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Direttore editoriale<br />

Giuseppe Ambrosio<br />

Direttore responsab<strong>il</strong>e<br />

Luca Mattiucci<br />

Vice direttore<br />

Rosario Pastore<br />

Caporedattore<br />

Walter Medolla<br />

In redazione<br />

Valeria F. Castaldo<br />

Giuseppe Manzo<br />

Luca Romano<br />

Corrispondenti<br />

Gianni di Lascio - M<strong>il</strong>ano<br />

Cristiana Guccinelli - Firenze<br />

Segreteria di redazione<br />

Valeria Rega<br />

Graphic editor<br />

Giuseppina Vitale<br />

Impaginazione<br />

Renato Caneschi<br />

Editing<br />

Paparo Edizioni<br />

Hanno collaborato<br />

Mariangela Barberisi, Chiara Centrella, Sofia Curcio,<br />

Beniamino Daniele, Lara Darvanni, Elena<br />

Defeo, Giulia Dell’Acqua, Cristiano Della Valle,<br />

MattiadiCola,AndreadiTuri,FrancescoGravetti,<br />

FrancescoHeigel,GianniLannes,RaffaellaMaffei,<br />

ChiaraMarasca,IdaPalisi,VanniPietrini,Vincenzo<br />

Pinelli, Maria Pirro, Elena Scarici, Diego Simonelli,<br />

Piero Sorrentino, Ilaria Urbani, Maria Vitelli<br />

Contributi di<br />

Francesco Barbagallo, Marco De Marco, FrancescoForgione,GiampaoloLongo,MarcelloRavveduto,<br />

Isaia Sales, Alex Zanotelli<br />

Redazione<br />

CDN Is. E1 – 80143 <strong>Napoli</strong><br />

Tel.081/5624666<br />

e-ma<strong>il</strong>: redazione@comunicare<strong>il</strong>sociale.net<br />

In copertina<br />

Gli arcoli firma possono non rappresentare la linea<br />

editoriale, ma per una più ampia e completa informazione,<br />

vengono pubblicate anche le opinioni non condivise<br />

L’editore autorizza la riproduzione dei tes e delle immagini<br />

a pao che non vengano ulizzate per finalità di<br />

lucro ed in ogni caso citando la fonte<br />

Questa rivista retribuisce i propri collaboratori nel rispeo<br />

dell’ulmo tariffario dell’Ordine Nazionale dei<br />

Giornalis<br />

Finito di stampare <strong>il</strong> 20 maggio 2010 presso la Paparo Edizioni<br />

s.r.l., Via Vannella Gaetan, 27 80121 <strong>Napoli</strong><br />

Copie stampate 120000<br />

Periodico di approfondimento distribuito in allegato<br />

gratuito al n° 21 del semanale See gruppo COR-<br />

RIERE DELLA SERA<br />

Edito da<br />

Centro Direzionale di <strong>Napoli</strong><br />

Isola E1 piano 1° int. 2<br />

80143 – <strong>Napoli</strong><br />

Tel. 081/5628474 Fax. 081/5628570<br />

www.csvnapoli.it<br />

Testata giornalisca in aesa di registrazione presso <strong>il</strong> Tribunale di <strong>Napoli</strong><br />

1


2<br />

16<br />

19<br />

24<br />

36<br />

40<br />

Sommario<br />

Editoriali<br />

5 Ci stiamo assuefacendo alle mafie<br />

di Luca Mattiucci<br />

5 Il “capitale inciv<strong>il</strong>e” che grava sul Mezzogiorno<br />

di Marco De Marco<br />

6 L’incognita del futuro e la questione morale<br />

di Giuseppe Ambrosio<br />

7 Intercettazioni: <strong>il</strong> d<strong>il</strong>emma del cronista<br />

di Giampaolo Longo<br />

Contributi<br />

8 Mafia connection: un impero globale<br />

di Francesco Forgione<br />

10 Lo strano connubio tra mafia e chiesa<br />

di Isaia Sales<br />

12 Le reti criminali e <strong>il</strong> controllo dell’economia<br />

di Francesco Barbagallo<br />

14 Rione Sanità, giovani a lavoro contro <strong>il</strong> degrado<br />

di Alex Zanotelli<br />

15 Camorra online, spopola su “Youtube”<br />

di Marcello Ravveduto<br />

Lo Speciale<br />

16 “C’è un’aria strana, sembra la stessa del ‘92”<br />

Intervista a Massimo Ciancimino<br />

di Luca Mattiucci<br />

Inchieste<br />

19 Alleanze criminali dietro le sbarre<br />

di Piero Sorrentino<br />

22 Dal Centro al Nord la mappatura delle mafie<br />

di Lara Darvanni<br />

24 Quando la n’drangheta si sposta al Nord Italia<br />

di Gianni di Lascio<br />

30 Gli imprenditori vessati dallo strozzinaggio<br />

di Beniamino Daniele<br />

32 Trent’anni fa nasceva in Puglia la Sacra Corona Unita<br />

Di Walter Medolla<br />

News<br />

34 Combattere l’usura, ci sono anche gli studenti<br />

di Elena Defeo<br />

Interviste<br />

36 Genchi, sospeso dal servizio rischia la destituzione<br />

di Mattia di Cola<br />

38 “Vi spiego come è cambiata Cosa Nostra”<br />

di Giulia Dell’Acqua<br />

40 Ingroia: “Viviamo in emergenza democratica”<br />

di Rosario Pastore<br />

42 ”Non giriamo le spalle a chi chiede aiuto”<br />

di Mariangela Barberisi


44<br />

46<br />

53<br />

57<br />

77<br />

44 E’ dura ed esaltante l’eredità di Peppino<br />

di Ida Palisi<br />

46 “Io una toga rossa? Difendo solo la Costituzione”<br />

di Rosario Pastore<br />

48 Tano Grasso: “Mai isolare chi denuncia”<br />

di Vincenzo Pinelli<br />

Brevi<br />

50 Radio Onda pazza a rischio chiusura<br />

di Ilaria Urbani<br />

Esteri<br />

53 La mano lunga della ‘ndrangheta in Germania<br />

di Chiara Centrella<br />

55 La criminalità che viene dall’Est Europa<br />

di Giuseppe Manzo<br />

Italia<br />

57 Gli altri Saviano, cronisti impegnati e minacciati<br />

di Luca Romano<br />

59 Le donne e la camorra, pentite o first lady?<br />

di Chiara Marasca<br />

61 Inf<strong>il</strong>trazioni mafiose e <strong>il</strong>legalità in Toscana<br />

di Cristiana Guccinelli<br />

62 La Sic<strong>il</strong>ia dica addio al bosco di Ficuzza<br />

di Gianni Lannes<br />

64 Comuni Sciolti: come gli zombie a volte tornano<br />

di Francesco Gravetti<br />

Dal territorio<br />

67 I nuovi sommergib<strong>il</strong>i della camorra<br />

di Francesco Heigel<br />

68 “Quella Preside è come una terrorista”<br />

di Raffaella Maffei<br />

70 Beni confiscati : tante le esperienze positive<br />

di Maria Pirro<br />

72 Il ritorno delle sigarette di contrabbando<br />

di Walter Medolla<br />

Terzo Settore<br />

73 Dai beni confiscati l’opportunità di occupazione<br />

di Andrea di Turi<br />

Cinema<br />

75 Quando la malavita arriva sullo schermo<br />

di Cristiano Della Valle<br />

Libri<br />

77 La parola contro la camorra<br />

di Valeria Rega<br />

77 Leggiamo la malavita<br />

di Sofia Curcio<br />

78 Petali di Vita<br />

di Diego Simonelli<br />

78 Sei anni fa <strong>il</strong> sacrificio di Don Diana<br />

di Elena Scarici<br />

3


4<br />

Vignette


Ci samo assuefacendo alle mafie<br />

di Luca Maucci<br />

Erano gli anni ’90 quando <strong>il</strong> nome della mafia, della camorra, della n’drangheta,<br />

della sacra corona unita iniziarono a circolare “liberamente”. Parlarne<br />

sembrava sortire effetti miracolosi. Il solo poter pronunciare<br />

liberamente le sigle delle mafie era già di per sé strumento di lotta efficace.<br />

La mafia uccideva chi tentava di smascherarla. Le fiaccolate erano<br />

pura società civ<strong>il</strong>e che insorge. Poi, come spesso accade, l’abitudine si fa<br />

strada fino a spegnere qualsiasi accesso di entusiasmo o di indignazione, le<br />

fiaccolate perdono d’intensità, di forza, divengono routine. Ci restano solo<br />

comunicati d’agenzia e dichiarazioni ster<strong>il</strong>i provenienti dai più svariati<br />

mondi: dalla letteratura alla politica, dalla Chiesa al giornalismo, dall’associazionismo<br />

all’imprenditoria. Tutti sono contro le mafie. Eppure <strong>il</strong> livello di<br />

corruzione, la diffusione della criminalità micro e macro, l’<strong>il</strong>legalità spic-<br />

Il “capitale inciv<strong>il</strong>e” che grava sul Mezzogiorno<br />

di Marco De Marco<br />

L’ingranaggio della lotta istituzionale alle mafie, finalmente, ha incominciato<br />

a funzionare. Recenti notizie provenienti dalla Sic<strong>il</strong>ia, dal Casertano e<br />

dall’area vesuviana della provincia napoletana, infatti, mostrano come, in<br />

presenza di una strategia e di una coerente volontà politica, sia possib<strong>il</strong>e ottenere<br />

importanti risultati. Latitanti arrestati, confische di beni mafiosi in<br />

aumento, sperimentazione di nuovi modelli di collaborazione tra amministrazione<br />

comunali, commercianti vessati dal racket e forze dell’ordine sono<br />

gli ingredienti di una ricetta che inizia a dare i suoi frutti. Ma se su questo<br />

fronte si fanno significativi progressi, c’è un altro terreno sul quale <strong>il</strong> Sud Italia<br />

continua a camminare all’indietro. Mentre cresce l’impegno istituzionale<br />

contro la criminalità organizzata, aumenta, purtroppo, anche <strong>il</strong> deficit<br />

di “capitale civ<strong>il</strong>e” che affligge <strong>il</strong> Mezzogiorno. Le nostre università, segnala<br />

Editoriali<br />

LucaMaucci,direoreresponsab<strong>il</strong>ediComunicare<strong>il</strong><br />

Sociale<br />

ciola quella che ciascuno di noi pratica quotidianamente, <strong>il</strong> clientelismo, divengono ordinaria amministrazione.<br />

La verità è che ci si è abituati all’idea di Mafia, di <strong>il</strong>legalità, di corruzione. A<br />

vent’anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio le Mafie hanno imparato una volta e per tutte la<br />

regola del s<strong>il</strong>enzio. Non per questo hanno smesso di perpetuarsi incancrenendo buona parte<br />

della società. Sono necessarie azioni concrete a qualunque livello. Ai giornalisti <strong>il</strong> compito della<br />

pubblica denuncia, alla società civ<strong>il</strong>e l’agire concreto. Tra <strong>il</strong> dire ed <strong>il</strong> divenire, in attesa dello<br />

Stato, in attesa di un noi che abbiamo smarrito <strong>il</strong> rischio è divenire mafia senza neppure accorgersene.<br />

Marco De Marco, direore<br />

Corriere del Mezzogiorno<br />

l’Istat, diventano sempre meno attrattive, la qualità media della scuola delle regioni meridionali,<br />

ribadiscono indagini internazionali e locali, è più scadente di quella del Nord. Decine e decine di<br />

persone, a <strong>Napoli</strong> come a Reggio Calabria, inveiscono contro le forze dell’ordine e inneggiano ai<br />

boss nel momento del loro arresto. E ancora, interi quartieri napoletani, dove pure si sono ottenuti<br />

successi investigativi e indebolimento dei gruppi criminali, e penso al centralissimo rione<br />

Sanità o alla periferica Ponticelli, continuano ad attendere interventi di riqualificazione ambientale<br />

e sociale mai pronti. Manca, insomma, tanto a livello locale quanto nazionale, una strategia<br />

di costruzione di quel capitale civ<strong>il</strong>e, di quella rete sociale indispensab<strong>il</strong>e per rendere più<br />

duraturi e davvero incisivi sul territorio i risultati ottenuti negli ultimi anni nel contrasto al crimine<br />

organizzato.<br />

5


L’incognita del futuro e la quesone morale<br />

La sfiducia della gente cresce come <strong>il</strong> senso d’impunitàdi<br />

Giuseppe Ambrosio*<br />

Sarà <strong>il</strong> 2010 ricordato come l’anno della rinascita della questione morale? Sarà la storia<br />

a dircelo. Quel che è certo è che non c’è un bel clima in Italia, con <strong>il</strong> fiorire di alcuni<br />

scandali che sembrano interessare i più alti livelli della politica, dell’imprenditoria, e<br />

squarciano <strong>il</strong> velo di patinata ipocrisia che dagli anni ’90 ad oggi aveva coperto l’emergenza<br />

corruzione che purtroppo è connaturata al nostro Paese. Di fronte alla marea<br />

montante di notizie sempre più incredib<strong>il</strong>i che rivelano come nella vita pubblica la corruzione<br />

non sia mai scomparsa, anzi sia più fiorente che mai, <strong>il</strong> cittadino comune avverte<br />

sempre più bisogno di legalità. Saranno le associazioni, la cosiddetta società<br />

civ<strong>il</strong>e l’ultimo baluardo di legalità? Si direbbe di sì, guardando <strong>il</strong> fiorire di iniziative,<br />

specchio che riflette una vitalità ed una voglia di legalità che la società esprime, a volte<br />

urla, ed a cui la politica non riesce, non sa dare risposta. Anzi, si ha sempre di più l’impressione<br />

che la politica non sia affatto sintonizzata con gli umori del cittadino, anzi<br />

viaggi su frequenze completamente differenti. Certo tutto si poteva immaginare qualche<br />

anno fa, ma non che un governo di destra – almeno così si dichiara – fosse <strong>il</strong> promotore<br />

di un consistente indebolimento degli strumenti giuridici per combatterela<br />

criminalità e i reati.E non si tratta solo dei perversi effetti di qualche norma pensata<br />

per venire incontro all’esigenza giudiziaria del singolo, ma anche e soprattutto nel non<br />

fornire o nel sottrarre i mezzi necessari a chi deve assicurare <strong>il</strong> rispetto delle norme,<br />

la civ<strong>il</strong>e convivenza, prevenire <strong>il</strong> crimine, amministrare la giustizia.E se lo Stato non<br />

riesce ad assicurare giustizia, <strong>il</strong> senso di impunità fa sì che da un lato che la sfiducia ed<br />

<strong>il</strong> disincanto della gente aumenti, dall’altro che crolli l’effetto deterrente della pena<br />

con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Del resto, se la percezione dell’<strong>il</strong>legalità<br />

sfiora addirittura lo Stato, o chi lo incarna, che produce norme ad hoc per giustificare<br />

l’infrazione delle regole, e magari negare ai cittadini diritti riconosciuti da<br />

altissimi tribunali dello stesso Stato – parlo del decreto ‘interpretativo’ salva liste, ma<br />

anche della scandalosa soluzione trovata per negare ai cittadini <strong>il</strong> rimborso del canone<br />

di depurazione delle acque reflue, e di quella analoga che si sta trovando per neutralizzare<br />

la sentenza sull’Iva da restituire sulla tassa rifiuti – allora <strong>il</strong> comune cittadino<br />

sente montare un senso di sconcerto. Se addirittura lo Stato plasma delle leggi per sanare<br />

le sue <strong>il</strong>legalità, dove andremo a finire? La domanda dell’uomo della strada non<br />

è peregrina, solo un f<strong>il</strong>o populista, ma aderente al vero.Ed allora quello che la gente<br />

chiede è quello che non trova nella vita pubblica attuale: rigore morale, rispetto dei diritti,<br />

tempestività nel reprimere i reati, certezza della pena; in una parola legalità,<br />

senza ombre, su nessuno, senza incrinature, su niente. Senza infingimenti, perché questo<br />

è uno dei parametri su cui si misura <strong>il</strong> livello di civ<strong>il</strong>tà di una società.<br />

6<br />

Editoriali<br />

*direttore editoriale di Comunicare <strong>il</strong> Sociale


Interceazioni: <strong>il</strong> d<strong>il</strong>emma del cronista<br />

Sono uli alla verità ma pericolose per la “privacy”<br />

di Giampaolo Longo<br />

Editoriali<br />

“Signor giudice, ho delle dichiarazioni da fare sull’omicidio di Giancarlo Siani”. Era <strong>il</strong><br />

1993 quando grazie alle dichiarazioni di Salvatore Migliorino, pentito del clan Gionta<br />

di Torre Annunziata, si accendeva la luce decisiva su un grande mistero italiano: la<br />

morte del cronista del “Mattino” Giancarlo Siani. Chi scrive seguì passo dopo passo lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo in picchiata dell’inchiesta: le dichiarazioni degli altri pentiti, le indagini tenaci<br />

dell’allora pm Armando D’Alterio, le intercettazioni ambientali e telefoniche nei<br />

confronti degli aff<strong>il</strong>iati al clan.<br />

Tre anni dopo, un’altra inchiesta, un altro processo: una delle tante storiacce di tangentopoli<br />

in provincia, uno dei tanti funzionari Asl arrestato per corruzione. “Lo avete<br />

giustiziato voi, con i vostri articoli, con tutte quelle dichiarazioni riportate dai giornali,<br />

con tutte quelle intercettazioni raccontate per f<strong>il</strong>o e per segno. Ma che c’entrano i nostri<br />

fatti di famiglia riportati pari pari sui vostri fottuti giornali?”. Le parole del figlio<br />

di quel funzionario mi inchiodarono: avevo seguito tutte le fasi delle indagini e io,<br />

come altri colleghi, avevo scritto l’impensab<strong>il</strong>e su quell’uomo, i suoi affari, i suoi colloqui<br />

di lavoro, le sue faccende private – anche quelle che con l’inchiesta non avevano<br />

nulla a che fare.<br />

Sono passati diciassette anni da quelle intercettazioni telefoniche sul caso Siani che<br />

mi riempirono d’orgoglio e sono passati quattordici anni da quei colloqui spiati di quel<br />

funzionario che ancora mi procurano un’ombra di vergogna.<br />

Oggi è passata tanta acqua sotto i ponti della giudiziaria, eppure le intercettazioni restano<br />

come pietra dello scandalo: sono ut<strong>il</strong>i a scoprire tangenti e accordi sottobanco<br />

destinati altrimenti a rimanere ignoti o sono devastanti perché – a meno che non si<br />

tratti di mafiosi inveterati e incalliti- rovinano famiglie, reputazioni, carriere?<br />

Dico subito che la legge che si prepara sulle nostre teste non mi piace. Pur ammettendo,<br />

come ho appena fatto, raccontando un’esperienza professionale di tanti anni fa,<br />

che ci sono state sbavature, forzature, ossessioni da cronisti giustizieri, dico che questa<br />

legge, con l’ipotesi del carcere per chi riporta brani intercettati, con la stretta sulle<br />

indagini che riduce <strong>il</strong> campo di applicazione di questo strumento investigativo, mi sembra<br />

una scelta peggiore del problema. La storia lo insegna ma purtroppo sembra che<br />

non si voglia capirlo: vietare non serve a risolvere, blindare non basta per impedire<br />

scassinamenti. Questo però non significa che chi scrive può scrivere tutto e <strong>il</strong> contrario<br />

di tutto in nome della libertà di stampa, sbandierata solo quando ci serve come un<br />

totem. Credo che noi giornalisti, la categoria intendo, e innanzitutto l’Ordine che in<br />

tanti vorrebbero eliminare, daremmo una buona prova di noi stessi e della nostra credib<strong>il</strong>ità<br />

– che non viaggia certo su alti valori – se ci dessimo delle regole, se stab<strong>il</strong>issimo<br />

una volta per tutte confini (reali) e sanzioni (vere) per chi non vuole informare, ma<br />

vuole l’inciucio, <strong>il</strong> disonore dell’indagato di turno, <strong>il</strong> fango nel vent<strong>il</strong>atore ut<strong>il</strong>e per annebbiare<br />

colpe e responsab<strong>il</strong>ità in un mare di veleni. E dobbiamo fare presto, non solo<br />

perché ne va del nostro futuro e della sorte della notizia in quanto tale ma perché i politici<br />

– di qualunque matrice essi siano – gongolano al solo pensiero di punirci, di sanzionarci,<br />

di metterci in riga. Non facciamo loro questo favore.<br />

7


Mafia connecon: un impero globale<br />

Le holding del malaffare si estendono fino in Australia<br />

di Francesco Forgione<br />

C’è una dimensione della presenza e della natura<br />

delle mafie italiane che continua ad essere<br />

sottovalutata nell’analisi della sua<br />

diffusione e pericolosità e per questo inadeguatamente<br />

contrastata e combattuta. E’ la<br />

dimensione internazionale e <strong>il</strong> suo salto di<br />

qualità prodotto negli ultimi anni. Eppure,<br />

proprio la presenza diffusa e ramificata delle<br />

mafie italiane in Europa e nel mondo dovrebbe<br />

farci interrogare, ben al di là degli<br />

aspetti più prettamente “criminali” e giudiziari,<br />

sulla natura delle mafie oggi e sul loro<br />

peso in un’economia senza confini nazionali e<br />

in una finanza globale senza controlli e vincoli<br />

reali di trasparenza.<br />

Si tratta di una delle facce del processo di globalizzazione<br />

e delle politiche liberiste degli ultimi<br />

decenni.<br />

Lo scorso anno, in preparazione del G8 de<br />

L’Aqu<strong>il</strong>a, le principali potenze economiche<br />

mondiali dichiararono in pompa magna<br />

guerra ai “paradisi fiscali”. Dopo un anno, ancora<br />

si attende che venga st<strong>il</strong>ata la lista nera<br />

dei paesi-cassaforte dei capitali <strong>il</strong>leciti di tutto<br />

<strong>il</strong> mondo. Ovviamente l’ostacolo non è rappresentato<br />

solo dalla forza di pressione che i<br />

rappresentanti della finanza nera delle diverse<br />

mafie hanno sui governi e sulle istituzioni<br />

internazionali, quanto dal fatto che<br />

assieme ai capitali accumulati dalle mafie e<br />

dai grandi cartelli del narcotraffico, negli<br />

stessi “paradisi” si trovano i capitali prodotti<br />

dalla corruzione politica, dalle grandi speculazioni<br />

finanziarie e dal saccheggio spregiudicato<br />

e <strong>il</strong>legale delle risorse mondiali in un<br />

mercato senza regole.<br />

Del resto la forza economica del narcotraffico<br />

incide sulla politica, sulle istituzioni e sull’economia<br />

di decine e decine di paesi, dall’America<br />

Latina all’Africa all’Estremo Oriente, e<br />

alcuni di questi si configurano come dei veri e<br />

propri “narco-stati”. Da diversi anni, ormai,<br />

non è più un problema di piccoli paesi produttori<br />

di coca: quello che negli anni ’80 e ’90<br />

del secolo scorso accadeva in Colombia, ora<br />

avviene quotidianamente in Messico, con<br />

circa 10.000 morti nella guerra tra i narcos<br />

8<br />

Contributi<br />

Francesco Forgione, ex presidente Commissione Anmafia<br />

nello scorso anno e con quasi tutti gli stati<br />

messicani, al confine con gli Stati Uniti, ormai<br />

sotto <strong>il</strong> controllo dei nuovi “signori della<br />

droga”.<br />

Il Messico, che non produce cocaina, è però <strong>il</strong><br />

centro delle nuove rotte del traffico e la porta<br />

d’accesso al principale mercato di consumo<br />

mondiale assieme all’Europa, gli Stati Uniti.<br />

Se un ch<strong>il</strong>o di cocaina pura trasforma i 1.200<br />

euro pagati al produttore nei 200.000 ricavati<br />

sulle piazze dello smercio, la gestione di questa<br />

potenzialità di riproduzione e accumulazione<br />

finanziaria va necessariamente ben<br />

oltre la pura dimensione “criminale” delle<br />

strutture narcotrafficanti e delle mafie che<br />

gestiscono <strong>il</strong> mercato per incrociare riciclatori,<br />

notai, avvocati, commercialisti, direttori<br />

di banche e di strutture finanziarie internazionali.<br />

Si tratta di una borghesia mafiosa<br />

senza le quali le mafie non avrebbero <strong>il</strong> potere<br />

che hanno.<br />

Non si può più occultare questo contesto globale<br />

nel quale le mafie hanno ricollocato la<br />

loro funzione e assunto un ruolo di impresa<br />

e di moderne holding economico-finanziarie.<br />

Se <strong>il</strong> fatturato annuo presunto delle mafie ita-


liane si aggira tra i 100-130 m<strong>il</strong>iardi di euro e<br />

almeno <strong>il</strong> 60% di questa ricchezza rientra nel<br />

circuito economico legale, <strong>il</strong> problema non è<br />

più l’economia criminale, ma la demarcazione<br />

del confine tra legale e <strong>il</strong>legale.<br />

Quando si colpisce una ‘ndrina a Gioia Tauro,<br />

un clan a <strong>Napoli</strong> o una cosca a Palermo e se<br />

ne ricostruiscono le attività imprenditoriali, si<br />

arriva in Em<strong>il</strong>ia, a M<strong>il</strong>ano, nel cuore di Roma.<br />

Se si ricostruiscono i flussi finanziari, si parte<br />

da una banca di provincia per arrivare in Germania,<br />

Russia, Australia, magari passando<br />

per qualche studio legale internazionale di<br />

Roma o M<strong>il</strong>ano.<br />

Se agli inizi del vecchio secolo e dopo la seconda<br />

guerra mondiale gli insediamenti mafiosi<br />

italiani nel mondo seguivano i flussi di<br />

emigrazione, oggi seguono i flussi finanziari.<br />

Per questo va smontata l’ipocrisia, che vale<br />

per le regioni del Nord dell’Italia come per i<br />

paesi europei, di chi non vede le mafie fino a<br />

quando non insanguinano le strade. E’<br />

quanto è successo a Duisburg con la strage di<br />

ferragosto del 2007. Lì gli uomini della<br />

‘ndrangheta c’erano da anni, ma per i tedeschi<br />

<strong>il</strong> problema era degli italiani e tale sarebbe<br />

rimasto se una notte non vi fossero<br />

stati sei ragazzi uccisi a scuotere l’opinione<br />

pubblica e a farne scoprire <strong>il</strong> volto violento<br />

nel cuore della Germania industriale. Ma Duisburg<br />

non è solo fabbriche e pizzerie: è a<br />

metà strada tra <strong>il</strong> porto di Rotterdam, uno dei<br />

più grandi d’Europa, e la Borsa di Francoforte,<br />

una delle più importanti del mondo. E tutti i<br />

più importanti protagonisti di quella strage,<br />

non sono stati arrestati a San Luca, ma ad<br />

Amsterdam.<br />

Se si ricostruisce la rete messa in piedi dall’Alleanza<br />

di Secondigliano, si parte dalla Zona<br />

Nord di <strong>Napoli</strong> ma si arriva a Madrid e Barcellona,<br />

a Parigi e Berlino, a Londra e Mosca,<br />

a Sidney e Toronto, in Cina e in Bras<strong>il</strong>e. E così<br />

la vecchia tradizione dei “magliari” napoletani<br />

si trasforma in un modello di multinazionale<br />

moderna, con un proprio Cda, <strong>il</strong><br />

“direttorio”, e dà vita ad un mercato parallelo<br />

delle merci contraffatte nel nuovo mercato<br />

globale. E’ l’altra faccia del “made in<br />

Italy” ma anche di un mercato che con l’irruzione<br />

delle produzioni cinesi ha cambiato totalmente<br />

natura e forme di competizione.<br />

Il problema è che queste mafie sono diventate<br />

soggetti economico- imprenditoriali moderni,<br />

viaggiano parallelamente alle trasformazioni<br />

sociali che mutano <strong>il</strong> rapporto tra economia,<br />

mercato e territorio e scelgono come territorio<br />

<strong>il</strong> mondo. Anche se non bisogna correre l’errore<br />

di pensare che la globalizzazione<br />

ridimensiona <strong>il</strong> peso del territorio d’origine:<br />

non esiste mafia senza un proprio territorio sul<br />

quale esercitare <strong>il</strong> proprio controllo economico<br />

e sociale, dal pizzo al condizionamento della<br />

politica, all’inquinamento della pubblica amministrazione.<br />

Abbiamo quindi un dovere in più, quello di<br />

sfidare le mafie nella dimensione locale e in<br />

quella globale: riconquistare i territori non<br />

solo con la repressione ma con nuove politiche<br />

sociali e risposte pubbliche alternative al<br />

lavoro e ai modelli sociali creati dalla criminalità<br />

e colpire i flussi finanziari e <strong>il</strong> riciclaggio<br />

su scala sovrannazionale. Serve un diritto<br />

penale minimo su scala europea, <strong>il</strong> riconoscimento<br />

del reato di associazione mafiosa, del<br />

sequestro e della confisca dei beni per mafiosi<br />

e corrotti in tutti i paesi dell’Unione. Ma<br />

occorre rendere trasparente <strong>il</strong> mercato e la<br />

tracciab<strong>il</strong>ità dei capitali. L’opposto di uno<br />

scudo fiscale, come quello voluto dal governo,<br />

che assicura l’anonimato ai capitali <strong>il</strong>leciti<br />

e criminali al loro rientro. Basta vedere<br />

quello che è successo con la ‘ndrangheta che<br />

ha portato i suoi capitali nel cuore di Fastweb<br />

e quindi di Telecom, grazie a una rete di manager<br />

e a un senatore come Di Girolamo, per<br />

capire quali sono i rischi reali del momento.<br />

Per questo non basta solo la repressione e<br />

l’azione giudiziaria e penale ma serve<br />

un’opera di verità sul modello economico, sul<br />

sistema delle imprese e sulla politica. Ma su<br />

questo, da destra a sinistra, i segnali non<br />

sono ancora dei più incoraggianti.<br />

In 368 pagine la mappatura<br />

degli interessi economici<br />

delle mafie in Italia e nel<br />

mondo.<br />

9


Lo strano connubio tra Mafia e Chiesa<br />

I divorzia più peccatori dei mafiosi come Riina e Provenzano<br />

di Isaia Sales<br />

Sono compatib<strong>il</strong>i con la fede cattolica organizzazioni<br />

criminali come la mafia, la camorra, la<br />

‘ndrangheta e la sacra corona unita? Sembra assurda<br />

una domanda del genere: la stragrande<br />

parte dei cattolici praticanti risponderebbero<br />

decisamente di no, anzi si meraviglierebbe di<br />

una domanda del genere. Ma anche i mafiosi si<br />

meraviglierebbero della stessa domanda: per<br />

loro è ovvio che la Chiesa cattolica è compatib<strong>il</strong>e<br />

con l’appartenenza ad un’associazione criminale<br />

di tipo mafioso; anch’essi si sentono credenti,<br />

buoni cristiani, in pace con Cristo e con la loro<br />

coscienza. Perché per tantissimo tempo que-<br />

“Laveritàèche<strong>il</strong>messaggiodella<br />

Chiesameridionalesièdimostrato<br />

capacedicoesisteresenzaconfli<br />

conl’appartenenzamafiosa”<br />

sta lapalissiana contraddizione è stata rimossa,<br />

soprattutto da parte delle gerarchie<br />

cattoliche? Perché si sono permessi i sacramenti<br />

a dei pii assassini, si sono svolti per loro<br />

solenni funerali, sono stati accettati come padrini<br />

di battesimo e cresima, sono stati scelti<br />

per presiedere i festeggiamenti dei santi patroni?<br />

E ancora: le mafie si sono sv<strong>il</strong>uppate<br />

all’interno di quattro cattolicissime regioni,<br />

tra le popolazioni considerate tra le più credenti<br />

e legate alla Chiesa, senza che nel corso<br />

dei secoli ci sia stato conflitto, contrasto, contrapposizione<br />

tra <strong>il</strong> sostegno culturale alle<br />

mafie e l’adesione ad una religione antiviolenta<br />

per eccellenza. E’ normale tutto ciò?<br />

Se degli assassini credono in Dio e si sentono<br />

dei buoni cristiani, <strong>il</strong> problema potrebbe stare<br />

o nella loro testa bacata o nel modo in cui la<br />

Chiesa cattolica ha portato avanti <strong>il</strong> suo messaggio,<br />

o in entrambi i fronti. Cioè andrebbe<br />

indagata la psiche di questi assassini e la loro<br />

particolare idea di Dio, ma al tempo stesso<br />

andrebbe interrogata la storia della Chiesa<br />

meridionale (e la storia della società meri-<br />

10<br />

Contributi<br />

dionale influenzata dall’insegnamento cattolico),<br />

perché c’è qualcosa che non va se si<br />

sono sv<strong>il</strong>uppate, senza contrasto con la<br />

Chiesa, alcune delle associazioni criminali più<br />

feroci al mondo proprio laddove più forte è <strong>il</strong><br />

legame delle popolazioni con la fede cattolica.<br />

Sta di fatto che non si conoscono mafiosi<br />

atei o anticlericali, non ci sono appartenenti<br />

alle mafie che non ostentino la loro fede . Nei<br />

loro covi si sono trovate numerose bibbie, immagini<br />

sacre, statue di santi, e altre forme di<br />

acculturazione religiosa e di forte e sentita<br />

credenza. In alcuni casi sono stati trovati dei<br />

“Non si conoscono malavitosi<br />

atei, tu ostentano la fede. Il<br />

segno della croce prima di<br />

ammazzare”<br />

veri e propri altari su cui preti e frati andavano<br />

a dire messa e a porgere la comunione<br />

a dei ricercati per efferati delitti. Si tratta di<br />

semplice superstizione? E allora si dovrebbe<br />

etichettare come superstiziosa tutta la popolazione<br />

meridionale. Essi non fanno altro che<br />

manifestare la loro religiosità nelle forme in cui<br />

normalmente si manifesta e si è manifestata<br />

nei secoli la fede cattolica nel Sud d’Italia. La<br />

verità è che <strong>il</strong> messaggio della Chiesa meridionale<br />

si è dimostrato capace di coesistere senza<br />

conflitti con l’appartenenza mafiosa.<br />

La domanda che molti studiosi della criminalità<br />

si pongono è questa: le mafie avrebbero<br />

potuto ricoprire un ruolo plurisecolare nella<br />

storia meridionale e dell’intera nazione se,<br />

oltre alla connivenza di settori dello Stato e<br />

di parte consistente delle classi dirigenti locali,<br />

non avessero beneficiato del s<strong>il</strong>enzio,<br />

dell’indifferenza, della sottovalutazione della<br />

Chiesa cattolica e della sua dottrina? La risposta<br />

è no. Senza di ciò le mafie non sarebbero<br />

arrivate a tenere in pugno <strong>il</strong> futuro di<br />

intere popolazioni. Si è trattato solo di paura,


Isaia Sales, scriore<br />

di vigliaccheria dei rappresentanti della Chiesa<br />

o di qualcosa di più profondo? Anche chi non<br />

crede riconosce alle religioni un presidio morale<br />

contro <strong>il</strong> male. Tutte le religioni tentano,<br />

ciascuna a proprio modo, di contenere <strong>il</strong> male<br />

che si sprigiona dall’uomo. Ancora di più ciò<br />

viene riconosciuto alla religione di Cristo. Ma<br />

se degli assassini non provano neanche rimorso<br />

per quello che fanno, si fanno <strong>il</strong> segno<br />

della croce prima di ammazzare, vuol dire che<br />

una credenza religiosa è riuscita a dare buona<br />

coscienza ai mafiosi e a farli sentire legittimati<br />

nelle loro azioni.<br />

L’ossessione della Chiesa per i peccati legati<br />

alla sfera sessuale l’ha privata nel Sud del<br />

ruolo di guida nella lotta alle più agguerrite<br />

organizzazioni criminali che <strong>il</strong> nostro Paese ha<br />

prodotto nella storia. La scomunica è stata<br />

usata sia per i suoi avversari ideologici (socialisti,<br />

comunisti) sia per coloro che non rispettano<br />

le sue prescrizioni in materia<br />

sessuale e matrimoniale. Un divorziato non<br />

può accedere ai sacramenti ma un Provenzano,<br />

un Riina sì. Anzi, ad alcuni capi mafia i<br />

sacramenti sono stati portati nel loro rifugi di<br />

ricercati. Non è venuto <strong>il</strong> momento di risolvere<br />

radicalmente questa storica contraddizione?<br />

Contributi<br />

Sepe in controtendenza:<br />

“Denunciate i criminali“<br />

Pompei, 11 maggio scorso. Nella sala del teatro<br />

“Di Costanzo Mattiello” dell’Istituto Bartolo<br />

Longo, davanti a una platea di 25 vescovi e 600<br />

sacerdoti arrivati da ogni parte della Campania,<br />

<strong>il</strong> cardinale Crescenzio Sepe ha lanciato un monito<br />

destinato a destare scalpore. L’arcivescovo<br />

di <strong>Napoli</strong> è estremamente chiaro nel suo invito.<br />

“Uscite dalle chiese, andate per le strade e denunciate<br />

i camorristi senza dargli tregua”.<br />

L’incontro era stato organizzato dalla Conferenza<br />

Episcopale Campana, con la Facoltà di Teologia<br />

dell’Italia Meridionale, in occasione dell’Anno Sacerdotale<br />

voluto da Benedetto XVI.<br />

“Quello della camorra - ha proseguito Sepe - è<br />

un cancro maligno che bisogna assolutamente<br />

estirpare. La criminalità organizzata sta soffocando<br />

i territori della regione e delle città. Per<br />

questo, bisogna assolutamente che lasciamo sagrestie<br />

e stanze vescov<strong>il</strong>i e andiamo in mezzo alla<br />

gente”.<br />

Il cardinale ha chiaramente aggiunto che le sue<br />

parole erano rivolte a tutti. Non solo ai preti delle<br />

frontiere o ai parroci che operano nei quartieri<br />

diffic<strong>il</strong>i della città.<br />

“Perché - ha spiegato - <strong>Napoli</strong> è una città di frontiera.<br />

Non ha zone franche. La camorra è presente<br />

nelle zone disadattate così come in quelle<br />

della media e alta borghesia. Riscontriamo la<br />

presenza della malavita organizzata a Scampia<br />

così come al Vomero o a Pos<strong>il</strong>lipo”.<br />

“La gente - ha detto ancora <strong>il</strong> cardinale - ci chiede<br />

delle risposte e dobbiamo essere in grado di dargliele.<br />

Bisogna, dunque, lasciare le sagrestie e le<br />

eleganti stanze vescov<strong>il</strong>i ed andare in mezzo agli<br />

altri, affrontando le sfide che arrivano dal nostro<br />

territorio, specialmente in questo particolare<br />

momento di crisi economica e sociale”.<br />

11


Le re criminali e <strong>il</strong> controllo dell’economia<br />

In quindici anni <strong>il</strong> faurato delle mafie è quintuplicato: dai venquarom<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di lire del<br />

1993 ai seanta m<strong>il</strong>iardi di euro del 2008<br />

di Francesco Barbagallo<br />

Le mafie italiane hanno conquistato <strong>il</strong> primo<br />

posto nel mondo. Dopo si collocano le mafie cinesi,<br />

giapponesi, russe, latino-americane, nordamericane,<br />

africane. Il numero degli aff<strong>il</strong>iati a<br />

ciascuna delle tre mafie italiane è di circa 6.000.<br />

Gli ut<strong>il</strong>i della camorra nel 2008 sono stati calcolati<br />

approssimativamente in 13 m<strong>il</strong>iardi di euro,<br />

più o meno come per cosa nostra. Nel 1993 la<br />

Commissione parlamentare antimafia aveva stimato<br />

<strong>il</strong> fatturato annuo delle tre organizzazioni<br />

criminali del Sud intorno ai 24 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di<br />

lire. Nel 2008 <strong>il</strong> fatturato è balzato a circa 70 m<strong>il</strong>iardi<br />

di euro: quintuplicato.<br />

In una fase della storia mondiale segnata da una<br />

“Il potere criminale è <strong>il</strong> potere<br />

centrale nell’economia e nella<br />

società della Campania, della<br />

Calabria e della Sic<strong>il</strong>ia”<br />

gravissima crisi finanziaria ed economica, proprio<br />

la potenza finanziaria e la crescente inf<strong>il</strong>trazione<br />

nell’economia legale dei clan dovrebbe<br />

suscitare preoccupazioni più diffuse di quante<br />

se ne vedano in giro, soprattutto nell’universo<br />

sempre più appariscente quanto evanescente<br />

del governo e del mondo politico, nazionale e<br />

locale.<br />

Il potere criminale è ormai <strong>il</strong> potere centrale nell’economia<br />

e nella società in Campania, Calabria<br />

e Sic<strong>il</strong>ia. Ha cumulato, con le tante attività <strong>il</strong>lecite,<br />

un enorme patrimonio monetario, che investe<br />

in tutti i settori più redditizi dell’economia<br />

e della finanza. Pienamente inserita nei processi<br />

di globalizzazione e integrazione finanziaria, perfettamente<br />

operativa nei più aggiornati sistemi<br />

criminali, la camorra, come le altre mafie, manovra<br />

le tecnologie più avanzate. E sa sfruttare<br />

al meglio le garanzie di impunità assicurate da<br />

mercati sempre meno controllati.<br />

Sul finire del 2009 <strong>il</strong> governatore della Banca<br />

d’Italia Draghi ha definito <strong>il</strong> Mezzogiorno d’Italia<br />

“<strong>il</strong> territorio arretrato più esteso e popoloso del-<br />

12<br />

Contributi<br />

l’Unione Europea, dove permane un ritardo allarmante<br />

nei servizi essenziali: dall’istruzione alla<br />

giustizia, dalla sanità ai trasporti, dalla gestione<br />

dei rifiuti alla distribuzione idrica”. Al centro di<br />

tutto si espandono le mafie: “La criminalità organizzata<br />

inf<strong>il</strong>tra le pubbliche amministrazioni,<br />

inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola <strong>il</strong> funzionamento<br />

del mercato e accresce i costi della<br />

vita economica e civ<strong>il</strong>e”.<br />

L’incapacità della politica, nazionale e locale, di<br />

superare l’autoreferenzialità e la diffusa tendenza<br />

a sistemare i propri adepti, e l’oscuramento<br />

di qualsiasi prospettiva legale di sv<strong>il</strong>uppo<br />

per questo vasto territorio meridionale, insieme<br />

“La quesone va affrontata a<br />

livello nazionale con adegua<br />

strumen polici, sociali e<br />

culturali”<br />

alle tendenze mondiali espresse dal nuovo modello<br />

di sv<strong>il</strong>uppo capitalistico, definito “informazionale”<br />

dal grande sociologo Manuel Castells,<br />

favoriscono le tendenze diffuse tra i diversi strati<br />

sociali, in alto e in basso, a inserirsi nelle varie<br />

forme di questi traffici <strong>il</strong>leciti.<br />

La questione criminale è diventata la più drammatica<br />

questione nazionale e dal Sud si estende<br />

sempre più verso tutto <strong>il</strong> Centro-Nord. Non<br />

può essere fronteggiata soltanto con l’azione<br />

pur efficace della magistratura e delle forze dell’ordine,<br />

ma va affrontata con adeguati strumenti<br />

politici, sociali, culturali. Su questo terreno<br />

si gioca <strong>il</strong> futuro civ<strong>il</strong>e e progressivo del paese,<br />

se si vuole evitare che l’Italia precipiti al livello<br />

degli Stati già definiti dal prevalere dei gruppi e<br />

delle attività criminali.<br />

E’ passato un decennio da quando Castells ha<br />

lanciato un messaggio drammatico, fondato sull’analisi<br />

diretta delle realtà in sv<strong>il</strong>uppo nei diversi<br />

continenti: “L’economia criminale globale sarà<br />

un fattore fondamentale nel XXI secolo, e la sua<br />

influenza economica, politica e culturale perva-


Francesco Barbagallo<br />

derà tutte le sfere della vita. Il punto non è stab<strong>il</strong>ire<br />

se le nostre società saranno in grado di eliminare<br />

le reti criminali, ma capire se le reti<br />

criminali finiranno o meno per controllare una<br />

parte sostanziale della nostra economia, delle<br />

nostre istituzioni e della nostra vita quotidiana”.<br />

Questo processo si è già realizzato in gran parte<br />

del Mezzogiorno. E’ passato già troppo tempo<br />

senza che se ne sia voluto prendere adeguata<br />

coscienza e si sia messa in campo qualche concreta<br />

iniziativa, accanto alla meritoria e indispensab<strong>il</strong>e,<br />

ma parziale, azione repressiva.<br />

La camorra e le altre mafie si sono perfettamente<br />

inserite nella “società in rete” che caratterizza<br />

<strong>il</strong> mondo contemporaneo, collegandosi<br />

efficacemente con gli ambienti professionali, imprenditoriali,<br />

amministrativi, politici. L’estensione<br />

crescente delle differenti forme di attività<br />

ha notevolmente aumentato la capacità criminale<br />

di fornire occasioni di lavoro e di inserimento<br />

nell’odierna “società dello spettacolo”,<br />

determinando una diffusione della sua popolarità,<br />

specie tra i sempre più estesi ceti emarginati<br />

e tra i giovani esclusi in massa dal mercato<br />

del lavoro. Fin quando non ci saranno decisivi<br />

cambiamenti sul terreno politico e culturale la<br />

realtà del presente e la prospettiva del futuro<br />

saranno sempre più oscure.<br />

Contributi<br />

Il personaggio<br />

Francesco Barbagallo, salernitano, è un<br />

accademico e storico italiano. E' nato nel<br />

1945 ed è Professore Ordinario di Storia<br />

Contemporanea, oltre a rivesre <strong>il</strong> ruolo<br />

di direore del Diparmento di Disciplina<br />

Statale dell'Università Federico II di <strong>Napoli</strong>.<br />

Dal 1983, Barbagallo è direore della rivista<br />

"Studi Storici", una pubblicazione<br />

specializzata a scadenza trimestrale, nata<br />

nel 1959.<br />

Gli studi di Barbagallo si concentrano sulla<br />

storia contemporanea d'Italia e, in parcolare,<br />

del Mezzogiorno, con un approfondimento<br />

del periodo che va dal<br />

Seecento ad oggi. Lo studioso ne approfondisce<br />

tu gli aspe, nella loro vasta<br />

dinamica sociale, polica e culturale.<br />

Barbagallo è altresì un aento studioso<br />

del fenomeno criminale nelle regioni meridionali.<br />

A questo argomento ha dedicato<br />

diversi lavori e interven. Proprio sul<br />

fenomeno della malavita organizzata, <strong>il</strong><br />

docente salernitano ha dedicato la sua ul-<br />

ma faca leeraria, "Storia della camorra",<br />

Laterza Editore. Un'opera<br />

estremamente interessante. L'autore sviscera<br />

nei suoi aspe, anche i più nascos,<br />

<strong>il</strong> fenomeno camorrisco, accompagnandone<br />

l'"excursus" da quando l'organizzazione<br />

malavitosa è nata.<br />

Dalle origini della camorra sino ai<br />

giorni nostri un viaggio all’interno<br />

della malavita napoletana.<br />

13


14<br />

Contributi<br />

Rione Sanità, giovani alavoro contro <strong>il</strong> degrado<br />

A <strong>Napoli</strong> nascono cooperave sociali per combaere la camorra<br />

di Alex Zanotelli<br />

Una nuova esperienza. Un nuovo cammino<br />

intrapreso, durante <strong>il</strong> quale ho imparato<br />

a osservare e ad apprezzare i<br />

giovani del Rione Sanità. “Dalle baraccopoli<br />

della Nigeria ai bassi della Sanità”,<br />

hanno detto in tanti quando più di<br />

cinque anni fa sono arrivato a <strong>Napoli</strong>. I<br />

problemi che affliggono questo quartiere<br />

sono molti, ma proprio da questa<br />

serie di esperienze negative ho visto<br />

germogliare e crescere una bella realtà.<br />

Un gruppo di giovani del quartiere che<br />

ha deciso di reagire, nel modo più normale<br />

e naturale: attraverso <strong>il</strong> lavoro. La<br />

nascita di realtà lavorative, la creazione<br />

di possib<strong>il</strong>ità occupazionali, è <strong>il</strong> metodo<br />

più incisivo per combattere e contrastare<br />

le sirene della criminalità. I ragazzi<br />

della cooperativa, in poco più di tre<br />

anni, sono cresciuti, dando la possib<strong>il</strong>ità<br />

a tanti loro coetanei del quartiere di trovare<br />

sbocchi occupazionali nel campo<br />

del turismo e dell’artigianato. L’intero<br />

lavoro di recupero dei beni artistici del<br />

quartiere è legato a un più vasto progetto<br />

di riqualifica dell’intero Rione Sanità.<br />

Una zona di <strong>Napoli</strong> che si presenta<br />

come un piccolo laboratorio adatto ad<br />

accogliere, per ricchezza di patrimonio<br />

storico, un programma di interventi che<br />

consentano l’uso ottimale delle risorse<br />

culturali del territorio, e l’ avvio di<br />

un’innovativa strategia di sv<strong>il</strong>uppo che<br />

stimoli l’iniziativa imprenditoriale promuovendo<br />

la costituzione di una f<strong>il</strong>iera<br />

produttiva a tutela dell’identità culturale<br />

del territorio. Non credo sia possib<strong>il</strong>e<br />

distruggere da un giorno all’altro la<br />

camorra, ma attraverso un lavoro lento<br />

e costante si può debellare questo cancro<br />

che da oltre un secolo affligge <strong>Napoli</strong>.<br />

Piccoli gesti, piccoli semi di<br />

speranza che crescono. Nuove ab<strong>il</strong>ità e<br />

nuove idee per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio socio culturale<br />

del Rione Sanità che grazie all’operato<br />

di questi giovani è tornato a vivere.<br />

Padre Alex Zanotelli, missionario Comboniano<br />

Il personaggio<br />

Alex Zanotelli, 72 anni è un frate comboniano. Dal<br />

1965 al 1973 ha lavorato in Sudan meridionale,<br />

dove le autorità civ<strong>il</strong>i lo osteggiarono a causa delle<br />

sue forti prese di posizione a difesa delle fasce più<br />

povere della popolazione. Nel 1978 gli viene affidata<br />

la direzione di Nigrizia che da mens<strong>il</strong>e religioso<br />

diviene una pubblicazione di informazione<br />

socio-politico sulla situazione africana. Nel 1989<br />

torna in missione in Africa questa volta in Kenya,<br />

a Korogocho,in una delle baraccopoli di Nairobi.<br />

Qui Padre Alex affronta situazioni di estrema povertà<br />

incontrando fenomeni di forte disagio sociale<br />

quali prostituzione, violenza, alcolismo. Nel<br />

2001 lascia Nairobi per intraprendere una nuova<br />

esperienza a <strong>Napoli</strong>, in uno dei quartieri più disagiati<br />

della città, <strong>il</strong> Rione Sanità. Qui affronta problemi<br />

legati alla diffic<strong>il</strong>e realtà economico sociale<br />

e criminale. Dalla sua prima abitazione, in vico Cristallini,<br />

inizia a lavorare tra la gente e a coltivare<br />

sogni di speranza insieme agli abitanti della zona.<br />

Oggi Zanotelli è al fianco delle fasce più deboli<br />

della città, battendosi su temi di forte impatto<br />

sociale come la privatizzazione dell’acqua e la gestione<br />

del ciclo rifiuti.


Contributi<br />

La camorra on line spopola su “Youtube”<br />

Aumentano pagine e si dedica a boss e clan della malavita<br />

di Marcello Ravveduto<br />

Li chiamano “criminal network”, sono i siti<br />

web dedicati alle mafie. Attenzione, non si<br />

tratta di pagine dai contenuti edificanti, sono<br />

vere e proprie apologie della criminalità. L’invasione<br />

barbarica viaggia su due enormi vascelli:<br />

Facebook e Youtube. Di alcuni giorni fa<br />

la notizia che un ragazzino di 12 anni stava<br />

creando un gruppo dal titolo significativo: “A’<br />

Scission Ro Rion” che tradotto è “La scissione<br />

del rione”. Il gruppo ha già raggiunto 4.615<br />

fan. I link postati sono di questo tipo: “meglio<br />

morto che pentito, i pentiti sono guappi di<br />

cartone che hanno paura della galera (ritornello<br />

della canzone neomelodica Femmena<br />

d’onore interpretata da Lisa Castaldi), meglio<br />

disoccupato che servo dello stato (con un<br />

chiaro riferimento fotografico ai carabinieri).<br />

Preso dalla furia comunicativa <strong>il</strong> ragazzino ha<br />

voluto fare lo “smargiasso” pubblicando <strong>il</strong> link<br />

“Il gruppo Facebook a’<br />

scission ro’ Rion, dedicato<br />

alla guerra di Scampia, in<br />

poco tempo ha raggiunto<br />

oltre 4500 adesioni”<br />

È una masseria senza capo, per sottolineare<br />

l’attuale vuoto di potere al rione Masseria<br />

Cardone. Il dodicenne si accorge di aver “pisciato”<br />

fuori dal vaso quando interviene tra i<br />

commentatori un tal E. L. che gli spiega di continuare<br />

a fare <strong>il</strong> ragazzino, altrimenti dovrà assumersi<br />

la responsab<strong>il</strong>ità di ciò che ha scritto.<br />

Minacce on line? No, di più: le nuove leve criminali<br />

seguono <strong>il</strong> magmatico mondo dei social<br />

network e lo ut<strong>il</strong>izzano per inviare<br />

messaggi espliciti. Si ripete uno schema ben<br />

strutturato: le fasce sociali marginali metabolizzano<br />

i processi di modernizzazione fagocitandoli<br />

e restituendoli sotto forma di<br />

subcultura criminale. Un fenomeno paradossale:<br />

i figli dei neoplebei hanno difficoltà ad<br />

esprimersi in italiano, ma conosco gli strumenti<br />

digitali in grado di veicolare ed imporre,<br />

con <strong>il</strong> linguaggio dell’avvertimento<br />

mafioso, <strong>il</strong> loro st<strong>il</strong>e di vita. Analfabeti analogici<br />

ma alfabetizzati digitali. In realtà, la predisposizione<br />

alla comunicazione è una caratteristica<br />

precipua delle bande di camorra. I clan della città<br />

di <strong>Napoli</strong> ostentano la propria marginalità legittimandola<br />

con un’identità alternativa, opposta<br />

alla cosiddetta normalità. È la dimostrazione<br />

che la camorra cittadina, più di ogni altra<br />

mafia, somiglia alle gang metropolitane americane.<br />

In entrambi i casi l’orgoglio della diversità<br />

è raccontato attraverso canzoni (la<br />

canzone è la tipica forma della narrazione<br />

epica – ricordate la chanson de geste?) che<br />

interpretano storie reali di degradazione urbana.<br />

Youtube è lo strumento migliore per<br />

entrare in contatto con questo mondo. I<br />

video musicali neomelodici lanciati in rete<br />

sono amplificatori di una particolare mentalità<br />

collettiva, un ponte che unisce autori, interpreti<br />

ed ascoltatori. Le canzoni di malavita,<br />

sparate nel flusso virtuale, vanno alla ricerca<br />

di un pubblico omogeneo capace di condividere<br />

i contenuti del testo. Se <strong>il</strong> pubblico si<br />

identifica nella canzone, si ottiene una reciprocità<br />

tra emittente e ricevente che genera<br />

consenso sociale. Se leggiamo i vari commenti<br />

ai video e ai gruppi troveremo favorevoli<br />

e contrari. I contrari sono indignanti e un<br />

po’ snob, i favorevoli, invece, si prodigano<br />

nelle giustificazioni. Top Junior scrive: “…è la<br />

nostra vita e ci dobbiamo adattare al sistema<br />

e alla società… è veramente diffic<strong>il</strong>e essere un<br />

bravo ragazzo in un quartiere… per mangiare<br />

facciamo quello che non dobbiamo fare”.<br />

Anche i cantanti intervengono “…non giudicate<br />

mai se non sapete la verità se non ci sei<br />

passato o vissuto per una cosa non giudicarla<br />

mai… raccontano solo la vita reale”. Il messaggio<br />

è chiaro e sott<strong>il</strong>e: guardare senza giudicare,<br />

ovvero noi siamo questi e nessuno ci<br />

può cambiare.<br />

15


“C’è un’aria strana, sembra la stessa del ‘92”<br />

Ciancimino: scenario sim<strong>il</strong>e a quello che precedette le stragi<br />

di Luca Mattiucci<br />

Tra i numerosi libri sulla mafia grande scalpore<br />

ha suscitato quello recentemente pubblicato<br />

da Massimo Ciancimino, figlio minore<br />

dell’ex Sindaco di Palermo Vito. Il titolo è emblematico:<br />

“Don Vito”; un libro come tanti<br />

ma che come pochi è stato acquisito in ben<br />

dodici copie dalle procure di Caltanissetta e<br />

Palermo. La storia è quella del padre, scritta<br />

da Massimo a quattro mani con <strong>il</strong> giornalista<br />

Francesco La Licata. Si va dal “sacco di Palermo”<br />

alla presunta trattativa tra Stato e<br />

Mafia degli anni ’90. Quella trattativa che<br />

sembra avere portato alla fine delle stragi di<br />

mafia, o forse solo ad una tregua che dura<br />

ormai da vent’anni. Ciò che oggi Ciancimino<br />

racconta potrebbe ben presto riscrivere la<br />

storia di numerosi, tanti, forse troppi accadimenti<br />

che hanno sconvolto in questo ventennio<br />

<strong>il</strong> nostro paese.<br />

Oggi la racconta lui che “la mafia l’ho respirata<br />

a casa mia quando di mafia non si sapeva<br />

ancora <strong>il</strong> volto. Con Buscetta che la prima<br />

volta nel ‘90 rompe questo muro del s<strong>il</strong>enzio.<br />

Nell’80 io sapevo già cos’era mafia quando di<br />

mafia ancora non si parlava”.<br />

Massimo, accento palermitano a parte, della<br />

connotazione mafiosa non ha praticamente<br />

nulla. Anzi, ad un orecchio più attento, <strong>il</strong> suo<br />

modus di porsi è decisamente più sim<strong>il</strong>e a<br />

quello di una ristretta cerchia di uomini che<br />

hanno deciso di servire lo stato sino in fondo.<br />

E’ una voce chiara, esplosiva, decisa che sa<br />

conservare un velo di paura. Quella paura che<br />

devi avere per forza quando scegli, quando<br />

decidi di oltrepassare la linea d’ombra tra<br />

stato ed antistato. Non c’è più ritorno e Massimo<br />

questo lo sa.<br />

Gli sistemiamo <strong>il</strong> microfono e notiamo una<br />

certa dimestichezza: “tra quelli che mi hanno<br />

messo senza che lo sapessi e quelli che sto indossando<br />

di recente ho acquisito una certa<br />

fam<strong>il</strong>iarità”.<br />

Dott. Ciancimino, i microfoni, le intercettazioni<br />

che ne pensa della legge che dovrebbe<br />

essere varata a breve?, un po’ come tagliare<br />

le gambe agli inquirenti…<br />

A me la natura già me le ha tagliate le gambe<br />

16<br />

Lo speciale<br />

Massimo Ciancimino<br />

– ironizza sulla sua statura, poi torna sull’argomento<br />

– la politica dei giorni nostri dice di<br />

combattere, di fare , ma sicuramente questi<br />

provvedimenti, comprenda non voglio fare <strong>il</strong><br />

mafiologo o l’opinionista, ma sicuramente,<br />

anche in riferimento all’inchiesta che mi ha<br />

visto protagonista, credo che le intercettazioni<br />

siano alla base di un’indagine.<br />

Ne sa qualcosa Gioacchino Genchi..”<br />

Passa un treno, un gran rumore.<br />

Ciancimino è decisamente in vena:<br />

“Quando si parla di Genchi si sa sempre come<br />

disturbare la conversazione” - poi risponde -<br />

“Si Genchi è una persona che ha lavorato su<br />

questo; ho avuto modo di conoscerlo di recente.<br />

Una persona di grande professionalità.<br />

Direi che è uno di quei personaggi che <strong>il</strong> ‘sistema’<br />

ha usato, e più che lui rivoltarsi al sistema<br />

mi sembra sia stato <strong>il</strong> sistema a<br />

rivoltarglisi contro. Da quel poco che ho visto<br />

credo abbia un carattere che diffic<strong>il</strong>mente si<br />

fa comandare o far dire di rimanere in s<strong>il</strong>enzio,<br />

una persona che ha fatto un giuramento


e, a differenza di altri, in quel giuramento ancora<br />

ci crede..insomma è una di quelle lampadine<br />

ancora da spegnere…”.<br />

Tornando al suo caso, senza intercettazioni<br />

ci sarebbe stato un “caso” Ciancimino?<br />

L’inchiesta di certo non ci sarebbe stata, la<br />

mia come tante altre. Le intercettazioni sono<br />

“C’è aria di cambiamento<br />

con un presidente del<br />

Consiglio, non mi permeo<br />

di giuducare, ma che sembra<br />

un pò come uno yogurt con<br />

una data di scadenza dietro<br />

<strong>il</strong> colleo, con la scria da<br />

consumarsi entro”<br />

uno strumento efficace e glielo assicuro,<br />

come le ho detto l’ho vissuto sulla mia pelle.<br />

Come tutte le cose non se ne deve fare un<br />

uso distorto. Dovrebbe bastare <strong>il</strong> f<strong>il</strong>tro del<br />

buon senso sia per chi opera nella giustizia o<br />

per chi opera nei media.<br />

Le intercettazioni, poi l’inchiesta che l’ha<br />

vista protagonista, sino al libro, un libro che<br />

si apre con <strong>il</strong> “Don” a precedere <strong>il</strong> nome di<br />

suo padre, nessun imbarazzo?<br />

E’ cosi che lo chiamavano tante persone; non<br />

ultimo Giovanni Falcone quando lo incontra<br />

in aereo quel martedì prima di andare incontro<br />

alla morte. Nel libro racconto come quell’ultimo<br />

volo di andata lo prendiamo insieme<br />

io, lui e mio padre. Si salutano, “Buongiorno<br />

Giudice” e <strong>il</strong> Dott. Falcone “Buongiorno Don<br />

Vito”. Oramai era qualcosa di conosciuto, di<br />

acclarato, purtroppo.<br />

Il Giudice Falcone…che ne pensa delle rivelazioni<br />

comparse su Repubblica di recente in<br />

merito al ruolo assunto dai servizi segreti in<br />

quegli anni?<br />

Le dico solo che ne parliamo nel libro, dell’attentato<br />

all’Addaura e del ruolo dei servizi.<br />

Bolzoni, l’autore, mi diceva prima al telefono<br />

che si è ispirato, per le indagini, anche a questa<br />

parte del libro.<br />

Lei quindi ne ha parlato per primo?<br />

No, in generale no. Ma di certo per primo da-<br />

Lo speciale<br />

vanti ai giudici. E la anticipo, perché ho parlato<br />

solo adesso? Tutte le volte che mi hanno<br />

chiamato ho risposto con fatti ed anche alle<br />

domande dei giudici.<br />

Ecco lei risponde ai Giudici e a casa le arrivano<br />

5 proiett<strong>il</strong>i di kalashnikov. Si dice che<br />

la mafia minacci una persona non per quello<br />

che ha detto ma per quello che ha ancora da<br />

dire..<br />

Da dire c’è sicuramente ancora tanto, inut<strong>il</strong>e<br />

nasconderlo. E molto è stato detto alla magistratura.<br />

Cose che non avrei potuto raccontare<br />

nel libro per rispetto degli inquirenti che<br />

stanno cercando di ricostruire, dare volti e<br />

nomi a personaggi che hanno condizionato se<br />

non determinato gli anni ’90 - poi aggiunge -<br />

mi permetta di dire che oggi ci si affanna ed<br />

arrovella per capire come mai Ciancimino<br />

parla, non ci si chiede mai perché <strong>il</strong>lustri personaggi<br />

dopo 17 anni ricordano o vengono <strong>il</strong>luminati<br />

dalle mie dichiarazioni; oppure<br />

perché non ci si chiede <strong>il</strong> motivo del s<strong>il</strong>enzio<br />

di tante persone. C’è ancora tanto da fare e <strong>il</strong><br />

s<strong>il</strong>enzio è l’anomalia. Il s<strong>il</strong>enzio dei fam<strong>il</strong>iari di<br />

Provenzano, di Riina; non saranno mafiosi,<br />

ma da raccontare su come i padri hanno vissuto<br />

le loro vite, le latitanze, gli incontri di<br />

certo c’è molto da dire. La verità è che in Italia<br />

oggi paga più la strada dell’<strong>il</strong>legalità.<br />

Lei parla del s<strong>il</strong>enzio, ma non c’è oggi <strong>il</strong> rischio<br />

che parlare di mafia sia solo un ritornello<br />

ster<strong>il</strong>e?<br />

Per capire <strong>il</strong> presente è necessario conoscere<br />

o ricostruire <strong>il</strong> proprio passato. Non posso dimenticare<br />

le parole di mio padre che soleva<br />

dire “quando avranno arrestato i maggiori latitanti<br />

la mafia tornerà ad essere più forte di<br />

prima”. Quando non si riesce a dare un volto<br />

alle cose, quando è la mafia ad adottare un<br />

low-prof<strong>il</strong>e diviene inattaccab<strong>il</strong>e. Oggi la<br />

mafia salvaguarda i propri interessi economici<br />

occultati dietro nuovi volti. Parlarne<br />

equivale a danneggiarla. Al sud ci sono troppi<br />

vuoti tra società civ<strong>il</strong>e e istituzioni. E’ proprio<br />

in questi vuoti che la mafia, la n’drangheta,<br />

la camorra si collocano<br />

Un sud malato…<br />

Guardi a Palermo ci sono tornato dopo<br />

tempo e non è cambiato nulla almeno nei salotti<br />

bene, i giovani sono un’altra storia per<br />

fortuna. Salotti pervasi di ipocrisia che magari<br />

hanno preso le distanze ma non accusato<br />

certi personaggi. Parlare con la magistratura<br />

ha per me significato l’esclusione da tutti<br />

questi salotti.<br />

17


I salotti bene..spesso si parla del rapporto<br />

tra Stato e Mafia, nel mezzo intermediari<br />

che provvedevano a tenere in rapporto questi<br />

due mondi. Oggi cosa succede, possib<strong>il</strong>e<br />

che sia scomparso l’intermediario e i ruoli rischino<br />

in qualche modo di confondersi?<br />

Non voglio fare l’opinionista, per esperienza<br />

diretta e non per cultura mafiosa nell’aria c’è<br />

una strana puzza, quella stessa che si respirava<br />

nel ’92. C’è aria di cambiamento. Un<br />

presidente del Consiglio, che non mi permetto<br />

di giudicare, ma che sembra un po’<br />

come uno yogurt con una data di scadenza<br />

dietro <strong>il</strong> colletto…da consumarsi entro.<br />

Ci sono interessi che iniziano a voler confluire<br />

come nel ’92. Poco prima delle elezioni, non<br />

dimentichiamolo, accadde tutto. Crollano<br />

quei partiti più radicati ed inizia <strong>il</strong> periodo<br />

stragista. L’elettore impaurito non va verso i<br />

partiti estremisti ma si ricompatta al centro<br />

su un soggetto nuovo. Oggi un’instab<strong>il</strong>ità<br />

economica evidente, l’egemonia che sta manifestando<br />

un partito di governo come la<br />

Lega che emerge come elemento di coesione<br />

senza <strong>il</strong> quale <strong>il</strong> governo non va avanti. Gli interessi<br />

delle lobbie sempre più pressanti.<br />

Tutte posizioni che possono rievocare quegli<br />

anni.»<br />

Le manca Palermo?<br />

Adoro Palermo, ci sono tornato di recente<br />

per motivi personali, e potendo tornerei a viverci<br />

subito. Nulla contro Bologna che anzi mi<br />

ha accolto senza entusiasmi ma senza neanche<br />

sofferenza<br />

Una regione in miglioramento dopo <strong>il</strong> periodo<br />

MPA?<br />

Non mi sono mai interessato di attività politica.<br />

Quello che le posso dire, da elettore, è<br />

che vedo ogni tanto qualcuno che prova a rigenerare<br />

se stesso con nuove etichette con<br />

nuove cose, ma mi sembra che quando si toccano<br />

certe situazioni , certi equ<strong>il</strong>ibri la Sic<strong>il</strong>ia<br />

non si muove. Ne è la prova, mi sembra, questo<br />

governo Lombardo.<br />

Quindi continua <strong>il</strong> malessere?<br />

Il malessere è quello di sempre. Sa, mi ri-<br />

18<br />

Lo speciale<br />

“Si chiedono perché io parli<br />

solooggi.Nessunosiinterroga<br />

sul s<strong>il</strong>enzio di chi dopo 17 anni<br />

ancora tace”<br />

cordo sempre di mio padre che diceva “non<br />

voglio vivere fino a quando faranno <strong>il</strong> ponte<br />

sullo stretto, solo vorrei vedere la costruzione<br />

di un benzinaio sulla Palermo-Trapani<br />

o Mazara del Vallo. Poi mi raccontò che per<br />

farla era necessario andare in America e riunirsi<br />

con sedici “famiglie”, si rende conto, per<br />

una pompa di benzina sedici famiglie »<br />

Un ultima domanda: sugli elementi e sulle<br />

dichiarazioni che lei ha reso ai giudici si è<br />

aperto un dibattito ampio, una parte della<br />

stampa ed anche una Corte hanno definito<br />

come “inattendib<strong>il</strong>i” alcune sue dichiarazioni…<br />

Guardi non la voglio correggere ma “inattendib<strong>il</strong>e”<br />

direi proprio di no. Ci sono delle sentenze<br />

che parlano chiaro. Un’attendib<strong>il</strong>ità<br />

rimarcata da numerosi pentiti, oltre che di<br />

svariati Magistrati. E comunque non si è mai<br />

parlato di inattendib<strong>il</strong>ità. Si è parlato di ut<strong>il</strong>ità,<br />

di progressione, che poi tanti di voi chiamate…<br />

la mia paura la chiamate progressione…<br />

quella che a mano a mano permette<br />

di condurre questa affannosa ricerca della verità.<br />

Sicuramente per voi giornalisti esterni<br />

che non dovete fare i conti con una famiglia,<br />

una moglie la chiamate progression eper me<br />

si chiama vita quotidiana e si chiama soltanto<br />

paura.<br />

La coperna del libro Don Vito di Massimo<br />

Ciancimino e Francesco La Licata


Alleanze criminali dietro le sbarre<br />

I Servizi: “in carcere si decidono le strategie dei<br />

clan”. Boss e aff<strong>il</strong>iati stringono patti e coalizioni.<br />

di Piero Sorrenno<br />

Immaginate un posto dove si danno convegno<br />

boss e gregari, capiclan e soldati. Uno<br />

spazio in cui gli incontri sono all’ordine del<br />

giorno, dove la rete dei dialoghi si fa fitta, si<br />

scambiano informazioni, si prendono decisioni.<br />

Un luogo attraverso cui f<strong>il</strong>trano notizie,<br />

circolano dati, numeri, nomi. Come fosse<br />

una gigantesca tavolata attorno alla quale le<br />

organizzazioni criminali stringono patti, rinsaldano<br />

sodalizi, rompono alleanze storiche.<br />

Uno scenario da incubo. Che, stando alla Relazione<br />

2009 sulla politica dell’informazione<br />

per la sicurezza, redatta dei Servizi italiani e<br />

spedita pochi mesi fa al Parlamento, esiste,<br />

ed è in tumultuosa attività. Quello spazio<br />

sono le carceri italiane.<br />

Centrotrentanove pagine, nove capitoli. Si<br />

parte dall’analisi delle minacce terroristiche<br />

internazionali per arrivare a uno studio sulla<br />

proliferazione delle armi di distruzione di<br />

massa, passando per <strong>il</strong> racconto della nebulosa<br />

dell’estremismo antagonista e anarcoinsurrezionalista.<br />

Ma la sezione più densa, e<br />

più preoccupante, è quella che va da pagina<br />

71 a pagina 87 dell’informativa. Non è la<br />

prima relazione sull’argomento. Sul tema, <strong>il</strong><br />

23 febbraio scorso, l’Osservatorio socio-economico<br />

sulla criminalità del Consiglio nazionale<br />

dell’economia e del lavoro aveva<br />

licenziato un rapporto su «L’inf<strong>il</strong>trazione<br />

della criminalità nell’economia di alcune regioni<br />

del Nord Italia». E le librerie sono ormai<br />

colme di saggi, reportage, studi sull’argomento.<br />

Ma c’è un elemento di novità, nel<br />

rapporto 2009 dei Servizi. Ed è, appunto,<br />

quello che assegna alle carceri un paradossale<br />

ruolo di collettore per le operazioni dei<br />

clan nazionali. Leggiamo. Scrive l’Aisi (Agenzia<br />

informazioni e sicurezza interna): “L’attività<br />

dell’Aisi sul fronte della lotta alla<br />

criminalità organizzata si è sv<strong>il</strong>uppata sotto<br />

<strong>il</strong> duplice prof<strong>il</strong>o della ricerca informativa e<br />

dell’analisi, a supporto e nel contesto di una<br />

pagante strategia interistituzionale a tutto<br />

tondo cui concorrono, in prima linea, magistratura<br />

e forze dell’ordine, amministrazione<br />

prefettizia e penitenziaria, organi di vig<strong>il</strong>anza<br />

Inchieste<br />

bancaria e finanziaria (…) Le evidenze<br />

emerse hanno consentito di cogliere, con costanza<br />

e tempestività, note evolutive e linee<br />

di tendenza dello scenario criminale nazionale<br />

al fine di formulare aggiornate e attendib<strong>il</strong>i<br />

previsioni di rischio per la sicurezza e<br />

per lo sv<strong>il</strong>uppo economico-sociale del Paese.<br />

In questa prospettiva, <strong>il</strong> livello di minaccia<br />

espresso dal fenomeno mafioso resta elevato<br />

soprattutto per la capacità dei sodalizi<br />

di inquinare e condizionare l’economia non<br />

soltanto a livello locale, ma anche nazionale.<br />

Sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o delle dinamiche criminali, <strong>il</strong><br />

dato più significativo – dovuto all’arresto di<br />

numerosi elementi apicali delle organizzazioni<br />

mafiose – è parso quello dell’inedita<br />

concentrazione di leadership in ambito detentivo<br />

e della correlata, accresciuta valenza<br />

del circuito carcerario quale potenziale centro<br />

mediatore degli indirizzi strategici dei<br />

boss reclusi”.<br />

È una lettura molto istruttiva, quella del Rap-<br />

“L’allarme dell’Agenzia<br />

Informazione e Sicurezza<br />

Interna è scaato dopo i<br />

recenti arresti di molti<br />

capi clan”<br />

porto annuale dei Servizi al Parlamento. Sia<br />

perché si tratta di un documento che di solito<br />

serve da base al rapporto annuale della<br />

Dia (Direzione investigativa antimafia) e a<br />

quello della Dna (Direzione nazionale antimafia),<br />

che tra l’altro raccoglie le specifiche<br />

relazioni distrettuali delle procure antimafia<br />

sulle specificità territoriali e sulle risultanze<br />

del lavoro della magistratura; sia perché, soprattutto,<br />

muove da materiali e studi del<br />

tutto diversi da quelli della magistratura e<br />

delle forze dell’ordine. Gli analisti di Aisi, Aise<br />

(Agenzia informazioni sicurezza esterna) e<br />

Cisr (Comitato interministeriale per la sicu-<br />

19


“Paradossalmente, è <strong>il</strong> messaggio dell’intelligence, la<br />

latanza rende più complicato questo momento<br />

fondamentale di scambio informavo”<br />

rezza della Repubblica) attingono a canali cosiddetti<br />

classificati, cioè a informazioni che,<br />

spesso, non sono in possesso nemmeno<br />

della magistratura (la quale, come si sa, si avvale<br />

della polizia giudiziaria per le indagini).<br />

Detto in poche parole, le informazioni dei<br />

Servizi arrivano solo ed esclusivamente sulla<br />

scrivania del capo del governo con cadenza<br />

mens<strong>il</strong>e. Solo in casi di imminente rischio e<br />

necessità gli apparati di intelligence condividono<br />

le analisi e le notizie con le forze dell’ordine<br />

e la magistratura. Leggendo la<br />

Relazione al Parlamento, si ha così un momento<br />

priv<strong>il</strong>egiato per la comprensione di dinamiche<br />

evolutive e linee di tendenza<br />

relative alle organizzazioni criminali e ai loro<br />

continui assestamenti.<br />

Fuor di burocratese, lo stralcio parla chiaro:<br />

nelle carceri, i boss si parlano. Comunicano.<br />

20<br />

Inchieste<br />

Decidono. Stringono patti, rinsaldando alleanze.<br />

Paradossalmente, è <strong>il</strong> messaggio dell’intelligence,<br />

la latitanza rende più<br />

complicato questo momento fondamentale<br />

di scambio informativo. Le lunghe distanze,<br />

gli spostamenti continui, <strong>il</strong> timore di essere<br />

pedinati o intercettati, la oggettiva difficoltà<br />

di accesso a computer o telefoni. Basti pensare<br />

ai famosi pizzini di Provenzano, foglietti<br />

datt<strong>il</strong>oscritti che passavano di mano in<br />

mano, di gregario in gregario, a volte impiegando<br />

ore o addirittura giorni per arrivare a<br />

destinazione. Le raffiche di arresti dei mesi<br />

scorsi, dicono i Servizi, hanno creato le condizioni<br />

di una “inedita concentrazione di leadership”<br />

all’interno delle carceri. Fenomeno<br />

inevitab<strong>il</strong>e, insomma, quello di una direzione<br />

da dentro <strong>il</strong> carcere dato che, oltre agli arresti<br />

dei latitanti e capi storici di Cosa Nostra


come i corleonesi Totò Riina e Provenzano,<br />

sono finiti al 41bis capimafia come Salvatore<br />

e Sandro Lo Piccolo, i fratelli Giuseppe e F<strong>il</strong>ippo<br />

Graviano, Nino Rotolo e <strong>il</strong> suo erede<br />

Gianni Nicchi, i Mandalà padre e figlio. Senza<br />

contare gli ergastolani dei grandi procedimenti<br />

come <strong>il</strong> maxiprocesso di Palermo contro<br />

Cosa Nostra e <strong>il</strong> processo Spartacus<br />

contro i Casalesi, che hanno portato in carcere<br />

tutti gli uomini di spicco delle famiglie<br />

e dei mandamenti mafiosi e i vertici dei clan<br />

camorristici degli Schiavone e dei Bidognetti.<br />

Senza dimenticare i numerosi arresti di latitanti<br />

che hanno costellato tutto <strong>il</strong> 2009 e i<br />

primi mesi del 2010: Salvatore Miceli in Venezuela,<br />

Ciro Mazzarella nella Repubblica<br />

dominicana, Simone Castello in Spagna,<br />

Bruno Cannizzaro in Francia, Giovanni Strangio<br />

e Francesco Romeo in Olanda, Giovanni<br />

Pancotto in Germania, Giancarlo De Luca in<br />

Ungheria, Gaetano Ferrone in Romania, Antonio<br />

Pelle, Salvatore Coluccio e Carmelo<br />

Barbaro a Reggio Calabria, Santo La Causa a<br />

Catania, Nicchi e Lo Nigro a Palermo, Domenico<br />

Raccuglia a Trapani, Gaetano Fidanzati a<br />

M<strong>il</strong>ano, Candeloro Parrello a Roma, Giu-<br />

Inchieste<br />

seppe Setola e Raffaele Diana a Caserta, Carmine<br />

e Pasquale Russo ad Avellino, Luigi<br />

Esposito a <strong>Napoli</strong>.<br />

È un fenomeno, questo del carcere come<br />

collettore, che già l’allora procuratore nazionale<br />

Antimafia Pier Luigi Vigna aveva individuato<br />

nel corso di una sua audizione<br />

davanti alla commissione antimafia della Camera.<br />

Ragionando sulla presenza e sull’alta<br />

densità di mafiosi, o di loro fam<strong>il</strong>iari e sodali,<br />

in territori tutto sommato non manifestamente<br />

m<strong>il</strong>itarizzati come per esempio la Toscana,<br />

Vigna spiegava: “In Toscana vi è un<br />

forte insediamento mafioso. Una delle ragioni<br />

è riconducib<strong>il</strong>e ai vecchi soggiornanti<br />

obbligati. Ho esaminato alcuni studi in base<br />

ai quali negli anni Settanta la Toscana era al<br />

secondo posto tra le regioni che ospitavano<br />

soggiornanti obbligati, soprattutto in quelle<br />

fasce di territorio. Penso alla costa tirrenica<br />

o ad altre aree interne, dove poi è stata riscontrata<br />

una più consistente presenza di insediamenti<br />

mafiosi. La ragione principale<br />

non è dovuta tanto al soggiorno obbligato in<br />

sé, ma al relativo “trascinamento”. In sostanza,<br />

la persona costretta al soggiorno obbligato<br />

“trascina” parenti ed amici. La cosa<br />

stupenda è constatare la ragnatela di parentele<br />

che si è creata in Toscana tra soggetti<br />

provenienti da altre regioni, per effetto di<br />

matrimoni e di forme di padrinaggio”.<br />

Che cosa fare? I Servizi non danno risposte .<br />

Quelle toccano alla politica. Ma, sottotraccia,<br />

dal testo è possib<strong>il</strong>e estrarre una possib<strong>il</strong>e<br />

soluzione. “In tale quadro – conclude<br />

l’analisi – si collocano le misure varate a luglio<br />

nel “pacchetto sicurezza” volto a recidere,<br />

con l’inasprimento del regime di<br />

detenzione del 41 bis, le catene di comando<br />

tra i vertici mafiosi ristretti e le rispettive<br />

consorterie. La congiuntura ha fatto registrare,<br />

nel carcerario, tensioni tra boss e tentativi<br />

di aggregazione finalizzati a elaborare<br />

condivise forme di lotta al cd. carcere duro:<br />

all’esterno, situazioni di effervescenza animate<br />

da gregari interessati ad affrancarsi dal<br />

peso dei detenuti per guadagnare un autonomo<br />

potere territoriale”. Inasprimento del<br />

41 bis. Levare aria alle parole dei boss. Spezzare<br />

le comunicazioni. Solo così, forse, le carceri<br />

torneranno a essere barriera e non<br />

megafono.<br />

21


Dal Centro al Nord la mappatura delle mafie<br />

Gli insediamenti di cosche, clan e ‘ndrine lungo lo stivale<br />

di Lara Vardanni<br />

Fenomeni territoriali, ma non solo. È notorio<br />

che la criminalità organizzata meridionale è<br />

fortemente radicata al proprio territorio di<br />

appartenenza, da cui trova linfa ed in alcuni<br />

casi anche la propria ragion d’essere; ma è altrettanto<br />

accertato che ‘ndrangheta, camorra<br />

e mafia estendono i loro interessi, prevalentemente<br />

economici, anche nel resto d’Italia e<br />

talvolta varcano i confini nazionali.<br />

Al fenomeno sono dedicati una serie di dossier<br />

territoriali mirati su alcune delle principali<br />

città italiane.<br />

Particolarmente preoccupante lo scenario relativo<br />

a Roma e M<strong>il</strong>ano.<br />

Come si evince dalla mappa su M<strong>il</strong>ano, in<br />

questa zona viene praticato qualunque tipo<br />

di attività <strong>il</strong>lecita. Gli enormi proventi di questi<br />

affari, secondo un meccanismo ben collaudato,<br />

avviano una seconda fase<br />

dell’organizzazione: ingenti quantità di denaro<br />

vengono infatti ripulite con attività legali:<br />

ristoranti, club, bar, autosaloni, negozi di<br />

abbigliamento, finanziare, grandi magazzini.<br />

La presenza di associazioni a delinquere, fenomeno<br />

storicamente presente in Lombardia,<br />

è caratterizzato da gruppi criminali<br />

aff<strong>il</strong>iati ai clan malavitosi di Campania, Calabria<br />

e Sic<strong>il</strong>ia, che spesso si intrecciano, sovrapponendosi,<br />

anche nelle medesime zone,<br />

specialmente nel centro cittadino. La stessa<br />

DIA ha evidenziato come vi sia una presenza<br />

massiccia di elementi collegati alla ‘ndrangheta.<br />

La zona orientale della Regione, soprattutto<br />

le Province di Bergamo e Brescia, sono territorio<br />

di conquista per le mafie straniere, specie<br />

albanese e nigeriana.<br />

Concentrandoci sulla città di M<strong>il</strong>ano scopriamo<br />

che la città rimane sotto l’influenza<br />

di una strana pax mafiosa tra le varie mafie<br />

italiane.<br />

La ‘ndrangheta rimane la mafia dominante in<br />

Lombardia e quindi anche nel suo capoluogo,<br />

occupando i territori a sud-ovest, come i centri<br />

di Buccinasco e Cesano Boscone, con le famiglie<br />

Papalia, Mazzaferro e Di Giovine e i<br />

territori a est, come la zona dell’ortomercato<br />

22<br />

Inchieste<br />

“Dalla Chinatown di M<strong>il</strong>ano<br />

alle cosche dei Castelli<br />

Romani e della Magliana,<br />

come la malavita meridionale<br />

è riuscita a inf<strong>il</strong>trarsi”<br />

di via Lomboroso, un vero e proprio quartier<br />

generale della ‘ndrangheta, con <strong>il</strong> clan Morabito-Bruzzantini-Palamara.<br />

La zona a nord del capoluogo lombardo, invece,<br />

è <strong>il</strong> quartier generale di Cosa Nostra<br />

specialmente nei territori di San Siro.<br />

Vicino al centro città si sono sv<strong>il</strong>uppate invece<br />

tutte le mafie straniere come la cinese, nella<br />

zona di Chinatown, quella nordafricana, nella<br />

zona fashion di Corso Como, quella albanese<br />

e quella rumena nelle vicinanze della Stazione<br />

Centrale.<br />

Non manca certo anche un’inf<strong>il</strong>trazione importante<br />

in città anche della camorra, con la<br />

famiglia Zagaria, del clan dei Casalesi, specialmente<br />

nella zona sud-est e sui territori attigui<br />

ai Navigli.<br />

“Tale situazione fa pensare ad una diversificazione<br />

della strategia della criminalità organizzata,<br />

di cui ancora non comprendiamo i<br />

contorni, ma che chiaramente viene sottovalutata<br />

da parte delle Istituzioni”, commenta<br />

la sociologa Monia <strong>Napoli</strong>tano, che ha coordinato<br />

la redazione dei dossier.<br />

Recentissima (29 apr<strong>il</strong>e) la presentazione del<br />

dossier relativo alla capitale, aggiornato con i<br />

dati del numero verde antiusura della Provincia<br />

di Roma.<br />

Accanto alle forme di criminalità organizzata<br />

classica – si evidenzia nello studio – si assiste<br />

oggi a Roma e nel Lazio a fenomeni di alleanze<br />

e all’espansione di nuovi patti criminali<br />

tra inf<strong>il</strong>trazioni nostrane e altre di diversa<br />

etnia. Oltre a mafia, ’ndrangheta, camorra,<br />

evidenti sono gruppi criminali identificab<strong>il</strong>i<br />

come le “nuove mafie”. Cinesi, nigeriani, al-


anesi, romeni, rom collaborano attivamente<br />

con la criminalità italiana spartendosi<br />

proventi e territori. Allo stato attuale, queste<br />

convivono senza conflitti tra di loro, sovrapponendosi,<br />

praticando qualunque tipo<br />

di attività <strong>il</strong>lecita: spaccio di stupefacenti,<br />

prostituzione, estorsione, usura, smaltimento<br />

dei rifiuti tossici. In definitiva: tutto<br />

ciò che è altamente redditizio. Tranne qualche<br />

rara eccezione, esiste una forte stab<strong>il</strong>ità<br />

tra le varie organizzazioni presenti sul territorio<br />

laziale. Secondo la Dia e la Procura di<br />

Roma sarebbero oltre venti le ‘ndrine presenti<br />

nel Lazio impegnate nel riciclaggio dei<br />

capitali. Negli ultimi anni, la ‘ndrangheta si è<br />

sempre più attestata nel territorio sia per avviare<br />

attività commerciali e finanziarie in<br />

grado di riciclare capitali, sia per aumentare<br />

<strong>il</strong> volume dei guadagni con <strong>il</strong> gioco d’azzardo,<br />

le estorsioni, l’usura e traffico di droga. Oltre<br />

al sud pontino una delle città più colpite è<br />

appunto la Capitale. Oltre al settore della ristorazione<br />

e ai supermercati, le mani delle<br />

cosche sono arrivate fino all’affare del momento:<br />

i centri commerciali. Il rapporto ha<br />

documentato altresì che nella capitale ci sarebero<br />

6S inf<strong>il</strong>trazioni mafiose che dominano<br />

la scena e si suddividono così: al Flaminio<br />

operano 5 ‘ndrine (Morabito, Bruzzaniti, Palamara,<br />

Speranza e Scriva) a S. Bas<strong>il</strong>io la<br />

‘ndrina Sergi-Marando, ad Ostia c’è la Camorra<br />

e Cosa Nostra, a Ciampino e Centocelle<br />

la Camorra del clan Senese, i ben<br />

conosciuti Casamonica dediti in particolare<br />

all’usura all’Appio Tuscolano e alla Borghesiana,<br />

<strong>il</strong> clan Ierinò. Oltre all’onnipresente<br />

clan dei Casalesi che nel basso Lazio, anche<br />

per ragioni geografiche, mantiene cospicui<br />

interessi.<br />

“Una riunione ad hoc del Comitato provinciale<br />

per l’ordine e la sicurezza sarà richiesta<br />

Inchieste<br />

per analizzare l’inf<strong>il</strong>trazione della criminalità<br />

organizzata nel territorio romano”. E’ quanto<br />

ci anticipa <strong>il</strong> Presidente della Provincia di<br />

Roma, Nicola Zingaretti, che così mostra di<br />

condividere analisi e preoccupazioni dell’associazione.<br />

Sotto <strong>il</strong> giogo delle mafie anche Velletri e in<br />

particolare i Castelli Romani, con esponenti<br />

legati alla banda della Magliana ed alla<br />

Camorra campana.<br />

“L’analisi storica del fenomeno – spiega<br />

Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di CO-<br />

DICI - ci porta a dire che i clan storici non<br />

sembrano più avere basi strategiche nella Capitale,<br />

ma hanno sv<strong>il</strong>uppato la loro presenza<br />

nelle aree dei Castelli dove, chiaramente,<br />

hanno anche <strong>il</strong> controllo del territorio. Per<br />

questo parliamo di “funzione strategica” dei<br />

Castelli Romani. Ma grazie alle numerose<br />

operazioni delle forze dell’ordine e degli interventi<br />

dello Stato è stato inflitto un duro<br />

colpo alle organizzazioni criminali ed in particolare<br />

al clan dei casalesi“. Nel mirino delle<br />

forze dell’ordine anche le organizzazioni legate<br />

alla storica banda della Magliana, dedita<br />

in particolare al riciclaggio e all’usura. Oggi<br />

assistiamo così ad un cambiamento del contesto<br />

di azione e, molto probab<strong>il</strong>mente, si assisterà<br />

ad un riassetto all’interno del clan.<br />

Il dossier dedicato a Roma e al Lazio è aggiornato<br />

con i dati del numero verde antiusura<br />

della Provincia. Il 2009 ha registrato un<br />

aumento dei contatti quantificab<strong>il</strong>e nel 23,24<br />

per cento; <strong>il</strong> 51,37 per cento dei contatti ha<br />

tra 26 e i 45 anni, con un incremento rispetto<br />

al 2008 del 23,7 per cento.<br />

“Il Numero Verde Antiusura - commenta l’Assessore<br />

provinciale alla Tutela del Consumatore<br />

e Lotta all’Usura, Serena Visintin - è uno<br />

degli strumenti per la conoscenza e la prevenzione<br />

dell’usura sul territorio provinciale.<br />

Ad esso nell’ultimo anno abbiamo affiancato<br />

<strong>il</strong> Protocollo di intesa firmato da 12 comuni<br />

col quale è prevista la defiscalizzazione per<br />

coloro che denunciano tentativi di usura. E’<br />

un fatto storico - spiega l’assessore Visintin, -<br />

poiché per la prima volta la Provincia si costituisce<br />

parte civ<strong>il</strong>e in un processo per usura<br />

ritenendosi parte offesa, creando l’opportunità<br />

di costituirsi parte civ<strong>il</strong>e anche in altri<br />

processi con la stessa tipologia.<br />

23


Quando la 'ndrangheta si sposta al Nord Italia<br />

La Lombardia come crocevia per <strong>il</strong> reimpiego di capitali <strong>il</strong>leci<br />

dal nostro corrispondente Gianni Di Lascio<br />

Al nord la criminalità e <strong>il</strong> malaffare sono di colore<br />

rosso accesso. Non <strong>il</strong> rosso sangue che<br />

troppo spesso ha bagnato le strade di città del<br />

sud come <strong>Napoli</strong> o Palermo, ma lo scarlatto<br />

della ‘nduja e del peperoncino calabresi. Qui<br />

non si spara, perché al nord la mafia deve assomigliare<br />

alla nebbia di M<strong>il</strong>ano in un celebre<br />

f<strong>il</strong>m di Totò: “quando c’è non si vede”. Eppure<br />

qui <strong>il</strong> crimine ha un nome, ‘ndrangheta, e tanti<br />

cognomi: gli stessi delle ‘ndrine che a parecchie<br />

centinaia di ch<strong>il</strong>ometri sono “un’autorità”,<br />

e che qui preferiscono agire nel s<strong>il</strong>enzio<br />

e nell’ombra. Ma sempre facendo i propri<br />

“sporchi affari”. Secondo <strong>il</strong> rapporto dell’Osservatorio<br />

socioeconomico sulla criminalità<br />

del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro<br />

(Cnel) presentato lo scorso febbraio, la<br />

‘ndrangheta è l’organizzazione criminale numero<br />

uno al nord. Pizzo, usura, finanza e<br />

droga, fino ad arrivare all’ed<strong>il</strong>izia e ai grandi<br />

appalti: all’ombra della Madonnina la ‘ndrangheta<br />

conquista s<strong>il</strong>enziosa pezzi di economia<br />

legale. Ci sono le mani delle cosche sui lavori<br />

dell’Alta velocità ferroviaria e in quelli dell’ampliamento<br />

dall’autostrada A4 “M<strong>il</strong>ano-<br />

Bergamo”, c’è <strong>il</strong> mondo delle banche e<br />

dell’alta finanza ma, soprattutto, c’è l’Expo<br />

2015 ormai alle porte.<br />

La mafia arrivata con lo Stato.<br />

E’ <strong>il</strong> 1954 quando Giacomo Zagari, originario<br />

di San Ferdinando nella Piana di Gioia Tauro,<br />

si trasferisce prima a Galliate Lombardo e poi<br />

a Buguggiate. E’ la prima famiglia di ‘ndrangheta<br />

di cui si abbia notizia in Lombardia. Ma<br />

è <strong>il</strong> decennio che verrà, quello compreso tra<br />

gli anni 60 e 70, a segnare <strong>il</strong> “contagio” malavitoso<br />

del nord. E, anche se può sembrare paradossale,<br />

parte della responsab<strong>il</strong>ità sarà<br />

proprio dello Stato. Già, perché saranno le<br />

istituzioni nel 1965 a estendere <strong>il</strong> soggiorno<br />

obbligato anche ai mafiosi. Una vagonata di<br />

oltre 400 uomini delle cosche si trapiantano<br />

forzatamente nelle province di M<strong>il</strong>ano, Varese,<br />

Como, Lecco, Brescia e Pavia. Terreni<br />

resi fert<strong>il</strong>i dal boom economico dove la “malerba”<br />

non tarda ad attecchire. Prima <strong>il</strong> controllo<br />

delle bische e del contrabbando, poi i<br />

24<br />

Inchieste<br />

“Tuo comincia nel 1954, col<br />

trasferimento della famiglia<br />

Zagari. Successivamente la<br />

situazione precipita grazie ai<br />

soggiorniobbliga400uomini<br />

trapianta a M<strong>il</strong>ano, Varese,<br />

Como, Lecco”<br />

sequestri di persona, per finire ai giorni nostri<br />

con <strong>il</strong> monopolio sul mercato delle sostanze<br />

stupefacenti e le inf<strong>il</strong>trazioni negli appalti<br />

pubblici.<br />

Ma a differenza del passato, oggi boss e gregari<br />

sono pienamente inseriti in settori dell’economia.<br />

Posseggono immob<strong>il</strong>i, attività<br />

imprenditoriali, commerciali, sono impegnati<br />

nel riciclaggio e nella ricerca di relazioni con <strong>il</strong><br />

mondo politico. Le cosche calabresi hanno<br />

fatto un definitivo salto di qualità: dalle srl alle<br />

spa. Si muovono come le società quotate in<br />

borsa, usano trucchi del mestiere come le<br />

“scatole cinesi”, si impongono al territorio<br />

come una vera e propria banca parallela. La<br />

‘ndrangheta aiuta gli imprenditori in difficoltà,<br />

offre fideiussioni e prestiti. I traffici <strong>il</strong>leciti<br />

viaggiano su internet. Gli aff<strong>il</strong>iati criptano le<br />

loro comunicazioni con sistemi come Voip e<br />

Skype, pur mantenendo l’antichissimo linguaggio<br />

dei pastori. Una rete fatta di broker<br />

e commercialisti, avvocati e dirigenti di banca:<br />

l’incarnazione esemplare della cosiddetta<br />

“mafia dei colletti bianchi”.<br />

Le mappe criminali.<br />

Ogni cosca si è presa la sua fetta di torta. Da<br />

M<strong>il</strong>ano all’hinterland <strong>il</strong> controllo è cap<strong>il</strong>lare,<br />

senza lotte o faide intestine. Tutto si muove<br />

secondo taciti accordi tra famiglie che qui,<br />

come al sud, sono capaci di dettare legge. Lo<br />

sanno le imprese, i cittadini, le istituzioni. E lo<br />

sanno anche le forze dell’ordine, tanto che la


Manifestan in piazza Duomo durante <strong>il</strong> corteo di Libera a M<strong>il</strong>ano<br />

Squadra Mob<strong>il</strong>e di M<strong>il</strong>ano dispone di una<br />

mappa dove ogni centro di una certa importanza,<br />

compreso tra <strong>il</strong> capoluogo e <strong>il</strong> confine<br />

con la Svizzera, è colonizzato. A scorrere la<br />

lista ci si imbatte in cognomi tristemente noti<br />

con <strong>il</strong> marchio di ‘ndrine. Trezzano sul Naviglio,<br />

Cesano Boscone e Buccinasco sono <strong>il</strong><br />

“regno” dei Barbaro-Papalia di Platì, l’area dell’Ortomercato<br />

è sotto lo scacco dei Morabito-<br />

Bruzzaniti-Palamara, <strong>il</strong> territorio di Legnano è<br />

nelle mani delle cosche dei Novella e Rispoli. E<br />

così via, fino a non lasciare scoperto neanche<br />

<strong>il</strong> più piccolo comune. Si stringono alleanze<br />

con Cosa nostra e con la Camorra, e si riproducono<br />

nei quartieri modelli sociali tipici delle<br />

zone di provenienza.<br />

“Dobbiamo dimenticare l’idea del mafioso<br />

coppola e lupara – ha recentemente affermato<br />

Alberto Nob<strong>il</strong>i, Procuratore aggiunto di<br />

M<strong>il</strong>ano e uomo di prima linea nel contrasto<br />

alla criminalità organizzata al nord – Nel settentrione<br />

la ‘ndrangheta ha una presenza consolidata<br />

con una marcata penetrazione nel<br />

circuito economico. Le famiglie hanno una<br />

forte capacità di rigenerazione. Si possono arrestare<br />

i nonni, i padri e i figli, ma poi ci sono i<br />

nipoti pronti a portare avanti le tradizioni.<br />

Siamo alla seconda e terza generazione di malavitosi.<br />

Gente non più trapiantata, ma che è<br />

Inchieste<br />

nata e cresciuta proprio in questi territori”.<br />

A metterlo nero su bianco è anche <strong>il</strong> Sostituto<br />

procuratore di M<strong>il</strong>ano, Ferdinando Pomarici:<br />

“Il modus operandi delle cosche calabresi - ha<br />

scritto nella sua relazione inviata a dicembre<br />

2009 alla Commissione parlamentare antimafia<br />

- integra una forma di controllo sociale e<br />

ambientale selettiva e strettamente funzionale<br />

alla conduzione del programma criminoso<br />

in un’area geografica diversa per cultura,<br />

mentalità e abitudini rispetto a quella di origine.<br />

Un’attività estremamente pericolosa per<br />

la sua occulta pervasività e per gli effetti provocati<br />

sulle persone e sul mercato, la cui turbativa<br />

esercita gravi compromissioni anche<br />

sull’economia”.<br />

Neanche la politica sembra immune alla colonizzazione<br />

malavitosa. L’ultimo episodio ha<br />

portato in carcere lo scorso febbraio l’ex sindaco<br />

di Trezzano sul Naviglio (in quota centrosinistra)<br />

e un consigliere comunale del<br />

Popolo della Libertà. Secondo l’accusa avrebbero<br />

preso tangenti per agevolare gli affari<br />

della Kreiamo, una società immob<strong>il</strong>iare probab<strong>il</strong>mente<br />

legata alla famiglia Papalia. Appalti<br />

di ogni genere dietro cui sembra<br />

nascondersi l’ombra della ‘ndrangheta.<br />

Intorno ai clan viaggiano anche le commesse e<br />

i lavori per le grandi opere: alta velocità ferroviaria<br />

e ampliamento dell’autostrada A4 in<br />

25


Uno striscione sull'Expo durante <strong>il</strong> corteo di Libera a M<strong>il</strong>ano 2010<br />

testa. Società coinvolte nei subappalti, procedure<br />

irregolari e cave ut<strong>il</strong>izzate per smaltire<br />

<strong>il</strong>lecitamente i rifiuti: <strong>il</strong> campionario<br />

dell’<strong>il</strong>lecito non si lascia sfuggire nulla.<br />

Eppure tutti questi esempi non fanno notizia,<br />

non creano indignazione, non lasciano <strong>il</strong><br />

segno. Delle inchieste e degli intrecci della<br />

malavita si parla poco, anche sui giornali e in<br />

televisione. Chi, invece, prova a portare allo<br />

scoperto una realtà che è già sotto gli occhi<br />

di tutti, ne fa le spese in prima persona. Ne<br />

sa qualcosa Giulio Cavalli, giovane attore lodigiano,<br />

che nel suo spettacolo “A cento passi<br />

dal Duomo” denuncia gli affari delle cosche<br />

in Lombardia, facendo nomi e cognomi di politici<br />

e aziende collusi con la criminalità organizzata.<br />

Per questo è oggetto di minacce, al<br />

punto di finire sotto scorta. Non a Palermo,<br />

non a <strong>Napoli</strong>. Ma a Lodi, in Lombardia. “Le<br />

mafie si nascondono dove la mancanza di osservazione<br />

gli permette di pascolare – ci ha<br />

raccontato l’attore camminando nel corteo<br />

di M<strong>il</strong>ano organizzato da Libera per la XV giornata<br />

della memoria per le vittime della mafia<br />

26<br />

Inchieste<br />

<strong>il</strong> 20 marzo scorso – A M<strong>il</strong>ano continuano a<br />

farlo diverse famiglie da almeno 4 generazioni.<br />

Accanto alla cocaina, <strong>il</strong> movimento<br />

terra e l’ed<strong>il</strong>izia sono i settori più ricercati per<br />

reinvestire i capitali dalla ‘ndrangheta, che in<br />

Lombardia ha una presenza s<strong>il</strong>enziosa ma<br />

molto più prepotente di quello che si crede”.<br />

S<strong>il</strong>enziosa sì, ma talmente plateale da essere<br />

ormai visib<strong>il</strong>e anche sul palcoscenico di un<br />

teatro.<br />

‘Ndrangheta e ortomercato<br />

L’Ortomercato di M<strong>il</strong>ano è <strong>il</strong> più grande d’Italia.<br />

Ogni notte vi fanno capo centinaia di camion<br />

che distribuiscono i prodotti in tutta la<br />

regione. Ci lavorano circa 3 m<strong>il</strong>a persone, per<br />

un giro d’affari di 3 m<strong>il</strong>ioni di euro al giorno<br />

con 150 tra imprese e cooperative interessate.<br />

Un affare che la ‘ndrangheta fiuta al<br />

volo. Secondo l’ordinanza di custodia cautelare<br />

emessa nel 2007 nei confronti di Salvatore<br />

Morabito, Antonino Palamara, Pasquale<br />

Modaffari e altre 21 persone, la cosca Morabito-Bruzzaniti,<br />

era riuscita a ut<strong>il</strong>izzare le<br />

strutture dell’Ortomercato come punto di ri-


ferimento per incontri e per la gestione di<br />

grosse partite di sostanze stupefacenti. Nella<br />

rete degli investigatori finiscono 250 ch<strong>il</strong>i di<br />

cocaina e 90 cooperative, per lo più fasulle,<br />

ut<strong>il</strong>izzate in modo da riciclare fino a 9 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro in 3 anni.<br />

Tra le storie delle ‘ndrine legate a quest’area,<br />

anche quella di Salvatore Morabito, nipote<br />

del boss calabrese Giuseppe. E’ lui l’uomo<br />

che, nel 2004, al ritorno da un periodo di soggiorno<br />

obbligato ad Africo (Reggio Calabria),<br />

riesce a ottenere un pass r<strong>il</strong>asciato dalla<br />

So.ge.mi. (la società che gestisce per conto<br />

del comune di M<strong>il</strong>ano l’intera area dell’Ortomercato)<br />

per i suoi spostamenti all’interno<br />

dell’area commerciale da effettuare a bordo<br />

della sua Ferrari. Ma non è tutto. La capacità<br />

di influenza del gruppo, infatti, era arrivata al<br />

punto che la società Spam srl, di cui Morabito<br />

era socio occulto, aveva ottenuto sempre<br />

dalla So.ge.mi la concessione ad aprire nello<br />

stab<strong>il</strong>e di via Lombroso un night club, <strong>il</strong> For a<br />

king, inaugurato nel 2007 con Antonio Palamara.<br />

E per finanziare la ristrutturazione del<br />

Inchieste<br />

Manifestan in piazza Duomo durante <strong>il</strong> corteo di Libera M<strong>il</strong>ano<br />

night erano arrivati anche 400m<strong>il</strong>a euro dalla<br />

banca Unicredit di via San Marco grazie a un<br />

prestanome. Ad agosto 2008 le prime condanne<br />

emesse dal Giudice dell’udienza preliminare<br />

Fabio Paparella con pene comprese<br />

tra i 5 e i 14 anni di carcere. Ora <strong>il</strong> processo<br />

potrebbe essere a una nuova svolta, con le richieste<br />

di condanna da parte del Pubblico ministero<br />

arrivate lo scorso marzo, e che<br />

prevedono pene fino a 10 anni di reclusione.<br />

Gli affari d’oro della mafia che “non esiste”<br />

Secondo recenti statistiche la Lombardia è la<br />

prima regione in Italia per traffico di cocaina<br />

e M<strong>il</strong>ano è la piazza dove si fa <strong>il</strong> prezzo delle<br />

sostanze per tutto <strong>il</strong> nord Europa. Un primato<br />

conquistato grazie alle circa 120 m<strong>il</strong>a persone<br />

che ne fanno uso stab<strong>il</strong>e o saltuario e a un aeroporto,<br />

quello di Malpensa, che è <strong>il</strong> più interessato<br />

dai flussi di droga provenienti<br />

dall’estero.<br />

Ma la Lombardia è anche la prima regione<br />

per segnalazioni di operazioni sospette in<br />

tema di riciclaggio all’ufficio Informazione finanziaria.<br />

Un crocevia di attività che offre nu-<br />

27


Don Cio inquadrato nel maxi schermo durante la manifestazione di Libera a M<strong>il</strong>ano 2010<br />

merose e diversificate possib<strong>il</strong>ità di reimpiego<br />

dei capitali accumulati <strong>il</strong>lecitamente dalle cosche.<br />

Sono 116 i comuni lombardi che hanno<br />

confiscato almeno un bene alla mafia e 639 i<br />

beni immob<strong>il</strong>i sequestrati in Lombardia. Un<br />

segno tangib<strong>il</strong>e dell’importanza degli investimenti<br />

della malavita nella regione che, come<br />

sottolinea <strong>il</strong> report “Mafie in Lombardia” dell’associazione<br />

Libera, è quinta in Italia per numero<br />

di beni confiscati dopo Sic<strong>il</strong>ia,<br />

Campania, Calabria e Puglia. A Quarto Oggiaro,<br />

quartiere nord della periferia di M<strong>il</strong>ano,<br />

nel 2007 si scopre che su 4 m<strong>il</strong>a appartamenti<br />

popolari (per l’80% di proprietà dell’Aler,<br />

l’azienda lombarda di ed<strong>il</strong>izia residenziale),<br />

700 sono occupati abusivamente. Le case servono<br />

ai parenti di ‘ndranghetisti e camorristi<br />

in carcere o come fabbriche per lo smercio di<br />

droga. Alla Bicocca ci sono le “case rosse”, 6<br />

torri di ed<strong>il</strong>izia popolare dove 216 alloggi rispondono<br />

alla famiglia dei Porcino. Nei box<br />

una catasta di motori, portiere e gomme: è <strong>il</strong><br />

deposito delle auto rubate, smontate e<br />

pronte a essere rivendute come pezzi di ricambio.<br />

Due macchine parcheggiate l’una di<br />

fronte all’altra segnano <strong>il</strong> confine tra M<strong>il</strong>ano<br />

e la ‘ndrangheta. A dicembre 2009 <strong>il</strong> tribunale<br />

ha sospeso 9 società immob<strong>il</strong>iari per 6 mesi<br />

come misura preventiva contro <strong>il</strong> rischio di inf<strong>il</strong>trazioni:<br />

è la prima volta che a M<strong>il</strong>ano viene<br />

preso un provvedimento del genere.<br />

28<br />

Inchieste<br />

La misura sembra colma, tanto che <strong>il</strong> 21 gennaio<br />

2010 arriva in città la Commissione parlamentare<br />

antimafia. Un evento eccezionale<br />

che non capitava da 16 anni, e che riporta alla<br />

memoria storie del passato come l’omicidio<br />

Ambrosoli del 1979 o la bomba di via Palestro<br />

nel 1993. Ma a far tremare i muri del palazzo<br />

non saranno i provvedimenti presi quanto le<br />

parole del prefetto Gian Valerio Lombardi: “A<br />

M<strong>il</strong>ano la mafia non esiste – o meglio - A M<strong>il</strong>ano<br />

ci sono alcuni clan, ma non per questo<br />

si può dire che la mafia esiste”.<br />

Parole che, a giudizio di molti, lasciano sgomenti<br />

e che non cessano di rimbombare<br />

anche a distanza di mesi. “Una specie di incidente<br />

– ha commentato al nostro taccuino<br />

Walter Veltroni durante la manifestazione di<br />

Libera a M<strong>il</strong>ano – perché a quella frase sono<br />

seguite le parole di chi indaga che hanno dimostrato<br />

tutto <strong>il</strong> contrario. Dai controlli nei<br />

cantieri all’esame della situazione in alcuni<br />

comuni, dal movimento terra al settore dei<br />

calcestruzzi, è emerso che la mafia, e la<br />

‘ndrangheta in particolare, è in una posizione<br />

molto centrale”.<br />

Tagliente anche <strong>il</strong> commento di Gian Carlo<br />

Caselli, ex procuratore antimafia a Palermo<br />

ora in carica a Torino: “So che <strong>il</strong> ministro degli<br />

Interni ha creato un osservatorio – ci ha spiegato<br />

sul retro del palco di M<strong>il</strong>ano mentre si<br />

leggevano i nomi delle vittime di mafia – per


“Polemica a M<strong>il</strong>ano sul<br />

rischio malavita. Il prefeo<br />

Lombardi: quì la mafia non<br />

esiste. Caselli risponde: le<br />

indagini confermano <strong>il</strong><br />

contrario. Intanto<strong>il</strong>Comune<br />

cancella l’anmafia”<br />

prevenire e monitorare possib<strong>il</strong>i inf<strong>il</strong>trazioni<br />

mafiose a M<strong>il</strong>ano in vista di grandi eventi e<br />

opere pubbliche. Se poi, invece, qualcuno sostiene<br />

che la mafia non esiste, occorre allora<br />

che si metta d’accordo con <strong>il</strong> ministero. Perché<br />

evidentemente qualcuno dei due sbaglia”.<br />

2015: Odissea Expo<br />

Il tempo corre e la ‘ndrangheta sa muoversi<br />

con anticipo. Nelle agendine dei boss si riempiono<br />

gli spazi con i nomi dei politici da agganciare<br />

e degli imprenditori da usare come<br />

faccia pulita in vista dell’Expo 2015: oltre 20<br />

m<strong>il</strong>iardi di euro d’investimento solo in infrastrutture<br />

Un evento internazionale che movimenterà<br />

presenze e relazioni, ma anche<br />

ingenti quantità di risorse sulle quali è prevedib<strong>il</strong>e<br />

che le organizzazioni criminali abbiano<br />

già puntato gli occhi. La macchina organizzativa<br />

del crimine è già al lavoro per fare incetta<br />

di terreni agricoli o di aree dimesse nella zona<br />

a nord di M<strong>il</strong>ano. Lotti pronti a ottenere un<br />

cambio di destinazione d’uso da sfruttare per<br />

costruire a costi lievitati.<br />

Un allarme ribadito anche in una recente relazione<br />

del magistrato Roberto Pennisi della<br />

Direzione nazionale antimafia: “Oggi la<br />

‘ndrangheta è diventata una multinazionale<br />

del crimine - si legge nel documento - Una<br />

vera e propria mafia imprenditrice capace di<br />

imporre agli operatori economici, anche in<br />

Lombardia, la sua presenza. Il tutto attraverso<br />

intimidazioni, danneggiamenti, roghi<br />

sui cantieri, incendi di vetture di concorrenti<br />

o di pubblici amministratori, minacce a mano<br />

armata, imposizione di un sovrapprezzo nei<br />

lavori di scavo, potendo così contare sulla<br />

conseguente condizione di assoggettamento<br />

e di omertà della generalità dei cittadini”. Il<br />

fine giustifica i mezzi insomma: quello che<br />

Inchieste<br />

conta è riuscire a ottenere per sé <strong>il</strong> boccone<br />

più succulento.<br />

“Al centro nord la mafia c’è – ci ha spiegato<br />

Luigi De Magistris, ex magistrato ora eurodeputato<br />

dell’Italia dei Valori - Va contrastata soprattutto<br />

quella mafia che è penetrata<br />

nell’economia, nella finanza, nella politica e<br />

nelle istituzioni: la vera linfa vitale per la mafia<br />

di tipo tradizionale. Bisogna far si che i magistrati<br />

e le forze dell’ordine – ha continuato dal<br />

retro del palco della manifestazione m<strong>il</strong>anese<br />

di Libera - vengano messi in condizione di lavorare<br />

non facendo leggi a ostacolo, non cancellando<br />

le intercettazioni telefoniche e non<br />

interferendo sulle attività della magistratura.<br />

E’ molto semplice: bisogna consentire a chi è<br />

preposto a contrastare <strong>il</strong> crimine, soprattutto<br />

questo che è così pericoloso, di lavorare bene<br />

e con efficacia”.<br />

Intanto anche sul fronte istituzionale si ci organizza<br />

per tempo, ma con alterne fortune. Il<br />

26 maggio del 2009, infatti, <strong>il</strong> Consiglio comunale<br />

di M<strong>il</strong>ano approva a maggioranza una delibera<br />

che revoca la nascita di una<br />

Commissione antimafia cittadina a soli 2 mesi<br />

dal voto all’unanimità con <strong>il</strong> quale era stata<br />

costituita. Uno stop che segna la scomparsa<br />

di uno strumento pensato per approfondire <strong>il</strong><br />

peso della presenza mafiosa sul territorio, e<br />

per avanzare proposte di intervento proprio<br />

alla vig<strong>il</strong>ia delle grandi opere connesse all’Expo.<br />

La palla passa di livello. A muoversi ora<br />

è <strong>il</strong> ministero dell’Interno che, <strong>il</strong> 14 gennaio<br />

2010, insedia presso la prefettura di M<strong>il</strong>ano <strong>il</strong><br />

Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza<br />

delle grandi opere. Al suo fianco anche<br />

<strong>il</strong> Gruppo interforze centrale per l’Expo 2015<br />

(Gicex): un team di lavoro composto da rappresentanti<br />

di tutte le forze di polizia esperti<br />

nel contrasto alle inf<strong>il</strong>trazioni mafiose nelle<br />

opere pubbliche. Staremo a vedere se sarà la<br />

scelta più efficace. L’allarme c’è e sembra essere<br />

percepito anche al di fuori dei confini nazionali.<br />

Al punto che anche l’Fbi americana<br />

avrebbe consigliato una capatina tra M<strong>il</strong>ano e<br />

Buccinasco al celebre scrittore di spy story,<br />

Frederick Forsyth, alla ricerca di spunti per un<br />

romanzo su ‘ndrangheta e traffico di cocaina.<br />

La realtà supererà la fantasia?<br />

29


Gli imprenditori vessa dallo strozzinaggio<br />

Si calcola che siano 532m<strong>il</strong>a le famiglie a rischio nel Mezzogiorno<br />

di Beniamino Daniele<br />

È ancora terrorizzato per quello che ha subito<br />

in tutti questi anni e non vuole che si sappiano<br />

<strong>il</strong> suo vero nome e dove vive. Giuseppe,<br />

nome di fantasia, è un imprenditore<br />

del Casertano. Opera e lavora nella terra dei<br />

casalesi, dove ha una ditta di lavorazione del<br />

marmo che più volte ha subito attentati intimidatori<br />

da parte della camorra. Qualche<br />

anno fa si è deciso a denunciare i suoi estorsori,<br />

ma da quel momento si può dire che<br />

siano cominciati i suoi veri problemi.<br />

A “taglieggiarlo” stavolta è quella che defini-<br />

“La vicenda di Giuseppe, che<br />

opera nel Casertano: spesso<br />

sonoleBanchechespingono<br />

fralebracciadegliusurai.Dopo<br />

la mia denuncia, mi è stato<br />

revocato<strong>il</strong>fido”<br />

sce la “criminalità legalizzata”, <strong>il</strong> sistema delle<br />

banche. “In molti casi sono proprio loro che<br />

ti spingono tra le braccia degli usurai - dice<br />

Giuseppe - e quando ti decidi a denunciare,<br />

in barba a tutti i protocolli d’intesa, ti creano<br />

una miriade di altri problemi. A me, per<br />

esempio, sono stati revocati i fidi e sono tornato<br />

alla situazione disperata di partenza”.<br />

Secondo una ricerca dalle associazioni antiracket<br />

e dei contribuenti effettuata nel 2008,<br />

la totalità delle persone finite nelle grinfie<br />

degli usurai aveva prima contattato istituti di<br />

credito con esito negativo e, una volta denunciati<br />

gli estorsori, sono rarissime le banche<br />

che aiutano gli imprenditori.<br />

Eppure per difendere e poi sostenere le vittime<br />

del racket e dell’usura sono stati firmati<br />

numerosi accordi e protocolli d’intesa.<br />

Nel 2003 Ministero dell’Interno, Commissario<br />

straordinario di Governo per <strong>il</strong> coordinamento<br />

delle iniziative antiracket e antiusura,<br />

30<br />

Inchieste<br />

l’Associazione bancaria italiana (Abi), le associazioni<br />

di categoria, associazioni e fondazioni<br />

antiusura a i Confidi firmarono <strong>il</strong><br />

“Protocollo d’intesa per la prevenzione dell’usura<br />

e la migliore ut<strong>il</strong>izzazione delle risorse<br />

del fondo speciale antiusura”.<br />

Quattro anni dopo, nel 2007, Ministero dell’Interno,<br />

Banca d’Italia, Abi e alcuni soggetti<br />

istituzionali e sociali sottoscrissero un altro<br />

accordo quadro per rendere più proficuo <strong>il</strong><br />

rapporto di collaborazione.<br />

Carta straccia, tutto inut<strong>il</strong>e. Secondo gli im-<br />

“Inuliiprotocollid'intesatra<br />

Ministero dell'Interno, Banca<br />

d'Italia, Abi e altre istuzioni.<br />

C'è chi è stato costreo a<br />

vendere, ma anche chi non si<br />

arrende”<br />

prenditori finiti nella morsa della criminalità,<br />

i protocolli sono inefficaci e in tutti i casi le<br />

banche si guardano bene dal rispettarli.<br />

Ma a cosa ci riferiamo quando parliamo di<br />

racket e di usura? Secondo i dati raccolti dalle<br />

associazioni antiracket e dei contribuenti, si<br />

tratta di un problema che coinvolge 300.000<br />

commercianti dei quali 160.000 pagano regolarmente<br />

<strong>il</strong> ‘pizzo’ e 140.000 sono preda<br />

degli strozzini, per un giro d’affari complessivo<br />

di 2 m<strong>il</strong>ioni e 600m<strong>il</strong>a euro.<br />

Non sono solo i proprietari di attività<br />

commerciali a essere taglieggiati.<br />

Niente e nessuno sembra sfuggire ai<br />

tentacoli della ‘piovra’ e, secondo la ricerca,<br />

a finire nelle maglie della criminalità<br />

sarebbero anche i cosiddetti<br />

insospettab<strong>il</strong>i: notai, commercialisti,<br />

studi professionali e abitanti di condomini<br />

che regolarmente pagano la tassa<br />

dell’<strong>il</strong>lecito.


Secondo le statistiche, <strong>il</strong> fenomeno è molto<br />

più radicato nel Mezzogiorno d’Italia, mentre<br />

ne è quasi risparmiato <strong>il</strong> nord est. La maglia<br />

nera spetta alla Campania con <strong>il</strong> 73% in<br />

più rispetto alla media nazionale. Seguono a<br />

ruota la Calabria con <strong>il</strong> 61% in più, la Puglia<br />

con 44% in più e la Sic<strong>il</strong>ia con 43% in più.<br />

Stesso discorso per <strong>il</strong> prestito con usura: secondo<br />

uno studio di Contribuenti.it, <strong>il</strong> sovraindebitamento<br />

delle famiglie del<br />

Mezzogiorno, nei primi sei mesi del 2009, è<br />

cresciuto del 101,2% rispetto al 2008 e<br />

l’usura è aumentata dell’82,3%. A rischio sarebbero<br />

532.000 famiglie e 610.000 piccoli<br />

imprenditori con debiti che vanno dai 25 ai<br />

45m<strong>il</strong>a euro.<br />

Nella classifica delle regioni con i più alti tassi<br />

di usura c’è la Sic<strong>il</strong>ia, seguita dalle solite Campania,<br />

Puglia, Calabria, alle quali si aggiungono<br />

anche Bas<strong>il</strong>icata e Molise.<br />

Continuando con i numeri, <strong>il</strong> 77% delle vittime<br />

delle estorsioni ha pagato con danaro; <strong>il</strong><br />

23% ha invece consegnato la merce. A chiedere<br />

tangenti, secondo i commercianti, è nel<br />

60% dei casi la delinquenza comune, mentre<br />

per <strong>il</strong> 25% è la criminalità organizzata.<br />

Quantificare con precisione <strong>il</strong> volume d’affari<br />

di racket e usura però è una cosa molto complicata<br />

e farlo basandosi solo sul numero<br />

delle denunce darebbe risultati poco attendib<strong>il</strong>i.<br />

Esiste però una più complessa elaborazione,<br />

datata 2008, nella quale sono stati mesi a<br />

confronto più indicatori: la disoccupazione, i<br />

fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati,<br />

le denunce di estorsione e di usura, <strong>il</strong><br />

numero di sportelli bancari e <strong>il</strong> rapporto tra<br />

sofferenze e impieghi registrati negli istituti<br />

Inchieste<br />

di credito. In pratica, è stato individuato ‘l’indice<br />

del rischio usura’ attraverso la combinazione<br />

statistica di tutte quelle situazioni<br />

potenzialmente favorevoli al diffondersi dello<br />

strozzinaggio. Il risultato finale è a dir poco<br />

inquietante: le famiglie a rischio in Italia sono<br />

1m<strong>il</strong>ione e 500m<strong>il</strong>a.<br />

Per capire cosa porti le persone tra le mani<br />

degli strozzini, è ancora <strong>il</strong>luminante lo studio<br />

delle associazioni antiracket e dei contribuenti:<br />

oltre alla recente crisi economica che<br />

ha colpito soprattutto piccole attività, artigiani<br />

e commercianti, a sorpresa ci sono<br />

anche le scadenze fiscali.<br />

Per i lavoratori dipendenti, invece, sono le<br />

improvvise necessità che sopraggiungono<br />

dopo periodi di malattia o di infortuni o i cosiddetti<br />

consumi imposti, cioè quelli che derivano<br />

dalla necessità di conservare un certo<br />

status sociale o uno st<strong>il</strong>e di vita. Insomma, gli<br />

italiani finiscono per rivolgersi agli strozzini<br />

anche per pagare le tasse, per pagare le cure<br />

mediche o per i viaggi e i matrimoni.<br />

Ma torniamo nel Casertano, perché la vicenda<br />

di Giuseppe è una storia che si ripete.<br />

Nel 2008 Roberto Battaglia, imprenditore nel<br />

settore dei caseari, denunciò e fece arrestare<br />

i suoi estorsori. Tra questi c’era anche Luigi<br />

Schiavone che, secondo quanto detto da Battaglia<br />

agli inquirenti, sarebbe cugino di Francesco<br />

Schiavone, detto Sandokan, <strong>il</strong> famoso<br />

boss del libro ‘Gomorra’ di Roberto Saviano.<br />

Dopo la denuncia, Battaglia ha visto casa e<br />

azienda messi all’asta per via dei debiti.<br />

“Il problema - spiega Battaglia - è che le banche,<br />

in materia di antiracket, non rispettano<br />

i protocolli d’intesa , nati proprio per sostenere<br />

gli imprenditori in difficoltà e spingerli a<br />

denunciare”.<br />

La vicenda di Battaglia è vecchia di molti anni.<br />

Prima della sua coraggiosa denuncia, che<br />

portò all’arresto di cinque presunti aff<strong>il</strong>iati al<br />

clan dei Casalesi, le aziende di famiglia hanno<br />

subito <strong>il</strong> ricatto della camorra per anni. Con<br />

gli occhi gonfi di commozione Battaglia ricorda<br />

<strong>il</strong> padre: “È morto di crepacuore dopo<br />

anni di s<strong>il</strong>enzio, non ha mai denunciato per<br />

proteggere noi figli piccoli e mia madre. Ho<br />

tanti colleghi al nord che continuano a dirmi<br />

di trasferire le mie aziende dalle loro parti -<br />

dice -. Un mio amico di Lodi mi ripete sempre<br />

che da lui è pronta una stalla per tutti i miei<br />

capi di bestiame. Io rifiuto perché amo <strong>il</strong> mio<br />

lavoro e amo la mia terra. Voglio restare qua<br />

e rifarei tutto quello che ho fatto”.<br />

31


Trent’annifanascevainPuglialaSacraCoronaUnita<br />

In Bas<strong>il</strong>icata prende forma la quinta mafia: i Bas<strong>il</strong>ischi<br />

di Walter Medolla<br />

“Giuro su questa punta di pugnale bagnata di<br />

sangue, di essere fedele sempre a questo<br />

corpo di società di uomini liberi, attivi e affermativi<br />

e di rappresentarne ovunque <strong>il</strong> fondatore,<br />

Giuseppe Rogoli.<br />

Giuro sulla punta di questo pugnale, bagnato<br />

di sangue, di essere fedele a questo corpo di<br />

società formata, di disconoscere padre,<br />

madre, fratelli e sorelle, fino alla settima generazione;<br />

giuro di dividere centesimo per<br />

centesimo e m<strong>il</strong>lesimo per m<strong>il</strong>lesimo fino all’ultima<br />

st<strong>il</strong>la di sangue, con un piede nella<br />

fossa e uno alla catena per dare un forte abbraccio<br />

alla galera.<br />

Giuro su questa punta di pugnale bagnata di<br />

sangue, di essere fedele sempre a questo<br />

corpo di società di uomini liberi, attivi e affermativi<br />

e di rappresentarne ovunque <strong>il</strong><br />

Santo, San Michele Arcangelo”.<br />

Un legame sacro e inviolab<strong>il</strong>e. Una cerimonia<br />

legata a riti religiosi e a patti criminali. E’ <strong>il</strong><br />

giuramento di aff<strong>il</strong>iazione alla Sacra Corona<br />

Unita, la quarta mafia italiana. Agli inizi degli<br />

anni ’80 <strong>il</strong> boss della Nuova Camorra organizzata,<br />

Raffaele Cutolo, diede l’incarico a Pino<br />

Iannelli e Alessandro Fusco di fondare in Puglia<br />

una costola della NCO, la Nuova Camorra<br />

Pugliese. La neonata organizzazione attecchì<br />

solo nella zona del foggiano, e l’esperimento<br />

del Professore fallì così come <strong>il</strong> suo progetto<br />

criminale.<br />

La notte di Natale nel 1981, tra le sbarre del<br />

carcere di Trani, nasce, invece, la SCU (Sacra<br />

Corona Unita). Giuseppe Rogoli aff<strong>il</strong>iato della<br />

‘ndrangheta, nella ‘ndrina dei Bellocco,<br />

chiede e ottiene l’autorizzazione dal boss<br />

Umberto Bellocco di fondare una nuova organizzazione<br />

criminale in puglia. Dopo sei<br />

anni la ‘ndrangheta autorizza Oronzo Romano<br />

a fondare un’altra ‘ndrina a sud di Bari.<br />

E’ l‘affermarsi della malavita organizzata nella<br />

regione.<br />

La storia criminale pugliese registra la nascita<br />

di una serie di sottogruppi nati nel corso degli<br />

anni.<br />

-La Rosa dei Venti ,attiva nella zona del leccese<br />

dal volere di Giovanni De Tomasi e Vin-<br />

32<br />

Inchieste<br />

“Agli inizi degli anni ’80<br />

RaffaeleCutolo,diedeincarico<br />

ai suoi uomini di fondare in<br />

Puglia una costola della<br />

Camorra, ma <strong>il</strong> tentativo fallì”<br />

cenzo Stranieri.<br />

-La Camorra barese organizzazione operante<br />

a Bari e in provincia. Fra i clan spiccano i Parisi<br />

di Japigia, gli Strisciuglio e i Telegrafo del<br />

quartiere San Paolo e i Capriati attivo a Bari<br />

Vecchia.<br />

- La Nuova Famiglia Salentina fondata nel<br />

1986 da Pantaleo De Matteis e operante nell’area<br />

del Salento<br />

- La Remo Lecce Libera, emanazione della<br />

Sacra Corona Unita che richiedeva l’autonomia<br />

dei gruppi leccesi da qualsiasi organizzazione<br />

criminale diversa dalla ‘ndrangheta.<br />

- La Società foggiana gruppo criminale operante<br />

a Foggia e provincia. Data la vicinanza<br />

geografica alla Campania, ha risentito molto<br />

dell’influenza della Camorra napoletana.<br />

-La Sacra Corona Libera, di recente fondazione<br />

è, invece, un’organizzazione composta<br />

da vecchi membri della Sacra Corona Unita in<br />

disaccordo con la nuova idea di gestione criminale<br />

che implica l’impiego di minori, la violenza<br />

su donne e bambini e l’abolizione dei<br />

riti iniziatici.<br />

Nonostante la evidente frammentazione e la<br />

divisione in 49 ‘ndrine, con oltre 2000 aff<strong>il</strong>iati,<br />

attivi sul territorio regionale, la mafia pugliese<br />

continua a perseguire interessi comuni.<br />

I dati Eurispes più recenti, ci raccontano di un<br />

gruppo criminale dedito a diverse attività <strong>il</strong>lecite<br />

che va dal traffico di armi alla prostituzione<br />

fino ad arrivare all’estorsione, all’usura<br />

e a rapporti <strong>il</strong>leciti con le organizzazioni criminali<br />

della ex Jugoslavia e dell’ Albania, operazioni<br />

che fruttano un “fatturato” di circa 3<br />

m<strong>il</strong>iardi di euro.


“Dalle ‘ndrine di Rosarno agli<br />

appaltipubblici,isintomidella<br />

nascita della quinta mafia<br />

italiana”<br />

Secondo <strong>il</strong> rapporto semestrale della Dia (direzione<br />

investigativa antimafia), “l’andamento<br />

delle segnalazioni sul sistema SDI di<br />

fatti-reato ex art. 416 bis codice penale, fa<br />

notare una notevole diminuzione delle denunce<br />

di tali fattispecie delittuose nella regione.<br />

L’interpretazione di questo trend, da<br />

leggere sinergicamente con gli andamenti dei<br />

dati delle associazioni a delinquere non connotate<br />

da prof<strong>il</strong>i mafiosi, deve tenere in adeguato<br />

conto <strong>il</strong> positivo risultato storico di una<br />

incisiva attività delle Forze di polizia nel corso<br />

degli anni, <strong>il</strong> cui risultato giudiziario ha conseguito<br />

la detenzione di molti elementi apicali<br />

dei maggiori gruppi criminali”. I controlli<br />

di polizia, carabinieri e guardia di finanza,<br />

hanno di molto limitato l’attività criminale<br />

della Sacra Corona Unita, anche se l’ultima<br />

operazione r<strong>il</strong>evante in tema di repressione<br />

delle mafia pugliese risale a circa 15 anni fa.<br />

Inchieste<br />

Nel 1995 circa 1700 uomini dell’esercito sono<br />

stati impiegati nell’ “Operazione Salento” per<br />

<strong>il</strong> controllo del territorio, con 1650 posti di osservazione<br />

e 2700 persone identificate. Un<br />

intervento che definito radicale, ma che purtroppo<br />

non ha avuto seguito, dando la possib<strong>il</strong>ità<br />

ai gruppi criminali di riorganizzarsi e di<br />

espandersi anche alle regioni vicine. In Bas<strong>il</strong>icata,<br />

trova quindi terreno fert<strong>il</strong>e Giovanni Cosentino,<br />

uomo legato alle ‘ndrine calabresi di<br />

Rosarno. Cosentino riprende l’idea dello<br />

‘ndranghetista Don Saru dei Mammoliti di<br />

mettere le mani sulla Lucania, gestendo appalti,<br />

lavori pubblici e traffici <strong>il</strong>leciti. Proprio<br />

con l’inchiesta Iena 2, condotta dal pubblico<br />

ministero di Potenza Vincenzo Montemurro,<br />

è emerso lo strano caso del’appalto all’Ospedale<br />

San Carlo, appalto vinto da una<br />

ditta campana, legata ai clan della camorra,<br />

e gestito direttamente da esponenti della<br />

mala lucana. La procura antimafia di Potenza<br />

continua le sue indagini nella speranza di fare<br />

luce e smantellare quella che si candida a essere<br />

la quinta mafia italiana, i Bas<strong>il</strong>ischi.<br />

33


Combaere l'usura, ci sono anche gli studen<br />

OltrealleIstuzioniincampoancheleAssociazioneancamorra<br />

di Elena Defeo<br />

Il sito internet del Comune di <strong>Napoli</strong> dedica<br />

una serie di pagine alla legalità e all’impegno<br />

contro la diffusione dei fenomeni estorsivi ed<br />

usurai. L’ente, peraltro, da diversi anni si avvale<br />

dell’apporto, quale consulente, di Tano<br />

Grasso benché, come specificato sul portale<br />

stesso, “In questo campo esistono competenze<br />

specifiche cui l’Ente locale non può sovrapporsi<br />

e che appartengono al Governo<br />

nazionale nell’ambito della politica di sicurezza,<br />

alle Forze dell’ordine e alla Magistratura”.<br />

L’attività è dunque essenzialmente<br />

quella di promozione, prevenzione, sensib<strong>il</strong>izzazione,<br />

attivazione di energie e soggetti<br />

nell’iniziativa per la legalità ed in modo parti-<br />

“La mappa degli indirizzi e<br />

dei numeri telefonici uli<br />

ai ciadini per denunciare<br />

<strong>il</strong> racket degli strozzini”<br />

colare per antiracket e antiusura. Per esempio,<br />

nell’ambito delle iniziative antiracket si<br />

sta agendo sia sul fronte dei cantieri pubblici,<br />

favorendo la collaborazione tra gli imprenditori<br />

e le forze dell’ordine, sia sul fronte del<br />

commercio stimolando la nascita di associazioni<br />

antiracket tra commercianti che consentano<br />

di rompere l’isolamento e di rendere<br />

più sicure le denunce.<br />

Sono state costituite così varie Associazioni<br />

antiracket sul territorio cittadino a cui rivolgersi<br />

e, tra di loro, <strong>il</strong> Coordinamento Napoletano<br />

delle Associazioni Antiracket <strong>il</strong> cui<br />

recapito telefonico (081/5519555-081/5528090)è<br />

a disposizione di qualunque operatore economico<br />

di qualsiasi zona della città, che desideri<br />

aiuto ed assistenza per fronteggiare<br />

problemi estorsivi. Nell’ambito delle iniziative<br />

antiusura è da segnalare l’attività svolta<br />

dall’Associazione Mediterraneo, la quale,<br />

presso lo Sportello d’aiuto per la prevenzione<br />

e la lotta all’usura <strong>Napoli</strong> Centro, si avvale<br />

34<br />

News<br />

della collaborazione di giovani professionisti<br />

opportunamente formati allo scopo. Altre associazioni<br />

sono sparse per le varie zone della<br />

città: a Pianura (Tel. 081.5881041 fax<br />

081.7264566), a San Giovanni a Teduccio<br />

(Tel. 081.5528090 fax 081.5519555), a Bagnoli<br />

(Tel. 081.5528090 fax 081.5519555).<br />

Dal Comune sottolineano, inoltre, l’impegno<br />

che viene svolto nelle scuole cittadine attraverso<br />

campagne di informazione e sensib<strong>il</strong>izzazione<br />

sui fenomeni del racket e dell’usura<br />

che hanno come punto qualificante l’interattività,<br />

coinvolgendo direttamente insegnanti<br />

e studenti.<br />

A proposito di studenti, è attiva ormai da anni<br />

l’Associazione Studenti Napoletani Contro la<br />

Camorra, nata a <strong>Napoli</strong> nei primi mesi del<br />

1985. Fin dal suo nascere, l’associazione ha<br />

fatto da catalizzatore degli entusiasmi e delle<br />

idee di tanti giovani di <strong>Napoli</strong> e della provincia<br />

che vogliono lottare contro i fenomeni e le<br />

logiche camorristiche. Tante le iniziative sul<br />

territorio: dalle marce s<strong>il</strong>enziose, ai concerti,<br />

a fiaccolate e questionari sulla criminalità fino<br />

alle campagne di sensib<strong>il</strong>izzazione. Recentemente<br />

è stata promossa una serie di incontri<br />

che hanno coinvolto gli studenti universitari e<br />

gli studenti delle scuole medie superiori di<br />

<strong>Napoli</strong> e della sua provincia. Tutti richiamati a<br />

riflessioni e dibattiti con i rappresentanti<br />

delle istituzioni, del mondo delle associazioni<br />

e della società civ<strong>il</strong>e, sui temi della giustizia e<br />

del diritto ma anche dell’<strong>il</strong>legalità e dell’omertà.


Le associazioni<br />

35


Genchi,sospesodalserviziorischialadestuzione<br />

“WhynotavrebbepotutoriscriverelastoriadellasecondaRepubblica”<br />

di Maa di Cola<br />

Gioacchino Genchi, presentazione del libro presso l’associazione Officine Creave di Sapri<br />

E’ stato descritto come un Grande Fratello.<br />

O meglio un grande orecchio, che come<br />

Echelon <strong>il</strong> satellite spia americano tutto<br />

ascoltava e tutto registrava. Contro di lui ha<br />

tuonato <strong>il</strong> presidente del consiglio in persona<br />

accusandolo di “aver intercettato in<br />

Italia m<strong>il</strong>ioni di cittadini”. Erano i tempi dell’inchiesta<br />

why not? di De Magistris e <strong>il</strong><br />

vice-questore aggiunto Gioacchino Genchi<br />

finiva nell’occhio del ciclone. Da consulente<br />

delle procure, per indagini delicatissime<br />

come le stragi di mafia del ‘90, i crac Cirio e<br />

Parmalat, <strong>il</strong> caso Dell’utri, lo spionaggio Telecom,<br />

aveva cumulato un archivio sterminato<br />

di telefonate di politici, imprenditori,<br />

magistrati, vip.<br />

Sospeso dalla polizia?<br />

Quell’inchiesta avrebbe potuto riscrivere la<br />

storia della seconda repubblica, sostiene<br />

Genchi, che oggi è di nuovo nel mirino. è<br />

stato sottoposto a una nuova sospensione<br />

dal servizio. Tra i motivi del provvedimento,<br />

avere definito, in un incontro pubblico dell’<br />

IDV, “una pantomima” l’episodio del rinvenimento<br />

della microspia nello studio privato<br />

36<br />

Interviste<br />

dell’on. S<strong>il</strong>vio Berlusconi (risalente al 1996).<br />

Genchi si difende attaccando: “Ho chiamato<br />

in causa, nelle mie deduzioni, lo stesso On.<br />

Roberto Maroni, oggi Ministro degli Interni,<br />

che, in un lancio ANSA dell’ 11 ottobre 1996,<br />

dichiarò proprio al riguardo: Le microspie<br />

vengono usate solo nei f<strong>il</strong>m di James Bond.<br />

Secondo me la microspia nello studio di Berlusconi<br />

è stata messa o da Berlusconi stesso<br />

o da qualcuno dei suoi per fargli fare la figura<br />

della vittima”(fonte ANSA)”.<br />

Il Ministro ha deciso, quindi, di destituire<br />

un funzionario di Polizia per avere sostenuto<br />

la sua stessa tesi in merito alla<br />

stessa medesima situazione riguardo alla<br />

medesima persona: Il Presidente del Consiglio!<br />

Vorrei comprendere se si sta conducendo<br />

una battaglia contro di me oppure<br />

questo è <strong>il</strong> normale corso della Giustizia; <strong>il</strong><br />

provvedimento notificatomi, tra le altre<br />

cose a firma del Capo della Polizia e non,<br />

come di consueto, a firma del Ministro degli<br />

interni, mi imputa una serie di responsab<strong>il</strong>ità<br />

assurde, non ultima quella di avere<br />

svolto <strong>il</strong> mio incarico di consulente esterno,


“Sa qual è <strong>il</strong> problema? Che<br />

in Italia se si serve lo Stato<br />

e lo si fa bene, anziché una<br />

pacca sulla spalla ci rendono <strong>il</strong><br />

ben servito. E’ quello che è<br />

successo a Saviano”<br />

mentre ero in aspettativa, lo scriva, in procedimenti<br />

per i quali non mi aspettavo alcun<br />

riconoscimento ma, almeno, non addirittura<br />

l’essere oggetto di attacchi da parte<br />

delle Istituzioni, in primis quello della Polizia<br />

alla quale continuo a guardare con stima e<br />

rispetto”.<br />

Smetterà di occuparsi di intercettazioni?<br />

“Ho da poco completato un fascicolo relativo<br />

al caso Telecom-Fastweb che ho consegnato<br />

al Dott. Di Leo (sostituto<br />

procuratore di Roma ndr); per anni ho lavorato<br />

al fianco di Falcone, Borsellino e di decine<br />

e decine di magistrati che si sono<br />

avvalsi della mia collaborazione. Oggi sembra<br />

che in molti non ricordino i casi Cuffaro<br />

e Dell’Utri. Senza le intercettazioni questi signori<br />

oggi sarebbero ancora immacolati di<br />

fronte alla legge.<br />

Perché l’attaccano allora?<br />

Sa qual è <strong>il</strong> problema? che in Italia se si<br />

serve lo stato e lo si fa bene, anziché una<br />

pacca sulla spalla ci rendono <strong>il</strong> ben servito.<br />

è quello che è successo a Saviano.<br />

Cioè?<br />

Saviano, cambia editore, cambia strategia,<br />

inizia a parlare di politica e immediatamente<br />

dalle copertine di Panorama finisce<br />

in prima su tutti i quotidiani perché attaccato<br />

dal Premier. non sono un’estimatore di<br />

Roberto Saviano ma gli devo riconoscere<br />

che oggi sta subendo ingiustamente.<br />

Beh, un detto dice: “parlate bene, parlate<br />

male ma parlate sempre di me” in fondo è<br />

pubblicità…<br />

Si certo forse Saviano dovrebbe anche ringraziare,<br />

io intanto ringrazio chi mi ha attaccato<br />

perché oggi ho scoperto che in<br />

Italia ci sono tantissime brave persone, e<br />

senza ascoltare le intercettazioni - (ride) -<br />

Persone che hanno tributato un grande successo<br />

al libro di Andrea Montolli (autore de<br />

Interviste<br />

Il Caso Genchi, di Edoardo Montelli, Aliberti editore<br />

Il Caso Genchi - 2009 - 50.000 copie vendute<br />

ndr) e che mi seguono nei tanti convegni in<br />

giro per <strong>il</strong> Paese.<br />

L’argomento più gettonato durante gli incontri?<br />

In realtà chi partecipa è interessato a tutto<br />

<strong>il</strong> libro. Ma in questi giorni <strong>il</strong> maggiore interesse<br />

è per <strong>il</strong> DDL Alfano che, come saprà,<br />

va a ridisegnare i confini di libertà d’informazione<br />

e d’indagine. O meglio sarebbe<br />

forse più giusto parlare di limiti più che di<br />

confini-<br />

Si darà alla politica allora?<br />

Non ho certo deciso di fare <strong>il</strong> “conferenziere”.<br />

Proprio in questo periodo sto lavorando,<br />

come consulente di parte, ad un caso<br />

che credo farà scalpore: un processo che<br />

vede imputato un giovane 25 enne con sentenza<br />

definitiva per traffico internazionale<br />

di stupefacenti e omicidio. E proprio grazie<br />

alle “lettura” delle intercettazioni realizzate<br />

sul caso è stata concessa la revisione.<br />

37


“Vi spiego come è cambiata Cosa Nostra”<br />

Rita Borsellino:“Da mafia agricola a organizzazione economica”<br />

di Giulia Dell’Acqua<br />

Rita Borsellino, europarlamentare<br />

Nell’ultimo periodo si sente parlare sempre<br />

di più di colletti bianchi, di connivenze tra<br />

mafia e politica e nuovi sistemi criminali.<br />

Come è cambiato, secondo <strong>il</strong> suo punto di<br />

vista <strong>il</strong> fenomeno criminale negli ultimi anni?<br />

Nel tempo ho avuto modo di osservare la capacità<br />

di mutazione di cosa nostra. Non c’è da<br />

meravigliarsi che sia completamente diversa<br />

rispetto agli anni ‘80 e ‘90: in quegli anni i rapporti<br />

con l’economia e la politica esistevano,<br />

ma non costituivano l’attività principale. Nel<br />

corso degli anni però, anche in seguito alle<br />

stragi e alle loro conseguenze a livello repressivo,<br />

grazie all’intervento forte dello Stato, alle<br />

indagini, all’insicurezza generata nella mafia<br />

dai collaboratori di giustizia, cosa nostra è<br />

stata costretta a cambiare, trovando nuovi interessi<br />

nella politica e nel mondo dell’economia.<br />

Una mutazione che ha portato a un riassetto<br />

dell’organizzazione criminale?<br />

La mafia si è servita di relazioni più organiche,<br />

38<br />

Interviste<br />

“Terreno ferle da chi ha<br />

ceduto non per paura, ma per<br />

opportunità”<br />

sfruttando la sua ab<strong>il</strong>ità e la pochezza di alcuni<br />

uomini politici. Ha trovato terreno fert<strong>il</strong>e in<br />

chi ha ceduto alle sue richieste non per paura,<br />

ma per opportunità. Così, nel tempo, si è trasformata<br />

da mafia agricola, a mafia del mattone,<br />

a mafia della droga, per diventare, ora,<br />

mafia dell’economia e della politica. Che Cosa<br />

Nostra cerchi nella politica questi rapporti per<br />

le sue attività è fisiologico, è normale. Non è<br />

normale però, ed è estremamente grave, che<br />

trovi tali appoggi.<br />

Anche l’antimafia, quella della società civ<strong>il</strong>e,<br />

ha cambiato pelle e si è riorganizzata<br />

diventando una realtà forte, soprattutto<br />

al sud Italia<br />

La Sic<strong>il</strong>ia è probab<strong>il</strong>mente tra le regioni italiane<br />

quella che ha più esperienza, che ha<br />

prodotto più risultati. È caposcuola: si sono<br />

celebrati più processi, ci sono state più confische<br />

dei beni ai mafiosi, beni riut<strong>il</strong>izzati a<br />

scopi sociali. La Sic<strong>il</strong>ia può dare moltissimo in<br />

termini di esempio. Basti pensare all’esperienza<br />

di “Addio Pizzo”, movimento che<br />

nasce dal basso e proprio dalle nuove generazioni<br />

che pensano e agiscono in modo diverso,<br />

capaci di immaginare un futuro<br />

migliore e determinate a costruirlo. È la conseguenza<br />

dell’educazione alla legalità nelle<br />

scuole, della reazione alle stragi delle coscienze<br />

civ<strong>il</strong>i, del lavoro e dell’impegno quotidiano<br />

degli educatori e delle persone<br />

oneste. È tra i frutti più belli di tutto questo.<br />

Come viene visto <strong>il</strong> fenomeno mafioso dagli<br />

altri Paesi dell’UE?<br />

Gli altri Paesi fanno fatica a comprendere<br />

questo fenomeno e in parte lo rifiutano, tendendo<br />

a sottovalutare <strong>il</strong> problema. Più che<br />

altro si parla di terrorismo, di criminalità in<br />

senso ampio, è diffic<strong>il</strong>e far passare <strong>il</strong> concetto<br />

di criminalità organizzata di stampo mafioso.


In alcuni Paesi non esiste neanche <strong>il</strong> reato di<br />

associazione mafiosa. In Italia è nato dopo<br />

l’uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa. In<br />

Europa si comincia ora a portare l’attenzione<br />

sull’argomento. È importante, perché si<br />

tratta di un fenomeno che esiste anche in<br />

altri Paesi, ma non è percepito in questi ter-<br />

“Sisonofapassiavannella<br />

loa, specie in Sic<strong>il</strong>ia. Il<br />

fenomenomafiosoèpresen<br />

ancheinaltripaesidell’Unione<br />

Europea”<br />

mini. Bisogna spingere l’UE a guardarlo attraverso<br />

la giusta chiave di lettura, anche<br />

perché la mafia ha cambiato pelle, approfittando<br />

della globalizzazione. Oggi ci sono legami<br />

con le mafie storiche di altri Paesi, ad<br />

esempio con quelli dell’Est, che operano in<br />

Italia e non potrebbero farlo senza <strong>il</strong> sostegno<br />

locale della criminalità organizzata e viceversa.<br />

C’è, quindi, bisogno di nuove normative in<br />

materia a livello europeo?<br />

In Europa serve una legge come quella nazionale<br />

per la confisca dei beni ai mafiosi e <strong>il</strong><br />

loro uso sociale. In Italia da questo punto di<br />

vista ci sono molte esperienze positive, possiamo<br />

dare molto agli altri Paesi, ed è necessario<br />

che si colleghino con una legislazione<br />

comune, come è accaduto per l’accesso ai<br />

conti o per le rogatorie internazionali. Se non<br />

ci sono più confini in Europa, non devono essercene<br />

neanche da questo punto di vista.<br />

Anche Eurojust, unità di cooperazione giudiziaria<br />

dell’UE ed Europol, l’ufficio europeo di<br />

polizia, si inseriscono in questa ottica.<br />

In Italia, da anni, nelle scuole di ogni ordine<br />

grado, si insegna educazione alla legalità. E<br />

negli altri paesi dell’Unione?<br />

In Europa non se ne sente la necessità, nelle<br />

scuole non è previsto. Invece sarebbe importante,<br />

perché serve a dotare le nuove generazioni<br />

degli strumenti culturali corretti, delle<br />

coordinate per capire e interpretare i fenomeni.<br />

Anche da questo punto di vista l’Italia ha<br />

esperienze significative che possono contribuire<br />

a migliorare la situazione europea.<br />

Interviste<br />

I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino<br />

Il personaggio<br />

Paolo Borsellino, magistrato simbolo della<br />

lotta alla mafia vittima della strage di via<br />

d’Amelio. Dopo l’uccisione del suo amico e<br />

collega Giovanni Falcone nella strage di Capaci,<br />

Cosa nostra decide la sua morte. Totò<br />

Riina incarica Salvatore Biondino, suo uomo<br />

di fiducia, che a sua volta si rivolge a uomini<br />

legati a Bernardo Provenzano. Una condanna<br />

a morte presa di comune accordo dalle due<br />

fazioni della mafia sic<strong>il</strong>iana.<br />

Il 19 luglio del 1992 Paolo Borsellino è a V<strong>il</strong>lagrazia<br />

di Carini, località di mare dove la sua<br />

famiglia passa le vacanze, ma decide di rientrare<br />

a Palermo per fare visita alla madre. Salvatore<br />

Biondino, l’uomo di Riina, controlla i<br />

suoi spostamenti e avverte i k<strong>il</strong>ler già pronti<br />

in via D’Amelio. E’ stato un attimo. Un boato.<br />

Un’esplosione forte. Poi <strong>il</strong> rumore assordante<br />

delle sirene.<br />

Con <strong>il</strong> magistrato Paolo Borsellino perdono la<br />

vita anche gli agenti di scorta Emanuela Loi,<br />

Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter<br />

Eddie Cusina e Claudio Traina. Per sono stati<br />

condannati in via definitiva 47 persone, 25<br />

delle quali all’ergastolo. Tra le persone implicate<br />

anche Totò Riina, Giuseppe Graviano,<br />

Carlo Greco e Salvatore Biondino.<br />

39


Ingroia: “Viviamo in emergenza democratica”<br />

“A rischio l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge”<br />

di Rosario Pastore<br />

Giudice Ingroia, a che punto è la lotta alla<br />

malavita organizzata?<br />

Sono stati fatti passi avanti e mi riferisco innanzitutto<br />

al controllo del territorio. E questo<br />

grazie all’abnegazione e al grandissimo lavoro<br />

delle forze dell’ordine, che hanno consentito,<br />

specialmente nel territorio di Palermo, di effettuare<br />

un efficace contrasto al controllo del<br />

territorio da parte della mafia. Una grande<br />

professionalità che ha consentito anche di accorciare<br />

i tempi di latitanza dei grossi mafiosi.<br />

Sul piano dell’efficienza, sono stati fatti<br />

enormi passi avanti.<br />

Il fenomeno della collusione fra malavita organizzata<br />

e politica è ancora preoccupante? E<br />

se sì, in che misura?<br />

Ecco, in questo particolare settore della lotta<br />

alla mafia, non si sono fatti significativi passi<br />

avanti. Poiché la malavita organizzata si è venuta<br />

a trovare in difficoltà nel controllo del<br />

territorio, è diventata essenzialmente mafia<br />

finanziaria. Si è rivolta al mondo economico,<br />

inserendosi in maniera preoccupante. Che<br />

cosa è accaduto? Che la mafia è entrata essenzialmente<br />

nei salotti buoni di Palermo ed<br />

ha intrecciato rapporti sempre più stretti con<br />

<strong>il</strong> mondo politico. Creando <strong>il</strong> fenomeno di una<br />

collusione che si è fatta veramente preoccupante.<br />

A questo proposito, lei in più occasioni ha<br />

parlato della necessità di un’anagrafe dei<br />

conti correnti bancari. A che cosa servirebbe?<br />

Nelle indagini di tipo finanziario, ci troviamo<br />

ancora a dover combattere con tempi estremamente<br />

lunghi. Prima di avere informazioni,<br />

passano a volte anche mesi. Un’anagrafe dei<br />

conti a disposizioni degli uffici delle Procure<br />

consentirebbe un’integrazione immediata<br />

delle indagini, con la radiografia dello stato finanziario<br />

dell’indagato. Considerato, come<br />

dicevo prima, che oggi la mafia è essenzialmente<br />

di tipo finanziario, è fac<strong>il</strong>e arguire di<br />

quanto si snellirebbero le indagini liberate<br />

dai vincoli bancari.<br />

Secondo lei, la società civ<strong>il</strong>e ha ancora paura<br />

della mafia?<br />

40<br />

Interviste<br />

“Lalottaallamafiahabisogno<br />

di continuità, che può essere<br />

assicurata solo dalla politica.<br />

Manca un progetto autentico<br />

in materia”<br />

Credo che la paura della mafia sia un po’ calata.<br />

Vedo un atteggiamento sempre più coraggioso.<br />

Un nuovo collaboratore, qualche<br />

settimana fa, mi diceva che sempre più attualmente<br />

è <strong>il</strong> mafioso che comincia ad avere<br />

paura della società civ<strong>il</strong>e. Oggi ci troviamo di<br />

fronte alla denuncia della vittima del pizzo,<br />

per esempio. Questo è un passo avanti. Il problema<br />

non è più la paura della mafia ma la<br />

convenienza a mettersi dalla sua parte. Conviene<br />

pagare e affiancare la mafia invece di<br />

affrontare le noie di una denuncia dell’estorsore,<br />

di recarsi dal magistrato, di prendere<br />

parte a un processo. In definitiva, in questo<br />

momento non c’è <strong>il</strong> problema di vincere la<br />

paura della mafia ma di abbattere un atteggiamento<br />

di convivenza o di convenienza.<br />

Recentemente, c’è stata polemica fra lei e <strong>il</strong><br />

direttore del TG1, Augusto Minzolini. Ci<br />

vuole riassumere i termini della questione?<br />

Tutto è nato dalla distorsione di un mio intervento.<br />

In esso, avevo espresso le mie preoccupazioni<br />

per le sorti della democrazia,<br />

rispetto a una legislazione che, con le in iniziative<br />

sul processo breve e sulle intercettazioni,<br />

sempre meno uguale e sempre più<br />

disuguale e che non garantisce, quindi, a mio<br />

parere, un ‘effettiva eguaglianza di fronte alla<br />

legge, che è un principio fondamentale della<br />

nostra Carta Costituzionale. Si può contrastare<br />

la mafia solo con una legislazione che<br />

sui guadagna <strong>il</strong> massimo della fiducia e del rispetto<br />

dei cittadini. Non tocca alla magistratura<br />

assumersi compiti che non le spettano.<br />

Tocca, piuttosto, ai cittadini farsi parte attiva,


Il giudice Antonio Ingroia<br />

tocca ai cittadini cercare di cambiare <strong>il</strong> corso<br />

degli eventi. I maggiori risultati contro la<br />

mafia si sono ottenuti quando c’è stato un<br />

forte movimento di opinione contro la malavita<br />

organizzata. La mia espressione sul corso<br />

degli eventi è stata interpretata, in un editoriale<br />

televisivo, come se volessi propugnare<br />

un programma politico, dando alla magistratura<br />

compiti di governo o cose del genere.<br />

Niente di meno esatto.<br />

A proposito di questa interpretazione,<br />

spesso i magistrati vengono accusati di volersi<br />

fare solo della pubblicità, anche con<br />

ambizioni politiche. Nel suo caso, lei ha questo<br />

tipo di ambizione?<br />

Naturalmente no. Penso semplicemente che<br />

<strong>il</strong> magistrato non debba chiudersi in una specie<br />

di turris eburnea, lontano dalla gente. Il<br />

mio maestro Borsellino, contrariamente a<br />

quanto si possa pensare di lui, era un magistrato<br />

che parlava con la gente, che si apriva,<br />

che non si nascondeva, che guardava fuori al<br />

Palazzo di Giustizia. E’ l’uomo che ha introdotto,<br />

anche per <strong>il</strong> giudice, la conferenza<br />

stampa, un momento importante, in cui <strong>il</strong><br />

magistrato rende edotta la gente sul proprio<br />

operato, un momento di autentico dialogo<br />

diretto. Per Borsellino, un elemento fondamentale<br />

era la partecipazione, <strong>il</strong> consenso, <strong>il</strong><br />

sostegno dei cittadini. Andava nelle scuole,<br />

incontrava gli studenti, partecipava ai dibattiti<br />

con i cittadini. Questo è <strong>il</strong> suo insegnamento,<br />

un f<strong>il</strong>o diretto di comunicazione con<br />

i cittadini. Nessuna pubblicità, dunque, tanto<br />

meno per ambizioni politiche.<br />

Interviste<br />

A proposito di Borsellino, lei ha recentemente<br />

ricordato che, fra le sue tesi più importanti,<br />

c’era quella secondo la quale <strong>il</strong><br />

nodo per la lotta alla mafia è essenzialmente<br />

politico e che prima di una magistratura<br />

antimafia occorre una politica<br />

antimafia. Una utopia, oggi?<br />

Non credo che si debba essere così pessimisti.<br />

Certo, Paolo Borsellino si lagnava della latitanza<br />

di una politica con la P maiuscola. La<br />

lotta alla mafia, per essere vincente, ha bisogno<br />

della continuità e questa continuità può<br />

essere assicurata solo dalla politica. La mia<br />

opinione è che manchi un progetto autentico<br />

in materia. Ci sono iniziative sporadiche, episodiche.<br />

La magistratura da sola non ce la<br />

può fare. Ci troviamo in effetti con una politica<br />

che, specialmente negli ultimi anni, ha<br />

cercato di ricacciare indietro la magistratura,<br />

mentre, invece, ci sarebbe bisogno di significativi<br />

passi avanti.<br />

In effetti, la legge per la lotta alla mafia è del<br />

1982. Occorrerebbe, come minimo, “rinfrescarla“.<br />

Qualche mese fa, a Reggio Calabria, <strong>il</strong> Governo,<br />

nei suoi massimo vertici, con <strong>il</strong> Presidente<br />

del Consiglio, ha assunto l’impegno di<br />

varare un Testo Unico della legislazione antimafia.<br />

Questo provvedimento, attualmente,<br />

è ancora “in fieri”. Pare che ci siano<br />

altre emergenze, come le intercettazioni... Io<br />

credo che <strong>il</strong> Testo Unico, atteso da anni,<br />

debba essere introdotto e colgo questa occasione<br />

per sollecitarne <strong>il</strong> varo”.<br />

Giudice Ingroia, lei ritiene che siamo in<br />

emergenza democratica? Ultimamente lei<br />

ha parlato di sistematica demolizione non<br />

solo dei p<strong>il</strong>astri del diritto ma addirittura<br />

della demolizione dello Stato.<br />

La demolizione dello stato di diritto, sì. E lo<br />

dico con preoccupazione. Uno dei p<strong>il</strong>astri è<br />

l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge,<br />

ed è a rischio; un altro p<strong>il</strong>astro è l’indipendenza<br />

della magistratura, ed è a rischio. Ebbene,<br />

io credo che si stia realizzando una<br />

centralizzazione di un potere verso <strong>il</strong> potere<br />

e questo mi preoccupa. Vede, non abbiamo<br />

avuto un assedio della politica alla giustizia;<br />

abbiamo semplicemente perso la politica,<br />

perché le istituzioni sono state occupate<br />

dagli interessi privati, quindi è <strong>il</strong> privato che<br />

ha sostituito <strong>il</strong> pubblico”.<br />

41


“Non giriamo le spalle a chi chiede aiuto”<br />

Don Cio auspica la confisca dei beni a livello europeo<br />

di Mariangela BarberisI<br />

A colloquio con don Luigi Ciotti, presidente<br />

di “Libera”, in occasione della presentazione<br />

del libro “Vite clandestine” di cui <strong>il</strong> sacerdote<br />

ha curato la prefazione. Ce ne vuole<br />

parlare?<br />

Tratta <strong>il</strong> fenomeno della prostituzione attraverso<br />

i racconti delle vittime, a anche dei carnefici.<br />

Indaga nella vita delle ragazze e dei<br />

ragazzi che vendono <strong>il</strong> proprio corpo per le<br />

strade e di quella dei clienti.<br />

Cosa l’ha colpita?<br />

Il libro si apre con Joy e si chiude con Ester,<br />

due ragazze nigeriane con tragici destini:<br />

Ester è morta in mare <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 2009. Il suo<br />

corpo senza vita è rimasto sulla nave cinque<br />

giorni, sbattuta nelle acque delle diplomazie<br />

internazionali.<br />

E Joy?<br />

Una prostituta. E’ morta per una tubercolosi<br />

“Ci sono m<strong>il</strong>ioni di ragazzi<br />

che lottano contro le mafie<br />

e che usano la propria<br />

liberà a favore di chi non ce<br />

l'ha. Diamo spazio alla loro<br />

creatività e intelligenza”<br />

non curata. Aveva paura che andando in<br />

ospedale potesse essere espulsa. Una giovane<br />

uccisa da un mostro giuridico.<br />

Che intende?<br />

Di questi episodi ce ne sono tanti nel nostro<br />

Paese. Ci sono persone alle quali viene negato<br />

<strong>il</strong> diritto di una vita migliore perché<br />

sono considerate pericolose. Spesso, preferiamo<br />

voltarci dall’altra parte. Dobbiamo invece<br />

essere la spina nella carne del mondo<br />

politico”.<br />

Lei dice che la politica deve essere con la P<br />

maiuscola, che vuol dire?<br />

La politica deve prendersi delle responsabi-<br />

42<br />

Interviste<br />

lità, intervenire. Il sistema legislativo deve<br />

essere di sostegno al terzo settore e non penalizzarlo.<br />

La nostra tradizione ci insegna che<br />

diritto e accoglienza possono convivere>.<br />

Come è cambiato <strong>il</strong> mondo della malavita<br />

organizzata?<br />

Prima la criminalità sfruttava soprattutto le<br />

prostitute. Oggi <strong>il</strong> mercato si basa anche sui<br />

traffici della droga e c’è una nuova forma di<br />

sfruttamento : quella del lavoro nero, della<br />

prostituzione masch<strong>il</strong>e e dei transessuali.<br />

C’è una nuova moda tra le minorenni:quella<br />

di prostituirsi per ricevere una ricarica sul<br />

cellulare. Cosa ne pensa?<br />

I ragazzi e le ragazze si prostituiscono perché<br />

abbagliati da stimoli, messaggi , provocazioni<br />

che quello che conta è l’immagine, la bellezza<br />

ad oltranza, del possesso.<br />

A Bologna è stato inaugurato un seminario<br />

“La grandi famiglie mafiose<br />

investono all’estero i loro<br />

contanti: un’operazione che<br />

va impedita. Il governo deve<br />

dedicaremaggioreattenzione<br />

al terzo settore”<br />

dalla cattedra di Sociologia del diritto in collaborazione<br />

con Libera. Cosa studia ?<br />

Le mafie sono ovunque. Non solo in alcune<br />

zone d’Italia. I criminali, per esempio, reclutano<br />

persone in ogni luogo.<br />

Ci faccia un esempio.<br />

Molti sono quelli che non trovano spazio<br />

nella vita sociale e nel lavoro, quelli che vivono<br />

di accattonaggio. Le mafie offrono loro<br />

un lavoro, li trasformano in spacciatori di<br />

droga e li fanno entrare all’interno di un sistema<br />

criminale.<br />

Studiare le caratteristiche delle mafie nelle<br />

aule universitarie per combatterle meglio?


Don Luigi Cio<br />

Le mafie presenti si evolvono. La capacità di<br />

cambiamento non va sottovalutata. Sta nascendo<br />

una quinta mafia molto borghese.<br />

Una mafia di colletti bianchi, di finanziarie.<br />

Un sistema criminale che fa da banca a piccole<br />

e medie imprese.<br />

La legge 106/96 prevede l’uso sociale dei<br />

beni confiscati alle mafie. Come avete vinto<br />

questa battaglia?<br />

E’ una legge di iniziativa popolare , sono<br />

state raccolte un m<strong>il</strong>ione di firme dall’associazione<br />

Libera. La legge prevede che i beni<br />

immob<strong>il</strong>i possono essere assegnati dai comuni,<br />

a titolo gratuito, a comunità, associazioni<br />

di volontariato e cooperative sociali.<br />

E’ vero che oggi i beni confiscati sono ut<strong>il</strong>izzati<br />

a discrezione dei governi locali e non<br />

sempre per <strong>il</strong> sociale?<br />

Chiariamo. Il 36 % dei beni che non può essere<br />

ut<strong>il</strong>izzato, si trova sotto ipoteca delle<br />

banche. Bisogna trovare un modo per togliere<br />

le ipoteche e metterli in vendita. Per<br />

ora i termini per la vendita sono stati prorogati.<br />

Se dopo alcuni mesi <strong>il</strong> bene non viene ut<strong>il</strong>izzato,<br />

è messo all’asta?<br />

Prima sì. Oggi l’asta è stata annullata. Molti<br />

pensavano che in questo modo <strong>il</strong> bene veniva<br />

ricomprato dalle stesse organizzazioni.<br />

Attraverso dei prestanome?<br />

Interviste<br />

Esatto. Il 30% dei beni è intestato a prestanome.<br />

Ma c’è dell’altro.<br />

Cosa?<br />

Un problema trasversale che Libera si è impegnata<br />

a risolvere in collaborazione con <strong>il</strong><br />

Parlamento europeo. La Confisca a uso sociale<br />

a livello europeo.<br />

Cioè?<br />

Le grandi famiglie criminali investono all’estero<br />

i loro contanti. Dobbiamo portare in<br />

Europa l’esperienza legislativa della confisca<br />

dei beni ai mafiosi ed <strong>il</strong> loro ut<strong>il</strong>izzo sociale.<br />

E’ cambiato qualcosa con la nascita della<br />

Agenzia?<br />

Il 16 marzo 2010 è stata inaugurata l’Agenzia<br />

Nazionale dei beni sequestrati e confiscati<br />

alla mafia e ritengo sia un segnale importante.<br />

Ora è necessario che sia efficace ed<br />

operativa. Resta un dubbio.<br />

Quale?<br />

Riguarda la Finanziaria 2006 sulla confisca<br />

dei beni ai corrotti. Vorremmo sapere quali<br />

sono i provvedimenti presi.<br />

Situazione del governo oggi?<br />

Il governo dovrebbe dedicare maggiore attenzione<br />

al terzo settore, che spesso deve<br />

farsi carico delle situazioni senza l’appoggio<br />

dello stato.<br />

Se le cose non funzionano è colpa del governo?<br />

Non dobbiamo mai generalizzare. Tutti devono<br />

rispettare le leggi. Siamo tutti responsab<strong>il</strong>i,<br />

lo stato deve fare la sua parte ma noi<br />

cittadini dobbiamo assumerci le nostre responsab<strong>il</strong>ità.<br />

Don Luigi, l’obiettivo è di non fermarsi mai?<br />

C’è un’Italia che si muove, ci sono m<strong>il</strong>ioni di<br />

ragazzi che lottano insieme contro le mafie,<br />

che si impegnano per usare la propria libertà<br />

per liberare chi non ce l’ha.<br />

I giovani al primo posto?<br />

Si. Bisogna dar spazio alla creatività dei ragazzi,<br />

alla loro intelligenza. Un esempio? La<br />

manifestazione Reggio. Questo è solo uno<br />

dei tanti slogan per far capire alle persone<br />

che <strong>il</strong> cambiamento è in ognuno di noi.<br />

43


E’ dura ed esaltante l’eredità di Peppino<br />

Giovanni Impastato porta avanti le battaglie del fratello<br />

di Ida Palisi<br />

Suo fratello Peppino è <strong>il</strong> simbolo della lotta<br />

alla mafia più conosciuto d’Italia. E a lui, a<br />

Giovanni Impastato, <strong>il</strong> fratello minore, <strong>il</strong> “sopravvissuto”<br />

agli attentati e alle ritorsioni di<br />

Cosa Nostra, è toccato raccoglierne l’eredità<br />

morale e materiale e combattere, quotidianamente,<br />

la cultura mafiosa.<br />

Peppino, fatto assassinare dalla mafia <strong>il</strong> 9<br />

maggio 1977 (lo stesso giorno del ritrovamento<br />

del cadavere di Aldo Moro) denunciava<br />

i delitti e gli affari dei mafiosi con le<br />

trasmissioni indipendenti di Radio Out. Dopo<br />

“Oggi l'dentikit del mafioso<br />

non è più quello dei Riina o<br />

dei Provenzano. E' stato<br />

sostituito dall'ingegnere,<br />

dall'avvocato, dal medico.<br />

A comandare c'è una<br />

borghesia mafiosa”<br />

la sua morte, insieme con la mamma Felicia<br />

decise di aprire la sua casa di Cinisi, in provincia<br />

di Palermo, a tutti coloro che volessero,<br />

da vicino, conoscere Peppino. Quella<br />

casa è oggi “Casa della Memoria”, a “cento<br />

passi” dalla casa di Tano Badalamenti, che da<br />

poco è stata assegnata all’Associazione Peppino<br />

Impastato.<br />

“Una grande vittoria per la società civ<strong>il</strong>e”, ci<br />

dice Giovanni Impastato. Cinquantasette anni<br />

(Peppino oggi ne avrebbe 62), gestisce una<br />

pizzeria-supermercato vicino all’aeroporto<br />

palermitano ed è stato tra i fondatori del Centro<br />

Peppino Impastato, <strong>il</strong> primo centro studi<br />

sulla mafia sorto in Italia e protagonista della<br />

battaglia legale per dimostrare la matrice mafiosa<br />

dell’omicidio di Peppino. Sul fratello ha<br />

pubblicato, assieme a Franco Vassia, <strong>il</strong> libro<br />

“Resistere a Mafiopoli” (Stampa Alternativa,<br />

44<br />

Interviste<br />

Viterbo 2009). Abbiamo raggiunto Giovanni<br />

telefonicamente, mentre era in giro per uno<br />

dei suoi tanti impegni culturali e sociali per la<br />

legalità.<br />

Com’è la mafia di oggi rispetto ai tempi di<br />

m<strong>il</strong>itanza con Peppino?<br />

È cambiata tantissimo, gradatamente. Ricordo<br />

che dopo l’assassinio di Peppino ci fu<br />

uno scontro tra corleonesi e palermitani: vinsero<br />

i primi, vale a dire Riina e Provenzano.<br />

La loro era una mafia che si scontrava direttamente<br />

con lo Stato, usando la strategia<br />

“Grazie alle nostre lotte,<br />

siamo riusciti a fare approvare<br />

la legge che impone <strong>il</strong><br />

sequestro dei beni dei mafiosi.<br />

Purtroppo occorrono<br />

vittime per fare passi<br />

avanti”<br />

dello stragismo. Dopo <strong>il</strong> loro arresto la mafia<br />

si trasformò in un’organizzazione sommersa<br />

che conservava tuttavia legami con una parte<br />

del potere istituzionale ed era inserita nel sistema<br />

di politico-economico e telematico.<br />

Dopo l’arresto di Lo Piccolo tre anni fa e fino<br />

ai nostri giorni, la parte para-m<strong>il</strong>itare è stata<br />

decimata. Pochissimi mancano all’appello:<br />

sono tutti dentro. Oggi l’identikit del mafioso<br />

non è più quello di Totò Riina o Bernardo Provenzano,<br />

è quello dell’ingegnere, dell’avvocato,<br />

del medico. Basti pensare all’architetto<br />

Giuseppe Liga (considerato l’erede di Lo Piccolo,<br />

arrestato nel marzo 2010 ndr): era un<br />

professionista molto conosciuto negli ambienti<br />

politici, membro di un movimento<br />

molto vicino alla Regione. La nuova mafia è<br />

questa: una organizzazione dei colletti bianchi,<br />

una borghesia mafiosa, molto più perico-


Giuseppe Impastato<br />

losa perché entrata nel tessuto sociale. Gestisce<br />

un po’ tutto, dall’acqua alla sanità.<br />

Che cosa si può fare per combatterla?<br />

Dobbiamo partire dal presupposto che bisogna<br />

portare avanti un’azione di resistenza<br />

vera e propria. A livello individuale si può fare<br />

tantissimo, cercando innanzitutto di rompere<br />

con la cultura mafiosa dentro noi stessi.<br />

Quando lotto contro la mafia è come se lottassi<br />

contro me stesso, contro una forma di<br />

agire e di pensare. Non voglio dire che siamo<br />

tutti mafiosi, siamo persone per bene. Purtroppo<br />

la cultura mafiosa è radicata dentro di<br />

noi. Tuttavia credo che questo Paese sia ancora<br />

vivo e che ce la possa fare.<br />

Sul fronte dell’antimafia cosa è cambiato?<br />

Sono stati fatti tanti passi avanti. Grazie alle<br />

nostre lotte, siamo riusciti a far approvare la<br />

legge 109 sull’ut<strong>il</strong>izzo dei beni confiscati ai<br />

mafiosi; abbiamo oggi cooperative che lavorano<br />

su terre sottratte alla mafia. A Palermo<br />

opera <strong>il</strong> movimento dei “senza casa”, che occupa<br />

le case una volta proprietà dei mafiosi.<br />

Tuttavia le conquiste si sono ottenute negli<br />

anni, anche con molti ostacoli, e l’impegno<br />

delle istituzioni è stato più forte sull’onda dell’emergenza<br />

e dopo i sacrifici di tantissime<br />

persone che ci hanno lasciato la pelle. Così<br />

dopo l’uccisione di Dalla Chiesa nell’82 è<br />

stato introdotto <strong>il</strong> 416 bis, che punisce l’associazione<br />

per delinquere di tipo mafioso, cui<br />

è stato dato nuovo impulso dopo le stragi che<br />

coinvolsero i giudici Falcone e Borsellino.<br />

Interviste<br />

Tutti risultati importanti, ma se vogliamo<br />

sconfiggere la mafia dobbiamo partire dal<br />

basso.<br />

In che modo?<br />

Scendendo in piazza, facendo sentire la propria<br />

voce, come è accaduto l’anno scorso<br />

quando diecim<strong>il</strong>a persone hanno manifestato<br />

a Ponteranica, nel bergamasco, contro la<br />

mafia e <strong>il</strong> sindaco leghista che voleva togliere<br />

la targa che dedicava la biblioteca comunale<br />

a Peppino. Cose come questa si possono amplificare,<br />

possono trovare un perno forte soprattutto<br />

nei movimenti che stanno cercando<br />

di far nascere conflitti culturali, che per una<br />

lotta di resistenza rappresentano <strong>il</strong> nostro futuro.<br />

Quindi una forma di lotta alla mafia resta<br />

l’associazionismo?<br />

Certo. Legarsi all’associazionismo e al volontariato<br />

è un impegno che deve procedere di<br />

pari passo con un sano sv<strong>il</strong>uppo economico<br />

del Paese. Soprattutto i giovani dovrebbero<br />

legarsi ai movimenti e alle associazioni. Per<br />

questo vado nelle scuole, cercando di coinvolgere<br />

i ragazzi e di sensib<strong>il</strong>izzarli in questo<br />

senso”.<br />

La casa del boss affidata<br />

all’Associazione Peppino<br />

Impastato<br />

Cinisi, corso Umberto 183. La casa di don<br />

Tano Badalamenti, <strong>il</strong> mandante dei sicari di<br />

Impastato, è ora la sede dell'Associazione che<br />

porta <strong>il</strong> nome di Peppino. Qui si trasferirà<br />

anche la Biblioteca Comunale. Una palazzina<br />

a due piani che Falcone e Borsellino avevano<br />

sequestrato nel 1985 e che, un lustro dopo, è<br />

stata finalmente confiscata. Il sindaco di Cinisi,<br />

Salvatore Palazzolo, ha consegnato le<br />

chiavi della casa a Giovanni Impastato, che<br />

dell'associazione è <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>e. Onde evitare<br />

che i padrini potessero riacquistare <strong>il</strong><br />

fabbricato. Badalamenti è morto nelle carceri<br />

americane nel 2004. E Giovanni Impastato<br />

chiede che le indagini sulla morte del fratello<br />

vengano riaperte. La vita del giovane Peppino<br />

ha dato origine alla trama del f<strong>il</strong>m “I cento<br />

passi”. Ovvero la distanza esatta fra la sede<br />

della Radio diretta da Impastato e la casa del<br />

boss Badalamenti, attaccato dagli editoriali<br />

dell’emittente per le sue attività mafiose.<br />

45


“Iounatogarossa?DifendosololaCostuzione”<br />

Il procuratore Paolo Mancuso risponde a chi lo aacca<br />

di Rosario Pastore<br />

Procuratore Mancuso, a che punto è la lotta<br />

alla criminalità organizzata? Sono stati fatti<br />

passi avanti?<br />

Se per passi avanti si intende attività di repressione<br />

e di controllo, sicuramente sì. Ormai di<br />

queste organizzazioni si conosce tutto, sono<br />

state colpite in maniera intensissima, <strong>il</strong> numero<br />

degli arresti è enorme. Se invece vuole sapere<br />

se siamo più vicini alla scomparsa o per lo meno<br />

ad un ridimensionamento serio, credo che la risposta<br />

debba essere negativa. Purtroppo, non è<br />

con la sola repressione che si può vincere questa<br />

battaglia.<br />

Il fenomeno della collusione fra politica e camorra<br />

è ancora preoccupante?<br />

Da quello che riesco a vedere siamo in una fase<br />

in cui la politica è estremamente debole, mentre<br />

invece ha assunto centralità, con un’inversione<br />

rispetto a qualche decennio fa, <strong>il</strong> mondo degli<br />

affari.<br />

Oggi c’è una politica spesso subalterna al mondo<br />

degli affari, <strong>il</strong> quale è molto più permeab<strong>il</strong>e della<br />

politica da parte delle organizzazioni mafiose. La<br />

criminalità organizzata ha come suo obiettivo <strong>il</strong><br />

controllo degli affari. Il rapporto fra imprenditoria<br />

e criminalità è praticamente fisiologico. Se attraverso<br />

gli affari, la mafia riesce ad arrivare alla<br />

politica, quest’ultima è molto più esposta alle inf<strong>il</strong>trazioni,<br />

alle collusioni, alle cointeressenze, alle<br />

interferenze dell’organizzazione criminale.<br />

Da magistrato si è occupato di inchieste clamorose,<br />

come quella sul clan Nuvoletta e<br />

quella che coinvolse, dieci anni dopo, alcuni<br />

esponenti della vecchia DC.<br />

L’inchiesta Nuvoletta nacque senza collaboratori<br />

di giustizia per un approfondimento su alcuni<br />

settori dell’imprenditoria. A Marano erano<br />

stati costruiti interi quartieri, con forti finanziamenti,<br />

agevolati impropriamente dal Banco di<br />

<strong>Napoli</strong>, su raccomandazioni che venivano proprio<br />

dalla politica. Nuvoletta era in quel periodo<br />

uno snodo cruciale nel mondo della camorra,<br />

era mediatore fra <strong>il</strong> gruppo dei Cutolo e quello<br />

degli Alfieri. Alla fine, questo ruolo non gli fu più<br />

possib<strong>il</strong>e e ricevette botte dagli uni e dagli altri.<br />

Fu un’indagine che ci portò direttamente al<br />

cuore del sistema messo in piedi in occasione<br />

46<br />

Interviste<br />

“La riforma della giustizia<br />

costringerà al disimpegno<br />

molti magistrati. Si tratta<br />

di un'amministrazione che<br />

non mi interessa”<br />

del terremoto. Sto parlando della costituzione<br />

di cartelli che controllavano <strong>il</strong> movimento terra<br />

e la produzione di calcestruzzo, due settori di cui<br />

gli imprenditori che lavoravano nella costruzione<br />

non potevano proprio fare a meno. Attraverso<br />

questo monopolio, si arrivò ad individuare i settori<br />

della politica che avevano avuto un ruolo in<br />

questi affari.<br />

Cosa scoprì invece sulla DC?<br />

L’altra inchiesta, che ci portò all’individuazione<br />

del sistema camorra- affari- imprenditoria politica,<br />

invece, nacque dalla collaborazione di personaggi<br />

di primissimo piano del mondo<br />

criminale come Pasquale Galasso e lo stesso Carmine<br />

Alfieri. Scoprimmo un sistema di alleanze<br />

che si era sv<strong>il</strong>uppato anzitutto nei paesi della<br />

provincia di <strong>Napoli</strong> e in cui, alla vecchia clientela<br />

democristiana, si era sovrapposto un controllo<br />

delle tessere e quindi delle sezioni della DC, ossia<br />

delle espressioni locali di questo mondo da parte<br />

della camorra. Qualcuno che veniva dal cuore<br />

stesso del sistema di potere democristiano, Alfredo<br />

Vito, ce lo spiegò ampiamente. Vito assunse<br />

un atteggiamento collaborativo nei<br />

confronti sia dei reati di natura amministrativa<br />

sia di natura camorristica. Quel sistema per anni<br />

ha funzionato, creando un apparato dirigente<br />

dal quale, ancora oggi, stentiamo a liberarci.<br />

La legge per la lotta alla criminalità organizzata<br />

riusale a trentotto anni fa. Va aggiornata?<br />

Credo che l’armamentario a nostra disposizione<br />

sia sufficiente. Sono venute meno le risorse. Di<br />

uomini e di mezzi. Le forze di Polizia sono in uno<br />

stato di assoluto abbandono. Sono stati tagliati<br />

anche settori fondamentali come l’informatica.


Il procuratore Paolo Mancuso<br />

Da questo punto di vista la situazione è drammatica.<br />

Pesa ancora di più la consapevolezza da parte di<br />

chi opera su questo terreno di non essere<br />

apprezzato, di non vedersi riconosciuti i propri<br />

meriti. I riconoscimenti sono inadeguati. Non c’è<br />

la volontà politica. Qualche anno fa, non era<br />

così.<br />

La riforma della giustizia che <strong>il</strong> Governo persegue?<br />

Credo nella necessità di una riforma della giustizia.<br />

Mi pare che quella perseguita costringerà al<br />

disimpegno molti di noi.<br />

Addirittura disimpegno, Procuratore?<br />

Se le intercettazioni telefoniche non potranno<br />

essere usate per reati contro la Pubblica Amministrazione;<br />

se la Polizia Giudiziaria dovrà essere<br />

legittimata a trasmettere o no notizie di reato;<br />

se si farà una separazione delle carriere più intensa<br />

ancora di quella che già c’è nei fatti, <strong>il</strong> rischio<br />

sarà che questa giustizia finirà col punire<br />

solo gli extracomunitari, i clandestini, i piccoli<br />

spacciatori, gli zingari. Ed è un’amministrazione<br />

della giustizia che non mi interessa.<br />

Il giudice Ingroia afferma che siamo in emergenza<br />

democratica.<br />

Se Ingroia si riferisce ai progetti di riforma della<br />

Costituzione, credo che la tesi sia appropriata.<br />

Se si vuole adeguare la Costituzione materiale,<br />

violatrice della Costituzione formale, con l’obiettivo<br />

di renderla sostanzialmente la nuova Costituzione,<br />

rischiamo veramente di andare in<br />

emergenza democratica. Un’emergenza che<br />

vedo già in atto è quella sull’etica, l’emergenza<br />

dei costumi e dei valori di questo Paese, dei principi<br />

di rispetto delle regole, dello stesso linguag-<br />

interviste<br />

gio ut<strong>il</strong>izzato, delle forme di comunicazione. Non<br />

credo che sia un’emergenza fac<strong>il</strong>issima da superare<br />

quand’anche intendessimo dare una svolta.<br />

Il ministro Alfano continua a mandare ispettori<br />

nelle Procure.<br />

Il ministro è titolare di questo potere. Il problema<br />

è l’opportunità. Nel nostro mestiere di errori<br />

ne facciamo tanti. Ma cercare quasi<br />

esclusivamente se esistono errori che riguardano<br />

i potenti di questa terra, credo che sia un<br />

atteggiamento incomprensib<strong>il</strong>e, non appropriato<br />

all’esercizio del potere, che dovrebbe proporsi<br />

innanzitutto come rispettoso del ruolo<br />

istituzionale che gli compete.<br />

Lei aveva sottoscritto l’appello di Libera contro<br />

la vendita degli immob<strong>il</strong>i sequestrati alla malavita<br />

organizzata.<br />

Fino ad oggi c’è stata una sostanziale indifferenza<br />

da parte di coloro che hanno la disponib<strong>il</strong>ità<br />

di queste strutture. La recente costituzione<br />

dell’agenzia per i beni confiscati, formata a Reggio<br />

Calabria, potrebbe cambiare le cose. Bisognerà<br />

vedere come si comporterà. In alcuni casi<br />

anche la vendita può essere una soluzione, purché<br />

sia accompagnata da un a serie di misure di<br />

salvaguardia per scongiurare <strong>il</strong> ritorno dei beni a<br />

chi li aveva visti espropriati.<br />

Da due anni lei è Procuratore a Nola. Un territorio<br />

diffic<strong>il</strong>e?<br />

Diffic<strong>il</strong>issimo. Ma tutto è relativo. Il territorio a<br />

noi confinante, quello della Provincia di Caserta,<br />

lo è molto di più. Là opera una organizzazione<br />

mafiosa a tutti gli effetti e nonostante i colpi che<br />

ha subito e continua a subire, è ancora una struttura<br />

vitale, pericolosa, ambiziosa. L’unica che<br />

continua ad avere un’interlocuzione naturale<br />

con i poteri veramente importanti del territorio.<br />

Il 14 dicembre del 2007, <strong>il</strong> quotidiano “Il<br />

Tempo” di Roma, parlando di lei, la definì<br />

una toga rossa.<br />

La mia idea, e fortunatamente non solo la mia,<br />

è che noi siamo portatori di una cultura e di una<br />

gerarchia di valori, la Costituzione davanti a tutti,<br />

ai quali informiamo la nostra vita. Se per toga<br />

rossa si intende un magistrato che rispetta i valori<br />

fondanti della Costituzione, l’articolo 3 innanzitutto,<br />

quello dell’eguaglianza davanti alla<br />

legge, questa definizione va benissimo. Se si vuol<br />

dire che <strong>il</strong> mio lavoro è condizionato da partecipazioni<br />

emotive o sentimentali a gruppi politici,<br />

sarebbe un’offesa gravissima, che in qualche<br />

caso ho dovuto perseguire con azioni giudiziarie,<br />

finendo sempre con l’aver ragione.<br />

47


Tano Grasso: “Mai isolare chi denuncia”<br />

Il responsab<strong>il</strong>e dell'anracket esalta la Fucito : “e' straordinaria”<br />

di Vincenzo Pinelli<br />

Dottor Grasso, ci fa una panoramica del fenomeno<br />

camorristico a <strong>Napoli</strong>?<br />

Un confronto fra la situazione napoletana con<br />

quella sic<strong>il</strong>iana e calabrese mi inducono a<br />

pensare che la prima sia una realtà più<br />

“aperta” rispetto a quella palermitana o reggina.<br />

Nel senso che lì <strong>il</strong> controllo del territorio<br />

attraverso l’estorsione è ramificato, cap<strong>il</strong>lare<br />

ed antico. A <strong>Napoli</strong> queste caratteristiche esistono<br />

solo in parte. In molte zone della città,<br />

<strong>il</strong> fenomeno è a macchia di leopardo e non ha<br />

l’organizzazione scientifica che caratterizza <strong>il</strong><br />

racket di “cosa nostra” o della “ndrangheta”.<br />

Invece, nelle aree della provincia di <strong>Napoli</strong> o<br />

di Caserta <strong>il</strong> fenomeno si avvicina di più alle<br />

caratteristiche sic<strong>il</strong>iane.<br />

“A <strong>Napoli</strong> sono aumentate<br />

le denunce e le costuzioni<br />

di parte civ<strong>il</strong>e.<br />

Un evidente passo avan<br />

nella loa alla camorra”<br />

Cosa ne pensa della “ più grande operazione<br />

della storia della Repubblica”, come l’ha definita<br />

Maroni, sui beni sequestrati da DIA e<br />

Carabinieri al clan dei casalesi: 210 immob<strong>il</strong>i,<br />

1 opificio ed un’azienda agricola? Sarebbe<br />

possib<strong>il</strong>e realizzare una “Banca di Stato” che<br />

aiuti le vittime dell’usura?<br />

Non sono in grado di dire quale sia <strong>il</strong> valore<br />

reale dei beni. Ovviamente, se <strong>il</strong> Ministero<br />

dell’Interno dà una valutazione, dobbiamo<br />

prenderne atto. Fermo restando che Maroni<br />

ha ben ragione di valorizzare <strong>il</strong> “modello Caserta”,<br />

visti i risultati conseguiti. Bisogna riconoscere<br />

che nel Casertano le istituzioni, le<br />

forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria hanno<br />

ottenuto successi che non hanno confronto<br />

nella storia della lotta alla camorra. Il punto<br />

debole, e lo dico con amarezza, è la debolezza<br />

dell’azione della società civ<strong>il</strong>e, del<br />

48<br />

Interviste<br />

Tano Grasso, consulente anracket del Comune di <strong>Napoli</strong><br />

mondo imprenditoriale, in ritardo rispetto all’impegno<br />

dello Stato. Sul secondo punto,<br />

penso che la legislazione italiana sia adeguatamente<br />

attrezzata per tutelare ed assistere<br />

anche economicamente le vittime di usura e<br />

le vittime di estorsione. Una “Banca di Stato”<br />

sarebbe un doppione rispetto alla legislazione<br />

vigente.<br />

Lei ha conosciuto la signora Fucito , una<br />

donna coraggiosa. Che esperienza è stata?<br />

Straordinaria. Non solo perché lei e la sua famiglia<br />

hanno avuto <strong>il</strong> coraggio di denunciare<br />

e fare arrestare gli estorsori, attivando attivare<br />

un importante processo. Ma soprattutto<br />

perché la signora ormai dedica tutto <strong>il</strong> suo<br />

tempo ad aiutare gli altri commercianti che si<br />

trovano nelle stesse condizioni. Ormai è una<br />

leader, non più una vittima.<br />

Quali sono i disagi delle vittime?<br />

Per coloro che subiscono estorsione, <strong>il</strong> problema<br />

è la sicurezza. Se parliamo invece di<br />

vittime dell’usura, <strong>il</strong> vero problema è <strong>il</strong> reinserimento<br />

nell’economia, <strong>il</strong> tornare a vivere<br />

bene, i disagi economici , fam<strong>il</strong>iari e i psicologici.<br />

Come va tutelata la vittima dell’estorsione?<br />

Attraverso l’associazionismo. Le associazioni<br />

anti-racket sono <strong>il</strong> più efficace strumento di


tutela. Quando la denuncia viene fatta attraverso<br />

le associazioni, nessuno subisce rappresaglie.<br />

Questo mi dice un’esperienza<br />

ventennale. La prima associazione è nata nel<br />

1990 a Capo d’Orlando. Il principio è: essere<br />

in tanti e non lasciare mai solo chi si espone.<br />

Cos’è “l’antiracket card” ?<br />

Un tentativo di incoraggiare <strong>il</strong> consumatore<br />

ad acquistare esclusivamente nei negozi contrassegnati<br />

dall’insegna “No al Pizzo“. In questo<br />

modo <strong>il</strong> cliente contribuisce ad<br />

incoraggiare un’economia libera dai condizionamenti<br />

mafiosi, girando le spalle a quei negozianti<br />

che, pagando <strong>il</strong> pizzo, foraggiano la<br />

mafia.<br />

Come ha conosciuto Don Ciotti e come è iniziata<br />

la collaborazione con l’associazione antiracket?<br />

Conosco don Ciotti da sempre. Personalità autorevole,<br />

una grande forza morale. Un punto<br />

di riferimento per gli addetti ai lavori. Insieme<br />

con lui è stata fondata l’associazione “Libera”.<br />

Che cosa è cambiato da quando lei dirige<br />

l’antiracket?<br />

A <strong>Napoli</strong> c’è stato uno straordinario incremento<br />

nel numero delle denunce. Sono au-<br />

mentati i processi e sono numerosissime le<br />

costituzioni di parte civ<strong>il</strong>e, fino al 2002 non<br />

c’era alcuna associazione antiracket.<br />

Pensa che sua cambiata l’imposizione del<br />

pizzo a <strong>Napoli</strong>?<br />

Nelle fasi di crisi, mafia e camorra sono attente<br />

a non esagerare. Sanno che mettere in<br />

crisi la vittima influisce sui pagamenti delle<br />

estorsioni. Per definizione <strong>il</strong> modello del pizzo<br />

è sempre flessib<strong>il</strong>e.<br />

Come si potrebbe debellare <strong>il</strong> fenomeno?<br />

E’ un percorso faticoso e lungo, un percorso<br />

che passa attraverso le denuncie personali<br />

degli imprenditori. In mancanza di queste, è<br />

quasi impossib<strong>il</strong>e vincere la guerra. Se i commercianti<br />

continuano a pagare, alimentano <strong>il</strong><br />

fenomeno. Anzi, lo riproducono.<br />

Dopo anni di diffic<strong>il</strong>e e dura lotta contro <strong>il</strong><br />

racket, quale esperienza che può trarne?<br />

Che tutto può cambiare. Ne ho avuto la prova.<br />

Tutto si evolve e questo è importante.<br />

Associazioni antiusura: una questione ancora aperta<br />

È <strong>il</strong> caso del regolamento n. 220 del 2007, che disciplina l’iscrizione delle associazioni antiusura negli appositi<br />

elenchi prefettizi: una revisione attesa da tempo, emanata da Ministero degli Interni e della Giustizia, che ha<br />

avuto come paradossale effetto la cancellazione in tutta Italia di decine di associazioni. Così, regolamentando<br />

exnovolamateria,sifinisceperaveredecinedipresidiinmenocontrounfenomeno,l’usura,controcuièbene<br />

non abbassare mai la guardia. L’effetto di questi provvedimenti è che le associazioni cancellate di fatto non<br />

possono più svolgere attività antiusura, perché non possono più accedere ai fondi messi a disposizione degli<br />

enti locali.<br />

Il decreto è stato oggetto dell’impugnazione al Tar da parte dell’associazione Codici, iscritta in numerose Prefetture<br />

e cancellata quasi dappertutto tranne che a Roma, sul presupposto che l’iscrizione deve esserci ove si<br />

ha la sede principale; in qualche occasione i tribunali amministrativi hanno dato ragione all’associazione sospendendo<br />

i provvedimenti.<br />

“Quellochecihastupito–dice<strong>il</strong>segretarionazionalediCodici,IvanoGiacomelli–èlapervicaciadelministero<br />

neldifendere<strong>il</strong>decreto.Nonvorremmocifosseunaprecisavolontàdietrotuttoquesto,diaffidarel’antiusura<br />

apochisoggettibenretribuiti,efarscendere<strong>il</strong>s<strong>il</strong>enziosulfenomeno.Ilcalodelledenunceacuiatutt’oggiassistiamo<br />

è un segnale indicatore piuttosto inquietante”.<br />

“Il decreto secondo noi è addirittura anticostituzionale, perché impedisce di fatto <strong>il</strong> libero associazionismo.<br />

Prevederel’iscrizionesolonellaprefetturadovec’èlasedeprincipaledell’associazionesignificaimpedirel’esistenza<br />

di associazioni nazionali”, dichiara l’avvocato Carmine Laurenzano che ha redatto <strong>il</strong> ricorso al Tar. E se<br />

nonpossonoesserciassociazioninazionali,loStatoscegliedipred<strong>il</strong>igereesposare<strong>il</strong>modellofederativo;forse<br />

non a caso.<br />

L’associazione in alcune regioni – la Campania, tra questi - ha deciso di continuare ad assistere le vittime che<br />

le si erano affidate, anche senza la copertura finanziaria dei progetti; e proprio in Campania è attesa la decisione<br />

su uno dei ricorsi pendenti, decisione che potrebbe pesare non poco sul futuro dell’antiusura.<br />

Vanni Pietrini<br />

interviste<br />

49


50<br />

Brevi<br />

“Onda Pazza” a rischio chiusura<br />

Un appello per consentirle ancora di trasmettere.<br />

Le sottoscrizioni sono arrivate solo da<br />

Roma in su. La solidarietà per la web radio anticamorra<br />

“Onda Pazza”, a rischio chiusura a<br />

causa della mancanza di fondi, è targata Centro-Nord.<br />

Per Michele Langella, responsab<strong>il</strong>e<br />

dell’emittente e presidente dell’associazione<br />

Arci di San Giovanni a Teduccio, quartiere ad<br />

est di <strong>Napoli</strong>, la vera follia è questa.<br />

“La radio ha accumulato un debito di ottom<strong>il</strong>a<br />

euro a causa del mancato pagamento dell’affitto<br />

dei locali. Da giugno mancheranno completamente<br />

i fondi per <strong>il</strong> pagamento delle<br />

utenze telefoniche e della rete elettrica. “E’<br />

triste che neanche una quota sia arrivata dal<br />

Sud – spiega Michele –. Non una sola sottoscrizione<br />

da <strong>Napoli</strong>, Palermo o Bari. E pensare<br />

che una signora di Roma, che si chiama Lisa,<br />

ha donato ben duem<strong>il</strong>a euro con la sua associazione.<br />

Al nostro appello, invece, <strong>il</strong> Mezzogiorno<br />

non ha risposto. Forse incide la paura<br />

per le attività di contrasto alla criminalità che<br />

portiamo avanti”<br />

L’emittente nasce dalla collaborazione con<br />

l’Arci e <strong>il</strong> Centro di musica e cultura Peppino<br />

Impastato. Si batte contro la dispersione scolastica<br />

e l’abbandono dei minori a rischio.<br />

Ad aver realizzato <strong>il</strong> sogno di una radio web<br />

contro la camorra è un gruppo di ragazzi poco<br />

più che ventenni. Ci siamo autotassati finchè<br />

abbiamo potuto. Con l’incremento delle attività,<br />

abbiamo dovuto prendere in affitto altri<br />

locali e ora non riusciamo a far fronte alle<br />

spese. L’indifferenza riguardo al pericolo di<br />

chiusura di radio “Onda Pazza” oramai è un<br />

fatto – prosegue Michele –. Neanche le istituzioni<br />

ci ascoltano, <strong>il</strong> presidente della Repubblica<br />

<strong>Napoli</strong>tano non ha ancora risposto<br />

al nostro appello”.<br />

“Una mob<strong>il</strong>itazione che prevede un piccolo<br />

contributo, anche di dieci euro a persona, potrebbe<br />

salvare radio Onda Pazza e consentire<br />

<strong>il</strong> pagamento delle utenze per la messa in<br />

onda dei programmi e <strong>il</strong> mantenimento dei<br />

corsi per i ragazzi. E’possib<strong>il</strong>einviareipropriaiuti<br />

al conto corrente 00000120809 o con un bonifico<br />

all’ Iban IT 47 L0501803400000000120809 (Banca<br />

Etica di <strong>Napoli</strong>, intestato all’Arci di San Giovanni).<br />

“Queste cifre sono contenute anche nell’appello<br />

che Michele Langella ha fatto girare sul<br />

web. Si tratta dell’estremo passo per evitare<br />

la chiusura.<br />

Chiediamo a chi può e vuole, un contributo<br />

economico che ci permetta di proseguire<br />

nelle nostre attività – osserva Michele - e di<br />

mantenere aperto un luogo fondamentale<br />

per quei tanti ragazzi che rischiavano e rischiano<br />

di essere coinvolti e irretiti da quella<br />

piovra che è <strong>il</strong> mondo della malavita organizzata”.<br />

<strong>il</strong>. urb.<br />

Sede di radio Onda Pazza<br />

Indennità di carcere per famiglie di spacciatori<br />

speciale indennità, un vero e proprio sussidio,<br />

che varia a seconda dell’importanza dell’aff<strong>il</strong>iato<br />

al clan e che vengono pagate,<br />

naturalmente, dai boss. IN base ad<br />

un’agenda sequestrata ad Anna Cerrone,<br />

viene stab<strong>il</strong>ito che l’indennità settimanale<br />

non può essere inferiore ai 100 euro. Se la famiglia<br />

da assistere è di qualcuno particolarmente<br />

nella gerarchia, si arriva ai 150 e anche<br />

ai 200 euro alla settimana.<br />

Mafioso “uomo di pace”<br />

“E’ un uomo di pace! Ha fatto del bene a<br />

tutti!”, così urlava una donna, che inveiva<br />

verso agenti di Polizia. Colpevoli, questi ultimi,<br />

di portare in carcere Giovanni Tegano.<br />

E’ accaduto a Reggio Calabria <strong>il</strong> 27 apr<strong>il</strong>e<br />

scorso e l’uomo tenuto stretto fra due poliziotti<br />

era un boss della ‘ndrangheta, considerato<br />

fra i 30 latitanti più pericolosi. Scovato<br />

dopo 17 anni di latitanza, Tegano è fra i pochi<br />

sopravvissuti alla guerra di mafia che, fra l’88<br />

e <strong>il</strong> ’91, aveva lasciato a terra 600 morti. Condannato<br />

all’ergastolo, <strong>il</strong> mafioso è stato applaudito<br />

da centinaia di persone assiepate<br />

davanti alla Questura di Reggio Calabria.<br />

Ortofrutta: patto mafia-camorra<br />

Un vero e proprio regime di monopolio.<br />

‘Ndrangheta, camorra, mafia: insieme per ge-


stire i mercati della frutta sull’asse Lazio -<br />

Campania - Calabria - Sic<strong>il</strong>ia. Con l’imposizione<br />

delle ditte di autotrasporto e i prezzi d’<br />

acquisto ai produttori. Una denuncia già fatta<br />

negli anni Sessanta dal f<strong>il</strong>m di Rosi :”La sfida”,<br />

con la storia di Pascalone ‘e Nola e di Pupetta<br />

Maresca. Non è cambiato niente, anzi la situazione<br />

si è aggravata col patto fra le cosche.<br />

La moglie del boss Salvino Madonia condannata<br />

a dieci anni<br />

Maria Angela Di Trapani, moglie del boss palermitano<br />

Salvino Madonia, k<strong>il</strong>ler dell’imprenditore<br />

Libero Grasso, è stata condannata<br />

a 10 anni per associazione mafiosa. La Di Trapani,<br />

definita dai pentiti “un vero uomo<br />

d’onore”, venne arrestata nel 2008. La donna<br />

era ritenuta anche in grado di condizionare le<br />

nomine dei vertici dei mandamenti mafiosi.<br />

La Regione Toscana vuole acquistare azienda<br />

agricola confiscata ai mafiosi<br />

Fra i 23 beni confiscati alla mafia in Toscana<br />

c’è anche un’azienda agricola in località Suvignano,<br />

nel comune di Monteroni d’Arbia, in<br />

provincia di Siena. La Regione Toscana ha intenzione<br />

di partecipare all’asta se gli immob<strong>il</strong>i<br />

saranno ceduti. C’è anche un albergo di<br />

Montecatini e un podere a Massa Cozz<strong>il</strong>e, in<br />

provincia di Pistoia, appartenuto al clan Nuvoletta.<br />

B<strong>il</strong>ancio di un decennio di sangue<br />

Antonio Calabrò, autore di “Cuore di cactus”<br />

(Sellerio Editore) è direttore Affari Istituzionali<br />

e Culturali della Pirelli. Calabrò, palermitano,<br />

fa una denuncia spietata dei crimini<br />

della mafia nella sua città. “Nella prima metà<br />

degli anni Ottanta – scrive – erano stati più o<br />

meno m<strong>il</strong>le i morti ammazzati. Una metà assassinati<br />

per strada e altri cinquecento uccisi<br />

dalla “lupara bianca”, sequestrati e uccisi in<br />

s<strong>il</strong>enzio, come svanitii nel nulla.Mentre altrove<br />

<strong>il</strong> terrorismo rosso e nero si avviava<br />

verso <strong>il</strong> tramonto; mentre M<strong>il</strong>ano si preparava<br />

a diventare la “M<strong>il</strong>ano da bere”, noi, a<br />

Palermo, ci preparavamo a morire”.<br />

Un tatuaggio di Lavezzi e l’omicidio è servito<br />

Una foto di Lavezzi, risultata poi truccata, in<br />

cui <strong>il</strong> popolare giocatore del <strong>Napoli</strong> mostrava<br />

un tatuaggio e usata come messaggio pubblicitario<br />

dal tatuatore, ha scatenato la gelosia<br />

professionale di un collega e tutto è finito in<br />

tragedia, con la morte del “taroccatore”.<br />

Brevi<br />

Geppi Serra, presidente dell’Associazione Tatuatori<br />

italiani, si dice stupito che la tragedia<br />

non sia scoppiata precedentemente. Secondo<br />

Serra, ci sono troppi d<strong>il</strong>ettanti che, per<br />

100 euro e un’attrezzatura poco efficiente, si<br />

danno a questo mestiere.<br />

Vecchiette spacciano a Caivano<br />

Vengono reclutate fra anziane particolarmente<br />

bisognose e vedove di camorra alcune<br />

collaboratrici che operano a Caivano. Il compenso<br />

si aggira ai 10 euro per cinque o sei ore<br />

di lavoro al giorno, Così i clan camorristici<br />

hanno pensato di mettere in piedi una specie<br />

di welfare, reclutando in ambienti dove le<br />

condizioni economiche sono far le più disastrate.<br />

Parte civ<strong>il</strong>e per la compagna del romeno ucciso<br />

Venne ucciso da un proiett<strong>il</strong>e vagante durante<br />

un raid della camorra alla stazione di<br />

Montesanto della ferrovia Cumana. La sua<br />

compagna si è costituita parte civ<strong>il</strong>e nel procedimento<br />

penale a carico di tre dei presunto<br />

componenti del commando che, un criminale<br />

atto dimostrativo, avevano dato vita ad una<br />

sparatoria micidiale. Petru Birlandeanu rimase<br />

a terra, senza vita. A partire dal 24<br />

maggio, inizierà <strong>il</strong> processo a carico degli imputati<br />

Marco Ricci, Maurizio e Salvatore<br />

Forte.<br />

Al via “Scampia Trip Project<br />

Un’ iniziativa nata per abbattere lo stereotipo<br />

negativo legato al territorio di Secondigliano<br />

e offrire al quartiere della periferia<br />

napoletana un volto nuovo. Il progetto, organizzato<br />

dalle associazioni di volontariato<br />

Resistenza, Terra Mia, Spazio cosmico, Legambiente<br />

Circolo La Gru, e patrocinato dall’VIII<br />

Municipalità del Comune di <strong>Napoli</strong> e<br />

dall’associazione Libera contro le Mafie, prevede<br />

l’attivazione di percorsi formativi, laboratori<br />

di legalità, seminari e tante altre<br />

attività rivolte ai giovani del territorio.<br />

51


Esteri<br />

La mano lunga della ‘ndrangheta in Germania<br />

Sono circa 250 le ‘ndrine, con un totale di oltre 600 aff<strong>il</strong>ia<br />

di Chiara Centralla<br />

Le autorità della Germania sapevano già dagli<br />

anni ’80 che la mafia era presente sul loro territorio.<br />

Proprio in quegli anni alcuni capi mafiosi<br />

furono arrestati grazie alla cooperazione<br />

tra la polizia tedesca e quella italiana. Per<br />

molto tempo la Germania ha rappresentato<br />

un luogo dove la mafia potesse risiedere con<br />

una certa tranqu<strong>il</strong>lità, in quanto veniva controllata<br />

molto di meno che in Italia.<br />

Le cose si sono modificate in seguito alla<br />

strage di Duisburg del 15 agosto 2007, atto<br />

dell’infinita guerra tra le ‘ndrine dei Nirta-<br />

Strangio contro i Pelle-Vottari di San Luca, in<br />

cui sei giovani persero la vita.<br />

In un’intervista di Spiegel on line, apparsa <strong>il</strong><br />

19 agosto 2008, un padrino calabrese alla domanda<br />

sul perché la ‘ndrangheta fosse attiva<br />

in Germania rispose: “Noi siamo dove scorre<br />

danaro. In Germania c’è rispetto reciproco”e<br />

alla richiesta se vi fossero dei politici tedeschi<br />

collusi, affermò: “Le grandi somme si possono<br />

guadagnare soltanto se la politica partecipa”.<br />

Dopo gli omicidi di Duisburg la polizia italiana<br />

e <strong>il</strong> Bundeskriminalamt tedesco (polizia criminale<br />

tedesca) inaugurano un lavoro di cooperazione,<br />

una task force anti-mafia. Questo<br />

lavoro non è stato esente da critiche, poiché<br />

lo scambio di informazioni non sembrava funzionare.<br />

Le autorità tedesche ritenevano<br />

Polizia tedesca Auto della polizia tedesca<br />

“Garavini: <strong>il</strong> successo della<br />

loa internazionale contro la<br />

mafia potrebbe essere un<br />

chiaro segnale che per i<br />

mafiosi non ci sarebbero più<br />

vie di fuga verso l’Europa”<br />

‘inaccettab<strong>il</strong>e’ avere informazioni dai media,<br />

anziché direttamente.<br />

L’Italia – sia i governi di destra sia di sinistra –<br />

si sarebbero opposti ad una più stretta collaborazione<br />

e ad un più celere iter informativo.<br />

Laura Garavini, deputata del PD, membro<br />

della Commissione parlamentare anti-mafia e<br />

rappresentante insieme con altri 7 parlamentari<br />

dei circa 1,5 m<strong>il</strong>ioni di italiani residenti all’estero,<br />

ritiene invece che ci sia un “grande<br />

impegno reciproco”, infatti “<strong>il</strong> successo della<br />

lotta internazionale contro la mafia potrebbe<br />

essere un chiaro segnale che per i mafiosi non<br />

ci sarebbero più vie di fuga verso l’Europa”<br />

dice.<br />

Ha proposto di estendere le leggi italiane anti-<br />

53


La strage di Duisburg<br />

mafia a tutta l’Europa, <strong>il</strong> che renderebbe possib<strong>il</strong>i<br />

le intercettazioni dei mafiosi e la confisca<br />

dei loro beni a livello internazionale.<br />

Anche Francesco Forgione, già presidente<br />

della Commissione parlamentare anti-mafia<br />

dal 2006 al 2008, afferma che sia necessario in<br />

Europa un testo unico della legge anti-mafia.<br />

“La Germania è uno dei paesi europei dove la<br />

‘ndrangheta ha preferito investire – afferma<br />

Enzo Macrì, procuratore aggiunto della Dna<br />

(direzione nazionale antimafia ) – una gran<br />

parte dei suoi affari si svolge tra Amburgo e<br />

Monaco”.<br />

La ‘ndrangheta è attualmente la mafia che ha<br />

più potere e ricchezza. Si pensa che abbia un<br />

fatturato annuo di circa 45 m<strong>il</strong>iardi di euro. In<br />

un rapporto della polizia tedesca del marzo<br />

scorso è scritto che operano in Germania circa<br />

250 clan con 600 aff<strong>il</strong>iati. Sono presenti in prevalenza<br />

in Turingia, Sassonia, Nordrhein-Westfalien<br />

e Baden-Wuerttemberg. I 2/3 del<br />

fatturato provengono da attività lecite, come<br />

bar, ristoranti, pizzerie e negozi di moda.<br />

Oltre al riciclo di denaro sporco, alla corruzione<br />

e all’evasione fiscale, la sua attività principale<br />

proviene dal traffico di droga. Per<br />

questo motivo la Germania rappresenta <strong>il</strong><br />

paese ideale, poiché confina con i Paesi Bassi,<br />

in cui approda tutta la droga proveniente dal<br />

Sudamerica.<br />

Mentre cosa nostra sic<strong>il</strong>iana e la camorra na-<br />

54<br />

Esteri<br />

poletana si rivolgono principalmente all’America,<br />

la ‘ndrangheta calabrese ha concentrato<br />

i suoi sforzi in Germania dove vengono inviate<br />

intere famiglie. Un ultimo scandalo ha fatto<br />

parlare nuovamente di connessioni tra la<br />

‘ndrangheta e la Germania. Il deputato del<br />

PDL, Nicola Di Girolamo, eletto nella circoscrizione<br />

estera Europa, ha dovuto dimettersi,<br />

poichè alla sua elezione, pare abbia contribuito<br />

in modo massiccio una famiglia della<br />

‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, secondo <strong>il</strong><br />

Procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo.<br />

Molte schede elettorali in bianco di italiani all’estero<br />

sono state falsificate e comprate.<br />

Stoccarda e Francoforte sono state le città<br />

dove la presunta falsificazione ha raggiunto i<br />

1700 voti.<br />

Stoccarda, capitale del Baden-Wuerttemberg,<br />

appare ancora una volta profondamente legata<br />

alla ‘ndrangheta.


La criminalità che viene dall’Est Europa<br />

Intervista al Sostituto Procuratore Raffaello Falcone<br />

di Giuseppe Manzo<br />

Racket sul trasporto di merci e persona,<br />

agenzie di intermediazione, alberghi, imprese<br />

e distribuzione commerciale. Sono solo alcuni<br />

degli affari in cui è coinvolta la mafia<br />

russa nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno<br />

cap<strong>il</strong>lare e ramificato da Nord a Sud,<br />

spiegato bene in alcune sentenza passate già<br />

in giudicato. Eppure i cittadini italiani, al binomio<br />

immigrazione – criminalità, sono abituati<br />

ad associare solo alcune comunità<br />

straniere: africani, rom e rumeni. Questo teo-<br />

“Il Sostuto Procuratore<br />

<strong>il</strong>lustra gli intrecci fra le<br />

organizzazioni locali e<br />

quella russa Ci sono anche<br />

ex agen del Kgb servizio<br />

segreto sovieco”<br />

rema è stato ribadito anche dopo i fatti di Rosarno,<br />

incrementando nell’immaginario<br />

mediatico la certezza che l’unico problema di<br />

quel binomio sia legato allo status di clandestino.<br />

Ma le indagini della magistratura ci<br />

propongono nuove emergenze criminali provenienti<br />

da Russia, Ucraina e altri Paesi dell’Est<br />

europeo. Si tratta di una realtà dai<br />

contorni sfumati, che svolge le sue attività<br />

quotidianamente anche sotto i nostri occhi,<br />

ricevendo la fattiva collaborazione delle<br />

mafie nostrane. A descrivere la rete criminale<br />

internazionale è <strong>il</strong> Sostituto Procuratore della<br />

Repubblica di <strong>Napoli</strong> Raffaello Falcone, magistrato<br />

che da anni è in prima linea contro la<br />

lotta alla mafia e che nel gennaio scorso ha<br />

ricevuto intimidazioni per le sue indagini sul<br />

clan dei Casalesi.<br />

Giudice Falcone, quali sono gli affari della<br />

mafia russa in Italia?<br />

Alcune sentenze passate in giudicato hanno<br />

stab<strong>il</strong>ito gli intrecci tra la mafia russa e la cri-<br />

Esteri<br />

Raffaello Falcone, sostuto procuratore di <strong>Napoli</strong><br />

minalità organizzata italiana. Dietro la presenza<br />

della comunità di cittadini dell’Est nelle<br />

nostre città si celano numerose attività criminali:<br />

estorsione attraverso una tassa per <strong>il</strong><br />

transito di merci e persone, agenzie di viaggio<br />

e di intermediazione al lavoro rappresentano<br />

solo una parte. Per fare un esempio si può<br />

vedere ciò che avviene ogni domenica nella<br />

zona della stazione centrale di <strong>Napoli</strong>. La gestione<br />

dei bus diretti in Ucraina o in Russia significa<br />

<strong>il</strong> pagamento di una “tassa” di 50 euro<br />

per ogni pacco o 100 euro per ogni persona<br />

che deve partire.<br />

Come si è sv<strong>il</strong>uppata questa mafia e come<br />

si organizza?<br />

L’organizzazione si è arricchita di ex componenti<br />

del Kgb (<strong>il</strong> servizio segreto dell’Unione<br />

sovietica, ndr.) e presenta vere e proprie caratteristiche<br />

m<strong>il</strong>itari. Ha una ramificazione cap<strong>il</strong>lare<br />

, forme di controllo alle dogane e<br />

gestisce un’economia che produce una forte<br />

rivalità tra i vari gruppi. In Italia ha stretto<br />

contatti con le cosche che gestiscono i territori,<br />

ad esempio la presenza in piazza Garibaldi<br />

a <strong>Napoli</strong> si collega a un rapporto<br />

proficuo con <strong>il</strong> clan Mazzarella.<br />

A differenza di quello che accade per gli altri<br />

stranieri soggetti alla ghettizzazione del lavoro<br />

nero e del caporalato, la tipologia degli<br />

affari della mafia riguarda attività quotidiane<br />

che sono davanti agli occhi di tutti<br />

La colonia dell’Est europeo è di fatto control-<br />

55


lata in ogni sua attività. Qui non c’entrano <strong>il</strong><br />

permesso di soggiorno o i problemi legati alla<br />

clandestinità. Queste persone sono spesso<br />

laureate, svolgono lavori leciti e sono inserite<br />

nel contesto sociale. Il problema è legato alle<br />

agenzie di mediazione per procacciare <strong>il</strong> lavoro,<br />

<strong>il</strong> controllo totale dei viaggi di andata e<br />

ritorno o <strong>il</strong> pizzo sugli ambulanti come avviene<br />

in via Brin, accanto al parcheggio auto<br />

ogni domenica.<br />

Quali sono i punti di forza delle organizzazioni<br />

criminali russe e quale potrà essere<br />

l’evoluzione dl fenomeno?<br />

Si tratta di una mafia connotata da modalità<br />

organizzative m<strong>il</strong>itari. Il controllo è la prima<br />

caratteristica, hanno una grande capacità di<br />

importare armi, soprattutto dalla Turchia, e<br />

si espandono acquistando società, alberghi<br />

ed esercizi commerciali. L’aspetto positivo è<br />

legato al fatto che, come per la mafia cinese,<br />

le autorità italiane hanno riconosciuto rapidamente<br />

l’aspetto mafioso di queste organizzazioni.<br />

Il nostro Paese deve reagire a ciò<br />

che avviene sul proprio territorio perché questo<br />

fenomeno non si conc<strong>il</strong>ia con <strong>il</strong> vivere civ<strong>il</strong>e<br />

della nostra democrazia.<br />

Corpi speciali della polizia russa<br />

56<br />

Esteri<br />

La piazza del Cremlino, Mosca


Gli altri Saviano, cronisti impegnati e minacciati<br />

Sono tanti i giornalisti che denunciano e restano nell’anonimato<br />

di Luca Romano<br />

Ci vuole coraggio a scrivere di mafie. Lettere<br />

minatorie, pedinamenti, botte, auto incendiate,<br />

sono frequenti segnali di pericolo per i<br />

cronisti che scavano nei domini di clan, cosche<br />

e ‘ndrine. Negli ultimi tre anni oltre duecento<br />

giornalisti hanno subito pesanti intimidazioni<br />

per le loro inchieste. In dieci sono costretti a<br />

vivere sotto scorta. I casi di Roberto Saviano,<br />

Rosaria Capacchione, Lirio Abate sono solo i<br />

più noti. La maggior parte lavora per testate<br />

locali del Mezzogiorno, i loro nomi e loro notizie<br />

sono spesso ignorati dai media nazionali.<br />

“I giornalisti impegnati contro la mafia vivono<br />

nell’isolamento. A decretarlo è l’atteggiamento<br />

di molti colleghi ‘normali’, quelli che<br />

non superano mai <strong>il</strong> limite di guardia. Quel coraggio<br />

suona come un’accusa al loro modo di<br />

intendere la professione, prudente e rassegnato”,<br />

accusa Alberto Spampinato, direttore<br />

di “Ossigeno per l’informazione”, l’osservatorio<br />

creato nel 2007 da Ordine e Federazione<br />

nazionale della stampa per monitorare <strong>il</strong> fenomeno.<br />

Suo fratello Giovanni, corrispondente<br />

dell’Ora e dell’Unità in Sic<strong>il</strong>ia è uno dei<br />

cronisti uccisi negli ultimi trent’anni perché sapevano<br />

e scrivevano troppo, oggi Alberto gira<br />

l’Italia per sensib<strong>il</strong>izzare e raccogliere denunce.<br />

“Tra i più esposti ci sono i collaboratori, quelli<br />

che vanno alla fonte delle notizie e spesso non<br />

hanno neppure un contratto. Senza alcuna<br />

forma di tutela è più fac<strong>il</strong>e cedere alla tentazione<br />

dell’autocensura. É una conseguenza<br />

aberrante”, conclude Spampinato.<br />

Di vera e propria censura parla invece Gianni<br />

Lannes, in pochi mesi è stato oggetto di tre attentati.<br />

Per anni collaboratore di importanti<br />

giornali nazionali, punta l’indice contro l’intero<br />

sistema dell’informazione: alcune sue inchieste,<br />

racconta, sono rimaste chiuse nei cassetti<br />

dei direttori per cui lavorava. “Nel nostro<br />

Paese non ci sono editori puri e i molteplici<br />

conflitti di interesse impediscono la pubblicazione<br />

di molte notizie. Il lavoro nero e lo sfruttamento<br />

giornalistico dei precari sono forme<br />

odiose attraverso cui si controlla la libertà di<br />

espressione”.<br />

Italia<br />

Pino Maniaci, giornalista<br />

“Dalla Capacchione a Lannes,<br />

aManiaci,un'esistenzavissuta<br />

pericolosamente per far<br />

conoscere la verità sui clan.<br />

Michele Albanese de Il<br />

quodiano di Calabria: vale<br />

davvero la pena connuare a<br />

rischiare?”<br />

Ha fondato un giornale on-line ‘Italia Terra<br />

Nostra’ con sede in Puglia. “Le minacce<br />

hanno investito anche i miei collaboratori. I<br />

responsab<strong>il</strong>i non sono stati individuati ma i<br />

moventi – spiega - vanno probab<strong>il</strong>mente ricercati<br />

nell’indagine tutt’ora in corso sulle<br />

‘navi dei veleni’ e in quella sulla tragedia insabbiata<br />

del Francesco Padre”.<br />

La prima riguarda lo smaltimento di tonnellate<br />

di rifiuti tossici e radioattivi attraverso<br />

l’affondamento di decine di navi mercant<strong>il</strong>i<br />

57


L’auto di un giornalista faa esplodere<br />

cariche di rifiuti tossici nel Mediterraneo; la<br />

seconda, l’esplosione misteriosa di un peschereccio<br />

nell’Adriatico che nel 1994 causò<br />

la morte dei cinque membri dell’equipaggio e<br />

che, secondo la ricostruzione di Lannes, sarebbe<br />

avvenuta per colpa di m<strong>il</strong>itari impegnati<br />

in un’esercitazione della Nato.<br />

A esporre al rischio sono soprattutto le inchieste.<br />

Quelle impegnative e pericolose che<br />

raccontano l’evoluzione delle mafie, <strong>il</strong> tessuto<br />

sociale in cui si sv<strong>il</strong>uppano e gli intrecci<br />

con la politica, quando apparentemente sembra<br />

non stia succedendo nulla.<br />

“Inchieste che servirebbero sempre di più e<br />

che si fanno sempre di meno”, dice Pino Maniaci,<br />

editore e direttore della “più piccola televisione<br />

del mondo”, Telejato a Partinico, in<br />

Sic<strong>il</strong>ia. Nella regione che conta <strong>il</strong> numero<br />

maggiore di martiri giornalisti, Maniaci attacca<br />

i boss, denuncia i loro affari, li insulta,<br />

proprio come faceva Peppino Impastato da<br />

Radio Aut. Viene continuamente minacciato,<br />

una volta lo hanno pestato, ma non si arrende.<br />

Ha dovuto subire anche un processo<br />

per esercizio abusivo della professione, a seguito<br />

di una denuncia anonima, da cui è stato<br />

assolto: “Ora <strong>il</strong> tesserino ce l’ho. Ma mi<br />

chiedo perché tanti che hanno questa patente<br />

da più tempo di me di certi fatti sembrano<br />

non accorgersi”.<br />

Questa piccola emittente è diventata un riferimento<br />

per gli stati maggiori dell’antimafia,<br />

sono andati ospiti nelle sue trasmissioni<br />

Pietro Ingroia, Giancarlo Caselli, don Luigi<br />

58<br />

Italia<br />

Ciotti, ed è nato persino <strong>il</strong> comitato di solidarietà<br />

‘siamo tutti Pino Maniaci’. “È questa visib<strong>il</strong>ità<br />

a salvarci la vita, ci rende meno<br />

vulnerab<strong>il</strong>i. Quando attorno c’è <strong>il</strong> deserto è<br />

tutto più diffic<strong>il</strong>e. Ho visto tanti giovani partire<br />

con la schiena dritta e poi piegarsi o cambiare<br />

mestiere”.<br />

L’attenzione mediatica può essere uno<br />

schermo, ma la solitudine resta la condizione<br />

più diffusa dei giornalisti sul fronte della lotta<br />

alle mafie. Poco o nulla si sa dell’offensiva<br />

lanciata dalla ‘ndrangheta contro i giornalisti<br />

di diverse testate locali calabresi. Almeno<br />

una decina negli ultimi mesi hanno ricevuto<br />

pesanti avvertimenti a non ficcare più <strong>il</strong> naso<br />

negli affari dei boss. “Sono trent’anni che faccio<br />

questo mestiere, abbiamo sempre dovuto<br />

prendere <strong>il</strong> fuoco con le mani, ma un clima<br />

così pesante non lo avevamo mai vissuto”,<br />

racconta Michele Albanese, cronista de Il<br />

quotidiano di Calabria , minacciato per i suoi<br />

articoli sui retroscena criminali della cacciata<br />

degli immigrati da Rosarno. Le sue parole<br />

sono una richiesta di aiuto: “Cerchiamo di<br />

rompere <strong>il</strong> muro di s<strong>il</strong>enzio e omertà che fa<br />

comodo ai capi mafia, indaghiamo sul tessuto<br />

sociale e politico, cerchiamo di suonare una<br />

sveglia anche culturale, ma del nostro lavoro<br />

sembra non importare a nessuno. È in questi<br />

momenti che mi chiedo: vale davvero la pena<br />

continuare a rischiare?”.


Le donne e la camorra, pentite o first lady?<br />

Ricoprono ruoli chiave nello scacchiere della malavita<br />

di Chiara Marasca<br />

Carmela arriva in carcere con l’accusa di associazione<br />

mafiosa. Per la legge, cura i contatti<br />

tra <strong>il</strong> marito detenuto e gli aff<strong>il</strong>iati in<br />

libertà: pizzini e messaggi dal carcere all’esterno,<br />

e viceversa. Dopo pochi giorni ottiene<br />

i domic<strong>il</strong>iari: è mamma di un bimbo di<br />

soli due anni. Quando torna a casa, ad attenderla,<br />

ci sono anche le due figlie adolescenti.<br />

Ma non è <strong>il</strong> rientro che lei aveva immaginato.<br />

Le ragazze la incalzano, le chiedono “che vita<br />

è questa?”, vogliono una mamma diversa,<br />

una donna che trovi <strong>il</strong> coraggio di pentirsi. E<br />

lei lo trova, perché ha paura che le portino via<br />

i figli. La collaborazione di Carmela Iuculano<br />

inizia nel maggio del 2004 e le sue testimonianze<br />

vengono raccolte dal pm Michele Prestipino,<br />

allora nella Dda palermitana, oggi a<br />

Reggio Calabria. La donna accusa di omicidio<br />

<strong>il</strong> marito, Pino Rizzo, boss mafioso legato ai<br />

corleonesi di Bernardo Provenzano, racconta<br />

i traffici criminali, svela come dalla cella si comunica<br />

con l’esterno, fa i nomi degli uomini<br />

della cosca. Grazie alle sue dichiarazioni scattano<br />

importanti arresti e viene anche sciolto<br />

<strong>il</strong> consiglio comunale di Cerda. “Una scelta<br />

sincera, compiuta fino in fondo”, commenta <strong>il</strong><br />

magistrato che ha seguito passo passo la storia,<br />

“sebbene diffic<strong>il</strong>issima. La sua è una svolta<br />

simbolica, che infrange <strong>il</strong> tabù dell’ineluttab<strong>il</strong>ità,<br />

dell’impossib<strong>il</strong>ità di interrompere la continuità<br />

dell’appartenenza mafiosa”, conclude<br />

Prestipino.<br />

Prima di Carmela Iaculano la mafia ha conosciuto<br />

altre “pentite”, come Giusy Vitale, e testimoni<br />

preziose, come Rita Atria, la giovane<br />

morta suicida una settimana dopo l’omicidio<br />

di Paolo Borsellino, che aveva scelto di allontanarsi<br />

da una famiglia nei cui “valori” non si<br />

riconosceva. Ma secondo l’attuale procuratore<br />

aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone,<br />

a lungo nell’antimafia di Palermo,<br />

«le donne, nell’universo della mafia sic<strong>il</strong>iana,<br />

molto masch<strong>il</strong>ista, hanno un peso ancora del<br />

tutto marginale. La presenza femmin<strong>il</strong>e nei<br />

ranghi dell’organizzazione», aggiunge <strong>il</strong> magistrato,<br />

“è ancora poco diffusa, e comunque<br />

poco significativa”.<br />

Italia<br />

Giusy Vitale<br />

Il 15 marzo scorso, in tutte le parrocchie della<br />

Diocesi di Locri-Gerace venivano lette queste<br />

parole: “Madri e mogli della Locride che soffre,<br />

se voi volete, potete recuperare tanti vostri<br />

mariti e figli alla legalità, all’osservanza<br />

della legge, al rispetto della persona e del lavoro<br />

altrui, al risanamento di tante nostre<br />

piaghe sociali, quali l’usura e l’estorsione, perché<br />

voi possedete le chiavi del loro cuore e<br />

potrete muovere le loro volontà e spingerle<br />

alla conversione e al bene”.<br />

Un appello alle donne che vivono in terra di<br />

’ndrangheta firmato dal vescovo Giuseppe<br />

Fiorini Morosini. Perché troppo spesso queste<br />

donne restano in s<strong>il</strong>enzio o, peggio, prestano<br />

i loro servizi alla causa criminale:<br />

“Svolgono ruoli sostanziali all’interno degli<br />

equ<strong>il</strong>ibri dell’organizzazione”, spiega ancora<br />

Pignatone, “nascondono latitanti e k<strong>il</strong>ler, trasmettono<br />

messaggi e direttive dal carcere all’esterno,<br />

e partecipano anche all’assunzione<br />

di decisioni importanti per gli affari della<br />

cosca”. Già nei primi anni Novanta, infatti,<br />

una collaboratrice di giustizia spiegava che<br />

“tutte le cose che si svolgevano, erano sempre<br />

tramite noi donne” e, più indietro nel<br />

tempo, “già negli atti di alcuni processi del<br />

primo Novecento”, racconta Ombretta Ingrascì,<br />

una delle massime esperte del fenomeno<br />

e autrice nel 2007 di Donne d’onore. Storie di<br />

mafia al femmin<strong>il</strong>e, “compaiono casi di donne<br />

59


Ermelinda Pagano<br />

aff<strong>il</strong>iate alla picciotteria, mentre nei codici<br />

’ndranghetisti, secondo le testimonianze di<br />

alcuni collaboratori di giustizia, è contemplato<br />

<strong>il</strong> titolo di sorella d’omertà”.<br />

“Questo titolo”, spiega la sociologa Monica<br />

Massari, studiosa della Sacra Corona Unita,<br />

“ricorre anche in alcuni documenti e conversazioni<br />

intercettate in relazione all’attività<br />

della cosiddetta quarta mafia. Le donne della<br />

criminalità organizzata pugliese”, continua la<br />

Massari, “hanno sempre avuto un ruolo importante,<br />

a cominciare dalla moglie del capo<br />

fondatore Pino Rogoli, Domenica Biondi detta<br />

Mimina, di recente tornata in carcere per<br />

scontare una pena residua, che è sempre<br />

stata un alter ego del marito detenuto”.<br />

Ma donne di mafia sono anche le esponenti<br />

dello schieramento brindisino della Scu, che<br />

negli anni Novanta calcano la ribalta criminale<br />

spinte dalla necessità di gestire gli affari dei<br />

mariti, quasi tutti arrestati.<br />

Ma è nella camorra, ancor più che nelle altre<br />

mafie, che le donne hanno sempre avuto un<br />

ruolo particolarmente attivo, a partire dalle<br />

figure custodite nei libri di storia come Marianna<br />

De Crescienzo la Sangiovannara e<br />

Maria Cutinelli, fino a quelle attive ai giorni<br />

nostri. Lo confermano anche gli ultimi dati del<br />

Dipartimento di amministrazione penitenziaria:<br />

delle 108 donne italiane detenute nel nostro<br />

Paese per mafia, ben 73 sono nate in<br />

Campania. E non è un caso, dunque, che a<br />

promuovere <strong>il</strong> primo “censimento scientifico”<br />

60<br />

Italia<br />

sul fenomeno della presenza femmin<strong>il</strong>e nella<br />

criminalità organizzata ci abbia pensato una<br />

sociologa napoletana, Anna Maria Zaccaria,<br />

docente all’università “Federico II”.<br />

Esaminando i casi delle aff<strong>il</strong>iate alla camorra,<br />

la Zaccaria giunge a conclusioni analoghe a<br />

quelle della Ingrascì, negando la teoria della<br />

reale emancipazione. Anche per la sociologa<br />

campana, infatti, l’ascesa delle donne ai vertici<br />

dei clan è sempre indissolub<strong>il</strong>mente “connessa<br />

a legami forti di accreditamento con<br />

figure masch<strong>il</strong>i di spicco”.<br />

Ma le donne aff<strong>il</strong>iate alla camorra aumentano<br />

anche a causa di un’altra evidenza empirica.<br />

“In questi ultimi anni la maggior parte dei capi<br />

delle organizzazioni criminali campane sono<br />

stati assicurati alla giustizia”, spiega la pm<br />

della Dda di <strong>Napoli</strong> Stefania Castaldi, “o sono<br />

stati costretti a darsi alla latitanza inseguiti da<br />

pesanti ordini di cattura: è in quest’occasione<br />

che le loro donne ne prendono <strong>il</strong> posto, che si<br />

rimboccano le maniche per gestirne gli affari,<br />

più o meno sporchi”.<br />

Due storie per tutte, quella di una lady camorra<br />

di vecchia generazione, Gemma Donnarumma,<br />

e quella di una capessa<br />

emergente, Elmelinda Pagano. «Donna<br />

Gemma», moglie del boss Valentino Gionta<br />

dell’omonimo clan di Torre Annuziata, è in<br />

carcere dal 4 novembre 2008, quando, durante<br />

una maxi retata notturna, fu arrestata<br />

insieme ad altre dieci aff<strong>il</strong>iate. Per i magistrati<br />

la donna, attenta e precisa esecutrice degli<br />

ordini e dei dispositivi emessi dalle celle di<br />

Poggioreale, gestiva le estorsioni del clan. Già<br />

venticinque anni fa Giancarlo Siani definiva <strong>il</strong><br />

suo un «nome inquietante», perché inserito<br />

nell’elenco dei soci di molte delle aziende riferib<strong>il</strong>i<br />

al clan (come la Do.Gi. e la Oplonti<br />

Pesca), puntando sul fatto che la first lady<br />

della cosca di Torre Annunziata allora fosse<br />

ancora incensurata. Elmelinda Pagano, invece,<br />

ha sposato <strong>il</strong> boss Raffaele Amato, capo<br />

della fazione scissionista protagonista della<br />

guerra interna al clan Di Lauro. In piena faida,<br />

<strong>il</strong> 15 dicembre 2004, accompagnata dalla sorella<br />

Rosaria, Elmelinda ritira due m<strong>il</strong>ioni di<br />

euro intestati alla San Paolo fiduciaria spa di<br />

Torino. Le due donne si recano presso la f<strong>il</strong>iale<br />

nolana del San Paolo Banco di <strong>Napoli</strong> e dopo<br />

un po’ vi escono con 4000 banconote da 500<br />

euro. Mentre gli uomini del clan sparano o si<br />

nascondono latitanti in Spagna, le donne, su<br />

loro ordine, si muovono per mettere al sicuro<br />

soldi sporchi di sangue e droga.


Inf<strong>il</strong>trazioni mafiose e <strong>il</strong>legalità in Toscana<br />

La malavita sul territorio dalla Maremma alla Vers<strong>il</strong>ia<br />

dal nostro corrispondente Cristiana Guccinelli<br />

Sarà che non se ne parla molto, sarà per un<br />

meccanismo di assoluzione collettiva è un<br />

fatto i cittadini toscani ritengano le mafie<br />

questione di altri luoghi e di altri contesti sociali<br />

e culturali.<br />

Se è vero che in Toscana la criminalità organizzata<br />

non riceve consenso sociale e, tranne<br />

sporadici tentativi, non emergono rapporti<br />

tra criminalità organizzata e sistema politico,<br />

è altrettanto vero che le inf<strong>il</strong>trazioni mafiose,<br />

italiane e straniere, sono ben presenti e tendono<br />

negli anni ad incrementare le loro attività<br />

<strong>il</strong>legali.<br />

La “Fondazione Antonino Caponnetto”, nata a<br />

Firenze nel 2003 nel nome del fondatore del<br />

pool antimafia di Palermo, ha lo scopo di tenere<br />

alta l’attenzione sui fenomeni mafiosi che<br />

avvengono in regione. Nel settembre scorso<br />

ha presentato un Rapporto sulla presenza delle<br />

mafie dal titolo significativo, “La Toscana non è<br />

terra di mafia ma la mafia c’è e gode di ottima<br />

salute”. Per <strong>il</strong> presidente Salvatore Calleri “la<br />

Toscana è una terra ricca in cui la mafia ricicla<br />

<strong>il</strong> denaro sporco, è un fenomeno spalmato su<br />

tutto <strong>il</strong> territorio. Le zone più a rischio sono le<br />

provincie di Firenze e Pistoia e tutta la costa viareggina.<br />

Ci sono campanelli d’allarme, come i<br />

passaggi di mano di alberghi e pizzerie, che<br />

vanno verificati”.<br />

Il rapporto offre una mappa dettagliata e fornisce<br />

categorie interpretative del fenomeno.<br />

1) La criminalità organizzata si adatta al territorio<br />

nel quale opera;<br />

2) I“campanelli d’allarme” si nascondono<br />

spesso dietro fatti di cronaca nera che occorre<br />

decodificare.<br />

3) Le mafie si spartiscono i settori economici.<br />

La mafia russa realizza grandi investimenti immob<strong>il</strong>iari,<br />

puntando su strutture alberghiere e<br />

fabbriche di calzature. La mafia cinese ricicla su<br />

immob<strong>il</strong>i ed esercizi commerciali ma le sue<br />

principali attività <strong>il</strong>legali sono lo sfruttamento<br />

dei clandestini e della manodopera, la prostituzione,<br />

<strong>il</strong> racket ed <strong>il</strong> gioco d’azzardo. Traffico<br />

di stupefacenti e di armi per la mafia albanese.<br />

Traffico di “badanti”, truffe e rapine con strumenti<br />

tecnologici per la mafia rumena.<br />

italia<br />

Firenze, aentato di via dei Georgof<strong>il</strong>i del 1994<br />

E le mafie italiane? Fin dagli anni Sessanta, qui<br />

sono arrivati, malgrado l’opposizione delle istituzioni<br />

locali, molti malavitosi in soggiorno obbligato.<br />

Duecentoventotto tra <strong>il</strong> 1961 ed <strong>il</strong><br />

1972. Da allora la rete di presenze correlate si<br />

è strutturata ed i capitali criminali sono stati<br />

immessi nell’economia regionale.<br />

A documentarlo è <strong>il</strong> report di “Avviso Pubblico”,<br />

un’associazione nata nel 1996 da una rete di<br />

amministratori di Comuni, Province, Regioni e<br />

Comunità Montane, per promuovere azioni di<br />

prevenzione e contrasto all’inf<strong>il</strong>trazione mafiosa<br />

negli enti locali. Dallo studio emerge che,<br />

dagli anni 70 ad oggi, i nuclei delle organizzazioni<br />

criminali in Toscana sono cresciuti da 38 a<br />

43. Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra sono<br />

presenti nelle province di Lucca, Massa Carrara,<br />

Livorno, Pistoia e Firenze. Assente la camorra<br />

dalle province di Pisa, Prato e Siena.<br />

I settori economici esposti ad “attacco” sono<br />

soprattutto piccole agenzie bancarie, ed<strong>il</strong>izia,<br />

gioco d’azzardo, turismo balneare, attività immob<strong>il</strong>iari.<br />

Altro indice significativo della presenza criminale<br />

in regione è quello dei beni confiscati: 8<br />

aziende e 28 immob<strong>il</strong>i, solo nel 2008.<br />

In aumento <strong>il</strong> numero dei reati ambientali. Il<br />

traffico <strong>il</strong>lecito di rifiuti resta prerogativa del<br />

clan dei casalesi, <strong>il</strong> gruppo più forte di tale tipo<br />

all’interno della regione. Ma, come denuncia<br />

Legambiente, cresce anche l’abusivismo e <strong>il</strong><br />

numero di incendi dolosi. La Toscana non sarà<br />

terra di mafia, ma qui “la mafia gode di ottima<br />

salute”.<br />

61


La Sic<strong>il</strong>ia dica addio al bosco di Ficuzza<br />

Una “superstrada” di 22 ch<strong>il</strong>ometri taglierà la riserva naturale<br />

di Gianni Lannes<br />

l bosco della Ficuzza rischia concretamente<br />

l’estinzione. Uno degli angoli più suggestivi e<br />

incontaminati della Sic<strong>il</strong>ia è minacciato da<br />

una “superstrada” che lo soffocherà con m<strong>il</strong>ioni<br />

di metri cubi di asfalto e cemento.<br />

L’Anas vuole l’arteria a scorrimento veloce.<br />

Per <strong>il</strong> cartello degli oppositori, contadini, ecologisti,<br />

cittadini è solo “uno scempio inut<strong>il</strong>e e<br />

costoso”. Un “disastro annunciato” perché<br />

l’opera, si srotola per più di ventidue ch<strong>il</strong>ometri<br />

e prevede undici viadotti, dodici cavalcavia,<br />

due ponti, due gallerie, svincoli a<br />

rotonda. A conti fatti: oltre un m<strong>il</strong>ione di<br />

metri cubi di sbancamenti. Ventidue e passa<br />

ch<strong>il</strong>ometri, spezzettatati incinque lotti che<br />

passano per ampi tratti all’interno del bosco,<br />

dal 1991 Riserva naturale, interessando<br />

anche una Zps e ben due aree Sic. “Inut<strong>il</strong>e”<br />

perché secondo lo studio del Forum “Salviamo<br />

Ficuzza”, realizzato con <strong>il</strong> contributo di<br />

docenti universitari dell’ateneo palermitano<br />

ed esperti in materia si risparmierebbero solo<br />

8 minuti. «Uno spreco di denaro pubblico»<br />

perché solo tre anni fa l’operazione costava<br />

98 m<strong>il</strong>ioni di euro: dodici m<strong>il</strong>ioni per ogni minuto<br />

risparmiato. La spesa attualmente è lievitata<br />

a trecento m<strong>il</strong>ioni. Il bosco della<br />

Ficuzza è uno dei più belli dell’isola, sicuramente<br />

<strong>il</strong> più vasto della Sic<strong>il</strong>ia occidentale,<br />

dove è presente l’80 per cento delle specie<br />

animali, tra uccelli e fauna selvatica. Un polmone<br />

verde che non è solo natura ma anche<br />

storia e cultura. Carla Quartarone, ordinario<br />

di Urbanistica all’università di Palermo è perentoria:<br />

“I siti archeologici sulla Montagna<br />

Grande, la reggia di Ficuzza, le chiese, i conventi,<br />

le masserie, gli insediamenti rurali sono<br />

tutti beni culturali che derivano <strong>il</strong> loro maggior<br />

valore dall’essere immersi discretamente<br />

in un ambiente dove prevalgono<br />

ancora i segni della natura. Secondo l’architetto<br />

“<strong>il</strong> progetto di ammodernamento della<br />

strada statale 118, è in contraddizione con <strong>il</strong><br />

Prg del Comune non soltanto perché tale modifica<br />

non è prevista in termini di occupazione<br />

di suolo e destinazione d’uso, ma<br />

soprattutto perché contraddice la valorizza-<br />

62<br />

Italia<br />

Riserva naturale di Ficuzza<br />

“Per l’ANAS è un’opera<br />

essenza<strong>il</strong>e. Gli ambientalisti:<br />

uno scempio inut<strong>il</strong>e e costoso,<br />

saràundisastro”<br />

zione del patrimonio culturale e storico e la<br />

salvaguardia del paesaggio agricolo e boschivo,<br />

assunti come risorse sulle quali fondare<br />

un possib<strong>il</strong>e sv<strong>il</strong>uppo sociale e<br />

produttivo del territorio corleonese”.<br />

Veti incrociati sono piovuti anche da Soprintendenza<br />

e Forestale, che hanno bocciato<br />

quattro dei cinque lotti in cui è suddiviso <strong>il</strong><br />

progetto per incompatib<strong>il</strong>ità ambientali e archeologico-paesistiche.<br />

In virtù di tali impedimenti<br />

l’Anas ha chiesto e ottenuto (con una<br />

serie di prescrizioni ndr), <strong>il</strong> nulla-osta solo per<br />

<strong>il</strong> terzo lotto, cioè quello esterno alle due<br />

aree protette. I lavori sono stati consegnati <strong>il</strong><br />

16 luglio 2008 all’associazione temporanea<br />

d’imprese Tecnis spa - Cogip srl - Si.ge.nco spa,<br />

di Tremestieri Etneo, in provincia di Catania,<br />

per l´importo contrattuale di 18.788.207,00 di


Riserva naturale di Ficuzza<br />

euro. L’ultimazione era prevista per <strong>il</strong> 7 novembre<br />

2009, ma i lavori sono iniziati con notevole<br />

ritardo. “Per ora si comincerà a<br />

costruire partendo dal centro” rivela Antonino<br />

Iannazzo, sindaco di Corleone.<br />

Quest’opera pubblica sembra quindi la riesumazione<br />

di un discutib<strong>il</strong>e progetto della<br />

Democrazia cristiana risalente agli anni ’70<br />

l’adeguamento della statale 118 da Marineo<br />

a Corleone. L’Anas r<strong>il</strong>ancia addirittura con un<br />

altro progetto nella stessa area: <strong>il</strong> by pass di<br />

Marineo, 7,7 ch<strong>il</strong>ometri di viadotti e gallerie<br />

che solcano pregevoli aree archeologiche,<br />

per un costo di 160 m<strong>il</strong>ioni di euro. Per sottrarre<br />

l’entroterra palermitano dal temib<strong>il</strong>e<br />

Italia<br />

“isolamento” - l’area che statistiche ufficiali<br />

alla mano presenta la maggiore densità stradale<br />

dell’isola - di cui parlano i fautori, un’alternativa<br />

ecosostenib<strong>il</strong>e esiste: una bretella<br />

di collegamento tra <strong>il</strong> Corleonese e la veloce<br />

Palermo-Sciacca nel tratto tra Corleone e<br />

Roccamena. Solo 15 ch<strong>il</strong>ometri di tracciato<br />

con un impatto ambientale quasi nullo.<br />

Tempo di percorrenza 42 minuti, 8 in meno<br />

rispetto al tempo necessario per percorrere<br />

la superstrada ideata dall’Anas. A chiunque<br />

verrebbe da porsi domande...<br />

63


Comuni sciolti: come gli zombi a volte tornano<br />

A San Giuseppe e Taurianova nelle liste sempre gli stessi<br />

di Francesco Gravetti<br />

Nove comuni sciolti nel 2008, dieci nel 2009.<br />

Qualche riab<strong>il</strong>itazione, decisa dai giudici del<br />

Tar e del Consiglio di Stato che accolgono i<br />

ricorsi degli amministratori mandati a casa.<br />

Ma si tratta di poche eccezioni: <strong>il</strong> fenomeno<br />

dello scioglimento dei Comuni per inf<strong>il</strong>trazioni<br />

della criminalità organizzata resiste nel<br />

tempo. E’ la risposta che lo Stato tenta di<br />

dare per eliminare i legami tra politica e<br />

mafia, ripulire territori dove gli intrecci sono<br />

molteplici e gli interessi così alti che <strong>il</strong> rispetto<br />

delle regole viene ridotto ad un optional.<br />

Secondo dati del ministero<br />

dell’Interno, oltre 170 Comuni sono stati<br />

sciolti per mafia. Tuttavia la pervasività della<br />

presenza mafiosa, sempre più proiettata al<br />

controllo delle istituzioni locali, nevralgici<br />

centri della spesa pubblica, ha dimostrato di<br />

saper superare ed eludere gli eventi traumatici<br />

derivanti dallo scioglimento. Spesso si<br />

è registrato, a distanza di poco tempo, che<br />

64<br />

Italia<br />

l’organo comunale è stato di nuovo dissolto.<br />

E sono complessivamente venticinque i casi<br />

di Consigli comunali sciolti per due volte e,<br />

in un caso, addirittura tre volte. Ben 130 amministratori,<br />

poi, sono stati rieletti nei Comuni<br />

incriminati. Intervenire, insomma, non<br />

è fac<strong>il</strong>e e una volta che si è riusciti a mandare<br />

a casa la classe politica collusa, non è detto<br />

che essa non torni, più forte e prepotente di<br />

prima. Un ipotetico viaggio tra i Comuni<br />

sciolti per mafia sarebbe caratterizzato quasi<br />

per intero dal sole. Il sole del Sud. È qui, soprattutto,<br />

che la criminalità fa politica. Consulti<br />

un’ideale cartina e ti imbatti in nomi di<br />

città dalla provenienza inconfondib<strong>il</strong>e: Siculiana<br />

(Agrigento) o Amantea (Cosenza) oppure<br />

Pago del Vallo di Lauro (Avellino). C’è<br />

chi lo ha fatto, un viaggio del genere. Nello<br />

Trocchia, giornalista che ha collaborato con<br />

Liberazione, Carta, La Voce della Campania,<br />

Indymedia e attualmente è redattore del-


l’agenzia di stampa Deltanews, ha scritto un<br />

libro, “Federalismo criminale” (Nutrimenti<br />

editore, 15 euro) che ha un sottotitolo eloquente:<br />

“Viaggio tra i comuni sciolti per<br />

mafia”.A proposito della sua personalissima<br />

gita, Nello Trocchia ha molte cose da raccontare.<br />

Casi eclatanti, come quello di San<br />

Giuseppe Vesuviano (<strong>Napoli</strong>) o Taurianova,<br />

in provincia di Reggio Calabria: “A San Giuseppe<br />

<strong>il</strong> sindaco si era dimesso nel 1992,<br />

l’anno dopo <strong>il</strong> comune fu sciolto per inf<strong>il</strong>trazioni<br />

mafiose. Lo stesso sindaco è tornato in<br />

sella, ma nel 2009 <strong>il</strong> Comune è stato nuovamente<br />

azzerato per mafia e alla guida c’era<br />

sempre lui. Nella relazione si legge: “Nello<br />

stesso periodo in cui <strong>il</strong> sindaco si presentava<br />

pubblicamente come uomo della legalità impegnato<br />

a difendere le istituzioni nei processi<br />

di camorra, egli, in via decisamente più occulta<br />

e riservata, stringeva patti e accordi, secondo<br />

quanto emerge dalla attività di<br />

indagine, con gli esponenti anche di spicco<br />

dei gruppi criminali”. Taurianova, invece, fu<br />

sciolto una prima volta nel 1991 e una seconda<br />

nel 2009: 18 anni dopo due amministratori<br />

di allora sono ancora in sella. Trocchia<br />

individua nei partiti i maggiori responsab<strong>il</strong>i<br />

della degenerazione amministrativa e politica:<br />

“I partiti hanno una responsab<strong>il</strong>ità<br />

enorme nella scelta della classe dirigente.<br />

Hanno tradito <strong>il</strong> messaggio di Paolo Borsellino<br />

che invitava i partiti a fare pulizia, senza<br />

aspettare la magistratura, e ammoniva:<br />

‘Quante persone sono disoneste, pur se non<br />

vengono condannate’. Non siamo all’anno<br />

zero, ma molto dietro”.<br />

In questo viaggio strano, può anche capitare<br />

di venire catapultati improvvisamente al<br />

Nord, per esempio a Bardonecchia, in provincia<br />

di Torino. Spiega Trocchia: “Sciolto nel<br />

1995, ha goduto di una riduzione del tempo<br />

di scioglimento, passato da 18 a 12 per la<br />

reazione della società civ<strong>il</strong>e. Ma in Piemonte,<br />

così come in Lombardia la ‘ndrangheta ha<br />

messo ormai stab<strong>il</strong>mente le radici. Per farsi<br />

un’idea basta vedere quanto accaduto in un<br />

comune in provincia di M<strong>il</strong>ano dove hanno<br />

arrestato attuali ed ex amministratori per<br />

corruzione, dietro l’ombra lunga della mafia<br />

calabrese”.<br />

Il giornalista e scrittore ora sta tentando di<br />

creare un archivio digitale fatto di decreti di<br />

scioglimento e relazioni allegate. Una mappa<br />

digitale dove ciascun cittadino potrà osservare<br />

la presenza delle mafie, visualizzare<br />

Italia<br />

“Secondo <strong>il</strong> Ministero degli<br />

Interni sono ben 170 le<br />

municipalità annullate per<br />

mafia.Vediamocosaprescrive<br />

lanuovaleggesullanormativa<br />

degli scioglimenti”<br />

l’anno di scioglimento di un comune e leggere<br />

motivazioni e ragioni dell’azzeramento.<br />

“Uno spazio aperto - racconta Nello Trocchia<br />

- perché l’informazione circoli liberamente>.<br />

Il sito www.federalismocriminale.it ospita la<br />

mappa digitale dei comuni e ospiterà tutti i<br />

decreti di scioglimenti di comuni e Asl dal<br />

1991 ad oggi.<br />

A spulciare le carte, viene fuori che le ragioni<br />

degli scioglimenti sono inquietanti, ma sono<br />

anche sempre le stesse. Ad essere ancora<br />

più precisi, sono quasi sempre solo due: <strong>il</strong> cemento<br />

e i rifiuti. Spiega ancora Nello Trocchia:<br />

“Dalla mia ricerca emerge che <strong>il</strong><br />

sessantotto per cento dei comuni sciolti per<br />

mafia è stato commissariato per inchieste<br />

relative alla gestione dei rifiuti, all’abusivismo<br />

ed<strong>il</strong>izio, alla devastazione ambientale.<br />

Le consorterie criminali controllano gli appalti,<br />

si inseriscono con le proprie ditte, o imponendo<br />

<strong>il</strong> pizzo alle ditte vincitrici. Non è<br />

solo l’interesse economico, l’aspetto meramente<br />

di cassa ad interessare, ma <strong>il</strong> porsi<br />

come agenzia di servizi, intermediaria di<br />

posti, consulenze e mediazioni così da controllare<br />

pacchetti di consenso, di voti e mantenere<br />

un ruolo di rispetto e riconoscimento<br />

nella società”.<br />

Pochi mesi fa <strong>il</strong> Parlamento, con un disegno<br />

di legge su temi legati alla sicurezza, è intervenuto<br />

sulla normativa degli scioglimenti apportando<br />

alcune modifiche. La procedura<br />

è dunque cambiata: per verificare la sussistenza<br />

degli elementi di inf<strong>il</strong>trazione <strong>il</strong> Prefetto<br />

nomina una commissione d’indagine,<br />

composta da tre funzionari della pubblica<br />

amministrazione, attraverso la quale esercita<br />

poteri di accesso agli atti e di accertamento.<br />

Entro tre mesi, rinnovab<strong>il</strong>i una volta<br />

per un ulteriore periodo massimo di tre<br />

mesi, la commissione termina gli accertamenti<br />

e rassegna al Prefetto le proprie con-<br />

65


clusioni. Entro quarantacinque giorni dal deposito<br />

delle conclusioni della commissione<br />

d’indagine, <strong>il</strong> Prefetto, sentito <strong>il</strong> comitato<br />

provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica<br />

integrato con la partecipazione del procuratore<br />

della Repubblica competente per<br />

territorio, invia al Ministro dell’interno una<br />

relazione nella quale si dà conto della eventuale<br />

sussistenza delle inf<strong>il</strong>trazioni. Lo scioglimento<br />

viene disposto con decreto del<br />

Presidente della Repubblica, su proposta del<br />

Ministro dell’interno, previa deliberazione<br />

del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla<br />

trasmissione della relazione. Lo scioglimento<br />

di un consiglio comunale o provinciale comporta<br />

la cessazione dalla carica di consigliere,<br />

di sindaco, di presidente della provincia, di<br />

componente delle rispettive giunte e di ogni<br />

altro incarico comunque connesso alle cariche<br />

ricoperte. Sono inoltre sciolti gli incarichi<br />

di revisore dei conti e i rapporti di<br />

consulenza e di collaborazione coordinata e<br />

continuativa che non siano stati rinnovati<br />

dalla commissione straordinaria entro quarantacinque<br />

giorni dal suo insediamento. Le<br />

differenze rispetto alla vecchia procedura<br />

sono sostanzialmente tre: gli elementi da cui<br />

emergono i collegamenti o i condizionamenti<br />

di tipo mafioso, che determinano lo<br />

66<br />

Italia<br />

scioglimento dei consigli degli enti locali, devono<br />

essere “concreti, univoci e r<strong>il</strong>evanti”.<br />

Gli amministratori locali che con le loro condotte<br />

abbiano determinato lo scioglimento<br />

del consiglio dell’ente locale non possono essere<br />

ricandidati nel primo turno elettorale<br />

successivo allo scioglimento nelle elezioni.<br />

Infine, la non candidab<strong>il</strong>ità deve essere dichiarata<br />

con un provvedimento definitivo di<br />

carattere giurisdizionale. Secondo Trocchia<br />

le nuove norme presentano luci ed ombre.<br />

“Le ultime modifiche consentono di colpire<br />

anche la contiguità e le responsab<strong>il</strong>ità dei dirigenti,<br />

ma ora si è stato destrutturato <strong>il</strong> carattere<br />

preventivo della norma, rendendo<br />

più diffic<strong>il</strong>e e articolato lo scioglimento dei<br />

comuni. E le commissioni di accesso sono<br />

state del tutto depotenziate, escludendo<br />

dalla loro composizione, come fino ad oggi,<br />

rappresentanti delle forze dell’ordine, ossia<br />

carabinieri, finanzieri, poliziotti o membri<br />

della Dia”, osserva.


I nuovi sommergib<strong>il</strong>i della Camorra<br />

Giovani stranieri corrieri di droga per trenta euro al giorno<br />

di Francesco Heigel<br />

Succede a <strong>Napoli</strong>. Dove la camorra sa tenere<br />

<strong>il</strong> passo con i tempi e, purtroppo sempre<br />

più spesso, fa perdere, seppure per brevi<br />

periodi, le proprie tracce ed <strong>il</strong> proprio modo<br />

di operare.<br />

Dopo la pubblicazione di Gomorra a lungo si<br />

è parlato della figura dei “sommergib<strong>il</strong>i”. Uomini<br />

piuttosto in là con gli anni, spesso insospettab<strong>il</strong>i,<br />

a cui si affidava <strong>il</strong> compito di<br />

consegnare le “mesate” alle famiglie degli aff<strong>il</strong>iati<br />

di questo o di quell’altro clan, temporaneamente<br />

“impegnati“ a scontare la<br />

propria pena.<br />

Una sorta di “reddito di cittadinanza” assegnato<br />

ed erogato dall’anti-stato. Ma è cosa<br />

nota che quando si parla troppo di un meccanismo,<br />

non passa tempo che “o sistema”,<br />

trova un’alternativa.<br />

Questa volta a pagarne le conseguenze sono<br />

ragazzini, stranieri e senza futuro. Sempre più<br />

<strong>il</strong> popolo dell’arrangiarsi si frammista ai tanti<br />

immigrati che popolano i bassi-monolocali<br />

dei vicoli di <strong>Napoli</strong>.<br />

Un degrado diffuso ed un livello d’integrazione<br />

scarsissimo rendono <strong>il</strong> terreno fert<strong>il</strong>e<br />

all’<strong>il</strong>legalità, fac<strong>il</strong>itandone <strong>il</strong> d<strong>il</strong>agarsi tra le nostre<br />

strade. E se <strong>il</strong> governo sembra non avere<br />

ancora intuito appieno quale risorsa rappresentino<br />

gli immigrati, a pensarci è la camorra.<br />

E’ di questi ultimi mesi la notizia del reclutamento<br />

di “scugnizzi” stranieri che vengono<br />

impiegati per <strong>il</strong> trasporto di “denaro sporco”.<br />

A volte sostituendosi alla figura dei sommergib<strong>il</strong>i<br />

vecchia maniera. Sempre più spesso, ed<br />

in maniera preoccupante, nei “passaggi di<br />

mano” dei proventi delle partite di droga. Le<br />

“basi”, o punti di smistamento sono parecchi<br />

nella città. Di qui la droga viene consegnata,<br />

in piccole dosi, a quelli che possono essere<br />

considerati i “venditori al dettaglio”.<br />

Un sistema per ridurre al minimo la perdita<br />

economica in caso di blitz delle forze dell’ordine.<br />

La camorra ha deciso, quindi, di non cedere.<br />

Ut<strong>il</strong>izzando ragazzini stranieri appena<br />

maggiorenni , fa viaggiare in posti “sicuri”<br />

ogni tre, quattro ore <strong>il</strong> raccolto dell’azione di<br />

spaccio.<br />

Territorio<br />

La dinamica è semplice. Ce la racconta Miguel,<br />

diciassette anni, un irregolare che per<br />

vivere fa <strong>il</strong> sommergib<strong>il</strong>e. Opera nella zona<br />

della stazione centrale di <strong>Napoli</strong>. Il suo turno<br />

inizia alle 20 precise . Passeggia per corso Garibaldi,<br />

poi scompare ingoiato da un vicolo,<br />

esce pochi minuti dopo con aria distratta. In<br />

realtà <strong>il</strong> suo carico è di circa 1000 euro, provento<br />

di poco meno di quattro ore di spaccio.<br />

Poche centinaia di metri e scompare di<br />

nuovo. Il vicolo stavolta lo risputa in pochi secondi:<br />

ha effettuato la sua consegna, <strong>il</strong> danaro<br />

è al sicuro.<br />

Non ci sono “chiamate”, avvertimenti od allarmi.<br />

Miguel passa inosservato con <strong>il</strong> suo<br />

viso da uomo-bambino. Appena sente la proposta<br />

di un gelato accetta di buon grado. Gli<br />

chiediamo se ha paura a fare questo “lavoro”.<br />

Risponde: “No, fino a che tiro diritto.<br />

Ma se non torno con <strong>il</strong> carico, allora sì che ho<br />

paura”. Una pausa di s<strong>il</strong>enzio – si guarda una<br />

bruciatura di sigaretta sul braccio – e aggiunge:<br />

“Paura di morire”.<br />

Se ti prende la polizia, che succede?<br />

“Beh, mi trattengono. Non ho droga, solo<br />

soldi, mi danno <strong>il</strong> foglio di via e sono libero”.<br />

Dice di voler smettere, ma forse sa anche lui<br />

che è solo un’<strong>il</strong>lusione. Gli chiediamo se ha<br />

mai pensato di fuggire con uno di questi carichi,<br />

di spostarsi altrove, provando altre<br />

strade. “Sanno dove abito. E poi, tre o quattro<br />

anni ancora e poi smetto”.<br />

Miguel è arrivato in Italia con una valigia di<br />

speranza, credendo di trovare un lavoro. Oggi<br />

fa <strong>il</strong> sommergib<strong>il</strong>e, forse domani la camorra lo<br />

inghiottirà del tutto o forse tornerà nel suo<br />

Paese. Ieri era un corriere, stasera tornerà con<br />

le sue scarpe a divorare l’asfalto per dimenticare<br />

la paura,.Il domani? Chissà. Per ora, mentre<br />

gusta <strong>il</strong> gelato, sembra solo un ragazzino<br />

qualsiasi, un sorriso solare che vede <strong>il</strong> nostro<br />

sud punta estrema del suo nord.<br />

67


“Quella Preside è come una terrorista”<br />

Eugenia Carfaro, una ventata di legalità al Parco Verde<br />

di Raffaella Maffei<br />

<strong>Napoli</strong> (12-04-2010) - “Siamo in trincea... Per<br />

loro sono una terrorista, perché mi sono ripresa<br />

la scuola”, dice Eugenia Carfora, la dirigente<br />

dell’istituto comprensivo Raffaele<br />

Viviani, nel cuore del Parco Verde. E che la<br />

sua osservazione sia concreta lo dimostrano<br />

due episodi. La settimana scorsa è apparsa<br />

una scritta che diceva : “Non vogliamo i pentiti<br />

a Parco Verde”. Inoltre, nei giorni scorsi<br />

una troupe del TG1 è stata aggredita e non<br />

ha potuto girare immagini.<br />

A Parco Verde si arriva con la Nola-V<strong>il</strong>la Literno,<br />

l’uscita è Caivano, un paese nel napoletano<br />

di quarantam<strong>il</strong>a abitanti, che dallo<br />

scorso 15 maggio viene guidato dal nuovo<br />

sindaco Antonio Falco.<br />

Parco Verde è un mondo a sé - 5m<strong>il</strong>a persone<br />

in circa 250 m<strong>il</strong>a metri quadrati -, 750<br />

abitazioni divise in lotti a colori: giallo, verde<br />

e rosa.<br />

Scatole di cemento e cartongesso, popolate<br />

con le deportazioni del post terremoto. All’entrata<br />

c’è un ranch, realizzato da alcuni residenti,<br />

con un cavallo, un asino, le balle di<br />

fieno e dei manichini travestiti da cowboy.<br />

È in armonia con l’erba incolta e i cumuli di<br />

spazzatura accantonati lungo le strade. Il<br />

tasso di disoccupazione giovan<strong>il</strong>e è alle stelle<br />

(50%), l’evasione scolastica pure. Più che la<br />

scuola i ragazzi frequentano la sala giochi o<br />

le comitive di quelli più grandi, che prestano<br />

servizio alla criminalità organizzata. Secondo<br />

le Forze dell’Ordine circa <strong>il</strong> 30% sono pregiudicati.<br />

Sono attive una decina di piazze di<br />

spaccio – sono soprattutto le donne a occuparsene<br />

-, i signori della criminalità fanno affari<br />

d’oro con eroina, cocaina e gli altri<br />

stupefacenti, ma anche con la ricettazione.<br />

Non passa un anno senza che la lista dei<br />

morti ammazzati in quelle strade si allunghi.<br />

“Ricordo bene <strong>il</strong> 13 luglio del 2007, quando<br />

ho accettato la sede di Parco Verde per la nomina<br />

a dirigente scolastico – racconta la preside<br />

Carfora -. Sei matta, non sai a cosa vai<br />

incontro, mi dissero. Nel tornare a casa passai<br />

per quel luogo tanto discusso, piansi<br />

senza lacrime. C’era una ditta che aveva vinto<br />

68<br />

Territorio<br />

“UnafrazionediCaivanodoveè<br />

praticamente sparita l’evasione<br />

scolastica.Genitorigiàdenunciati<br />

ammettono: E’ una grande<br />

donna. Intanto la sua scuola è a<br />

rischiochiusura”<br />

l’appalto di ristrutturazione della scuola nel<br />

2005. Ma con gli anni era diventata ricettacolo<br />

di armi, siringhe infette e topi – continua<br />

-. Nessuno dei dipendenti veniva più a lavorare.<br />

Ho denunciato tutti. Persino l’ex sindaco,<br />

Papaccioli, ha passato un paio di<br />

pomeriggi a potare gli alberi, insieme agli<br />

operai, i bidelli, <strong>il</strong> custode e alcuni volontari”.<br />

Un ampio atrio, i distributori di bibite, <strong>il</strong> parcheggio<br />

e <strong>il</strong> verde curato. Gli alunni hanno<br />

tinteggiato l’atrio, dove campeggia la scritta:<br />

Parco Verde riparte da qui. Dal 29 settembre<br />

del 2007, giorno dell’inaugurazione, la preside<br />

Carfora non permette di saltare un solo<br />

giorno di scuola.<br />

Per rimediare a genitori poco presenti nella<br />

vita dei figli, la mattina sveglia <strong>il</strong> parco con un<br />

altoparlante e diffonde nell’etere Radetzky o<br />

Mameli.<br />

Se gli studenti non arrivano in classe per le<br />

nove, da soli o accompagnati, li manda a<br />

prendere da bidelli, insegnanti o va di persona.<br />

È sufficiente che lei, “la terrorista”, urli<br />

un solo nome – <strong>il</strong> segretario - perché si inoltri<br />

la denuncia per evasione scolastica alle<br />

Forze dell’Ordine. La scuola è aperta anche<br />

<strong>il</strong> pomeriggio per i laboratori e i ragazzi possono<br />

usufruire della mensa, con 2 euro e 50<br />

ciascuno. “Il mio obiettivo è fargli trascorrere<br />

a scuola quanto più tempo possib<strong>il</strong>e”,<br />

spiega.<br />

“Quando sto qui mi sento in un altro mondo,<br />

ma appena esco non mi sento più io”, dice<br />

A.C., 12 anni e già fidanzata con un ragazzo


Un’aula della Scuola del Parco Verde<br />

del parco, da poco uscito da una comunità<br />

penale per minori.<br />

“Non mi piace la scuola, ma mi obbligano a<br />

venire, così qualcosa ho imparato anche<br />

senza la mia volontà”, dice A.C., 15 anni e ancora<br />

in terza media. Non frequentava e i genitori<br />

sono stati denunciati. S<strong>il</strong>vana, la madre,<br />

oggi commenta: “È una grande donna. I soldi<br />

li prende comunque, vengono o no i nostri<br />

figli a scuola. Non vorrei se ne andasse”.<br />

La scuola rischia la chiusura, le iscrizioni per <strong>il</strong><br />

prossimo anno scolastico non sono sufficienti<br />

per la formazione di una classe.<br />

“Sono arrivate solo 12 iscrizioni – racconta la<br />

preside -. Preferiscono mandare i figli fuori<br />

dal quartiere, perché sanno che nelle altre<br />

scuole se non frequentano, nessuno va a<br />

prenderli a casa o li denuncia e hanno meno<br />

poliziotti in giro”.<br />

La dirigente della Viviani conosce tutti i suoi<br />

alunni. Li passa in rassegna quando gira per le<br />

aule a controllare gli assenti. Gli vieta l’uso<br />

del cellulare in classe, sequestra mon<strong>il</strong>i e oggetti<br />

pericolosi.<br />

Sulla scrivania ha un cestino con foulard, collane<br />

e orecchini appariscenti, catene e persino<br />

un manganello di gomma. “Restituirò<br />

questa roba a fine anno, tranne l’arma”, dice.<br />

“Il dirigente Eugenia Carfora è una persona<br />

da ammirare – commenta <strong>il</strong> Comandante<br />

della Stazione dei Carabinieri, Giuseppe Fari-<br />

Territorio<br />

nola -, con lei ho condiviso ansie e speranze,<br />

anche perché siamo arrivati qui nello stesso<br />

periodo. Guidiamo campi diversi, ma camminano<br />

parallelamente verso l’educazione alla<br />

legalità.<br />

Parco Verde è “off limits”<br />

per i pen della Camorra<br />

Su un muro, campeggia bene in vista questa<br />

scria: “Vietato l'accesso ai pen”. E' <strong>il</strong> benvenuto<br />

che viene a quan si accostano al<br />

Parco Verde di Caivano. Un luogo sconsigliab<strong>il</strong>e<br />

ai deboli di caraere. I numeri dicono<br />

che, su 4.000 abitan, <strong>il</strong> 35% è composto da<br />

pregiudica. Non per niente, <strong>il</strong> posto viene<br />

denominato "piazza dei carcera". Qui la<br />

droga si vende 24 ore su 24. Tu i proven<br />

vengono devolu alle famiglie dei detenu. I<br />

clan rinunciano alla percentuale della vendita<br />

della droga. E’ pracamente una legge camorrisca.<br />

Chi non vuole adeguarsi, chi vuole<br />

meere in tasca i soldi dello spaccio, non può<br />

assolutamente operare in piazza dei carcera.<br />

Niente penri, in definiva, e nessun<br />

guadagno per chi opera nel mondo della<br />

doga. Le famiglie di chi sta dentro devono sopravvivere<br />

con queste avità.<br />

69


Beni confiscati: tante le esperienze positive<br />

LamortediAnnalisaDurantecomesimbolodellalottaallacamorra<br />

di Maria Pirro<br />

Il proiett<strong>il</strong>e si muove lungo una traiettoria<br />

curva. Esce dalla volata dell’arma. Traccia una<br />

parabola, discendente e più lenta: si conficca<br />

nella nuca della ragazzina bionda che non fa<br />

in tempo a scappare. Muore così Annalisa<br />

Durante, 14 anni appena compiuti. Uccisa<br />

solo perché si trova al posto sbagliato nel momento<br />

sbagliato. Sulla linea di fuoco di un regolamento<br />

di conti. A sparare nei vicoli di<br />

Forcella, Salvatore Giuliano. Lo stesso nome<br />

del celebre bandito.<br />

Ventisette marzo 2004: l’omicidio di Annalisa<br />

diventa simbolo della voglia di riscatto contro<br />

<strong>il</strong> clan partenopeo che sovrasta <strong>il</strong> quartiere.<br />

Dal terrazzo della casa all’ultimo piano<br />

di via della Giudecca, <strong>il</strong> boss per anni ha controllato<br />

con lo sguardo l’intera zona, i traffici,<br />

i guardaspalle, le proprietà. Ma da qualche<br />

mese ci sono inqu<strong>il</strong>ini diversi, dalle facce pulite.<br />

Da fine 2009, dicembre scorso. Confiscato<br />

e assegnato al Comune, <strong>il</strong> regno più<br />

intimo di Luigi (detto Lovegino) Giuliano è<br />

sede di Telefono Azzurro. Trecento metri<br />

quadrati dedicati alla formazione di volontari<br />

che leggono favole ai ragazzi a rischio, portano<br />

avanti progetti con i detenuti di Secondigliano,<br />

costruiscono una rete con le agenzie<br />

territoriali per dare risposta agli sos dei coe-<br />

Casa del boss Giuliano nel quarere Forcella trasformata in sede di Telefono Azzuro<br />

70<br />

Territorio<br />

“Il 27 marzo 2004 la giovane<br />

napoletana fu uccisa da un<br />

proiett<strong>il</strong>edellapistoladelboss.<br />

Oggi nella casa del camorrista<br />

c’èl’associazioneaprotezione<br />

dei minori”<br />

tanei di Annalisa. Un aiuto a bambini e adolescenti<br />

sopraffatti da disagio e degrado. Un<br />

lavoro lungo appena avviato.<br />

Ciro Raia, responsab<strong>il</strong>e di Telefono Azzurro in<br />

Campania, mostra l’abitazione trasformata in<br />

ufficio. Il marmo nero e gli scalini all’ingresso.<br />

C’è ancora la cucina della famiglia Giuliano,<br />

con un camino senza cenere. Non c’è più la<br />

vasca a forma di conchiglia, adagiata in un angolo<br />

tra piccole piastrelle rosa. Un’altra<br />

rampa di scale porta al terrazzo. Lì dove i gabbiani<br />

fanno <strong>il</strong> nido. “Per ottenere l’immob<strong>il</strong>e,<br />

abbiamo atteso circa un anno dalla presentazione<br />

della richiesta al Comune”, racconta<br />

Raia. Funziona così: le associazioni possono


Sede della fondazione “'A voce d' 'e creature<br />

concorrere all’assegnazione del bene confiscato.<br />

Nella domanda, devono specificare<br />

statuto giuridico, esperienza sul campo e<br />

scopo sociale. Presentano un progetto dettagliato<br />

sulla destinazione d’uso e le attività che<br />

intendono realizzare. Quindi ciascuna pratica<br />

viene valutata da una commissione, che dà<br />

l’ok a scadenza biennale. Questa la procedura<br />

anche per don Luigi Merola, <strong>il</strong> parroco che ha<br />

lasciato Forcella subito dopo la morte di Annalisa.<br />

Minacciato per aver esortato gli abitanti<br />

del quartiere a ribellarsi alla camorra. A<br />

fermare la scia di sangue.<br />

Con don Merola, all’Arenaccia è stata inaugurata<br />

la fondazione “‘A voce d’ ‘e creature”<br />

nella v<strong>il</strong>la confiscata al boss Brancaccio.<br />

La fondazione lavora contro la dispersione<br />

scolastica. Con sportelli dedicati all’ascolto,<br />

spazi per l’orientamento e la formazione e<br />

progetti di educazione al lavoro. E ancora, all’Arenaccia,<br />

la cooperativa Dedalus porta<br />

avanti iniziative in favore degli immigrati.<br />

Sono 42 le realtà positive. Ma scorrere<br />

l’elenco delle proprietà acquisite dal Comune,<br />

un tesoro da 9 m<strong>il</strong>ioni, significa anche<br />

tracciare una mappa criminale che attraversa<br />

ogni quartiere con le famiglie Acanfora, Baratto,<br />

Brancaccio, Contini, Esposito, Giuliano,<br />

Maresca, Morra, Mazzarella, solo per citarne<br />

alcune.<br />

L’elenco è lungo. In totale, sono 72 i beni confiscati<br />

assegnati all’amministrazione partenopea.<br />

Tutti assegnati ai fini istituzionali e<br />

sociali, eccetto tredici. Tra questi, sei sono<br />

inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>i: devastati prima che <strong>il</strong> Comune<br />

ne entrasse in possesso. “Non abbiamo i<br />

Territorio<br />

fondi per procedere alle ristrutturazioni”,<br />

spiega l’assessore ai Beni confiscati Luigi<br />

Scotti. Gli altri sette immob<strong>il</strong>i invece sono indisponib<strong>il</strong>i<br />

perché abitati. Ceduti in affitto in<br />

precedenza, dagli oramai ex proprietari. È ancora<br />

in atto un braccio di ferro davanti al Tar<br />

che, in due casi, ha sospeso lo sfratto sollecitato<br />

dal Comune.<br />

Storia a parte, quella de “la Gloriette”. La v<strong>il</strong>la<br />

del defunto boss del contrabbando, Michele<br />

Zaza, già confiscata, ma assegnata alla questura,<br />

presto diventerà centro di accoglienza<br />

per disab<strong>il</strong>i e minori a rischio con <strong>il</strong> passaggio<br />

di consegne all’amministrazione. Il complesso,<br />

con rifugio-bunker e piscina all’aperto,<br />

è in perfette condizioni. “Non è stata<br />

distrutto perché abitato dalla moglie del<br />

boss”, sostiene Scotti. Per 15 anni, “la Gloriette”<br />

è rimasta in mano agli eredi dell’allora<br />

capoclan, grazie a cav<strong>il</strong>li e distrazioni del Demanio<br />

che l’aveva affidata a una società con<br />

regolare contratto di locazione ma per canone<br />

dal valore simbolico. Sei funzionari sono<br />

stati indagati per abuso di ufficio e omissione.<br />

E nel frattempo, sono passati 23 anni dal sequestro<br />

della v<strong>il</strong>la, otto dalla confisca.<br />

Entrare in casa di un boss rimane comunque<br />

un tabù. “È successo che le associazioni ci abbiano<br />

restituito <strong>il</strong> bene assegnato dopo aver<br />

subìto pesanti minacce”, avverte l’assessore.<br />

“È successo proprio a Forcella. Raccontare<br />

queste storie è uno schiaffo alla camorra”,<br />

aggiunge. Per Telefono Azzurro, Raia assicura:<br />

“Siamo stati accolti bene, non abbiamo<br />

problemi”.<br />

Del passato non si parla nello stab<strong>il</strong>e di via<br />

della Giudecca. A ricordare quello che ha significato<br />

rimane solo l’ascensore che conduce<br />

all’ultimo piano. Un’opera realizzata a<br />

spese dei Giuliano: c’è una sola fessura blindata<br />

che scorre e si apre, l’asse portante rimane<br />

fermo. La porta è bloccata per fare da<br />

scudo ai proiett<strong>il</strong>i. Per celare e proteggere chi<br />

è dentro l’ascensore. Mentre fuori, lungo la<br />

strada, Annalisa non ha trovato riparo dalla<br />

pioggia di fuoco.<br />

71


Il ritorno delle sigarette di contrabando<br />

L’aumento dei prezzi ha riportato le “bionde” in strada<br />

di Walter Medolla<br />

Li vedevi agli angoli delle strade, mimetizzati<br />

tra le auto parcheggiate e i banconi dei mercati<br />

rionali. Venditori di fumo. O meglio venditori<br />

di sigarette, tutte in bella vista sulle<br />

bancarelle: Marlboro, Merit, Camel, Chesterfield.<br />

La scelta era vasta e i prezzi modici.<br />

In origine, nel secondo dopoguerra, le casse<br />

di sigarette venivano trafugate dalle basi m<strong>il</strong>itari<br />

degli alleati. “Americane, americane”<br />

gridavano i venditori per attirare l’attenzione.<br />

Il mercato poi si è evoluto con <strong>il</strong> grosso<br />

contrabbando degli anni settanta, gli scafi<br />

blu, i marsigliesi e le rotte che portavano<br />

dritti dritti al porto franco di Tangeri.<br />

Due le generazioni cresciute col mercato <strong>il</strong>legale<br />

del contrabbando. Tutto liscio fino alla<br />

fine degli anni ’90, quando la lotta tra contrabbandieri<br />

e forze dell’ordine ha iniziato a<br />

mietere vittime. Una vera e propria guerra<br />

con la malavita organizzata che attrezzava<br />

mezzi corazzati per <strong>il</strong> trasporto delle<br />

“bionde” dalla costa Ionica a quella tirrenica.<br />

Si, perché le sigarette alla fine del secolo<br />

scorso arrivavano dai balcani. Le rotte <strong>il</strong>legali<br />

erano cambiate a causa dell’inasprimento<br />

dei controlli sul mare mediterraneo. Gli spostamenti,<br />

allora, avvenivano su gomma. La<br />

merce arrivava di notte sulle coste della provincia<br />

di bari e caricata sui blindati e trasferita<br />

verso la Campania. Nell’Agosto del 1999<br />

<strong>il</strong> collega Roberto Buonavoglia raccontava,<br />

dalle colonne del Corriere, dello speronamento<br />

da parte dei contrabbandieri ai danni<br />

di un auto con tre donne a bordo: “a un incrocio<br />

si sono imbattute nell’ autocolonna di<br />

mezzi blindati che procedeva a fari spenti e a<br />

velocita’ sostenuta. All’ improvviso una jeep<br />

ha travolto e distrutto la loro vettura.Quello<br />

di ieri e’ solo l’ ultimo degli incidenti per <strong>il</strong><br />

contrabbando di sigarette. Pochi giorni fa, a<br />

Casamassima, gli “arieti del contrabbando”,<br />

per sfuggire a un inseguimento dei finanzieri,<br />

hanno seminato sull’ asfalto centinaia di<br />

chiodi mandando fuori strada trenta auto”.<br />

L’atteggiamento dei contrabbandieri era una<br />

sfida allo stato. La controffensiva non tardò<br />

ad arrivare con una vera e propria m<strong>il</strong>itariz-<br />

72<br />

Territorio<br />

zazione della provincia di Bari. I baschi verdi<br />

della Guardia di Finanza in meno di un anno<br />

riuscirono a smantellare l’organizzazione<br />

messa su da Camorra, Sacra Corona e mafia<br />

Albanese per <strong>il</strong> controllo del traffico di sigarette.<br />

Sarà per l’opprimente crisi economica, ma a<br />

<strong>Napoli</strong> negli ultimi mesi si rivedono agli angoli<br />

delle strade le bancarelle con le sigarette<br />

di contrabbando. Ora i pacchetti “parlano<br />

un’altra lingua”, non sono più le americane,<br />

bensì le ucraine, le bulgare e le rumene. I rifornimenti<br />

arrivano da lì, come arrivano<br />

nuove marche di sigarette tipiche di questi<br />

paesi. Il rischio è la non autenticità dei prodotti,<br />

sigarette finte con tabacco contaminato<br />

o non controllato. Proprio come fanno<br />

in Cina dove vengono copiate i pacchetti di<br />

Marlboro che poi vengono immessi nel circuito<br />

del contrabbando italiano. Secondo un<br />

rapporto della Banca mondiale, <strong>il</strong> 30% delle<br />

sigarette esportate cade nelle maglie del contrabbando.<br />

Il giro economico conta centinai<br />

di m<strong>il</strong>ioni di euro nel circuito <strong>il</strong>legale. Cifre da<br />

capogiro, che se veicolate in modo giusto potrebbero<br />

fruttare introiti tali da risanare <strong>il</strong> debito<br />

pubblico di un paese in difficoltà.


Dai beni confiscati opportunità di occupazione<br />

UniversitàdiM<strong>il</strong>anoeFondazioneper<strong>il</strong>Sudinsiemeinunprogetto<br />

di Andrea di Turi<br />

Forze dell’ordine e magistratura, imprenditori<br />

che denunciano <strong>il</strong> pizzo, giovani<br />

che manifestano la voglia di un<br />

altro mondo possib<strong>il</strong>e: le strade per lottare<br />

contro le mafie sono tante. Da circa<br />

un mese se n’è aggiunta un’altra: è <strong>il</strong><br />

Progetto per una produzione multimediale<br />

dedicata alle imprese che gestiscono<br />

beni confiscati alle mafie<br />

promosso dall’Università Iulm di M<strong>il</strong>ano<br />

con Agenzia per le Onlus, Libera e Fondazione<br />

per <strong>il</strong> Sud. È stato <strong>il</strong>lustrato per<br />

la prima volta a fine apr<strong>il</strong>e a Perugia alla<br />

presentazione del libro Beni confiscati<br />

alle mafie: <strong>il</strong> potere dei segni.<br />

“È un’iniziativa del master in giornalismo<br />

dello Iulm e nasce in collaborazione<br />

con l’Agenzia per le Onlus. Quando ho<br />

visto che l’Agenzia aveva fatto con Libera<br />

<strong>il</strong> censimento completo, <strong>il</strong> primo, di<br />

tutte le associazioni e imprese che lavorano<br />

sui beni confiscati alle mafie, ho<br />

proposto questo progetto da realizzare<br />

coi nostri allievi”. A dirlo è Angelo Agostini,<br />

docente di teorie e tecniche del<br />

linguaggio giornalistico e direttore<br />

scientifico di Ossigeno, l’osservatorio<br />

nazionale sui cronisti minacciati dalle<br />

mafie, tema su cui da tempo è impegnato.<br />

Il progetto è co-finanziato dalla Fondazione<br />

per <strong>il</strong> Sud e dallo stesso Iulm, ma<br />

altri sponsor potrebbero arrivare presto.<br />

«Realizzeremo tre prodotti, <strong>il</strong> primo<br />

e più importante – spiega - è un portale<br />

web multimediale con tutte le schede<br />

delle imprese e associazioni che lavorano<br />

sui beni confiscati alla mafia: andremo<br />

a fare dei servizi in una ventina<br />

di realtà differenti e definiremo un format<br />

multimediale. Poi realizzeremo un<br />

documentario televisivo per canali digitali<br />

o satellitari. Libera, poi, ci ha chiesto<br />

una versione corta del documentario<br />

per presentarlo nelle scuole».<br />

Oltre a confermare l’impegno dell’ateneo<br />

m<strong>il</strong>anese su temi r<strong>il</strong>evanti per la so-<br />

Dal Terzo Settore<br />

“Un progetto per informare<br />

sulle sempre più numerose<br />

realtàcheoffronoopportunità<br />

occupazionali ed economiche<br />

gestendo i beni confiscati alle<br />

mafie”<br />

cietà civ<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> progetto intende essere<br />

strumento di formazione per gli allievi,<br />

«ovviamente entusiasti – dice Agostini –<br />

perché una cosa del genere li emoziona.<br />

Ma soprattutto è importante che noi si<br />

possa dare, regalare questo lavoro a chi<br />

poi può continuare a farlo». L’intenzione,<br />

infatti, è quella di donare poi <strong>il</strong><br />

progetto, che dovrebbe essere ultimato<br />

entro luglio e presentato ufficialmente<br />

in autunno, a chi vorrà proseguirlo. «La<br />

cosa più interessante – conclude Agostini<br />

- è vedere quante sono ormai le imprese<br />

che offrono opportunità di lavoro<br />

ed economiche lavorando sui beni sequestrati<br />

alla mafia. Per questo a noi interessa<br />

realizzare e donare uno<br />

strumento d’informazione su questa realtà<br />

economica». E c’è da scommettere<br />

che nel lavoro i ragazzi trasferiranno <strong>il</strong><br />

loro entusiasmo, anch’esso un’arma<br />

fondamentale per costruire una cultura<br />

della legalità.<br />

73


Quando la malavita arriva sullo schermo<br />

Da Rosi a Damiani a Tornatore: quanti f<strong>il</strong>m sull’argomento<br />

di Cristiano Della Valle<br />

Da sempre, <strong>il</strong> cinema italiano si è distinto per<br />

la sua attenzione alla vita civ<strong>il</strong>e. Da sempre,<br />

registi di grande prestigio hanno portato<br />

sullo schermo i risvolti della società, anche<br />

quelli più commoventi; anche quelli più deteriori.<br />

Così a memoria, vengono in mente<br />

le tre trasposizioni di un dramma di Salvatore<br />

Di Giacomo, “Assunta Spina”. La prima<br />

è del 1915, quando <strong>il</strong> cinema era ancora<br />

muto. La divina (molto prima della Garbo)<br />

Francesca Bertini ne fu la splendida protagonista,<br />

con la regia di Gustavo Serena, che<br />

si riservò anche <strong>il</strong> ruolo di protagonista masch<strong>il</strong>e;<br />

ancora un’edizione senza sonoro nel<br />

1928, con Tina De Liguoro. Infine, nel 1948,<br />

l’edizione f<strong>il</strong>mata da Mario Mattoli, con una<br />

superba (la definizione è di Morando Morandini,<br />

ndr) Anna Magnani, affiancata da<br />

Eduardo e Titina De F<strong>il</strong>ippo. Una <strong>Napoli</strong> dolente<br />

e crudele, quella di questo f<strong>il</strong>m, con<br />

un’ambientazione che anticipa in qualche<br />

modo quelli che saranno i guasti di una certa<br />

malavita.<br />

Dal verismo di Di Giacomo al neorealismo<br />

del secondo dopoguerra, ad opera dei Rossellini,<br />

dei De Sica, dei Visconti, dei Lattuada,<br />

dei Germi e così via. In “Sciuscià”, anch’esso<br />

ambientato a <strong>Napoli</strong>, De Sica fa una violenta<br />

e tenerissima denuncia sociale.<br />

E’ dagli Anni Cinquanta che irrompe la tematica<br />

camorristica e mafiosa. L’atroce episodio<br />

di Portella della Ginestra venne<br />

ricordato da Francesco Rosi nel suo capolavoro<br />

“Salvatore Giuliano”. Il 1° maggio del<br />

‘47 si tornava a festeggiare la Festa del Lavoro,<br />

abolita dal regime fascista. A Portella<br />

della Ginestra si riunirono 2.000 lavoratori,<br />

in prevalenza contadini, che manifestavano<br />

contro <strong>il</strong> latifondo. All’improvviso, dalle colline<br />

circostanti, partirono raffiche di mitra.<br />

Tragico <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio: 11 morti (di cui 2 bambini)<br />

e 27 feriti. Mesi dopo si seppe che a<br />

sparare erano stati gli uomini del bandito<br />

Salvatore Giuliano, legato ad ambienti politici<br />

e mafiosi. Rosi con grande maestria racconta<br />

la storia di Giuliano, fino alla<br />

misteriosa morte, attribuita al suo braccio<br />

Cinema<br />

“Le vittime di camorra e<br />

mafia, da Falcone a Livatino<br />

a Dalla Chiesa, ricordate in<br />

opere che resteranno nella<br />

storia della cinematografia<br />

mondiale”<br />

destro Gaspare Pisciotta. Che poi, qualche<br />

anno dopo, nel carcere dell’Ucciardone<br />

venne avvelenato, dopo la sua minaccia di<br />

rivelare i veri mandanti della strage.<br />

Con “Salvatore Giuliano” si apre un f<strong>il</strong>one<br />

che non accenna ancora oggi ad esaurirsi.<br />

Ma che, anzi, è diventato un vero e proprio<br />

“genere”, grazie, purtroppo, al d<strong>il</strong>agare sempre<br />

più preoccupante della criminalità organizzata.<br />

Sempre del regista napoletano, che<br />

nell’apr<strong>il</strong>e scorso è stato colpito da un doloroso<br />

lutto, con la perdita drammatica della<br />

moglie Giancarla Mandelli, da segnalare “La<br />

sfida” e “I magliari”, entrambi girati prima di<br />

“Salvatore Giuliano, e “Le mani sulla città” ,<br />

75


“NeglianniVenti,laprimissima<br />

pellicola Assunta Spina. Con<br />

Salvatore Giuliano di Rosi,<br />

siapreunf<strong>il</strong>onecheancoraoggi<br />

rimaneattualissimo”<br />

del ‘63. Seguiranno “Il caso Mattei“ e “Lucky<br />

Luciano”, rispettivamente del ‘72 e del ‘73.<br />

Si tratta di f<strong>il</strong>m in cui la denuncia dei crimini<br />

di camorra e mafia è indiretta, anche se, ne<br />

“La sfida”, a far da protagonista è la camorra<br />

degli ortomercati. La trama è ispirata a un<br />

episodio vero, la storia di Pascalone ‘e Nola,<br />

ucciso dai camorristi, e di Pupetta Maresca,<br />

che ne vendicherà la morte.<br />

Con Francesco Rosi, un altro regista merita<br />

un ruolo di primo piano nella cinematografia<br />

antimafiosa: Damiano Damiani. Con “Il<br />

giorno della civetta”, tratto da un romanzo<br />

di Leonardo Sciascia, inizia una serie di pellicole<br />

tutte caratterizzate dallo stesso tema di<br />

fondo. Da ricordare, fra le altre, “Confessione<br />

di un commissario di polizia al procuratore<br />

della Repubblica”; “L’istruttoria è<br />

chiusa: dimentichi”; “Un uomo in ginocchio”;<br />

“Come si uccide un magistrato”; “Pizza connection”;<br />

“L’inchiesta”. Infine, lo sceneggiato<br />

tv “La piovra”.<br />

Tre sono i f<strong>il</strong>m di Giuseppe Ferrara sull’argomento.<br />

Il primo è “Il sasso in bocca”, sulle<br />

collusioni fra mafia e Cosa Nostra. Seguono<br />

“Cento giorni a Palermo” ispirato alla storia<br />

del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso<br />

insieme con la giovane moglie, Emanuela<br />

Setti Carraro; infine, “Giovanni<br />

Falcone”, sulla vita e la morte del magistrato,<br />

fatto saltare in aria con la consorte,<br />

Francesca Morv<strong>il</strong>lo, e tre uomini della scorta.<br />

Nel 1986, Giuseppe Tornatore gira “Il camorrista”,<br />

tratto dal romanzo omonimo di<br />

Giò Marrazzo e ispirato alla vita di Raffaele<br />

Cutolo e della sorella Rosetta.<br />

Di Alessandro di Rob<strong>il</strong>ant , nel ‘93, è “Il giudice<br />

ragazzino”. Racconta quasi con tenerezza<br />

la storia del magistrato sic<strong>il</strong>iano<br />

Rosario Livatino, giovane e coraggioso. Pagherà<br />

con la vita la sfida alla mafia.<br />

Due magnifici f<strong>il</strong>m nel 2.000. Il primo è “I<br />

cento passi” di Marco Tullio Giordana. Il regista<br />

narra con commozione e intensa par-<br />

76<br />

Cinema<br />

tecipazione la vita di Peppino Impastato.<br />

Un’opera che è stata definita “un atto di resistenza”.<br />

Trucidato nel maggio del ‘78, occorreranno<br />

vent’anni perché <strong>il</strong> cosiddetto<br />

incidente (Impastato venne legato a un binario<br />

e fatto saltare con 6 ch<strong>il</strong>i di tritolo) trovasse<br />

un colpevole con l’incriminazione di<br />

Tano Badalamenti, mandante presunto dell’assassinio.<br />

Il secondo è “Placido Rizzotto”, di Pasquale<br />

Scimeca: vita e morte del sindacalista in lotta<br />

con la mafia corleonese. Il sicario fu Luciano<br />

Liggio, destinato a diventare uno dei più potenti<br />

boss di mafia.<br />

Infine, nel 2003, Stefano Incerti dirige “Segreti<br />

di Stato”, tratto dal libro di Salvatore<br />

Parlagreco. Argomento, la tormentata esistenza<br />

del primo pentito di mafia, Leonardo<br />

Vitale. Pagherà le sue rivelazioni col carcere,<br />

col manicomio, fra le cui mura diventa un relitto<br />

umano, e, infine, una volta uscito, con<br />

la vita.


La parola contro la<br />

Camorra<br />

di Valeria Rega<br />

Affrontare <strong>il</strong> tema della criminalità organizzata<br />

focalizzando l’attenzione sul potere della<br />

parola è <strong>il</strong> tentativo di Roberto Saviano con <strong>il</strong><br />

suo terzo libro “La parola contro la camorra”.<br />

Questa pubblicazione, raccolta in un cofanetto<br />

e corredata da un DVD, ripropone due<br />

interviste dell’autore, che nel libro si intitolano<br />

rispettivamente “Una luce costante” e<br />

“Così parla la mia terra”. La prima è una ripresa<br />

video registrata nell’ottobre del 2009,<br />

mentre la seconda è la puntata del 25 marzo<br />

2009 di Che tempo che fa, <strong>il</strong> programma televisivo<br />

condotto da Fabio Fazio, del quale fu<br />

ospite.<br />

Saviano, attingendo alle basi della semantica,<br />

accende i riflettori sulla parola, identificandola<br />

con lo strumento più efficace per cambiare<br />

lo status delle cose e mutare <strong>il</strong> corso<br />

degli avvenimenti.<br />

La parola, dunque, come presenza, peso, visib<strong>il</strong>ità,<br />

impegno, come scelta consapevole di<br />

non tacere per esserci, come coraggio di raccontare<br />

per denunciare. Questo è <strong>il</strong> potere<br />

della parola, un potere ben noto anche alla<br />

criminalità organizzata che, quando non lo<br />

teme, lo usa essa stessa per diffamare, calunniare,<br />

per anestetizzare ed assuefare i cittadini,<br />

per autocelebrarsi ed affermarsi.<br />

Parte da qui Saviano per arrivare poi, nella seconda<br />

parte del libro, a decodificare l’intimo<br />

meccanismo che lega i quotidiani locali alle<br />

organizzazioni criminali in Campania, con<br />

l’obiettivo di mostrare in che modo la manipolazione<br />

del linguaggio devia l’attenzione dai<br />

reali fatti di cronaca e ridefinisce, dunque, <strong>il</strong><br />

senso di ciò che viene raccontato. A sostegno<br />

della sua tesi, è raccolta nel libro una selezione<br />

di immagini: le prime pagine dei quotidiani<br />

locali, gli articoli di cronaca, le foto degli<br />

agguati, gli scatti rubati ai funerali delle vittime…frammenti<br />

che svelano i retroscena dell’antisocietà.<br />

Un velo di romanticismo e un po’ di retorica<br />

pervadono questo testo, arricchito, però,<br />

dagli scritti e dagli approfondimenti di: Walter<br />

Siti, Aldo Grasso, Paolo Fabbri e Benedetta<br />

Tobagi.<br />

Cinema<br />

Leggiamo la malavita<br />

Non solo Gomorra di Roberto Saviano e Il<br />

Camorrista di Giuseppe Marrazzo. Purtroppo<br />

la camorra continua a far parlare di<br />

sé, ieri come oggi. Per conoscere e approcciarsi<br />

meglio al problema ci sono una<br />

serie di libri che bisognerebbe leggere.<br />

Partendo dalle origini, o quasi. Nel 1907<br />

Ferdinando Russo ed Ernesto Serao scrivono<br />

per Bideri editore “La camorra. Origini,<br />

usi, costumi e riti dell’annorata<br />

soggietà”. Se proprio non si vuole andare<br />

così a ritroso nel tempo, ci si può affidare<br />

a Gigi Di Fiore e al suo “La Camorra e le sue<br />

storie” edizioni Utet. Vittorio Palliotti in<br />

“Storia della camorra” affronta <strong>il</strong> tema con<br />

una serie di aneddoti e storie di camorristi<br />

e guappi famosi, rendendo l’argomento<br />

paradossalmente “piacevole”. Un approccio<br />

più sociologico al tema lo si trova ne<br />

“Le strade della violenza” di Isaia Sales,<br />

analisi della camorra di città e di provincia.<br />

Marcello Ravveduto in “<strong>Napoli</strong>, serenata<br />

calibro 9” tratta dei rapporti tra neomelodici<br />

e malavita organizzata. Per conoscere<br />

i prof<strong>il</strong>i criminali di grandi personaggi della<br />

camorra bisogna invece leggere “I leoni di<br />

marmo”, una sorta di autobiografia di Giuseppe<br />

Misso, boss indiscusso del Rione Sanità<br />

o in alternativa l’altra autobiografia di<br />

Mario Savio. camorrista dei quartieri spagnoli<br />

“la Malavita”. Un discorso a parte<br />

merita “O’ malommo” di Mino Jouakim,<br />

biografia dell’ultima carta di tressette della<br />

<strong>Napoli</strong> malavitosa del dopoguerra.<br />

La parola contro la cammora, di Roberto Saviano<br />

Il camorrista, di Giuseppe Marrazo<br />

77


78<br />

Recensioni<br />

Quei petali di vita<br />

di Diego Simonelli<br />

…Spargiamo questi”petali di vita” su questa<br />

tua terra, bagnata di lacrime e sangue ma che<br />

tu amavi tanto, che non hai mai voluto abbandonare<br />

perché dicevi che qui qualcosa<br />

“poteva e doveva cambiare”.Con questa<br />

frase si chiude la raccolta di testimonianze<br />

con le quali gli autori, Leandro Limoccia e Marisa<br />

Diana, hanno tratteggiato la vita di Don<br />

Giuseppe Diana, sacerdote ucciso dalla camorra<br />

nella sua parrocchia di Casal di Principe<br />

nel giorno del suo onomastico del 1994.<br />

I contributi richiesti dagli autori alle persone<br />

vicine al sacerdote diventano lettere, pagine<br />

di diario, trascrizione di colloqui. I ricordi di<br />

amici, parenti e compagni di viaggio, si alternano<br />

tra le pagine a numerose foto, scatti<br />

“da album di famiglia”, ingialliti, talvolta sfocati,<br />

che contribuiscono all’intimismo ed alla<br />

“essenzialità” del libro stesso. Il libro trasuda<br />

l’amore, <strong>il</strong> dolore, la rabbia delle persone che<br />

hanno condiviso parte del loro cammino con<br />

Peppino Diana. Amore e dolore espressi con<br />

la semplicità ed l’immediatezza di una raccolta<br />

di ricordi, di sprazzi di vita. Ricordi semplici,<br />

teneri, delicati, pezzi di un puzzle,<br />

pennellate, frammenti, petali di vita.<br />

Petali di Vita, a cura di Leonardo<br />

Limoccia e Marisa Diana<br />

Seiannifa<strong>il</strong>sacrificiodi<br />

don Diana<br />

di Elena Scarci<br />

«La sua è una morte che profuma di vita perché<br />

alimenta la speranza, aiuta le persone a<br />

costruire percorsi capaci di accogliere e includere<br />

chi è in difficoltà». È la frase con cui i<br />

genitori di don Peppino Diana, <strong>il</strong> sacerdote<br />

ucciso per mano della camorra sedici anni fa,<br />

nella sagrestia della sua parrocchia a Casal di<br />

Principe, ricordano <strong>il</strong> figlio. Era <strong>il</strong> 19 marzo<br />

2004. Cinque colpi sparati da due k<strong>il</strong>ler andarono<br />

tutti a segno, don Peppino morì all’istante.<br />

Erano gli anni del dominio assoluto<br />

della camorra casalese, legata principalmente<br />

al boss Francesco Schiavone.<br />

Assistente ecclesiastico degli Scout, insegnante<br />

di liceo, segretario dell’allora vescovo<br />

di Aversa, Gazza, don Peppino era soprattutto<br />

un parroco che amava la gente. Dall’altare<br />

gridava l’amore per <strong>il</strong> suo popolo. Lui<br />

voleva contribuire a costruire delle comunità<br />

senza più camorra. Insegnava ai ragazzi a non<br />

tradire mai le proprie idee e a non barattare<br />

mai la propria dignità. Nel suo nome, su iniziativa<br />

di Libera, è nata la cooperativa “Le<br />

Terre di Don Peppe Diana - Libera Terra”, che<br />

gestisce un caseificio sui terreni confiscati alla<br />

camorra nei comuni di Cancello ed Arnone,<br />

Carinola, Castel Volturno, Pignataro Maggiore<br />

e Teano.<br />

Il suo impegno civ<strong>il</strong>e e religioso contro la camorra<br />

ha lasciato un profondo segno nella società<br />

campana. Don Diana ha lasciato, tra<br />

l’altro, un testamento spirituale: la lettera Per<br />

amore del mio popolo non tacerò, diffusa a<br />

Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di<br />

Principe e dintorni, insieme ai parroci della<br />

zona, un manifesto dell’impegno contro <strong>il</strong> sistema<br />

criminale. Si legge tra l’altro: «Le nostre<br />

Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di<br />

indicazioni articolate per impostare coraggiosi<br />

piani pastorali, aderenti alla nuova realtà;<br />

ai preti nostri pastori e confratelli<br />

chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed<br />

in tutte quelle occasioni in cui si richiede una<br />

testimonianza coraggiosa».<br />

Per tutti è un esempio di sacerdote che ha<br />

dato la vita per la sua gente, da imitare, da ricordare<br />

e, perché no, da santificare.

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