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gambiano perché lavoro e non fumo erba). Sull'immagine dei gambiani
così si esprime Tapha, artista rap:
Non so se sia peggiorativo o meno, si dice che i gambiani siano pigri e che solo i senegalesi
che sono emigrati lì, lavorino. Si dice anche che lo stesso Y. Jammeh si sia spesso lamentato
con i suo concittadini per questa loro attitudine al non far niente, incitandoli ad andare a
lavorare la terra, per riuscire a far sviluppare il paese. Solo i senegalesi si erano attivati in
questo progetto e lavoravano duro (Intervista a Tapha, 04 novembre 2010, Dakar).
Sull'idea del rasta alla ricerca di turiste che incarna l'immaginario
collettivo rispetto al gambiano, parla Assane:
I gambiani sono roots. I giovani gambiani che vivono nelle zone turistiche, loro incarnano il
rasta aperto di mente, il tipico rasta dell'immaginario collettivo. In Gambia sono quasi tutti
antiquaires, ovvero cercano una toubab da sposare per partire, perché è l'unica via d'uscita per
i giovani (Intervista ad Assane 03 febbraio 2011, Thiès).
Come conferma pure Dideret:
(Ride) Penso che i gambiani siano dei reggeman che giocano a fare i bad boy rasta, fumando
droga e corteggiando le turiste (Intervista a Dideret, 10 settembre 2010, Kaolack).
Mamadou parla invece di chiusura:
Sono persone chiuse. Veramente chiuse. Sono rigidi, poco flessibili. Non sono come noi, i
senegalesi possono stare a parlare ore di tutto e di niente anche se non conoscono chi sta loro
di fronte. I gambiani sono diffidenti (Intervista a Mamadou, 15 agosto 2010, Kaolack).
Mentre Babacar parla piuttosto di arrendevolezza:
Non saprei, non li ho frequentati così tanto da poterli descrivere. Per me sono un popolo
arreso, arreso al fatto che il sistema non fa nulla per loro e arresi al fatto di vivere in una
dittatura. In questa arrendevolezza, non trovano la forza di ribellarsi o di creare, troppa la
paura, allora passano tutto il loro tempo a fumare, non lavorano e sembra che l'unica loro
preoccupazione sia di trovare un modo per lasciare il paese (Intervista a Babacar, 16 gennaio
2011, Dakar).
Interessante la posizione di Amadou, che riconduce lo stereotipo secondo
il quale i gambiani apparirebbero diffidenti e chiusi ad un fatto culturale
e a quel “privilegio di familiarità” di cui si è trattato nel capitolo 7,
sull'unità e l'integrazione:
(Ride) La verità è che prendiamo in giro davvero tanto i gambiani. Non lo facciamo con
cattiveria, è un prodotto culturale e se non conosci questo aspetto della nostra cultura puoi
pensare che siamo arroganti o razzisti ma non è affatto così. Noi siamo abituati a scherzare tra
differenti etnie. Per esempio io sono tukuleur, se vedo un serere, lui mi prenderà in giro
dicendo che sono suo schiavo e che lui è il re. Così accade verso gli atri africani, compresi i
gambiani ma non in maniera cattiva. Diciamo che lo stereotipo corrente vuole che i gambiani
non lavorino molto ed è per questo che i senegalesi che partono in Gambia trovano facilmente
lavoro, perché dicono che lavorano con più serietà mentre i gambiani aspettano a casa che i
loro fratelli in Svezia, Danimarca, Olanda inviino loro dei soldi, comprino una macchina
mentre loro non fanno nulla (Intervista ad Amadou, 18 maggio, 2010, Dakar).
Pensiero confermato anche da Malick, sociologo:
I gambiani sono persone accoglienti ma che non accettano lo scherzo o la presa in giro. Il
problema tra i senegalesi e i gambiani è che i senegalesi pensano di essere più intelligenti, per
questo i gambiani sono sempre sulla difensiva. Quindi, se dici una cosa, anche solo per
scherzare, i gambiani penseranno sempre che stai macchinando qualcosa. Bisogna dunque
stare molto attenti nel modo di porsi nei loro confronti (Intervista a Malick, 10 dicembre
2010, Bignona).