Origine ed evoluzione del genere Homo - ArcheoServer

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3.5 Australopithecus afarensis 70 da due adulti, uno di dimensioni maggiori dell’altro, probabilmente maschio e femmina, e forse anche da un bambino che seguiva le orme dell’adulto più grande. Tuttavia, questa interpretazione non è certa, poiché secondo la testimonianza di Ron Clarke l’impronta di un tallone più piccolo all’interno dell’orma di maggiori dimensioni sarebbe stata prodotta artificialmente nel corso della rimozione del riempimento delle impronte a mazzuolo e scalpello da parte di Mary Leakey. Secondo Clarke il fatto che queste impronte fossero maggiori si doveva al leggero scivolamento del piede sulla cenere resa sdrucciolevole dalla pioggia. Per Ron Clarke le impronte hanno una morfologia simile a quella che possono lasciare anche le antropomorfe. Nelle impronte dell’individuo di maggiori dimensioni dietro la punta dell’alluce vi è un’altra impronta simile a quella di un dito, che potrebbe essere stata lasciata dalla giunzione metatarso – falangi. Lo studio dei calchi presi da Clarke ha condotto Yvette Deloison, del Museo di Storia Naturale di Parigi, a riconoscere nelle impronte le tracce di un piede simile a quello di una scimmia antropomorfa, ad es. il peso è scaricato sul lato del piede, il calcagno è appuntito e sono assenti le impronte delle singole dita tranne l’alluce. Nel 1985 Clarke effettuò un esperimento con due scimpanzé, un maschio e una femmina, costringendoli a camminare su due piedi sulla sabbia umida. La femmina camminò nervosamente affondando le dita nella sabbia e con l’alluce divaricato, il maschio, al contrario, camminò più tranquillo con l’alluce molto spesso allineato alle altre dita. Secondo Clarke l’esperimento ha dimostrato che le impronte di Laetoli possono essere state lasciate da un piede con alluce leggermente divergente. Questa posizione sembra ipercritica e la maggior parte degli studiosi attribuisce le impronte di Laetoli ad Ominidi, che considerata l’epoca non potevano che essere Australopiteci della specie afarensis. La specie afarensis è stata definita per la prima volta da Donald Johanson e Tim White nel 1978 al simposio di Stoccolma per il bicentenario della morte di Linneo, utilizzandolo i fossili di Laetoli e di Hadar, questi ultimi di gran lunga più numerosi. Le scoperte più importanti sono state effettuate a Hadar negli anni 1973- 1979 da parte di una missione franco-americana diretta da Maurice Taieb, Donald Johanson e Yves Coppens. Le ricerche condotte nelle gole dei fiumi Kada Hadar, Sidi Hakoma, Garsela Dora e Ounda Hadar, tutti affluenti dell’Awash, hanno portato alla scoperta di circa 350 fossili di Ominidi, che sono riferibili da un minimo di 35 a un massimo di 65 individui. La gola scavata dall’Hadar è profonda 140 m ed ha portato in esposizione i sedimenti (argille, sabbie, ghiaie, limi) accumulatisi per circa un milione di anni in un bacino lacustre il cui fondo era formato da eruzioni basaltiche di lava. La Origine ed evoluzione del genere Homo - Dispensa del corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Cattedra di Preistoria e Protostoria, Università degli Studi di Milano

3.5 Australopithecus afarensis 71 formazione geologica di Hadar comprende tre membri principali denominati dall’alto verso il basso Kada Hadar, Denen Dora e Sidi Hakoma. Agli strati di sedimentazione fluviale e lacustre sono intercalati livelli di tuffiti e di basalti che hanno consentito di eseguire datazioni radiometriche con il metodo del K-Ar. L’abbinamento delle date radiometriche con la stratigrafia paleomagnetica ha permesso di stabilire una cronologia più dettagliata delle formazioni geologiche di Hadar. Inizialmente l’unità inferiore, SH, è stata datata tra 4,05 e 3,6 Ma, quella media, DD, tra 3,6 e 3,2 Ma e quella superiore, KH, tra 3,2 e 2,7 Ma. In seguito, nuove datazioni effettuate con tecniche più avanzate 4 , hanno condotto a una revisione della cronologia: l’unità inferiore si colloca tra 3,4 e 3,22 Ma, quella media tra 3,22 e 3,18 e quella superiore tra 3,18 e 2,92 Ma. I fossili di Hadar sono quindi più recenti di quelli di Laetoli. I reperti di Ominidi fossili di Hadar recano la sigla AL. I più importanti sono i seguenti: 1. AL 128-33: frammento di mandibola sinistra, dalla parte inferiore dell’unità SH; 2. AL 199 e 200: frammento di palato e palato con tutta l’arcata dentaria completa dallo strato inferiore dell’unità Sidi Hakoma (SH 1), databile tra 3,4 e 3,22 Ma; 3. AL 128 e 129: “giuntura del ginocchio”, da SH 1; 4. AL 277-1: frammento di mandibola sinistra dalla parte superiore di SH 3; 5. AL 266: mandibola frammentaria, conservante i molari e i premolari, dalla parte basale dello strato SH upper; 6. AL 333: “la prima famiglia”, resti di almeno tredici individui dallo strato Denen Dora 2, databile tra 3,2 e 3,18 Ma; vi sono mandibole, mascelle, ossa craniche, ossa del piede, frammenti di omero, femori, ossa della mano, ecc. 7. AL 188: mandibola da DD 3, databile tra 3,2 e 3,18 Ma; 8. AL 288: “Lucy”, scheletro conservato per circa il 40% di un individuo femminile giovane, dallo strato più basso dell’unità Kada Hadar (KH 1), databile poco dopo 3,18 Ma. 9. AL 444-2: un cranio maschile quasi completo, privo della mandibola, dalla parte superiore dell’unità KH 4 Single crystal 40 Ar/ 39 Ar. Origine ed evoluzione del genere Homo - Dispensa del corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Cattedra di Preistoria e Protostoria, Università degli Studi di Milano

3.5 Australopithecus afarensis 70<br />

da due adulti, uno di dimensioni maggiori <strong>del</strong>l’altro, probabilmente maschio<br />

e femmina, e forse anche da un bambino che seguiva le orme <strong>del</strong>l’adulto più<br />

grande.<br />

Tuttavia, questa interpretazione non è certa, poiché secondo la testimonianza<br />

di Ron Clarke l’impronta di un tallone più piccolo all’interno <strong>del</strong>l’orma<br />

di maggiori dimensioni sarebbe stata prodotta artificialmente nel corso <strong>del</strong>la<br />

rimozione <strong>del</strong> riempimento <strong>del</strong>le impronte a mazzuolo e scalpello da parte di<br />

Mary Leakey. Secondo Clarke il fatto che queste impronte fossero maggiori<br />

si doveva al leggero scivolamento <strong>del</strong> pi<strong>ed</strong>e sulla cenere resa sdrucciolevole<br />

dalla pioggia.<br />

Per Ron Clarke le impronte hanno una morfologia simile a quella che possono<br />

lasciare anche le antropomorfe. Nelle impronte <strong>del</strong>l’individuo di maggiori<br />

dimensioni dietro la punta <strong>del</strong>l’alluce vi è un’altra impronta simile a<br />

quella di un dito, che potrebbe essere stata lasciata dalla giunzione metatarso<br />

– falangi. Lo studio dei calchi presi da Clarke ha condotto Yvette Deloison,<br />

<strong>del</strong> Museo di Storia Naturale di Parigi, a riconoscere nelle impronte le tracce<br />

di un pi<strong>ed</strong>e simile a quello di una scimmia antropomorfa, ad es. il peso è<br />

scaricato sul lato <strong>del</strong> pi<strong>ed</strong>e, il calcagno è appuntito e sono assenti le impronte<br />

<strong>del</strong>le singole dita tranne l’alluce. Nel 1985 Clarke effettuò un esperimento<br />

con due scimpanzé, un maschio e una femmina, costringendoli a camminare<br />

su due pi<strong>ed</strong>i sulla sabbia umida. La femmina camminò nervosamente affondando<br />

le dita nella sabbia e con l’alluce divaricato, il maschio, al contrario,<br />

camminò più tranquillo con l’alluce molto spesso allineato alle altre dita. Secondo<br />

Clarke l’esperimento ha dimostrato che le impronte di Laetoli possono<br />

essere state lasciate da un pi<strong>ed</strong>e con alluce leggermente divergente. Questa<br />

posizione sembra ipercritica e la maggior parte degli studiosi attribuisce le<br />

impronte di Laetoli ad Ominidi, che considerata l’epoca non potevano che<br />

essere Australopiteci <strong>del</strong>la specie afarensis.<br />

La specie afarensis è stata definita per la prima volta da Donald Johanson<br />

e Tim White nel 1978 al simposio di Stoccolma per il bicentenario <strong>del</strong>la morte<br />

di Linneo, utilizzandolo i fossili di Laetoli e di Hadar, questi ultimi di gran<br />

lunga più numerosi.<br />

Le scoperte più importanti sono state effettuate a Hadar negli anni 1973-<br />

1979 da parte di una missione franco-americana diretta da Maurice Taieb,<br />

Donald Johanson e Yves Coppens. Le ricerche condotte nelle gole dei fiumi<br />

Kada Hadar, Sidi Hakoma, Garsela Dora e Ounda Hadar, tutti affluenti<br />

<strong>del</strong>l’Awash, hanno portato alla scoperta di circa 350 fossili di Ominidi, che<br />

sono riferibili da un minimo di 35 a un massimo di 65 individui. La gola<br />

scavata dall’Hadar è profonda 140 m <strong>ed</strong> ha portato in esposizione i s<strong>ed</strong>imenti<br />

(argille, sabbie, ghiaie, limi) accumulatisi per circa un milione di anni in un<br />

bacino lacustre il cui fondo era formato da eruzioni basaltiche di lava. La<br />

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