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Tesi dottorato Transborder Policies Chiara Barison.pdf - OpenstarTs ...

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Manifestanti di “Y'en a marre”, Dakar, marzo 2011 (fonte www.google.sn)<br />

“In questi giorni non c'è quasi mai corrente e io sono incazzata. E pure i senegalesi sono<br />

incazzati. Viviamo praticamente in un grande villaggio incazzato e il capo tribù mr A. Wade<br />

sembra si diverta ad accendere e spegnere l'interruttore della luce. Me lo vedo già, chiuso<br />

nella sua camera da letto, le pantofole e la vestaglia, a sghignazzare mentre, per far ridere il<br />

tanto adorato figlio Karim, muove verso l'alto e poi verso il basso un piccolo tasto con su<br />

scritto: luce di Dakar. Alle volte sembra veramente che ti prendano in giro, te ne stai lì ore,<br />

nell'attesa e all'improvviso ecco che luce fu. Da fuori si odono applausi e urletti da finale<br />

mondiale e improvvisamente un'orchestra di radio e tv comincia a diffondere nell'aria un<br />

suono che odora di vita. E allora colleghi finalmente il pc alla presa, tempo dieci minuti e<br />

“Puff!”, e luce fu si disse, ecco, nel pieno senso di questo passato remoto.<br />

Qui tutto è in costante, perenne, infinita attesa. I senegalesi che aspettano la corrente; i ragazzi<br />

che aspettano di avere un appuntamento per un visto; le mogli dei modou-modou che<br />

aspettano i mariti; le persone che guardano l'oceano ore e ore aspettando una risposta; tutti<br />

quelli che camminano veloci e non si sa nemmeno verso dove; io che non so nemmeno più<br />

cosa stò aspettando. Ho imparato anche io a sedere e parlare con l'oceano e poi a camminare<br />

seguendo il passo molleggiato dei senegalesi, veloce, come se fossi costantemente in ritardo<br />

ma senza avere mai una meta fissa, lo sguardo dritto verso l'infinito. Cammino driblando<br />

signore dal passo strascicato, talibé con la mano tesa, mucche anarchiche dalle corna<br />

gigantesche, motorini, biciclette, carretti, cavalli, spazzatura, pozzanghere, fuochi accesi. E<br />

tutto ha un ritmo ben preciso, scrollata di ballerine per togliere i sassi dai piedi compresa. Ad<br />

ogni clacson la gente si dispone armoniosa lungo i lati della strada per lasciare passare le<br />

macchine, senza mai girarsi a guardare. Un musical urbano per folli. Ieri la corrente è saltata<br />

per tutto il giorno. Vaglielo tu a spiegare alla commissione di <strong>dottorato</strong> che la tesi prosegue a<br />

rilento. D'un tratto vedo i lampioni illuminarsi. Che gioia! Che godimento! Ho preso al volo la<br />

borsa e via da Makane, il mio parrucchiere di fiducia. Da quando sono in Senegal frequento i<br />

barbieri di strada, bravissimi a tagliare i capelli e decisamente economici, 2 euro circa.<br />

Favoloso. Era da giorni che meditavo di fare la cresta, una vera e propria moda qui a Dakar,<br />

lanciata dai lottatori e portata avanti dagli apprendisti dei car rapidi, i ragazzi più stilosi di<br />

tutto il paese. Makane è rimasto perplesso alla mia richiesta, nonostante mi abbia confessato<br />

che parecchie ragazze senegalesi se la siano fatta. I clienti, come al solito confusi per la<br />

presenza di una bianca in un negozio roots per maschi senegalesi, anche loro scuotevano la<br />

testa. “Ah! Dakar è davvero cambiata”, avranno pensato. A metà taglio, puff!, Wade ha tirato<br />

giù il bottone, Karim ride e tutti: “Che culo!”, la frase che io e Vera abbiamo insegnato,<br />

involontariamente, a tutti i nostri amici e conoscenti senegalesi. “Non ti preoccupare” mi dice<br />

Makane e prende una lametta. Se devo essere sincera ho panicato per un secondo. Io al centro,<br />

Makane con una micro lametta e i clienti attorno con due candele. Sembrava quasi una seduta<br />

spiritica da feticisti maliani. A lavoro finito mi sono guardata allo specchio. ''Uhmm, niente<br />

male!'', chissà cosa diranno i miei professori dell'Università. Tornando a casa avvolta nel buio

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