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Foto Cheikh Amadou Bamba, Thiaroye, Dakar, 2008
“Ce n'est pas la fin du monde. Ascolto e guardo il sorriso triste di Dave. La collana rossa da
baye fall dondola appesa al collo; ai polsi e alle caviglie braccialetti di conchiglie e piccoli gri
gri. Gli occhi, incorniciati da piccole rughe scavate dal sole e dal mare, oggi sembrano più
rossi del solito. Restiamo in silenzio per un attimo, come sottofondo la musica di una chitarra
accarezzata dolcemente, il rumore dei palloni calciati e delle onde che si infrangono
prepotenti sul bagnasciuga. La voce del ragazzo che canta fa vibrare la mia mente e tutto per
un momento si ferma. La notte precedente un gruppo di talibé layenne ha distrutto tutto ciò
che si trovava nei piccoli accampamenti della spiaggia BCAO a Yoff.
Una lacrima mi scende lungo la guancia mentre osservo i grandi ombrelloni di legno e paglia
rovesciati sulla sabbia, alcuni falciati dai maceti, altri bruciati. Sembra quasi sia passato un
uragano, fa rabbrividire pensare invece che sia stata la mano distruttiva dell'uomo.
Il marabutto ha ordinato di ripristinare l'ordine lì dove ragazzi, famiglie e turisti animano da
sempre una sottile striscia di sabbia. Queste spiagge, di giorno e di notte, pullulano di persone
festanti, di partite di calcio, di gruppi di ragazzi indaffarati nei loro esercizi ginnici, alla
ricerca di assomigliare a uno dei tanti lottatori famosi, mentre altri, seduti sotto gli
ombrelloni, ridono, ascoltano la musica, mangiano con le mani pesce alla griglia appena
pescato, bevono tè mescolato allo zenzero.
Una vita che secondo la morale religiosa troppo strideva con la presenza, qualche centinaio di
metri a fianco, di una moschea. Solita morale vomitata addosso e come la mano pesante di un
padre padrone è partito lo schiaffo, pesante, duro. Una lezione chiara. Un avvertimento.
Eppure cosa c'è di più vicino a Dio della gioia di vivere pura e semplice di un gruppo di
ragazzi? La BCAO a Yoff era diventato anche il nostro punto di ritrovo, un angolo di paradiso
dove le diversità si incontravano, si confrontavano, si incrociavano.
Respiro profondamente mentre Ibrahima mi prende un piede e accarezzandolo dolcemente ne
fa scivolare via la sabbia. Fermo con un cenno della mano una ragazza, sulla testa porta un
grosso piatto con delle frittelle. Ne compro una manciata per tutti.
La BCAO mi ha insegnato in questi mesi la gioia della condivisione, la felicità semplice dello
stare seduti assieme agli amici, a ridere di gusto, ad osservare i ragazzi fare ginnastica, a
mangiare piccoli iaboi immergendo le dita nella polpa bianca e nelle cipolle marinate con la
senape quando il sole tramonta calandosi pigramente dietro una piccola isoletta che si vede in
lontananza. Capisco ogni giorno di più perché i lebou sono così attaccati al mare.
La musica continua a scorrere limpida tutt'attorno mentre io guardo la desolazione della
distruzione.
L'azione di stanotte non mi stupisce. Purtroppo negli ultimi mesi sono aumentati gli episodi di
intolleranza e i piccoli segnali dell'avanzamento di un Islam fondamentalista, come se un velo
nero stesse coprendo pian piano la piccola oasi felice che è il Senegal, il paese della Teranga.
Che ne sarà del futuro? Non posso mentire a me stessa, un pò di paura c'è. Paura che i
marabutti decidano di abbracciare un Islam estremista; paura che i senegalesi comincino a
ribellarsi al trattamento riservato ai loro fratelli in Occidente, riversando rabbia e rancore, pur
legittimi, sugli stranieri che in Senegal vivono; paura che quel sistema multiculturale e di
pacifica convivenza delle diversità, base fondante del paese, cominci a vacillare, a cedere.
Il sole comincia a tramontare ma oggi il disegno che traccia è molto meno colorato. Il cielo è
pieno di piccole nuvole grigie. Dave continua a ripetere che non è la fine del mondo. Forse ha
ragione, ma la tristezza dei suoi occhi urla rabbia, dolore. Entrambi sappiamo che la religione
è stata solo il mezzo, le cause sono da ricercare altrove e vanno ben oltre Dio, sono ragioni