinviano<br />
alla saga come Dire originario.<br />
“Dalla Sage come linguaggio originario nasce<br />
ogni discorso esplicito, ogni Aus-sage che enuncia,<br />
dichiara in linea col discorso originario, ma senza<br />
risolverlo in sé, per cui ogni discorso (Aus-sage) sul<br />
linguaggio (Sage) è sempre un discorso dal<br />
148<br />
linguaggio (Aus-sage), nel linguaggio ;[…]”.<br />
Il Dire originario rappresenta un concetto importante<br />
proprio per la sua funzione di evento che apre ogni<br />
147 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit., p. 231.<br />
148 Ibidem<br />
142
discorso, e rende possibile all’infinito l’esperienza del<br />
linguaggio come avviamento alla verità dell’essere.<br />
La Sage è il canto epico dell’essere, a cui occorre dare<br />
ascolto per comprendere la verità nella sua essenza.<br />
Per Heidegger questa comprensione spetta in primo luogo<br />
alle due figure affini del poeta e del pensatore.<br />
A poeti e pensatori Heidegger affida il ruolo di custodi<br />
della “casa dell’essere” , il Linguaggio:<br />
“Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora<br />
abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di<br />
questa dimora. Il loro vegliare è il portare a<br />
compimento la manifestatività dell’essere: essi,<br />
infatti, mediante il loro dire, la conducono al<br />
linguaggio e nel linguaggio la custodiscono. Il<br />
pensiero non si fa azione perché da esso scaturisca un<br />
effetto o una applicazione. Il pensiero agisce in<br />
143
quanto pensa. Questo agire è probabilmente il più<br />
semplice e nello stesso tempo il più alto, perché<br />
149<br />
riguarda il riferimento dell’essere . all’uomo<br />
I poeti e i pensatori, con la sola forza della parola,<br />
incidono sulla verità dell’essere, e la conducono a<br />
compimento. Il linguaggio poetico non va pensato<br />
separatamente dal pensiero, ma poetare e pensare rinviano<br />
alla stessa realtà linguistica, sono forme diverse del Dire<br />
originario che, nella molteplicità dei sensi e dei significati,<br />
custodisce la verità dell’essere.<br />
Solo un pensiero che parla con la voce del linguaggio è<br />
capace di andare verso le cose:<br />
“Affinchè le cose possano essere riproposte per<br />
quello che sono e non per quello che valgono,<br />
affinchè possano essere sottratte al loro essere<br />
oggetto di rappresentazione o risultato di<br />
149 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, in Segnavia, Adelphi, Milano 1987, pp. 267-268.<br />
144
produzione è necessario un pensiero capace di<br />
arrischiare nell’aperto dis-chiuso del pensiero che<br />
pensa 150 ”.<br />
Questo pensiero che pensa è certamente libero dai<br />
condizionamenti della semplice-presenza, e vede i vari enti<br />
intramondani come orizzonti da attraversare e non come<br />
muti enti incapaci di dire e di farsi reclamare dall’essere.<br />
Al pensiero che pensarinvia<br />
il Dire originario, cioè quel<br />
“dire che non è mero calcolare e numerare, e che, dicendo,<br />
pone la cosa in relazioni che, oltrepassando nel recinto<br />
delimitato del calcolo, chiama in gioco i mortali e i divini,<br />
il cielo e la terra 151 ”.<br />
Il Dire originario è affare dei poeti, che non “cantano” per<br />
una ragione particolare, ma in nome del nulla. “Questo<br />
nulla non è il niente, ma ciò che dal pensiero che calcola è<br />
150 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, Mursia, Milano 1997, op. cit., p. 229<br />
151 Ibidem<br />
145
taciuto. (H. – Hw, 293), dicono<br />
quella totale assenza di protezione che l’uomo tenta invano<br />
di mascherare col calcolo e col progetto, con la previsione<br />
e con l’anticipazione, quando non osa sporgere nell’aperto<br />
152<br />
e arrischiare sensi imprevisti ”.<br />
Compito fondamentale dei poeti è di purificare la parola<br />
emancipandola dalle reti della grammatica. Heidegger<br />
denuncia la “decadenza” o la “devastazione del linguaggio ,<br />
153<br />
che rapidamente si estende ovunque”.<br />
Tale devastazione<br />
“non consuma solo la responsabilità estetica e morale che<br />
si ha in ogni uso del linguaggio 154 ”, ma rischia di<br />
travolgere la stessa essenza dell’uomo.<br />
Facendo sue le parole di Hölderlin, Heidegger afferma che<br />
155<br />
“il linguaggio è il più pericoloso dei beni ”.<br />
152 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit., p. 229<br />
153 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’ , op. cit., p. 271<br />
154 Ibidem<br />
155 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 156<br />
146
Heidegger spiega quest’affermazione sostenendo che il<br />
linguaggio è esposto alla “minaccia dell’essenza<br />
dell’uomo 156 ”, “minaccia” legata al non riconosciuto - ma<br />
non per questo meno pericoloso - dominio della semplice<br />
presenza sull’essere.<br />
L’essere, si manifesta nel linguaggio ma nello stesso tempo<br />
occulta la possibilità del suo manifestarsi diventando<br />
evento della verità:<br />
“Aprendo la storia, il linguaggio è esso stesso<br />
evento: il suo è un storico<br />
157<br />
che coinvolge al contempo l’essere dell’uomo ”.<br />
Per Heidegger, nell’odierno, avanzato stadio decadenza di<br />
158<br />
del linguaggio,<br />
è necessario allontanarsi dalla metafisica<br />
pensata a partire dal soggetto, e quindi acquisire quella<br />
156 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’ , op. cit., p. 271.<br />
157 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 156.<br />
158 cfr. M. Heidegger, Lettera sull’, op. cit., p. 272<br />
147
disposizione al silenzio e all’ascolto così essenziale per<br />
giungere non già a dire qualcosa sull’esperienza<br />
linguistica, ma ad avviarci sulla via di tale esperienza:<br />
Cammino verso il linguaggio – l’espressione suona<br />
come se il linguaggio fosse lontano da noi, in un<br />
qualche luogo, per raggiungere il quale noi<br />
159<br />
dovremmo metterci in cammino .<br />
L’espressione “in cammino verso il linguaggio” Unterwegs (<br />
zur Sprache) ha dunque il significato di un percorso<br />
tutt’altro che lineare per accedere alle risorse linguistiche,<br />
tradizionalmente considerate patrimonio di tutti, e<br />
connaturate in qualche modo alla nostra specificità di<br />
esseri umani. In realtà il linguaggio non è considerato da<br />
Heidegger un possesso saldo, che acquisiamo alla nascita, è<br />
qualcosa che non appartiene all’uomo, ma che l’uomo è<br />
chiamato ad ascoltare. Il linguaggio presuppone un rapport<br />
159 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, trad. it. di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti,,<br />
p. 189, Mursia, Milano 1973.<br />
148
di ascolto e risposta, la sua è una struttura aperta basata sul<br />
dialogo (Gespräch), termine che nel contesto heideggeriano<br />
assume un significato molto peculiare. Il dialogo, infatti,<br />
non è un momento isolato dell’esperienza linguistica, ma la<br />
160<br />
modalità in cui il linguaggio accade autenticamente .<br />
Il dialogo non è soltanto una delle maniere in cui ha luogo<br />
il linguaggio, è la condizione che rende essenziale la<br />
dimensione linguistica.<br />
Heidegger critica l’idea del linguaggio come “un fondo<br />
[Bestand] di parole e di regole per la loro connessione 161 ”,<br />
perché questo rappresenta solo un aspetto esteriore che non<br />
rende ragione del carattere di dialogo della linguisticità,<br />
prospettiva ereditata dalla tradizione ermeneutica, ma che<br />
il filosofo approfondisce a contatto con l’opera del poeta<br />
romantico Friedrich Hölderlin (1770-1843).<br />
160 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg & Sellier, Torino 1993, op. cit., p. 156.<br />
161 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 157.<br />
149
Per Heidegger noi uomini non partecipiamo di un dialogo,<br />
ma “siamo un dialogo”:<br />
“Come già l’analitica esistenziale insegna, noi non<br />
solo siamo nel tempo e nella storia, ma, prima di<br />
162<br />
tutto, siamo noi stessi tempo e storia ”.<br />
L’aspetto linguistico dell’esistenza è sottolineato dal fatto<br />
che essa costituisce un dialogo, un raccogliersi in unità, a<br />
cui rinviano gli atti del parlare e dell’ascoltare. Proprio<br />
quel che Hölderlin indica scrivendo che“siamo un dialogo<br />
163<br />
e l’un dell’altro ascoltiamo .”<br />
La lezione di Hölderlin è sfruttata da Heidegger anche in<br />
vista della determinazione del senso principalmente<br />
linguistico dell’essere.<br />
Se la metafisica parla un linguaggio inadeguato a<br />
comprendere la verità dell’essere, la poesia viene assunta<br />
162 cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, op. cit., p. 206.<br />
163 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il lingaggio, op. cit., p. 210.<br />
150
come modello di una comunicazione autentica, che non si<br />
riduce a strumento d’informazione.<br />
La poesia è il linguaggio dell’essere, e come tale rinvia<br />
alla questione della verità.<br />
Nel linguaggio della poesia come anche nel linguaggio del<br />
pensiero si manifesta la disposizione a quel Dire originario<br />
(“Die Sagen”) che, si è visto, ha il potere di evocare o più<br />
esattamente di “aprire un mondo”:<br />
“La parola poetica, come l’opera d’arte, è un<br />
cominciamento assoluto,” afferma – Galimberti – “è<br />
l’aprirsi di un mondo, in cui qualcosa di<br />
164<br />
assolutamente nuovo viene all’essere […]”.<br />
Questa concezione dell’esperienza linguistica come<br />
apertura manifesta il vero volto del nostro rapporto con<br />
l’essere, a cui non possiamo accedere immergendoci in un<br />
mondo di cose ma diventando pensatori e poeti,<br />
164 Cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit, p. 227.<br />
151
percorrendo i sentieri di un impervio cammino verso il<br />
linguaggio.<br />
Il poetare non è un atto linguistico disgiunto dal pensare; il<br />
poeta pensa, perché ha familiarità con le parole e le cose<br />
intese nella loro concretezza di enti intramondani, la quale<br />
impedisce di concepirle come semplici-presenze.<br />
Heidegger sottolinea il valore di verità dell’arte in genere;<br />
questo valore è particolarmente presente nella poesia, il cui<br />
linguaggio è capace di aderire alla realtà e nello stesso<br />
tempo di realizzare l’apertura illuminante all’essere.<br />
La poesia rispecchia al meglio quella connessione tra<br />
essere e linguaggio che è il fondamento della prospettiva<br />
ermeneutica heideggeriana, oltre a rappresentare la<br />
negazione evidente dell’idea comune del linguaggio come<br />
strumento di espressione, informazione e comunicazione.<br />
152
“[..]il linguaggio poetico non è che rinvia<br />
a qualcosa che è già dato, ma è il luogo in cui<br />
165<br />
l’essere si dà, si eventua”.<br />
Il linguaggio rinvia così al concetto di Ereignis, o Evento,<br />
che è uno dei più complessi del pensiero heideggeriano.<br />
Il senso della Svolta heideggeriana prende avvio proprio da<br />
un ripensamento dell’idea di essere che ne mette in rilievo<br />
il carattere di evento Ereignis). (<br />
Il termine “Evento” illustra la specificità dell’essere non<br />
più letto in chiave esistenziale, e connesso invece in modo<br />
inseparabile alla questione del linguaggio. Infatti è nel<br />
linguaggio, e, nello specifico, nel Dire originario dei poeti<br />
e dei pensatori che si manifesta la voce dell’essere.<br />
L’Evento è una realtà del presente e del futuro, che segna<br />
l’avvento dell’essere. Come tale, l’Ereignis può<br />
manifestarsi in molte forme, tra cui anche nel Dire<br />
originario.<br />
165 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit., p. 227.<br />
153
Il rapporto tra evento e linguaggio è presentato da<br />
Heidegger in termini di vicinanza. Il linguaggio è la forma<br />
in cui la verità dell’essere viene a compimento, e si<br />
manifesta come Evento:<br />
“Dimora dell'Essere è il linguaggio, perché il<br />
linguaggio, come Dire originario, è il modo<br />
dell’Ereignis 166 ”.<br />
Questa correlazione tra evento e Dire originario come<br />
Dimora dell’Essere è ribadita con parole molto pregnanti e<br />
significative per comprendere la particolare ermeneutica<br />
heideggeriana, fondata sul rapporto essere-linguaggio e<br />
sviluppata con esiti molto originali:<br />
Il Dire originario è il modo in cui l’Ereignis parla:<br />
modo non tanto come maniera, quando piuttosto come<br />
, come il canto che dice cantando. Il Dire<br />
166 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit., p. 211.<br />
154
originario, nel suo appropriare, porta la cosa<br />
presente ad apparire secondo la realtà che le è<br />
propria, ne è la lauda che la innalza alla sua propria<br />
verità.<br />
Anche qui il canto, il linguaggio poetico, è invocato come<br />
modello di pensiero, che si contrappone al pensiero che<br />
167<br />
calcola, e calcolando fonda e assicura . Il nuovo pensiero<br />
dell’essere si identifica col Dire originario e l’idea del<br />
linguaggio come bene pericoloso e senza fondamento.<br />
Il percorso filosofico heideggeriano si chiude come era<br />
iniziato: con la domanda essenziale (Frage) sul senso<br />
dell’essere. Questa domanda rimane senza risposta, perché<br />
il Dire originario rinvia ad una interrogazione continua,<br />
inesauribile come le risorse del linguaggio e la verità<br />
dell’essere. Tuttavia è possibile rileggere tutta l’opera di<br />
Heidegger alla luce della prospettiva ermeneutica.<br />
Naturalmente Heidegger non è interessato all’ermeneutica,<br />
167 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, Mursia, Milano 1997, op. cit., p. 229.<br />
155
se intesa scolasticamente, come tecnica per interpretare<br />
testi o discorsi ragionevoli, secondo la tradizione<br />
medioevale e moderna di questa disciplina.<br />
Per Heidegger l’ermeneutica così intesa, mirando<br />
all’esplicitazione totale di significati oscuri, si rivela<br />
inadeguata ai fini di una comprensione reale, incapace<br />
com’è “di far incontrare qualcosa di nel senso<br />
di autentico, perché si limita a sistemare i vari <br />
168<br />
secondo i criteri scientifici della ragione .” fondante<br />
Heidegger propone una diversa idea di interpretazione,<br />
basata sull’esercizio ermeneutico, che sosta nei dintorni de<br />
linguaggio non per chiarirne o esplicitarne i termini, “ma<br />
per far venire in luce il non-detto che nella parola risuona<br />
e che ne costituisce la forza. Questa ermeneutica non<br />
169<br />
spiega la parola, l’ascolta .”<br />
168 cfr. U. Galimberti, Linguaggio e civiltà, op. cit., p. 233.<br />
169 Ibidem<br />
156
Heidegger tuttavia non rifiuta l’Ermeneutica, ma intende<br />
ricondurla in qualche modo alle origini; come infatti spiega<br />
in questo passo:<br />
.<br />
Sulla via che conduce al linguaggio c’è un luogo in cui,<br />
a un certo punto, ci si deve fermare e avviare una<br />
discussione, che può esseresul linguaggio soltanto finchè<br />
proviene dal linguaggio . Qualsiasi riflessione sull’essenza<br />
170 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit., pp. 104-105.<br />
157
del linguaggio, infatti, non può prescindere dal linguaggio<br />
che la esprime. Come più volte ribadito l’unica definizione<br />
possibile del linguaggio è “il linguaggio è il linguaggio”:<br />
“Dire due volte nient’altro che la stessa cosa:<br />
linguaggio è linguaggio, come è possibile che questo<br />
ci porti avanti? Ma noi non vogliamo andare avanti.<br />
Vorremmo soltanto ci fosse dato di giungere là dove<br />
già siamo<br />
171 ”.<br />
171 cfr. M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, op. cit., p. 28.<br />
158
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psicologismo. Contributo critico-positivo sulla , trad. logica<br />
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159
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Milano, 2003;<br />
Aa. Vv., Guida a Heidegger, a c. di F. Volpi, Laterza,<br />
Roma-Bari II edizione, 2002.<br />
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160
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1986.<br />
Gianni Vattimo, Introduzione ad Heidegger, Laterza,<br />
Roma-Bari, 2002.<br />
161
Indice<br />
I. LA RIFLESSIONE <strong>HEIDEGGER</strong>IANA<br />
F<strong>IN</strong>O A “<strong>ESSERE</strong> E TEMPO”.……………………………... 1<br />
1. Dall’essere al linguaggio ………………………………….... 1<br />
2. Il superamento del neokantismo ………………………… 5<br />
3. Fatticità e storicità della ….…………………………. vita<br />
7<br />
4. L’Analitica esistenziale …………………………………...… 16<br />
6. I pregiudizi ontologici …………………………………...…... 33<br />
II. ONTOLOGIA E DIMENSIONE L<strong>IN</strong>GUISTICA<br />
NEL “ PRIMO <strong>HEIDEGGER</strong>” …………………………….. 43<br />
1. Pre-comprensione e medietà ………………………………. 43<br />
2. Dal mondo alla mondità……………………………………... 51<br />
3. L’essere-nel-mondo …………………………………..……….. 69<br />
4. Realtà,“cura”, “deiezione”…………………………….... 73<br />
5. Segno e rimando…………………………………..…………….. 88<br />
6. “Sein und Zeit”<br />
e la prassi dell’interpretazione …………………………. 97<br />
III. <strong>ESSERE</strong> E <strong>L<strong>IN</strong>GUAGGIO</strong><br />
NEL “SECONDO” <strong>HEIDEGGER</strong> …….………………… 106<br />
1. I presupposti della Svolta …….……………………………. 106<br />
2. Arte come verità…….…………………………….…….……… 110<br />
3. L’essenza dell’opera …….…………………………. d’arte<br />
116<br />
4. “Nichtung” e “Lichtung”:<br />
in cammino oltre la metafisica …….………………………… 121<br />
5. “Verso” il linguaggio …….…………………………….…….. 128<br />
Bibliografia…….…………………………….…….…………….………... 159<br />
162