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Tesi dottorato Transborder Policies Chiara Barison.pdf - OpenstarTs ...

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è sempre stato un gran testardo. Gli ho detto che l'Europa non ha poi così tanto da offrire, ma<br />

io ho avuto la fortuna di poter andarci e vedere con i miei occhi e lui non mi crede. Dice che<br />

sono cattiva, che non voglio che anche lui vada e tenti la sua fortuna. Mio fratello maggiore<br />

gli ha detto che adesso non può più tornare indietro. Adesso deve andare fino in fondo perché<br />

gli hanno prestato i soldi per il biglietto fino in Marocco e per la traversata in piroga, quasi<br />

1500 euro”. “Ma ha già pagato?” le ho chiesto subito io. “Il biglietto ovviamente sì, per la<br />

piroga ha dato metà dei soldi, il resto dovrà rimborsarli una volta arrivato in Europa, solo che<br />

lui ha paura. Ha visto la piroga e il mare di notte e si è tirato indietro. Adesso è bloccato in<br />

Marocco, senza soldi e la famiglia contro. Nessuno vuole che torni”. Aminata aveva gli occhi<br />

pieni di lacrime, lei abituata a combattere da sempre. Lei che si era opposta ad un matrimonio<br />

combinato, lei che era rimasta incinta fuori dal matrimonio, lei che adesso sfidava il volere dei<br />

fratelli maschi. “Rischia di morire e per cosa? Non c'è nulla lì per cui valga la pena immolarsi<br />

in questo modo”. Non sapevo cosa dire, davvero. L'ho osservata riprendere a tagliare le<br />

cipolle dopo essersi sistemata la pagne stretta in vita. “E tua mamma?” ho sussurrato. “Ah! È<br />

una stupida! Ha mandato a morire suo figlio. Sai cos'ha detto quando mio fratello ha chiamato<br />

in lacrime? Ha detto che deve avere il coraggio di partire, che deve fare l'uomo. Gli ha detto<br />

che il cugino, più giovane di lui, ha avuto il coraggio di prendere la piroga e adesso è in Italia,<br />

allora deve farlo anche lui. Questa è stata la reazione di mia mamma, <strong>Chiara</strong>”. Mi è venuta la<br />

pelle d'oca. La reazione della mamma di Aminata non mi ha stupito però più di tanto. Parole<br />

già dette e ridette da tante altre yaye prima di lei. Famiglie che spingono i figli a partire, in<br />

ogni modo e ad ogni costo. La morte di un figlio spaventa? Forse, ma l'idea di poter sfoggiare<br />

un bubù costoso al prossimo matrimonio è sicuramente più forte. La vita, qui in Senegal, ha<br />

ancora un prezzo, eccome. Penso allora a questo mio coetaneo, a cavallo tra due mondi, senza<br />

affetti, né soldi; rifiutato dalla famiglia, troppo avida per pensare alle sue paure e da<br />

quell'Europa per cui lui è solo un altro clandestino (o come teorizzerebbe la signora Moratti,<br />

solo un altro delinquente). Lui invece è solo un giovane uomo e meriterebbe di vivere la sua<br />

giovinezza tra libri, amici e feste di quartiere. Sarà il mare a decidere per lui. Magari andrà<br />

bene, come dicono qui, Inch'Allah”. 113<br />

A Dakar, come in altre grandi città africane, si può cogliere l'enorme<br />

disparità fra un ambiente urbano di tipo europeo, rappresentato dalla città<br />

coloniale e dalle nuove estensioni tecnologiche, ed un habitat più<br />

prossimo ai modelli culturali del villaggio africano. Non appena si<br />

superano i confini della grande città il cambiamento è immediato e<br />

radicale sembra davvero un altro mondo, un’Africa marginale, un mondo<br />

che vive vicino alla metropoli ma è escluso dalla grande società, che<br />

possiede vitalità e dinamismo che gli permettono di sopravvivere con<br />

lavori marginali e con i traffici più inaspettati 114 .<br />

Ai confini del sistema di vita occidentale e nell'impossibilità di essere<br />

invitati alla festa consumistica, i senegalesi, come gran parte degli<br />

abitanti del terzo mondo, intelligentemente, utilizzano gli scarti di quel<br />

sistema dal quale sono irrimediabilmente esclusi. E il lavoro marginale è<br />

la grande risorsa dell'Africa, in questo momento, l'unica speranza oltre<br />

all'emigrazione per i 100.000 giovani senegalesi che ogni anno entrano<br />

nel mercato del lavoro con pochissime possibilità di trovare un vero<br />

impiego. Povero ma non miserabile, questo pianeta periferico conserva<br />

una grande dignità e una bellezza quasi pasoliniana, in un fermento<br />

continuo di cultura tradizionale e contaminazioni occidentali.<br />

“Non so come mai quel giorno ho deciso che sarei tornata con il clandò che porta a Dior. In<br />

generale, nei giorni di particolare traffico, la sera, da Sandaga preferisco prendere quello che<br />

va verso Case Bi e fermarmi nel mio vecchio quartiere per parlare con gli amici di fronte alla<br />

Brioche Dorée. Quella sera no. Impossibile trovare un solo clandò libero, sia per Dior che per<br />

Case Bi. Allora, consigliata da un gruppo di signori di mezza età in giacca e cravatta, ho preso<br />

un clandò verso Patte d'Oie. “Da lì scendi e ne prendi uno per Yoff” mi dissero. Come al solito<br />

il mio viaggio in clandò era stato interessante, un salotto di discussione in cui si sono<br />

113<br />

C.<strong>Barison</strong>, Snoop Dogg, la piroga e l'oceano. La roulette gira. Puntate signori!<br />

http://blog.libero.it/Dakarlicious/, 2009.<br />

114<br />

Cenni culturali sul Senegal, http://www.chiamasenegal.it/cosAitr.htm.

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