Origine ed evoluzione del genere Homo - ArcheoServer

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09.06.2013 Views

1.1 Dal Medioevo all’età moderna 8 mattino, mentre l’uomo era stato creato venerdì 28 ottobre 4004 a.C., giorno, mese e ora coincidevano con la data di inizio dell’anno accademico! Questa cronologia continuò a essere sostenuta dalle varie chiese cristiane per tutto il XVIII e XIX secolo, ma era destinata a entrare in conflitto con i progressi compiuti dalle scienze naturali. Il problema del passato più remoto dell’umanità tornò ad affacciarsi nella cultura europea con la scoperta dell’America e le grandi esplorazioni e navigazioni dell’età moderna, che misero gli europei in contatto con le popolazioni cosiddette selvagge. Nello stesso tempo cominciarono a svilupparsi le scienze naturali, in particolare quelle della terra. Per la nascita dell’archeologia preistorica 10 ebbero particolare importanza le discussioni su “ceraunia” e “glossopetra” (queste ultime erano punte di freccia di selce, che venivano ritenute denti fossili di squali o lingue di serpenti pietrificate). Michele Mercati (1541 – 1593), direttore dell’orto botanico vaticano, fu il primo a sostenere che le selci scheggiate e le asce di pietra levigata, che si scoprivano così frequentemente nei campi in seguito ai lavori agricoli, erano prodotti dell’attività umana, risalenti a popolazioni primitive ancora ignare dell’uso del metallo. Purtroppo, la sua opera, un catalogo delle collezioni di minerali, fossili, oggetti archeologici ed etnografici del papa Clemente VIII, fu pubblicata molto tempo dopo la sua morte (Metallotheca, Roma 1717). Parlando dei “ceraunia” Mercati afferma che intorno alla loro natura circolano due opinioni, la prima, che è anche la più diffusa, sostiene che queste pietre siano state prodotte dal fulmine, la seconda, sostenuta dagli storici, ritiene che si tratti invece di manufatti prodotti dall’uomo, prima della conoscenza del ferro, per percussione delle selci. “I più antichi uomini ebbero per coltelli delle schegge di selce”. Mercati cerca poi di conciliare i dati della Bibbia con quelli dell’antiquaria e dell’etnografia. Secondo la Bibbia lo scopritore del ferro fu Tubalcain, appartenente alla settima generazione dopo Adamo, ma anteriore al diluvio universale. Mercati formulò l’ipotesi che la conoscenza del ferro dopo il diluvio fosse rimasta appannaggio di una cerchia ristretta di uomini e che invece le popolazioni che con le loro migrazioni ripopolarono la terra dopo il diluvio avessero perduto questa conoscenza e fossero ritornate all’uso di armi e strumenti di pietra. Stranamente, mentre Mercati riconobbe la vera natura delle cuspidi di freccia in selce, per quanto 10 La storia della nascita dell’archeologia preistorica può essere seguita attraverso i lavori di A. Laming-Emperaire, Origines de l’archéologie préhistorique en France, Parigi 1964; G. Daniel, 150 years of archaelogy, London, 1950; Id., The Idea of Prehistory, London 1962, trad. italiana Firenze 1968; Id., The origins and growth of archaeology, Harmondsworth 1967; Id., A hundred and fifty years of archaelogy, London 1975; Id., A short history of Archaeology, London 1981, trad. italiana Storia dell’archeologia, Milano 1982; O. Klindt- Jensen, A history of Scandinavian archaeology, Londra 1975. Origine ed evoluzione del genere Homo - Dispensa del corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Cattedra di Preistoria e Protostoria, Università degli Studi di Milano

1.1 Dal Medioevo all’età moderna 9 riguarda le asce di pietra levigata non si discostò dall’opinione tradizionale che si trattasse di pietre cadute dal cielo insieme ai fulmini. Il naturalista Ulisse Aldrovandi (1522 – 1607), nonostante il fatto che raffigurasse strumenti di pietra degli Indiani d’America e istituisse un paragone tra gli strumenti e le armi delle popolazioni “selvagge” e i “ceraunia”, rimase fermo all’idea che le punte di freccia in selce fossero prodotte dai fulmini (Musaeum metallicum, Bologna 1648). Ma ormai un numero sempre maggiore di antiquari confrontava i “ceraunia” con i manufatti degli Indiani d’America. Nel corso del Seicento e del Settecento si diffuse, specie in Inghilterra, Francia, Germania e ancor più nei paesi nordici, il gusto per il collezionismo e si formarono, presso antiquari, nobili e sovrani, numerose raccolte o “gabinetti” di curiosità, tra i quali un posto di rilievo era occupato dagli oggetti archeologici provenienti dalle scoperte occasionali. Accanto alla figura dello storico tradizionale comparve così quella dell’antiquario, mentre di tanto in tanto venivano effettuati veri e propri scavi, come, per es, nel 1685 quello di una tomba dolmenica a Cocherel nel dipartimento dell’Eure (Francia), che portò al rinvenimento di asce di pietra levigata, fra cui una di giadeite. Il secolo XVIII è ricco di descrizioni di scoperte di sepolture “pagane” (così era denominato tutto ciò che risaliva a epoca anteriore alla diffusione del cristianesimo) nell’Europa centrale: in particolare si trattava di tombe rnegalitiche e di campi di urne. L’idea che le “pietre del fulmine” fossero in realtà opera dell’uomo e che le antiche popolazioni europee fossero vissute in condizioni simili a quelle dei selvaggi contemporanei, è sostenuta con grande chiarezza da Antoine de Jussieu (De l’origine et des usages de la pierre de foudre, Parigi 1723). All’Accademia Reale delle Scienze de Jussieu presentò un’ascia di pietra levigata proveniente dai Caraibi e un’altra ascia e tre punte di freccia provenienti dal Canada e le confrontò con le “pietre del fulmine” della collezione reale, dimostrando che si trattava di manufatti prodotti dall’uomo. È questo il pri- mo esempio dell’utilizzo dell’etnografia per la comprensione del significato dei resti archeologici preistorici. De Jussieu si spinse ancora più avanti. Poiché nella maggior parte dei paesi in cui si rinvengono le pietre del fulmine, non vi sono cave o ciottoli che possano essere stati utilizzati per fabbricarle in loco, bisogna ritenere che uomini provenienti da regioni in cui si trovava la materia prima venissero a scambiarle con altri prodotti ed è lo stesso fenomeno che si poteva osservare presso le popolazione selvagge delle Americhe. Larga eco ebbe l’opera del missionario gesuita J.F. Lafitau, Moeurs des sauvages amériquains, comparées aux moeurs des premiers temps, Parigi 1724, 2 voll., lodata da Voltaire. Il padre Lafitau metteva a confronto le no- Origine ed evoluzione del genere Homo - Dispensa del corso di Preistoria modulo A c○ 2007 Cattedra di Preistoria e Protostoria, Università degli Studi di Milano

1.1 Dal M<strong>ed</strong>ioevo all’età moderna 9<br />

riguarda le asce di pietra levigata non si discostò dall’opinione tradizionale<br />

che si trattasse di pietre cadute dal cielo insieme ai fulmini.<br />

Il naturalista Ulisse Aldrovandi (1522 – 1607), nonostante il fatto che raffigurasse<br />

strumenti di pietra degli Indiani d’America e istituisse un paragone<br />

tra gli strumenti e le armi <strong>del</strong>le popolazioni “selvagge” e i “ceraunia”, rimase<br />

fermo all’idea che le punte di freccia in selce fossero prodotte dai fulmini<br />

(Musaeum metallicum, Bologna 1648).<br />

Ma ormai un numero sempre maggiore di antiquari confrontava i “ceraunia”<br />

con i manufatti degli Indiani d’America. Nel corso <strong>del</strong> Seicento e <strong>del</strong><br />

Settecento si diffuse, specie in Inghilterra, Francia, Germania e ancor più nei<br />

paesi nordici, il gusto per il collezionismo e si formarono, presso antiquari,<br />

nobili e sovrani, numerose raccolte o “gabinetti” di curiosità, tra i quali un<br />

posto di rilievo era occupato dagli oggetti archeologici provenienti dalle scoperte<br />

occasionali. Accanto alla figura <strong>del</strong>lo storico tradizionale comparve così<br />

quella <strong>del</strong>l’antiquario, mentre di tanto in tanto venivano effettuati veri e propri<br />

scavi, come, per es, nel 1685 quello di una tomba dolmenica a Cocherel<br />

nel dipartimento <strong>del</strong>l’Eure (Francia), che portò al rinvenimento di asce di<br />

pietra levigata, fra cui una di giadeite.<br />

Il secolo XVIII è ricco di descrizioni di scoperte di sepolture “pagane”<br />

(così era denominato tutto ciò che risaliva a epoca anteriore alla diffusione<br />

<strong>del</strong> cristianesimo) nell’Europa centrale: in particolare si trattava di tombe<br />

rnegalitiche e di campi di urne.<br />

L’idea che le “pietre <strong>del</strong> fulmine” fossero in realtà opera <strong>del</strong>l’uomo e che<br />

le antiche popolazioni europee fossero vissute in condizioni simili a quelle<br />

dei selvaggi contemporanei, è sostenuta con grande chiarezza da Antoine<br />

de Jussieu (De l’origine et des usages de la pierre de foudre, Parigi 1723).<br />

All’Accademia Reale <strong>del</strong>le Scienze de Jussieu presentò un’ascia di pietra levigata<br />

proveniente dai Caraibi e un’altra ascia e tre punte di freccia provenienti<br />

dal Canada e le confrontò con le “pietre <strong>del</strong> fulmine” <strong>del</strong>la collezione reale,<br />

dimostrando che si trattava di manufatti prodotti dall’uomo.<br />

È questo il pri-<br />

mo esempio <strong>del</strong>l’utilizzo <strong>del</strong>l’etnografia per la comprensione <strong>del</strong> significato dei<br />

resti archeologici preistorici. De Jussieu si spinse ancora più avanti. Poiché<br />

nella maggior parte dei paesi in cui si rinvengono le pietre <strong>del</strong> fulmine, non vi<br />

sono cave o ciottoli che possano essere stati utilizzati per fabbricarle in loco,<br />

bisogna ritenere che uomini provenienti da regioni in cui si trovava la materia<br />

prima venissero a scambiarle con altri prodotti <strong>ed</strong> è lo stesso fenomeno che<br />

si poteva osservare presso le popolazione selvagge <strong>del</strong>le Americhe.<br />

Larga eco ebbe l’opera <strong>del</strong> missionario gesuita J.F. Lafitau, Moeurs des<br />

sauvages amériquains, comparées aux moeurs des premiers temps, Parigi<br />

1724, 2 voll., lodata da Voltaire. Il padre Lafitau metteva a confronto le no-<br />

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