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E’ dura ed esaltante l’eredità di Peppino<br />

Giovanni Impastato porta avanti le battaglie del fratello<br />

di Ida Palisi<br />

Suo fratello Peppino è <strong>il</strong> simbolo della lotta<br />

alla mafia più conosciuto d’Italia. E a lui, a<br />

Giovanni Impastato, <strong>il</strong> fratello minore, <strong>il</strong> “sopravvissuto”<br />

agli attentati e alle ritorsioni di<br />

Cosa Nostra, è toccato raccoglierne l’eredità<br />

morale e materiale e combattere, quotidianamente,<br />

la cultura mafiosa.<br />

Peppino, fatto assassinare dalla mafia <strong>il</strong> 9<br />

maggio 1977 (lo stesso giorno del ritrovamento<br />

del cadavere di Aldo Moro) denunciava<br />

i delitti e gli affari dei mafiosi con le<br />

trasmissioni indipendenti di Radio Out. Dopo<br />

“Oggi l'dentikit del mafioso<br />

non è più quello dei Riina o<br />

dei Provenzano. E' stato<br />

sostituito dall'ingegnere,<br />

dall'avvocato, dal medico.<br />

A comandare c'è una<br />

borghesia mafiosa”<br />

la sua morte, insieme con la mamma Felicia<br />

decise di aprire la sua casa di Cinisi, in provincia<br />

di Palermo, a tutti coloro che volessero,<br />

da vicino, conoscere Peppino. Quella<br />

casa è oggi “Casa della Memoria”, a “cento<br />

passi” dalla casa di Tano Badalamenti, che da<br />

poco è stata assegnata all’Associazione Peppino<br />

Impastato.<br />

“Una grande vittoria per la società civ<strong>il</strong>e”, ci<br />

dice Giovanni Impastato. Cinquantasette anni<br />

(Peppino oggi ne avrebbe 62), gestisce una<br />

pizzeria-supermercato vicino all’aeroporto<br />

palermitano ed è stato tra i fondatori del Centro<br />

Peppino Impastato, <strong>il</strong> primo centro studi<br />

sulla mafia sorto in Italia e protagonista della<br />

battaglia legale per dimostrare la matrice mafiosa<br />

dell’omicidio di Peppino. Sul fratello ha<br />

pubblicato, assieme a Franco Vassia, <strong>il</strong> libro<br />

“Resistere a Mafiopoli” (Stampa Alternativa,<br />

44<br />

Interviste<br />

Viterbo 2009). Abbiamo raggiunto Giovanni<br />

telefonicamente, mentre era in giro per uno<br />

dei suoi tanti impegni culturali e sociali per la<br />

legalità.<br />

Com’è la mafia di oggi rispetto ai tempi di<br />

m<strong>il</strong>itanza con Peppino?<br />

È cambiata tantissimo, gradatamente. Ricordo<br />

che dopo l’assassinio di Peppino ci fu<br />

uno scontro tra corleonesi e palermitani: vinsero<br />

i primi, vale a dire Riina e Provenzano.<br />

La loro era una mafia che si scontrava direttamente<br />

con lo Stato, usando la strategia<br />

“Grazie alle nostre lotte,<br />

siamo riusciti a fare approvare<br />

la legge che impone <strong>il</strong><br />

sequestro dei beni dei mafiosi.<br />

Purtroppo occorrono<br />

vittime per fare passi<br />

avanti”<br />

dello stragismo. Dopo <strong>il</strong> loro arresto la mafia<br />

si trasformò in un’organizzazione sommersa<br />

che conservava tuttavia legami con una parte<br />

del potere istituzionale ed era inserita nel sistema<br />

di politico-economico e telematico.<br />

Dopo l’arresto di Lo Piccolo tre anni fa e fino<br />

ai nostri giorni, la parte para-m<strong>il</strong>itare è stata<br />

decimata. Pochissimi mancano all’appello:<br />

sono tutti dentro. Oggi l’identikit del mafioso<br />

non è più quello di Totò Riina o Bernardo Provenzano,<br />

è quello dell’ingegnere, dell’avvocato,<br />

del medico. Basti pensare all’architetto<br />

Giuseppe Liga (considerato l’erede di Lo Piccolo,<br />

arrestato nel marzo 2010 ndr): era un<br />

professionista molto conosciuto negli ambienti<br />

politici, membro di un movimento<br />

molto vicino alla Regione. La nuova mafia è<br />

questa: una organizzazione dei colletti bianchi,<br />

una borghesia mafiosa, molto più perico-

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