Origine ed evoluzione del genere Homo - ArcheoServer
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3.6 Australopithecus bahrelghazali 74 un abbozzo di metaconide, quindi un inizio di un processo di molarizzazione. Il canino di AL 333 X-3 è più simile a quello dell’uomo che non a quello dello scimpanzé. Gli aspetti più primitivi si incontrano nei resti provenienti dallo strato SH 1 (AL 199 e 200), con forma dell’arcata dentaria a U, presenza di diastema, dentatura anteriore molto robusta, canino sporgente e più simile a quello dello scimpanzé che non a quello dell’uomo. L’esame microscopico delle usure della superficie masticatoria ha mostrato che l’afarensis era sostanzialmente erbivoro e si cibava prevalentemente di frutta e di fogliame. Le caratteristiche ancora in parte primitive del piede sono state confermate dalla scoperta di un Ominide datato verso 3,3 Ma – quindi contemporaneo dell’afarensis – a Sterkfontein presso Krugersdorp nel Sud Africa, soprannominato Little Foot. Nel 1978 il prof. P. Tobias decise di iniziare l’esplorazione dei depositi più antichi, le unità 3 e 2 della formazione di Sterkfontein. Nel 1992 fu fatto saltare con la dinamite un ampio campione di breccia ricca di fossili di carnivori e di cercopiteci. Ron Clarke nel 1994 esaminando i fossili provenienti da questa breccia identificò alcune ossa del piede di un Ominide, con caratteristiche in parte pitecoidi in parte umane. Il nuovo Ominide fu etichettato StW 573. Tre anni dopo Clarke trovò altre ossa del piede e frammenti delle due tibie dello stesso individuo sempre tra i fossili recuperati negli anni precedenti. A questo punto Clarke pensò che il resto dello scheletro fosse ancora intrappolato nella breccia della grotta e fece ispezionare la superficie in esposizione per cercare se fosse visibile la sezione di una tibia di Ominide. Dopo due giorni furono individuate le sezioni di due tibie e di una fibula incassate nella breccia. Il lavoro di rimozione della breccia portò alla luce nel 1998 le due tibie, la fibula, due femori, e in seguito un omero, una mandibola e un cranio. Il proseguimento dei lavori nel 1999 ha portato alla luce le ossa di un avambraccio e della mano. Nella breccia del membro 2 di Sterkfontein vi è quindi lo scheletro completo di un Ominide con ogni probabilità simile all’afarensis, che attende di essere completamente recuperato. Per ora si conoscono le caratteristiche delle ossa del piede e della mano. Il piede aveva ancora delle capacità prensili ed era adatto ad arrampicarsi sugli alberi. Le falangi della mano hanno una curvatura simile a quella dell’afarensis. Nel cranio l’occipite presenta un inion pronunciato e appuntito. L’arco zigomatico è massiccio a differenza che nel successivo africanus. 3.6 Australopithecus bahrelghazali Recentemente M. Brunet ha scoperto presso Koro Toro nella regione di Bahr el Ghazal nel Ciad un frammento di mandibola di Australopithecus databile Origine ed evoluzione del genere Homo - Dispensa del corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Cattedra di Preistoria e Protostoria, Università degli Studi di Milano
3.7 Australopithecus africanus 75 sulla base del contesto bio-stratigrafico tra 3,5 e 3 Ma. Il frammento comprende la parte anteriore della mandibola con tutti i premolari, i canini e un incisivo, nonché gli alveoli degli altri tre incisivi. I canini sono grandi e di forma spatulata, i premolari sono bicuspidi, la faccia interna della regione della sinfisi ha un piano alveolare sub-verticale con due tori trasversali piccoli. Vi sono quindi affinità, ma anche differenze con l’afarensis. La scoperta dimostra che nel Pliocene medio-avanzato gli ominidi erano distribuiti attraverso la fascia dei terreni boscosi e della savana dall’Africa orientale fino all’Africa centro-occidentale, oltre che dall’Africa orientale fino al Sud Africa. 3.7 Australopithecus africanus Per l’arco di tempo tra 3 e 2,5 Ma la più importante documentazione di Ominidi fossili proviene dal Sudafrica, mentre quella dell’Africa orientale, così ampia e significativa per le epoche precedenti, è del tutto lacunosa e frammentaria tra 3 e 2,5 Ma. Negli strati della fine del Pliocene del Sudafrica sono stati scoperti numerosi resti di Ominidi, databili tra 3 e 2,4 Ma e attribuibili per la maggior parte a un’unica specie, l’Australopithecus africanus. Il nome fu introdotto da Raymond Dart, professore di anatomia all’università del Witwatersrand, che nel 1925 pubblicò il cranio fossile di un bambino rinvenuto l’anno prima a Taung. Le ricerche sugli Ominidi sudafricani furono riprese da un medico di origine scozzese, Robert Broom (1868-1951). Dopo aver esercitato la professione di medico in Australia, Broom si trasferì nel 1897 nel Sudafrica, dove per molti anni fece il medico condotto, ma nello stesso tempo coltivò anche gli studi di anatomia comparata e di paleontologia. La scoperta di Taung aveva stimolato il suo interesse per la paleoantropologia. Broom condivideva l’interpretazione che del fossile di Taung era stata data da R. Dart. Insegnò per cinque anni zoologia e geologia al Victoria College di Stellenbosch, costituendo importanti raccolte di fossili provenienti dai bacini del Karoo. Nel 1934, all’età di 66 anni, ritiratosi definitivamente dall’attività di medico, fu nominato conservatore paleontologo del Transvaal Museum di Pretoria. Allo scopo di ottenere nuovi fossili di Ominidi condusse ricerche nelle cave di calcare dei dintorni di Pretoria e in quelle nei pressi di Krugersdorp, una sessantina di km a ovest di Pretoria. In cima alla collina di Sterkfontein, a 10 km da Krugersdorp, vi erano alcune caverne con brecce ossifere ed in una di queste era attiva una cava di calcare. Due studenti di R. Dart, G.W.H. Schepers e H. le Riche vi recuperarono diversi resti fossili di babbuino e di Origine ed evoluzione del genere Homo - Dispensa del corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Cattedra di Preistoria e Protostoria, Università degli Studi di Milano
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3.6 Australopithecus bahrelghazali 74<br />
un abbozzo di metaconide, quindi un inizio di un processo di molarizzazione.<br />
Il canino di AL 333 X-3 è più simile a quello <strong>del</strong>l’uomo che non a quello <strong>del</strong>lo<br />
scimpanzé. Gli aspetti più primitivi si incontrano nei resti provenienti dallo<br />
strato SH 1 (AL 199 e 200), con forma <strong>del</strong>l’arcata dentaria a U, presenza di<br />
diastema, dentatura anteriore molto robusta, canino sporgente e più simile<br />
a quello <strong>del</strong>lo scimpanzé che non a quello <strong>del</strong>l’uomo. L’esame microscopico<br />
<strong>del</strong>le usure <strong>del</strong>la superficie masticatoria ha mostrato che l’afarensis era<br />
sostanzialmente erbivoro e si cibava prevalentemente di frutta e di fogliame.<br />
Le caratteristiche ancora in parte primitive <strong>del</strong> pi<strong>ed</strong>e sono state confermate<br />
dalla scoperta di un Ominide datato verso 3,3 Ma – quindi contemporaneo<br />
<strong>del</strong>l’afarensis – a Sterkfontein presso Krugersdorp nel Sud Africa,<br />
soprannominato Little Foot. Nel 1978 il prof. P. Tobias decise di iniziare<br />
l’esplorazione dei depositi più antichi, le unità 3 e 2 <strong>del</strong>la formazione di<br />
Sterkfontein. Nel 1992 fu fatto saltare con la dinamite un ampio campione<br />
di breccia ricca di fossili di carnivori e di cercopiteci. Ron Clarke nel 1994<br />
esaminando i fossili provenienti da questa breccia identificò alcune ossa <strong>del</strong><br />
pi<strong>ed</strong>e di un Ominide, con caratteristiche in parte pitecoidi in parte umane.<br />
Il nuovo Ominide fu etichettato StW 573. Tre anni dopo Clarke trovò altre<br />
ossa <strong>del</strong> pi<strong>ed</strong>e e frammenti <strong>del</strong>le due tibie <strong>del</strong>lo stesso individuo sempre tra<br />
i fossili recuperati negli anni prec<strong>ed</strong>enti. A questo punto Clarke pensò che il<br />
resto <strong>del</strong>lo scheletro fosse ancora intrappolato nella breccia <strong>del</strong>la grotta e fece<br />
ispezionare la superficie in esposizione per cercare se fosse visibile la sezione<br />
di una tibia di Ominide. Dopo due giorni furono individuate le sezioni di<br />
due tibie e di una fibula incassate nella breccia. Il lavoro di rimozione <strong>del</strong>la<br />
breccia portò alla luce nel 1998 le due tibie, la fibula, due femori, e in seguito<br />
un omero, una mandibola e un cranio. Il proseguimento dei lavori nel 1999<br />
ha portato alla luce le ossa di un avambraccio e <strong>del</strong>la mano. Nella breccia <strong>del</strong><br />
membro 2 di Sterkfontein vi è quindi lo scheletro completo di un Ominide<br />
con ogni probabilità simile all’afarensis, che attende di essere completamente<br />
recuperato.<br />
Per ora si conoscono le caratteristiche <strong>del</strong>le ossa <strong>del</strong> pi<strong>ed</strong>e e <strong>del</strong>la mano.<br />
Il pi<strong>ed</strong>e aveva ancora <strong>del</strong>le capacità prensili <strong>ed</strong> era adatto ad arrampicarsi<br />
sugli alberi. Le falangi <strong>del</strong>la mano hanno una curvatura simile a quella <strong>del</strong>l’afarensis.<br />
Nel cranio l’occipite presenta un inion pronunciato e appuntito.<br />
L’arco zigomatico è massiccio a differenza che nel successivo africanus.<br />
3.6 Australopithecus bahrelghazali<br />
Recentemente M. Brunet ha scoperto presso Koro Toro nella regione di Bahr<br />
el Ghazal nel Ciad un frammento di mandibola di Australopithecus databile<br />
<strong>Origine</strong> <strong>ed</strong> <strong>evoluzione</strong> <strong>del</strong> <strong>genere</strong> <strong>Homo</strong> - Dispensa <strong>del</strong> corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Catt<strong>ed</strong>ra di Preistoria e Protostoria, Università<br />
degli Studi di Milano