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Direttore editoriale<br />
Giuseppe Ambrosio<br />
Direttore responsab<strong>il</strong>e<br />
Luca Mattiucci<br />
Vice direttore<br />
Rosario Pastore<br />
Caporedattore<br />
Walter Medolla<br />
In redazione<br />
Valeria F. Castaldo<br />
Giuseppe Manzo<br />
Luca Romano<br />
Corrispondenti<br />
Gianni di Lascio - M<strong>il</strong>ano<br />
Cristiana Guccinelli - Firenze<br />
Segreteria di redazione<br />
Valeria Rega<br />
Graphic editor<br />
Giuseppina Vitale<br />
Impaginazione<br />
Renato Caneschi<br />
Editing<br />
Paparo Edizioni<br />
Hanno collaborato<br />
Mariangela Barberisi, Chiara Centrella, Sofia Curcio,<br />
Beniamino Daniele, Lara Darvanni, Elena<br />
Defeo, Giulia Dell’Acqua, Cristiano Della Valle,<br />
MattiadiCola,AndreadiTuri,FrancescoGravetti,<br />
FrancescoHeigel,GianniLannes,RaffaellaMaffei,<br />
ChiaraMarasca,IdaPalisi,VanniPietrini,Vincenzo<br />
Pinelli, Maria Pirro, Elena Scarici, Diego Simonelli,<br />
Piero Sorrentino, Ilaria Urbani, Maria Vitelli<br />
Contributi di<br />
Francesco Barbagallo, Marco De Marco, FrancescoForgione,GiampaoloLongo,MarcelloRavveduto,<br />
Isaia Sales, Alex Zanotelli<br />
Redazione<br />
CDN Is. E1 – 80143 <strong>Napoli</strong><br />
Tel.081/5624666<br />
e-ma<strong>il</strong>: redazione@comunicare<strong>il</strong>sociale.net<br />
In copertina<br />
Gli arcoli firma possono non rappresentare la linea<br />
editoriale, ma per una più ampia e completa informazione,<br />
vengono pubblicate anche le opinioni non condivise<br />
L’editore autorizza la riproduzione dei tes e delle immagini<br />
a pao che non vengano ulizzate per finalità di<br />
lucro ed in ogni caso citando la fonte<br />
Questa rivista retribuisce i propri collaboratori nel rispeo<br />
dell’ulmo tariffario dell’Ordine Nazionale dei<br />
Giornalis<br />
Finito di stampare <strong>il</strong> 20 maggio 2010 presso la Paparo Edizioni<br />
s.r.l., Via Vannella Gaetan, 27 80121 <strong>Napoli</strong><br />
Copie stampate 120000<br />
Periodico di approfondimento distribuito in allegato<br />
gratuito al n° 21 del semanale See gruppo COR-<br />
RIERE DELLA SERA<br />
Edito da<br />
Centro Direzionale di <strong>Napoli</strong><br />
Isola E1 piano 1° int. 2<br />
80143 – <strong>Napoli</strong><br />
Tel. 081/5628474 Fax. 081/5628570<br />
www.csvnapoli.it<br />
Testata giornalisca in aesa di registrazione presso <strong>il</strong> Tribunale di <strong>Napoli</strong><br />
1
2<br />
16<br />
19<br />
24<br />
36<br />
40<br />
Sommario<br />
Editoriali<br />
5 Ci stiamo assuefacendo alle mafie<br />
di Luca Mattiucci<br />
5 Il “capitale inciv<strong>il</strong>e” che grava sul Mezzogiorno<br />
di Marco De Marco<br />
6 L’incognita del futuro e la questione morale<br />
di Giuseppe Ambrosio<br />
7 Intercettazioni: <strong>il</strong> d<strong>il</strong>emma del cronista<br />
di Giampaolo Longo<br />
Contributi<br />
8 Mafia connection: un impero globale<br />
di Francesco Forgione<br />
10 Lo strano connubio tra mafia e chiesa<br />
di Isaia Sales<br />
12 Le reti criminali e <strong>il</strong> controllo dell’economia<br />
di Francesco Barbagallo<br />
14 Rione Sanità, giovani a lavoro contro <strong>il</strong> degrado<br />
di Alex Zanotelli<br />
15 Camorra online, spopola su “Youtube”<br />
di Marcello Ravveduto<br />
Lo Speciale<br />
16 “C’è un’aria strana, sembra la stessa del ‘92”<br />
Intervista a Massimo Ciancimino<br />
di Luca Mattiucci<br />
Inchieste<br />
19 Alleanze criminali dietro le sbarre<br />
di Piero Sorrentino<br />
22 Dal Centro al Nord la mappatura delle mafie<br />
di Lara Darvanni<br />
24 Quando la n’drangheta si sposta al Nord Italia<br />
di Gianni di Lascio<br />
30 Gli imprenditori vessati dallo strozzinaggio<br />
di Beniamino Daniele<br />
32 Trent’anni fa nasceva in Puglia la Sacra Corona Unita<br />
Di Walter Medolla<br />
News<br />
34 Combattere l’usura, ci sono anche gli studenti<br />
di Elena Defeo<br />
Interviste<br />
36 Genchi, sospeso dal servizio rischia la destituzione<br />
di Mattia di Cola<br />
38 “Vi spiego come è cambiata Cosa Nostra”<br />
di Giulia Dell’Acqua<br />
40 Ingroia: “Viviamo in emergenza democratica”<br />
di Rosario Pastore<br />
42 ”Non giriamo le spalle a chi chiede aiuto”<br />
di Mariangela Barberisi
44<br />
46<br />
53<br />
57<br />
77<br />
44 E’ dura ed esaltante l’eredità di Peppino<br />
di Ida Palisi<br />
46 “Io una toga rossa? Difendo solo la Costituzione”<br />
di Rosario Pastore<br />
48 Tano Grasso: “Mai isolare chi denuncia”<br />
di Vincenzo Pinelli<br />
Brevi<br />
50 Radio Onda pazza a rischio chiusura<br />
di Ilaria Urbani<br />
Esteri<br />
53 La mano lunga della ‘ndrangheta in Germania<br />
di Chiara Centrella<br />
55 La criminalità che viene dall’Est Europa<br />
di Giuseppe Manzo<br />
Italia<br />
57 Gli altri Saviano, cronisti impegnati e minacciati<br />
di Luca Romano<br />
59 Le donne e la camorra, pentite o first lady?<br />
di Chiara Marasca<br />
61 Inf<strong>il</strong>trazioni mafiose e <strong>il</strong>legalità in Toscana<br />
di Cristiana Guccinelli<br />
62 La Sic<strong>il</strong>ia dica addio al bosco di Ficuzza<br />
di Gianni Lannes<br />
64 Comuni Sciolti: come gli zombie a volte tornano<br />
di Francesco Gravetti<br />
Dal territorio<br />
67 I nuovi sommergib<strong>il</strong>i della camorra<br />
di Francesco Heigel<br />
68 “Quella Preside è come una terrorista”<br />
di Raffaella Maffei<br />
70 Beni confiscati : tante le esperienze positive<br />
di Maria Pirro<br />
72 Il ritorno delle sigarette di contrabbando<br />
di Walter Medolla<br />
Terzo Settore<br />
73 Dai beni confiscati l’opportunità di occupazione<br />
di Andrea di Turi<br />
Cinema<br />
75 Quando la malavita arriva sullo schermo<br />
di Cristiano Della Valle<br />
Libri<br />
77 La parola contro la camorra<br />
di Valeria Rega<br />
77 Leggiamo la malavita<br />
di Sofia Curcio<br />
78 Petali di Vita<br />
di Diego Simonelli<br />
78 Sei anni fa <strong>il</strong> sacrificio di Don Diana<br />
di Elena Scarici<br />
3
4<br />
Vignette
Ci samo assuefacendo alle mafie<br />
di Luca Maucci<br />
Erano gli anni ’90 quando <strong>il</strong> nome della mafia, della camorra, della n’drangheta,<br />
della sacra corona unita iniziarono a circolare “liberamente”. Parlarne<br />
sembrava sortire effetti miracolosi. Il solo poter pronunciare<br />
liberamente le sigle delle mafie era già di per sé strumento di lotta efficace.<br />
La mafia uccideva chi tentava di smascherarla. Le fiaccolate erano<br />
pura società civ<strong>il</strong>e che insorge. Poi, come spesso accade, l’abitudine si fa<br />
strada fino a spegnere qualsiasi accesso di entusiasmo o di indignazione, le<br />
fiaccolate perdono d’intensità, di forza, divengono routine. Ci restano solo<br />
comunicati d’agenzia e dichiarazioni ster<strong>il</strong>i provenienti dai più svariati<br />
mondi: dalla letteratura alla politica, dalla Chiesa al giornalismo, dall’associazionismo<br />
all’imprenditoria. Tutti sono contro le mafie. Eppure <strong>il</strong> livello di<br />
corruzione, la diffusione della criminalità micro e macro, l’<strong>il</strong>legalità spic-<br />
Il “capitale inciv<strong>il</strong>e” che grava sul Mezzogiorno<br />
di Marco De Marco<br />
L’ingranaggio della lotta istituzionale alle mafie, finalmente, ha incominciato<br />
a funzionare. Recenti notizie provenienti dalla Sic<strong>il</strong>ia, dal Casertano e<br />
dall’area vesuviana della provincia napoletana, infatti, mostrano come, in<br />
presenza di una strategia e di una coerente volontà politica, sia possib<strong>il</strong>e ottenere<br />
importanti risultati. Latitanti arrestati, confische di beni mafiosi in<br />
aumento, sperimentazione di nuovi modelli di collaborazione tra amministrazione<br />
comunali, commercianti vessati dal racket e forze dell’ordine sono<br />
gli ingredienti di una ricetta che inizia a dare i suoi frutti. Ma se su questo<br />
fronte si fanno significativi progressi, c’è un altro terreno sul quale <strong>il</strong> Sud Italia<br />
continua a camminare all’indietro. Mentre cresce l’impegno istituzionale<br />
contro la criminalità organizzata, aumenta, purtroppo, anche <strong>il</strong> deficit<br />
di “capitale civ<strong>il</strong>e” che affligge <strong>il</strong> Mezzogiorno. Le nostre università, segnala<br />
Editoriali<br />
LucaMaucci,direoreresponsab<strong>il</strong>ediComunicare<strong>il</strong><br />
Sociale<br />
ciola quella che ciascuno di noi pratica quotidianamente, <strong>il</strong> clientelismo, divengono ordinaria amministrazione.<br />
La verità è che ci si è abituati all’idea di Mafia, di <strong>il</strong>legalità, di corruzione. A<br />
vent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio le Mafie hanno imparato una volta e per tutte la<br />
regola del s<strong>il</strong>enzio. Non per questo hanno smesso di perpetuarsi incancrenendo buona parte<br />
della società. Sono necessarie azioni concrete a qualunque livello. Ai giornalisti <strong>il</strong> compito della<br />
pubblica denuncia, alla società civ<strong>il</strong>e l’agire concreto. Tra <strong>il</strong> dire ed <strong>il</strong> divenire, in attesa dello<br />
Stato, in attesa di un noi che abbiamo smarrito <strong>il</strong> rischio è divenire mafia senza neppure accorgersene.<br />
Marco De Marco, direore<br />
Corriere del Mezzogiorno<br />
l’Istat, diventano sempre meno attrattive, la qualità media della scuola delle regioni meridionali,<br />
ribadiscono indagini internazionali e locali, è più scadente di quella del Nord. Decine e decine di<br />
persone, a <strong>Napoli</strong> come a Reggio Calabria, inveiscono contro le forze dell’ordine e inneggiano ai<br />
boss nel momento del loro arresto. E ancora, interi quartieri napoletani, dove pure si sono ottenuti<br />
successi investigativi e indebolimento dei gruppi criminali, e penso al centralissimo rione<br />
Sanità o alla periferica Ponticelli, continuano ad attendere interventi di riqualificazione ambientale<br />
e sociale mai pronti. Manca, insomma, tanto a livello locale quanto nazionale, una strategia<br />
di costruzione di quel capitale civ<strong>il</strong>e, di quella rete sociale indispensab<strong>il</strong>e per rendere più<br />
duraturi e davvero incisivi sul territorio i risultati ottenuti negli ultimi anni nel contrasto al crimine<br />
organizzato.<br />
5
L’incognita del futuro e la quesone morale<br />
La sfiducia della gente cresce come <strong>il</strong> senso d’impunitàdi<br />
Giuseppe Ambrosio*<br />
Sarà <strong>il</strong> 2010 ricordato come l’anno della rinascita della questione morale? Sarà la storia<br />
a dircelo. Quel che è certo è che non c’è un bel clima in Italia, con <strong>il</strong> fiorire di alcuni<br />
scandali che sembrano interessare i più alti livelli della politica, dell’imprenditoria, e<br />
squarciano <strong>il</strong> velo di patinata ipocrisia che dagli anni ’90 ad oggi aveva coperto l’emergenza<br />
corruzione che purtroppo è connaturata al nostro Paese. Di fronte alla marea<br />
montante di notizie sempre più incredib<strong>il</strong>i che rivelano come nella vita pubblica la corruzione<br />
non sia mai scomparsa, anzi sia più fiorente che mai, <strong>il</strong> cittadino comune avverte<br />
sempre più bisogno di legalità. Saranno le associazioni, la cosiddetta società<br />
civ<strong>il</strong>e l’ultimo baluardo di legalità? Si direbbe di sì, guardando <strong>il</strong> fiorire di iniziative,<br />
specchio che riflette una vitalità ed una voglia di legalità che la società esprime, a volte<br />
urla, ed a cui la politica non riesce, non sa dare risposta. Anzi, si ha sempre di più l’impressione<br />
che la politica non sia affatto sintonizzata con gli umori del cittadino, anzi<br />
viaggi su frequenze completamente differenti. Certo tutto si poteva immaginare qualche<br />
anno fa, ma non che un governo di destra – almeno così si dichiara – fosse <strong>il</strong> promotore<br />
di un consistente indebolimento degli strumenti giuridici per combatterela<br />
criminalità e i reati.E non si tratta solo dei perversi effetti di qualche norma pensata<br />
per venire incontro all’esigenza giudiziaria del singolo, ma anche e soprattutto nel non<br />
fornire o nel sottrarre i mezzi necessari a chi deve assicurare <strong>il</strong> rispetto delle norme,<br />
la civ<strong>il</strong>e convivenza, prevenire <strong>il</strong> crimine, amministrare la giustizia.E se lo Stato non<br />
riesce ad assicurare giustizia, <strong>il</strong> senso di impunità fa sì che da un lato che la sfiducia ed<br />
<strong>il</strong> disincanto della gente aumenti, dall’altro che crolli l’effetto deterrente della pena<br />
con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Del resto, se la percezione dell’<strong>il</strong>legalità<br />
sfiora addirittura lo Stato, o chi lo incarna, che produce norme ad hoc per giustificare<br />
l’infrazione delle regole, e magari negare ai cittadini diritti riconosciuti da<br />
altissimi tribunali dello stesso Stato – parlo del decreto ‘interpretativo’ salva liste, ma<br />
anche della scandalosa soluzione trovata per negare ai cittadini <strong>il</strong> rimborso del canone<br />
di depurazione delle acque reflue, e di quella analoga che si sta trovando per neutralizzare<br />
la sentenza sull’Iva da restituire sulla tassa rifiuti – allora <strong>il</strong> comune cittadino<br />
sente montare un senso di sconcerto. Se addirittura lo Stato plasma delle leggi per sanare<br />
le sue <strong>il</strong>legalità, dove andremo a finire? La domanda dell’uomo della strada non<br />
è peregrina, solo un f<strong>il</strong>o populista, ma aderente al vero.Ed allora quello che la gente<br />
chiede è quello che non trova nella vita pubblica attuale: rigore morale, rispetto dei diritti,<br />
tempestività nel reprimere i reati, certezza della pena; in una parola legalità,<br />
senza ombre, su nessuno, senza incrinature, su niente. Senza infingimenti, perché questo<br />
è uno dei parametri su cui si misura <strong>il</strong> livello di civ<strong>il</strong>tà di una società.<br />
6<br />
Editoriali<br />
*direttore editoriale di Comunicare <strong>il</strong> Sociale
Interceazioni: <strong>il</strong> d<strong>il</strong>emma del cronista<br />
Sono uli alla verità ma pericolose per la “privacy”<br />
di Giampaolo Longo<br />
Editoriali<br />
“Signor giudice, ho delle dichiarazioni da fare sull’omicidio di Giancarlo Siani”. Era <strong>il</strong><br />
1993 quando grazie alle dichiarazioni di Salvatore Migliorino, pentito del clan Gionta<br />
di Torre Annunziata, si accendeva la luce decisiva su un grande mistero italiano: la<br />
morte del cronista del “Mattino” Giancarlo Siani. Chi scrive seguì passo dopo passo lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo in picchiata dell’inchiesta: le dichiarazioni degli altri pentiti, le indagini tenaci<br />
dell’allora pm Armando D’Alterio, le intercettazioni ambientali e telefoniche nei<br />
confronti degli aff<strong>il</strong>iati al clan.<br />
Tre anni dopo, un’altra inchiesta, un altro processo: una delle tante storiacce di tangentopoli<br />
in provincia, uno dei tanti funzionari Asl arrestato per corruzione. “Lo avete<br />
giustiziato voi, con i vostri articoli, con tutte quelle dichiarazioni riportate dai giornali,<br />
con tutte quelle intercettazioni raccontate per f<strong>il</strong>o e per segno. Ma che c’entrano i nostri<br />
fatti di famiglia riportati pari pari sui vostri fottuti giornali?”. Le parole del figlio<br />
di quel funzionario mi inchiodarono: avevo seguito tutte le fasi delle indagini e io,<br />
come altri colleghi, avevo scritto l’impensab<strong>il</strong>e su quell’uomo, i suoi affari, i suoi colloqui<br />
di lavoro, le sue faccende private – anche quelle che con l’inchiesta non avevano<br />
nulla a che fare.<br />
Sono passati diciassette anni da quelle intercettazioni telefoniche sul caso Siani che<br />
mi riempirono d’orgoglio e sono passati quattordici anni da quei colloqui spiati di quel<br />
funzionario che ancora mi procurano un’ombra di vergogna.<br />
Oggi è passata tanta acqua sotto i ponti della giudiziaria, eppure le intercettazioni restano<br />
come pietra dello scandalo: sono ut<strong>il</strong>i a scoprire tangenti e accordi sottobanco<br />
destinati altrimenti a rimanere ignoti o sono devastanti perché – a meno che non si<br />
tratti di mafiosi inveterati e incalliti- rovinano famiglie, reputazioni, carriere?<br />
Dico subito che la legge che si prepara sulle nostre teste non mi piace. Pur ammettendo,<br />
come ho appena fatto, raccontando un’esperienza professionale di tanti anni fa,<br />
che ci sono state sbavature, forzature, ossessioni da cronisti giustizieri, dico che questa<br />
legge, con l’ipotesi del carcere per chi riporta brani intercettati, con la stretta sulle<br />
indagini che riduce <strong>il</strong> campo di applicazione di questo strumento investigativo, mi sembra<br />
una scelta peggiore del problema. La storia lo insegna ma purtroppo sembra che<br />
non si voglia capirlo: vietare non serve a risolvere, blindare non basta per impedire<br />
scassinamenti. Questo però non significa che chi scrive può scrivere tutto e <strong>il</strong> contrario<br />
di tutto in nome della libertà di stampa, sbandierata solo quando ci serve come un<br />
totem. Credo che noi giornalisti, la categoria intendo, e innanzitutto l’Ordine che in<br />
tanti vorrebbero eliminare, daremmo una buona prova di noi stessi e della nostra credib<strong>il</strong>ità<br />
– che non viaggia certo su alti valori – se ci dessimo delle regole, se stab<strong>il</strong>issimo<br />
una volta per tutte confini (reali) e sanzioni (vere) per chi non vuole informare, ma<br />
vuole l’inciucio, <strong>il</strong> disonore dell’indagato di turno, <strong>il</strong> fango nel vent<strong>il</strong>atore ut<strong>il</strong>e per annebbiare<br />
colpe e responsab<strong>il</strong>ità in un mare di veleni. E dobbiamo fare presto, non solo<br />
perché ne va del nostro futuro e della sorte della notizia in quanto tale ma perché i politici<br />
– di qualunque matrice essi siano – gongolano al solo pensiero di punirci, di sanzionarci,<br />
di metterci in riga. Non facciamo loro questo favore.<br />
7
Mafia connecon: un impero globale<br />
Le holding del malaffare si estendono fino in Australia<br />
di Francesco Forgione<br />
C’è una dimensione della presenza e della natura<br />
delle mafie italiane che continua ad essere<br />
sottovalutata nell’analisi della sua<br />
diffusione e pericolosità e per questo inadeguatamente<br />
contrastata e combattuta. E’ la<br />
dimensione internazionale e <strong>il</strong> suo salto di<br />
qualità prodotto negli ultimi anni. Eppure,<br />
proprio la presenza diffusa e ramificata delle<br />
mafie italiane in Europa e nel mondo dovrebbe<br />
farci interrogare, ben al di là degli<br />
aspetti più prettamente “criminali” e giudiziari,<br />
sulla natura delle mafie oggi e sul loro<br />
peso in un’economia senza confini nazionali e<br />
in una finanza globale senza controlli e vincoli<br />
reali di trasparenza.<br />
Si tratta di una delle facce del processo di globalizzazione<br />
e delle politiche liberiste degli ultimi<br />
decenni.<br />
Lo scorso anno, in preparazione del G8 de<br />
L’Aqu<strong>il</strong>a, le principali potenze economiche<br />
mondiali dichiararono in pompa magna<br />
guerra ai “paradisi fiscali”. Dopo un anno, ancora<br />
si attende che venga st<strong>il</strong>ata la lista nera<br />
dei paesi-cassaforte dei capitali <strong>il</strong>leciti di tutto<br />
<strong>il</strong> mondo. Ovviamente l’ostacolo non è rappresentato<br />
solo dalla forza di pressione che i<br />
rappresentanti della finanza nera delle diverse<br />
mafie hanno sui governi e sulle istituzioni<br />
internazionali, quanto dal fatto che<br />
assieme ai capitali accumulati dalle mafie e<br />
dai grandi cartelli del narcotraffico, negli<br />
stessi “paradisi” si trovano i capitali prodotti<br />
dalla corruzione politica, dalle grandi speculazioni<br />
finanziarie e dal saccheggio spregiudicato<br />
e <strong>il</strong>legale delle risorse mondiali in un<br />
mercato senza regole.<br />
Del resto la forza economica del narcotraffico<br />
incide sulla politica, sulle istituzioni e sull’economia<br />
di decine e decine di paesi, dall’America<br />
Latina all’Africa all’Estremo Oriente, e<br />
alcuni di questi si configurano come dei veri e<br />
propri “narco-stati”. Da diversi anni, ormai,<br />
non è più un problema di piccoli paesi produttori<br />
di coca: quello che negli anni ’80 e ’90<br />
del secolo scorso accadeva in Colombia, ora<br />
avviene quotidianamente in Messico, con<br />
circa 10.000 morti nella guerra tra i narcos<br />
8<br />
Contributi<br />
Francesco Forgione, ex presidente Commissione Anmafia<br />
nello scorso anno e con quasi tutti gli stati<br />
messicani, al confine con gli Stati Uniti, ormai<br />
sotto <strong>il</strong> controllo dei nuovi “signori della<br />
droga”.<br />
Il Messico, che non produce cocaina, è però <strong>il</strong><br />
centro delle nuove rotte del traffico e la porta<br />
d’accesso al principale mercato di consumo<br />
mondiale assieme all’Europa, gli Stati Uniti.<br />
Se un ch<strong>il</strong>o di cocaina pura trasforma i 1.200<br />
euro pagati al produttore nei 200.000 ricavati<br />
sulle piazze dello smercio, la gestione di questa<br />
potenzialità di riproduzione e accumulazione<br />
finanziaria va necessariamente ben<br />
oltre la pura dimensione “criminale” delle<br />
strutture narcotrafficanti e delle mafie che<br />
gestiscono <strong>il</strong> mercato per incrociare riciclatori,<br />
notai, avvocati, commercialisti, direttori<br />
di banche e di strutture finanziarie internazionali.<br />
Si tratta di una borghesia mafiosa<br />
senza le quali le mafie non avrebbero <strong>il</strong> potere<br />
che hanno.<br />
Non si può più occultare questo contesto globale<br />
nel quale le mafie hanno ricollocato la<br />
loro funzione e assunto un ruolo di impresa<br />
e di moderne holding economico-finanziarie.<br />
Se <strong>il</strong> fatturato annuo presunto delle mafie ita-
liane si aggira tra i 100-130 m<strong>il</strong>iardi di euro e<br />
almeno <strong>il</strong> 60% di questa ricchezza rientra nel<br />
circuito economico legale, <strong>il</strong> problema non è<br />
più l’economia criminale, ma la demarcazione<br />
del confine tra legale e <strong>il</strong>legale.<br />
Quando si colpisce una ‘ndrina a Gioia Tauro,<br />
un clan a <strong>Napoli</strong> o una cosca a Palermo e se<br />
ne ricostruiscono le attività imprenditoriali, si<br />
arriva in Em<strong>il</strong>ia, a M<strong>il</strong>ano, nel cuore di Roma.<br />
Se si ricostruiscono i flussi finanziari, si parte<br />
da una banca di provincia per arrivare in Germania,<br />
Russia, Australia, magari passando<br />
per qualche studio legale internazionale di<br />
Roma o M<strong>il</strong>ano.<br />
Se agli inizi del vecchio secolo e dopo la seconda<br />
guerra mondiale gli insediamenti mafiosi<br />
italiani nel mondo seguivano i flussi di<br />
emigrazione, oggi seguono i flussi finanziari.<br />
Per questo va smontata l’ipocrisia, che vale<br />
per le regioni del Nord dell’Italia come per i<br />
paesi europei, di chi non vede le mafie fino a<br />
quando non insanguinano le strade. E’<br />
quanto è successo a Duisburg con la strage di<br />
ferragosto del 2007. Lì gli uomini della<br />
‘ndrangheta c’erano da anni, ma per i tedeschi<br />
<strong>il</strong> problema era degli italiani e tale sarebbe<br />
rimasto se una notte non vi fossero<br />
stati sei ragazzi uccisi a scuotere l’opinione<br />
pubblica e a farne scoprire <strong>il</strong> volto violento<br />
nel cuore della Germania industriale. Ma Duisburg<br />
non è solo fabbriche e pizzerie: è a<br />
metà strada tra <strong>il</strong> porto di Rotterdam, uno dei<br />
più grandi d’Europa, e la Borsa di Francoforte,<br />
una delle più importanti del mondo. E tutti i<br />
più importanti protagonisti di quella strage,<br />
non sono stati arrestati a San Luca, ma ad<br />
Amsterdam.<br />
Se si ricostruisce la rete messa in piedi dall’Alleanza<br />
di Secondigliano, si parte dalla Zona<br />
Nord di <strong>Napoli</strong> ma si arriva a Madrid e Barcellona,<br />
a Parigi e Berlino, a Londra e Mosca,<br />
a Sidney e Toronto, in Cina e in Bras<strong>il</strong>e. E così<br />
la vecchia tradizione dei “magliari” napoletani<br />
si trasforma in un modello di multinazionale<br />
moderna, con un proprio Cda, <strong>il</strong><br />
“direttorio”, e dà vita ad un mercato parallelo<br />
delle merci contraffatte nel nuovo mercato<br />
globale. E’ l’altra faccia del “made in<br />
Italy” ma anche di un mercato che con l’irruzione<br />
delle produzioni cinesi ha cambiato totalmente<br />
natura e forme di competizione.<br />
Il problema è che queste mafie sono diventate<br />
soggetti economico- imprenditoriali moderni,<br />
viaggiano parallelamente alle trasformazioni<br />
sociali che mutano <strong>il</strong> rapporto tra economia,<br />
mercato e territorio e scelgono come territorio<br />
<strong>il</strong> mondo. Anche se non bisogna correre l’errore<br />
di pensare che la globalizzazione<br />
ridimensiona <strong>il</strong> peso del territorio d’origine:<br />
non esiste mafia senza un proprio territorio sul<br />
quale esercitare <strong>il</strong> proprio controllo economico<br />
e sociale, dal pizzo al condizionamento della<br />
politica, all’inquinamento della pubblica amministrazione.<br />
Abbiamo quindi un dovere in più, quello di<br />
sfidare le mafie nella dimensione locale e in<br />
quella globale: riconquistare i territori non<br />
solo con la repressione ma con nuove politiche<br />
sociali e risposte pubbliche alternative al<br />
lavoro e ai modelli sociali creati dalla criminalità<br />
e colpire i flussi finanziari e <strong>il</strong> riciclaggio<br />
su scala sovrannazionale. Serve un diritto<br />
penale minimo su scala europea, <strong>il</strong> riconoscimento<br />
del reato di associazione mafiosa, del<br />
sequestro e della confisca dei beni per mafiosi<br />
e corrotti in tutti i paesi dell’Unione. Ma<br />
occorre rendere trasparente <strong>il</strong> mercato e la<br />
tracciab<strong>il</strong>ità dei capitali. L’opposto di uno<br />
scudo fiscale, come quello voluto dal governo,<br />
che assicura l’anonimato ai capitali <strong>il</strong>leciti<br />
e criminali al loro rientro. Basta vedere<br />
quello che è successo con la ‘ndrangheta che<br />
ha portato i suoi capitali nel cuore di Fastweb<br />
e quindi di Telecom, grazie a una rete di manager<br />
e a un senatore come Di Girolamo, per<br />
capire quali sono i rischi reali del momento.<br />
Per questo non basta solo la repressione e<br />
l’azione giudiziaria e penale ma serve<br />
un’opera di verità sul modello economico, sul<br />
sistema delle imprese e sulla politica. Ma su<br />
questo, da destra a sinistra, i segnali non<br />
sono ancora dei più incoraggianti.<br />
In 368 pagine la mappatura<br />
degli interessi economici<br />
delle mafie in Italia e nel<br />
mondo.<br />
9
Lo strano connubio tra Mafia e Chiesa<br />
I divorzia più peccatori dei mafiosi come Riina e Provenzano<br />
di Isaia Sales<br />
Sono compatib<strong>il</strong>i con la fede cattolica organizzazioni<br />
criminali come la mafia, la camorra, la<br />
‘ndrangheta e la sacra corona unita? Sembra assurda<br />
una domanda del genere: la stragrande<br />
parte dei cattolici praticanti risponderebbero<br />
decisamente di no, anzi si meraviglierebbe di<br />
una domanda del genere. Ma anche i mafiosi si<br />
meraviglierebbero della stessa domanda: per<br />
loro è ovvio che la Chiesa cattolica è compatib<strong>il</strong>e<br />
con l’appartenenza ad un’associazione criminale<br />
di tipo mafioso; anch’essi si sentono credenti,<br />
buoni cristiani, in pace con Cristo e con la loro<br />
coscienza. Perché per tantissimo tempo que-<br />
“Laveritàèche<strong>il</strong>messaggiodella<br />
Chiesameridionalesièdimostrato<br />
capacedicoesisteresenzaconfli<br />
conl’appartenenzamafiosa”<br />
sta lapalissiana contraddizione è stata rimossa,<br />
soprattutto da parte delle gerarchie<br />
cattoliche? Perché si sono permessi i sacramenti<br />
a dei pii assassini, si sono svolti per loro<br />
solenni funerali, sono stati accettati come padrini<br />
di battesimo e cresima, sono stati scelti<br />
per presiedere i festeggiamenti dei santi patroni?<br />
E ancora: le mafie si sono sv<strong>il</strong>uppate<br />
all’interno di quattro cattolicissime regioni,<br />
tra le popolazioni considerate tra le più credenti<br />
e legate alla Chiesa, senza che nel corso<br />
dei secoli ci sia stato conflitto, contrasto, contrapposizione<br />
tra <strong>il</strong> sostegno culturale alle<br />
mafie e l’adesione ad una religione antiviolenta<br />
per eccellenza. E’ normale tutto ciò?<br />
Se degli assassini credono in Dio e si sentono<br />
dei buoni cristiani, <strong>il</strong> problema potrebbe stare<br />
o nella loro testa bacata o nel modo in cui la<br />
Chiesa cattolica ha portato avanti <strong>il</strong> suo messaggio,<br />
o in entrambi i fronti. Cioè andrebbe<br />
indagata la psiche di questi assassini e la loro<br />
particolare idea di Dio, ma al tempo stesso<br />
andrebbe interrogata la storia della Chiesa<br />
meridionale (e la storia della società meri-<br />
10<br />
Contributi<br />
dionale influenzata dall’insegnamento cattolico),<br />
perché c’è qualcosa che non va se si<br />
sono sv<strong>il</strong>uppate, senza contrasto con la<br />
Chiesa, alcune delle associazioni criminali più<br />
feroci al mondo proprio laddove più forte è <strong>il</strong><br />
legame delle popolazioni con la fede cattolica.<br />
Sta di fatto che non si conoscono mafiosi<br />
atei o anticlericali, non ci sono appartenenti<br />
alle mafie che non ostentino la loro fede . Nei<br />
loro covi si sono trovate numerose bibbie, immagini<br />
sacre, statue di santi, e altre forme di<br />
acculturazione religiosa e di forte e sentita<br />
credenza. In alcuni casi sono stati trovati dei<br />
“Non si conoscono malavitosi<br />
atei, tu ostentano la fede. Il<br />
segno della croce prima di<br />
ammazzare”<br />
veri e propri altari su cui preti e frati andavano<br />
a dire messa e a porgere la comunione<br />
a dei ricercati per efferati delitti. Si tratta di<br />
semplice superstizione? E allora si dovrebbe<br />
etichettare come superstiziosa tutta la popolazione<br />
meridionale. Essi non fanno altro che<br />
manifestare la loro religiosità nelle forme in cui<br />
normalmente si manifesta e si è manifestata<br />
nei secoli la fede cattolica nel Sud d’Italia. La<br />
verità è che <strong>il</strong> messaggio della Chiesa meridionale<br />
si è dimostrato capace di coesistere senza<br />
conflitti con l’appartenenza mafiosa.<br />
La domanda che molti studiosi della criminalità<br />
si pongono è questa: le mafie avrebbero<br />
potuto ricoprire un ruolo plurisecolare nella<br />
storia meridionale e dell’intera nazione se,<br />
oltre alla connivenza di settori dello Stato e<br />
di parte consistente delle classi dirigenti locali,<br />
non avessero beneficiato del s<strong>il</strong>enzio,<br />
dell’indifferenza, della sottovalutazione della<br />
Chiesa cattolica e della sua dottrina? La risposta<br />
è no. Senza di ciò le mafie non sarebbero<br />
arrivate a tenere in pugno <strong>il</strong> futuro di<br />
intere popolazioni. Si è trattato solo di paura,
Isaia Sales, scriore<br />
di vigliaccheria dei rappresentanti della Chiesa<br />
o di qualcosa di più profondo? Anche chi non<br />
crede riconosce alle religioni un presidio morale<br />
contro <strong>il</strong> male. Tutte le religioni tentano,<br />
ciascuna a proprio modo, di contenere <strong>il</strong> male<br />
che si sprigiona dall’uomo. Ancora di più ciò<br />
viene riconosciuto alla religione di Cristo. Ma<br />
se degli assassini non provano neanche rimorso<br />
per quello che fanno, si fanno <strong>il</strong> segno<br />
della croce prima di ammazzare, vuol dire che<br />
una credenza religiosa è riuscita a dare buona<br />
coscienza ai mafiosi e a farli sentire legittimati<br />
nelle loro azioni.<br />
L’ossessione della Chiesa per i peccati legati<br />
alla sfera sessuale l’ha privata nel Sud del<br />
ruolo di guida nella lotta alle più agguerrite<br />
organizzazioni criminali che <strong>il</strong> nostro Paese ha<br />
prodotto nella storia. La scomunica è stata<br />
usata sia per i suoi avversari ideologici (socialisti,<br />
comunisti) sia per coloro che non rispettano<br />
le sue prescrizioni in materia<br />
sessuale e matrimoniale. Un divorziato non<br />
può accedere ai sacramenti ma un Provenzano,<br />
un Riina sì. Anzi, ad alcuni capi mafia i<br />
sacramenti sono stati portati nel loro rifugi di<br />
ricercati. Non è venuto <strong>il</strong> momento di risolvere<br />
radicalmente questa storica contraddizione?<br />
Contributi<br />
Sepe in controtendenza:<br />
“Denunciate i criminali“<br />
Pompei, 11 maggio scorso. Nella sala del teatro<br />
“Di Costanzo Mattiello” dell’Istituto Bartolo<br />
Longo, davanti a una platea di 25 vescovi e 600<br />
sacerdoti arrivati da ogni parte della Campania,<br />
<strong>il</strong> cardinale Crescenzio Sepe ha lanciato un monito<br />
destinato a destare scalpore. L’arcivescovo<br />
di <strong>Napoli</strong> è estremamente chiaro nel suo invito.<br />
“Uscite dalle chiese, andate per le strade e denunciate<br />
i camorristi senza dargli tregua”.<br />
L’incontro era stato organizzato dalla Conferenza<br />
Episcopale Campana, con la Facoltà di Teologia<br />
dell’Italia Meridionale, in occasione dell’Anno Sacerdotale<br />
voluto da Benedetto XVI.<br />
“Quello della camorra - ha proseguito Sepe - è<br />
un cancro maligno che bisogna assolutamente<br />
estirpare. La criminalità organizzata sta soffocando<br />
i territori della regione e delle città. Per<br />
questo, bisogna assolutamente che lasciamo sagrestie<br />
e stanze vescov<strong>il</strong>i e andiamo in mezzo alla<br />
gente”.<br />
Il cardinale ha chiaramente aggiunto che le sue<br />
parole erano rivolte a tutti. Non solo ai preti delle<br />
frontiere o ai parroci che operano nei quartieri<br />
diffic<strong>il</strong>i della città.<br />
“Perché - ha spiegato - <strong>Napoli</strong> è una città di frontiera.<br />
Non ha zone franche. La camorra è presente<br />
nelle zone disadattate così come in quelle<br />
della media e alta borghesia. Riscontriamo la<br />
presenza della malavita organizzata a Scampia<br />
così come al Vomero o a Pos<strong>il</strong>lipo”.<br />
“La gente - ha detto ancora <strong>il</strong> cardinale - ci chiede<br />
delle risposte e dobbiamo essere in grado di dargliele.<br />
Bisogna, dunque, lasciare le sagrestie e le<br />
eleganti stanze vescov<strong>il</strong>i ed andare in mezzo agli<br />
altri, affrontando le sfide che arrivano dal nostro<br />
territorio, specialmente in questo particolare<br />
momento di crisi economica e sociale”.<br />
11
Le re criminali e <strong>il</strong> controllo dell’economia<br />
In quindici anni <strong>il</strong> faurato delle mafie è quintuplicato: dai venquarom<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di lire del<br />
1993 ai seanta m<strong>il</strong>iardi di euro del 2008<br />
di Francesco Barbagallo<br />
Le mafie italiane hanno conquistato <strong>il</strong> primo<br />
posto nel mondo. Dopo si collocano le mafie cinesi,<br />
giapponesi, russe, latino-americane, nordamericane,<br />
africane. Il numero degli aff<strong>il</strong>iati a<br />
ciascuna delle tre mafie italiane è di circa 6.000.<br />
Gli ut<strong>il</strong>i della camorra nel 2008 sono stati calcolati<br />
approssimativamente in 13 m<strong>il</strong>iardi di euro,<br />
più o meno come per cosa nostra. Nel 1993 la<br />
Commissione parlamentare antimafia aveva stimato<br />
<strong>il</strong> fatturato annuo delle tre organizzazioni<br />
criminali del Sud intorno ai 24 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di<br />
lire. Nel 2008 <strong>il</strong> fatturato è balzato a circa 70 m<strong>il</strong>iardi<br />
di euro: quintuplicato.<br />
In una fase della storia mondiale segnata da una<br />
“Il potere criminale è <strong>il</strong> potere<br />
centrale nell’economia e nella<br />
società della Campania, della<br />
Calabria e della Sic<strong>il</strong>ia”<br />
gravissima crisi finanziaria ed economica, proprio<br />
la potenza finanziaria e la crescente inf<strong>il</strong>trazione<br />
nell’economia legale dei clan dovrebbe<br />
suscitare preoccupazioni più diffuse di quante<br />
se ne vedano in giro, soprattutto nell’universo<br />
sempre più appariscente quanto evanescente<br />
del governo e del mondo politico, nazionale e<br />
locale.<br />
Il potere criminale è ormai <strong>il</strong> potere centrale nell’economia<br />
e nella società in Campania, Calabria<br />
e Sic<strong>il</strong>ia. Ha cumulato, con le tante attività <strong>il</strong>lecite,<br />
un enorme patrimonio monetario, che investe<br />
in tutti i settori più redditizi dell’economia<br />
e della finanza. Pienamente inserita nei processi<br />
di globalizzazione e integrazione finanziaria, perfettamente<br />
operativa nei più aggiornati sistemi<br />
criminali, la camorra, come le altre mafie, manovra<br />
le tecnologie più avanzate. E sa sfruttare<br />
al meglio le garanzie di impunità assicurate da<br />
mercati sempre meno controllati.<br />
Sul finire del 2009 <strong>il</strong> governatore della Banca<br />
d’Italia Draghi ha definito <strong>il</strong> Mezzogiorno d’Italia<br />
“<strong>il</strong> territorio arretrato più esteso e popoloso del-<br />
12<br />
Contributi<br />
l’Unione Europea, dove permane un ritardo allarmante<br />
nei servizi essenziali: dall’istruzione alla<br />
giustizia, dalla sanità ai trasporti, dalla gestione<br />
dei rifiuti alla distribuzione idrica”. Al centro di<br />
tutto si espandono le mafie: “La criminalità organizzata<br />
inf<strong>il</strong>tra le pubbliche amministrazioni,<br />
inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola <strong>il</strong> funzionamento<br />
del mercato e accresce i costi della<br />
vita economica e civ<strong>il</strong>e”.<br />
L’incapacità della politica, nazionale e locale, di<br />
superare l’autoreferenzialità e la diffusa tendenza<br />
a sistemare i propri adepti, e l’oscuramento<br />
di qualsiasi prospettiva legale di sv<strong>il</strong>uppo<br />
per questo vasto territorio meridionale, insieme<br />
“La quesone va affrontata a<br />
livello nazionale con adegua<br />
strumen polici, sociali e<br />
culturali”<br />
alle tendenze mondiali espresse dal nuovo modello<br />
di sv<strong>il</strong>uppo capitalistico, definito “informazionale”<br />
dal grande sociologo Manuel Castells,<br />
favoriscono le tendenze diffuse tra i diversi strati<br />
sociali, in alto e in basso, a inserirsi nelle varie<br />
forme di questi traffici <strong>il</strong>leciti.<br />
La questione criminale è diventata la più drammatica<br />
questione nazionale e dal Sud si estende<br />
sempre più verso tutto <strong>il</strong> Centro-Nord. Non<br />
può essere fronteggiata soltanto con l’azione<br />
pur efficace della magistratura e delle forze dell’ordine,<br />
ma va affrontata con adeguati strumenti<br />
politici, sociali, culturali. Su questo terreno<br />
si gioca <strong>il</strong> futuro civ<strong>il</strong>e e progressivo del paese,<br />
se si vuole evitare che l’Italia precipiti al livello<br />
degli Stati già definiti dal prevalere dei gruppi e<br />
delle attività criminali.<br />
E’ passato un decennio da quando Castells ha<br />
lanciato un messaggio drammatico, fondato sull’analisi<br />
diretta delle realtà in sv<strong>il</strong>uppo nei diversi<br />
continenti: “L’economia criminale globale sarà<br />
un fattore fondamentale nel XXI secolo, e la sua<br />
influenza economica, politica e culturale perva-
Francesco Barbagallo<br />
derà tutte le sfere della vita. Il punto non è stab<strong>il</strong>ire<br />
se le nostre società saranno in grado di eliminare<br />
le reti criminali, ma capire se le reti<br />
criminali finiranno o meno per controllare una<br />
parte sostanziale della nostra economia, delle<br />
nostre istituzioni e della nostra vita quotidiana”.<br />
Questo processo si è già realizzato in gran parte<br />
del Mezzogiorno. E’ passato già troppo tempo<br />
senza che se ne sia voluto prendere adeguata<br />
coscienza e si sia messa in campo qualche concreta<br />
iniziativa, accanto alla meritoria e indispensab<strong>il</strong>e,<br />
ma parziale, azione repressiva.<br />
La camorra e le altre mafie si sono perfettamente<br />
inserite nella “società in rete” che caratterizza<br />
<strong>il</strong> mondo contemporaneo, collegandosi<br />
efficacemente con gli ambienti professionali, imprenditoriali,<br />
amministrativi, politici. L’estensione<br />
crescente delle differenti forme di attività<br />
ha notevolmente aumentato la capacità criminale<br />
di fornire occasioni di lavoro e di inserimento<br />
nell’odierna “società dello spettacolo”,<br />
determinando una diffusione della sua popolarità,<br />
specie tra i sempre più estesi ceti emarginati<br />
e tra i giovani esclusi in massa dal mercato<br />
del lavoro. Fin quando non ci saranno decisivi<br />
cambiamenti sul terreno politico e culturale la<br />
realtà del presente e la prospettiva del futuro<br />
saranno sempre più oscure.<br />
Contributi<br />
Il personaggio<br />
Francesco Barbagallo, salernitano, è un<br />
accademico e storico italiano. E' nato nel<br />
1945 ed è Professore Ordinario di Storia<br />
Contemporanea, oltre a rivesre <strong>il</strong> ruolo<br />
di direore del Diparmento di Disciplina<br />
Statale dell'Università Federico II di <strong>Napoli</strong>.<br />
Dal 1983, Barbagallo è direore della rivista<br />
"Studi Storici", una pubblicazione<br />
specializzata a scadenza trimestrale, nata<br />
nel 1959.<br />
Gli studi di Barbagallo si concentrano sulla<br />
storia contemporanea d'Italia e, in parcolare,<br />
del Mezzogiorno, con un approfondimento<br />
del periodo che va dal<br />
Seecento ad oggi. Lo studioso ne approfondisce<br />
tu gli aspe, nella loro vasta<br />
dinamica sociale, polica e culturale.<br />
Barbagallo è altresì un aento studioso<br />
del fenomeno criminale nelle regioni meridionali.<br />
A questo argomento ha dedicato<br />
diversi lavori e interven. Proprio sul<br />
fenomeno della malavita organizzata, <strong>il</strong><br />
docente salernitano ha dedicato la sua ul-<br />
ma faca leeraria, "Storia della camorra",<br />
Laterza Editore. Un'opera<br />
estremamente interessante. L'autore sviscera<br />
nei suoi aspe, anche i più nascos,<br />
<strong>il</strong> fenomeno camorrisco, accompagnandone<br />
l'"excursus" da quando l'organizzazione<br />
malavitosa è nata.<br />
Dalle origini della camorra sino ai<br />
giorni nostri un viaggio all’interno<br />
della malavita napoletana.<br />
13
14<br />
Contributi<br />
Rione Sanità, giovani alavoro contro <strong>il</strong> degrado<br />
A <strong>Napoli</strong> nascono cooperave sociali per combaere la camorra<br />
di Alex Zanotelli<br />
Una nuova esperienza. Un nuovo cammino<br />
intrapreso, durante <strong>il</strong> quale ho imparato<br />
a osservare e ad apprezzare i<br />
giovani del Rione Sanità. “Dalle baraccopoli<br />
della Nigeria ai bassi della Sanità”,<br />
hanno detto in tanti quando più di<br />
cinque anni fa sono arrivato a <strong>Napoli</strong>. I<br />
problemi che affliggono questo quartiere<br />
sono molti, ma proprio da questa<br />
serie di esperienze negative ho visto<br />
germogliare e crescere una bella realtà.<br />
Un gruppo di giovani del quartiere che<br />
ha deciso di reagire, nel modo più normale<br />
e naturale: attraverso <strong>il</strong> lavoro. La<br />
nascita di realtà lavorative, la creazione<br />
di possib<strong>il</strong>ità occupazionali, è <strong>il</strong> metodo<br />
più incisivo per combattere e contrastare<br />
le sirene della criminalità. I ragazzi<br />
della cooperativa, in poco più di tre<br />
anni, sono cresciuti, dando la possib<strong>il</strong>ità<br />
a tanti loro coetanei del quartiere di trovare<br />
sbocchi occupazionali nel campo<br />
del turismo e dell’artigianato. L’intero<br />
lavoro di recupero dei beni artistici del<br />
quartiere è legato a un più vasto progetto<br />
di riqualifica dell’intero Rione Sanità.<br />
Una zona di <strong>Napoli</strong> che si presenta<br />
come un piccolo laboratorio adatto ad<br />
accogliere, per ricchezza di patrimonio<br />
storico, un programma di interventi che<br />
consentano l’uso ottimale delle risorse<br />
culturali del territorio, e l’ avvio di<br />
un’innovativa strategia di sv<strong>il</strong>uppo che<br />
stimoli l’iniziativa imprenditoriale promuovendo<br />
la costituzione di una f<strong>il</strong>iera<br />
produttiva a tutela dell’identità culturale<br />
del territorio. Non credo sia possib<strong>il</strong>e<br />
distruggere da un giorno all’altro la<br />
camorra, ma attraverso un lavoro lento<br />
e costante si può debellare questo cancro<br />
che da oltre un secolo affligge <strong>Napoli</strong>.<br />
Piccoli gesti, piccoli semi di<br />
speranza che crescono. Nuove ab<strong>il</strong>ità e<br />
nuove idee per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio socio culturale<br />
del Rione Sanità che grazie all’operato<br />
di questi giovani è tornato a vivere.<br />
Padre Alex Zanotelli, missionario Comboniano<br />
Il personaggio<br />
Alex Zanotelli, 72 anni è un frate comboniano. Dal<br />
1965 al 1973 ha lavorato in Sudan meridionale,<br />
dove le autorità civ<strong>il</strong>i lo osteggiarono a causa delle<br />
sue forti prese di posizione a difesa delle fasce più<br />
povere della popolazione. Nel 1978 gli viene affidata<br />
la direzione di Nigrizia che da mens<strong>il</strong>e religioso<br />
diviene una pubblicazione di informazione<br />
socio-politico sulla situazione africana. Nel 1989<br />
torna in missione in Africa questa volta in Kenya,<br />
a Korogocho,in una delle baraccopoli di Nairobi.<br />
Qui Padre Alex affronta situazioni di estrema povertà<br />
incontrando fenomeni di forte disagio sociale<br />
quali prostituzione, violenza, alcolismo. Nel<br />
2001 lascia Nairobi per intraprendere una nuova<br />
esperienza a <strong>Napoli</strong>, in uno dei quartieri più disagiati<br />
della città, <strong>il</strong> Rione Sanità. Qui affronta problemi<br />
legati alla diffic<strong>il</strong>e realtà economico sociale<br />
e criminale. Dalla sua prima abitazione, in vico Cristallini,<br />
inizia a lavorare tra la gente e a coltivare<br />
sogni di speranza insieme agli abitanti della zona.<br />
Oggi Zanotelli è al fianco delle fasce più deboli<br />
della città, battendosi su temi di forte impatto<br />
sociale come la privatizzazione dell’acqua e la gestione<br />
del ciclo rifiuti.
Contributi<br />
La camorra on line spopola su “Youtube”<br />
Aumentano pagine e si dedica a boss e clan della malavita<br />
di Marcello Ravveduto<br />
Li chiamano “criminal network”, sono i siti<br />
web dedicati alle mafie. Attenzione, non si<br />
tratta di pagine dai contenuti edificanti, sono<br />
vere e proprie apologie della criminalità. L’invasione<br />
barbarica viaggia su due enormi vascelli:<br />
Facebook e Youtube. Di alcuni giorni fa<br />
la notizia che un ragazzino di 12 anni stava<br />
creando un gruppo dal titolo significativo: “A’<br />
Scission Ro Rion” che tradotto è “La scissione<br />
del rione”. Il gruppo ha già raggiunto 4.615<br />
fan. I link postati sono di questo tipo: “meglio<br />
morto che pentito, i pentiti sono guappi di<br />
cartone che hanno paura della galera (ritornello<br />
della canzone neomelodica Femmena<br />
d’onore interpretata da Lisa Castaldi), meglio<br />
disoccupato che servo dello stato (con un<br />
chiaro riferimento fotografico ai carabinieri).<br />
Preso dalla furia comunicativa <strong>il</strong> ragazzino ha<br />
voluto fare lo “smargiasso” pubblicando <strong>il</strong> link<br />
“Il gruppo Facebook a’<br />
scission ro’ Rion, dedicato<br />
alla guerra di Scampia, in<br />
poco tempo ha raggiunto<br />
oltre 4500 adesioni”<br />
È una masseria senza capo, per sottolineare<br />
l’attuale vuoto di potere al rione Masseria<br />
Cardone. Il dodicenne si accorge di aver “pisciato”<br />
fuori dal vaso quando interviene tra i<br />
commentatori un tal E. L. che gli spiega di continuare<br />
a fare <strong>il</strong> ragazzino, altrimenti dovrà assumersi<br />
la responsab<strong>il</strong>ità di ciò che ha scritto.<br />
Minacce on line? No, di più: le nuove leve criminali<br />
seguono <strong>il</strong> magmatico mondo dei social<br />
network e lo ut<strong>il</strong>izzano per inviare<br />
messaggi espliciti. Si ripete uno schema ben<br />
strutturato: le fasce sociali marginali metabolizzano<br />
i processi di modernizzazione fagocitandoli<br />
e restituendoli sotto forma di<br />
subcultura criminale. Un fenomeno paradossale:<br />
i figli dei neoplebei hanno difficoltà ad<br />
esprimersi in italiano, ma conosco gli strumenti<br />
digitali in grado di veicolare ed imporre,<br />
con <strong>il</strong> linguaggio dell’avvertimento<br />
mafioso, <strong>il</strong> loro st<strong>il</strong>e di vita. Analfabeti analogici<br />
ma alfabetizzati digitali. In realtà, la predisposizione<br />
alla comunicazione è una caratteristica<br />
precipua delle bande di camorra. I clan della città<br />
di <strong>Napoli</strong> ostentano la propria marginalità legittimandola<br />
con un’identità alternativa, opposta<br />
alla cosiddetta normalità. È la dimostrazione<br />
che la camorra cittadina, più di ogni altra<br />
mafia, somiglia alle gang metropolitane americane.<br />
In entrambi i casi l’orgoglio della diversità<br />
è raccontato attraverso canzoni (la<br />
canzone è la tipica forma della narrazione<br />
epica – ricordate la chanson de geste?) che<br />
interpretano storie reali di degradazione urbana.<br />
Youtube è lo strumento migliore per<br />
entrare in contatto con questo mondo. I<br />
video musicali neomelodici lanciati in rete<br />
sono amplificatori di una particolare mentalità<br />
collettiva, un ponte che unisce autori, interpreti<br />
ed ascoltatori. Le canzoni di malavita,<br />
sparate nel flusso virtuale, vanno alla ricerca<br />
di un pubblico omogeneo capace di condividere<br />
i contenuti del testo. Se <strong>il</strong> pubblico si<br />
identifica nella canzone, si ottiene una reciprocità<br />
tra emittente e ricevente che genera<br />
consenso sociale. Se leggiamo i vari commenti<br />
ai video e ai gruppi troveremo favorevoli<br />
e contrari. I contrari sono indignanti e un<br />
po’ snob, i favorevoli, invece, si prodigano<br />
nelle giustificazioni. Top Junior scrive: “…è la<br />
nostra vita e ci dobbiamo adattare al sistema<br />
e alla società… è veramente diffic<strong>il</strong>e essere un<br />
bravo ragazzo in un quartiere… per mangiare<br />
facciamo quello che non dobbiamo fare”.<br />
Anche i cantanti intervengono “…non giudicate<br />
mai se non sapete la verità se non ci sei<br />
passato o vissuto per una cosa non giudicarla<br />
mai… raccontano solo la vita reale”. Il messaggio<br />
è chiaro e sott<strong>il</strong>e: guardare senza giudicare,<br />
ovvero noi siamo questi e nessuno ci<br />
può cambiare.<br />
15
“C’è un’aria strana, sembra la stessa del ‘92”<br />
Ciancimino: scenario sim<strong>il</strong>e a quello che precedette le stragi<br />
di Luca Mattiucci<br />
Tra i numerosi libri sulla mafia grande scalpore<br />
ha suscitato quello recentemente pubblicato<br />
da Massimo Ciancimino, figlio minore<br />
dell’ex Sindaco di Palermo Vito. Il titolo è emblematico:<br />
“Don Vito”; un libro come tanti<br />
ma che come pochi è stato acquisito in ben<br />
dodici copie dalle procure di Caltanissetta e<br />
Palermo. La storia è quella del padre, scritta<br />
da Massimo a quattro mani con <strong>il</strong> giornalista<br />
Francesco La Licata. Si va dal “sacco di Palermo”<br />
alla presunta trattativa tra Stato e<br />
Mafia degli anni ’90. Quella trattativa che<br />
sembra avere portato alla fine delle stragi di<br />
mafia, o forse solo ad una tregua che dura<br />
ormai da vent’anni. Ciò che oggi Ciancimino<br />
racconta potrebbe ben presto riscrivere la<br />
storia di numerosi, tanti, forse troppi accadimenti<br />
che hanno sconvolto in questo ventennio<br />
<strong>il</strong> nostro paese.<br />
Oggi la racconta lui che “la mafia l’ho respirata<br />
a casa mia quando di mafia non si sapeva<br />
ancora <strong>il</strong> volto. Con Buscetta che la prima<br />
volta nel ‘90 rompe questo muro del s<strong>il</strong>enzio.<br />
Nell’80 io sapevo già cos’era mafia quando di<br />
mafia ancora non si parlava”.<br />
Massimo, accento palermitano a parte, della<br />
connotazione mafiosa non ha praticamente<br />
nulla. Anzi, ad un orecchio più attento, <strong>il</strong> suo<br />
modus di porsi è decisamente più sim<strong>il</strong>e a<br />
quello di una ristretta cerchia di uomini che<br />
hanno deciso di servire lo stato sino in fondo.<br />
E’ una voce chiara, esplosiva, decisa che sa<br />
conservare un velo di paura. Quella paura che<br />
devi avere per forza quando scegli, quando<br />
decidi di oltrepassare la linea d’ombra tra<br />
stato ed antistato. Non c’è più ritorno e Massimo<br />
questo lo sa.<br />
Gli sistemiamo <strong>il</strong> microfono e notiamo una<br />
certa dimestichezza: “tra quelli che mi hanno<br />
messo senza che lo sapessi e quelli che sto indossando<br />
di recente ho acquisito una certa<br />
fam<strong>il</strong>iarità”.<br />
Dott. Ciancimino, i microfoni, le intercettazioni<br />
che ne pensa della legge che dovrebbe<br />
essere varata a breve?, un po’ come tagliare<br />
le gambe agli inquirenti…<br />
A me la natura già me le ha tagliate le gambe<br />
16<br />
Lo speciale<br />
Massimo Ciancimino<br />
– ironizza sulla sua statura, poi torna sull’argomento<br />
– la politica dei giorni nostri dice di<br />
combattere, di fare , ma sicuramente questi<br />
provvedimenti, comprenda non voglio fare <strong>il</strong><br />
mafiologo o l’opinionista, ma sicuramente,<br />
anche in riferimento all’inchiesta che mi ha<br />
visto protagonista, credo che le intercettazioni<br />
siano alla base di un’indagine.<br />
Ne sa qualcosa Gioacchino Genchi..”<br />
Passa un treno, un gran rumore.<br />
Ciancimino è decisamente in vena:<br />
“Quando si parla di Genchi si sa sempre come<br />
disturbare la conversazione” - poi risponde -<br />
“Si Genchi è una persona che ha lavorato su<br />
questo; ho avuto modo di conoscerlo di recente.<br />
Una persona di grande professionalità.<br />
Direi che è uno di quei personaggi che <strong>il</strong> ‘sistema’<br />
ha usato, e più che lui rivoltarsi al sistema<br />
mi sembra sia stato <strong>il</strong> sistema a<br />
rivoltarglisi contro. Da quel poco che ho visto<br />
credo abbia un carattere che diffic<strong>il</strong>mente si<br />
fa comandare o far dire di rimanere in s<strong>il</strong>enzio,<br />
una persona che ha fatto un giuramento
e, a differenza di altri, in quel giuramento ancora<br />
ci crede..insomma è una di quelle lampadine<br />
ancora da spegnere…”.<br />
Tornando al suo caso, senza intercettazioni<br />
ci sarebbe stato un “caso” Ciancimino?<br />
L’inchiesta di certo non ci sarebbe stata, la<br />
mia come tante altre. Le intercettazioni sono<br />
“C’è aria di cambiamento<br />
con un presidente del<br />
Consiglio, non mi permeo<br />
di giuducare, ma che sembra<br />
un pò come uno yogurt con<br />
una data di scadenza dietro<br />
<strong>il</strong> colleo, con la scria da<br />
consumarsi entro”<br />
uno strumento efficace e glielo assicuro,<br />
come le ho detto l’ho vissuto sulla mia pelle.<br />
Come tutte le cose non se ne deve fare un<br />
uso distorto. Dovrebbe bastare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>tro del<br />
buon senso sia per chi opera nella giustizia o<br />
per chi opera nei media.<br />
Le intercettazioni, poi l’inchiesta che l’ha<br />
vista protagonista, sino al libro, un libro che<br />
si apre con <strong>il</strong> “Don” a precedere <strong>il</strong> nome di<br />
suo padre, nessun imbarazzo?<br />
E’ cosi che lo chiamavano tante persone; non<br />
ultimo Giovanni Falcone quando lo incontra<br />
in aereo quel martedì prima di andare incontro<br />
alla morte. Nel libro racconto come quell’ultimo<br />
volo di andata lo prendiamo insieme<br />
io, lui e mio padre. Si salutano, “Buongiorno<br />
Giudice” e <strong>il</strong> Dott. Falcone “Buongiorno Don<br />
Vito”. Oramai era qualcosa di conosciuto, di<br />
acclarato, purtroppo.<br />
Il Giudice Falcone…che ne pensa delle rivelazioni<br />
comparse su Repubblica di recente in<br />
merito al ruolo assunto dai servizi segreti in<br />
quegli anni?<br />
Le dico solo che ne parliamo nel libro, dell’attentato<br />
all’Addaura e del ruolo dei servizi.<br />
Bolzoni, l’autore, mi diceva prima al telefono<br />
che si è ispirato, per le indagini, anche a questa<br />
parte del libro.<br />
Lei quindi ne ha parlato per primo?<br />
No, in generale no. Ma di certo per primo da-<br />
Lo speciale<br />
vanti ai giudici. E la anticipo, perché ho parlato<br />
solo adesso? Tutte le volte che mi hanno<br />
chiamato ho risposto con fatti ed anche alle<br />
domande dei giudici.<br />
Ecco lei risponde ai Giudici e a casa le arrivano<br />
5 proiett<strong>il</strong>i di kalashnikov. Si dice che<br />
la mafia minacci una persona non per quello<br />
che ha detto ma per quello che ha ancora da<br />
dire..<br />
Da dire c’è sicuramente ancora tanto, inut<strong>il</strong>e<br />
nasconderlo. E molto è stato detto alla magistratura.<br />
Cose che non avrei potuto raccontare<br />
nel libro per rispetto degli inquirenti che<br />
stanno cercando di ricostruire, dare volti e<br />
nomi a personaggi che hanno condizionato se<br />
non determinato gli anni ’90 - poi aggiunge -<br />
mi permetta di dire che oggi ci si affanna ed<br />
arrovella per capire come mai Ciancimino<br />
parla, non ci si chiede mai perché <strong>il</strong>lustri personaggi<br />
dopo 17 anni ricordano o vengono <strong>il</strong>luminati<br />
dalle mie dichiarazioni; oppure<br />
perché non ci si chiede <strong>il</strong> motivo del s<strong>il</strong>enzio<br />
di tante persone. C’è ancora tanto da fare e <strong>il</strong><br />
s<strong>il</strong>enzio è l’anomalia. Il s<strong>il</strong>enzio dei fam<strong>il</strong>iari di<br />
Provenzano, di Riina; non saranno mafiosi,<br />
ma da raccontare su come i padri hanno vissuto<br />
le loro vite, le latitanze, gli incontri di<br />
certo c’è molto da dire. La verità è che in Italia<br />
oggi paga più la strada dell’<strong>il</strong>legalità.<br />
Lei parla del s<strong>il</strong>enzio, ma non c’è oggi <strong>il</strong> rischio<br />
che parlare di mafia sia solo un ritornello<br />
ster<strong>il</strong>e?<br />
Per capire <strong>il</strong> presente è necessario conoscere<br />
o ricostruire <strong>il</strong> proprio passato. Non posso dimenticare<br />
le parole di mio padre che soleva<br />
dire “quando avranno arrestato i maggiori latitanti<br />
la mafia tornerà ad essere più forte di<br />
prima”. Quando non si riesce a dare un volto<br />
alle cose, quando è la mafia ad adottare un<br />
low-prof<strong>il</strong>e diviene inattaccab<strong>il</strong>e. Oggi la<br />
mafia salvaguarda i propri interessi economici<br />
occultati dietro nuovi volti. Parlarne<br />
equivale a danneggiarla. Al sud ci sono troppi<br />
vuoti tra società civ<strong>il</strong>e e istituzioni. E’ proprio<br />
in questi vuoti che la mafia, la n’drangheta,<br />
la camorra si collocano<br />
Un sud malato…<br />
Guardi a Palermo ci sono tornato dopo<br />
tempo e non è cambiato nulla almeno nei salotti<br />
bene, i giovani sono un’altra storia per<br />
fortuna. Salotti pervasi di ipocrisia che magari<br />
hanno preso le distanze ma non accusato<br />
certi personaggi. Parlare con la magistratura<br />
ha per me significato l’esclusione da tutti<br />
questi salotti.<br />
17
I salotti bene..spesso si parla del rapporto<br />
tra Stato e Mafia, nel mezzo intermediari<br />
che provvedevano a tenere in rapporto questi<br />
due mondi. Oggi cosa succede, possib<strong>il</strong>e<br />
che sia scomparso l’intermediario e i ruoli rischino<br />
in qualche modo di confondersi?<br />
Non voglio fare l’opinionista, per esperienza<br />
diretta e non per cultura mafiosa nell’aria c’è<br />
una strana puzza, quella stessa che si respirava<br />
nel ’92. C’è aria di cambiamento. Un<br />
presidente del Consiglio, che non mi permetto<br />
di giudicare, ma che sembra un po’<br />
come uno yogurt con una data di scadenza<br />
dietro <strong>il</strong> colletto…da consumarsi entro.<br />
Ci sono interessi che iniziano a voler confluire<br />
come nel ’92. Poco prima delle elezioni, non<br />
dimentichiamolo, accadde tutto. Crollano<br />
quei partiti più radicati ed inizia <strong>il</strong> periodo<br />
stragista. L’elettore impaurito non va verso i<br />
partiti estremisti ma si ricompatta al centro<br />
su un soggetto nuovo. Oggi un’instab<strong>il</strong>ità<br />
economica evidente, l’egemonia che sta manifestando<br />
un partito di governo come la<br />
Lega che emerge come elemento di coesione<br />
senza <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> governo non va avanti. Gli interessi<br />
delle lobbie sempre più pressanti.<br />
Tutte posizioni che possono rievocare quegli<br />
anni.»<br />
Le manca Palermo?<br />
Adoro Palermo, ci sono tornato di recente<br />
per motivi personali, e potendo tornerei a viverci<br />
subito. Nulla contro Bologna che anzi mi<br />
ha accolto senza entusiasmi ma senza neanche<br />
sofferenza<br />
Una regione in miglioramento dopo <strong>il</strong> periodo<br />
MPA?<br />
Non mi sono mai interessato di attività politica.<br />
Quello che le posso dire, da elettore, è<br />
che vedo ogni tanto qualcuno che prova a rigenerare<br />
se stesso con nuove etichette con<br />
nuove cose, ma mi sembra che quando si toccano<br />
certe situazioni , certi equ<strong>il</strong>ibri la Sic<strong>il</strong>ia<br />
non si muove. Ne è la prova, mi sembra, questo<br />
governo Lombardo.<br />
Quindi continua <strong>il</strong> malessere?<br />
Il malessere è quello di sempre. Sa, mi ri-<br />
18<br />
Lo speciale<br />
“Si chiedono perché io parli<br />
solooggi.Nessunosiinterroga<br />
sul s<strong>il</strong>enzio di chi dopo 17 anni<br />
ancora tace”<br />
cordo sempre di mio padre che diceva “non<br />
voglio vivere fino a quando faranno <strong>il</strong> ponte<br />
sullo stretto, solo vorrei vedere la costruzione<br />
di un benzinaio sulla Palermo-Trapani<br />
o Mazara del Vallo. Poi mi raccontò che per<br />
farla era necessario andare in America e riunirsi<br />
con sedici “famiglie”, si rende conto, per<br />
una pompa di benzina sedici famiglie »<br />
Un ultima domanda: sugli elementi e sulle<br />
dichiarazioni che lei ha reso ai giudici si è<br />
aperto un dibattito ampio, una parte della<br />
stampa ed anche una Corte hanno definito<br />
come “inattendib<strong>il</strong>i” alcune sue dichiarazioni…<br />
Guardi non la voglio correggere ma “inattendib<strong>il</strong>e”<br />
direi proprio di no. Ci sono delle sentenze<br />
che parlano chiaro. Un’attendib<strong>il</strong>ità<br />
rimarcata da numerosi pentiti, oltre che di<br />
svariati Magistrati. E comunque non si è mai<br />
parlato di inattendib<strong>il</strong>ità. Si è parlato di ut<strong>il</strong>ità,<br />
di progressione, che poi tanti di voi chiamate…<br />
la mia paura la chiamate progressione…<br />
quella che a mano a mano permette<br />
di condurre questa affannosa ricerca della verità.<br />
Sicuramente per voi giornalisti esterni<br />
che non dovete fare i conti con una famiglia,<br />
una moglie la chiamate progression eper me<br />
si chiama vita quotidiana e si chiama soltanto<br />
paura.<br />
La coperna del libro Don Vito di Massimo<br />
Ciancimino e Francesco La Licata
Alleanze criminali dietro le sbarre<br />
I Servizi: “in carcere si decidono le strategie dei<br />
clan”. Boss e aff<strong>il</strong>iati stringono patti e coalizioni.<br />
di Piero Sorrenno<br />
Immaginate un posto dove si danno convegno<br />
boss e gregari, capiclan e soldati. Uno<br />
spazio in cui gli incontri sono all’ordine del<br />
giorno, dove la rete dei dialoghi si fa fitta, si<br />
scambiano informazioni, si prendono decisioni.<br />
Un luogo attraverso cui f<strong>il</strong>trano notizie,<br />
circolano dati, numeri, nomi. Come fosse<br />
una gigantesca tavolata attorno alla quale le<br />
organizzazioni criminali stringono patti, rinsaldano<br />
sodalizi, rompono alleanze storiche.<br />
Uno scenario da incubo. Che, stando alla Relazione<br />
2009 sulla politica dell’informazione<br />
per la sicurezza, redatta dei Servizi italiani e<br />
spedita pochi mesi fa al Parlamento, esiste,<br />
ed è in tumultuosa attività. Quello spazio<br />
sono le carceri italiane.<br />
Centrotrentanove pagine, nove capitoli. Si<br />
parte dall’analisi delle minacce terroristiche<br />
internazionali per arrivare a uno studio sulla<br />
proliferazione delle armi di distruzione di<br />
massa, passando per <strong>il</strong> racconto della nebulosa<br />
dell’estremismo antagonista e anarcoinsurrezionalista.<br />
Ma la sezione più densa, e<br />
più preoccupante, è quella che va da pagina<br />
71 a pagina 87 dell’informativa. Non è la<br />
prima relazione sull’argomento. Sul tema, <strong>il</strong><br />
23 febbraio scorso, l’Osservatorio socio-economico<br />
sulla criminalità del Consiglio nazionale<br />
dell’economia e del lavoro aveva<br />
licenziato un rapporto su «L’inf<strong>il</strong>trazione<br />
della criminalità nell’economia di alcune regioni<br />
del Nord Italia». E le librerie sono ormai<br />
colme di saggi, reportage, studi sull’argomento.<br />
Ma c’è un elemento di novità, nel<br />
rapporto 2009 dei Servizi. Ed è, appunto,<br />
quello che assegna alle carceri un paradossale<br />
ruolo di collettore per le operazioni dei<br />
clan nazionali. Leggiamo. Scrive l’Aisi (Agenzia<br />
informazioni e sicurezza interna): “L’attività<br />
dell’Aisi sul fronte della lotta alla<br />
criminalità organizzata si è sv<strong>il</strong>uppata sotto<br />
<strong>il</strong> duplice prof<strong>il</strong>o della ricerca informativa e<br />
dell’analisi, a supporto e nel contesto di una<br />
pagante strategia interistituzionale a tutto<br />
tondo cui concorrono, in prima linea, magistratura<br />
e forze dell’ordine, amministrazione<br />
prefettizia e penitenziaria, organi di vig<strong>il</strong>anza<br />
Inchieste<br />
bancaria e finanziaria (…) Le evidenze<br />
emerse hanno consentito di cogliere, con costanza<br />
e tempestività, note evolutive e linee<br />
di tendenza dello scenario criminale nazionale<br />
al fine di formulare aggiornate e attendib<strong>il</strong>i<br />
previsioni di rischio per la sicurezza e<br />
per lo sv<strong>il</strong>uppo economico-sociale del Paese.<br />
In questa prospettiva, <strong>il</strong> livello di minaccia<br />
espresso dal fenomeno mafioso resta elevato<br />
soprattutto per la capacità dei sodalizi<br />
di inquinare e condizionare l’economia non<br />
soltanto a livello locale, ma anche nazionale.<br />
Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o delle dinamiche criminali, <strong>il</strong><br />
dato più significativo – dovuto all’arresto di<br />
numerosi elementi apicali delle organizzazioni<br />
mafiose – è parso quello dell’inedita<br />
concentrazione di leadership in ambito detentivo<br />
e della correlata, accresciuta valenza<br />
del circuito carcerario quale potenziale centro<br />
mediatore degli indirizzi strategici dei<br />
boss reclusi”.<br />
È una lettura molto istruttiva, quella del Rap-<br />
“L’allarme dell’Agenzia<br />
Informazione e Sicurezza<br />
Interna è scaato dopo i<br />
recenti arresti di molti<br />
capi clan”<br />
porto annuale dei Servizi al Parlamento. Sia<br />
perché si tratta di un documento che di solito<br />
serve da base al rapporto annuale della<br />
Dia (Direzione investigativa antimafia) e a<br />
quello della Dna (Direzione nazionale antimafia),<br />
che tra l’altro raccoglie le specifiche<br />
relazioni distrettuali delle procure antimafia<br />
sulle specificità territoriali e sulle risultanze<br />
del lavoro della magistratura; sia perché, soprattutto,<br />
muove da materiali e studi del<br />
tutto diversi da quelli della magistratura e<br />
delle forze dell’ordine. Gli analisti di Aisi, Aise<br />
(Agenzia informazioni sicurezza esterna) e<br />
Cisr (Comitato interministeriale per la sicu-<br />
19
“Paradossalmente, è <strong>il</strong> messaggio dell’intelligence, la<br />
latanza rende più complicato questo momento<br />
fondamentale di scambio informavo”<br />
rezza della Repubblica) attingono a canali cosiddetti<br />
classificati, cioè a informazioni che,<br />
spesso, non sono in possesso nemmeno<br />
della magistratura (la quale, come si sa, si avvale<br />
della polizia giudiziaria per le indagini).<br />
Detto in poche parole, le informazioni dei<br />
Servizi arrivano solo ed esclusivamente sulla<br />
scrivania del capo del governo con cadenza<br />
mens<strong>il</strong>e. Solo in casi di imminente rischio e<br />
necessità gli apparati di intelligence condividono<br />
le analisi e le notizie con le forze dell’ordine<br />
e la magistratura. Leggendo la<br />
Relazione al Parlamento, si ha così un momento<br />
priv<strong>il</strong>egiato per la comprensione di dinamiche<br />
evolutive e linee di tendenza<br />
relative alle organizzazioni criminali e ai loro<br />
continui assestamenti.<br />
Fuor di burocratese, lo stralcio parla chiaro:<br />
nelle carceri, i boss si parlano. Comunicano.<br />
20<br />
Inchieste<br />
Decidono. Stringono patti, rinsaldando alleanze.<br />
Paradossalmente, è <strong>il</strong> messaggio dell’intelligence,<br />
la latitanza rende più<br />
complicato questo momento fondamentale<br />
di scambio informativo. Le lunghe distanze,<br />
gli spostamenti continui, <strong>il</strong> timore di essere<br />
pedinati o intercettati, la oggettiva difficoltà<br />
di accesso a computer o telefoni. Basti pensare<br />
ai famosi pizzini di Provenzano, foglietti<br />
datt<strong>il</strong>oscritti che passavano di mano in<br />
mano, di gregario in gregario, a volte impiegando<br />
ore o addirittura giorni per arrivare a<br />
destinazione. Le raffiche di arresti dei mesi<br />
scorsi, dicono i Servizi, hanno creato le condizioni<br />
di una “inedita concentrazione di leadership”<br />
all’interno delle carceri. Fenomeno<br />
inevitab<strong>il</strong>e, insomma, quello di una direzione<br />
da dentro <strong>il</strong> carcere dato che, oltre agli arresti<br />
dei latitanti e capi storici di Cosa Nostra
come i corleonesi Totò Riina e Provenzano,<br />
sono finiti al 41bis capimafia come Salvatore<br />
e Sandro Lo Piccolo, i fratelli Giuseppe e F<strong>il</strong>ippo<br />
Graviano, Nino Rotolo e <strong>il</strong> suo erede<br />
Gianni Nicchi, i Mandalà padre e figlio. Senza<br />
contare gli ergastolani dei grandi procedimenti<br />
come <strong>il</strong> maxiprocesso di Palermo contro<br />
Cosa Nostra e <strong>il</strong> processo Spartacus<br />
contro i Casalesi, che hanno portato in carcere<br />
tutti gli uomini di spicco delle famiglie<br />
e dei mandamenti mafiosi e i vertici dei clan<br />
camorristici degli Schiavone e dei Bidognetti.<br />
Senza dimenticare i numerosi arresti di latitanti<br />
che hanno costellato tutto <strong>il</strong> 2009 e i<br />
primi mesi del 2010: Salvatore Miceli in Venezuela,<br />
Ciro Mazzarella nella Repubblica<br />
dominicana, Simone Castello in Spagna,<br />
Bruno Cannizzaro in Francia, Giovanni Strangio<br />
e Francesco Romeo in Olanda, Giovanni<br />
Pancotto in Germania, Giancarlo De Luca in<br />
Ungheria, Gaetano Ferrone in Romania, Antonio<br />
Pelle, Salvatore Coluccio e Carmelo<br />
Barbaro a Reggio Calabria, Santo La Causa a<br />
Catania, Nicchi e Lo Nigro a Palermo, Domenico<br />
Raccuglia a Trapani, Gaetano Fidanzati a<br />
M<strong>il</strong>ano, Candeloro Parrello a Roma, Giu-<br />
Inchieste<br />
seppe Setola e Raffaele Diana a Caserta, Carmine<br />
e Pasquale Russo ad Avellino, Luigi<br />
Esposito a <strong>Napoli</strong>.<br />
È un fenomeno, questo del carcere come<br />
collettore, che già l’allora procuratore nazionale<br />
Antimafia Pier Luigi Vigna aveva individuato<br />
nel corso di una sua audizione<br />
davanti alla commissione antimafia della Camera.<br />
Ragionando sulla presenza e sull’alta<br />
densità di mafiosi, o di loro fam<strong>il</strong>iari e sodali,<br />
in territori tutto sommato non manifestamente<br />
m<strong>il</strong>itarizzati come per esempio la Toscana,<br />
Vigna spiegava: “In Toscana vi è un<br />
forte insediamento mafioso. Una delle ragioni<br />
è riconducib<strong>il</strong>e ai vecchi soggiornanti<br />
obbligati. Ho esaminato alcuni studi in base<br />
ai quali negli anni Settanta la Toscana era al<br />
secondo posto tra le regioni che ospitavano<br />
soggiornanti obbligati, soprattutto in quelle<br />
fasce di territorio. Penso alla costa tirrenica<br />
o ad altre aree interne, dove poi è stata riscontrata<br />
una più consistente presenza di insediamenti<br />
mafiosi. La ragione principale<br />
non è dovuta tanto al soggiorno obbligato in<br />
sé, ma al relativo “trascinamento”. In sostanza,<br />
la persona costretta al soggiorno obbligato<br />
“trascina” parenti ed amici. La cosa<br />
stupenda è constatare la ragnatela di parentele<br />
che si è creata in Toscana tra soggetti<br />
provenienti da altre regioni, per effetto di<br />
matrimoni e di forme di padrinaggio”.<br />
Che cosa fare? I Servizi non danno risposte .<br />
Quelle toccano alla politica. Ma, sottotraccia,<br />
dal testo è possib<strong>il</strong>e estrarre una possib<strong>il</strong>e<br />
soluzione. “In tale quadro – conclude<br />
l’analisi – si collocano le misure varate a luglio<br />
nel “pacchetto sicurezza” volto a recidere,<br />
con l’inasprimento del regime di<br />
detenzione del 41 bis, le catene di comando<br />
tra i vertici mafiosi ristretti e le rispettive<br />
consorterie. La congiuntura ha fatto registrare,<br />
nel carcerario, tensioni tra boss e tentativi<br />
di aggregazione finalizzati a elaborare<br />
condivise forme di lotta al cd. carcere duro:<br />
all’esterno, situazioni di effervescenza animate<br />
da gregari interessati ad affrancarsi dal<br />
peso dei detenuti per guadagnare un autonomo<br />
potere territoriale”. Inasprimento del<br />
41 bis. Levare aria alle parole dei boss. Spezzare<br />
le comunicazioni. Solo così, forse, le carceri<br />
torneranno a essere barriera e non<br />
megafono.<br />
21
Dal Centro al Nord la mappatura delle mafie<br />
Gli insediamenti di cosche, clan e ‘ndrine lungo lo stivale<br />
di Lara Vardanni<br />
Fenomeni territoriali, ma non solo. È notorio<br />
che la criminalità organizzata meridionale è<br />
fortemente radicata al proprio territorio di<br />
appartenenza, da cui trova linfa ed in alcuni<br />
casi anche la propria ragion d’essere; ma è altrettanto<br />
accertato che ‘ndrangheta, camorra<br />
e mafia estendono i loro interessi, prevalentemente<br />
economici, anche nel resto d’Italia e<br />
talvolta varcano i confini nazionali.<br />
Al fenomeno sono dedicati una serie di dossier<br />
territoriali mirati su alcune delle principali<br />
città italiane.<br />
Particolarmente preoccupante lo scenario relativo<br />
a Roma e M<strong>il</strong>ano.<br />
Come si evince dalla mappa su M<strong>il</strong>ano, in<br />
questa zona viene praticato qualunque tipo<br />
di attività <strong>il</strong>lecita. Gli enormi proventi di questi<br />
affari, secondo un meccanismo ben collaudato,<br />
avviano una seconda fase<br />
dell’organizzazione: ingenti quantità di denaro<br />
vengono infatti ripulite con attività legali:<br />
ristoranti, club, bar, autosaloni, negozi di<br />
abbigliamento, finanziare, grandi magazzini.<br />
La presenza di associazioni a delinquere, fenomeno<br />
storicamente presente in Lombardia,<br />
è caratterizzato da gruppi criminali<br />
aff<strong>il</strong>iati ai clan malavitosi di Campania, Calabria<br />
e Sic<strong>il</strong>ia, che spesso si intrecciano, sovrapponendosi,<br />
anche nelle medesime zone,<br />
specialmente nel centro cittadino. La stessa<br />
DIA ha evidenziato come vi sia una presenza<br />
massiccia di elementi collegati alla ‘ndrangheta.<br />
La zona orientale della Regione, soprattutto<br />
le Province di Bergamo e Brescia, sono territorio<br />
di conquista per le mafie straniere, specie<br />
albanese e nigeriana.<br />
Concentrandoci sulla città di M<strong>il</strong>ano scopriamo<br />
che la città rimane sotto l’influenza<br />
di una strana pax mafiosa tra le varie mafie<br />
italiane.<br />
La ‘ndrangheta rimane la mafia dominante in<br />
Lombardia e quindi anche nel suo capoluogo,<br />
occupando i territori a sud-ovest, come i centri<br />
di Buccinasco e Cesano Boscone, con le famiglie<br />
Papalia, Mazzaferro e Di Giovine e i<br />
territori a est, come la zona dell’ortomercato<br />
22<br />
Inchieste<br />
“Dalla Chinatown di M<strong>il</strong>ano<br />
alle cosche dei Castelli<br />
Romani e della Magliana,<br />
come la malavita meridionale<br />
è riuscita a inf<strong>il</strong>trarsi”<br />
di via Lomboroso, un vero e proprio quartier<br />
generale della ‘ndrangheta, con <strong>il</strong> clan Morabito-Bruzzantini-Palamara.<br />
La zona a nord del capoluogo lombardo, invece,<br />
è <strong>il</strong> quartier generale di Cosa Nostra<br />
specialmente nei territori di San Siro.<br />
Vicino al centro città si sono sv<strong>il</strong>uppate invece<br />
tutte le mafie straniere come la cinese, nella<br />
zona di Chinatown, quella nordafricana, nella<br />
zona fashion di Corso Como, quella albanese<br />
e quella rumena nelle vicinanze della Stazione<br />
Centrale.<br />
Non manca certo anche un’inf<strong>il</strong>trazione importante<br />
in città anche della camorra, con la<br />
famiglia Zagaria, del clan dei Casalesi, specialmente<br />
nella zona sud-est e sui territori attigui<br />
ai Navigli.<br />
“Tale situazione fa pensare ad una diversificazione<br />
della strategia della criminalità organizzata,<br />
di cui ancora non comprendiamo i<br />
contorni, ma che chiaramente viene sottovalutata<br />
da parte delle Istituzioni”, commenta<br />
la sociologa Monia <strong>Napoli</strong>tano, che ha coordinato<br />
la redazione dei dossier.<br />
Recentissima (29 apr<strong>il</strong>e) la presentazione del<br />
dossier relativo alla capitale, aggiornato con i<br />
dati del numero verde antiusura della Provincia<br />
di Roma.<br />
Accanto alle forme di criminalità organizzata<br />
classica – si evidenzia nello studio – si assiste<br />
oggi a Roma e nel Lazio a fenomeni di alleanze<br />
e all’espansione di nuovi patti criminali<br />
tra inf<strong>il</strong>trazioni nostrane e altre di diversa<br />
etnia. Oltre a mafia, ’ndrangheta, camorra,<br />
evidenti sono gruppi criminali identificab<strong>il</strong>i<br />
come le “nuove mafie”. Cinesi, nigeriani, al-
anesi, romeni, rom collaborano attivamente<br />
con la criminalità italiana spartendosi<br />
proventi e territori. Allo stato attuale, queste<br />
convivono senza conflitti tra di loro, sovrapponendosi,<br />
praticando qualunque tipo<br />
di attività <strong>il</strong>lecita: spaccio di stupefacenti,<br />
prostituzione, estorsione, usura, smaltimento<br />
dei rifiuti tossici. In definitiva: tutto<br />
ciò che è altamente redditizio. Tranne qualche<br />
rara eccezione, esiste una forte stab<strong>il</strong>ità<br />
tra le varie organizzazioni presenti sul territorio<br />
laziale. Secondo la Dia e la Procura di<br />
Roma sarebbero oltre venti le ‘ndrine presenti<br />
nel Lazio impegnate nel riciclaggio dei<br />
capitali. Negli ultimi anni, la ‘ndrangheta si è<br />
sempre più attestata nel territorio sia per avviare<br />
attività commerciali e finanziarie in<br />
grado di riciclare capitali, sia per aumentare<br />
<strong>il</strong> volume dei guadagni con <strong>il</strong> gioco d’azzardo,<br />
le estorsioni, l’usura e traffico di droga. Oltre<br />
al sud pontino una delle città più colpite è<br />
appunto la Capitale. Oltre al settore della ristorazione<br />
e ai supermercati, le mani delle<br />
cosche sono arrivate fino all’affare del momento:<br />
i centri commerciali. Il rapporto ha<br />
documentato altresì che nella capitale ci sarebero<br />
6S inf<strong>il</strong>trazioni mafiose che dominano<br />
la scena e si suddividono così: al Flaminio<br />
operano 5 ‘ndrine (Morabito, Bruzzaniti, Palamara,<br />
Speranza e Scriva) a S. Bas<strong>il</strong>io la<br />
‘ndrina Sergi-Marando, ad Ostia c’è la Camorra<br />
e Cosa Nostra, a Ciampino e Centocelle<br />
la Camorra del clan Senese, i ben<br />
conosciuti Casamonica dediti in particolare<br />
all’usura all’Appio Tuscolano e alla Borghesiana,<br />
<strong>il</strong> clan Ierinò. Oltre all’onnipresente<br />
clan dei Casalesi che nel basso Lazio, anche<br />
per ragioni geografiche, mantiene cospicui<br />
interessi.<br />
“Una riunione ad hoc del Comitato provinciale<br />
per l’ordine e la sicurezza sarà richiesta<br />
Inchieste<br />
per analizzare l’inf<strong>il</strong>trazione della criminalità<br />
organizzata nel territorio romano”. E’ quanto<br />
ci anticipa <strong>il</strong> Presidente della Provincia di<br />
Roma, Nicola Zingaretti, che così mostra di<br />
condividere analisi e preoccupazioni dell’associazione.<br />
Sotto <strong>il</strong> giogo delle mafie anche Velletri e in<br />
particolare i Castelli Romani, con esponenti<br />
legati alla banda della Magliana ed alla<br />
Camorra campana.<br />
“L’analisi storica del fenomeno – spiega<br />
Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di CO-<br />
DICI - ci porta a dire che i clan storici non<br />
sembrano più avere basi strategiche nella Capitale,<br />
ma hanno sv<strong>il</strong>uppato la loro presenza<br />
nelle aree dei Castelli dove, chiaramente,<br />
hanno anche <strong>il</strong> controllo del territorio. Per<br />
questo parliamo di “funzione strategica” dei<br />
Castelli Romani. Ma grazie alle numerose<br />
operazioni delle forze dell’ordine e degli interventi<br />
dello Stato è stato inflitto un duro<br />
colpo alle organizzazioni criminali ed in particolare<br />
al clan dei casalesi“. Nel mirino delle<br />
forze dell’ordine anche le organizzazioni legate<br />
alla storica banda della Magliana, dedita<br />
in particolare al riciclaggio e all’usura. Oggi<br />
assistiamo così ad un cambiamento del contesto<br />
di azione e, molto probab<strong>il</strong>mente, si assisterà<br />
ad un riassetto all’interno del clan.<br />
Il dossier dedicato a Roma e al Lazio è aggiornato<br />
con i dati del numero verde antiusura<br />
della Provincia. Il 2009 ha registrato un<br />
aumento dei contatti quantificab<strong>il</strong>e nel 23,24<br />
per cento; <strong>il</strong> 51,37 per cento dei contatti ha<br />
tra 26 e i 45 anni, con un incremento rispetto<br />
al 2008 del 23,7 per cento.<br />
“Il Numero Verde Antiusura - commenta l’Assessore<br />
provinciale alla Tutela del Consumatore<br />
e Lotta all’Usura, Serena Visintin - è uno<br />
degli strumenti per la conoscenza e la prevenzione<br />
dell’usura sul territorio provinciale.<br />
Ad esso nell’ultimo anno abbiamo affiancato<br />
<strong>il</strong> Protocollo di intesa firmato da 12 comuni<br />
col quale è prevista la defiscalizzazione per<br />
coloro che denunciano tentativi di usura. E’<br />
un fatto storico - spiega l’assessore Visintin, -<br />
poiché per la prima volta la Provincia si costituisce<br />
parte civ<strong>il</strong>e in un processo per usura<br />
ritenendosi parte offesa, creando l’opportunità<br />
di costituirsi parte civ<strong>il</strong>e anche in altri<br />
processi con la stessa tipologia.<br />
23
Quando la 'ndrangheta si sposta al Nord Italia<br />
La Lombardia come crocevia per <strong>il</strong> reimpiego di capitali <strong>il</strong>leci<br />
dal nostro corrispondente Gianni Di Lascio<br />
Al nord la criminalità e <strong>il</strong> malaffare sono di colore<br />
rosso accesso. Non <strong>il</strong> rosso sangue che<br />
troppo spesso ha bagnato le strade di città del<br />
sud come <strong>Napoli</strong> o Palermo, ma lo scarlatto<br />
della ‘nduja e del peperoncino calabresi. Qui<br />
non si spara, perché al nord la mafia deve assomigliare<br />
alla nebbia di M<strong>il</strong>ano in un celebre<br />
f<strong>il</strong>m di Totò: “quando c’è non si vede”. Eppure<br />
qui <strong>il</strong> crimine ha un nome, ‘ndrangheta, e tanti<br />
cognomi: gli stessi delle ‘ndrine che a parecchie<br />
centinaia di ch<strong>il</strong>ometri sono “un’autorità”,<br />
e che qui preferiscono agire nel s<strong>il</strong>enzio<br />
e nell’ombra. Ma sempre facendo i propri<br />
“sporchi affari”. Secondo <strong>il</strong> rapporto dell’Osservatorio<br />
socioeconomico sulla criminalità<br />
del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro<br />
(Cnel) presentato lo scorso febbraio, la<br />
‘ndrangheta è l’organizzazione criminale numero<br />
uno al nord. Pizzo, usura, finanza e<br />
droga, fino ad arrivare all’ed<strong>il</strong>izia e ai grandi<br />
appalti: all’ombra della Madonnina la ‘ndrangheta<br />
conquista s<strong>il</strong>enziosa pezzi di economia<br />
legale. Ci sono le mani delle cosche sui lavori<br />
dell’Alta velocità ferroviaria e in quelli dell’ampliamento<br />
dall’autostrada A4 “M<strong>il</strong>ano-<br />
Bergamo”, c’è <strong>il</strong> mondo delle banche e<br />
dell’alta finanza ma, soprattutto, c’è l’Expo<br />
2015 ormai alle porte.<br />
La mafia arrivata con lo Stato.<br />
E’ <strong>il</strong> 1954 quando Giacomo Zagari, originario<br />
di San Ferdinando nella Piana di Gioia Tauro,<br />
si trasferisce prima a Galliate Lombardo e poi<br />
a Buguggiate. E’ la prima famiglia di ‘ndrangheta<br />
di cui si abbia notizia in Lombardia. Ma<br />
è <strong>il</strong> decennio che verrà, quello compreso tra<br />
gli anni 60 e 70, a segnare <strong>il</strong> “contagio” malavitoso<br />
del nord. E, anche se può sembrare paradossale,<br />
parte della responsab<strong>il</strong>ità sarà<br />
proprio dello Stato. Già, perché saranno le<br />
istituzioni nel 1965 a estendere <strong>il</strong> soggiorno<br />
obbligato anche ai mafiosi. Una vagonata di<br />
oltre 400 uomini delle cosche si trapiantano<br />
forzatamente nelle province di M<strong>il</strong>ano, Varese,<br />
Como, Lecco, Brescia e Pavia. Terreni<br />
resi fert<strong>il</strong>i dal boom economico dove la “malerba”<br />
non tarda ad attecchire. Prima <strong>il</strong> controllo<br />
delle bische e del contrabbando, poi i<br />
24<br />
Inchieste<br />
“Tuo comincia nel 1954, col<br />
trasferimento della famiglia<br />
Zagari. Successivamente la<br />
situazione precipita grazie ai<br />
soggiorniobbliga400uomini<br />
trapianta a M<strong>il</strong>ano, Varese,<br />
Como, Lecco”<br />
sequestri di persona, per finire ai giorni nostri<br />
con <strong>il</strong> monopolio sul mercato delle sostanze<br />
stupefacenti e le inf<strong>il</strong>trazioni negli appalti<br />
pubblici.<br />
Ma a differenza del passato, oggi boss e gregari<br />
sono pienamente inseriti in settori dell’economia.<br />
Posseggono immob<strong>il</strong>i, attività<br />
imprenditoriali, commerciali, sono impegnati<br />
nel riciclaggio e nella ricerca di relazioni con <strong>il</strong><br />
mondo politico. Le cosche calabresi hanno<br />
fatto un definitivo salto di qualità: dalle srl alle<br />
spa. Si muovono come le società quotate in<br />
borsa, usano trucchi del mestiere come le<br />
“scatole cinesi”, si impongono al territorio<br />
come una vera e propria banca parallela. La<br />
‘ndrangheta aiuta gli imprenditori in difficoltà,<br />
offre fideiussioni e prestiti. I traffici <strong>il</strong>leciti<br />
viaggiano su internet. Gli aff<strong>il</strong>iati criptano le<br />
loro comunicazioni con sistemi come Voip e<br />
Skype, pur mantenendo l’antichissimo linguaggio<br />
dei pastori. Una rete fatta di broker<br />
e commercialisti, avvocati e dirigenti di banca:<br />
l’incarnazione esemplare della cosiddetta<br />
“mafia dei colletti bianchi”.<br />
Le mappe criminali.<br />
Ogni cosca si è presa la sua fetta di torta. Da<br />
M<strong>il</strong>ano all’hinterland <strong>il</strong> controllo è cap<strong>il</strong>lare,<br />
senza lotte o faide intestine. Tutto si muove<br />
secondo taciti accordi tra famiglie che qui,<br />
come al sud, sono capaci di dettare legge. Lo<br />
sanno le imprese, i cittadini, le istituzioni. E lo<br />
sanno anche le forze dell’ordine, tanto che la
Manifestan in piazza Duomo durante <strong>il</strong> corteo di Libera a M<strong>il</strong>ano<br />
Squadra Mob<strong>il</strong>e di M<strong>il</strong>ano dispone di una<br />
mappa dove ogni centro di una certa importanza,<br />
compreso tra <strong>il</strong> capoluogo e <strong>il</strong> confine<br />
con la Svizzera, è colonizzato. A scorrere la<br />
lista ci si imbatte in cognomi tristemente noti<br />
con <strong>il</strong> marchio di ‘ndrine. Trezzano sul Naviglio,<br />
Cesano Boscone e Buccinasco sono <strong>il</strong><br />
“regno” dei Barbaro-Papalia di Platì, l’area dell’Ortomercato<br />
è sotto lo scacco dei Morabito-<br />
Bruzzaniti-Palamara, <strong>il</strong> territorio di Legnano è<br />
nelle mani delle cosche dei Novella e Rispoli. E<br />
così via, fino a non lasciare scoperto neanche<br />
<strong>il</strong> più piccolo comune. Si stringono alleanze<br />
con Cosa nostra e con la Camorra, e si riproducono<br />
nei quartieri modelli sociali tipici delle<br />
zone di provenienza.<br />
“Dobbiamo dimenticare l’idea del mafioso<br />
coppola e lupara – ha recentemente affermato<br />
Alberto Nob<strong>il</strong>i, Procuratore aggiunto di<br />
M<strong>il</strong>ano e uomo di prima linea nel contrasto<br />
alla criminalità organizzata al nord – Nel settentrione<br />
la ‘ndrangheta ha una presenza consolidata<br />
con una marcata penetrazione nel<br />
circuito economico. Le famiglie hanno una<br />
forte capacità di rigenerazione. Si possono arrestare<br />
i nonni, i padri e i figli, ma poi ci sono i<br />
nipoti pronti a portare avanti le tradizioni.<br />
Siamo alla seconda e terza generazione di malavitosi.<br />
Gente non più trapiantata, ma che è<br />
Inchieste<br />
nata e cresciuta proprio in questi territori”.<br />
A metterlo nero su bianco è anche <strong>il</strong> Sostituto<br />
procuratore di M<strong>il</strong>ano, Ferdinando Pomarici:<br />
“Il modus operandi delle cosche calabresi - ha<br />
scritto nella sua relazione inviata a dicembre<br />
2009 alla Commissione parlamentare antimafia<br />
- integra una forma di controllo sociale e<br />
ambientale selettiva e strettamente funzionale<br />
alla conduzione del programma criminoso<br />
in un’area geografica diversa per cultura,<br />
mentalità e abitudini rispetto a quella di origine.<br />
Un’attività estremamente pericolosa per<br />
la sua occulta pervasività e per gli effetti provocati<br />
sulle persone e sul mercato, la cui turbativa<br />
esercita gravi compromissioni anche<br />
sull’economia”.<br />
Neanche la politica sembra immune alla colonizzazione<br />
malavitosa. L’ultimo episodio ha<br />
portato in carcere lo scorso febbraio l’ex sindaco<br />
di Trezzano sul Naviglio (in quota centrosinistra)<br />
e un consigliere comunale del<br />
Popolo della Libertà. Secondo l’accusa avrebbero<br />
preso tangenti per agevolare gli affari<br />
della Kreiamo, una società immob<strong>il</strong>iare probab<strong>il</strong>mente<br />
legata alla famiglia Papalia. Appalti<br />
di ogni genere dietro cui sembra<br />
nascondersi l’ombra della ‘ndrangheta.<br />
Intorno ai clan viaggiano anche le commesse e<br />
i lavori per le grandi opere: alta velocità ferroviaria<br />
e ampliamento dell’autostrada A4 in<br />
25
Uno striscione sull'Expo durante <strong>il</strong> corteo di Libera a M<strong>il</strong>ano 2010<br />
testa. Società coinvolte nei subappalti, procedure<br />
irregolari e cave ut<strong>il</strong>izzate per smaltire<br />
<strong>il</strong>lecitamente i rifiuti: <strong>il</strong> campionario<br />
dell’<strong>il</strong>lecito non si lascia sfuggire nulla.<br />
Eppure tutti questi esempi non fanno notizia,<br />
non creano indignazione, non lasciano <strong>il</strong><br />
segno. Delle inchieste e degli intrecci della<br />
malavita si parla poco, anche sui giornali e in<br />
televisione. Chi, invece, prova a portare allo<br />
scoperto una realtà che è già sotto gli occhi<br />
di tutti, ne fa le spese in prima persona. Ne<br />
sa qualcosa Giulio Cavalli, giovane attore lodigiano,<br />
che nel suo spettacolo “A cento passi<br />
dal Duomo” denuncia gli affari delle cosche<br />
in Lombardia, facendo nomi e cognomi di politici<br />
e aziende collusi con la criminalità organizzata.<br />
Per questo è oggetto di minacce, al<br />
punto di finire sotto scorta. Non a Palermo,<br />
non a <strong>Napoli</strong>. Ma a Lodi, in Lombardia. “Le<br />
mafie si nascondono dove la mancanza di osservazione<br />
gli permette di pascolare – ci ha<br />
raccontato l’attore camminando nel corteo<br />
di M<strong>il</strong>ano organizzato da Libera per la XV giornata<br />
della memoria per le vittime della mafia<br />
26<br />
Inchieste<br />
<strong>il</strong> 20 marzo scorso – A M<strong>il</strong>ano continuano a<br />
farlo diverse famiglie da almeno 4 generazioni.<br />
Accanto alla cocaina, <strong>il</strong> movimento<br />
terra e l’ed<strong>il</strong>izia sono i settori più ricercati per<br />
reinvestire i capitali dalla ‘ndrangheta, che in<br />
Lombardia ha una presenza s<strong>il</strong>enziosa ma<br />
molto più prepotente di quello che si crede”.<br />
S<strong>il</strong>enziosa sì, ma talmente plateale da essere<br />
ormai visib<strong>il</strong>e anche sul palcoscenico di un<br />
teatro.<br />
‘Ndrangheta e ortomercato<br />
L’Ortomercato di M<strong>il</strong>ano è <strong>il</strong> più grande d’Italia.<br />
Ogni notte vi fanno capo centinaia di camion<br />
che distribuiscono i prodotti in tutta la<br />
regione. Ci lavorano circa 3 m<strong>il</strong>a persone, per<br />
un giro d’affari di 3 m<strong>il</strong>ioni di euro al giorno<br />
con 150 tra imprese e cooperative interessate.<br />
Un affare che la ‘ndrangheta fiuta al<br />
volo. Secondo l’ordinanza di custodia cautelare<br />
emessa nel 2007 nei confronti di Salvatore<br />
Morabito, Antonino Palamara, Pasquale<br />
Modaffari e altre 21 persone, la cosca Morabito-Bruzzaniti,<br />
era riuscita a ut<strong>il</strong>izzare le<br />
strutture dell’Ortomercato come punto di ri-
ferimento per incontri e per la gestione di<br />
grosse partite di sostanze stupefacenti. Nella<br />
rete degli investigatori finiscono 250 ch<strong>il</strong>i di<br />
cocaina e 90 cooperative, per lo più fasulle,<br />
ut<strong>il</strong>izzate in modo da riciclare fino a 9 m<strong>il</strong>ioni<br />
di euro in 3 anni.<br />
Tra le storie delle ‘ndrine legate a quest’area,<br />
anche quella di Salvatore Morabito, nipote<br />
del boss calabrese Giuseppe. E’ lui l’uomo<br />
che, nel 2004, al ritorno da un periodo di soggiorno<br />
obbligato ad Africo (Reggio Calabria),<br />
riesce a ottenere un pass r<strong>il</strong>asciato dalla<br />
So.ge.mi. (la società che gestisce per conto<br />
del comune di M<strong>il</strong>ano l’intera area dell’Ortomercato)<br />
per i suoi spostamenti all’interno<br />
dell’area commerciale da effettuare a bordo<br />
della sua Ferrari. Ma non è tutto. La capacità<br />
di influenza del gruppo, infatti, era arrivata al<br />
punto che la società Spam srl, di cui Morabito<br />
era socio occulto, aveva ottenuto sempre<br />
dalla So.ge.mi la concessione ad aprire nello<br />
stab<strong>il</strong>e di via Lombroso un night club, <strong>il</strong> For a<br />
king, inaugurato nel 2007 con Antonio Palamara.<br />
E per finanziare la ristrutturazione del<br />
Inchieste<br />
Manifestan in piazza Duomo durante <strong>il</strong> corteo di Libera M<strong>il</strong>ano<br />
night erano arrivati anche 400m<strong>il</strong>a euro dalla<br />
banca Unicredit di via San Marco grazie a un<br />
prestanome. Ad agosto 2008 le prime condanne<br />
emesse dal Giudice dell’udienza preliminare<br />
Fabio Paparella con pene comprese<br />
tra i 5 e i 14 anni di carcere. Ora <strong>il</strong> processo<br />
potrebbe essere a una nuova svolta, con le richieste<br />
di condanna da parte del Pubblico ministero<br />
arrivate lo scorso marzo, e che<br />
prevedono pene fino a 10 anni di reclusione.<br />
Gli affari d’oro della mafia che “non esiste”<br />
Secondo recenti statistiche la Lombardia è la<br />
prima regione in Italia per traffico di cocaina<br />
e M<strong>il</strong>ano è la piazza dove si fa <strong>il</strong> prezzo delle<br />
sostanze per tutto <strong>il</strong> nord Europa. Un primato<br />
conquistato grazie alle circa 120 m<strong>il</strong>a persone<br />
che ne fanno uso stab<strong>il</strong>e o saltuario e a un aeroporto,<br />
quello di Malpensa, che è <strong>il</strong> più interessato<br />
dai flussi di droga provenienti<br />
dall’estero.<br />
Ma la Lombardia è anche la prima regione<br />
per segnalazioni di operazioni sospette in<br />
tema di riciclaggio all’ufficio Informazione finanziaria.<br />
Un crocevia di attività che offre nu-<br />
27
Don Cio inquadrato nel maxi schermo durante la manifestazione di Libera a M<strong>il</strong>ano 2010<br />
merose e diversificate possib<strong>il</strong>ità di reimpiego<br />
dei capitali accumulati <strong>il</strong>lecitamente dalle cosche.<br />
Sono 116 i comuni lombardi che hanno<br />
confiscato almeno un bene alla mafia e 639 i<br />
beni immob<strong>il</strong>i sequestrati in Lombardia. Un<br />
segno tangib<strong>il</strong>e dell’importanza degli investimenti<br />
della malavita nella regione che, come<br />
sottolinea <strong>il</strong> report “Mafie in Lombardia” dell’associazione<br />
Libera, è quinta in Italia per numero<br />
di beni confiscati dopo Sic<strong>il</strong>ia,<br />
Campania, Calabria e Puglia. A Quarto Oggiaro,<br />
quartiere nord della periferia di M<strong>il</strong>ano,<br />
nel 2007 si scopre che su 4 m<strong>il</strong>a appartamenti<br />
popolari (per l’80% di proprietà dell’Aler,<br />
l’azienda lombarda di ed<strong>il</strong>izia residenziale),<br />
700 sono occupati abusivamente. Le case servono<br />
ai parenti di ‘ndranghetisti e camorristi<br />
in carcere o come fabbriche per lo smercio di<br />
droga. Alla Bicocca ci sono le “case rosse”, 6<br />
torri di ed<strong>il</strong>izia popolare dove 216 alloggi rispondono<br />
alla famiglia dei Porcino. Nei box<br />
una catasta di motori, portiere e gomme: è <strong>il</strong><br />
deposito delle auto rubate, smontate e<br />
pronte a essere rivendute come pezzi di ricambio.<br />
Due macchine parcheggiate l’una di<br />
fronte all’altra segnano <strong>il</strong> confine tra M<strong>il</strong>ano<br />
e la ‘ndrangheta. A dicembre 2009 <strong>il</strong> tribunale<br />
ha sospeso 9 società immob<strong>il</strong>iari per 6 mesi<br />
come misura preventiva contro <strong>il</strong> rischio di inf<strong>il</strong>trazioni:<br />
è la prima volta che a M<strong>il</strong>ano viene<br />
preso un provvedimento del genere.<br />
28<br />
Inchieste<br />
La misura sembra colma, tanto che <strong>il</strong> 21 gennaio<br />
2010 arriva in città la Commissione parlamentare<br />
antimafia. Un evento eccezionale<br />
che non capitava da 16 anni, e che riporta alla<br />
memoria storie del passato come l’omicidio<br />
Ambrosoli del 1979 o la bomba di via Palestro<br />
nel 1993. Ma a far tremare i muri del palazzo<br />
non saranno i provvedimenti presi quanto le<br />
parole del prefetto Gian Valerio Lombardi: “A<br />
M<strong>il</strong>ano la mafia non esiste – o meglio - A M<strong>il</strong>ano<br />
ci sono alcuni clan, ma non per questo<br />
si può dire che la mafia esiste”.<br />
Parole che, a giudizio di molti, lasciano sgomenti<br />
e che non cessano di rimbombare<br />
anche a distanza di mesi. “Una specie di incidente<br />
– ha commentato al nostro taccuino<br />
Walter Veltroni durante la manifestazione di<br />
Libera a M<strong>il</strong>ano – perché a quella frase sono<br />
seguite le parole di chi indaga che hanno dimostrato<br />
tutto <strong>il</strong> contrario. Dai controlli nei<br />
cantieri all’esame della situazione in alcuni<br />
comuni, dal movimento terra al settore dei<br />
calcestruzzi, è emerso che la mafia, e la<br />
‘ndrangheta in particolare, è in una posizione<br />
molto centrale”.<br />
Tagliente anche <strong>il</strong> commento di Gian Carlo<br />
Caselli, ex procuratore antimafia a Palermo<br />
ora in carica a Torino: “So che <strong>il</strong> ministro degli<br />
Interni ha creato un osservatorio – ci ha spiegato<br />
sul retro del palco di M<strong>il</strong>ano mentre si<br />
leggevano i nomi delle vittime di mafia – per
“Polemica a M<strong>il</strong>ano sul<br />
rischio malavita. Il prefeo<br />
Lombardi: quì la mafia non<br />
esiste. Caselli risponde: le<br />
indagini confermano <strong>il</strong><br />
contrario. Intanto<strong>il</strong>Comune<br />
cancella l’anmafia”<br />
prevenire e monitorare possib<strong>il</strong>i inf<strong>il</strong>trazioni<br />
mafiose a M<strong>il</strong>ano in vista di grandi eventi e<br />
opere pubbliche. Se poi, invece, qualcuno sostiene<br />
che la mafia non esiste, occorre allora<br />
che si metta d’accordo con <strong>il</strong> ministero. Perché<br />
evidentemente qualcuno dei due sbaglia”.<br />
2015: Odissea Expo<br />
Il tempo corre e la ‘ndrangheta sa muoversi<br />
con anticipo. Nelle agendine dei boss si riempiono<br />
gli spazi con i nomi dei politici da agganciare<br />
e degli imprenditori da usare come<br />
faccia pulita in vista dell’Expo 2015: oltre 20<br />
m<strong>il</strong>iardi di euro d’investimento solo in infrastrutture<br />
Un evento internazionale che movimenterà<br />
presenze e relazioni, ma anche<br />
ingenti quantità di risorse sulle quali è prevedib<strong>il</strong>e<br />
che le organizzazioni criminali abbiano<br />
già puntato gli occhi. La macchina organizzativa<br />
del crimine è già al lavoro per fare incetta<br />
di terreni agricoli o di aree dimesse nella zona<br />
a nord di M<strong>il</strong>ano. Lotti pronti a ottenere un<br />
cambio di destinazione d’uso da sfruttare per<br />
costruire a costi lievitati.<br />
Un allarme ribadito anche in una recente relazione<br />
del magistrato Roberto Pennisi della<br />
Direzione nazionale antimafia: “Oggi la<br />
‘ndrangheta è diventata una multinazionale<br />
del crimine - si legge nel documento - Una<br />
vera e propria mafia imprenditrice capace di<br />
imporre agli operatori economici, anche in<br />
Lombardia, la sua presenza. Il tutto attraverso<br />
intimidazioni, danneggiamenti, roghi<br />
sui cantieri, incendi di vetture di concorrenti<br />
o di pubblici amministratori, minacce a mano<br />
armata, imposizione di un sovrapprezzo nei<br />
lavori di scavo, potendo così contare sulla<br />
conseguente condizione di assoggettamento<br />
e di omertà della generalità dei cittadini”. Il<br />
fine giustifica i mezzi insomma: quello che<br />
Inchieste<br />
conta è riuscire a ottenere per sé <strong>il</strong> boccone<br />
più succulento.<br />
“Al centro nord la mafia c’è – ci ha spiegato<br />
Luigi De Magistris, ex magistrato ora eurodeputato<br />
dell’Italia dei Valori - Va contrastata soprattutto<br />
quella mafia che è penetrata<br />
nell’economia, nella finanza, nella politica e<br />
nelle istituzioni: la vera linfa vitale per la mafia<br />
di tipo tradizionale. Bisogna far si che i magistrati<br />
e le forze dell’ordine – ha continuato dal<br />
retro del palco della manifestazione m<strong>il</strong>anese<br />
di Libera - vengano messi in condizione di lavorare<br />
non facendo leggi a ostacolo, non cancellando<br />
le intercettazioni telefoniche e non<br />
interferendo sulle attività della magistratura.<br />
E’ molto semplice: bisogna consentire a chi è<br />
preposto a contrastare <strong>il</strong> crimine, soprattutto<br />
questo che è così pericoloso, di lavorare bene<br />
e con efficacia”.<br />
Intanto anche sul fronte istituzionale si ci organizza<br />
per tempo, ma con alterne fortune. Il<br />
26 maggio del 2009, infatti, <strong>il</strong> Consiglio comunale<br />
di M<strong>il</strong>ano approva a maggioranza una delibera<br />
che revoca la nascita di una<br />
Commissione antimafia cittadina a soli 2 mesi<br />
dal voto all’unanimità con <strong>il</strong> quale era stata<br />
costituita. Uno stop che segna la scomparsa<br />
di uno strumento pensato per approfondire <strong>il</strong><br />
peso della presenza mafiosa sul territorio, e<br />
per avanzare proposte di intervento proprio<br />
alla vig<strong>il</strong>ia delle grandi opere connesse all’Expo.<br />
La palla passa di livello. A muoversi ora<br />
è <strong>il</strong> ministero dell’Interno che, <strong>il</strong> 14 gennaio<br />
2010, insedia presso la prefettura di M<strong>il</strong>ano <strong>il</strong><br />
Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza<br />
delle grandi opere. Al suo fianco anche<br />
<strong>il</strong> Gruppo interforze centrale per l’Expo 2015<br />
(Gicex): un team di lavoro composto da rappresentanti<br />
di tutte le forze di polizia esperti<br />
nel contrasto alle inf<strong>il</strong>trazioni mafiose nelle<br />
opere pubbliche. Staremo a vedere se sarà la<br />
scelta più efficace. L’allarme c’è e sembra essere<br />
percepito anche al di fuori dei confini nazionali.<br />
Al punto che anche l’Fbi americana<br />
avrebbe consigliato una capatina tra M<strong>il</strong>ano e<br />
Buccinasco al celebre scrittore di spy story,<br />
Frederick Forsyth, alla ricerca di spunti per un<br />
romanzo su ‘ndrangheta e traffico di cocaina.<br />
La realtà supererà la fantasia?<br />
29
Gli imprenditori vessa dallo strozzinaggio<br />
Si calcola che siano 532m<strong>il</strong>a le famiglie a rischio nel Mezzogiorno<br />
di Beniamino Daniele<br />
È ancora terrorizzato per quello che ha subito<br />
in tutti questi anni e non vuole che si sappiano<br />
<strong>il</strong> suo vero nome e dove vive. Giuseppe,<br />
nome di fantasia, è un imprenditore<br />
del Casertano. Opera e lavora nella terra dei<br />
casalesi, dove ha una ditta di lavorazione del<br />
marmo che più volte ha subito attentati intimidatori<br />
da parte della camorra. Qualche<br />
anno fa si è deciso a denunciare i suoi estorsori,<br />
ma da quel momento si può dire che<br />
siano cominciati i suoi veri problemi.<br />
A “taglieggiarlo” stavolta è quella che defini-<br />
“La vicenda di Giuseppe, che<br />
opera nel Casertano: spesso<br />
sonoleBanchechespingono<br />
fralebracciadegliusurai.Dopo<br />
la mia denuncia, mi è stato<br />
revocato<strong>il</strong>fido”<br />
sce la “criminalità legalizzata”, <strong>il</strong> sistema delle<br />
banche. “In molti casi sono proprio loro che<br />
ti spingono tra le braccia degli usurai - dice<br />
Giuseppe - e quando ti decidi a denunciare,<br />
in barba a tutti i protocolli d’intesa, ti creano<br />
una miriade di altri problemi. A me, per<br />
esempio, sono stati revocati i fidi e sono tornato<br />
alla situazione disperata di partenza”.<br />
Secondo una ricerca dalle associazioni antiracket<br />
e dei contribuenti effettuata nel 2008,<br />
la totalità delle persone finite nelle grinfie<br />
degli usurai aveva prima contattato istituti di<br />
credito con esito negativo e, una volta denunciati<br />
gli estorsori, sono rarissime le banche<br />
che aiutano gli imprenditori.<br />
Eppure per difendere e poi sostenere le vittime<br />
del racket e dell’usura sono stati firmati<br />
numerosi accordi e protocolli d’intesa.<br />
Nel 2003 Ministero dell’Interno, Commissario<br />
straordinario di Governo per <strong>il</strong> coordinamento<br />
delle iniziative antiracket e antiusura,<br />
30<br />
Inchieste<br />
l’Associazione bancaria italiana (Abi), le associazioni<br />
di categoria, associazioni e fondazioni<br />
antiusura a i Confidi firmarono <strong>il</strong><br />
“Protocollo d’intesa per la prevenzione dell’usura<br />
e la migliore ut<strong>il</strong>izzazione delle risorse<br />
del fondo speciale antiusura”.<br />
Quattro anni dopo, nel 2007, Ministero dell’Interno,<br />
Banca d’Italia, Abi e alcuni soggetti<br />
istituzionali e sociali sottoscrissero un altro<br />
accordo quadro per rendere più proficuo <strong>il</strong><br />
rapporto di collaborazione.<br />
Carta straccia, tutto inut<strong>il</strong>e. Secondo gli im-<br />
“Inuliiprotocollid'intesatra<br />
Ministero dell'Interno, Banca<br />
d'Italia, Abi e altre istuzioni.<br />
C'è chi è stato costreo a<br />
vendere, ma anche chi non si<br />
arrende”<br />
prenditori finiti nella morsa della criminalità,<br />
i protocolli sono inefficaci e in tutti i casi le<br />
banche si guardano bene dal rispettarli.<br />
Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di<br />
racket e di usura? Secondo i dati raccolti dalle<br />
associazioni antiracket e dei contribuenti, si<br />
tratta di un problema che coinvolge 300.000<br />
commercianti dei quali 160.000 pagano regolarmente<br />
<strong>il</strong> ‘pizzo’ e 140.000 sono preda<br />
degli strozzini, per un giro d’affari complessivo<br />
di 2 m<strong>il</strong>ioni e 600m<strong>il</strong>a euro.<br />
Non sono solo i proprietari di attività<br />
commerciali a essere taglieggiati.<br />
Niente e nessuno sembra sfuggire ai<br />
tentacoli della ‘piovra’ e, secondo la ricerca,<br />
a finire nelle maglie della criminalità<br />
sarebbero anche i cosiddetti<br />
insospettab<strong>il</strong>i: notai, commercialisti,<br />
studi professionali e abitanti di condomini<br />
che regolarmente pagano la tassa<br />
dell’<strong>il</strong>lecito.
Secondo le statistiche, <strong>il</strong> fenomeno è molto<br />
più radicato nel Mezzogiorno d’Italia, mentre<br />
ne è quasi risparmiato <strong>il</strong> nord est. La maglia<br />
nera spetta alla Campania con <strong>il</strong> 73% in<br />
più rispetto alla media nazionale. Seguono a<br />
ruota la Calabria con <strong>il</strong> 61% in più, la Puglia<br />
con 44% in più e la Sic<strong>il</strong>ia con 43% in più.<br />
Stesso discorso per <strong>il</strong> prestito con usura: secondo<br />
uno studio di Contribuenti.it, <strong>il</strong> sovraindebitamento<br />
delle famiglie del<br />
Mezzogiorno, nei primi sei mesi del 2009, è<br />
cresciuto del 101,2% rispetto al 2008 e<br />
l’usura è aumentata dell’82,3%. A rischio sarebbero<br />
532.000 famiglie e 610.000 piccoli<br />
imprenditori con debiti che vanno dai 25 ai<br />
45m<strong>il</strong>a euro.<br />
Nella classifica delle regioni con i più alti tassi<br />
di usura c’è la Sic<strong>il</strong>ia, seguita dalle solite Campania,<br />
Puglia, Calabria, alle quali si aggiungono<br />
anche Bas<strong>il</strong>icata e Molise.<br />
Continuando con i numeri, <strong>il</strong> 77% delle vittime<br />
delle estorsioni ha pagato con danaro; <strong>il</strong><br />
23% ha invece consegnato la merce. A chiedere<br />
tangenti, secondo i commercianti, è nel<br />
60% dei casi la delinquenza comune, mentre<br />
per <strong>il</strong> 25% è la criminalità organizzata.<br />
Quantificare con precisione <strong>il</strong> volume d’affari<br />
di racket e usura però è una cosa molto complicata<br />
e farlo basandosi solo sul numero<br />
delle denunce darebbe risultati poco attendib<strong>il</strong>i.<br />
Esiste però una più complessa elaborazione,<br />
datata 2008, nella quale sono stati mesi a<br />
confronto più indicatori: la disoccupazione, i<br />
fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati,<br />
le denunce di estorsione e di usura, <strong>il</strong><br />
numero di sportelli bancari e <strong>il</strong> rapporto tra<br />
sofferenze e impieghi registrati negli istituti<br />
Inchieste<br />
di credito. In pratica, è stato individuato ‘l’indice<br />
del rischio usura’ attraverso la combinazione<br />
statistica di tutte quelle situazioni<br />
potenzialmente favorevoli al diffondersi dello<br />
strozzinaggio. Il risultato finale è a dir poco<br />
inquietante: le famiglie a rischio in Italia sono<br />
1m<strong>il</strong>ione e 500m<strong>il</strong>a.<br />
Per capire cosa porti le persone tra le mani<br />
degli strozzini, è ancora <strong>il</strong>luminante lo studio<br />
delle associazioni antiracket e dei contribuenti:<br />
oltre alla recente crisi economica che<br />
ha colpito soprattutto piccole attività, artigiani<br />
e commercianti, a sorpresa ci sono<br />
anche le scadenze fiscali.<br />
Per i lavoratori dipendenti, invece, sono le<br />
improvvise necessità che sopraggiungono<br />
dopo periodi di malattia o di infortuni o i cosiddetti<br />
consumi imposti, cioè quelli che derivano<br />
dalla necessità di conservare un certo<br />
status sociale o uno st<strong>il</strong>e di vita. Insomma, gli<br />
italiani finiscono per rivolgersi agli strozzini<br />
anche per pagare le tasse, per pagare le cure<br />
mediche o per i viaggi e i matrimoni.<br />
Ma torniamo nel Casertano, perché la vicenda<br />
di Giuseppe è una storia che si ripete.<br />
Nel 2008 Roberto Battaglia, imprenditore nel<br />
settore dei caseari, denunciò e fece arrestare<br />
i suoi estorsori. Tra questi c’era anche Luigi<br />
Schiavone che, secondo quanto detto da Battaglia<br />
agli inquirenti, sarebbe cugino di Francesco<br />
Schiavone, detto Sandokan, <strong>il</strong> famoso<br />
boss del libro ‘Gomorra’ di Roberto Saviano.<br />
Dopo la denuncia, Battaglia ha visto casa e<br />
azienda messi all’asta per via dei debiti.<br />
“Il problema - spiega Battaglia - è che le banche,<br />
in materia di antiracket, non rispettano<br />
i protocolli d’intesa , nati proprio per sostenere<br />
gli imprenditori in difficoltà e spingerli a<br />
denunciare”.<br />
La vicenda di Battaglia è vecchia di molti anni.<br />
Prima della sua coraggiosa denuncia, che<br />
portò all’arresto di cinque presunti aff<strong>il</strong>iati al<br />
clan dei Casalesi, le aziende di famiglia hanno<br />
subito <strong>il</strong> ricatto della camorra per anni. Con<br />
gli occhi gonfi di commozione Battaglia ricorda<br />
<strong>il</strong> padre: “È morto di crepacuore dopo<br />
anni di s<strong>il</strong>enzio, non ha mai denunciato per<br />
proteggere noi figli piccoli e mia madre. Ho<br />
tanti colleghi al nord che continuano a dirmi<br />
di trasferire le mie aziende dalle loro parti -<br />
dice -. Un mio amico di Lodi mi ripete sempre<br />
che da lui è pronta una stalla per tutti i miei<br />
capi di bestiame. Io rifiuto perché amo <strong>il</strong> mio<br />
lavoro e amo la mia terra. Voglio restare qua<br />
e rifarei tutto quello che ho fatto”.<br />
31
Trent’annifanascevainPuglialaSacraCoronaUnita<br />
In Bas<strong>il</strong>icata prende forma la quinta mafia: i Bas<strong>il</strong>ischi<br />
di Walter Medolla<br />
“Giuro su questa punta di pugnale bagnata di<br />
sangue, di essere fedele sempre a questo<br />
corpo di società di uomini liberi, attivi e affermativi<br />
e di rappresentarne ovunque <strong>il</strong> fondatore,<br />
Giuseppe Rogoli.<br />
Giuro sulla punta di questo pugnale, bagnato<br />
di sangue, di essere fedele a questo corpo di<br />
società formata, di disconoscere padre,<br />
madre, fratelli e sorelle, fino alla settima generazione;<br />
giuro di dividere centesimo per<br />
centesimo e m<strong>il</strong>lesimo per m<strong>il</strong>lesimo fino all’ultima<br />
st<strong>il</strong>la di sangue, con un piede nella<br />
fossa e uno alla catena per dare un forte abbraccio<br />
alla galera.<br />
Giuro su questa punta di pugnale bagnata di<br />
sangue, di essere fedele sempre a questo<br />
corpo di società di uomini liberi, attivi e affermativi<br />
e di rappresentarne ovunque <strong>il</strong><br />
Santo, San Michele Arcangelo”.<br />
Un legame sacro e inviolab<strong>il</strong>e. Una cerimonia<br />
legata a riti religiosi e a patti criminali. E’ <strong>il</strong><br />
giuramento di aff<strong>il</strong>iazione alla Sacra Corona<br />
Unita, la quarta mafia italiana. Agli inizi degli<br />
anni ’80 <strong>il</strong> boss della Nuova Camorra organizzata,<br />
Raffaele Cutolo, diede l’incarico a Pino<br />
Iannelli e Alessandro Fusco di fondare in Puglia<br />
una costola della NCO, la Nuova Camorra<br />
Pugliese. La neonata organizzazione attecchì<br />
solo nella zona del foggiano, e l’esperimento<br />
del Professore fallì così come <strong>il</strong> suo progetto<br />
criminale.<br />
La notte di Natale nel 1981, tra le sbarre del<br />
carcere di Trani, nasce, invece, la SCU (Sacra<br />
Corona Unita). Giuseppe Rogoli aff<strong>il</strong>iato della<br />
‘ndrangheta, nella ‘ndrina dei Bellocco,<br />
chiede e ottiene l’autorizzazione dal boss<br />
Umberto Bellocco di fondare una nuova organizzazione<br />
criminale in puglia. Dopo sei<br />
anni la ‘ndrangheta autorizza Oronzo Romano<br />
a fondare un’altra ‘ndrina a sud di Bari.<br />
E’ l‘affermarsi della malavita organizzata nella<br />
regione.<br />
La storia criminale pugliese registra la nascita<br />
di una serie di sottogruppi nati nel corso degli<br />
anni.<br />
-La Rosa dei Venti ,attiva nella zona del leccese<br />
dal volere di Giovanni De Tomasi e Vin-<br />
32<br />
Inchieste<br />
“Agli inizi degli anni ’80<br />
RaffaeleCutolo,diedeincarico<br />
ai suoi uomini di fondare in<br />
Puglia una costola della<br />
Camorra, ma <strong>il</strong> tentativo fallì”<br />
cenzo Stranieri.<br />
-La Camorra barese organizzazione operante<br />
a Bari e in provincia. Fra i clan spiccano i Parisi<br />
di Japigia, gli Strisciuglio e i Telegrafo del<br />
quartiere San Paolo e i Capriati attivo a Bari<br />
Vecchia.<br />
- La Nuova Famiglia Salentina fondata nel<br />
1986 da Pantaleo De Matteis e operante nell’area<br />
del Salento<br />
- La Remo Lecce Libera, emanazione della<br />
Sacra Corona Unita che richiedeva l’autonomia<br />
dei gruppi leccesi da qualsiasi organizzazione<br />
criminale diversa dalla ‘ndrangheta.<br />
- La Società foggiana gruppo criminale operante<br />
a Foggia e provincia. Data la vicinanza<br />
geografica alla Campania, ha risentito molto<br />
dell’influenza della Camorra napoletana.<br />
-La Sacra Corona Libera, di recente fondazione<br />
è, invece, un’organizzazione composta<br />
da vecchi membri della Sacra Corona Unita in<br />
disaccordo con la nuova idea di gestione criminale<br />
che implica l’impiego di minori, la violenza<br />
su donne e bambini e l’abolizione dei<br />
riti iniziatici.<br />
Nonostante la evidente frammentazione e la<br />
divisione in 49 ‘ndrine, con oltre 2000 aff<strong>il</strong>iati,<br />
attivi sul territorio regionale, la mafia pugliese<br />
continua a perseguire interessi comuni.<br />
I dati Eurispes più recenti, ci raccontano di un<br />
gruppo criminale dedito a diverse attività <strong>il</strong>lecite<br />
che va dal traffico di armi alla prostituzione<br />
fino ad arrivare all’estorsione, all’usura<br />
e a rapporti <strong>il</strong>leciti con le organizzazioni criminali<br />
della ex Jugoslavia e dell’ Albania, operazioni<br />
che fruttano un “fatturato” di circa 3<br />
m<strong>il</strong>iardi di euro.
“Dalle ‘ndrine di Rosarno agli<br />
appaltipubblici,isintomidella<br />
nascita della quinta mafia<br />
italiana”<br />
Secondo <strong>il</strong> rapporto semestrale della Dia (direzione<br />
investigativa antimafia), “l’andamento<br />
delle segnalazioni sul sistema SDI di<br />
fatti-reato ex art. 416 bis codice penale, fa<br />
notare una notevole diminuzione delle denunce<br />
di tali fattispecie delittuose nella regione.<br />
L’interpretazione di questo trend, da<br />
leggere sinergicamente con gli andamenti dei<br />
dati delle associazioni a delinquere non connotate<br />
da prof<strong>il</strong>i mafiosi, deve tenere in adeguato<br />
conto <strong>il</strong> positivo risultato storico di una<br />
incisiva attività delle Forze di polizia nel corso<br />
degli anni, <strong>il</strong> cui risultato giudiziario ha conseguito<br />
la detenzione di molti elementi apicali<br />
dei maggiori gruppi criminali”. I controlli<br />
di polizia, carabinieri e guardia di finanza,<br />
hanno di molto limitato l’attività criminale<br />
della Sacra Corona Unita, anche se l’ultima<br />
operazione r<strong>il</strong>evante in tema di repressione<br />
delle mafia pugliese risale a circa 15 anni fa.<br />
Inchieste<br />
Nel 1995 circa 1700 uomini dell’esercito sono<br />
stati impiegati nell’ “Operazione Salento” per<br />
<strong>il</strong> controllo del territorio, con 1650 posti di osservazione<br />
e 2700 persone identificate. Un<br />
intervento che definito radicale, ma che purtroppo<br />
non ha avuto seguito, dando la possib<strong>il</strong>ità<br />
ai gruppi criminali di riorganizzarsi e di<br />
espandersi anche alle regioni vicine. In Bas<strong>il</strong>icata,<br />
trova quindi terreno fert<strong>il</strong>e Giovanni Cosentino,<br />
uomo legato alle ‘ndrine calabresi di<br />
Rosarno. Cosentino riprende l’idea dello<br />
‘ndranghetista Don Saru dei Mammoliti di<br />
mettere le mani sulla Lucania, gestendo appalti,<br />
lavori pubblici e traffici <strong>il</strong>leciti. Proprio<br />
con l’inchiesta Iena 2, condotta dal pubblico<br />
ministero di Potenza Vincenzo Montemurro,<br />
è emerso lo strano caso del’appalto all’Ospedale<br />
San Carlo, appalto vinto da una<br />
ditta campana, legata ai clan della camorra,<br />
e gestito direttamente da esponenti della<br />
mala lucana. La procura antimafia di Potenza<br />
continua le sue indagini nella speranza di fare<br />
luce e smantellare quella che si candida a essere<br />
la quinta mafia italiana, i Bas<strong>il</strong>ischi.<br />
33
Combaere l'usura, ci sono anche gli studen<br />
OltrealleIstuzioniincampoancheleAssociazioneancamorra<br />
di Elena Defeo<br />
Il sito internet del Comune di <strong>Napoli</strong> dedica<br />
una serie di pagine alla legalità e all’impegno<br />
contro la diffusione dei fenomeni estorsivi ed<br />
usurai. L’ente, peraltro, da diversi anni si avvale<br />
dell’apporto, quale consulente, di Tano<br />
Grasso benché, come specificato sul portale<br />
stesso, “In questo campo esistono competenze<br />
specifiche cui l’Ente locale non può sovrapporsi<br />
e che appartengono al Governo<br />
nazionale nell’ambito della politica di sicurezza,<br />
alle Forze dell’ordine e alla Magistratura”.<br />
L’attività è dunque essenzialmente<br />
quella di promozione, prevenzione, sensib<strong>il</strong>izzazione,<br />
attivazione di energie e soggetti<br />
nell’iniziativa per la legalità ed in modo parti-<br />
“La mappa degli indirizzi e<br />
dei numeri telefonici uli<br />
ai ciadini per denunciare<br />
<strong>il</strong> racket degli strozzini”<br />
colare per antiracket e antiusura. Per esempio,<br />
nell’ambito delle iniziative antiracket si<br />
sta agendo sia sul fronte dei cantieri pubblici,<br />
favorendo la collaborazione tra gli imprenditori<br />
e le forze dell’ordine, sia sul fronte del<br />
commercio stimolando la nascita di associazioni<br />
antiracket tra commercianti che consentano<br />
di rompere l’isolamento e di rendere<br />
più sicure le denunce.<br />
Sono state costituite così varie Associazioni<br />
antiracket sul territorio cittadino a cui rivolgersi<br />
e, tra di loro, <strong>il</strong> Coordinamento Napoletano<br />
delle Associazioni Antiracket <strong>il</strong> cui<br />
recapito telefonico (081/5519555-081/5528090)è<br />
a disposizione di qualunque operatore economico<br />
di qualsiasi zona della città, che desideri<br />
aiuto ed assistenza per fronteggiare<br />
problemi estorsivi. Nell’ambito delle iniziative<br />
antiusura è da segnalare l’attività svolta<br />
dall’Associazione Mediterraneo, la quale,<br />
presso lo Sportello d’aiuto per la prevenzione<br />
e la lotta all’usura <strong>Napoli</strong> Centro, si avvale<br />
34<br />
News<br />
della collaborazione di giovani professionisti<br />
opportunamente formati allo scopo. Altre associazioni<br />
sono sparse per le varie zone della<br />
città: a Pianura (Tel. 081.5881041 fax<br />
081.7264566), a San Giovanni a Teduccio<br />
(Tel. 081.5528090 fax 081.5519555), a Bagnoli<br />
(Tel. 081.5528090 fax 081.5519555).<br />
Dal Comune sottolineano, inoltre, l’impegno<br />
che viene svolto nelle scuole cittadine attraverso<br />
campagne di informazione e sensib<strong>il</strong>izzazione<br />
sui fenomeni del racket e dell’usura<br />
che hanno come punto qualificante l’interattività,<br />
coinvolgendo direttamente insegnanti<br />
e studenti.<br />
A proposito di studenti, è attiva ormai da anni<br />
l’Associazione Studenti Napoletani Contro la<br />
Camorra, nata a <strong>Napoli</strong> nei primi mesi del<br />
1985. Fin dal suo nascere, l’associazione ha<br />
fatto da catalizzatore degli entusiasmi e delle<br />
idee di tanti giovani di <strong>Napoli</strong> e della provincia<br />
che vogliono lottare contro i fenomeni e le<br />
logiche camorristiche. Tante le iniziative sul<br />
territorio: dalle marce s<strong>il</strong>enziose, ai concerti,<br />
a fiaccolate e questionari sulla criminalità fino<br />
alle campagne di sensib<strong>il</strong>izzazione. Recentemente<br />
è stata promossa una serie di incontri<br />
che hanno coinvolto gli studenti universitari e<br />
gli studenti delle scuole medie superiori di<br />
<strong>Napoli</strong> e della sua provincia. Tutti richiamati a<br />
riflessioni e dibattiti con i rappresentanti<br />
delle istituzioni, del mondo delle associazioni<br />
e della società civ<strong>il</strong>e, sui temi della giustizia e<br />
del diritto ma anche dell’<strong>il</strong>legalità e dell’omertà.
Le associazioni<br />
35
Genchi,sospesodalserviziorischialadestuzione<br />
“WhynotavrebbepotutoriscriverelastoriadellasecondaRepubblica”<br />
di Maa di Cola<br />
Gioacchino Genchi, presentazione del libro presso l’associazione Officine Creave di Sapri<br />
E’ stato descritto come un Grande Fratello.<br />
O meglio un grande orecchio, che come<br />
Echelon <strong>il</strong> satellite spia americano tutto<br />
ascoltava e tutto registrava. Contro di lui ha<br />
tuonato <strong>il</strong> presidente del consiglio in persona<br />
accusandolo di “aver intercettato in<br />
Italia m<strong>il</strong>ioni di cittadini”. Erano i tempi dell’inchiesta<br />
why not? di De Magistris e <strong>il</strong><br />
vice-questore aggiunto Gioacchino Genchi<br />
finiva nell’occhio del ciclone. Da consulente<br />
delle procure, per indagini delicatissime<br />
come le stragi di mafia del ‘90, i crac Cirio e<br />
Parmalat, <strong>il</strong> caso Dell’utri, lo spionaggio Telecom,<br />
aveva cumulato un archivio sterminato<br />
di telefonate di politici, imprenditori,<br />
magistrati, vip.<br />
Sospeso dalla polizia?<br />
Quell’inchiesta avrebbe potuto riscrivere la<br />
storia della seconda repubblica, sostiene<br />
Genchi, che oggi è di nuovo nel mirino. è<br />
stato sottoposto a una nuova sospensione<br />
dal servizio. Tra i motivi del provvedimento,<br />
avere definito, in un incontro pubblico dell’<br />
IDV, “una pantomima” l’episodio del rinvenimento<br />
della microspia nello studio privato<br />
36<br />
Interviste<br />
dell’on. S<strong>il</strong>vio Berlusconi (risalente al 1996).<br />
Genchi si difende attaccando: “Ho chiamato<br />
in causa, nelle mie deduzioni, lo stesso On.<br />
Roberto Maroni, oggi Ministro degli Interni,<br />
che, in un lancio ANSA dell’ 11 ottobre 1996,<br />
dichiarò proprio al riguardo: Le microspie<br />
vengono usate solo nei f<strong>il</strong>m di James Bond.<br />
Secondo me la microspia nello studio di Berlusconi<br />
è stata messa o da Berlusconi stesso<br />
o da qualcuno dei suoi per fargli fare la figura<br />
della vittima”(fonte ANSA)”.<br />
Il Ministro ha deciso, quindi, di destituire<br />
un funzionario di Polizia per avere sostenuto<br />
la sua stessa tesi in merito alla<br />
stessa medesima situazione riguardo alla<br />
medesima persona: Il Presidente del Consiglio!<br />
Vorrei comprendere se si sta conducendo<br />
una battaglia contro di me oppure<br />
questo è <strong>il</strong> normale corso della Giustizia; <strong>il</strong><br />
provvedimento notificatomi, tra le altre<br />
cose a firma del Capo della Polizia e non,<br />
come di consueto, a firma del Ministro degli<br />
interni, mi imputa una serie di responsab<strong>il</strong>ità<br />
assurde, non ultima quella di avere<br />
svolto <strong>il</strong> mio incarico di consulente esterno,
“Sa qual è <strong>il</strong> problema? Che<br />
in Italia se si serve lo Stato<br />
e lo si fa bene, anziché una<br />
pacca sulla spalla ci rendono <strong>il</strong><br />
ben servito. E’ quello che è<br />
successo a Saviano”<br />
mentre ero in aspettativa, lo scriva, in procedimenti<br />
per i quali non mi aspettavo alcun<br />
riconoscimento ma, almeno, non addirittura<br />
l’essere oggetto di attacchi da parte<br />
delle Istituzioni, in primis quello della Polizia<br />
alla quale continuo a guardare con stima e<br />
rispetto”.<br />
Smetterà di occuparsi di intercettazioni?<br />
“Ho da poco completato un fascicolo relativo<br />
al caso Telecom-Fastweb che ho consegnato<br />
al Dott. Di Leo (sostituto<br />
procuratore di Roma ndr); per anni ho lavorato<br />
al fianco di Falcone, Borsellino e di decine<br />
e decine di magistrati che si sono<br />
avvalsi della mia collaborazione. Oggi sembra<br />
che in molti non ricordino i casi Cuffaro<br />
e Dell’Utri. Senza le intercettazioni questi signori<br />
oggi sarebbero ancora immacolati di<br />
fronte alla legge.<br />
Perché l’attaccano allora?<br />
Sa qual è <strong>il</strong> problema? che in Italia se si<br />
serve lo stato e lo si fa bene, anziché una<br />
pacca sulla spalla ci rendono <strong>il</strong> ben servito.<br />
è quello che è successo a Saviano.<br />
Cioè?<br />
Saviano, cambia editore, cambia strategia,<br />
inizia a parlare di politica e immediatamente<br />
dalle copertine di Panorama finisce<br />
in prima su tutti i quotidiani perché attaccato<br />
dal Premier. non sono un’estimatore di<br />
Roberto Saviano ma gli devo riconoscere<br />
che oggi sta subendo ingiustamente.<br />
Beh, un detto dice: “parlate bene, parlate<br />
male ma parlate sempre di me” in fondo è<br />
pubblicità…<br />
Si certo forse Saviano dovrebbe anche ringraziare,<br />
io intanto ringrazio chi mi ha attaccato<br />
perché oggi ho scoperto che in<br />
Italia ci sono tantissime brave persone, e<br />
senza ascoltare le intercettazioni - (ride) -<br />
Persone che hanno tributato un grande successo<br />
al libro di Andrea Montolli (autore de<br />
Interviste<br />
Il Caso Genchi, di Edoardo Montelli, Aliberti editore<br />
Il Caso Genchi - 2009 - 50.000 copie vendute<br />
ndr) e che mi seguono nei tanti convegni in<br />
giro per <strong>il</strong> Paese.<br />
L’argomento più gettonato durante gli incontri?<br />
In realtà chi partecipa è interessato a tutto<br />
<strong>il</strong> libro. Ma in questi giorni <strong>il</strong> maggiore interesse<br />
è per <strong>il</strong> DDL Alfano che, come saprà,<br />
va a ridisegnare i confini di libertà d’informazione<br />
e d’indagine. O meglio sarebbe<br />
forse più giusto parlare di limiti più che di<br />
confini-<br />
Si darà alla politica allora?<br />
Non ho certo deciso di fare <strong>il</strong> “conferenziere”.<br />
Proprio in questo periodo sto lavorando,<br />
come consulente di parte, ad un caso<br />
che credo farà scalpore: un processo che<br />
vede imputato un giovane 25 enne con sentenza<br />
definitiva per traffico internazionale<br />
di stupefacenti e omicidio. E proprio grazie<br />
alle “lettura” delle intercettazioni realizzate<br />
sul caso è stata concessa la revisione.<br />
37
“Vi spiego come è cambiata Cosa Nostra”<br />
Rita Borsellino:“Da mafia agricola a organizzazione economica”<br />
di Giulia Dell’Acqua<br />
Rita Borsellino, europarlamentare<br />
Nell’ultimo periodo si sente parlare sempre<br />
di più di colletti bianchi, di connivenze tra<br />
mafia e politica e nuovi sistemi criminali.<br />
Come è cambiato, secondo <strong>il</strong> suo punto di<br />
vista <strong>il</strong> fenomeno criminale negli ultimi anni?<br />
Nel tempo ho avuto modo di osservare la capacità<br />
di mutazione di cosa nostra. Non c’è da<br />
meravigliarsi che sia completamente diversa<br />
rispetto agli anni ‘80 e ‘90: in quegli anni i rapporti<br />
con l’economia e la politica esistevano,<br />
ma non costituivano l’attività principale. Nel<br />
corso degli anni però, anche in seguito alle<br />
stragi e alle loro conseguenze a livello repressivo,<br />
grazie all’intervento forte dello Stato, alle<br />
indagini, all’insicurezza generata nella mafia<br />
dai collaboratori di giustizia, cosa nostra è<br />
stata costretta a cambiare, trovando nuovi interessi<br />
nella politica e nel mondo dell’economia.<br />
Una mutazione che ha portato a un riassetto<br />
dell’organizzazione criminale?<br />
La mafia si è servita di relazioni più organiche,<br />
38<br />
Interviste<br />
“Terreno ferle da chi ha<br />
ceduto non per paura, ma per<br />
opportunità”<br />
sfruttando la sua ab<strong>il</strong>ità e la pochezza di alcuni<br />
uomini politici. Ha trovato terreno fert<strong>il</strong>e in<br />
chi ha ceduto alle sue richieste non per paura,<br />
ma per opportunità. Così, nel tempo, si è trasformata<br />
da mafia agricola, a mafia del mattone,<br />
a mafia della droga, per diventare, ora,<br />
mafia dell’economia e della politica. Che Cosa<br />
Nostra cerchi nella politica questi rapporti per<br />
le sue attività è fisiologico, è normale. Non è<br />
normale però, ed è estremamente grave, che<br />
trovi tali appoggi.<br />
Anche l’antimafia, quella della società civ<strong>il</strong>e,<br />
ha cambiato pelle e si è riorganizzata<br />
diventando una realtà forte, soprattutto<br />
al sud Italia<br />
La Sic<strong>il</strong>ia è probab<strong>il</strong>mente tra le regioni italiane<br />
quella che ha più esperienza, che ha<br />
prodotto più risultati. È caposcuola: si sono<br />
celebrati più processi, ci sono state più confische<br />
dei beni ai mafiosi, beni riut<strong>il</strong>izzati a<br />
scopi sociali. La Sic<strong>il</strong>ia può dare moltissimo in<br />
termini di esempio. Basti pensare all’esperienza<br />
di “Addio Pizzo”, movimento che<br />
nasce dal basso e proprio dalle nuove generazioni<br />
che pensano e agiscono in modo diverso,<br />
capaci di immaginare un futuro<br />
migliore e determinate a costruirlo. È la conseguenza<br />
dell’educazione alla legalità nelle<br />
scuole, della reazione alle stragi delle coscienze<br />
civ<strong>il</strong>i, del lavoro e dell’impegno quotidiano<br />
degli educatori e delle persone<br />
oneste. È tra i frutti più belli di tutto questo.<br />
Come viene visto <strong>il</strong> fenomeno mafioso dagli<br />
altri Paesi dell’UE?<br />
Gli altri Paesi fanno fatica a comprendere<br />
questo fenomeno e in parte lo rifiutano, tendendo<br />
a sottovalutare <strong>il</strong> problema. Più che<br />
altro si parla di terrorismo, di criminalità in<br />
senso ampio, è diffic<strong>il</strong>e far passare <strong>il</strong> concetto<br />
di criminalità organizzata di stampo mafioso.
In alcuni Paesi non esiste neanche <strong>il</strong> reato di<br />
associazione mafiosa. In Italia è nato dopo<br />
l’uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa. In<br />
Europa si comincia ora a portare l’attenzione<br />
sull’argomento. È importante, perché si<br />
tratta di un fenomeno che esiste anche in<br />
altri Paesi, ma non è percepito in questi ter-<br />
“Sisonofapassiavannella<br />
loa, specie in Sic<strong>il</strong>ia. Il<br />
fenomenomafiosoèpresen<br />
ancheinaltripaesidell’Unione<br />
Europea”<br />
mini. Bisogna spingere l’UE a guardarlo attraverso<br />
la giusta chiave di lettura, anche<br />
perché la mafia ha cambiato pelle, approfittando<br />
della globalizzazione. Oggi ci sono legami<br />
con le mafie storiche di altri Paesi, ad<br />
esempio con quelli dell’Est, che operano in<br />
Italia e non potrebbero farlo senza <strong>il</strong> sostegno<br />
locale della criminalità organizzata e viceversa.<br />
C’è, quindi, bisogno di nuove normative in<br />
materia a livello europeo?<br />
In Europa serve una legge come quella nazionale<br />
per la confisca dei beni ai mafiosi e <strong>il</strong><br />
loro uso sociale. In Italia da questo punto di<br />
vista ci sono molte esperienze positive, possiamo<br />
dare molto agli altri Paesi, ed è necessario<br />
che si colleghino con una legislazione<br />
comune, come è accaduto per l’accesso ai<br />
conti o per le rogatorie internazionali. Se non<br />
ci sono più confini in Europa, non devono essercene<br />
neanche da questo punto di vista.<br />
Anche Eurojust, unità di cooperazione giudiziaria<br />
dell’UE ed Europol, l’ufficio europeo di<br />
polizia, si inseriscono in questa ottica.<br />
In Italia, da anni, nelle scuole di ogni ordine<br />
grado, si insegna educazione alla legalità. E<br />
negli altri paesi dell’Unione?<br />
In Europa non se ne sente la necessità, nelle<br />
scuole non è previsto. Invece sarebbe importante,<br />
perché serve a dotare le nuove generazioni<br />
degli strumenti culturali corretti, delle<br />
coordinate per capire e interpretare i fenomeni.<br />
Anche da questo punto di vista l’Italia ha<br />
esperienze significative che possono contribuire<br />
a migliorare la situazione europea.<br />
Interviste<br />
I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino<br />
Il personaggio<br />
Paolo Borsellino, magistrato simbolo della<br />
lotta alla mafia vittima della strage di via<br />
d’Amelio. Dopo l’uccisione del suo amico e<br />
collega Giovanni Falcone nella strage di Capaci,<br />
Cosa nostra decide la sua morte. Totò<br />
Riina incarica Salvatore Biondino, suo uomo<br />
di fiducia, che a sua volta si rivolge a uomini<br />
legati a Bernardo Provenzano. Una condanna<br />
a morte presa di comune accordo dalle due<br />
fazioni della mafia sic<strong>il</strong>iana.<br />
Il 19 luglio del 1992 Paolo Borsellino è a V<strong>il</strong>lagrazia<br />
di Carini, località di mare dove la sua<br />
famiglia passa le vacanze, ma decide di rientrare<br />
a Palermo per fare visita alla madre. Salvatore<br />
Biondino, l’uomo di Riina, controlla i<br />
suoi spostamenti e avverte i k<strong>il</strong>ler già pronti<br />
in via D’Amelio. E’ stato un attimo. Un boato.<br />
Un’esplosione forte. Poi <strong>il</strong> rumore assordante<br />
delle sirene.<br />
Con <strong>il</strong> magistrato Paolo Borsellino perdono la<br />
vita anche gli agenti di scorta Emanuela Loi,<br />
Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter<br />
Eddie Cusina e Claudio Traina. Per sono stati<br />
condannati in via definitiva 47 persone, 25<br />
delle quali all’ergastolo. Tra le persone implicate<br />
anche Totò Riina, Giuseppe Graviano,<br />
Carlo Greco e Salvatore Biondino.<br />
39
Ingroia: “Viviamo in emergenza democratica”<br />
“A rischio l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge”<br />
di Rosario Pastore<br />
Giudice Ingroia, a che punto è la lotta alla<br />
malavita organizzata?<br />
Sono stati fatti passi avanti e mi riferisco innanzitutto<br />
al controllo del territorio. E questo<br />
grazie all’abnegazione e al grandissimo lavoro<br />
delle forze dell’ordine, che hanno consentito,<br />
specialmente nel territorio di Palermo, di effettuare<br />
un efficace contrasto al controllo del<br />
territorio da parte della mafia. Una grande<br />
professionalità che ha consentito anche di accorciare<br />
i tempi di latitanza dei grossi mafiosi.<br />
Sul piano dell’efficienza, sono stati fatti<br />
enormi passi avanti.<br />
Il fenomeno della collusione fra malavita organizzata<br />
e politica è ancora preoccupante? E<br />
se sì, in che misura?<br />
Ecco, in questo particolare settore della lotta<br />
alla mafia, non si sono fatti significativi passi<br />
avanti. Poiché la malavita organizzata si è venuta<br />
a trovare in difficoltà nel controllo del<br />
territorio, è diventata essenzialmente mafia<br />
finanziaria. Si è rivolta al mondo economico,<br />
inserendosi in maniera preoccupante. Che<br />
cosa è accaduto? Che la mafia è entrata essenzialmente<br />
nei salotti buoni di Palermo ed<br />
ha intrecciato rapporti sempre più stretti con<br />
<strong>il</strong> mondo politico. Creando <strong>il</strong> fenomeno di una<br />
collusione che si è fatta veramente preoccupante.<br />
A questo proposito, lei in più occasioni ha<br />
parlato della necessità di un’anagrafe dei<br />
conti correnti bancari. A che cosa servirebbe?<br />
Nelle indagini di tipo finanziario, ci troviamo<br />
ancora a dover combattere con tempi estremamente<br />
lunghi. Prima di avere informazioni,<br />
passano a volte anche mesi. Un’anagrafe dei<br />
conti a disposizioni degli uffici delle Procure<br />
consentirebbe un’integrazione immediata<br />
delle indagini, con la radiografia dello stato finanziario<br />
dell’indagato. Considerato, come<br />
dicevo prima, che oggi la mafia è essenzialmente<br />
di tipo finanziario, è fac<strong>il</strong>e arguire di<br />
quanto si snellirebbero le indagini liberate<br />
dai vincoli bancari.<br />
Secondo lei, la società civ<strong>il</strong>e ha ancora paura<br />
della mafia?<br />
40<br />
Interviste<br />
“Lalottaallamafiahabisogno<br />
di continuità, che può essere<br />
assicurata solo dalla politica.<br />
Manca un progetto autentico<br />
in materia”<br />
Credo che la paura della mafia sia un po’ calata.<br />
Vedo un atteggiamento sempre più coraggioso.<br />
Un nuovo collaboratore, qualche<br />
settimana fa, mi diceva che sempre più attualmente<br />
è <strong>il</strong> mafioso che comincia ad avere<br />
paura della società civ<strong>il</strong>e. Oggi ci troviamo di<br />
fronte alla denuncia della vittima del pizzo,<br />
per esempio. Questo è un passo avanti. Il problema<br />
non è più la paura della mafia ma la<br />
convenienza a mettersi dalla sua parte. Conviene<br />
pagare e affiancare la mafia invece di<br />
affrontare le noie di una denuncia dell’estorsore,<br />
di recarsi dal magistrato, di prendere<br />
parte a un processo. In definitiva, in questo<br />
momento non c’è <strong>il</strong> problema di vincere la<br />
paura della mafia ma di abbattere un atteggiamento<br />
di convivenza o di convenienza.<br />
Recentemente, c’è stata polemica fra lei e <strong>il</strong><br />
direttore del TG1, Augusto Minzolini. Ci<br />
vuole riassumere i termini della questione?<br />
Tutto è nato dalla distorsione di un mio intervento.<br />
In esso, avevo espresso le mie preoccupazioni<br />
per le sorti della democrazia,<br />
rispetto a una legislazione che, con le in iniziative<br />
sul processo breve e sulle intercettazioni,<br />
sempre meno uguale e sempre più<br />
disuguale e che non garantisce, quindi, a mio<br />
parere, un ‘effettiva eguaglianza di fronte alla<br />
legge, che è un principio fondamentale della<br />
nostra Carta Costituzionale. Si può contrastare<br />
la mafia solo con una legislazione che<br />
sui guadagna <strong>il</strong> massimo della fiducia e del rispetto<br />
dei cittadini. Non tocca alla magistratura<br />
assumersi compiti che non le spettano.<br />
Tocca, piuttosto, ai cittadini farsi parte attiva,
Il giudice Antonio Ingroia<br />
tocca ai cittadini cercare di cambiare <strong>il</strong> corso<br />
degli eventi. I maggiori risultati contro la<br />
mafia si sono ottenuti quando c’è stato un<br />
forte movimento di opinione contro la malavita<br />
organizzata. La mia espressione sul corso<br />
degli eventi è stata interpretata, in un editoriale<br />
televisivo, come se volessi propugnare<br />
un programma politico, dando alla magistratura<br />
compiti di governo o cose del genere.<br />
Niente di meno esatto.<br />
A proposito di questa interpretazione,<br />
spesso i magistrati vengono accusati di volersi<br />
fare solo della pubblicità, anche con<br />
ambizioni politiche. Nel suo caso, lei ha questo<br />
tipo di ambizione?<br />
Naturalmente no. Penso semplicemente che<br />
<strong>il</strong> magistrato non debba chiudersi in una specie<br />
di turris eburnea, lontano dalla gente. Il<br />
mio maestro Borsellino, contrariamente a<br />
quanto si possa pensare di lui, era un magistrato<br />
che parlava con la gente, che si apriva,<br />
che non si nascondeva, che guardava fuori al<br />
Palazzo di Giustizia. E’ l’uomo che ha introdotto,<br />
anche per <strong>il</strong> giudice, la conferenza<br />
stampa, un momento importante, in cui <strong>il</strong><br />
magistrato rende edotta la gente sul proprio<br />
operato, un momento di autentico dialogo<br />
diretto. Per Borsellino, un elemento fondamentale<br />
era la partecipazione, <strong>il</strong> consenso, <strong>il</strong><br />
sostegno dei cittadini. Andava nelle scuole,<br />
incontrava gli studenti, partecipava ai dibattiti<br />
con i cittadini. Questo è <strong>il</strong> suo insegnamento,<br />
un f<strong>il</strong>o diretto di comunicazione con<br />
i cittadini. Nessuna pubblicità, dunque, tanto<br />
meno per ambizioni politiche.<br />
Interviste<br />
A proposito di Borsellino, lei ha recentemente<br />
ricordato che, fra le sue tesi più importanti,<br />
c’era quella secondo la quale <strong>il</strong><br />
nodo per la lotta alla mafia è essenzialmente<br />
politico e che prima di una magistratura<br />
antimafia occorre una politica<br />
antimafia. Una utopia, oggi?<br />
Non credo che si debba essere così pessimisti.<br />
Certo, Paolo Borsellino si lagnava della latitanza<br />
di una politica con la P maiuscola. La<br />
lotta alla mafia, per essere vincente, ha bisogno<br />
della continuità e questa continuità può<br />
essere assicurata solo dalla politica. La mia<br />
opinione è che manchi un progetto autentico<br />
in materia. Ci sono iniziative sporadiche, episodiche.<br />
La magistratura da sola non ce la<br />
può fare. Ci troviamo in effetti con una politica<br />
che, specialmente negli ultimi anni, ha<br />
cercato di ricacciare indietro la magistratura,<br />
mentre, invece, ci sarebbe bisogno di significativi<br />
passi avanti.<br />
In effetti, la legge per la lotta alla mafia è del<br />
1982. Occorrerebbe, come minimo, “rinfrescarla“.<br />
Qualche mese fa, a Reggio Calabria, <strong>il</strong> Governo,<br />
nei suoi massimo vertici, con <strong>il</strong> Presidente<br />
del Consiglio, ha assunto l’impegno di<br />
varare un Testo Unico della legislazione antimafia.<br />
Questo provvedimento, attualmente,<br />
è ancora “in fieri”. Pare che ci siano<br />
altre emergenze, come le intercettazioni... Io<br />
credo che <strong>il</strong> Testo Unico, atteso da anni,<br />
debba essere introdotto e colgo questa occasione<br />
per sollecitarne <strong>il</strong> varo”.<br />
Giudice Ingroia, lei ritiene che siamo in<br />
emergenza democratica? Ultimamente lei<br />
ha parlato di sistematica demolizione non<br />
solo dei p<strong>il</strong>astri del diritto ma addirittura<br />
della demolizione dello Stato.<br />
La demolizione dello stato di diritto, sì. E lo<br />
dico con preoccupazione. Uno dei p<strong>il</strong>astri è<br />
l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge,<br />
ed è a rischio; un altro p<strong>il</strong>astro è l’indipendenza<br />
della magistratura, ed è a rischio. Ebbene,<br />
io credo che si stia realizzando una<br />
centralizzazione di un potere verso <strong>il</strong> potere<br />
e questo mi preoccupa. Vede, non abbiamo<br />
avuto un assedio della politica alla giustizia;<br />
abbiamo semplicemente perso la politica,<br />
perché le istituzioni sono state occupate<br />
dagli interessi privati, quindi è <strong>il</strong> privato che<br />
ha sostituito <strong>il</strong> pubblico”.<br />
41
“Non giriamo le spalle a chi chiede aiuto”<br />
Don Cio auspica la confisca dei beni a livello europeo<br />
di Mariangela BarberisI<br />
A colloquio con don Luigi Ciotti, presidente<br />
di “Libera”, in occasione della presentazione<br />
del libro “Vite clandestine” di cui <strong>il</strong> sacerdote<br />
ha curato la prefazione. Ce ne vuole<br />
parlare?<br />
Tratta <strong>il</strong> fenomeno della prostituzione attraverso<br />
i racconti delle vittime, a anche dei carnefici.<br />
Indaga nella vita delle ragazze e dei<br />
ragazzi che vendono <strong>il</strong> proprio corpo per le<br />
strade e di quella dei clienti.<br />
Cosa l’ha colpita?<br />
Il libro si apre con Joy e si chiude con Ester,<br />
due ragazze nigeriane con tragici destini:<br />
Ester è morta in mare <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 2009. Il suo<br />
corpo senza vita è rimasto sulla nave cinque<br />
giorni, sbattuta nelle acque delle diplomazie<br />
internazionali.<br />
E Joy?<br />
Una prostituta. E’ morta per una tubercolosi<br />
“Ci sono m<strong>il</strong>ioni di ragazzi<br />
che lottano contro le mafie<br />
e che usano la propria<br />
liberà a favore di chi non ce<br />
l'ha. Diamo spazio alla loro<br />
creatività e intelligenza”<br />
non curata. Aveva paura che andando in<br />
ospedale potesse essere espulsa. Una giovane<br />
uccisa da un mostro giuridico.<br />
Che intende?<br />
Di questi episodi ce ne sono tanti nel nostro<br />
Paese. Ci sono persone alle quali viene negato<br />
<strong>il</strong> diritto di una vita migliore perché<br />
sono considerate pericolose. Spesso, preferiamo<br />
voltarci dall’altra parte. Dobbiamo invece<br />
essere la spina nella carne del mondo<br />
politico”.<br />
Lei dice che la politica deve essere con la P<br />
maiuscola, che vuol dire?<br />
La politica deve prendersi delle responsabi-<br />
42<br />
Interviste<br />
lità, intervenire. Il sistema legislativo deve<br />
essere di sostegno al terzo settore e non penalizzarlo.<br />
La nostra tradizione ci insegna che<br />
diritto e accoglienza possono convivere>.<br />
Come è cambiato <strong>il</strong> mondo della malavita<br />
organizzata?<br />
Prima la criminalità sfruttava soprattutto le<br />
prostitute. Oggi <strong>il</strong> mercato si basa anche sui<br />
traffici della droga e c’è una nuova forma di<br />
sfruttamento : quella del lavoro nero, della<br />
prostituzione masch<strong>il</strong>e e dei transessuali.<br />
C’è una nuova moda tra le minorenni:quella<br />
di prostituirsi per ricevere una ricarica sul<br />
cellulare. Cosa ne pensa?<br />
I ragazzi e le ragazze si prostituiscono perché<br />
abbagliati da stimoli, messaggi , provocazioni<br />
che quello che conta è l’immagine, la bellezza<br />
ad oltranza, del possesso.<br />
A Bologna è stato inaugurato un seminario<br />
“La grandi famiglie mafiose<br />
investono all’estero i loro<br />
contanti: un’operazione che<br />
va impedita. Il governo deve<br />
dedicaremaggioreattenzione<br />
al terzo settore”<br />
dalla cattedra di Sociologia del diritto in collaborazione<br />
con Libera. Cosa studia ?<br />
Le mafie sono ovunque. Non solo in alcune<br />
zone d’Italia. I criminali, per esempio, reclutano<br />
persone in ogni luogo.<br />
Ci faccia un esempio.<br />
Molti sono quelli che non trovano spazio<br />
nella vita sociale e nel lavoro, quelli che vivono<br />
di accattonaggio. Le mafie offrono loro<br />
un lavoro, li trasformano in spacciatori di<br />
droga e li fanno entrare all’interno di un sistema<br />
criminale.<br />
Studiare le caratteristiche delle mafie nelle<br />
aule universitarie per combatterle meglio?
Don Luigi Cio<br />
Le mafie presenti si evolvono. La capacità di<br />
cambiamento non va sottovalutata. Sta nascendo<br />
una quinta mafia molto borghese.<br />
Una mafia di colletti bianchi, di finanziarie.<br />
Un sistema criminale che fa da banca a piccole<br />
e medie imprese.<br />
La legge 106/96 prevede l’uso sociale dei<br />
beni confiscati alle mafie. Come avete vinto<br />
questa battaglia?<br />
E’ una legge di iniziativa popolare , sono<br />
state raccolte un m<strong>il</strong>ione di firme dall’associazione<br />
Libera. La legge prevede che i beni<br />
immob<strong>il</strong>i possono essere assegnati dai comuni,<br />
a titolo gratuito, a comunità, associazioni<br />
di volontariato e cooperative sociali.<br />
E’ vero che oggi i beni confiscati sono ut<strong>il</strong>izzati<br />
a discrezione dei governi locali e non<br />
sempre per <strong>il</strong> sociale?<br />
Chiariamo. Il 36 % dei beni che non può essere<br />
ut<strong>il</strong>izzato, si trova sotto ipoteca delle<br />
banche. Bisogna trovare un modo per togliere<br />
le ipoteche e metterli in vendita. Per<br />
ora i termini per la vendita sono stati prorogati.<br />
Se dopo alcuni mesi <strong>il</strong> bene non viene ut<strong>il</strong>izzato,<br />
è messo all’asta?<br />
Prima sì. Oggi l’asta è stata annullata. Molti<br />
pensavano che in questo modo <strong>il</strong> bene veniva<br />
ricomprato dalle stesse organizzazioni.<br />
Attraverso dei prestanome?<br />
Interviste<br />
Esatto. Il 30% dei beni è intestato a prestanome.<br />
Ma c’è dell’altro.<br />
Cosa?<br />
Un problema trasversale che Libera si è impegnata<br />
a risolvere in collaborazione con <strong>il</strong><br />
Parlamento europeo. La Confisca a uso sociale<br />
a livello europeo.<br />
Cioè?<br />
Le grandi famiglie criminali investono all’estero<br />
i loro contanti. Dobbiamo portare in<br />
Europa l’esperienza legislativa della confisca<br />
dei beni ai mafiosi ed <strong>il</strong> loro ut<strong>il</strong>izzo sociale.<br />
E’ cambiato qualcosa con la nascita della<br />
Agenzia?<br />
Il 16 marzo 2010 è stata inaugurata l’Agenzia<br />
Nazionale dei beni sequestrati e confiscati<br />
alla mafia e ritengo sia un segnale importante.<br />
Ora è necessario che sia efficace ed<br />
operativa. Resta un dubbio.<br />
Quale?<br />
Riguarda la Finanziaria 2006 sulla confisca<br />
dei beni ai corrotti. Vorremmo sapere quali<br />
sono i provvedimenti presi.<br />
Situazione del governo oggi?<br />
Il governo dovrebbe dedicare maggiore attenzione<br />
al terzo settore, che spesso deve<br />
farsi carico delle situazioni senza l’appoggio<br />
dello stato.<br />
Se le cose non funzionano è colpa del governo?<br />
Non dobbiamo mai generalizzare. Tutti devono<br />
rispettare le leggi. Siamo tutti responsab<strong>il</strong>i,<br />
lo stato deve fare la sua parte ma noi<br />
cittadini dobbiamo assumerci le nostre responsab<strong>il</strong>ità.<br />
Don Luigi, l’obiettivo è di non fermarsi mai?<br />
C’è un’Italia che si muove, ci sono m<strong>il</strong>ioni di<br />
ragazzi che lottano insieme contro le mafie,<br />
che si impegnano per usare la propria libertà<br />
per liberare chi non ce l’ha.<br />
I giovani al primo posto?<br />
Si. Bisogna dar spazio alla creatività dei ragazzi,<br />
alla loro intelligenza. Un esempio? La<br />
manifestazione Reggio. Questo è solo uno<br />
dei tanti slogan per far capire alle persone<br />
che <strong>il</strong> cambiamento è in ognuno di noi.<br />
43
E’ dura ed esaltante l’eredità di Peppino<br />
Giovanni Impastato porta avanti le battaglie del fratello<br />
di Ida Palisi<br />
Suo fratello Peppino è <strong>il</strong> simbolo della lotta<br />
alla mafia più conosciuto d’Italia. E a lui, a<br />
Giovanni Impastato, <strong>il</strong> fratello minore, <strong>il</strong> “sopravvissuto”<br />
agli attentati e alle ritorsioni di<br />
Cosa Nostra, è toccato raccoglierne l’eredità<br />
morale e materiale e combattere, quotidianamente,<br />
la cultura mafiosa.<br />
Peppino, fatto assassinare dalla mafia <strong>il</strong> 9<br />
maggio 1977 (lo stesso giorno del ritrovamento<br />
del cadavere di Aldo Moro) denunciava<br />
i delitti e gli affari dei mafiosi con le<br />
trasmissioni indipendenti di Radio Out. Dopo<br />
“Oggi l'dentikit del mafioso<br />
non è più quello dei Riina o<br />
dei Provenzano. E' stato<br />
sostituito dall'ingegnere,<br />
dall'avvocato, dal medico.<br />
A comandare c'è una<br />
borghesia mafiosa”<br />
la sua morte, insieme con la mamma Felicia<br />
decise di aprire la sua casa di Cinisi, in provincia<br />
di Palermo, a tutti coloro che volessero,<br />
da vicino, conoscere Peppino. Quella<br />
casa è oggi “Casa della Memoria”, a “cento<br />
passi” dalla casa di Tano Badalamenti, che da<br />
poco è stata assegnata all’Associazione Peppino<br />
Impastato.<br />
“Una grande vittoria per la società civ<strong>il</strong>e”, ci<br />
dice Giovanni Impastato. Cinquantasette anni<br />
(Peppino oggi ne avrebbe 62), gestisce una<br />
pizzeria-supermercato vicino all’aeroporto<br />
palermitano ed è stato tra i fondatori del Centro<br />
Peppino Impastato, <strong>il</strong> primo centro studi<br />
sulla mafia sorto in Italia e protagonista della<br />
battaglia legale per dimostrare la matrice mafiosa<br />
dell’omicidio di Peppino. Sul fratello ha<br />
pubblicato, assieme a Franco Vassia, <strong>il</strong> libro<br />
“Resistere a Mafiopoli” (Stampa Alternativa,<br />
44<br />
Interviste<br />
Viterbo 2009). Abbiamo raggiunto Giovanni<br />
telefonicamente, mentre era in giro per uno<br />
dei suoi tanti impegni culturali e sociali per la<br />
legalità.<br />
Com’è la mafia di oggi rispetto ai tempi di<br />
m<strong>il</strong>itanza con Peppino?<br />
È cambiata tantissimo, gradatamente. Ricordo<br />
che dopo l’assassinio di Peppino ci fu<br />
uno scontro tra corleonesi e palermitani: vinsero<br />
i primi, vale a dire Riina e Provenzano.<br />
La loro era una mafia che si scontrava direttamente<br />
con lo Stato, usando la strategia<br />
“Grazie alle nostre lotte,<br />
siamo riusciti a fare approvare<br />
la legge che impone <strong>il</strong><br />
sequestro dei beni dei mafiosi.<br />
Purtroppo occorrono<br />
vittime per fare passi<br />
avanti”<br />
dello stragismo. Dopo <strong>il</strong> loro arresto la mafia<br />
si trasformò in un’organizzazione sommersa<br />
che conservava tuttavia legami con una parte<br />
del potere istituzionale ed era inserita nel sistema<br />
di politico-economico e telematico.<br />
Dopo l’arresto di Lo Piccolo tre anni fa e fino<br />
ai nostri giorni, la parte para-m<strong>il</strong>itare è stata<br />
decimata. Pochissimi mancano all’appello:<br />
sono tutti dentro. Oggi l’identikit del mafioso<br />
non è più quello di Totò Riina o Bernardo Provenzano,<br />
è quello dell’ingegnere, dell’avvocato,<br />
del medico. Basti pensare all’architetto<br />
Giuseppe Liga (considerato l’erede di Lo Piccolo,<br />
arrestato nel marzo 2010 ndr): era un<br />
professionista molto conosciuto negli ambienti<br />
politici, membro di un movimento<br />
molto vicino alla Regione. La nuova mafia è<br />
questa: una organizzazione dei colletti bianchi,<br />
una borghesia mafiosa, molto più perico-
Giuseppe Impastato<br />
losa perché entrata nel tessuto sociale. Gestisce<br />
un po’ tutto, dall’acqua alla sanità.<br />
Che cosa si può fare per combatterla?<br />
Dobbiamo partire dal presupposto che bisogna<br />
portare avanti un’azione di resistenza<br />
vera e propria. A livello individuale si può fare<br />
tantissimo, cercando innanzitutto di rompere<br />
con la cultura mafiosa dentro noi stessi.<br />
Quando lotto contro la mafia è come se lottassi<br />
contro me stesso, contro una forma di<br />
agire e di pensare. Non voglio dire che siamo<br />
tutti mafiosi, siamo persone per bene. Purtroppo<br />
la cultura mafiosa è radicata dentro di<br />
noi. Tuttavia credo che questo Paese sia ancora<br />
vivo e che ce la possa fare.<br />
Sul fronte dell’antimafia cosa è cambiato?<br />
Sono stati fatti tanti passi avanti. Grazie alle<br />
nostre lotte, siamo riusciti a far approvare la<br />
legge 109 sull’ut<strong>il</strong>izzo dei beni confiscati ai<br />
mafiosi; abbiamo oggi cooperative che lavorano<br />
su terre sottratte alla mafia. A Palermo<br />
opera <strong>il</strong> movimento dei “senza casa”, che occupa<br />
le case una volta proprietà dei mafiosi.<br />
Tuttavia le conquiste si sono ottenute negli<br />
anni, anche con molti ostacoli, e l’impegno<br />
delle istituzioni è stato più forte sull’onda dell’emergenza<br />
e dopo i sacrifici di tantissime<br />
persone che ci hanno lasciato la pelle. Così<br />
dopo l’uccisione di Dalla Chiesa nell’82 è<br />
stato introdotto <strong>il</strong> 416 bis, che punisce l’associazione<br />
per delinquere di tipo mafioso, cui<br />
è stato dato nuovo impulso dopo le stragi che<br />
coinvolsero i giudici Falcone e Borsellino.<br />
Interviste<br />
Tutti risultati importanti, ma se vogliamo<br />
sconfiggere la mafia dobbiamo partire dal<br />
basso.<br />
In che modo?<br />
Scendendo in piazza, facendo sentire la propria<br />
voce, come è accaduto l’anno scorso<br />
quando diecim<strong>il</strong>a persone hanno manifestato<br />
a Ponteranica, nel bergamasco, contro la<br />
mafia e <strong>il</strong> sindaco leghista che voleva togliere<br />
la targa che dedicava la biblioteca comunale<br />
a Peppino. Cose come questa si possono amplificare,<br />
possono trovare un perno forte soprattutto<br />
nei movimenti che stanno cercando<br />
di far nascere conflitti culturali, che per una<br />
lotta di resistenza rappresentano <strong>il</strong> nostro futuro.<br />
Quindi una forma di lotta alla mafia resta<br />
l’associazionismo?<br />
Certo. Legarsi all’associazionismo e al volontariato<br />
è un impegno che deve procedere di<br />
pari passo con un sano sv<strong>il</strong>uppo economico<br />
del Paese. Soprattutto i giovani dovrebbero<br />
legarsi ai movimenti e alle associazioni. Per<br />
questo vado nelle scuole, cercando di coinvolgere<br />
i ragazzi e di sensib<strong>il</strong>izzarli in questo<br />
senso”.<br />
La casa del boss affidata<br />
all’Associazione Peppino<br />
Impastato<br />
Cinisi, corso Umberto 183. La casa di don<br />
Tano Badalamenti, <strong>il</strong> mandante dei sicari di<br />
Impastato, è ora la sede dell'Associazione che<br />
porta <strong>il</strong> nome di Peppino. Qui si trasferirà<br />
anche la Biblioteca Comunale. Una palazzina<br />
a due piani che Falcone e Borsellino avevano<br />
sequestrato nel 1985 e che, un lustro dopo, è<br />
stata finalmente confiscata. Il sindaco di Cinisi,<br />
Salvatore Palazzolo, ha consegnato le<br />
chiavi della casa a Giovanni Impastato, che<br />
dell'associazione è <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e. Onde evitare<br />
che i padrini potessero riacquistare <strong>il</strong><br />
fabbricato. Badalamenti è morto nelle carceri<br />
americane nel 2004. E Giovanni Impastato<br />
chiede che le indagini sulla morte del fratello<br />
vengano riaperte. La vita del giovane Peppino<br />
ha dato origine alla trama del f<strong>il</strong>m “I cento<br />
passi”. Ovvero la distanza esatta fra la sede<br />
della Radio diretta da Impastato e la casa del<br />
boss Badalamenti, attaccato dagli editoriali<br />
dell’emittente per le sue attività mafiose.<br />
45
“Iounatogarossa?DifendosololaCostuzione”<br />
Il procuratore Paolo Mancuso risponde a chi lo aacca<br />
di Rosario Pastore<br />
Procuratore Mancuso, a che punto è la lotta<br />
alla criminalità organizzata? Sono stati fatti<br />
passi avanti?<br />
Se per passi avanti si intende attività di repressione<br />
e di controllo, sicuramente sì. Ormai di<br />
queste organizzazioni si conosce tutto, sono<br />
state colpite in maniera intensissima, <strong>il</strong> numero<br />
degli arresti è enorme. Se invece vuole sapere<br />
se siamo più vicini alla scomparsa o per lo meno<br />
ad un ridimensionamento serio, credo che la risposta<br />
debba essere negativa. Purtroppo, non è<br />
con la sola repressione che si può vincere questa<br />
battaglia.<br />
Il fenomeno della collusione fra politica e camorra<br />
è ancora preoccupante?<br />
Da quello che riesco a vedere siamo in una fase<br />
in cui la politica è estremamente debole, mentre<br />
invece ha assunto centralità, con un’inversione<br />
rispetto a qualche decennio fa, <strong>il</strong> mondo degli<br />
affari.<br />
Oggi c’è una politica spesso subalterna al mondo<br />
degli affari, <strong>il</strong> quale è molto più permeab<strong>il</strong>e della<br />
politica da parte delle organizzazioni mafiose. La<br />
criminalità organizzata ha come suo obiettivo <strong>il</strong><br />
controllo degli affari. Il rapporto fra imprenditoria<br />
e criminalità è praticamente fisiologico. Se attraverso<br />
gli affari, la mafia riesce ad arrivare alla<br />
politica, quest’ultima è molto più esposta alle inf<strong>il</strong>trazioni,<br />
alle collusioni, alle cointeressenze, alle<br />
interferenze dell’organizzazione criminale.<br />
Da magistrato si è occupato di inchieste clamorose,<br />
come quella sul clan Nuvoletta e<br />
quella che coinvolse, dieci anni dopo, alcuni<br />
esponenti della vecchia DC.<br />
L’inchiesta Nuvoletta nacque senza collaboratori<br />
di giustizia per un approfondimento su alcuni<br />
settori dell’imprenditoria. A Marano erano<br />
stati costruiti interi quartieri, con forti finanziamenti,<br />
agevolati impropriamente dal Banco di<br />
<strong>Napoli</strong>, su raccomandazioni che venivano proprio<br />
dalla politica. Nuvoletta era in quel periodo<br />
uno snodo cruciale nel mondo della camorra,<br />
era mediatore fra <strong>il</strong> gruppo dei Cutolo e quello<br />
degli Alfieri. Alla fine, questo ruolo non gli fu più<br />
possib<strong>il</strong>e e ricevette botte dagli uni e dagli altri.<br />
Fu un’indagine che ci portò direttamente al<br />
cuore del sistema messo in piedi in occasione<br />
46<br />
Interviste<br />
“La riforma della giustizia<br />
costringerà al disimpegno<br />
molti magistrati. Si tratta<br />
di un'amministrazione che<br />
non mi interessa”<br />
del terremoto. Sto parlando della costituzione<br />
di cartelli che controllavano <strong>il</strong> movimento terra<br />
e la produzione di calcestruzzo, due settori di cui<br />
gli imprenditori che lavoravano nella costruzione<br />
non potevano proprio fare a meno. Attraverso<br />
questo monopolio, si arrivò ad individuare i settori<br />
della politica che avevano avuto un ruolo in<br />
questi affari.<br />
Cosa scoprì invece sulla DC?<br />
L’altra inchiesta, che ci portò all’individuazione<br />
del sistema camorra- affari- imprenditoria politica,<br />
invece, nacque dalla collaborazione di personaggi<br />
di primissimo piano del mondo<br />
criminale come Pasquale Galasso e lo stesso Carmine<br />
Alfieri. Scoprimmo un sistema di alleanze<br />
che si era sv<strong>il</strong>uppato anzitutto nei paesi della<br />
provincia di <strong>Napoli</strong> e in cui, alla vecchia clientela<br />
democristiana, si era sovrapposto un controllo<br />
delle tessere e quindi delle sezioni della DC, ossia<br />
delle espressioni locali di questo mondo da parte<br />
della camorra. Qualcuno che veniva dal cuore<br />
stesso del sistema di potere democristiano, Alfredo<br />
Vito, ce lo spiegò ampiamente. Vito assunse<br />
un atteggiamento collaborativo nei<br />
confronti sia dei reati di natura amministrativa<br />
sia di natura camorristica. Quel sistema per anni<br />
ha funzionato, creando un apparato dirigente<br />
dal quale, ancora oggi, stentiamo a liberarci.<br />
La legge per la lotta alla criminalità organizzata<br />
riusale a trentotto anni fa. Va aggiornata?<br />
Credo che l’armamentario a nostra disposizione<br />
sia sufficiente. Sono venute meno le risorse. Di<br />
uomini e di mezzi. Le forze di Polizia sono in uno<br />
stato di assoluto abbandono. Sono stati tagliati<br />
anche settori fondamentali come l’informatica.
Il procuratore Paolo Mancuso<br />
Da questo punto di vista la situazione è drammatica.<br />
Pesa ancora di più la consapevolezza da parte di<br />
chi opera su questo terreno di non essere<br />
apprezzato, di non vedersi riconosciuti i propri<br />
meriti. I riconoscimenti sono inadeguati. Non c’è<br />
la volontà politica. Qualche anno fa, non era<br />
così.<br />
La riforma della giustizia che <strong>il</strong> Governo persegue?<br />
Credo nella necessità di una riforma della giustizia.<br />
Mi pare che quella perseguita costringerà al<br />
disimpegno molti di noi.<br />
Addirittura disimpegno, Procuratore?<br />
Se le intercettazioni telefoniche non potranno<br />
essere usate per reati contro la Pubblica Amministrazione;<br />
se la Polizia Giudiziaria dovrà essere<br />
legittimata a trasmettere o no notizie di reato;<br />
se si farà una separazione delle carriere più intensa<br />
ancora di quella che già c’è nei fatti, <strong>il</strong> rischio<br />
sarà che questa giustizia finirà col punire<br />
solo gli extracomunitari, i clandestini, i piccoli<br />
spacciatori, gli zingari. Ed è un’amministrazione<br />
della giustizia che non mi interessa.<br />
Il giudice Ingroia afferma che siamo in emergenza<br />
democratica.<br />
Se Ingroia si riferisce ai progetti di riforma della<br />
Costituzione, credo che la tesi sia appropriata.<br />
Se si vuole adeguare la Costituzione materiale,<br />
violatrice della Costituzione formale, con l’obiettivo<br />
di renderla sostanzialmente la nuova Costituzione,<br />
rischiamo veramente di andare in<br />
emergenza democratica. Un’emergenza che<br />
vedo già in atto è quella sull’etica, l’emergenza<br />
dei costumi e dei valori di questo Paese, dei principi<br />
di rispetto delle regole, dello stesso linguag-<br />
interviste<br />
gio ut<strong>il</strong>izzato, delle forme di comunicazione. Non<br />
credo che sia un’emergenza fac<strong>il</strong>issima da superare<br />
quand’anche intendessimo dare una svolta.<br />
Il ministro Alfano continua a mandare ispettori<br />
nelle Procure.<br />
Il ministro è titolare di questo potere. Il problema<br />
è l’opportunità. Nel nostro mestiere di errori<br />
ne facciamo tanti. Ma cercare quasi<br />
esclusivamente se esistono errori che riguardano<br />
i potenti di questa terra, credo che sia un<br />
atteggiamento incomprensib<strong>il</strong>e, non appropriato<br />
all’esercizio del potere, che dovrebbe proporsi<br />
innanzitutto come rispettoso del ruolo<br />
istituzionale che gli compete.<br />
Lei aveva sottoscritto l’appello di Libera contro<br />
la vendita degli immob<strong>il</strong>i sequestrati alla malavita<br />
organizzata.<br />
Fino ad oggi c’è stata una sostanziale indifferenza<br />
da parte di coloro che hanno la disponib<strong>il</strong>ità<br />
di queste strutture. La recente costituzione<br />
dell’agenzia per i beni confiscati, formata a Reggio<br />
Calabria, potrebbe cambiare le cose. Bisognerà<br />
vedere come si comporterà. In alcuni casi<br />
anche la vendita può essere una soluzione, purché<br />
sia accompagnata da un a serie di misure di<br />
salvaguardia per scongiurare <strong>il</strong> ritorno dei beni a<br />
chi li aveva visti espropriati.<br />
Da due anni lei è Procuratore a Nola. Un territorio<br />
diffic<strong>il</strong>e?<br />
Diffic<strong>il</strong>issimo. Ma tutto è relativo. Il territorio a<br />
noi confinante, quello della Provincia di Caserta,<br />
lo è molto di più. Là opera una organizzazione<br />
mafiosa a tutti gli effetti e nonostante i colpi che<br />
ha subito e continua a subire, è ancora una struttura<br />
vitale, pericolosa, ambiziosa. L’unica che<br />
continua ad avere un’interlocuzione naturale<br />
con i poteri veramente importanti del territorio.<br />
Il 14 dicembre del 2007, <strong>il</strong> quotidiano “Il<br />
Tempo” di Roma, parlando di lei, la definì<br />
una toga rossa.<br />
La mia idea, e fortunatamente non solo la mia,<br />
è che noi siamo portatori di una cultura e di una<br />
gerarchia di valori, la Costituzione davanti a tutti,<br />
ai quali informiamo la nostra vita. Se per toga<br />
rossa si intende un magistrato che rispetta i valori<br />
fondanti della Costituzione, l’articolo 3 innanzitutto,<br />
quello dell’eguaglianza davanti alla<br />
legge, questa definizione va benissimo. Se si vuol<br />
dire che <strong>il</strong> mio lavoro è condizionato da partecipazioni<br />
emotive o sentimentali a gruppi politici,<br />
sarebbe un’offesa gravissima, che in qualche<br />
caso ho dovuto perseguire con azioni giudiziarie,<br />
finendo sempre con l’aver ragione.<br />
47
Tano Grasso: “Mai isolare chi denuncia”<br />
Il responsab<strong>il</strong>e dell'anracket esalta la Fucito : “e' straordinaria”<br />
di Vincenzo Pinelli<br />
Dottor Grasso, ci fa una panoramica del fenomeno<br />
camorristico a <strong>Napoli</strong>?<br />
Un confronto fra la situazione napoletana con<br />
quella sic<strong>il</strong>iana e calabrese mi inducono a<br />
pensare che la prima sia una realtà più<br />
“aperta” rispetto a quella palermitana o reggina.<br />
Nel senso che lì <strong>il</strong> controllo del territorio<br />
attraverso l’estorsione è ramificato, cap<strong>il</strong>lare<br />
ed antico. A <strong>Napoli</strong> queste caratteristiche esistono<br />
solo in parte. In molte zone della città,<br />
<strong>il</strong> fenomeno è a macchia di leopardo e non ha<br />
l’organizzazione scientifica che caratterizza <strong>il</strong><br />
racket di “cosa nostra” o della “ndrangheta”.<br />
Invece, nelle aree della provincia di <strong>Napoli</strong> o<br />
di Caserta <strong>il</strong> fenomeno si avvicina di più alle<br />
caratteristiche sic<strong>il</strong>iane.<br />
“A <strong>Napoli</strong> sono aumentate<br />
le denunce e le costuzioni<br />
di parte civ<strong>il</strong>e.<br />
Un evidente passo avan<br />
nella loa alla camorra”<br />
Cosa ne pensa della “ più grande operazione<br />
della storia della Repubblica”, come l’ha definita<br />
Maroni, sui beni sequestrati da DIA e<br />
Carabinieri al clan dei casalesi: 210 immob<strong>il</strong>i,<br />
1 opificio ed un’azienda agricola? Sarebbe<br />
possib<strong>il</strong>e realizzare una “Banca di Stato” che<br />
aiuti le vittime dell’usura?<br />
Non sono in grado di dire quale sia <strong>il</strong> valore<br />
reale dei beni. Ovviamente, se <strong>il</strong> Ministero<br />
dell’Interno dà una valutazione, dobbiamo<br />
prenderne atto. Fermo restando che Maroni<br />
ha ben ragione di valorizzare <strong>il</strong> “modello Caserta”,<br />
visti i risultati conseguiti. Bisogna riconoscere<br />
che nel Casertano le istituzioni, le<br />
forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria hanno<br />
ottenuto successi che non hanno confronto<br />
nella storia della lotta alla camorra. Il punto<br />
debole, e lo dico con amarezza, è la debolezza<br />
dell’azione della società civ<strong>il</strong>e, del<br />
48<br />
Interviste<br />
Tano Grasso, consulente anracket del Comune di <strong>Napoli</strong><br />
mondo imprenditoriale, in ritardo rispetto all’impegno<br />
dello Stato. Sul secondo punto,<br />
penso che la legislazione italiana sia adeguatamente<br />
attrezzata per tutelare ed assistere<br />
anche economicamente le vittime di usura e<br />
le vittime di estorsione. Una “Banca di Stato”<br />
sarebbe un doppione rispetto alla legislazione<br />
vigente.<br />
Lei ha conosciuto la signora Fucito , una<br />
donna coraggiosa. Che esperienza è stata?<br />
Straordinaria. Non solo perché lei e la sua famiglia<br />
hanno avuto <strong>il</strong> coraggio di denunciare<br />
e fare arrestare gli estorsori, attivando attivare<br />
un importante processo. Ma soprattutto<br />
perché la signora ormai dedica tutto <strong>il</strong> suo<br />
tempo ad aiutare gli altri commercianti che si<br />
trovano nelle stesse condizioni. Ormai è una<br />
leader, non più una vittima.<br />
Quali sono i disagi delle vittime?<br />
Per coloro che subiscono estorsione, <strong>il</strong> problema<br />
è la sicurezza. Se parliamo invece di<br />
vittime dell’usura, <strong>il</strong> vero problema è <strong>il</strong> reinserimento<br />
nell’economia, <strong>il</strong> tornare a vivere<br />
bene, i disagi economici , fam<strong>il</strong>iari e i psicologici.<br />
Come va tutelata la vittima dell’estorsione?<br />
Attraverso l’associazionismo. Le associazioni<br />
anti-racket sono <strong>il</strong> più efficace strumento di
tutela. Quando la denuncia viene fatta attraverso<br />
le associazioni, nessuno subisce rappresaglie.<br />
Questo mi dice un’esperienza<br />
ventennale. La prima associazione è nata nel<br />
1990 a Capo d’Orlando. Il principio è: essere<br />
in tanti e non lasciare mai solo chi si espone.<br />
Cos’è “l’antiracket card” ?<br />
Un tentativo di incoraggiare <strong>il</strong> consumatore<br />
ad acquistare esclusivamente nei negozi contrassegnati<br />
dall’insegna “No al Pizzo“. In questo<br />
modo <strong>il</strong> cliente contribuisce ad<br />
incoraggiare un’economia libera dai condizionamenti<br />
mafiosi, girando le spalle a quei negozianti<br />
che, pagando <strong>il</strong> pizzo, foraggiano la<br />
mafia.<br />
Come ha conosciuto Don Ciotti e come è iniziata<br />
la collaborazione con l’associazione antiracket?<br />
Conosco don Ciotti da sempre. Personalità autorevole,<br />
una grande forza morale. Un punto<br />
di riferimento per gli addetti ai lavori. Insieme<br />
con lui è stata fondata l’associazione “Libera”.<br />
Che cosa è cambiato da quando lei dirige<br />
l’antiracket?<br />
A <strong>Napoli</strong> c’è stato uno straordinario incremento<br />
nel numero delle denunce. Sono au-<br />
mentati i processi e sono numerosissime le<br />
costituzioni di parte civ<strong>il</strong>e, fino al 2002 non<br />
c’era alcuna associazione antiracket.<br />
Pensa che sua cambiata l’imposizione del<br />
pizzo a <strong>Napoli</strong>?<br />
Nelle fasi di crisi, mafia e camorra sono attente<br />
a non esagerare. Sanno che mettere in<br />
crisi la vittima influisce sui pagamenti delle<br />
estorsioni. Per definizione <strong>il</strong> modello del pizzo<br />
è sempre flessib<strong>il</strong>e.<br />
Come si potrebbe debellare <strong>il</strong> fenomeno?<br />
E’ un percorso faticoso e lungo, un percorso<br />
che passa attraverso le denuncie personali<br />
degli imprenditori. In mancanza di queste, è<br />
quasi impossib<strong>il</strong>e vincere la guerra. Se i commercianti<br />
continuano a pagare, alimentano <strong>il</strong><br />
fenomeno. Anzi, lo riproducono.<br />
Dopo anni di diffic<strong>il</strong>e e dura lotta contro <strong>il</strong><br />
racket, quale esperienza che può trarne?<br />
Che tutto può cambiare. Ne ho avuto la prova.<br />
Tutto si evolve e questo è importante.<br />
Associazioni antiusura: una questione ancora aperta<br />
È <strong>il</strong> caso del regolamento n. 220 del 2007, che disciplina l’iscrizione delle associazioni antiusura negli appositi<br />
elenchi prefettizi: una revisione attesa da tempo, emanata da Ministero degli Interni e della Giustizia, che ha<br />
avuto come paradossale effetto la cancellazione in tutta Italia di decine di associazioni. Così, regolamentando<br />
exnovolamateria,sifinisceperaveredecinedipresidiinmenocontrounfenomeno,l’usura,controcuièbene<br />
non abbassare mai la guardia. L’effetto di questi provvedimenti è che le associazioni cancellate di fatto non<br />
possono più svolgere attività antiusura, perché non possono più accedere ai fondi messi a disposizione degli<br />
enti locali.<br />
Il decreto è stato oggetto dell’impugnazione al Tar da parte dell’associazione Codici, iscritta in numerose Prefetture<br />
e cancellata quasi dappertutto tranne che a Roma, sul presupposto che l’iscrizione deve esserci ove si<br />
ha la sede principale; in qualche occasione i tribunali amministrativi hanno dato ragione all’associazione sospendendo<br />
i provvedimenti.<br />
“Quellochecihastupito–dice<strong>il</strong>segretarionazionalediCodici,IvanoGiacomelli–èlapervicaciadelministero<br />
neldifendere<strong>il</strong>decreto.Nonvorremmocifosseunaprecisavolontàdietrotuttoquesto,diaffidarel’antiusura<br />
apochisoggettibenretribuiti,efarscendere<strong>il</strong>s<strong>il</strong>enziosulfenomeno.Ilcalodelledenunceacuiatutt’oggiassistiamo<br />
è un segnale indicatore piuttosto inquietante”.<br />
“Il decreto secondo noi è addirittura anticostituzionale, perché impedisce di fatto <strong>il</strong> libero associazionismo.<br />
Prevederel’iscrizionesolonellaprefetturadovec’èlasedeprincipaledell’associazionesignificaimpedirel’esistenza<br />
di associazioni nazionali”, dichiara l’avvocato Carmine Laurenzano che ha redatto <strong>il</strong> ricorso al Tar. E se<br />
nonpossonoesserciassociazioninazionali,loStatoscegliedipred<strong>il</strong>igereesposare<strong>il</strong>modellofederativo;forse<br />
non a caso.<br />
L’associazione in alcune regioni – la Campania, tra questi - ha deciso di continuare ad assistere le vittime che<br />
le si erano affidate, anche senza la copertura finanziaria dei progetti; e proprio in Campania è attesa la decisione<br />
su uno dei ricorsi pendenti, decisione che potrebbe pesare non poco sul futuro dell’antiusura.<br />
Vanni Pietrini<br />
interviste<br />
49
50<br />
Brevi<br />
“Onda Pazza” a rischio chiusura<br />
Un appello per consentirle ancora di trasmettere.<br />
Le sottoscrizioni sono arrivate solo da<br />
Roma in su. La solidarietà per la web radio anticamorra<br />
“Onda Pazza”, a rischio chiusura a<br />
causa della mancanza di fondi, è targata Centro-Nord.<br />
Per Michele Langella, responsab<strong>il</strong>e<br />
dell’emittente e presidente dell’associazione<br />
Arci di San Giovanni a Teduccio, quartiere ad<br />
est di <strong>Napoli</strong>, la vera follia è questa.<br />
“La radio ha accumulato un debito di ottom<strong>il</strong>a<br />
euro a causa del mancato pagamento dell’affitto<br />
dei locali. Da giugno mancheranno completamente<br />
i fondi per <strong>il</strong> pagamento delle<br />
utenze telefoniche e della rete elettrica. “E’<br />
triste che neanche una quota sia arrivata dal<br />
Sud – spiega Michele –. Non una sola sottoscrizione<br />
da <strong>Napoli</strong>, Palermo o Bari. E pensare<br />
che una signora di Roma, che si chiama Lisa,<br />
ha donato ben duem<strong>il</strong>a euro con la sua associazione.<br />
Al nostro appello, invece, <strong>il</strong> Mezzogiorno<br />
non ha risposto. Forse incide la paura<br />
per le attività di contrasto alla criminalità che<br />
portiamo avanti”<br />
L’emittente nasce dalla collaborazione con<br />
l’Arci e <strong>il</strong> Centro di musica e cultura Peppino<br />
Impastato. Si batte contro la dispersione scolastica<br />
e l’abbandono dei minori a rischio.<br />
Ad aver realizzato <strong>il</strong> sogno di una radio web<br />
contro la camorra è un gruppo di ragazzi poco<br />
più che ventenni. Ci siamo autotassati finchè<br />
abbiamo potuto. Con l’incremento delle attività,<br />
abbiamo dovuto prendere in affitto altri<br />
locali e ora non riusciamo a far fronte alle<br />
spese. L’indifferenza riguardo al pericolo di<br />
chiusura di radio “Onda Pazza” oramai è un<br />
fatto – prosegue Michele –. Neanche le istituzioni<br />
ci ascoltano, <strong>il</strong> presidente della Repubblica<br />
<strong>Napoli</strong>tano non ha ancora risposto<br />
al nostro appello”.<br />
“Una mob<strong>il</strong>itazione che prevede un piccolo<br />
contributo, anche di dieci euro a persona, potrebbe<br />
salvare radio Onda Pazza e consentire<br />
<strong>il</strong> pagamento delle utenze per la messa in<br />
onda dei programmi e <strong>il</strong> mantenimento dei<br />
corsi per i ragazzi. E’possib<strong>il</strong>einviareipropriaiuti<br />
al conto corrente 00000120809 o con un bonifico<br />
all’ Iban IT 47 L0501803400000000120809 (Banca<br />
Etica di <strong>Napoli</strong>, intestato all’Arci di San Giovanni).<br />
“Queste cifre sono contenute anche nell’appello<br />
che Michele Langella ha fatto girare sul<br />
web. Si tratta dell’estremo passo per evitare<br />
la chiusura.<br />
Chiediamo a chi può e vuole, un contributo<br />
economico che ci permetta di proseguire<br />
nelle nostre attività – osserva Michele - e di<br />
mantenere aperto un luogo fondamentale<br />
per quei tanti ragazzi che rischiavano e rischiano<br />
di essere coinvolti e irretiti da quella<br />
piovra che è <strong>il</strong> mondo della malavita organizzata”.<br />
<strong>il</strong>. urb.<br />
Sede di radio Onda Pazza<br />
Indennità di carcere per famiglie di spacciatori<br />
speciale indennità, un vero e proprio sussidio,<br />
che varia a seconda dell’importanza dell’aff<strong>il</strong>iato<br />
al clan e che vengono pagate,<br />
naturalmente, dai boss. IN base ad<br />
un’agenda sequestrata ad Anna Cerrone,<br />
viene stab<strong>il</strong>ito che l’indennità settimanale<br />
non può essere inferiore ai 100 euro. Se la famiglia<br />
da assistere è di qualcuno particolarmente<br />
nella gerarchia, si arriva ai 150 e anche<br />
ai 200 euro alla settimana.<br />
Mafioso “uomo di pace”<br />
“E’ un uomo di pace! Ha fatto del bene a<br />
tutti!”, così urlava una donna, che inveiva<br />
verso agenti di Polizia. Colpevoli, questi ultimi,<br />
di portare in carcere Giovanni Tegano.<br />
E’ accaduto a Reggio Calabria <strong>il</strong> 27 apr<strong>il</strong>e<br />
scorso e l’uomo tenuto stretto fra due poliziotti<br />
era un boss della ‘ndrangheta, considerato<br />
fra i 30 latitanti più pericolosi. Scovato<br />
dopo 17 anni di latitanza, Tegano è fra i pochi<br />
sopravvissuti alla guerra di mafia che, fra l’88<br />
e <strong>il</strong> ’91, aveva lasciato a terra 600 morti. Condannato<br />
all’ergastolo, <strong>il</strong> mafioso è stato applaudito<br />
da centinaia di persone assiepate<br />
davanti alla Questura di Reggio Calabria.<br />
Ortofrutta: patto mafia-camorra<br />
Un vero e proprio regime di monopolio.<br />
‘Ndrangheta, camorra, mafia: insieme per ge-
stire i mercati della frutta sull’asse Lazio -<br />
Campania - Calabria - Sic<strong>il</strong>ia. Con l’imposizione<br />
delle ditte di autotrasporto e i prezzi d’<br />
acquisto ai produttori. Una denuncia già fatta<br />
negli anni Sessanta dal f<strong>il</strong>m di Rosi :”La sfida”,<br />
con la storia di Pascalone ‘e Nola e di Pupetta<br />
Maresca. Non è cambiato niente, anzi la situazione<br />
si è aggravata col patto fra le cosche.<br />
La moglie del boss Salvino Madonia condannata<br />
a dieci anni<br />
Maria Angela Di Trapani, moglie del boss palermitano<br />
Salvino Madonia, k<strong>il</strong>ler dell’imprenditore<br />
Libero Grasso, è stata condannata<br />
a 10 anni per associazione mafiosa. La Di Trapani,<br />
definita dai pentiti “un vero uomo<br />
d’onore”, venne arrestata nel 2008. La donna<br />
era ritenuta anche in grado di condizionare le<br />
nomine dei vertici dei mandamenti mafiosi.<br />
La Regione Toscana vuole acquistare azienda<br />
agricola confiscata ai mafiosi<br />
Fra i 23 beni confiscati alla mafia in Toscana<br />
c’è anche un’azienda agricola in località Suvignano,<br />
nel comune di Monteroni d’Arbia, in<br />
provincia di Siena. La Regione Toscana ha intenzione<br />
di partecipare all’asta se gli immob<strong>il</strong>i<br />
saranno ceduti. C’è anche un albergo di<br />
Montecatini e un podere a Massa Cozz<strong>il</strong>e, in<br />
provincia di Pistoia, appartenuto al clan Nuvoletta.<br />
B<strong>il</strong>ancio di un decennio di sangue<br />
Antonio Calabrò, autore di “Cuore di cactus”<br />
(Sellerio Editore) è direttore Affari Istituzionali<br />
e Culturali della Pirelli. Calabrò, palermitano,<br />
fa una denuncia spietata dei crimini<br />
della mafia nella sua città. “Nella prima metà<br />
degli anni Ottanta – scrive – erano stati più o<br />
meno m<strong>il</strong>le i morti ammazzati. Una metà assassinati<br />
per strada e altri cinquecento uccisi<br />
dalla “lupara bianca”, sequestrati e uccisi in<br />
s<strong>il</strong>enzio, come svanitii nel nulla.Mentre altrove<br />
<strong>il</strong> terrorismo rosso e nero si avviava<br />
verso <strong>il</strong> tramonto; mentre M<strong>il</strong>ano si preparava<br />
a diventare la “M<strong>il</strong>ano da bere”, noi, a<br />
Palermo, ci preparavamo a morire”.<br />
Un tatuaggio di Lavezzi e l’omicidio è servito<br />
Una foto di Lavezzi, risultata poi truccata, in<br />
cui <strong>il</strong> popolare giocatore del <strong>Napoli</strong> mostrava<br />
un tatuaggio e usata come messaggio pubblicitario<br />
dal tatuatore, ha scatenato la gelosia<br />
professionale di un collega e tutto è finito in<br />
tragedia, con la morte del “taroccatore”.<br />
Brevi<br />
Geppi Serra, presidente dell’Associazione Tatuatori<br />
italiani, si dice stupito che la tragedia<br />
non sia scoppiata precedentemente. Secondo<br />
Serra, ci sono troppi d<strong>il</strong>ettanti che, per<br />
100 euro e un’attrezzatura poco efficiente, si<br />
danno a questo mestiere.<br />
Vecchiette spacciano a Caivano<br />
Vengono reclutate fra anziane particolarmente<br />
bisognose e vedove di camorra alcune<br />
collaboratrici che operano a Caivano. Il compenso<br />
si aggira ai 10 euro per cinque o sei ore<br />
di lavoro al giorno, Così i clan camorristici<br />
hanno pensato di mettere in piedi una specie<br />
di welfare, reclutando in ambienti dove le<br />
condizioni economiche sono far le più disastrate.<br />
Parte civ<strong>il</strong>e per la compagna del romeno ucciso<br />
Venne ucciso da un proiett<strong>il</strong>e vagante durante<br />
un raid della camorra alla stazione di<br />
Montesanto della ferrovia Cumana. La sua<br />
compagna si è costituita parte civ<strong>il</strong>e nel procedimento<br />
penale a carico di tre dei presunto<br />
componenti del commando che, un criminale<br />
atto dimostrativo, avevano dato vita ad una<br />
sparatoria micidiale. Petru Birlandeanu rimase<br />
a terra, senza vita. A partire dal 24<br />
maggio, inizierà <strong>il</strong> processo a carico degli imputati<br />
Marco Ricci, Maurizio e Salvatore<br />
Forte.<br />
Al via “Scampia Trip Project<br />
Un’ iniziativa nata per abbattere lo stereotipo<br />
negativo legato al territorio di Secondigliano<br />
e offrire al quartiere della periferia<br />
napoletana un volto nuovo. Il progetto, organizzato<br />
dalle associazioni di volontariato<br />
Resistenza, Terra Mia, Spazio cosmico, Legambiente<br />
Circolo La Gru, e patrocinato dall’VIII<br />
Municipalità del Comune di <strong>Napoli</strong> e<br />
dall’associazione Libera contro le Mafie, prevede<br />
l’attivazione di percorsi formativi, laboratori<br />
di legalità, seminari e tante altre<br />
attività rivolte ai giovani del territorio.<br />
51
Esteri<br />
La mano lunga della ‘ndrangheta in Germania<br />
Sono circa 250 le ‘ndrine, con un totale di oltre 600 aff<strong>il</strong>ia<br />
di Chiara Centralla<br />
Le autorità della Germania sapevano già dagli<br />
anni ’80 che la mafia era presente sul loro territorio.<br />
Proprio in quegli anni alcuni capi mafiosi<br />
furono arrestati grazie alla cooperazione<br />
tra la polizia tedesca e quella italiana. Per<br />
molto tempo la Germania ha rappresentato<br />
un luogo dove la mafia potesse risiedere con<br />
una certa tranqu<strong>il</strong>lità, in quanto veniva controllata<br />
molto di meno che in Italia.<br />
Le cose si sono modificate in seguito alla<br />
strage di Duisburg del 15 agosto 2007, atto<br />
dell’infinita guerra tra le ‘ndrine dei Nirta-<br />
Strangio contro i Pelle-Vottari di San Luca, in<br />
cui sei giovani persero la vita.<br />
In un’intervista di Spiegel on line, apparsa <strong>il</strong><br />
19 agosto 2008, un padrino calabrese alla domanda<br />
sul perché la ‘ndrangheta fosse attiva<br />
in Germania rispose: “Noi siamo dove scorre<br />
danaro. In Germania c’è rispetto reciproco”e<br />
alla richiesta se vi fossero dei politici tedeschi<br />
collusi, affermò: “Le grandi somme si possono<br />
guadagnare soltanto se la politica partecipa”.<br />
Dopo gli omicidi di Duisburg la polizia italiana<br />
e <strong>il</strong> Bundeskriminalamt tedesco (polizia criminale<br />
tedesca) inaugurano un lavoro di cooperazione,<br />
una task force anti-mafia. Questo<br />
lavoro non è stato esente da critiche, poiché<br />
lo scambio di informazioni non sembrava funzionare.<br />
Le autorità tedesche ritenevano<br />
Polizia tedesca Auto della polizia tedesca<br />
“Garavini: <strong>il</strong> successo della<br />
loa internazionale contro la<br />
mafia potrebbe essere un<br />
chiaro segnale che per i<br />
mafiosi non ci sarebbero più<br />
vie di fuga verso l’Europa”<br />
‘inaccettab<strong>il</strong>e’ avere informazioni dai media,<br />
anziché direttamente.<br />
L’Italia – sia i governi di destra sia di sinistra –<br />
si sarebbero opposti ad una più stretta collaborazione<br />
e ad un più celere iter informativo.<br />
Laura Garavini, deputata del PD, membro<br />
della Commissione parlamentare anti-mafia e<br />
rappresentante insieme con altri 7 parlamentari<br />
dei circa 1,5 m<strong>il</strong>ioni di italiani residenti all’estero,<br />
ritiene invece che ci sia un “grande<br />
impegno reciproco”, infatti “<strong>il</strong> successo della<br />
lotta internazionale contro la mafia potrebbe<br />
essere un chiaro segnale che per i mafiosi non<br />
ci sarebbero più vie di fuga verso l’Europa”<br />
dice.<br />
Ha proposto di estendere le leggi italiane anti-<br />
53
La strage di Duisburg<br />
mafia a tutta l’Europa, <strong>il</strong> che renderebbe possib<strong>il</strong>i<br />
le intercettazioni dei mafiosi e la confisca<br />
dei loro beni a livello internazionale.<br />
Anche Francesco Forgione, già presidente<br />
della Commissione parlamentare anti-mafia<br />
dal 2006 al 2008, afferma che sia necessario in<br />
Europa un testo unico della legge anti-mafia.<br />
“La Germania è uno dei paesi europei dove la<br />
‘ndrangheta ha preferito investire – afferma<br />
Enzo Macrì, procuratore aggiunto della Dna<br />
(direzione nazionale antimafia ) – una gran<br />
parte dei suoi affari si svolge tra Amburgo e<br />
Monaco”.<br />
La ‘ndrangheta è attualmente la mafia che ha<br />
più potere e ricchezza. Si pensa che abbia un<br />
fatturato annuo di circa 45 m<strong>il</strong>iardi di euro. In<br />
un rapporto della polizia tedesca del marzo<br />
scorso è scritto che operano in Germania circa<br />
250 clan con 600 aff<strong>il</strong>iati. Sono presenti in prevalenza<br />
in Turingia, Sassonia, Nordrhein-Westfalien<br />
e Baden-Wuerttemberg. I 2/3 del<br />
fatturato provengono da attività lecite, come<br />
bar, ristoranti, pizzerie e negozi di moda.<br />
Oltre al riciclo di denaro sporco, alla corruzione<br />
e all’evasione fiscale, la sua attività principale<br />
proviene dal traffico di droga. Per<br />
questo motivo la Germania rappresenta <strong>il</strong><br />
paese ideale, poiché confina con i Paesi Bassi,<br />
in cui approda tutta la droga proveniente dal<br />
Sudamerica.<br />
Mentre cosa nostra sic<strong>il</strong>iana e la camorra na-<br />
54<br />
Esteri<br />
poletana si rivolgono principalmente all’America,<br />
la ‘ndrangheta calabrese ha concentrato<br />
i suoi sforzi in Germania dove vengono inviate<br />
intere famiglie. Un ultimo scandalo ha fatto<br />
parlare nuovamente di connessioni tra la<br />
‘ndrangheta e la Germania. Il deputato del<br />
PDL, Nicola Di Girolamo, eletto nella circoscrizione<br />
estera Europa, ha dovuto dimettersi,<br />
poichè alla sua elezione, pare abbia contribuito<br />
in modo massiccio una famiglia della<br />
‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, secondo <strong>il</strong><br />
Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo.<br />
Molte schede elettorali in bianco di italiani all’estero<br />
sono state falsificate e comprate.<br />
Stoccarda e Francoforte sono state le città<br />
dove la presunta falsificazione ha raggiunto i<br />
1700 voti.<br />
Stoccarda, capitale del Baden-Wuerttemberg,<br />
appare ancora una volta profondamente legata<br />
alla ‘ndrangheta.
La criminalità che viene dall’Est Europa<br />
Intervista al Sostituto Procuratore Raffaello Falcone<br />
di Giuseppe Manzo<br />
Racket sul trasporto di merci e persona,<br />
agenzie di intermediazione, alberghi, imprese<br />
e distribuzione commerciale. Sono solo alcuni<br />
degli affari in cui è coinvolta la mafia<br />
russa nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno<br />
cap<strong>il</strong>lare e ramificato da Nord a Sud,<br />
spiegato bene in alcune sentenza passate già<br />
in giudicato. Eppure i cittadini italiani, al binomio<br />
immigrazione – criminalità, sono abituati<br />
ad associare solo alcune comunità<br />
straniere: africani, rom e rumeni. Questo teo-<br />
“Il Sostuto Procuratore<br />
<strong>il</strong>lustra gli intrecci fra le<br />
organizzazioni locali e<br />
quella russa Ci sono anche<br />
ex agen del Kgb servizio<br />
segreto sovieco”<br />
rema è stato ribadito anche dopo i fatti di Rosarno,<br />
incrementando nell’immaginario<br />
mediatico la certezza che l’unico problema di<br />
quel binomio sia legato allo status di clandestino.<br />
Ma le indagini della magistratura ci<br />
propongono nuove emergenze criminali provenienti<br />
da Russia, Ucraina e altri Paesi dell’Est<br />
europeo. Si tratta di una realtà dai<br />
contorni sfumati, che svolge le sue attività<br />
quotidianamente anche sotto i nostri occhi,<br />
ricevendo la fattiva collaborazione delle<br />
mafie nostrane. A descrivere la rete criminale<br />
internazionale è <strong>il</strong> Sostituto Procuratore della<br />
Repubblica di <strong>Napoli</strong> Raffaello Falcone, magistrato<br />
che da anni è in prima linea contro la<br />
lotta alla mafia e che nel gennaio scorso ha<br />
ricevuto intimidazioni per le sue indagini sul<br />
clan dei Casalesi.<br />
Giudice Falcone, quali sono gli affari della<br />
mafia russa in Italia?<br />
Alcune sentenze passate in giudicato hanno<br />
stab<strong>il</strong>ito gli intrecci tra la mafia russa e la cri-<br />
Esteri<br />
Raffaello Falcone, sostuto procuratore di <strong>Napoli</strong><br />
minalità organizzata italiana. Dietro la presenza<br />
della comunità di cittadini dell’Est nelle<br />
nostre città si celano numerose attività criminali:<br />
estorsione attraverso una tassa per <strong>il</strong><br />
transito di merci e persone, agenzie di viaggio<br />
e di intermediazione al lavoro rappresentano<br />
solo una parte. Per fare un esempio si può<br />
vedere ciò che avviene ogni domenica nella<br />
zona della stazione centrale di <strong>Napoli</strong>. La gestione<br />
dei bus diretti in Ucraina o in Russia significa<br />
<strong>il</strong> pagamento di una “tassa” di 50 euro<br />
per ogni pacco o 100 euro per ogni persona<br />
che deve partire.<br />
Come si è sv<strong>il</strong>uppata questa mafia e come<br />
si organizza?<br />
L’organizzazione si è arricchita di ex componenti<br />
del Kgb (<strong>il</strong> servizio segreto dell’Unione<br />
sovietica, ndr.) e presenta vere e proprie caratteristiche<br />
m<strong>il</strong>itari. Ha una ramificazione cap<strong>il</strong>lare<br />
, forme di controllo alle dogane e<br />
gestisce un’economia che produce una forte<br />
rivalità tra i vari gruppi. In Italia ha stretto<br />
contatti con le cosche che gestiscono i territori,<br />
ad esempio la presenza in piazza Garibaldi<br />
a <strong>Napoli</strong> si collega a un rapporto<br />
proficuo con <strong>il</strong> clan Mazzarella.<br />
A differenza di quello che accade per gli altri<br />
stranieri soggetti alla ghettizzazione del lavoro<br />
nero e del caporalato, la tipologia degli<br />
affari della mafia riguarda attività quotidiane<br />
che sono davanti agli occhi di tutti<br />
La colonia dell’Est europeo è di fatto control-<br />
55
lata in ogni sua attività. Qui non c’entrano <strong>il</strong><br />
permesso di soggiorno o i problemi legati alla<br />
clandestinità. Queste persone sono spesso<br />
laureate, svolgono lavori leciti e sono inserite<br />
nel contesto sociale. Il problema è legato alle<br />
agenzie di mediazione per procacciare <strong>il</strong> lavoro,<br />
<strong>il</strong> controllo totale dei viaggi di andata e<br />
ritorno o <strong>il</strong> pizzo sugli ambulanti come avviene<br />
in via Brin, accanto al parcheggio auto<br />
ogni domenica.<br />
Quali sono i punti di forza delle organizzazioni<br />
criminali russe e quale potrà essere<br />
l’evoluzione dl fenomeno?<br />
Si tratta di una mafia connotata da modalità<br />
organizzative m<strong>il</strong>itari. Il controllo è la prima<br />
caratteristica, hanno una grande capacità di<br />
importare armi, soprattutto dalla Turchia, e<br />
si espandono acquistando società, alberghi<br />
ed esercizi commerciali. L’aspetto positivo è<br />
legato al fatto che, come per la mafia cinese,<br />
le autorità italiane hanno riconosciuto rapidamente<br />
l’aspetto mafioso di queste organizzazioni.<br />
Il nostro Paese deve reagire a ciò<br />
che avviene sul proprio territorio perché questo<br />
fenomeno non si conc<strong>il</strong>ia con <strong>il</strong> vivere civ<strong>il</strong>e<br />
della nostra democrazia.<br />
Corpi speciali della polizia russa<br />
56<br />
Esteri<br />
La piazza del Cremlino, Mosca
Gli altri Saviano, cronisti impegnati e minacciati<br />
Sono tanti i giornalisti che denunciano e restano nell’anonimato<br />
di Luca Romano<br />
Ci vuole coraggio a scrivere di mafie. Lettere<br />
minatorie, pedinamenti, botte, auto incendiate,<br />
sono frequenti segnali di pericolo per i<br />
cronisti che scavano nei domini di clan, cosche<br />
e ‘ndrine. Negli ultimi tre anni oltre duecento<br />
giornalisti hanno subito pesanti intimidazioni<br />
per le loro inchieste. In dieci sono costretti a<br />
vivere sotto scorta. I casi di Roberto Saviano,<br />
Rosaria Capacchione, Lirio Abate sono solo i<br />
più noti. La maggior parte lavora per testate<br />
locali del Mezzogiorno, i loro nomi e loro notizie<br />
sono spesso ignorati dai media nazionali.<br />
“I giornalisti impegnati contro la mafia vivono<br />
nell’isolamento. A decretarlo è l’atteggiamento<br />
di molti colleghi ‘normali’, quelli che<br />
non superano mai <strong>il</strong> limite di guardia. Quel coraggio<br />
suona come un’accusa al loro modo di<br />
intendere la professione, prudente e rassegnato”,<br />
accusa Alberto Spampinato, direttore<br />
di “Ossigeno per l’informazione”, l’osservatorio<br />
creato nel 2007 da Ordine e Federazione<br />
nazionale della stampa per monitorare <strong>il</strong> fenomeno.<br />
Suo fratello Giovanni, corrispondente<br />
dell’Ora e dell’Unità in Sic<strong>il</strong>ia è uno dei<br />
cronisti uccisi negli ultimi trent’anni perché sapevano<br />
e scrivevano troppo, oggi Alberto gira<br />
l’Italia per sensib<strong>il</strong>izzare e raccogliere denunce.<br />
“Tra i più esposti ci sono i collaboratori, quelli<br />
che vanno alla fonte delle notizie e spesso non<br />
hanno neppure un contratto. Senza alcuna<br />
forma di tutela è più fac<strong>il</strong>e cedere alla tentazione<br />
dell’autocensura. É una conseguenza<br />
aberrante”, conclude Spampinato.<br />
Di vera e propria censura parla invece Gianni<br />
Lannes, in pochi mesi è stato oggetto di tre attentati.<br />
Per anni collaboratore di importanti<br />
giornali nazionali, punta l’indice contro l’intero<br />
sistema dell’informazione: alcune sue inchieste,<br />
racconta, sono rimaste chiuse nei cassetti<br />
dei direttori per cui lavorava. “Nel nostro<br />
Paese non ci sono editori puri e i molteplici<br />
conflitti di interesse impediscono la pubblicazione<br />
di molte notizie. Il lavoro nero e lo sfruttamento<br />
giornalistico dei precari sono forme<br />
odiose attraverso cui si controlla la libertà di<br />
espressione”.<br />
Italia<br />
Pino Maniaci, giornalista<br />
“Dalla Capacchione a Lannes,<br />
aManiaci,un'esistenzavissuta<br />
pericolosamente per far<br />
conoscere la verità sui clan.<br />
Michele Albanese de Il<br />
quodiano di Calabria: vale<br />
davvero la pena connuare a<br />
rischiare?”<br />
Ha fondato un giornale on-line ‘Italia Terra<br />
Nostra’ con sede in Puglia. “Le minacce<br />
hanno investito anche i miei collaboratori. I<br />
responsab<strong>il</strong>i non sono stati individuati ma i<br />
moventi – spiega - vanno probab<strong>il</strong>mente ricercati<br />
nell’indagine tutt’ora in corso sulle<br />
‘navi dei veleni’ e in quella sulla tragedia insabbiata<br />
del Francesco Padre”.<br />
La prima riguarda lo smaltimento di tonnellate<br />
di rifiuti tossici e radioattivi attraverso<br />
l’affondamento di decine di navi mercant<strong>il</strong>i<br />
57
L’auto di un giornalista faa esplodere<br />
cariche di rifiuti tossici nel Mediterraneo; la<br />
seconda, l’esplosione misteriosa di un peschereccio<br />
nell’Adriatico che nel 1994 causò<br />
la morte dei cinque membri dell’equipaggio e<br />
che, secondo la ricostruzione di Lannes, sarebbe<br />
avvenuta per colpa di m<strong>il</strong>itari impegnati<br />
in un’esercitazione della Nato.<br />
A esporre al rischio sono soprattutto le inchieste.<br />
Quelle impegnative e pericolose che<br />
raccontano l’evoluzione delle mafie, <strong>il</strong> tessuto<br />
sociale in cui si sv<strong>il</strong>uppano e gli intrecci<br />
con la politica, quando apparentemente sembra<br />
non stia succedendo nulla.<br />
“Inchieste che servirebbero sempre di più e<br />
che si fanno sempre di meno”, dice Pino Maniaci,<br />
editore e direttore della “più piccola televisione<br />
del mondo”, Telejato a Partinico, in<br />
Sic<strong>il</strong>ia. Nella regione che conta <strong>il</strong> numero<br />
maggiore di martiri giornalisti, Maniaci attacca<br />
i boss, denuncia i loro affari, li insulta,<br />
proprio come faceva Peppino Impastato da<br />
Radio Aut. Viene continuamente minacciato,<br />
una volta lo hanno pestato, ma non si arrende.<br />
Ha dovuto subire anche un processo<br />
per esercizio abusivo della professione, a seguito<br />
di una denuncia anonima, da cui è stato<br />
assolto: “Ora <strong>il</strong> tesserino ce l’ho. Ma mi<br />
chiedo perché tanti che hanno questa patente<br />
da più tempo di me di certi fatti sembrano<br />
non accorgersi”.<br />
Questa piccola emittente è diventata un riferimento<br />
per gli stati maggiori dell’antimafia,<br />
sono andati ospiti nelle sue trasmissioni<br />
Pietro Ingroia, Giancarlo Caselli, don Luigi<br />
58<br />
Italia<br />
Ciotti, ed è nato persino <strong>il</strong> comitato di solidarietà<br />
‘siamo tutti Pino Maniaci’. “È questa visib<strong>il</strong>ità<br />
a salvarci la vita, ci rende meno<br />
vulnerab<strong>il</strong>i. Quando attorno c’è <strong>il</strong> deserto è<br />
tutto più diffic<strong>il</strong>e. Ho visto tanti giovani partire<br />
con la schiena dritta e poi piegarsi o cambiare<br />
mestiere”.<br />
L’attenzione mediatica può essere uno<br />
schermo, ma la solitudine resta la condizione<br />
più diffusa dei giornalisti sul fronte della lotta<br />
alle mafie. Poco o nulla si sa dell’offensiva<br />
lanciata dalla ‘ndrangheta contro i giornalisti<br />
di diverse testate locali calabresi. Almeno<br />
una decina negli ultimi mesi hanno ricevuto<br />
pesanti avvertimenti a non ficcare più <strong>il</strong> naso<br />
negli affari dei boss. “Sono trent’anni che faccio<br />
questo mestiere, abbiamo sempre dovuto<br />
prendere <strong>il</strong> fuoco con le mani, ma un clima<br />
così pesante non lo avevamo mai vissuto”,<br />
racconta Michele Albanese, cronista de Il<br />
quotidiano di Calabria , minacciato per i suoi<br />
articoli sui retroscena criminali della cacciata<br />
degli immigrati da Rosarno. Le sue parole<br />
sono una richiesta di aiuto: “Cerchiamo di<br />
rompere <strong>il</strong> muro di s<strong>il</strong>enzio e omertà che fa<br />
comodo ai capi mafia, indaghiamo sul tessuto<br />
sociale e politico, cerchiamo di suonare una<br />
sveglia anche culturale, ma del nostro lavoro<br />
sembra non importare a nessuno. È in questi<br />
momenti che mi chiedo: vale davvero la pena<br />
continuare a rischiare?”.
Le donne e la camorra, pentite o first lady?<br />
Ricoprono ruoli chiave nello scacchiere della malavita<br />
di Chiara Marasca<br />
Carmela arriva in carcere con l’accusa di associazione<br />
mafiosa. Per la legge, cura i contatti<br />
tra <strong>il</strong> marito detenuto e gli aff<strong>il</strong>iati in<br />
libertà: pizzini e messaggi dal carcere all’esterno,<br />
e viceversa. Dopo pochi giorni ottiene<br />
i domic<strong>il</strong>iari: è mamma di un bimbo di<br />
soli due anni. Quando torna a casa, ad attenderla,<br />
ci sono anche le due figlie adolescenti.<br />
Ma non è <strong>il</strong> rientro che lei aveva immaginato.<br />
Le ragazze la incalzano, le chiedono “che vita<br />
è questa?”, vogliono una mamma diversa,<br />
una donna che trovi <strong>il</strong> coraggio di pentirsi. E<br />
lei lo trova, perché ha paura che le portino via<br />
i figli. La collaborazione di Carmela Iuculano<br />
inizia nel maggio del 2004 e le sue testimonianze<br />
vengono raccolte dal pm Michele Prestipino,<br />
allora nella Dda palermitana, oggi a<br />
Reggio Calabria. La donna accusa di omicidio<br />
<strong>il</strong> marito, Pino Rizzo, boss mafioso legato ai<br />
corleonesi di Bernardo Provenzano, racconta<br />
i traffici criminali, svela come dalla cella si comunica<br />
con l’esterno, fa i nomi degli uomini<br />
della cosca. Grazie alle sue dichiarazioni scattano<br />
importanti arresti e viene anche sciolto<br />
<strong>il</strong> consiglio comunale di Cerda. “Una scelta<br />
sincera, compiuta fino in fondo”, commenta <strong>il</strong><br />
magistrato che ha seguito passo passo la storia,<br />
“sebbene diffic<strong>il</strong>issima. La sua è una svolta<br />
simbolica, che infrange <strong>il</strong> tabù dell’ineluttab<strong>il</strong>ità,<br />
dell’impossib<strong>il</strong>ità di interrompere la continuità<br />
dell’appartenenza mafiosa”, conclude<br />
Prestipino.<br />
Prima di Carmela Iaculano la mafia ha conosciuto<br />
altre “pentite”, come Giusy Vitale, e testimoni<br />
preziose, come Rita Atria, la giovane<br />
morta suicida una settimana dopo l’omicidio<br />
di Paolo Borsellino, che aveva scelto di allontanarsi<br />
da una famiglia nei cui “valori” non si<br />
riconosceva. Ma secondo l’attuale procuratore<br />
aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone,<br />
a lungo nell’antimafia di Palermo,<br />
«le donne, nell’universo della mafia sic<strong>il</strong>iana,<br />
molto masch<strong>il</strong>ista, hanno un peso ancora del<br />
tutto marginale. La presenza femmin<strong>il</strong>e nei<br />
ranghi dell’organizzazione», aggiunge <strong>il</strong> magistrato,<br />
“è ancora poco diffusa, e comunque<br />
poco significativa”.<br />
Italia<br />
Giusy Vitale<br />
Il 15 marzo scorso, in tutte le parrocchie della<br />
Diocesi di Locri-Gerace venivano lette queste<br />
parole: “Madri e mogli della Locride che soffre,<br />
se voi volete, potete recuperare tanti vostri<br />
mariti e figli alla legalità, all’osservanza<br />
della legge, al rispetto della persona e del lavoro<br />
altrui, al risanamento di tante nostre<br />
piaghe sociali, quali l’usura e l’estorsione, perché<br />
voi possedete le chiavi del loro cuore e<br />
potrete muovere le loro volontà e spingerle<br />
alla conversione e al bene”.<br />
Un appello alle donne che vivono in terra di<br />
’ndrangheta firmato dal vescovo Giuseppe<br />
Fiorini Morosini. Perché troppo spesso queste<br />
donne restano in s<strong>il</strong>enzio o, peggio, prestano<br />
i loro servizi alla causa criminale:<br />
“Svolgono ruoli sostanziali all’interno degli<br />
equ<strong>il</strong>ibri dell’organizzazione”, spiega ancora<br />
Pignatone, “nascondono latitanti e k<strong>il</strong>ler, trasmettono<br />
messaggi e direttive dal carcere all’esterno,<br />
e partecipano anche all’assunzione<br />
di decisioni importanti per gli affari della<br />
cosca”. Già nei primi anni Novanta, infatti,<br />
una collaboratrice di giustizia spiegava che<br />
“tutte le cose che si svolgevano, erano sempre<br />
tramite noi donne” e, più indietro nel<br />
tempo, “già negli atti di alcuni processi del<br />
primo Novecento”, racconta Ombretta Ingrascì,<br />
una delle massime esperte del fenomeno<br />
e autrice nel 2007 di Donne d’onore. Storie di<br />
mafia al femmin<strong>il</strong>e, “compaiono casi di donne<br />
59
Ermelinda Pagano<br />
aff<strong>il</strong>iate alla picciotteria, mentre nei codici<br />
’ndranghetisti, secondo le testimonianze di<br />
alcuni collaboratori di giustizia, è contemplato<br />
<strong>il</strong> titolo di sorella d’omertà”.<br />
“Questo titolo”, spiega la sociologa Monica<br />
Massari, studiosa della Sacra Corona Unita,<br />
“ricorre anche in alcuni documenti e conversazioni<br />
intercettate in relazione all’attività<br />
della cosiddetta quarta mafia. Le donne della<br />
criminalità organizzata pugliese”, continua la<br />
Massari, “hanno sempre avuto un ruolo importante,<br />
a cominciare dalla moglie del capo<br />
fondatore Pino Rogoli, Domenica Biondi detta<br />
Mimina, di recente tornata in carcere per<br />
scontare una pena residua, che è sempre<br />
stata un alter ego del marito detenuto”.<br />
Ma donne di mafia sono anche le esponenti<br />
dello schieramento brindisino della Scu, che<br />
negli anni Novanta calcano la ribalta criminale<br />
spinte dalla necessità di gestire gli affari dei<br />
mariti, quasi tutti arrestati.<br />
Ma è nella camorra, ancor più che nelle altre<br />
mafie, che le donne hanno sempre avuto un<br />
ruolo particolarmente attivo, a partire dalle<br />
figure custodite nei libri di storia come Marianna<br />
De Crescienzo la Sangiovannara e<br />
Maria Cutinelli, fino a quelle attive ai giorni<br />
nostri. Lo confermano anche gli ultimi dati del<br />
Dipartimento di amministrazione penitenziaria:<br />
delle 108 donne italiane detenute nel nostro<br />
Paese per mafia, ben 73 sono nate in<br />
Campania. E non è un caso, dunque, che a<br />
promuovere <strong>il</strong> primo “censimento scientifico”<br />
60<br />
Italia<br />
sul fenomeno della presenza femmin<strong>il</strong>e nella<br />
criminalità organizzata ci abbia pensato una<br />
sociologa napoletana, Anna Maria Zaccaria,<br />
docente all’università “Federico II”.<br />
Esaminando i casi delle aff<strong>il</strong>iate alla camorra,<br />
la Zaccaria giunge a conclusioni analoghe a<br />
quelle della Ingrascì, negando la teoria della<br />
reale emancipazione. Anche per la sociologa<br />
campana, infatti, l’ascesa delle donne ai vertici<br />
dei clan è sempre indissolub<strong>il</strong>mente “connessa<br />
a legami forti di accreditamento con<br />
figure masch<strong>il</strong>i di spicco”.<br />
Ma le donne aff<strong>il</strong>iate alla camorra aumentano<br />
anche a causa di un’altra evidenza empirica.<br />
“In questi ultimi anni la maggior parte dei capi<br />
delle organizzazioni criminali campane sono<br />
stati assicurati alla giustizia”, spiega la pm<br />
della Dda di <strong>Napoli</strong> Stefania Castaldi, “o sono<br />
stati costretti a darsi alla latitanza inseguiti da<br />
pesanti ordini di cattura: è in quest’occasione<br />
che le loro donne ne prendono <strong>il</strong> posto, che si<br />
rimboccano le maniche per gestirne gli affari,<br />
più o meno sporchi”.<br />
Due storie per tutte, quella di una lady camorra<br />
di vecchia generazione, Gemma Donnarumma,<br />
e quella di una capessa<br />
emergente, Elmelinda Pagano. «Donna<br />
Gemma», moglie del boss Valentino Gionta<br />
dell’omonimo clan di Torre Annuziata, è in<br />
carcere dal 4 novembre 2008, quando, durante<br />
una maxi retata notturna, fu arrestata<br />
insieme ad altre dieci aff<strong>il</strong>iate. Per i magistrati<br />
la donna, attenta e precisa esecutrice degli<br />
ordini e dei dispositivi emessi dalle celle di<br />
Poggioreale, gestiva le estorsioni del clan. Già<br />
venticinque anni fa Giancarlo Siani definiva <strong>il</strong><br />
suo un «nome inquietante», perché inserito<br />
nell’elenco dei soci di molte delle aziende riferib<strong>il</strong>i<br />
al clan (come la Do.Gi. e la Oplonti<br />
Pesca), puntando sul fatto che la first lady<br />
della cosca di Torre Annunziata allora fosse<br />
ancora incensurata. Elmelinda Pagano, invece,<br />
ha sposato <strong>il</strong> boss Raffaele Amato, capo<br />
della fazione scissionista protagonista della<br />
guerra interna al clan Di Lauro. In piena faida,<br />
<strong>il</strong> 15 dicembre 2004, accompagnata dalla sorella<br />
Rosaria, Elmelinda ritira due m<strong>il</strong>ioni di<br />
euro intestati alla San Paolo fiduciaria spa di<br />
Torino. Le due donne si recano presso la f<strong>il</strong>iale<br />
nolana del San Paolo Banco di <strong>Napoli</strong> e dopo<br />
un po’ vi escono con 4000 banconote da 500<br />
euro. Mentre gli uomini del clan sparano o si<br />
nascondono latitanti in Spagna, le donne, su<br />
loro ordine, si muovono per mettere al sicuro<br />
soldi sporchi di sangue e droga.
Inf<strong>il</strong>trazioni mafiose e <strong>il</strong>legalità in Toscana<br />
La malavita sul territorio dalla Maremma alla Vers<strong>il</strong>ia<br />
dal nostro corrispondente Cristiana Guccinelli<br />
Sarà che non se ne parla molto, sarà per un<br />
meccanismo di assoluzione collettiva è un<br />
fatto i cittadini toscani ritengano le mafie<br />
questione di altri luoghi e di altri contesti sociali<br />
e culturali.<br />
Se è vero che in Toscana la criminalità organizzata<br />
non riceve consenso sociale e, tranne<br />
sporadici tentativi, non emergono rapporti<br />
tra criminalità organizzata e sistema politico,<br />
è altrettanto vero che le inf<strong>il</strong>trazioni mafiose,<br />
italiane e straniere, sono ben presenti e tendono<br />
negli anni ad incrementare le loro attività<br />
<strong>il</strong>legali.<br />
La “Fondazione Antonino Caponnetto”, nata a<br />
Firenze nel 2003 nel nome del fondatore del<br />
pool antimafia di Palermo, ha lo scopo di tenere<br />
alta l’attenzione sui fenomeni mafiosi che<br />
avvengono in regione. Nel settembre scorso<br />
ha presentato un Rapporto sulla presenza delle<br />
mafie dal titolo significativo, “La Toscana non è<br />
terra di mafia ma la mafia c’è e gode di ottima<br />
salute”. Per <strong>il</strong> presidente Salvatore Calleri “la<br />
Toscana è una terra ricca in cui la mafia ricicla<br />
<strong>il</strong> denaro sporco, è un fenomeno spalmato su<br />
tutto <strong>il</strong> territorio. Le zone più a rischio sono le<br />
provincie di Firenze e Pistoia e tutta la costa viareggina.<br />
Ci sono campanelli d’allarme, come i<br />
passaggi di mano di alberghi e pizzerie, che<br />
vanno verificati”.<br />
Il rapporto offre una mappa dettagliata e fornisce<br />
categorie interpretative del fenomeno.<br />
1) La criminalità organizzata si adatta al territorio<br />
nel quale opera;<br />
2) I“campanelli d’allarme” si nascondono<br />
spesso dietro fatti di cronaca nera che occorre<br />
decodificare.<br />
3) Le mafie si spartiscono i settori economici.<br />
La mafia russa realizza grandi investimenti immob<strong>il</strong>iari,<br />
puntando su strutture alberghiere e<br />
fabbriche di calzature. La mafia cinese ricicla su<br />
immob<strong>il</strong>i ed esercizi commerciali ma le sue<br />
principali attività <strong>il</strong>legali sono lo sfruttamento<br />
dei clandestini e della manodopera, la prostituzione,<br />
<strong>il</strong> racket ed <strong>il</strong> gioco d’azzardo. Traffico<br />
di stupefacenti e di armi per la mafia albanese.<br />
Traffico di “badanti”, truffe e rapine con strumenti<br />
tecnologici per la mafia rumena.<br />
italia<br />
Firenze, aentato di via dei Georgof<strong>il</strong>i del 1994<br />
E le mafie italiane? Fin dagli anni Sessanta, qui<br />
sono arrivati, malgrado l’opposizione delle istituzioni<br />
locali, molti malavitosi in soggiorno obbligato.<br />
Duecentoventotto tra <strong>il</strong> 1961 ed <strong>il</strong><br />
1972. Da allora la rete di presenze correlate si<br />
è strutturata ed i capitali criminali sono stati<br />
immessi nell’economia regionale.<br />
A documentarlo è <strong>il</strong> report di “Avviso Pubblico”,<br />
un’associazione nata nel 1996 da una rete di<br />
amministratori di Comuni, Province, Regioni e<br />
Comunità Montane, per promuovere azioni di<br />
prevenzione e contrasto all’inf<strong>il</strong>trazione mafiosa<br />
negli enti locali. Dallo studio emerge che,<br />
dagli anni 70 ad oggi, i nuclei delle organizzazioni<br />
criminali in Toscana sono cresciuti da 38 a<br />
43. Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra sono<br />
presenti nelle province di Lucca, Massa Carrara,<br />
Livorno, Pistoia e Firenze. Assente la camorra<br />
dalle province di Pisa, Prato e Siena.<br />
I settori economici esposti ad “attacco” sono<br />
soprattutto piccole agenzie bancarie, ed<strong>il</strong>izia,<br />
gioco d’azzardo, turismo balneare, attività immob<strong>il</strong>iari.<br />
Altro indice significativo della presenza criminale<br />
in regione è quello dei beni confiscati: 8<br />
aziende e 28 immob<strong>il</strong>i, solo nel 2008.<br />
In aumento <strong>il</strong> numero dei reati ambientali. Il<br />
traffico <strong>il</strong>lecito di rifiuti resta prerogativa del<br />
clan dei casalesi, <strong>il</strong> gruppo più forte di tale tipo<br />
all’interno della regione. Ma, come denuncia<br />
Legambiente, cresce anche l’abusivismo e <strong>il</strong><br />
numero di incendi dolosi. La Toscana non sarà<br />
terra di mafia, ma qui “la mafia gode di ottima<br />
salute”.<br />
61
La Sic<strong>il</strong>ia dica addio al bosco di Ficuzza<br />
Una “superstrada” di 22 ch<strong>il</strong>ometri taglierà la riserva naturale<br />
di Gianni Lannes<br />
l bosco della Ficuzza rischia concretamente<br />
l’estinzione. Uno degli angoli più suggestivi e<br />
incontaminati della Sic<strong>il</strong>ia è minacciato da<br />
una “superstrada” che lo soffocherà con m<strong>il</strong>ioni<br />
di metri cubi di asfalto e cemento.<br />
L’Anas vuole l’arteria a scorrimento veloce.<br />
Per <strong>il</strong> cartello degli oppositori, contadini, ecologisti,<br />
cittadini è solo “uno scempio inut<strong>il</strong>e e<br />
costoso”. Un “disastro annunciato” perché<br />
l’opera, si srotola per più di ventidue ch<strong>il</strong>ometri<br />
e prevede undici viadotti, dodici cavalcavia,<br />
due ponti, due gallerie, svincoli a<br />
rotonda. A conti fatti: oltre un m<strong>il</strong>ione di<br />
metri cubi di sbancamenti. Ventidue e passa<br />
ch<strong>il</strong>ometri, spezzettatati incinque lotti che<br />
passano per ampi tratti all’interno del bosco,<br />
dal 1991 Riserva naturale, interessando<br />
anche una Zps e ben due aree Sic. “Inut<strong>il</strong>e”<br />
perché secondo lo studio del Forum “Salviamo<br />
Ficuzza”, realizzato con <strong>il</strong> contributo di<br />
docenti universitari dell’ateneo palermitano<br />
ed esperti in materia si risparmierebbero solo<br />
8 minuti. «Uno spreco di denaro pubblico»<br />
perché solo tre anni fa l’operazione costava<br />
98 m<strong>il</strong>ioni di euro: dodici m<strong>il</strong>ioni per ogni minuto<br />
risparmiato. La spesa attualmente è lievitata<br />
a trecento m<strong>il</strong>ioni. Il bosco della<br />
Ficuzza è uno dei più belli dell’isola, sicuramente<br />
<strong>il</strong> più vasto della Sic<strong>il</strong>ia occidentale,<br />
dove è presente l’80 per cento delle specie<br />
animali, tra uccelli e fauna selvatica. Un polmone<br />
verde che non è solo natura ma anche<br />
storia e cultura. Carla Quartarone, ordinario<br />
di Urbanistica all’università di Palermo è perentoria:<br />
“I siti archeologici sulla Montagna<br />
Grande, la reggia di Ficuzza, le chiese, i conventi,<br />
le masserie, gli insediamenti rurali sono<br />
tutti beni culturali che derivano <strong>il</strong> loro maggior<br />
valore dall’essere immersi discretamente<br />
in un ambiente dove prevalgono<br />
ancora i segni della natura. Secondo l’architetto<br />
“<strong>il</strong> progetto di ammodernamento della<br />
strada statale 118, è in contraddizione con <strong>il</strong><br />
Prg del Comune non soltanto perché tale modifica<br />
non è prevista in termini di occupazione<br />
di suolo e destinazione d’uso, ma<br />
soprattutto perché contraddice la valorizza-<br />
62<br />
Italia<br />
Riserva naturale di Ficuzza<br />
“Per l’ANAS è un’opera<br />
essenza<strong>il</strong>e. Gli ambientalisti:<br />
uno scempio inut<strong>il</strong>e e costoso,<br />
saràundisastro”<br />
zione del patrimonio culturale e storico e la<br />
salvaguardia del paesaggio agricolo e boschivo,<br />
assunti come risorse sulle quali fondare<br />
un possib<strong>il</strong>e sv<strong>il</strong>uppo sociale e<br />
produttivo del territorio corleonese”.<br />
Veti incrociati sono piovuti anche da Soprintendenza<br />
e Forestale, che hanno bocciato<br />
quattro dei cinque lotti in cui è suddiviso <strong>il</strong><br />
progetto per incompatib<strong>il</strong>ità ambientali e archeologico-paesistiche.<br />
In virtù di tali impedimenti<br />
l’Anas ha chiesto e ottenuto (con una<br />
serie di prescrizioni ndr), <strong>il</strong> nulla-osta solo per<br />
<strong>il</strong> terzo lotto, cioè quello esterno alle due<br />
aree protette. I lavori sono stati consegnati <strong>il</strong><br />
16 luglio 2008 all’associazione temporanea<br />
d’imprese Tecnis spa - Cogip srl - Si.ge.nco spa,<br />
di Tremestieri Etneo, in provincia di Catania,<br />
per l´importo contrattuale di 18.788.207,00 di
Riserva naturale di Ficuzza<br />
euro. L’ultimazione era prevista per <strong>il</strong> 7 novembre<br />
2009, ma i lavori sono iniziati con notevole<br />
ritardo. “Per ora si comincerà a<br />
costruire partendo dal centro” rivela Antonino<br />
Iannazzo, sindaco di Corleone.<br />
Quest’opera pubblica sembra quindi la riesumazione<br />
di un discutib<strong>il</strong>e progetto della<br />
Democrazia cristiana risalente agli anni ’70<br />
l’adeguamento della statale 118 da Marineo<br />
a Corleone. L’Anas r<strong>il</strong>ancia addirittura con un<br />
altro progetto nella stessa area: <strong>il</strong> by pass di<br />
Marineo, 7,7 ch<strong>il</strong>ometri di viadotti e gallerie<br />
che solcano pregevoli aree archeologiche,<br />
per un costo di 160 m<strong>il</strong>ioni di euro. Per sottrarre<br />
l’entroterra palermitano dal temib<strong>il</strong>e<br />
Italia<br />
“isolamento” - l’area che statistiche ufficiali<br />
alla mano presenta la maggiore densità stradale<br />
dell’isola - di cui parlano i fautori, un’alternativa<br />
ecosostenib<strong>il</strong>e esiste: una bretella<br />
di collegamento tra <strong>il</strong> Corleonese e la veloce<br />
Palermo-Sciacca nel tratto tra Corleone e<br />
Roccamena. Solo 15 ch<strong>il</strong>ometri di tracciato<br />
con un impatto ambientale quasi nullo.<br />
Tempo di percorrenza 42 minuti, 8 in meno<br />
rispetto al tempo necessario per percorrere<br />
la superstrada ideata dall’Anas. A chiunque<br />
verrebbe da porsi domande...<br />
63
Comuni sciolti: come gli zombi a volte tornano<br />
A San Giuseppe e Taurianova nelle liste sempre gli stessi<br />
di Francesco Gravetti<br />
Nove comuni sciolti nel 2008, dieci nel 2009.<br />
Qualche riab<strong>il</strong>itazione, decisa dai giudici del<br />
Tar e del Consiglio di Stato che accolgono i<br />
ricorsi degli amministratori mandati a casa.<br />
Ma si tratta di poche eccezioni: <strong>il</strong> fenomeno<br />
dello scioglimento dei Comuni per inf<strong>il</strong>trazioni<br />
della criminalità organizzata resiste nel<br />
tempo. E’ la risposta che lo Stato tenta di<br />
dare per eliminare i legami tra politica e<br />
mafia, ripulire territori dove gli intrecci sono<br />
molteplici e gli interessi così alti che <strong>il</strong> rispetto<br />
delle regole viene ridotto ad un optional.<br />
Secondo dati del ministero<br />
dell’Interno, oltre 170 Comuni sono stati<br />
sciolti per mafia. Tuttavia la pervasività della<br />
presenza mafiosa, sempre più proiettata al<br />
controllo delle istituzioni locali, nevralgici<br />
centri della spesa pubblica, ha dimostrato di<br />
saper superare ed eludere gli eventi traumatici<br />
derivanti dallo scioglimento. Spesso si<br />
è registrato, a distanza di poco tempo, che<br />
64<br />
Italia<br />
l’organo comunale è stato di nuovo dissolto.<br />
E sono complessivamente venticinque i casi<br />
di Consigli comunali sciolti per due volte e,<br />
in un caso, addirittura tre volte. Ben 130 amministratori,<br />
poi, sono stati rieletti nei Comuni<br />
incriminati. Intervenire, insomma, non<br />
è fac<strong>il</strong>e e una volta che si è riusciti a mandare<br />
a casa la classe politica collusa, non è detto<br />
che essa non torni, più forte e prepotente di<br />
prima. Un ipotetico viaggio tra i Comuni<br />
sciolti per mafia sarebbe caratterizzato quasi<br />
per intero dal sole. Il sole del Sud. È qui, soprattutto,<br />
che la criminalità fa politica. Consulti<br />
un’ideale cartina e ti imbatti in nomi di<br />
città dalla provenienza inconfondib<strong>il</strong>e: Siculiana<br />
(Agrigento) o Amantea (Cosenza) oppure<br />
Pago del Vallo di Lauro (Avellino). C’è<br />
chi lo ha fatto, un viaggio del genere. Nello<br />
Trocchia, giornalista che ha collaborato con<br />
Liberazione, Carta, La Voce della Campania,<br />
Indymedia e attualmente è redattore del-
l’agenzia di stampa Deltanews, ha scritto un<br />
libro, “Federalismo criminale” (Nutrimenti<br />
editore, 15 euro) che ha un sottotitolo eloquente:<br />
“Viaggio tra i comuni sciolti per<br />
mafia”.A proposito della sua personalissima<br />
gita, Nello Trocchia ha molte cose da raccontare.<br />
Casi eclatanti, come quello di San<br />
Giuseppe Vesuviano (<strong>Napoli</strong>) o Taurianova,<br />
in provincia di Reggio Calabria: “A San Giuseppe<br />
<strong>il</strong> sindaco si era dimesso nel 1992,<br />
l’anno dopo <strong>il</strong> comune fu sciolto per inf<strong>il</strong>trazioni<br />
mafiose. Lo stesso sindaco è tornato in<br />
sella, ma nel 2009 <strong>il</strong> Comune è stato nuovamente<br />
azzerato per mafia e alla guida c’era<br />
sempre lui. Nella relazione si legge: “Nello<br />
stesso periodo in cui <strong>il</strong> sindaco si presentava<br />
pubblicamente come uomo della legalità impegnato<br />
a difendere le istituzioni nei processi<br />
di camorra, egli, in via decisamente più occulta<br />
e riservata, stringeva patti e accordi, secondo<br />
quanto emerge dalla attività di<br />
indagine, con gli esponenti anche di spicco<br />
dei gruppi criminali”. Taurianova, invece, fu<br />
sciolto una prima volta nel 1991 e una seconda<br />
nel 2009: 18 anni dopo due amministratori<br />
di allora sono ancora in sella. Trocchia<br />
individua nei partiti i maggiori responsab<strong>il</strong>i<br />
della degenerazione amministrativa e politica:<br />
“I partiti hanno una responsab<strong>il</strong>ità<br />
enorme nella scelta della classe dirigente.<br />
Hanno tradito <strong>il</strong> messaggio di Paolo Borsellino<br />
che invitava i partiti a fare pulizia, senza<br />
aspettare la magistratura, e ammoniva:<br />
‘Quante persone sono disoneste, pur se non<br />
vengono condannate’. Non siamo all’anno<br />
zero, ma molto dietro”.<br />
In questo viaggio strano, può anche capitare<br />
di venire catapultati improvvisamente al<br />
Nord, per esempio a Bardonecchia, in provincia<br />
di Torino. Spiega Trocchia: “Sciolto nel<br />
1995, ha goduto di una riduzione del tempo<br />
di scioglimento, passato da 18 a 12 per la<br />
reazione della società civ<strong>il</strong>e. Ma in Piemonte,<br />
così come in Lombardia la ‘ndrangheta ha<br />
messo ormai stab<strong>il</strong>mente le radici. Per farsi<br />
un’idea basta vedere quanto accaduto in un<br />
comune in provincia di M<strong>il</strong>ano dove hanno<br />
arrestato attuali ed ex amministratori per<br />
corruzione, dietro l’ombra lunga della mafia<br />
calabrese”.<br />
Il giornalista e scrittore ora sta tentando di<br />
creare un archivio digitale fatto di decreti di<br />
scioglimento e relazioni allegate. Una mappa<br />
digitale dove ciascun cittadino potrà osservare<br />
la presenza delle mafie, visualizzare<br />
Italia<br />
“Secondo <strong>il</strong> Ministero degli<br />
Interni sono ben 170 le<br />
municipalità annullate per<br />
mafia.Vediamocosaprescrive<br />
lanuovaleggesullanormativa<br />
degli scioglimenti”<br />
l’anno di scioglimento di un comune e leggere<br />
motivazioni e ragioni dell’azzeramento.<br />
“Uno spazio aperto - racconta Nello Trocchia<br />
- perché l’informazione circoli liberamente>.<br />
Il sito www.federalismocriminale.it ospita la<br />
mappa digitale dei comuni e ospiterà tutti i<br />
decreti di scioglimenti di comuni e Asl dal<br />
1991 ad oggi.<br />
A spulciare le carte, viene fuori che le ragioni<br />
degli scioglimenti sono inquietanti, ma sono<br />
anche sempre le stesse. Ad essere ancora<br />
più precisi, sono quasi sempre solo due: <strong>il</strong> cemento<br />
e i rifiuti. Spiega ancora Nello Trocchia:<br />
“Dalla mia ricerca emerge che <strong>il</strong><br />
sessantotto per cento dei comuni sciolti per<br />
mafia è stato commissariato per inchieste<br />
relative alla gestione dei rifiuti, all’abusivismo<br />
ed<strong>il</strong>izio, alla devastazione ambientale.<br />
Le consorterie criminali controllano gli appalti,<br />
si inseriscono con le proprie ditte, o imponendo<br />
<strong>il</strong> pizzo alle ditte vincitrici. Non è<br />
solo l’interesse economico, l’aspetto meramente<br />
di cassa ad interessare, ma <strong>il</strong> porsi<br />
come agenzia di servizi, intermediaria di<br />
posti, consulenze e mediazioni così da controllare<br />
pacchetti di consenso, di voti e mantenere<br />
un ruolo di rispetto e riconoscimento<br />
nella società”.<br />
Pochi mesi fa <strong>il</strong> Parlamento, con un disegno<br />
di legge su temi legati alla sicurezza, è intervenuto<br />
sulla normativa degli scioglimenti apportando<br />
alcune modifiche. La procedura<br />
è dunque cambiata: per verificare la sussistenza<br />
degli elementi di inf<strong>il</strong>trazione <strong>il</strong> Prefetto<br />
nomina una commissione d’indagine,<br />
composta da tre funzionari della pubblica<br />
amministrazione, attraverso la quale esercita<br />
poteri di accesso agli atti e di accertamento.<br />
Entro tre mesi, rinnovab<strong>il</strong>i una volta<br />
per un ulteriore periodo massimo di tre<br />
mesi, la commissione termina gli accertamenti<br />
e rassegna al Prefetto le proprie con-<br />
65
clusioni. Entro quarantacinque giorni dal deposito<br />
delle conclusioni della commissione<br />
d’indagine, <strong>il</strong> Prefetto, sentito <strong>il</strong> comitato<br />
provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica<br />
integrato con la partecipazione del procuratore<br />
della Repubblica competente per<br />
territorio, invia al Ministro dell’interno una<br />
relazione nella quale si dà conto della eventuale<br />
sussistenza delle inf<strong>il</strong>trazioni. Lo scioglimento<br />
viene disposto con decreto del<br />
Presidente della Repubblica, su proposta del<br />
Ministro dell’interno, previa deliberazione<br />
del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla<br />
trasmissione della relazione. Lo scioglimento<br />
di un consiglio comunale o provinciale comporta<br />
la cessazione dalla carica di consigliere,<br />
di sindaco, di presidente della provincia, di<br />
componente delle rispettive giunte e di ogni<br />
altro incarico comunque connesso alle cariche<br />
ricoperte. Sono inoltre sciolti gli incarichi<br />
di revisore dei conti e i rapporti di<br />
consulenza e di collaborazione coordinata e<br />
continuativa che non siano stati rinnovati<br />
dalla commissione straordinaria entro quarantacinque<br />
giorni dal suo insediamento. Le<br />
differenze rispetto alla vecchia procedura<br />
sono sostanzialmente tre: gli elementi da cui<br />
emergono i collegamenti o i condizionamenti<br />
di tipo mafioso, che determinano lo<br />
66<br />
Italia<br />
scioglimento dei consigli degli enti locali, devono<br />
essere “concreti, univoci e r<strong>il</strong>evanti”.<br />
Gli amministratori locali che con le loro condotte<br />
abbiano determinato lo scioglimento<br />
del consiglio dell’ente locale non possono essere<br />
ricandidati nel primo turno elettorale<br />
successivo allo scioglimento nelle elezioni.<br />
Infine, la non candidab<strong>il</strong>ità deve essere dichiarata<br />
con un provvedimento definitivo di<br />
carattere giurisdizionale. Secondo Trocchia<br />
le nuove norme presentano luci ed ombre.<br />
“Le ultime modifiche consentono di colpire<br />
anche la contiguità e le responsab<strong>il</strong>ità dei dirigenti,<br />
ma ora si è stato destrutturato <strong>il</strong> carattere<br />
preventivo della norma, rendendo<br />
più diffic<strong>il</strong>e e articolato lo scioglimento dei<br />
comuni. E le commissioni di accesso sono<br />
state del tutto depotenziate, escludendo<br />
dalla loro composizione, come fino ad oggi,<br />
rappresentanti delle forze dell’ordine, ossia<br />
carabinieri, finanzieri, poliziotti o membri<br />
della Dia”, osserva.
I nuovi sommergib<strong>il</strong>i della Camorra<br />
Giovani stranieri corrieri di droga per trenta euro al giorno<br />
di Francesco Heigel<br />
Succede a <strong>Napoli</strong>. Dove la camorra sa tenere<br />
<strong>il</strong> passo con i tempi e, purtroppo sempre<br />
più spesso, fa perdere, seppure per brevi<br />
periodi, le proprie tracce ed <strong>il</strong> proprio modo<br />
di operare.<br />
Dopo la pubblicazione di Gomorra a lungo si<br />
è parlato della figura dei “sommergib<strong>il</strong>i”. Uomini<br />
piuttosto in là con gli anni, spesso insospettab<strong>il</strong>i,<br />
a cui si affidava <strong>il</strong> compito di<br />
consegnare le “mesate” alle famiglie degli aff<strong>il</strong>iati<br />
di questo o di quell’altro clan, temporaneamente<br />
“impegnati“ a scontare la<br />
propria pena.<br />
Una sorta di “reddito di cittadinanza” assegnato<br />
ed erogato dall’anti-stato. Ma è cosa<br />
nota che quando si parla troppo di un meccanismo,<br />
non passa tempo che “o sistema”,<br />
trova un’alternativa.<br />
Questa volta a pagarne le conseguenze sono<br />
ragazzini, stranieri e senza futuro. Sempre più<br />
<strong>il</strong> popolo dell’arrangiarsi si frammista ai tanti<br />
immigrati che popolano i bassi-monolocali<br />
dei vicoli di <strong>Napoli</strong>.<br />
Un degrado diffuso ed un livello d’integrazione<br />
scarsissimo rendono <strong>il</strong> terreno fert<strong>il</strong>e<br />
all’<strong>il</strong>legalità, fac<strong>il</strong>itandone <strong>il</strong> d<strong>il</strong>agarsi tra le nostre<br />
strade. E se <strong>il</strong> governo sembra non avere<br />
ancora intuito appieno quale risorsa rappresentino<br />
gli immigrati, a pensarci è la camorra.<br />
E’ di questi ultimi mesi la notizia del reclutamento<br />
di “scugnizzi” stranieri che vengono<br />
impiegati per <strong>il</strong> trasporto di “denaro sporco”.<br />
A volte sostituendosi alla figura dei sommergib<strong>il</strong>i<br />
vecchia maniera. Sempre più spesso, ed<br />
in maniera preoccupante, nei “passaggi di<br />
mano” dei proventi delle partite di droga. Le<br />
“basi”, o punti di smistamento sono parecchi<br />
nella città. Di qui la droga viene consegnata,<br />
in piccole dosi, a quelli che possono essere<br />
considerati i “venditori al dettaglio”.<br />
Un sistema per ridurre al minimo la perdita<br />
economica in caso di blitz delle forze dell’ordine.<br />
La camorra ha deciso, quindi, di non cedere.<br />
Ut<strong>il</strong>izzando ragazzini stranieri appena<br />
maggiorenni , fa viaggiare in posti “sicuri”<br />
ogni tre, quattro ore <strong>il</strong> raccolto dell’azione di<br />
spaccio.<br />
Territorio<br />
La dinamica è semplice. Ce la racconta Miguel,<br />
diciassette anni, un irregolare che per<br />
vivere fa <strong>il</strong> sommergib<strong>il</strong>e. Opera nella zona<br />
della stazione centrale di <strong>Napoli</strong>. Il suo turno<br />
inizia alle 20 precise . Passeggia per corso Garibaldi,<br />
poi scompare ingoiato da un vicolo,<br />
esce pochi minuti dopo con aria distratta. In<br />
realtà <strong>il</strong> suo carico è di circa 1000 euro, provento<br />
di poco meno di quattro ore di spaccio.<br />
Poche centinaia di metri e scompare di<br />
nuovo. Il vicolo stavolta lo risputa in pochi secondi:<br />
ha effettuato la sua consegna, <strong>il</strong> danaro<br />
è al sicuro.<br />
Non ci sono “chiamate”, avvertimenti od allarmi.<br />
Miguel passa inosservato con <strong>il</strong> suo<br />
viso da uomo-bambino. Appena sente la proposta<br />
di un gelato accetta di buon grado. Gli<br />
chiediamo se ha paura a fare questo “lavoro”.<br />
Risponde: “No, fino a che tiro diritto.<br />
Ma se non torno con <strong>il</strong> carico, allora sì che ho<br />
paura”. Una pausa di s<strong>il</strong>enzio – si guarda una<br />
bruciatura di sigaretta sul braccio – e aggiunge:<br />
“Paura di morire”.<br />
Se ti prende la polizia, che succede?<br />
“Beh, mi trattengono. Non ho droga, solo<br />
soldi, mi danno <strong>il</strong> foglio di via e sono libero”.<br />
Dice di voler smettere, ma forse sa anche lui<br />
che è solo un’<strong>il</strong>lusione. Gli chiediamo se ha<br />
mai pensato di fuggire con uno di questi carichi,<br />
di spostarsi altrove, provando altre<br />
strade. “Sanno dove abito. E poi, tre o quattro<br />
anni ancora e poi smetto”.<br />
Miguel è arrivato in Italia con una valigia di<br />
speranza, credendo di trovare un lavoro. Oggi<br />
fa <strong>il</strong> sommergib<strong>il</strong>e, forse domani la camorra lo<br />
inghiottirà del tutto o forse tornerà nel suo<br />
Paese. Ieri era un corriere, stasera tornerà con<br />
le sue scarpe a divorare l’asfalto per dimenticare<br />
la paura,.Il domani? Chissà. Per ora, mentre<br />
gusta <strong>il</strong> gelato, sembra solo un ragazzino<br />
qualsiasi, un sorriso solare che vede <strong>il</strong> nostro<br />
sud punta estrema del suo nord.<br />
67
“Quella Preside è come una terrorista”<br />
Eugenia Carfaro, una ventata di legalità al Parco Verde<br />
di Raffaella Maffei<br />
<strong>Napoli</strong> (12-04-2010) - “Siamo in trincea... Per<br />
loro sono una terrorista, perché mi sono ripresa<br />
la scuola”, dice Eugenia Carfora, la dirigente<br />
dell’istituto comprensivo Raffaele<br />
Viviani, nel cuore del Parco Verde. E che la<br />
sua osservazione sia concreta lo dimostrano<br />
due episodi. La settimana scorsa è apparsa<br />
una scritta che diceva : “Non vogliamo i pentiti<br />
a Parco Verde”. Inoltre, nei giorni scorsi<br />
una troupe del TG1 è stata aggredita e non<br />
ha potuto girare immagini.<br />
A Parco Verde si arriva con la Nola-V<strong>il</strong>la Literno,<br />
l’uscita è Caivano, un paese nel napoletano<br />
di quarantam<strong>il</strong>a abitanti, che dallo<br />
scorso 15 maggio viene guidato dal nuovo<br />
sindaco Antonio Falco.<br />
Parco Verde è un mondo a sé - 5m<strong>il</strong>a persone<br />
in circa 250 m<strong>il</strong>a metri quadrati -, 750<br />
abitazioni divise in lotti a colori: giallo, verde<br />
e rosa.<br />
Scatole di cemento e cartongesso, popolate<br />
con le deportazioni del post terremoto. All’entrata<br />
c’è un ranch, realizzato da alcuni residenti,<br />
con un cavallo, un asino, le balle di<br />
fieno e dei manichini travestiti da cowboy.<br />
È in armonia con l’erba incolta e i cumuli di<br />
spazzatura accantonati lungo le strade. Il<br />
tasso di disoccupazione giovan<strong>il</strong>e è alle stelle<br />
(50%), l’evasione scolastica pure. Più che la<br />
scuola i ragazzi frequentano la sala giochi o<br />
le comitive di quelli più grandi, che prestano<br />
servizio alla criminalità organizzata. Secondo<br />
le Forze dell’Ordine circa <strong>il</strong> 30% sono pregiudicati.<br />
Sono attive una decina di piazze di<br />
spaccio – sono soprattutto le donne a occuparsene<br />
-, i signori della criminalità fanno affari<br />
d’oro con eroina, cocaina e gli altri<br />
stupefacenti, ma anche con la ricettazione.<br />
Non passa un anno senza che la lista dei<br />
morti ammazzati in quelle strade si allunghi.<br />
“Ricordo bene <strong>il</strong> 13 luglio del 2007, quando<br />
ho accettato la sede di Parco Verde per la nomina<br />
a dirigente scolastico – racconta la preside<br />
Carfora -. Sei matta, non sai a cosa vai<br />
incontro, mi dissero. Nel tornare a casa passai<br />
per quel luogo tanto discusso, piansi<br />
senza lacrime. C’era una ditta che aveva vinto<br />
68<br />
Territorio<br />
“UnafrazionediCaivanodoveè<br />
praticamente sparita l’evasione<br />
scolastica.Genitorigiàdenunciati<br />
ammettono: E’ una grande<br />
donna. Intanto la sua scuola è a<br />
rischiochiusura”<br />
l’appalto di ristrutturazione della scuola nel<br />
2005. Ma con gli anni era diventata ricettacolo<br />
di armi, siringhe infette e topi – continua<br />
-. Nessuno dei dipendenti veniva più a lavorare.<br />
Ho denunciato tutti. Persino l’ex sindaco,<br />
Papaccioli, ha passato un paio di<br />
pomeriggi a potare gli alberi, insieme agli<br />
operai, i bidelli, <strong>il</strong> custode e alcuni volontari”.<br />
Un ampio atrio, i distributori di bibite, <strong>il</strong> parcheggio<br />
e <strong>il</strong> verde curato. Gli alunni hanno<br />
tinteggiato l’atrio, dove campeggia la scritta:<br />
Parco Verde riparte da qui. Dal 29 settembre<br />
del 2007, giorno dell’inaugurazione, la preside<br />
Carfora non permette di saltare un solo<br />
giorno di scuola.<br />
Per rimediare a genitori poco presenti nella<br />
vita dei figli, la mattina sveglia <strong>il</strong> parco con un<br />
altoparlante e diffonde nell’etere Radetzky o<br />
Mameli.<br />
Se gli studenti non arrivano in classe per le<br />
nove, da soli o accompagnati, li manda a<br />
prendere da bidelli, insegnanti o va di persona.<br />
È sufficiente che lei, “la terrorista”, urli<br />
un solo nome – <strong>il</strong> segretario - perché si inoltri<br />
la denuncia per evasione scolastica alle<br />
Forze dell’Ordine. La scuola è aperta anche<br />
<strong>il</strong> pomeriggio per i laboratori e i ragazzi possono<br />
usufruire della mensa, con 2 euro e 50<br />
ciascuno. “Il mio obiettivo è fargli trascorrere<br />
a scuola quanto più tempo possib<strong>il</strong>e”,<br />
spiega.<br />
“Quando sto qui mi sento in un altro mondo,<br />
ma appena esco non mi sento più io”, dice<br />
A.C., 12 anni e già fidanzata con un ragazzo
Un’aula della Scuola del Parco Verde<br />
del parco, da poco uscito da una comunità<br />
penale per minori.<br />
“Non mi piace la scuola, ma mi obbligano a<br />
venire, così qualcosa ho imparato anche<br />
senza la mia volontà”, dice A.C., 15 anni e ancora<br />
in terza media. Non frequentava e i genitori<br />
sono stati denunciati. S<strong>il</strong>vana, la madre,<br />
oggi commenta: “È una grande donna. I soldi<br />
li prende comunque, vengono o no i nostri<br />
figli a scuola. Non vorrei se ne andasse”.<br />
La scuola rischia la chiusura, le iscrizioni per <strong>il</strong><br />
prossimo anno scolastico non sono sufficienti<br />
per la formazione di una classe.<br />
“Sono arrivate solo 12 iscrizioni – racconta la<br />
preside -. Preferiscono mandare i figli fuori<br />
dal quartiere, perché sanno che nelle altre<br />
scuole se non frequentano, nessuno va a<br />
prenderli a casa o li denuncia e hanno meno<br />
poliziotti in giro”.<br />
La dirigente della Viviani conosce tutti i suoi<br />
alunni. Li passa in rassegna quando gira per le<br />
aule a controllare gli assenti. Gli vieta l’uso<br />
del cellulare in classe, sequestra mon<strong>il</strong>i e oggetti<br />
pericolosi.<br />
Sulla scrivania ha un cestino con foulard, collane<br />
e orecchini appariscenti, catene e persino<br />
un manganello di gomma. “Restituirò<br />
questa roba a fine anno, tranne l’arma”, dice.<br />
“Il dirigente Eugenia Carfora è una persona<br />
da ammirare – commenta <strong>il</strong> Comandante<br />
della Stazione dei Carabinieri, Giuseppe Fari-<br />
Territorio<br />
nola -, con lei ho condiviso ansie e speranze,<br />
anche perché siamo arrivati qui nello stesso<br />
periodo. Guidiamo campi diversi, ma camminano<br />
parallelamente verso l’educazione alla<br />
legalità.<br />
Parco Verde è “off limits”<br />
per i pen della Camorra<br />
Su un muro, campeggia bene in vista questa<br />
scria: “Vietato l'accesso ai pen”. E' <strong>il</strong> benvenuto<br />
che viene a quan si accostano al<br />
Parco Verde di Caivano. Un luogo sconsigliab<strong>il</strong>e<br />
ai deboli di caraere. I numeri dicono<br />
che, su 4.000 abitan, <strong>il</strong> 35% è composto da<br />
pregiudica. Non per niente, <strong>il</strong> posto viene<br />
denominato "piazza dei carcera". Qui la<br />
droga si vende 24 ore su 24. Tu i proven<br />
vengono devolu alle famiglie dei detenu. I<br />
clan rinunciano alla percentuale della vendita<br />
della droga. E’ pracamente una legge camorrisca.<br />
Chi non vuole adeguarsi, chi vuole<br />
meere in tasca i soldi dello spaccio, non può<br />
assolutamente operare in piazza dei carcera.<br />
Niente penri, in definiva, e nessun<br />
guadagno per chi opera nel mondo della<br />
doga. Le famiglie di chi sta dentro devono sopravvivere<br />
con queste avità.<br />
69
Beni confiscati: tante le esperienze positive<br />
LamortediAnnalisaDurantecomesimbolodellalottaallacamorra<br />
di Maria Pirro<br />
Il proiett<strong>il</strong>e si muove lungo una traiettoria<br />
curva. Esce dalla volata dell’arma. Traccia una<br />
parabola, discendente e più lenta: si conficca<br />
nella nuca della ragazzina bionda che non fa<br />
in tempo a scappare. Muore così Annalisa<br />
Durante, 14 anni appena compiuti. Uccisa<br />
solo perché si trova al posto sbagliato nel momento<br />
sbagliato. Sulla linea di fuoco di un regolamento<br />
di conti. A sparare nei vicoli di<br />
Forcella, Salvatore Giuliano. Lo stesso nome<br />
del celebre bandito.<br />
Ventisette marzo 2004: l’omicidio di Annalisa<br />
diventa simbolo della voglia di riscatto contro<br />
<strong>il</strong> clan partenopeo che sovrasta <strong>il</strong> quartiere.<br />
Dal terrazzo della casa all’ultimo piano<br />
di via della Giudecca, <strong>il</strong> boss per anni ha controllato<br />
con lo sguardo l’intera zona, i traffici,<br />
i guardaspalle, le proprietà. Ma da qualche<br />
mese ci sono inqu<strong>il</strong>ini diversi, dalle facce pulite.<br />
Da fine 2009, dicembre scorso. Confiscato<br />
e assegnato al Comune, <strong>il</strong> regno più<br />
intimo di Luigi (detto Lovegino) Giuliano è<br />
sede di Telefono Azzurro. Trecento metri<br />
quadrati dedicati alla formazione di volontari<br />
che leggono favole ai ragazzi a rischio, portano<br />
avanti progetti con i detenuti di Secondigliano,<br />
costruiscono una rete con le agenzie<br />
territoriali per dare risposta agli sos dei coe-<br />
Casa del boss Giuliano nel quarere Forcella trasformata in sede di Telefono Azzuro<br />
70<br />
Territorio<br />
“Il 27 marzo 2004 la giovane<br />
napoletana fu uccisa da un<br />
proiett<strong>il</strong>edellapistoladelboss.<br />
Oggi nella casa del camorrista<br />
c’èl’associazioneaprotezione<br />
dei minori”<br />
tanei di Annalisa. Un aiuto a bambini e adolescenti<br />
sopraffatti da disagio e degrado. Un<br />
lavoro lungo appena avviato.<br />
Ciro Raia, responsab<strong>il</strong>e di Telefono Azzurro in<br />
Campania, mostra l’abitazione trasformata in<br />
ufficio. Il marmo nero e gli scalini all’ingresso.<br />
C’è ancora la cucina della famiglia Giuliano,<br />
con un camino senza cenere. Non c’è più la<br />
vasca a forma di conchiglia, adagiata in un angolo<br />
tra piccole piastrelle rosa. Un’altra<br />
rampa di scale porta al terrazzo. Lì dove i gabbiani<br />
fanno <strong>il</strong> nido. “Per ottenere l’immob<strong>il</strong>e,<br />
abbiamo atteso circa un anno dalla presentazione<br />
della richiesta al Comune”, racconta<br />
Raia. Funziona così: le associazioni possono
Sede della fondazione “'A voce d' 'e creature<br />
concorrere all’assegnazione del bene confiscato.<br />
Nella domanda, devono specificare<br />
statuto giuridico, esperienza sul campo e<br />
scopo sociale. Presentano un progetto dettagliato<br />
sulla destinazione d’uso e le attività che<br />
intendono realizzare. Quindi ciascuna pratica<br />
viene valutata da una commissione, che dà<br />
l’ok a scadenza biennale. Questa la procedura<br />
anche per don Luigi Merola, <strong>il</strong> parroco che ha<br />
lasciato Forcella subito dopo la morte di Annalisa.<br />
Minacciato per aver esortato gli abitanti<br />
del quartiere a ribellarsi alla camorra. A<br />
fermare la scia di sangue.<br />
Con don Merola, all’Arenaccia è stata inaugurata<br />
la fondazione “‘A voce d’ ‘e creature”<br />
nella v<strong>il</strong>la confiscata al boss Brancaccio.<br />
La fondazione lavora contro la dispersione<br />
scolastica. Con sportelli dedicati all’ascolto,<br />
spazi per l’orientamento e la formazione e<br />
progetti di educazione al lavoro. E ancora, all’Arenaccia,<br />
la cooperativa Dedalus porta<br />
avanti iniziative in favore degli immigrati.<br />
Sono 42 le realtà positive. Ma scorrere<br />
l’elenco delle proprietà acquisite dal Comune,<br />
un tesoro da 9 m<strong>il</strong>ioni, significa anche<br />
tracciare una mappa criminale che attraversa<br />
ogni quartiere con le famiglie Acanfora, Baratto,<br />
Brancaccio, Contini, Esposito, Giuliano,<br />
Maresca, Morra, Mazzarella, solo per citarne<br />
alcune.<br />
L’elenco è lungo. In totale, sono 72 i beni confiscati<br />
assegnati all’amministrazione partenopea.<br />
Tutti assegnati ai fini istituzionali e<br />
sociali, eccetto tredici. Tra questi, sei sono<br />
inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i: devastati prima che <strong>il</strong> Comune<br />
ne entrasse in possesso. “Non abbiamo i<br />
Territorio<br />
fondi per procedere alle ristrutturazioni”,<br />
spiega l’assessore ai Beni confiscati Luigi<br />
Scotti. Gli altri sette immob<strong>il</strong>i invece sono indisponib<strong>il</strong>i<br />
perché abitati. Ceduti in affitto in<br />
precedenza, dagli oramai ex proprietari. È ancora<br />
in atto un braccio di ferro davanti al Tar<br />
che, in due casi, ha sospeso lo sfratto sollecitato<br />
dal Comune.<br />
Storia a parte, quella de “la Gloriette”. La v<strong>il</strong>la<br />
del defunto boss del contrabbando, Michele<br />
Zaza, già confiscata, ma assegnata alla questura,<br />
presto diventerà centro di accoglienza<br />
per disab<strong>il</strong>i e minori a rischio con <strong>il</strong> passaggio<br />
di consegne all’amministrazione. Il complesso,<br />
con rifugio-bunker e piscina all’aperto,<br />
è in perfette condizioni. “Non è stata<br />
distrutto perché abitato dalla moglie del<br />
boss”, sostiene Scotti. Per 15 anni, “la Gloriette”<br />
è rimasta in mano agli eredi dell’allora<br />
capoclan, grazie a cav<strong>il</strong>li e distrazioni del Demanio<br />
che l’aveva affidata a una società con<br />
regolare contratto di locazione ma per canone<br />
dal valore simbolico. Sei funzionari sono<br />
stati indagati per abuso di ufficio e omissione.<br />
E nel frattempo, sono passati 23 anni dal sequestro<br />
della v<strong>il</strong>la, otto dalla confisca.<br />
Entrare in casa di un boss rimane comunque<br />
un tabù. “È successo che le associazioni ci abbiano<br />
restituito <strong>il</strong> bene assegnato dopo aver<br />
subìto pesanti minacce”, avverte l’assessore.<br />
“È successo proprio a Forcella. Raccontare<br />
queste storie è uno schiaffo alla camorra”,<br />
aggiunge. Per Telefono Azzurro, Raia assicura:<br />
“Siamo stati accolti bene, non abbiamo<br />
problemi”.<br />
Del passato non si parla nello stab<strong>il</strong>e di via<br />
della Giudecca. A ricordare quello che ha significato<br />
rimane solo l’ascensore che conduce<br />
all’ultimo piano. Un’opera realizzata a<br />
spese dei Giuliano: c’è una sola fessura blindata<br />
che scorre e si apre, l’asse portante rimane<br />
fermo. La porta è bloccata per fare da<br />
scudo ai proiett<strong>il</strong>i. Per celare e proteggere chi<br />
è dentro l’ascensore. Mentre fuori, lungo la<br />
strada, Annalisa non ha trovato riparo dalla<br />
pioggia di fuoco.<br />
71
Il ritorno delle sigarette di contrabando<br />
L’aumento dei prezzi ha riportato le “bionde” in strada<br />
di Walter Medolla<br />
Li vedevi agli angoli delle strade, mimetizzati<br />
tra le auto parcheggiate e i banconi dei mercati<br />
rionali. Venditori di fumo. O meglio venditori<br />
di sigarette, tutte in bella vista sulle<br />
bancarelle: Marlboro, Merit, Camel, Chesterfield.<br />
La scelta era vasta e i prezzi modici.<br />
In origine, nel secondo dopoguerra, le casse<br />
di sigarette venivano trafugate dalle basi m<strong>il</strong>itari<br />
degli alleati. “Americane, americane”<br />
gridavano i venditori per attirare l’attenzione.<br />
Il mercato poi si è evoluto con <strong>il</strong> grosso<br />
contrabbando degli anni settanta, gli scafi<br />
blu, i marsigliesi e le rotte che portavano<br />
dritti dritti al porto franco di Tangeri.<br />
Due le generazioni cresciute col mercato <strong>il</strong>legale<br />
del contrabbando. Tutto liscio fino alla<br />
fine degli anni ’90, quando la lotta tra contrabbandieri<br />
e forze dell’ordine ha iniziato a<br />
mietere vittime. Una vera e propria guerra<br />
con la malavita organizzata che attrezzava<br />
mezzi corazzati per <strong>il</strong> trasporto delle<br />
“bionde” dalla costa Ionica a quella tirrenica.<br />
Si, perché le sigarette alla fine del secolo<br />
scorso arrivavano dai balcani. Le rotte <strong>il</strong>legali<br />
erano cambiate a causa dell’inasprimento<br />
dei controlli sul mare mediterraneo. Gli spostamenti,<br />
allora, avvenivano su gomma. La<br />
merce arrivava di notte sulle coste della provincia<br />
di bari e caricata sui blindati e trasferita<br />
verso la Campania. Nell’Agosto del 1999<br />
<strong>il</strong> collega Roberto Buonavoglia raccontava,<br />
dalle colonne del Corriere, dello speronamento<br />
da parte dei contrabbandieri ai danni<br />
di un auto con tre donne a bordo: “a un incrocio<br />
si sono imbattute nell’ autocolonna di<br />
mezzi blindati che procedeva a fari spenti e a<br />
velocita’ sostenuta. All’ improvviso una jeep<br />
ha travolto e distrutto la loro vettura.Quello<br />
di ieri e’ solo l’ ultimo degli incidenti per <strong>il</strong><br />
contrabbando di sigarette. Pochi giorni fa, a<br />
Casamassima, gli “arieti del contrabbando”,<br />
per sfuggire a un inseguimento dei finanzieri,<br />
hanno seminato sull’ asfalto centinaia di<br />
chiodi mandando fuori strada trenta auto”.<br />
L’atteggiamento dei contrabbandieri era una<br />
sfida allo stato. La controffensiva non tardò<br />
ad arrivare con una vera e propria m<strong>il</strong>itariz-<br />
72<br />
Territorio<br />
zazione della provincia di Bari. I baschi verdi<br />
della Guardia di Finanza in meno di un anno<br />
riuscirono a smantellare l’organizzazione<br />
messa su da Camorra, Sacra Corona e mafia<br />
Albanese per <strong>il</strong> controllo del traffico di sigarette.<br />
Sarà per l’opprimente crisi economica, ma a<br />
<strong>Napoli</strong> negli ultimi mesi si rivedono agli angoli<br />
delle strade le bancarelle con le sigarette<br />
di contrabbando. Ora i pacchetti “parlano<br />
un’altra lingua”, non sono più le americane,<br />
bensì le ucraine, le bulgare e le rumene. I rifornimenti<br />
arrivano da lì, come arrivano<br />
nuove marche di sigarette tipiche di questi<br />
paesi. Il rischio è la non autenticità dei prodotti,<br />
sigarette finte con tabacco contaminato<br />
o non controllato. Proprio come fanno<br />
in Cina dove vengono copiate i pacchetti di<br />
Marlboro che poi vengono immessi nel circuito<br />
del contrabbando italiano. Secondo un<br />
rapporto della Banca mondiale, <strong>il</strong> 30% delle<br />
sigarette esportate cade nelle maglie del contrabbando.<br />
Il giro economico conta centinai<br />
di m<strong>il</strong>ioni di euro nel circuito <strong>il</strong>legale. Cifre da<br />
capogiro, che se veicolate in modo giusto potrebbero<br />
fruttare introiti tali da risanare <strong>il</strong> debito<br />
pubblico di un paese in difficoltà.
Dai beni confiscati opportunità di occupazione<br />
UniversitàdiM<strong>il</strong>anoeFondazioneper<strong>il</strong>Sudinsiemeinunprogetto<br />
di Andrea di Turi<br />
Forze dell’ordine e magistratura, imprenditori<br />
che denunciano <strong>il</strong> pizzo, giovani<br />
che manifestano la voglia di un<br />
altro mondo possib<strong>il</strong>e: le strade per lottare<br />
contro le mafie sono tante. Da circa<br />
un mese se n’è aggiunta un’altra: è <strong>il</strong><br />
Progetto per una produzione multimediale<br />
dedicata alle imprese che gestiscono<br />
beni confiscati alle mafie<br />
promosso dall’Università Iulm di M<strong>il</strong>ano<br />
con Agenzia per le Onlus, Libera e Fondazione<br />
per <strong>il</strong> Sud. È stato <strong>il</strong>lustrato per<br />
la prima volta a fine apr<strong>il</strong>e a Perugia alla<br />
presentazione del libro Beni confiscati<br />
alle mafie: <strong>il</strong> potere dei segni.<br />
“È un’iniziativa del master in giornalismo<br />
dello Iulm e nasce in collaborazione<br />
con l’Agenzia per le Onlus. Quando ho<br />
visto che l’Agenzia aveva fatto con Libera<br />
<strong>il</strong> censimento completo, <strong>il</strong> primo, di<br />
tutte le associazioni e imprese che lavorano<br />
sui beni confiscati alle mafie, ho<br />
proposto questo progetto da realizzare<br />
coi nostri allievi”. A dirlo è Angelo Agostini,<br />
docente di teorie e tecniche del<br />
linguaggio giornalistico e direttore<br />
scientifico di Ossigeno, l’osservatorio<br />
nazionale sui cronisti minacciati dalle<br />
mafie, tema su cui da tempo è impegnato.<br />
Il progetto è co-finanziato dalla Fondazione<br />
per <strong>il</strong> Sud e dallo stesso Iulm, ma<br />
altri sponsor potrebbero arrivare presto.<br />
«Realizzeremo tre prodotti, <strong>il</strong> primo<br />
e più importante – spiega - è un portale<br />
web multimediale con tutte le schede<br />
delle imprese e associazioni che lavorano<br />
sui beni confiscati alla mafia: andremo<br />
a fare dei servizi in una ventina<br />
di realtà differenti e definiremo un format<br />
multimediale. Poi realizzeremo un<br />
documentario televisivo per canali digitali<br />
o satellitari. Libera, poi, ci ha chiesto<br />
una versione corta del documentario<br />
per presentarlo nelle scuole».<br />
Oltre a confermare l’impegno dell’ateneo<br />
m<strong>il</strong>anese su temi r<strong>il</strong>evanti per la so-<br />
Dal Terzo Settore<br />
“Un progetto per informare<br />
sulle sempre più numerose<br />
realtàcheoffronoopportunità<br />
occupazionali ed economiche<br />
gestendo i beni confiscati alle<br />
mafie”<br />
cietà civ<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> progetto intende essere<br />
strumento di formazione per gli allievi,<br />
«ovviamente entusiasti – dice Agostini –<br />
perché una cosa del genere li emoziona.<br />
Ma soprattutto è importante che noi si<br />
possa dare, regalare questo lavoro a chi<br />
poi può continuare a farlo». L’intenzione,<br />
infatti, è quella di donare poi <strong>il</strong><br />
progetto, che dovrebbe essere ultimato<br />
entro luglio e presentato ufficialmente<br />
in autunno, a chi vorrà proseguirlo. «La<br />
cosa più interessante – conclude Agostini<br />
- è vedere quante sono ormai le imprese<br />
che offrono opportunità di lavoro<br />
ed economiche lavorando sui beni sequestrati<br />
alla mafia. Per questo a noi interessa<br />
realizzare e donare uno<br />
strumento d’informazione su questa realtà<br />
economica». E c’è da scommettere<br />
che nel lavoro i ragazzi trasferiranno <strong>il</strong><br />
loro entusiasmo, anch’esso un’arma<br />
fondamentale per costruire una cultura<br />
della legalità.<br />
73
Quando la malavita arriva sullo schermo<br />
Da Rosi a Damiani a Tornatore: quanti f<strong>il</strong>m sull’argomento<br />
di Cristiano Della Valle<br />
Da sempre, <strong>il</strong> cinema italiano si è distinto per<br />
la sua attenzione alla vita civ<strong>il</strong>e. Da sempre,<br />
registi di grande prestigio hanno portato<br />
sullo schermo i risvolti della società, anche<br />
quelli più commoventi; anche quelli più deteriori.<br />
Così a memoria, vengono in mente<br />
le tre trasposizioni di un dramma di Salvatore<br />
Di Giacomo, “Assunta Spina”. La prima<br />
è del 1915, quando <strong>il</strong> cinema era ancora<br />
muto. La divina (molto prima della Garbo)<br />
Francesca Bertini ne fu la splendida protagonista,<br />
con la regia di Gustavo Serena, che<br />
si riservò anche <strong>il</strong> ruolo di protagonista masch<strong>il</strong>e;<br />
ancora un’edizione senza sonoro nel<br />
1928, con Tina De Liguoro. Infine, nel 1948,<br />
l’edizione f<strong>il</strong>mata da Mario Mattoli, con una<br />
superba (la definizione è di Morando Morandini,<br />
ndr) Anna Magnani, affiancata da<br />
Eduardo e Titina De F<strong>il</strong>ippo. Una <strong>Napoli</strong> dolente<br />
e crudele, quella di questo f<strong>il</strong>m, con<br />
un’ambientazione che anticipa in qualche<br />
modo quelli che saranno i guasti di una certa<br />
malavita.<br />
Dal verismo di Di Giacomo al neorealismo<br />
del secondo dopoguerra, ad opera dei Rossellini,<br />
dei De Sica, dei Visconti, dei Lattuada,<br />
dei Germi e così via. In “Sciuscià”, anch’esso<br />
ambientato a <strong>Napoli</strong>, De Sica fa una violenta<br />
e tenerissima denuncia sociale.<br />
E’ dagli Anni Cinquanta che irrompe la tematica<br />
camorristica e mafiosa. L’atroce episodio<br />
di Portella della Ginestra venne<br />
ricordato da Francesco Rosi nel suo capolavoro<br />
“Salvatore Giuliano”. Il 1° maggio del<br />
‘47 si tornava a festeggiare la Festa del Lavoro,<br />
abolita dal regime fascista. A Portella<br />
della Ginestra si riunirono 2.000 lavoratori,<br />
in prevalenza contadini, che manifestavano<br />
contro <strong>il</strong> latifondo. All’improvviso, dalle colline<br />
circostanti, partirono raffiche di mitra.<br />
Tragico <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio: 11 morti (di cui 2 bambini)<br />
e 27 feriti. Mesi dopo si seppe che a<br />
sparare erano stati gli uomini del bandito<br />
Salvatore Giuliano, legato ad ambienti politici<br />
e mafiosi. Rosi con grande maestria racconta<br />
la storia di Giuliano, fino alla<br />
misteriosa morte, attribuita al suo braccio<br />
Cinema<br />
“Le vittime di camorra e<br />
mafia, da Falcone a Livatino<br />
a Dalla Chiesa, ricordate in<br />
opere che resteranno nella<br />
storia della cinematografia<br />
mondiale”<br />
destro Gaspare Pisciotta. Che poi, qualche<br />
anno dopo, nel carcere dell’Ucciardone<br />
venne avvelenato, dopo la sua minaccia di<br />
rivelare i veri mandanti della strage.<br />
Con “Salvatore Giuliano” si apre un f<strong>il</strong>one<br />
che non accenna ancora oggi ad esaurirsi.<br />
Ma che, anzi, è diventato un vero e proprio<br />
“genere”, grazie, purtroppo, al d<strong>il</strong>agare sempre<br />
più preoccupante della criminalità organizzata.<br />
Sempre del regista napoletano, che<br />
nell’apr<strong>il</strong>e scorso è stato colpito da un doloroso<br />
lutto, con la perdita drammatica della<br />
moglie Giancarla Mandelli, da segnalare “La<br />
sfida” e “I magliari”, entrambi girati prima di<br />
“Salvatore Giuliano, e “Le mani sulla città” ,<br />
75
“NeglianniVenti,laprimissima<br />
pellicola Assunta Spina. Con<br />
Salvatore Giuliano di Rosi,<br />
siapreunf<strong>il</strong>onecheancoraoggi<br />
rimaneattualissimo”<br />
del ‘63. Seguiranno “Il caso Mattei“ e “Lucky<br />
Luciano”, rispettivamente del ‘72 e del ‘73.<br />
Si tratta di f<strong>il</strong>m in cui la denuncia dei crimini<br />
di camorra e mafia è indiretta, anche se, ne<br />
“La sfida”, a far da protagonista è la camorra<br />
degli ortomercati. La trama è ispirata a un<br />
episodio vero, la storia di Pascalone ‘e Nola,<br />
ucciso dai camorristi, e di Pupetta Maresca,<br />
che ne vendicherà la morte.<br />
Con Francesco Rosi, un altro regista merita<br />
un ruolo di primo piano nella cinematografia<br />
antimafiosa: Damiano Damiani. Con “Il<br />
giorno della civetta”, tratto da un romanzo<br />
di Leonardo Sciascia, inizia una serie di pellicole<br />
tutte caratterizzate dallo stesso tema di<br />
fondo. Da ricordare, fra le altre, “Confessione<br />
di un commissario di polizia al procuratore<br />
della Repubblica”; “L’istruttoria è<br />
chiusa: dimentichi”; “Un uomo in ginocchio”;<br />
“Come si uccide un magistrato”; “Pizza connection”;<br />
“L’inchiesta”. Infine, lo sceneggiato<br />
tv “La piovra”.<br />
Tre sono i f<strong>il</strong>m di Giuseppe Ferrara sull’argomento.<br />
Il primo è “Il sasso in bocca”, sulle<br />
collusioni fra mafia e Cosa Nostra. Seguono<br />
“Cento giorni a Palermo” ispirato alla storia<br />
del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso<br />
insieme con la giovane moglie, Emanuela<br />
Setti Carraro; infine, “Giovanni<br />
Falcone”, sulla vita e la morte del magistrato,<br />
fatto saltare in aria con la consorte,<br />
Francesca Morv<strong>il</strong>lo, e tre uomini della scorta.<br />
Nel 1986, Giuseppe Tornatore gira “Il camorrista”,<br />
tratto dal romanzo omonimo di<br />
Giò Marrazzo e ispirato alla vita di Raffaele<br />
Cutolo e della sorella Rosetta.<br />
Di Alessandro di Rob<strong>il</strong>ant , nel ‘93, è “Il giudice<br />
ragazzino”. Racconta quasi con tenerezza<br />
la storia del magistrato sic<strong>il</strong>iano<br />
Rosario Livatino, giovane e coraggioso. Pagherà<br />
con la vita la sfida alla mafia.<br />
Due magnifici f<strong>il</strong>m nel 2.000. Il primo è “I<br />
cento passi” di Marco Tullio Giordana. Il regista<br />
narra con commozione e intensa par-<br />
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Cinema<br />
tecipazione la vita di Peppino Impastato.<br />
Un’opera che è stata definita “un atto di resistenza”.<br />
Trucidato nel maggio del ‘78, occorreranno<br />
vent’anni perché <strong>il</strong> cosiddetto<br />
incidente (Impastato venne legato a un binario<br />
e fatto saltare con 6 ch<strong>il</strong>i di tritolo) trovasse<br />
un colpevole con l’incriminazione di<br />
Tano Badalamenti, mandante presunto dell’assassinio.<br />
Il secondo è “Placido Rizzotto”, di Pasquale<br />
Scimeca: vita e morte del sindacalista in lotta<br />
con la mafia corleonese. Il sicario fu Luciano<br />
Liggio, destinato a diventare uno dei più potenti<br />
boss di mafia.<br />
Infine, nel 2003, Stefano Incerti dirige “Segreti<br />
di Stato”, tratto dal libro di Salvatore<br />
Parlagreco. Argomento, la tormentata esistenza<br />
del primo pentito di mafia, Leonardo<br />
Vitale. Pagherà le sue rivelazioni col carcere,<br />
col manicomio, fra le cui mura diventa un relitto<br />
umano, e, infine, una volta uscito, con<br />
la vita.
La parola contro la<br />
Camorra<br />
di Valeria Rega<br />
Affrontare <strong>il</strong> tema della criminalità organizzata<br />
focalizzando l’attenzione sul potere della<br />
parola è <strong>il</strong> tentativo di Roberto Saviano con <strong>il</strong><br />
suo terzo libro “La parola contro la camorra”.<br />
Questa pubblicazione, raccolta in un cofanetto<br />
e corredata da un DVD, ripropone due<br />
interviste dell’autore, che nel libro si intitolano<br />
rispettivamente “Una luce costante” e<br />
“Così parla la mia terra”. La prima è una ripresa<br />
video registrata nell’ottobre del 2009,<br />
mentre la seconda è la puntata del 25 marzo<br />
2009 di Che tempo che fa, <strong>il</strong> programma televisivo<br />
condotto da Fabio Fazio, del quale fu<br />
ospite.<br />
Saviano, attingendo alle basi della semantica,<br />
accende i riflettori sulla parola, identificandola<br />
con lo strumento più efficace per cambiare<br />
lo status delle cose e mutare <strong>il</strong> corso<br />
degli avvenimenti.<br />
La parola, dunque, come presenza, peso, visib<strong>il</strong>ità,<br />
impegno, come scelta consapevole di<br />
non tacere per esserci, come coraggio di raccontare<br />
per denunciare. Questo è <strong>il</strong> potere<br />
della parola, un potere ben noto anche alla<br />
criminalità organizzata che, quando non lo<br />
teme, lo usa essa stessa per diffamare, calunniare,<br />
per anestetizzare ed assuefare i cittadini,<br />
per autocelebrarsi ed affermarsi.<br />
Parte da qui Saviano per arrivare poi, nella seconda<br />
parte del libro, a decodificare l’intimo<br />
meccanismo che lega i quotidiani locali alle<br />
organizzazioni criminali in Campania, con<br />
l’obiettivo di mostrare in che modo la manipolazione<br />
del linguaggio devia l’attenzione dai<br />
reali fatti di cronaca e ridefinisce, dunque, <strong>il</strong><br />
senso di ciò che viene raccontato. A sostegno<br />
della sua tesi, è raccolta nel libro una selezione<br />
di immagini: le prime pagine dei quotidiani<br />
locali, gli articoli di cronaca, le foto degli<br />
agguati, gli scatti rubati ai funerali delle vittime…frammenti<br />
che svelano i retroscena dell’antisocietà.<br />
Un velo di romanticismo e un po’ di retorica<br />
pervadono questo testo, arricchito, però,<br />
dagli scritti e dagli approfondimenti di: Walter<br />
Siti, Aldo Grasso, Paolo Fabbri e Benedetta<br />
Tobagi.<br />
Cinema<br />
Leggiamo la malavita<br />
Non solo Gomorra di Roberto Saviano e Il<br />
Camorrista di Giuseppe Marrazzo. Purtroppo<br />
la camorra continua a far parlare di<br />
sé, ieri come oggi. Per conoscere e approcciarsi<br />
meglio al problema ci sono una<br />
serie di libri che bisognerebbe leggere.<br />
Partendo dalle origini, o quasi. Nel 1907<br />
Ferdinando Russo ed Ernesto Serao scrivono<br />
per Bideri editore “La camorra. Origini,<br />
usi, costumi e riti dell’annorata<br />
soggietà”. Se proprio non si vuole andare<br />
così a ritroso nel tempo, ci si può affidare<br />
a Gigi Di Fiore e al suo “La Camorra e le sue<br />
storie” edizioni Utet. Vittorio Palliotti in<br />
“Storia della camorra” affronta <strong>il</strong> tema con<br />
una serie di aneddoti e storie di camorristi<br />
e guappi famosi, rendendo l’argomento<br />
paradossalmente “piacevole”. Un approccio<br />
più sociologico al tema lo si trova ne<br />
“Le strade della violenza” di Isaia Sales,<br />
analisi della camorra di città e di provincia.<br />
Marcello Ravveduto in “<strong>Napoli</strong>, serenata<br />
calibro 9” tratta dei rapporti tra neomelodici<br />
e malavita organizzata. Per conoscere<br />
i prof<strong>il</strong>i criminali di grandi personaggi della<br />
camorra bisogna invece leggere “I leoni di<br />
marmo”, una sorta di autobiografia di Giuseppe<br />
Misso, boss indiscusso del Rione Sanità<br />
o in alternativa l’altra autobiografia di<br />
Mario Savio. camorrista dei quartieri spagnoli<br />
“la Malavita”. Un discorso a parte<br />
merita “O’ malommo” di Mino Jouakim,<br />
biografia dell’ultima carta di tressette della<br />
<strong>Napoli</strong> malavitosa del dopoguerra.<br />
La parola contro la cammora, di Roberto Saviano<br />
Il camorrista, di Giuseppe Marrazo<br />
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Recensioni<br />
Quei petali di vita<br />
di Diego Simonelli<br />
…Spargiamo questi”petali di vita” su questa<br />
tua terra, bagnata di lacrime e sangue ma che<br />
tu amavi tanto, che non hai mai voluto abbandonare<br />
perché dicevi che qui qualcosa<br />
“poteva e doveva cambiare”.Con questa<br />
frase si chiude la raccolta di testimonianze<br />
con le quali gli autori, Leandro Limoccia e Marisa<br />
Diana, hanno tratteggiato la vita di Don<br />
Giuseppe Diana, sacerdote ucciso dalla camorra<br />
nella sua parrocchia di Casal di Principe<br />
nel giorno del suo onomastico del 1994.<br />
I contributi richiesti dagli autori alle persone<br />
vicine al sacerdote diventano lettere, pagine<br />
di diario, trascrizione di colloqui. I ricordi di<br />
amici, parenti e compagni di viaggio, si alternano<br />
tra le pagine a numerose foto, scatti<br />
“da album di famiglia”, ingialliti, talvolta sfocati,<br />
che contribuiscono all’intimismo ed alla<br />
“essenzialità” del libro stesso. Il libro trasuda<br />
l’amore, <strong>il</strong> dolore, la rabbia delle persone che<br />
hanno condiviso parte del loro cammino con<br />
Peppino Diana. Amore e dolore espressi con<br />
la semplicità ed l’immediatezza di una raccolta<br />
di ricordi, di sprazzi di vita. Ricordi semplici,<br />
teneri, delicati, pezzi di un puzzle,<br />
pennellate, frammenti, petali di vita.<br />
Petali di Vita, a cura di Leonardo<br />
Limoccia e Marisa Diana<br />
Seiannifa<strong>il</strong>sacrificiodi<br />
don Diana<br />
di Elena Scarci<br />
«La sua è una morte che profuma di vita perché<br />
alimenta la speranza, aiuta le persone a<br />
costruire percorsi capaci di accogliere e includere<br />
chi è in difficoltà». È la frase con cui i<br />
genitori di don Peppino Diana, <strong>il</strong> sacerdote<br />
ucciso per mano della camorra sedici anni fa,<br />
nella sagrestia della sua parrocchia a Casal di<br />
Principe, ricordano <strong>il</strong> figlio. Era <strong>il</strong> 19 marzo<br />
2004. Cinque colpi sparati da due k<strong>il</strong>ler andarono<br />
tutti a segno, don Peppino morì all’istante.<br />
Erano gli anni del dominio assoluto<br />
della camorra casalese, legata principalmente<br />
al boss Francesco Schiavone.<br />
Assistente ecclesiastico degli Scout, insegnante<br />
di liceo, segretario dell’allora vescovo<br />
di Aversa, Gazza, don Peppino era soprattutto<br />
un parroco che amava la gente. Dall’altare<br />
gridava l’amore per <strong>il</strong> suo popolo. Lui<br />
voleva contribuire a costruire delle comunità<br />
senza più camorra. Insegnava ai ragazzi a non<br />
tradire mai le proprie idee e a non barattare<br />
mai la propria dignità. Nel suo nome, su iniziativa<br />
di Libera, è nata la cooperativa “Le<br />
Terre di Don Peppe Diana - Libera Terra”, che<br />
gestisce un caseificio sui terreni confiscati alla<br />
camorra nei comuni di Cancello ed Arnone,<br />
Carinola, Castel Volturno, Pignataro Maggiore<br />
e Teano.<br />
Il suo impegno civ<strong>il</strong>e e religioso contro la camorra<br />
ha lasciato un profondo segno nella società<br />
campana. Don Diana ha lasciato, tra<br />
l’altro, un testamento spirituale: la lettera Per<br />
amore del mio popolo non tacerò, diffusa a<br />
Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di<br />
Principe e dintorni, insieme ai parroci della<br />
zona, un manifesto dell’impegno contro <strong>il</strong> sistema<br />
criminale. Si legge tra l’altro: «Le nostre<br />
Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di<br />
indicazioni articolate per impostare coraggiosi<br />
piani pastorali, aderenti alla nuova realtà;<br />
ai preti nostri pastori e confratelli<br />
chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed<br />
in tutte quelle occasioni in cui si richiede una<br />
testimonianza coraggiosa».<br />
Per tutti è un esempio di sacerdote che ha<br />
dato la vita per la sua gente, da imitare, da ricordare<br />
e, perché no, da santificare.