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78<br />

Recensioni<br />

Quei petali di vita<br />

di Diego Simonelli<br />

…Spargiamo questi”petali di vita” su questa<br />

tua terra, bagnata di lacrime e sangue ma che<br />

tu amavi tanto, che non hai mai voluto abbandonare<br />

perché dicevi che qui qualcosa<br />

“poteva e doveva cambiare”.Con questa<br />

frase si chiude la raccolta di testimonianze<br />

con le quali gli autori, Leandro Limoccia e Marisa<br />

Diana, hanno tratteggiato la vita di Don<br />

Giuseppe Diana, sacerdote ucciso dalla camorra<br />

nella sua parrocchia di Casal di Principe<br />

nel giorno del suo onomastico del 1994.<br />

I contributi richiesti dagli autori alle persone<br />

vicine al sacerdote diventano lettere, pagine<br />

di diario, trascrizione di colloqui. I ricordi di<br />

amici, parenti e compagni di viaggio, si alternano<br />

tra le pagine a numerose foto, scatti<br />

“da album di famiglia”, ingialliti, talvolta sfocati,<br />

che contribuiscono all’intimismo ed alla<br />

“essenzialità” del libro stesso. Il libro trasuda<br />

l’amore, <strong>il</strong> dolore, la rabbia delle persone che<br />

hanno condiviso parte del loro cammino con<br />

Peppino Diana. Amore e dolore espressi con<br />

la semplicità ed l’immediatezza di una raccolta<br />

di ricordi, di sprazzi di vita. Ricordi semplici,<br />

teneri, delicati, pezzi di un puzzle,<br />

pennellate, frammenti, petali di vita.<br />

Petali di Vita, a cura di Leonardo<br />

Limoccia e Marisa Diana<br />

Seiannifa<strong>il</strong>sacrificiodi<br />

don Diana<br />

di Elena Scarci<br />

«La sua è una morte che profuma di vita perché<br />

alimenta la speranza, aiuta le persone a<br />

costruire percorsi capaci di accogliere e includere<br />

chi è in difficoltà». È la frase con cui i<br />

genitori di don Peppino Diana, <strong>il</strong> sacerdote<br />

ucciso per mano della camorra sedici anni fa,<br />

nella sagrestia della sua parrocchia a Casal di<br />

Principe, ricordano <strong>il</strong> figlio. Era <strong>il</strong> 19 marzo<br />

2004. Cinque colpi sparati da due k<strong>il</strong>ler andarono<br />

tutti a segno, don Peppino morì all’istante.<br />

Erano gli anni del dominio assoluto<br />

della camorra casalese, legata principalmente<br />

al boss Francesco Schiavone.<br />

Assistente ecclesiastico degli Scout, insegnante<br />

di liceo, segretario dell’allora vescovo<br />

di Aversa, Gazza, don Peppino era soprattutto<br />

un parroco che amava la gente. Dall’altare<br />

gridava l’amore per <strong>il</strong> suo popolo. Lui<br />

voleva contribuire a costruire delle comunità<br />

senza più camorra. Insegnava ai ragazzi a non<br />

tradire mai le proprie idee e a non barattare<br />

mai la propria dignità. Nel suo nome, su iniziativa<br />

di Libera, è nata la cooperativa “Le<br />

Terre di Don Peppe Diana - Libera Terra”, che<br />

gestisce un caseificio sui terreni confiscati alla<br />

camorra nei comuni di Cancello ed Arnone,<br />

Carinola, Castel Volturno, Pignataro Maggiore<br />

e Teano.<br />

Il suo impegno civ<strong>il</strong>e e religioso contro la camorra<br />

ha lasciato un profondo segno nella società<br />

campana. Don Diana ha lasciato, tra<br />

l’altro, un testamento spirituale: la lettera Per<br />

amore del mio popolo non tacerò, diffusa a<br />

Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di<br />

Principe e dintorni, insieme ai parroci della<br />

zona, un manifesto dell’impegno contro <strong>il</strong> sistema<br />

criminale. Si legge tra l’altro: «Le nostre<br />

Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di<br />

indicazioni articolate per impostare coraggiosi<br />

piani pastorali, aderenti alla nuova realtà;<br />

ai preti nostri pastori e confratelli<br />

chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed<br />

in tutte quelle occasioni in cui si richiede una<br />

testimonianza coraggiosa».<br />

Per tutti è un esempio di sacerdote che ha<br />

dato la vita per la sua gente, da imitare, da ricordare<br />

e, perché no, da santificare.

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