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come i corleonesi Totò Riina e Provenzano,<br />
sono finiti al 41bis capimafia come Salvatore<br />
e Sandro Lo Piccolo, i fratelli Giuseppe e F<strong>il</strong>ippo<br />
Graviano, Nino Rotolo e <strong>il</strong> suo erede<br />
Gianni Nicchi, i Mandalà padre e figlio. Senza<br />
contare gli ergastolani dei grandi procedimenti<br />
come <strong>il</strong> maxiprocesso di Palermo contro<br />
Cosa Nostra e <strong>il</strong> processo Spartacus<br />
contro i Casalesi, che hanno portato in carcere<br />
tutti gli uomini di spicco delle famiglie<br />
e dei mandamenti mafiosi e i vertici dei clan<br />
camorristici degli Schiavone e dei Bidognetti.<br />
Senza dimenticare i numerosi arresti di latitanti<br />
che hanno costellato tutto <strong>il</strong> 2009 e i<br />
primi mesi del 2010: Salvatore Miceli in Venezuela,<br />
Ciro Mazzarella nella Repubblica<br />
dominicana, Simone Castello in Spagna,<br />
Bruno Cannizzaro in Francia, Giovanni Strangio<br />
e Francesco Romeo in Olanda, Giovanni<br />
Pancotto in Germania, Giancarlo De Luca in<br />
Ungheria, Gaetano Ferrone in Romania, Antonio<br />
Pelle, Salvatore Coluccio e Carmelo<br />
Barbaro a Reggio Calabria, Santo La Causa a<br />
Catania, Nicchi e Lo Nigro a Palermo, Domenico<br />
Raccuglia a Trapani, Gaetano Fidanzati a<br />
M<strong>il</strong>ano, Candeloro Parrello a Roma, Giu-<br />
Inchieste<br />
seppe Setola e Raffaele Diana a Caserta, Carmine<br />
e Pasquale Russo ad Avellino, Luigi<br />
Esposito a <strong>Napoli</strong>.<br />
È un fenomeno, questo del carcere come<br />
collettore, che già l’allora procuratore nazionale<br />
Antimafia Pier Luigi Vigna aveva individuato<br />
nel corso di una sua audizione<br />
davanti alla commissione antimafia della Camera.<br />
Ragionando sulla presenza e sull’alta<br />
densità di mafiosi, o di loro fam<strong>il</strong>iari e sodali,<br />
in territori tutto sommato non manifestamente<br />
m<strong>il</strong>itarizzati come per esempio la Toscana,<br />
Vigna spiegava: “In Toscana vi è un<br />
forte insediamento mafioso. Una delle ragioni<br />
è riconducib<strong>il</strong>e ai vecchi soggiornanti<br />
obbligati. Ho esaminato alcuni studi in base<br />
ai quali negli anni Settanta la Toscana era al<br />
secondo posto tra le regioni che ospitavano<br />
soggiornanti obbligati, soprattutto in quelle<br />
fasce di territorio. Penso alla costa tirrenica<br />
o ad altre aree interne, dove poi è stata riscontrata<br />
una più consistente presenza di insediamenti<br />
mafiosi. La ragione principale<br />
non è dovuta tanto al soggiorno obbligato in<br />
sé, ma al relativo “trascinamento”. In sostanza,<br />
la persona costretta al soggiorno obbligato<br />
“trascina” parenti ed amici. La cosa<br />
stupenda è constatare la ragnatela di parentele<br />
che si è creata in Toscana tra soggetti<br />
provenienti da altre regioni, per effetto di<br />
matrimoni e di forme di padrinaggio”.<br />
Che cosa fare? I Servizi non danno risposte .<br />
Quelle toccano alla politica. Ma, sottotraccia,<br />
dal testo è possib<strong>il</strong>e estrarre una possib<strong>il</strong>e<br />
soluzione. “In tale quadro – conclude<br />
l’analisi – si collocano le misure varate a luglio<br />
nel “pacchetto sicurezza” volto a recidere,<br />
con l’inasprimento del regime di<br />
detenzione del 41 bis, le catene di comando<br />
tra i vertici mafiosi ristretti e le rispettive<br />
consorterie. La congiuntura ha fatto registrare,<br />
nel carcerario, tensioni tra boss e tentativi<br />
di aggregazione finalizzati a elaborare<br />
condivise forme di lotta al cd. carcere duro:<br />
all’esterno, situazioni di effervescenza animate<br />
da gregari interessati ad affrancarsi dal<br />
peso dei detenuti per guadagnare un autonomo<br />
potere territoriale”. Inasprimento del<br />
41 bis. Levare aria alle parole dei boss. Spezzare<br />
le comunicazioni. Solo così, forse, le carceri<br />
torneranno a essere barriera e non<br />
megafono.<br />
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