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Ci samo assuefacendo alle mafie di Luca Maucci Erano gli anni ’90 quando <strong>il</strong> nome della mafia, della camorra, della n’drangheta, della sacra corona unita iniziarono a circolare “liberamente”. Parlarne sembrava sortire effetti miracolosi. Il solo poter pronunciare liberamente le sigle delle mafie era già di per sé strumento di lotta efficace. La mafia uccideva chi tentava di smascherarla. Le fiaccolate erano pura società civ<strong>il</strong>e che insorge. Poi, come spesso accade, l’abitudine si fa strada fino a spegnere qualsiasi accesso di entusiasmo o di indignazione, le fiaccolate perdono d’intensità, di forza, divengono routine. Ci restano solo comunicati d’agenzia e dichiarazioni ster<strong>il</strong>i provenienti dai più svariati mondi: dalla letteratura alla politica, dalla Chiesa al giornalismo, dall’associazionismo all’imprenditoria. Tutti sono contro le mafie. Eppure <strong>il</strong> livello di corruzione, la diffusione della criminalità micro e macro, l’<strong>il</strong>legalità spic- Il “capitale inciv<strong>il</strong>e” che grava sul Mezzogiorno di Marco De Marco L’ingranaggio della lotta istituzionale alle mafie, finalmente, ha incominciato a funzionare. Recenti notizie provenienti dalla Sic<strong>il</strong>ia, dal Casertano e dall’area vesuviana della provincia napoletana, infatti, mostrano come, in presenza di una strategia e di una coerente volontà politica, sia possib<strong>il</strong>e ottenere importanti risultati. Latitanti arrestati, confische di beni mafiosi in aumento, sperimentazione di nuovi modelli di collaborazione tra amministrazione comunali, commercianti vessati dal racket e forze dell’ordine sono gli ingredienti di una ricetta che inizia a dare i suoi frutti. Ma se su questo fronte si fanno significativi progressi, c’è un altro terreno sul quale <strong>il</strong> Sud Italia continua a camminare all’indietro. Mentre cresce l’impegno istituzionale contro la criminalità organizzata, aumenta, purtroppo, anche <strong>il</strong> deficit di “capitale civ<strong>il</strong>e” che affligge <strong>il</strong> Mezzogiorno. Le nostre università, segnala Editoriali LucaMaucci,direoreresponsab<strong>il</strong>ediComunicare<strong>il</strong> Sociale ciola quella che ciascuno di noi pratica quotidianamente, <strong>il</strong> clientelismo, divengono ordinaria amministrazione. La verità è che ci si è abituati all’idea di Mafia, di <strong>il</strong>legalità, di corruzione. A vent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio le Mafie hanno imparato una volta e per tutte la regola del s<strong>il</strong>enzio. Non per questo hanno smesso di perpetuarsi incancrenendo buona parte della società. Sono necessarie azioni concrete a qualunque livello. Ai giornalisti <strong>il</strong> compito della pubblica denuncia, alla società civ<strong>il</strong>e l’agire concreto. Tra <strong>il</strong> dire ed <strong>il</strong> divenire, in attesa dello Stato, in attesa di un noi che abbiamo smarrito <strong>il</strong> rischio è divenire mafia senza neppure accorgersene. Marco De Marco, direore Corriere del Mezzogiorno l’Istat, diventano sempre meno attrattive, la qualità media della scuola delle regioni meridionali, ribadiscono indagini internazionali e locali, è più scadente di quella del Nord. Decine e decine di persone, a <strong>Napoli</strong> come a Reggio Calabria, inveiscono contro le forze dell’ordine e inneggiano ai boss nel momento del loro arresto. E ancora, interi quartieri napoletani, dove pure si sono ottenuti successi investigativi e indebolimento dei gruppi criminali, e penso al centralissimo rione Sanità o alla periferica Ponticelli, continuano ad attendere interventi di riqualificazione ambientale e sociale mai pronti. Manca, insomma, tanto a livello locale quanto nazionale, una strategia di costruzione di quel capitale civ<strong>il</strong>e, di quella rete sociale indispensab<strong>il</strong>e per rendere più duraturi e davvero incisivi sul territorio i risultati ottenuti negli ultimi anni nel contrasto al crimine organizzato. 5