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viaggio interiore nell'Osho Inipi Circle - la psicologia dello zorba

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INDICE<br />

PRIMO CAPITOLO: IL MIO INCONTRO CON L’O.I.C. ………………………………….……….. pag. 1<br />

SECONDO CAPITOLO: LA STRUTTURA DELL’O.I.C. …………………………………………….. pag. 6<br />

1. Rosa dei Varchi …………………………………………………………………………………….…..…… pag.6<br />

2. I gruppi ………………………….…………………………………………………………………….……….. pag. 9<br />

3. I temi fondamentali: le separazioni e le paure ……………………………………………… pag. 12<br />

4. Lo Staff………………………………………………………….……………………………………………… pag. 12<br />

TERZO CAPITOLO: LA NASCITA DELLA OSHO CIRCLE SCHOOL E<br />

LE MIE SEPARAZIONI FONDAMENTALI……………………..…….…...…………………………. pag. 13<br />

QUARTO CAPITOLO:<br />

LE TRE SEPARAZIONI E LA NASCITA DELLA SCUOLA INTERIORE …………..……………. pag. 19<br />

1. L’associazione Scuo<strong>la</strong> Interiore…………………………………………………………………….. pag. 20<br />

2. Le 3 separazioni e paure nel mondo infantile e adolescenziale……………………….pag. 22<br />

Separazione dal pianeta ……………………………………………………………………………………pag. 23<br />

Separazione dall’altro ……………………………………………….……………………………………… pag. 29<br />

Separazione da se stessi ……………………………………………………………………………….. ….pag. 34<br />

QUINTO CAPITOLO:LA SUMMA DEL LAVORO SULLE 3 SEPARAZIONI E PAURE:<br />

IL FILM “RISVEGLIO”: ( Vedi Allegato)<br />

CONCLUSIONI ………………………………………………………………………………………………….. pag. 38<br />

RINGRAZIAMENTI……………………………………………………………………………………………….pag. 39<br />

NOTE ……………………………………………………………………………………………………………….. pag. 40<br />

2


PRIMO CAPITOLO: IL MIO INCONTRO CON L’O.I.C.<br />

Il mio incontro con l’O.I.C. è avvenuto nel 1998. Avevo 25 anni ed ero una ragazza con<br />

tanta voglia di vivere, ma con tante vergogne legate al mio corpo e con una scarsa<br />

fiducia in me stessa. Mi ero da poco <strong>la</strong>ureata in lettere, e quello fu uno degli anni più<br />

difficili del<strong>la</strong> mia vita. Ero confusa, non sapevo cosa fare del mio futuro, sentivo che<br />

avevo bisogno di qualcosa di più profondo per me stessa che non <strong>la</strong> mera conoscenza<br />

di libri e nozioni. Avvenne così, per caso, che arrivai a fare il mio primo gruppo con<br />

l’O.I.C., anche se successivamente avrei scoperto che il caso non esiste e che siamo noi<br />

stessi artefici del nostro stesso destino. La prima sessione fu sconvolgente. Era un<br />

rituale sciamanico, dove ognuno dei partecipanti, bendato, in una stanza buia, veniva<br />

riportato al suo stato animale facendolo entrare in una specie di Trance. Ero<br />

spaventata e mi muovevo nell’ignoto a quattro zampe come un cucciolo spaventato e<br />

terrorizzato. Arshad (1) che ci guidava nel<strong>la</strong> trance con <strong>la</strong> sua voce potente e profonda,<br />

ci invitò a cercare nel<strong>la</strong> stanza degli oggetti sciamanici. Io li cercavo, ma ero talmente<br />

spaventata che facevo fatica a muovermi. Poi all’improvviso una donna, <strong>la</strong> riconobbi<br />

dal profumo, mi si avvicinò e cominciò a toccarmi le mani, in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> sinistra. A<br />

quel punto <strong>la</strong> mia paura si trasformò in dolore.<br />

Sono nata con una malformazione al<strong>la</strong> mano sinistra e al piede destro perché mentre<br />

ero nel<strong>la</strong> pancia di mia madre, si sono formate delle briglie amniotiche che ne hanno<br />

impedito <strong>la</strong> crescita di alcune dita. A causa di questo ho trascorso un’infanzia e<br />

un’adolescenza un po’ travagliate. Ho subito otto interventi che senza dubbio hanno<br />

contribuito a rendermi piena di vergogne e di paure nel mostrare queste mie parti agli<br />

altri. Era <strong>la</strong> prima volta quindi che qualcuno, all’infuori dei miei familiari e del mio<br />

ragazzo di quel tempo, toccava <strong>la</strong> mia mano. Era solo “mia” ed era un segreto che non<br />

avevo intenzione di sve<strong>la</strong>re a nessuno. Mi sentii all’improvviso così so<strong>la</strong> e vulnerabile<br />

che scoppiai in un pianto talmente forte e intenso che mi sembrò quasi di morire per il<br />

dolore e per <strong>la</strong> vergogna che provavo. La donna guidò <strong>la</strong> mia mano fino ad un oggetto.<br />

Sembrava una carta ma non capivo ancora bene di cosa si trattava e non mi importava<br />

poi molto, presa com’ero da tutto il tornado di emozioni che mi aveva invaso. Poi pian<br />

piano percepii una fievole luce e <strong>la</strong> donna si staccò da me. Arshad ci guidò ancora nel<br />

<strong>viaggio</strong> e ci invitò a non <strong>la</strong>sciare l’oggetto che avevamo trovato. Quando ci disse di<br />

toglierci <strong>la</strong> benda, finalmente lo vidi: era una carta dei tarocchi e sotto c’era scritto:<br />

“Un’apertura”. Pensai che fosse perfetta per me, dovevo aprirmi agli altri… Il mio<br />

condizionamento però su questa paura era talmente grande che subito <strong>la</strong> mia mente<br />

mi sussurrò: tanto era buio, nessuno ti ha vista, nessuno se n’è accorto, tranne quel<strong>la</strong><br />

donna, che poi capii che altro non era che <strong>la</strong> mia amica Nishkami, <strong>la</strong> quale conosceva<br />

bene tutta <strong>la</strong> mia storia e dunque non c’era di che preoccuparsi.<br />

Il giorno successivo il gruppo si divise: il cerchio degli uomini e il cerchio delle donne.<br />

Tra donne ci si capisce al volo, si entra subito in uno spazio di familiarità e intimità che<br />

fa crol<strong>la</strong>re tutti i tuoi dubbi e le tue paure. A poco a poco ognuna si aprì all’altra e parlò<br />

di sé rive<strong>la</strong>ndo i sentimenti e le difficoltà che le impedivano di gioire appieno del<strong>la</strong> vita.<br />

Poi facemmo un “Cerchio di guarigione”. A turno ognuna di noi andava al centro del<br />

cerchio e si stendeva a occhi chiusi, e tutte le altre, ponendo le mani sul corpo, le<br />

donavano amore.<br />

3


Quando fu il mio turno all’inizio mi sentii ri<strong>la</strong>ssata, quel cerchio mi sembrava familiare,<br />

mi sentivo quasi a casa… poi tutto ad un tratto una donna mi tolse i calzini e iniziò a<br />

massaggiarmi il piede. Se il giorno prima avevo provato vergogna nel farmi toccare al<br />

buio <strong>la</strong> mano da un’amica, in quel momento avrei voluto davvero scomparire. Una<br />

mano <strong>la</strong> puoi nascondere fino ad un certo punto, magari <strong>la</strong> metti in tasca, com’ero<br />

solita fare, ma capitava a volte che qualcuno se ne accorgesse. Il mio piede invece no,<br />

era in assoluto <strong>la</strong> parte del corpo che per fortuna avevo potuto sempre nascondere<br />

bene, senza inventarmi alcuna postura o trovargli alcun nascondiglio. In quel momento<br />

odiai quel<strong>la</strong> donna che mi aveva fatto uscire allo scoperto, che si era addentrata nei<br />

meandri del mio più intimo e doloroso segreto e lo aveva portato al<strong>la</strong> luce come fosse<br />

<strong>la</strong> cosa più naturale di questo mondo. La mia mente fu percossa da tuoni di domande e<br />

di paure e avevo <strong>la</strong> sensazione di essere nuda di fronte al mondo intero che mi<br />

scrutava e mi giudicava. Di nuovo un dolore immenso, più grande di quello del<strong>la</strong> sera<br />

precedente, mi trapassò tutta e di nuovo scoppiai in <strong>la</strong>crime, come una picco<strong>la</strong><br />

bambina disperata e impotente costretta a “subire” <strong>la</strong> cura e l’amore delle sue sorelle.<br />

Quel<strong>la</strong> cura e quell’amore però a poco a poco mi calmarono e sciolsero il mio dolore<br />

nel<strong>la</strong> comprensione di non essere più so<strong>la</strong>.<br />

Forse avevo trovato persone speciali. Persone che aspettavo senza sapere di aspettare.<br />

Persone che qualche mese più tardi sarebbero divenute “<strong>la</strong> mia famiglia dell’anima”.<br />

Mostrare il mio corpo agli altri era <strong>la</strong> mia paura più grande, temevo che mi potessero<br />

giudicare come “incompleta”, o meglio “ imperfetta”. Per tutta <strong>la</strong> mia adolescenza a<br />

causa di questo difetto fisico mi ero sempre sentita un po’ come il brutto anatroccolo,<br />

tutti gli altri intorno a me erano perfetti, erano bianchi, mentre io ero l’unica diversa,<br />

io ero grigia.<br />

Il primo <strong>Inipi</strong> che feci in quel gruppo fu come tornare a casa. Nell’utero di madre terra<br />

mi sentii al sicuro, protetta… L’<strong>Inipi</strong>, ci spiegò Arshad, è un atto d’amore. Lo si fa per sé<br />

ma lo si fa anche per il pianeta. Per troppi secoli, infatti, <strong>la</strong> terra è stato sfruttata<br />

dall’uomo, inconsapevole del fatto che” lei è nostra madre e noi siamo i suoi figli”.<br />

Questo concetto potrebbe sembrare un luogo comune o uno slogan per le associazioni<br />

ambientaliste, ma se si sperimenta questo potente rituale, allora accade che quel<br />

concetto diviene esperienza reale, vera, perché vissuta. Solo così è possibile sentirlo<br />

davvero. <strong>Inipi</strong> significa “nascere ancora”, perché è una purificazione del corpo e una<br />

rinascita del tuo sé più profondo, più vero. In questo potente rituale sentii per <strong>la</strong> prima<br />

volta <strong>la</strong> forza e <strong>la</strong> potenza del cerchio. Erano tutti miei fratelli e sorelle ed è stato grazie<br />

a loro che ho compreso come andare oltre <strong>la</strong> mia mente che mi diceva che ero<br />

completamente pazza a stare lì, al buio, nuda insieme a loro ad intonare canti Lakota e<br />

<strong>la</strong>sciarmi penetrare dal vapore, il respiro di Wakantanka. La fratel<strong>la</strong>nza del cerchio,<br />

sentirmi uno con loro e con madre terra, aveva risvegliato in me <strong>la</strong> fiducia di poter<br />

rinascere a vita nuova…<br />

Dopo quel gruppo qualcosa dentro di me era cambiato, c’era stata un’apertura. Per <strong>la</strong><br />

prima volta avevo contattato un’altra parte di me, una parte antica e sconosciuta fino<br />

a quel momento. Una parte che, anche se per poco tempo, aveva abbandonato le sue<br />

paure e le sue vergogne e aveva saputo accogliere l’amore dell’altro e dell’esistenza. Il<br />

giorno del<strong>la</strong> partenza fu straziante, piangevamo tutti per <strong>la</strong> commozione e <strong>la</strong><br />

gratitudine che provavamo e non riuscivamo a separarci.<br />

4


Era nato un cerchio di amici, un cerchio di giovani anime che si erano messe a nudo e si<br />

erano amate nel<strong>la</strong> sincerità e verità del cuore. Questa separazione fisica dolorosa,<br />

dovuta al profondo amore che ci legava e al comune intento di ricerca <strong>interiore</strong>,<br />

sarebbe stata sempre una costante in tutti i gruppi di Arshad e si sarebbe trasformata<br />

in un fuoco impetuoso che ci avrebbe spinto, due anni più tardi, a fondare una<br />

comune.<br />

Cerchio dell’Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong> a Campo Imperatore, 1999<br />

Il punto di svolta per <strong>la</strong> mia vita però fu il gruppo di capodanno 1999 all’Osho’s Dream.<br />

Mi ero innamorata di questo <strong>la</strong>voro, amavo il cerchio e amavo l’inipi, ma, riguardo ad<br />

Osho, avevo ancora tanti dubbi e perplessità. Un Maestro però non lo scegli, è lui che<br />

sceglie te, e in quel gruppo cominciai ad avvertire <strong>la</strong> sua presenza, il suo richiamo.<br />

Durante le sessioni di quel gruppo mi ritrovavo spesso in <strong>la</strong>crime, sentivo il suo amore,<br />

<strong>la</strong> sua fragranza, l’enorme contributo che ha <strong>la</strong>sciato a questa umanità. Come tutti i più<br />

grandi maestri è stato perseguitato e avvelenato, semplicemente perché ha sve<strong>la</strong>to al<br />

mondo intero <strong>la</strong> verità, e ha portato l’uomo a comprendere che egli è nato libero, ma<br />

<strong>la</strong> società, <strong>la</strong> politica e le religioni, hanno inquinato <strong>la</strong> sua natura più profonda e più<br />

vera. Ogni cellu<strong>la</strong> del mio corpo vibrava con lui e in quel momento capii che <strong>la</strong> mia<br />

anima era pronta sin dal<strong>la</strong> nascita a questo incontro, ma <strong>la</strong> mia mente no.<br />

La mente analizza, giudica, teme, è pronta sempre a vedere le situazioni come nere o<br />

bianche, giuste o sbagliate, e prendere il Sannyas era sbagliato.<br />

Significava abbandonare tutte le certezze, tutti i condizionamenti, ai quali <strong>la</strong> mia mente<br />

si aggrappava con tutte le sue forze, pur di rimanere <strong>la</strong> protagonista incontrastata del<strong>la</strong><br />

mia vita. La mente non può comprendere <strong>la</strong> funzione di un maestro. Il tuo ego ti dirà<br />

sempre che non ne hai bisogno. Di un maestro puoi solo innamorarti e quando questo<br />

accade tutta <strong>la</strong> tua vita viene trasformata.<br />

E’ come quando ci si innamora di qualcuno, <strong>la</strong> mente cede il posto al cuore e si ritorna<br />

a sentire <strong>la</strong> vita nel<strong>la</strong> pienezza, nel<strong>la</strong> gioia, nel<strong>la</strong> totalità.<br />

Quando cominciai ad avvertire questo amore che cresceva dentro di me, <strong>la</strong> mia<br />

resistenza a lui divenne ancora più forte. Durante quel gruppo si verificò un fenomeno<br />

straordinario che sarebbe poi stata una costante in tutti gli altri gruppi dell’ l’O.I.C.. Di<br />

5


continuo c’erano persone che dichiaravano al cerchio <strong>la</strong> loro volontà di prendere il<br />

Sannyas. Credo che questo accadesse anche per il fatto che Arshad, che significa<br />

adorato discepolo, ha un amore grandissimo per questo maestro e riesce a<br />

trasmetterlo al di là del corpo e delle parole. Ho avuto <strong>la</strong> fortuna di conoscere terapisti,<br />

insegnanti e amici che avevano incontrato il maestro di persona, ma è Arshad che più<br />

di tutti è riuscito a trasmettermi questo amore, nonostante non lo abbia mai<br />

incontrato. Un maestro è al di là del corpo e al di là del<strong>la</strong> mente. Fu proprio questo che<br />

sentii profondamente in questo gruppo, e in partico<strong>la</strong>re dentro l’<strong>Inipi</strong>. Sentii <strong>la</strong> sua<br />

presenza, il suo amore così forte e così travolgente che non potei far altro che<br />

abbandonarmi a lui. Quando tutti uscirono dall’<strong>Inipi</strong> io rimasi ancora dentro e<br />

cominciai a par<strong>la</strong>re con lui come fosse veramente lì, presente che mi ascoltava. Gli dissi<br />

i miei dubbi, le mie paure e che non ero pronta a mostrarmi agli altri per com’ero<br />

veramente perché avevo paura dei loro giudizi. Gli raccontai del mio dolore di bambina<br />

e di donna che cresceva in me e tra le <strong>la</strong>crime mi <strong>la</strong>sciai andare, sfinita da tutte quelle<br />

parole e da tutti quei limiti che mi impedivano di essere me stessa. Al<strong>la</strong> fine dissi solo “<br />

Si”. Un semplice “si” che mi sembrò di aver tenuto segregato dentro di me per tutta <strong>la</strong><br />

vita, un “si” contro cui avevo lottato con tutte le mie forze e che all’improvviso risalì<br />

dalle profondità del mio essere con <strong>la</strong> dirompenza di un fiume in piena al quale viene<br />

tolta <strong>la</strong> diga. A quel punto sentii il mio maestro con tutta me stessa. Mi sentii inondata<br />

dal fiume impetuoso del suo amore. Mi sentii amata come nessun altro essere aveva<br />

saputo e mai saprà amarmi. Compresi che dire si a lui significava dire “si” a se stessi,<br />

all’esistenza, al<strong>la</strong> vita, all’amore, al<strong>la</strong> consapevolezza. Non ero più separata, ero uno<br />

con lui e con il tutto. Quando uscii dall’<strong>Inipi</strong> mi sedetti davanti al fuoco sacro. Misi le<br />

mie mani a terra e per <strong>la</strong> prima volta in tutta <strong>la</strong> mia vita sentii che <strong>la</strong> mia mano sinistra<br />

era una cosa so<strong>la</strong> con madre terra. Piansi <strong>la</strong>crime di gioia e gratitudine per il mio corpo:<br />

per <strong>la</strong> prima volta mi sembrò perfetto com’era. A contatto con <strong>la</strong> Madre vidi mia<br />

madre, quando era incinta di me, e sentii tutta <strong>la</strong> sua meraviglia nel custodire in<br />

grembo <strong>la</strong> sua bambina. E poi vidi me, “<strong>la</strong> mia vera me”. Colei che si era incarnata in<br />

quel corpo con <strong>la</strong> consapevolezza di ciò che questo avrebbe comportato e con <strong>la</strong> gioia<br />

di accettarlo, perché ciò le avrebbe fatto comprendere delle verità che in nessun altro<br />

modo e in nessun’altra forma avrebbe potuto comprendere. Queste verità sarebbero<br />

poi state, a distanza di qualche anno, <strong>la</strong> base di quel <strong>la</strong>voro a cui avrei dato vita, per<br />

aiutare bambini e ragazzi di differenti età ad andare oltre le proprie vergogne e le<br />

proprie paure e a credere nelle proprie potenzialità.<br />

Per <strong>la</strong> prima volta avevo quindi amato e accettato il mio corpo in tutta <strong>la</strong> sua bellezza.<br />

Il brutto anatroccolo si era accorto che era diventato un Cigno.<br />

Non aveva mai neppure immaginato che poteva essere tale. Non poteva saperlo, era<br />

cresciuto tra le anatre.<br />

Sono stati il mio Maestro, <strong>la</strong> mia famiglia dell’anima, il <strong>la</strong>voro con L’O.I.C. e il mio amico<br />

e insegnante Arshad che mi hanno aiutato a riconoscere questa verità e da quel<br />

momento è rimasta in me per sempre. Non voglio dire che le mie vergogne sono<br />

scomparse, non c’è una bacchetta magica che ti libera per sempre dai limiti che imponi<br />

al<strong>la</strong> tua vita, ma c’è uno squarcio di consapevolezza che può aiutarti a vedere le cose in<br />

modo diverso. Sono sempre io, con le mie vergogne e le mie paure, ma è cambiata <strong>la</strong><br />

mia consapevolezza, il mio modo di vederle e a volte anche di non prenderle troppo<br />

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seriamente. Sono solo vergogne, e come tutte le emozioni passano, a volte anche<br />

ridendoci su’ e dicendo a me stessa: “Ah eccoti di nuovo… Benvenuta vergogna, sei<br />

tornata a farmi visita anche oggi eh…”<br />

Da quel gruppo iniziò quindi il mio cammino di ricerca <strong>interiore</strong> e così cominciai,<br />

insieme ad altri, a seguire Arshad in tutti i suoi gruppi, dal nord al sud Italia e, più<br />

gruppi facevamo, più l’amore che avevamo gli uni verso gli altri cresceva e con esso<br />

anche <strong>la</strong> consapevolezza di noi stessi. Nel 1999 entrai a far parte <strong>dello</strong> staff dell’O.I.C.,<br />

che divenne uno strumento fondamentale del <strong>la</strong>voro di Arshad. E’stato uno dei regali<br />

più belli di tutta <strong>la</strong> mia vita perché mi ha formata dal punto di vista umano e<br />

professionale e mi ha tramesso delle conoscenze per poter <strong>la</strong>vorare non solo su di me<br />

ma anche con altri.<br />

Osho<br />

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SECONDO CAPITOLO: LA STRUTTURA DELL’O.I.C.<br />

1. LA ROSA DEI VARCHI<br />

Tutti i gruppi dell’O.I.C. sono distribuiti in partico<strong>la</strong>ri periodi dell’anno. Questi<br />

momenti, in cui sono disponibili determinate energie per il pianeta, sono otto e sono<br />

chiamati Varchi: Il varco dell’Equinozio d’autunno, il varco di Samahin, il varco del<br />

Solstizio d’inverno, il varco di Lupercalia, il varco dell’Equinozio di primavera, il Varco di<br />

Pasqua, il varco del Solstizio d’estate e il varco del sole.<br />

“Tutti gli eventi si ripetono in un certo ordine. Se l’arrivo del divino è successo in un partico<strong>la</strong>re<br />

momento, in un certo giorno in un certo mese, il prossimo anno nello stesso momento ti puoi aspettare<br />

che accada ancora. Il momento è diventato potente, e in quel momento l’energia divina può fluire<br />

ancora.” Osho, “Hidden Mysteries”, cap. 2, 6 jun 1971<br />

“La Rosa dei Varchi, e<strong>la</strong>borata dall’Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong>, è un’interpretazione grafica e simbolica di alcuni<br />

momenti di partico<strong>la</strong>re sincronia vibrazionale di questo emisfero, definiti appunto Varchi. Si tratta di<br />

date sacre ed importanti per tutte le culture del pianeta. E’ in re<strong>la</strong>zione ad ognuno di questi periodi che<br />

vengono associate le tematiche che si svolgono in ogni gruppo.<br />

Rosa dei Varchi<br />

E<strong>la</strong>borazione: Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong><br />

Grafica: Akash Marco Misani<br />

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La Rosa dei Varchi è una rappresentazione del ciclo del<strong>la</strong> natura e del ciclo <strong>interiore</strong> del<strong>la</strong> nostra energia,<br />

che si collega a diversi calendari, sistemi astronomici ed astrologici, al Sole e al<strong>la</strong> Luna, all’universo del<br />

colore. E’ il riappropriarsi di antiche scienze e conoscenze provenienti da differenti tradizioni ponendole<br />

al servizio di un uomo contemporaneo, sia scientifico che spirituale”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto dal “programma dell’O.C.S. 2006”.<br />

I varchi quindi non sono da considerarsi come periodi che fanno riferimento a un<br />

evento storico, religioso o festivo quanto piuttosto a un fenomeno cosmico.<br />

“Un fenomeno cosmico che comprende principalmente il nostro pianeta terra in cui sono coinvolti il<br />

nostro pianeta Terra, il suo satellite Luna e <strong>la</strong> stel<strong>la</strong> principale del sistema, il Sole. Tra i tre corpi celesti,<br />

sembra che l’unico che ospiti forme di vita saia il nostro, <strong>la</strong> Terra; qui abbiamo animali, minerali, vegetali<br />

in grande quantità e dinamico equilibrio, tutti composti degli stessi elementi che compongono il resto<br />

dell’universo, aggregati in forme tali da creare vaste biodiversità. E’ dunque tutt’altro che azzardato<br />

ipotizzare che posizioni, energie ed eventi di carattere cosmico siano re<strong>la</strong>tivi anche a tutte queste<br />

creature. Anzi, i progressi scientifici continuano ad avvalorare questa interdipendenza assoluta<br />

universale già patrimonio di ogni mistico. La fitta rete di connessione che lega il tutto vibra dunque in<br />

ogni istante, ed in partico<strong>la</strong>re quando energie diverse si armonizzano su alcune frequenze; è questo il<br />

caso di alcuni momenti del ciclo terrestre che da sempre l’uomo, in ogni cultura ed area del pianeta, ha<br />

reso sacri, celebrandoli. “<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da” 2005 il varco di Pasqua nell’equinozio di primavera ”.<br />

I varchi e i re<strong>la</strong>tivi gruppi a cui ho partecipato hanno tutti una loro bellezza e una loro<br />

unicità e <strong>la</strong> cosa più interessante è che ognuno di essi, pur mantenendo i contenuti<br />

essenziali che sono propri di quel varco, non è mai uguale all’altro. Il varco che in<br />

questi anni mi ha toccato più in profondità è stato senza dubbio quello di Pasqua. E’ il<br />

varco del<strong>la</strong> rinascita <strong>interiore</strong>, del<strong>la</strong> resurrezione e a esso sono corre<strong>la</strong>te anche tutte le<br />

informazioni e i rituali sugli Esseni e sul Cristo. Il primo di questi gruppi a cui ho<br />

partecipato è stato nel 1999 all’Osho’s Dream, ed è stato anche il momento in cui c’è<br />

stata <strong>la</strong> celebrazione del mio Sannyas con l’O.I.C e Arshad. E’ stato un vero e proprio<br />

rituale di passaggio, un momento che rimarrà dentro di me per sempre, perché fu<br />

allora che rinacque il mio spirito, <strong>la</strong> parte più profonda di me. Sono sempre stata<br />

affascinata dal<strong>la</strong> figura di Cristo, che oggi considero come uno dei maestri più<br />

importanti del<strong>la</strong> mia vita. Prima di incontrare l’O.I.C però, avevo attraversato un<br />

periodo di profonda reazione verso tutto quello che lui rappresentava, in primis <strong>la</strong><br />

chiesa e tutti i suoi dogmi e credenze che offuscandone <strong>la</strong> figura, mi avevano portato a<br />

rinnegare quasi completamente <strong>la</strong> figura di questo grande maestro. Attraverso le<br />

C<strong>la</strong>sses e le sessioni proposte da Arshad, ho avuto modo di riavvicinarmi a Cristo e di<br />

comprendere che i condizionamenti cattolici rappresentavano quasi tutto il mio<br />

sistema di credenze e mi ce<strong>la</strong>vano verità che <strong>la</strong> mia anima attendeva da molto tempo.<br />

Ricordo ancora come se fosse ieri lo stupore e <strong>la</strong> gioia che provai quando, nel<strong>la</strong> prima<br />

c<strong>la</strong>ss, Arshad ci par<strong>la</strong>va di Gesù, del<strong>la</strong> sua vita e ci sve<strong>la</strong>va, come per magia, tante verità<br />

che per secoli <strong>la</strong> chiesa aveva tenuto nascosto a tutti. Ebbi modo di capire attraverso i<br />

rituali esseni cos’era <strong>la</strong> comunione, il fondersi totalmente con l’altro e con il nostro<br />

spirito; il <strong>la</strong>vaggio dei piedi, atto di servizio e di amore incondizionato verso l’altro;<br />

portare sulle spalle <strong>la</strong> croce, simbolo del nostro ego e del condizionamento riguardo al<br />

peccato, e poi bruciar<strong>la</strong>. Un altro rituale che mi ha sempre toccato profondamente è<br />

stato il cerchio di luce, simbolo del<strong>la</strong> fratel<strong>la</strong>nza bianca che un tempo legava gli esseni<br />

in un rapporto di profondo amore e comunione di cuori.<br />

9


Il rituale è di per sé molto semplice ma di una forza e una potenza straordinaria. Tutti<br />

vestiti di bianco, ci si siede in cerchio, e ci si prende per mano. In questo modo, a occhi<br />

chiusi, si avverte l’unione di tutti i cuori, <strong>la</strong> separazione dall’altro scompare e si ha <strong>la</strong><br />

sensazione che siamo un unico corpo, un unico battito. Seguendo il flusso naturale<br />

dell’energia che ci attraversa le mani, le solleviamo al cielo, nostro padre, per fonderci<br />

con lui, poi al<strong>la</strong> terra, nostra madre e diventiamo uno con lei. Poi portiamo <strong>la</strong> nostra<br />

mano sinistra, sempre unita a quel<strong>la</strong> del nostro vicino, al nostro cuore: questa è <strong>la</strong><br />

fratel<strong>la</strong>nza bianca. Ognuno <strong>la</strong>scia le mani dell’altro e torna a se stesso, al proprio<br />

cuore, consapevole del fatto che siamo uno, uno con il pianeta, con le stelle e con i<br />

nostri fratelli.<br />

“ Cosa accade dunque nel momento cosmico del<strong>la</strong> Pasqua? Quali energie sono disponibili per il pianeta e<br />

in che modo possono essere poi così importanti per <strong>la</strong> spiritualità degli esseri umani?<br />

Tutti i miti che celebrano <strong>la</strong> Pasqua ci raccontano storie di Resurrezione: <strong>la</strong> rinascita che segue ad una<br />

morte apparente. E' un modo come un altro di spiegare quello che avviene in inverno e che segue <strong>la</strong><br />

primavera. Una sorta di parabo<strong>la</strong>, il cui significato va ricercato nello specchiarsi delle cose all'interno di<br />

noi stessi. Il seme, caduto in autunno, a metà di quel<strong>la</strong> stessa stagione muore (in corrispondenza dei<br />

giorni di Halloween, per intenderci), abbandonandosi al suolo, al mondo di sotto. Nell'inverno si<br />

cristallizza in questa morte apparente, una sorta di ibernazione, di gestazione nel ventre del<strong>la</strong> madre<br />

terra. A metà del<strong>la</strong> stagione invernale (durante i giorni di S. Valentino) è necessaria una scelta: amore<br />

per <strong>la</strong> vita, o paura e rimanere nel ventre. Non tutti i semi germoglieranno, solo quelli <strong>la</strong> cui scelta sarà<br />

verso l'ignoto, lo sconosciuto, che andranno cioè oltre <strong>la</strong> paura per amore.<br />

Arriva dunque <strong>la</strong> Primavera con il suo Equinozio; un'inclinazione differente dei raggi so<strong>la</strong>ri scalda iI cuore<br />

del seme, il richiamo del<strong>la</strong> vita é avvertito da tutti i viventi: è primavera.<br />

Ma non è a primavera che il seme inizierà ad aprirsi: dopo aver scelto l'amore, dopo aver udito il<br />

richiamo dell'esistere, dovrà morire per rinascere. Dovrà rompere il suo guscio, e trovare <strong>la</strong> strada verso<br />

<strong>la</strong> luce come un cieco germoglio ancora tenero. I contadini sanno bene che è <strong>la</strong> luna piena successiva al<strong>la</strong><br />

Pasqua quel<strong>la</strong> che determina un cambio sostanziale per i loro campi, cosi come per <strong>la</strong> natura tutta.<br />

Altrettanto bene sapevano i mistici che è questa stessa luna che può favorire un cambio sostanziale per i<br />

cicli di consapevolezza del<strong>la</strong> vita dell'umano.<br />

La qualità che si espande nel momento cosmico del<strong>la</strong> Pasqua è quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> fiducia: fiducia nelle rinascita<br />

del proprio spirito, nel<strong>la</strong> resurrezione in senso attuativo, presente, e non quale rimando ad una prossima<br />

vita o piano di esistenza. Lo spirito, il più alto intento <strong>interiore</strong> -­‐non è statico; necessita di essere nutrito,<br />

ravvivato, proprio come un fuoco. Non è un caso che ci si riferisca spesso al sacro fuoco <strong>dello</strong> spirito, è<br />

un'analogia calzante, come quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Resurrezione di un Cristo durante <strong>la</strong> Pasqua. Con <strong>la</strong> Primavera<br />

siamo risvegliati ad una nuova nascita: nuovi intenti e propositi si affacciano al nostro animo, sostenuti<br />

da un'energia vitalizzante. Durante <strong>la</strong> Pasqua questo processo va più in profondità, da so<strong>la</strong>re diviene<br />

lunare, ed opera nel rinnovo del nostro se' a strati più nascosti, come le nostre emozioni ed il nostro<br />

inconscio... Così come il seme, che muoverà verso <strong>la</strong> luce del sole grazie al<strong>la</strong> quale opererà <strong>la</strong> fotosintesi,<br />

e contemporaneamente verso <strong>la</strong> terra, dove mettere radici che andranno verso il buio a cercare il<br />

nutrimento dell'acqua e dei sali minerali. Se si muovesse in uno solo dei due sensi, non vivrebbe. Se non<br />

morisse, se non rompesse il suo guscio, non nascerebbe.<br />

Questo accade anche a noi; spesso abitudini, situazioni, condizionamenti, re<strong>la</strong>zioni e attitudini ci stanno<br />

addosso come un guscio, che quando <strong>la</strong> consapevolezza si espande diventa una stretta armatura che ci<br />

ingabbia. Vederlo o saperlo non sempre basta-­‐ e quel livello può infatti intervenire un giudizio su di noi<br />

stessi che ci <strong>la</strong>scia sempre dentro il guscio, se possibile ancora più scomodi.<br />

E' un'alchimia <strong>interiore</strong> quel<strong>la</strong> di cui c'è bisogno. Una trasformazione che avviene oltre il razionale, al di<br />

<strong>la</strong>' del dualismo di giusto o sbagliato, nell'interezza del nostro essere. Che comprenda !'intento<br />

dell'anima e i nostri pensieri, le emozioni e il nostro inconscio. Che sappia farci tendere verso l'alto, verso<br />

<strong>la</strong> luce, esplorando e accettando anche le nostre parti più in basso, muovendo verso ciò che ci appare<br />

buio. Una rinascita di amore e coraggio, di forza e di accettazione, per <strong>la</strong> quale occorre che ciò che è<br />

diventato un vecchia guscio venga <strong>la</strong>sciato morire, e con esso le parti di noi che vi si identificano, le<br />

attitudini che le sostengono, le situazioni che le riflettono. Una vera e propria resurrezione, un parto di<br />

se' stessi. Sebbene a noi umani, portatori di libero arbitrio, sia disponibile in qualsiasi momento una<br />

rinascita <strong>interiore</strong>, e sebbene tutta <strong>la</strong> nostra vita possa definirsi un continuo ciclo di morti e rinascite, già<br />

i nostri antenati avevano ben capito quanto fosse importante sintonizzare i propri cicli interiori con quelli<br />

del<strong>la</strong> Natura, con Madre Terra, con il Cosmo, e di quale armonico potenziale questa sintonia fosse<br />

capace. Quel<strong>la</strong> che chiamiamo Antica Religione è una Scienza esatta delle re<strong>la</strong>zioni tra l'uomo e <strong>la</strong><br />

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natura.<br />

Avendo appena aperto lo sguardo sui significati esoterici legati al<strong>la</strong> Pasqua, già <strong>la</strong> avventure dei vari<br />

Cristo, Osiride, Horus. Bacco, Tammuz, Kwenti-­‐Imentiw, Re Cervo, Cernunnos, Quetzalcoatl, Krishna,<br />

Mitra e tantissimi altri ancora -­‐non ci appaiono più come miti per genti semplici o storieIle per bambini,<br />

bensì gradualmente assumono <strong>la</strong> dignità <strong>dello</strong> sforzo di simbolizzare, al di <strong>la</strong>' del tempo, significati <strong>la</strong> cui<br />

profondità diviene difficile da esprimere ma impossibile da tacere.<br />

Tutti costoro sono morti e resuscitati nel periodo che chiamiamo Pasqua, più o meno tutti visitando gli<br />

inferi e poi ascendendo al cielo. Da Kwenti-­‐Imentiw, il più antico dì cui abbiamo traccia (civiltà pre-­‐egizie<br />

del wadi del Nilo, circa 7mi<strong>la</strong> anni fa), fino a Gesù, il più recente -­‐tutti ci raccontano <strong>la</strong> stessa storia.<br />

Nel nostro tempo l'espressione e <strong>la</strong> comprensione diventano molto più accessibili, per numero e velocità<br />

di informazioni, sicuramente, ma soprattutto perchè <strong>la</strong> nostra stessa ragione sta sondando vette e<br />

profondità che <strong>la</strong>mbiscono il mistero. Pertanto è più semplice oggi che non ieri dire che ogni cosa<br />

nell'universo è corre<strong>la</strong>ta, giacché <strong>la</strong> fisica astronomica e quantistica ci supportano, ci danno ragione:<br />

sono arrivate allo stesso punto”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da” 2005 il varco di Pasqua nell’equinozio di primavera ”.<br />

2. I gruppi<br />

A mio avviso, i gruppi dell’O.I.C sono degli strumenti di comprensione e di conoscenza<br />

del nostro sé fortemente attuali e innovativi. Si possono sperimentare varie<br />

metodologie che vanno dal sacro al profano, dallo Zorba al Buddha e che<br />

comprendono: Meditazioni, c<strong>la</strong>ss, sessioni, inipi, cerchio, rituali, espressioni artistiche<br />

che portano al<strong>la</strong> creazione di coreografie o spettacoli sempre con <strong>la</strong> costante e gioiosa<br />

presenza <strong>dello</strong> Staff. Tutti i gruppi si fondano sul<strong>la</strong> visione di Osho e sul<strong>la</strong> meditazione.<br />

Le tecniche che vengono proposte variano a seconda del <strong>la</strong>voro e del Varco in cui si<br />

svolgono i gruppi e le più ricorrenti sono quelle che Osho consigliò di tenere tutti i<br />

giorni nelle sue comuni, cioè <strong>la</strong> Dinamica, <strong>la</strong> Kundalini e <strong>la</strong> Withe Robe.<br />

Osho ha rega<strong>la</strong>to all’umanità moltissime tecniche di meditazioni tutte volte a far sì che<br />

l’uomo potesse sperimentare lo stato del<strong>la</strong> non-­‐mente, cioè il silenzio dei pensieri che<br />

sono in costante movimento. Più volte ha par<strong>la</strong>to del<strong>la</strong> sua via come <strong>la</strong> via delle nuvole<br />

bianche. I pensieri sono come nuvole, vanno e vengono di continuo, ma quello che<br />

rimane sempre è il cielo, il testimone, che le osserva scorrere senza alcun giudizio e<br />

senza alcuna identificazione con esse. Questo stato di non-­‐mente è meditazione, è ciò<br />

che i mistici orientali chiamano Dhyana.<br />

“La domanda di come far comprendere e, soprattutto, sperimentare dhyana, se <strong>la</strong> sono posta un po' tutti<br />

gli llluminati, i Maestri che sono comparsi sino ad ora. Ed è per questo che invece di starsene<br />

comodamente seduti sotto un albero a godersi l’estasi dell' esistenza si sano arrovel<strong>la</strong>ti a creare<br />

centinaia di espedienti. Questi espedienti si chiamano tecniche, meditazioni, o vengono indicati con altri<br />

nomi. Alcuni sono adatti a noi, cioè all'uomo attuale, con il suo incredibile bagaglio di informazioni e con<br />

un'attività mentale irrefrenata, altri invece non lo sono, poiché escogitati per altri tipi di culture, di ere.<br />

Se non abbiamo mai <strong>la</strong>vorato su noi stessi, non ci gioverà molto salire sul<strong>la</strong> cima di un monte per sedere<br />

a gambe incrociate; ci porteremmo inevitabilmente dietro tutti i nostri pensieri, affanni, ansie e nevrosi<br />

cui siamo solitamente abituati. In realtà occorrono delle tecniche studiate per avere a che fare con esseri<br />

umani mentalmente molto evoluti, ma altrettanto repressi nelle emozioni, bombardati nell'inconscio,<br />

lontani dal proprio centro. Tecniche che possono anche essere dinamiche, catartiche, con lo scopo di<br />

liberare e ripulire i canali dove <strong>la</strong> nostra energia vitale fluisce. Ma <strong>la</strong> tecnica non è <strong>la</strong> meditazione, ovvero<br />

non è Dhyana. E' un mezzo per arrivarci, questo si. Proprio come <strong>la</strong> storia Zen del dito che indica <strong>la</strong> Luna:<br />

se ti fermi al dito, perdi <strong>la</strong> Luna. Vale <strong>la</strong> pena di provare, di sperimentare <strong>la</strong> non-­‐mente, intraprendere <strong>la</strong><br />

ricerca. E' tempo di passare dal "cogito ergo sum" ad "amo ergo sum", “sento ergo sum", “sum ergo<br />

sum", e infine “non sum, ergo sum"!<br />

Sarebbe ora di creare un po' di equilibrio tra i nostri due emisferi, siano questi quelli p<strong>la</strong>netari, quelli<br />

cerebrali o quelli sessuali, gli uni specchi degli altri. E questo genere di equilibrio è soggettivo: nel senso<br />

che è responsabilità di ognuno di noi, per se stesso e per gli altri. Non basteranno le leggi di mercato a<br />

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cambiare Il mondo in cui viviamo, giacchè questo é fatto (anche) di esseri umani; riconoscere <strong>la</strong><br />

responsabilità personale del<strong>la</strong> crescita significa diventare liberi di crescere, smettendo di imputare ad<br />

altro o altri i nostri disagi o future liberazioni.<br />

E' come se a diciotto anni ti rega<strong>la</strong>ssero un'auto, ma tu non hai mai guidato in vita tua; potrai cambiare<br />

marca e mo<strong>dello</strong>, ma se non inizi ad imparare con l'esperienza personale, farai felice soltanto il tuo<br />

carrozziere”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da “La meditazione, questa sconosciuta”articolo apparso nel 1997 su due<br />

magazine nazionali.<br />

Tra le varie meditazioni dell’O.I.C., molto importante è <strong>la</strong> Work Meditation, una tecnica<br />

che consiste nel portare consapevolezza, cura e amore nei <strong>la</strong>vori che quotidianamente<br />

vengono svolti all’interno del<strong>la</strong> casa o del luogo che ospita il gruppo. Insieme si fanno<br />

<strong>la</strong>vori che vanno dai piatti, al<strong>la</strong> pulizia delle sale, al<strong>la</strong> cucina. Chiudere gli occhi e<br />

meditare tranquilli in una sa<strong>la</strong> è una cosa, ma rimanere centrati, consapevoli e ri<strong>la</strong>ssati<br />

sul luogo di <strong>la</strong>voro, magari anche con diverse persone, è un’altra. Quando nei primi<br />

gruppi dell’O.I.C sperimentavo questa tecnica, spesso affioravano in me molte<br />

resistenze. Pagare per <strong>la</strong>vorare? Che senso ha? Poi pian piano, cominciando a<br />

sperimentare sempre più tecniche di meditazione, ho avuto modo di apprezzarne il<br />

valore e di riportare a volte, queste comprensioni, anche nel mio <strong>la</strong>voro. Penso che<br />

questa sia una delle tecniche che ci può fornire una chiave molto importante. Dopo<br />

aver sperimento <strong>la</strong> meditazione infatti, questa va portata nel quotidiano, nel<strong>la</strong> nostra<br />

vita ordinaria per permetterle di divenire straordinaria. Questo è il senso del<strong>la</strong> Work<br />

Meditation.<br />

Insieme alle meditazioni ci sono poi le sessioni, veri e propri momenti di<br />

socializzazione, interre<strong>la</strong>zione, e condivisione, e ottimi strumenti per <strong>la</strong> conoscenza del<br />

proprio mondo <strong>interiore</strong>.<br />

“Alle meditazioni di Osho e alle diverse sessioni si aggiungono delle c<strong>la</strong>ss multimediali, spesso con<br />

proiezioni dal computer sul grande schermo. Queste forniscono informazioni di deprogrammazione<br />

molto preziose, in maniera scorrevole ed interessante. Vengono rivisti aspetti storici, artistici, culturali,<br />

esoterici, simbolici che formano il nostro believe-­‐system, e questo ne viene colpito, in un contesto di<br />

ricerca che crea un impatto <strong>interiore</strong> fortissimo...<br />

Partico<strong>la</strong>re attenzione è dedicata al<strong>la</strong> musica, sempre di elevata qualità. Si danza e ci si diverte molto, a<br />

volte con show, espressioni creative, o condividendo l’esperienza del cerchio in momenti di re<strong>la</strong>x e <strong>la</strong>voro.<br />

Frequentemente si trattano argomenti, si usano energie o rituali che appartengono ad antiche e diverse<br />

tradizioni mistiche, operando una sintesi capace di ricollocare conoscenze e credenze. Daremo valore e<br />

dignità originaria a scienze esoteriche e tradizioni relegate nell’oscuro del<strong>la</strong> coscienza da secoli di violenti<br />

fondamentalismi, rinnovando <strong>la</strong> nostra naturale vitalità pagana ed al<strong>la</strong>rgando i nostri orizzonti culturali,<br />

scientifici, storici, e sociali vedendoli da prospettive finalmente diverse”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto dal “programma dell’O.C.S. 2006”.<br />

L’<strong>Inipi</strong>, altro fondamentale strumento dell’ O.I.C., è un rituale molto bello, sacro e<br />

profondo che porta ad una vera rinascita e ad una rigenerazione dell’energia fisica,<br />

mentale, emozionale e spirituale. E’ chiamato anche Sweat Lodge, o capanna<br />

sudatoria, e deriva dal<strong>la</strong> tradizione Lakota. L’inipi è il grembo di Madre Terra dove<br />

rientriamo per riconnetterci con lei e con gli altri fratelli. Al suo interno vengono<br />

portate pietre incandescenti, le sacre Tunka e sopra di esse viene versata dell’acqua<br />

che produce vapore, il respiro di Wakan Tanka, il grande spirito dell’universo. In questo<br />

potente rituale alchemico si entra in contatto con madre terra, con i quattro elementi,<br />

con le quattro direzioni e con tutti gli esseri visibili e non visibili. M i i<br />

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E’ un potente rituale che ci permette di guarire le nostre separazioni più profonde, in<br />

partico<strong>la</strong>r modo <strong>la</strong> separazione che da secoli abbiamo con l’ambiente, con <strong>la</strong> natura e<br />

con il pianeta terra.<br />

<strong>Inipi</strong>, Sweat Lodge, Osho’s Dream, 1998<br />

“La Terra è stata ma<strong>la</strong>mente violentata ovunque, e qualcosa deve essere fatto urgentemente, perchè <strong>la</strong><br />

terra sta morendo.”<br />

Osho, “The Last Testament”, vol. 2, cap. 10, 30 aug 1985<br />

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3. I temi fondamentali: le separazioni e le paure<br />

I temi portanti dell’O.I.C sono quelli re<strong>la</strong>tivi alle separazioni e paure.<br />

“Osho ha individuato tre paure fondamentali che sono comuni a tutti gli esseri umani. Sono <strong>la</strong> paura<br />

del<strong>la</strong> pazzia, quel<strong>la</strong> dell’orgasmo o estasi, e del<strong>la</strong> morte.<br />

A queste tre paure Arshad ha connesso tre corrispondenti separazioni, altrettanto fondamentali e<br />

comuni: <strong>la</strong> separazione dall’ambiente/natura, quel<strong>la</strong> dagli altri e quel<strong>la</strong> da noi stessi.<br />

Attraverso i processi di ciascun gruppo, le meditazioni e l’approfondimento del<strong>la</strong> visione di Osho, paure e<br />

separazioni sono portate al<strong>la</strong> consapevolezza per essere sciolte dall’accettazione del cuore.<br />

Si facilita <strong>la</strong> scoperta dei modi in cui limitiamo <strong>la</strong> nostra espansione, aprendoci al<strong>la</strong> fiducia del let-­‐go,<br />

<strong>la</strong>sciar andare quegli schemi con i quali non abbiamo più bisogno di proteggerci.<br />

Il risultato è un essere umano naturale, spontaneo e vitale nel suo re<strong>la</strong>zionarsi a se’ stesso, agli altri e a<br />

questo pianeta.<br />

In un cerchio, <strong>la</strong> guarigione di uno è <strong>la</strong> guarigione di tutti.<br />

Quando incontri qualcuno, condividi te stesso, il tuo cuore e <strong>la</strong> tua anima.<br />

La fiducia di chi si apre, apre anche il tuo cuore, e <strong>la</strong> forza <strong>dello</strong> stare in verità tra esseri umani risuona<br />

nel<strong>la</strong> tua anima.<br />

Nelle sessioni, nelle meditazioni, nelle emozioni, nel divertimento, riconosci il fluire di questa forza dentro<br />

e fuori di te.<br />

Con l’<strong>Inipi</strong> questa esperienza si moltiplica, e nel contatto profondo con Madre Terra, con te stesso e con<br />

gli altri, inevitabilmente ti trasforma.<br />

Osho, per riavvicinarci a noi stessi<br />

<strong>Inipi</strong>, per ricongiungerci al<strong>la</strong> natura,<br />

e il Cerchio, per aprirci all’altro.<br />

Questo è Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong>” (Tratto dal Programma dell’O.C.S 2009)<br />

4. Lo Staff<br />

Lo staff è il cuore pulsante dell’O.I.C.<br />

E’ costituito da persone che sono nel mondo del<strong>la</strong> ricerca da diversi anni e che hanno,<br />

a mio avviso, tutte una loro differente professionalità ed una esperienza umana molto<br />

profonda. La maggior parte di loro è sempre presente nei gruppi e rappresenta un<br />

ponte di comunicazione tra i partecipanti e il terapista.<br />

Compito <strong>dello</strong> staff è infatti quello di prendersi cura delle esigenze del terapista e di<br />

tutti i bisogni dei gruppisti, per dare loro <strong>la</strong> possibilità di avere un costante e continuo<br />

supporto. E’ uno strumento indispensabile nel <strong>la</strong>voro dell’ O.I.C perchè ha modo di<br />

entrare in una re<strong>la</strong>zione d’amicizia più profonda e diretta con i partecipanti e di farli<br />

sentire amati e apprezzati per le loro qualità. Attraverso le informazioni di ciò che<br />

rileva durante lo svolgimento del gruppo, facilita il <strong>la</strong>voro del terapista .<br />

Lo staff tiene inoltre alcune meditazioni e si prende cura del<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> e del<strong>la</strong> casa così da<br />

rendere l’ambiente il più confortevole e accogliente possibile.<br />

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TERZO CAPITOLO: LA NASCITA DELLA OSHO CIRCLE<br />

SCHOOL E LE MIE SEPARAZIONI FONDAMENTALI<br />

“Sannyas significa <strong>la</strong>sciar andare l’idea di separazione dall’esistenza. Proprio l’idea che siamo separati e’<br />

il nostro problema. Non lo siamo, ma viviamo radicati in questa idea che siamo separati.”<br />

Da “The Last Testament”, vol. 4, 1985<br />

“Tutto qui! Sembra facile...” –mi sono detto ascoltando Osho – “... basta <strong>la</strong>sciar andare l’idea di essere<br />

separati ed è fatta.” Mi trovavo banalmente d’accordo. Ma come si fa a <strong>la</strong>sciar andare un’idea? Non<br />

basta mica sostituir<strong>la</strong> con un’altra, magari opposta: non funziona. Si passa da un’illusione ad una<br />

diversa. Non si realizza nul<strong>la</strong>, al massimo si crede in qualcosa. E poi, cos’è l’esistenza? In termini assoluti<br />

non saprei; in termini assolutamente re<strong>la</strong>tivi, <strong>la</strong> riporto a tre semplici parametri: noi stessi, gli altri, e<br />

tutto l’ambiente intorno –ovvero questo pianeta e il cosmo. La triango<strong>la</strong>zione di questi fattori pare<br />

produca il fantastico ologramma che riconosciamo come esistenza. “Forse, se queste tre condizioni si<br />

fondessero in una unica, allora non ci sarebbe separazione.” Uno e trino, l’avevo già sentita –mi dicevo<br />

pensando a tutto questo, ignaro di vivere separato in casa. Già, perchè se filosoficamente potevo<br />

vagheggiare sui fini ultimi del creato, praticamente iniziavo invece a fare i conti con le separazioni che mi<br />

trovavo dentro, e che non mi trovavano affatto concorde. Ebbi così modo di scoprire che non erano i tre<br />

aspetti dell’esistenza ad essere divisi tra loro, ma io ad essere diviso da ognuno dei tre. Insomma, il<br />

punto non era abbattere i muri di un trilocale per fare un salone, ma che vivevo in casa separato da<br />

ognuna delle stanze. Mi ritrovai in cantina, a cominciare dal basso: avevo preso il Sannyas. Nel 1985<br />

Osho ri<strong>la</strong>scia un’intervista sul<strong>la</strong> terapia, nel<strong>la</strong> quale sottolinea tre paure fondamentali, comuni a tutti,<br />

che emergono quando si rimette a posto <strong>la</strong> propria cantina. La paura del<strong>la</strong> pazzia, dell’orgasmo o estasi,<br />

e quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> morte. I suoi insegnamenti sulle tre paure sono un vero pi<strong>la</strong>stro su cui poggiano ricercatori,<br />

insegnanti e terapisti…”<br />

Sw. Jivan Arshad, “ le separazioni fondamentali” articolo uscito nel 2009 sull’Osho Times<br />

“Deve essere compreso, che le cose che ti rendono separato sono sempre dolorose.”<br />

“Zarathustra: the Laughing Prophet”, cap. 12, 1987<br />

Nel giugno del 2000, dopo aver seguito i gruppi dell’O.I.C. per più di due anni, con i<br />

miei amici <strong>dello</strong> staff decidemmo di <strong>la</strong>sciare tutto quello che avevamo costruito fino a<br />

quel momento, per seguire un sogno comune che da tempo avevamo nel cuore e che<br />

aveva avuto origine da una grande visione avuta da Arshad: fondare una scuo<strong>la</strong> di<br />

ricerca <strong>interiore</strong>, una comune che permettesse di espandere e far conoscere al mondo<br />

<strong>la</strong> visione di Osho e del <strong>la</strong>voro dell’O.I.C. A questo proposito desidero sottolineare il<br />

ruolo fondamentale che ebbe in tutto ciò Ta<strong>la</strong>si (2), colei che insieme ad Arshad<br />

divenne poi <strong>la</strong> co-­‐direttrice di questa scuo<strong>la</strong> e senza <strong>la</strong> quale non saremmo mai riusciti<br />

a “portare a terra” quel sogno e trasformarlo in realtà. Grazie a lei, a partire dall’anno<br />

2000 il <strong>la</strong>voro dell’O.I.C. si tinse di tutti i colori dell’arcobaleno, si espanse nei<br />

contenuti e nelle forme e fu arricchito dal<strong>la</strong> sua esperienza, conoscenza e dal suo<br />

grande cuore. All’epoca insegnavo in una scuo<strong>la</strong> media in Abruzzo ed ero una<br />

supplente annuale. Abbandonare il mio <strong>la</strong>voro per andare a fondare questa scuo<strong>la</strong>,<br />

significava correre il rischio di non <strong>la</strong>vorare più in quell’ambito, dal momento che non<br />

avevo neanche l’abilitazione all’insegnamento. Tuttavia decisi di seguire il mio cuore e<br />

il sogno che avevo in comune con i miei amici e nel giugno del 2000 partii al<strong>la</strong> volta di<br />

Maiolo (RN) dove era stata acquistata <strong>la</strong> nostra Scuo<strong>la</strong>. Furono mesi molto intensi in<br />

cui, oltre a <strong>la</strong>vorare tutti i giorni senza sosta per edificare le fondamenta di quel<strong>la</strong> che<br />

oggi è <strong>la</strong> Osho <strong>Circle</strong> School, paralle<strong>la</strong>mente abbattevo i muri del<strong>la</strong> mia personalità e<br />

15


cominciavo a sperimentare quotidianamente il <strong>la</strong>voro sulle separazioni che, negli anni<br />

precedenti aveva acceso il mio fuoco <strong>interiore</strong>.<br />

Lasciare tutto per seguire quel sogno non fu affatto facile. I miei genitori pensavano<br />

che fossi impazzita: avevo <strong>la</strong>sciato il mio <strong>la</strong>voro, le mie sicurezze, le mie radici, per<br />

ritrovarmi in una comune che secondo loro era solo un ritrovo di gente che<br />

manipo<strong>la</strong>va gli altri e ne offuscava <strong>la</strong> capacità di discernimento. Dopo i primi mesi di un<br />

intenso <strong>la</strong>voro fisico, una Work Meditation costante e continua in cui facevamo di<br />

tutto, dal montare il parquet al dipingere i muri, dal pulire al cucinare, dal<strong>la</strong> segreteria<br />

al giardinaggio, mi resi conto che non avevo più soldi. La tentazione di tornare indietro,<br />

al<strong>la</strong> vita di prima fu davvero grande ma qualcosa dentro me lo impediva: il mio sogno,<br />

<strong>la</strong> mia famiglia dell’anima, l’amore per il mio maestro, mi aiutarono ad andare oltre le<br />

paure e le profonde separazioni che sentivo dentro di me. In quei giorni mi arrivò una<br />

proposta dal<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> media in cui avevo <strong>la</strong>vorato l’anno prima. Mi offrirono di nuovo<br />

<strong>la</strong> cattedra per insegnare un altro anno e io, a quel punto, mi sentii scissa. Ho sempre<br />

amato molto il mio <strong>la</strong>voro e soprattutto i miei alunni, che in quell’unico anno<br />

d’insegnamento mi avevano aiutato a comprendere come fosse bello stare con loro e<br />

che grande scambio d’amore e di conoscenza poteva esserci.<br />

Insegnare ai ragazzi è una cosa che mi ha sempre fatto sentire viva. Par<strong>la</strong>i con Arshad<br />

che mi disse solo di ascoltarmi e poi di seguire il mio cuore, perché quando lo si fa,<br />

qualsiasi sia <strong>la</strong> porta che tu decidi di chiudere, per te si aprirà poi sempre un portone.<br />

Così seguii il mio cuore che voleva rimanere in quel posto perché quel<strong>la</strong> era <strong>la</strong> sua casa,<br />

<strong>la</strong> sua famiglia. Chiamai <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e dissi loro che non sarei andata. La mia mente da<br />

quel momento però non mi diede più tregua. Cominciai a sentirmi pazza. Seguire il mio<br />

cuore per cosa? Per un sogno? E cos’era poi questo sogno se non una continua ed<br />

estenuante ricerca su di me, un continuo mettere a nudo di fronte agli altri le mie<br />

paure e le mie debolezze, un continuo osservare senza sosta le parti più buie di me?<br />

Ero stanca. Volevo mol<strong>la</strong>re tutto. La ricerca di me stessa era troppo dolorosa. I primi<br />

anni dell’O.I.C. mi sembravano un ricordo lontano.<br />

Avevo contattato alcune mie paure ma quel<strong>la</strong> era solo <strong>la</strong> superficie, ora mi stavo<br />

addentrando più profondamente in me stessa e quelle separazioni che prima avevo<br />

studiato, da brava alunna, con impegno, costanza ma anche con tanta leggerezza, ora<br />

le sentivo tutte dentro di me e facevano male. Troppo male.<br />

Disperata una mattina andai a fare <strong>la</strong> Dinamica. Durante <strong>la</strong> catarsi piansi tutte le<br />

<strong>la</strong>crime e ur<strong>la</strong>i contro Osho tutte le parole che non mi ero mai concessa di dirgli per il<br />

condizionamento che avevo che un maestro lo potevi solo amare. Non era così. Io lo<br />

odiavo perché “mi stava costringendo” a guardare le parti più brutte di me, quelle che<br />

non volevo vedere e mostrare. In passato lo aveva fatto con il mio corpo, che aveva<br />

messo a nudo di fronte a tutti per liberarlo dalle sue vergogne, ora lo stava facendo<br />

con <strong>la</strong> mia mente, che era molto più contorta, sottile e subdo<strong>la</strong>. Stava tirando fuori<br />

tutte le mie fragilità e mi stava mostrando tutta <strong>la</strong> mia paura sul<strong>la</strong> sopravvivenza.<br />

Al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> catarsi, sfinita mentre stava partendo il terzo stadio, gli ur<strong>la</strong>i di darmi un<br />

segnale… doveva darmi un segnale che non stavo impazzendo, che tutto quello che<br />

stavo facendo era giusto per me, per <strong>la</strong> mia evoluzione, per <strong>la</strong> mia crescita.<br />

Quel<strong>la</strong> dinamica fu <strong>la</strong> più bel<strong>la</strong> e <strong>la</strong> più intensa meditazione di tutta <strong>la</strong> mia vita. Avevo<br />

espresso tutte le mie parti più buie con una totalità e un’intensità così forte che<br />

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quando arrivò il momento del<strong>la</strong> celebrazione mi sentii così leggera e felice che mi<br />

sembrò di vo<strong>la</strong>re mentre danzavo.<br />

Uscii fuori dal<strong>la</strong> Buddha Hall e a contatto con <strong>la</strong> natura celebrai me stessa, <strong>la</strong> mia<br />

verità, il mio coraggio e a quel punto, <strong>la</strong> paura di sentirmi pazza e <strong>la</strong> forte scissione che<br />

questa mi aveva provocato prima, mi sembrò come dissolta. Avevo ripulito <strong>la</strong> mia casa<br />

<strong>interiore</strong>. Finita <strong>la</strong> Dinamica andai in camera, accesi il cellu<strong>la</strong>re e trovai una chiamata<br />

persa. Richiamai quel numero sconosciuto. Era <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> media di S.Agata, un piccolo<br />

paese vicino Maiolo, che mi disse che si era liberata una cattedra per insegnare in una<br />

c<strong>la</strong>sse seconda. Si era spa<strong>la</strong>ncato un portone, il segnale era arrivato e non si era fatto<br />

attendere neppure un istante. Mi sembrò un miracolo… Giorni prima, senza alcuna<br />

speranza avevo fatto una domanda in quel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> ma ero così sicura che non mi<br />

chiamassero, visto che le graduatorie erano tutte piene, che me n’ero perfino<br />

scordata. E invece era successo. Il vero miracolo non era stato quello però, il vero<br />

miracolo ero io, <strong>la</strong> mia ricerca <strong>interiore</strong>, <strong>la</strong> fiducia incondizionata che avevo sentito<br />

dentro di me, nell’esistenza, in Osho che mi aveva spinto a <strong>la</strong>sciar andare <strong>la</strong> mia<br />

mente, i miei vecchi schemi, le mie paure, per far posto a qualcosa di completamente<br />

nuovo.<br />

Così cominciai a insegnare in quel<strong>la</strong> nuova scuo<strong>la</strong> e l’incontro con quel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse, <strong>la</strong> 2 C,<br />

fu sorprendente. Lavorare <strong>la</strong> mattina a scuo<strong>la</strong> e il pomeriggio nel<strong>la</strong> comune è stata una<br />

delle esperienze più belle e al tempo stesso difficili del<strong>la</strong> mia vita. Mi ha rega<strong>la</strong>to <strong>la</strong><br />

possibilità di vedermi contemporaneamente insegnante e alunna del<strong>la</strong> vita, una<br />

lezione che sarebbe rimasta in me per sempre e che avrebbe posto poi un’altra<br />

colonna nel fondamento di quel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> a cui avrei dato vita un anno più tardi.<br />

Osho ha sempre detto che il vero maestro è dentro ogni essere umano, lui è solo uno<br />

specchio di ciò che bisogna costantemente ricercare in se stessi. A volte non è facile<br />

ricordarsi di questo. Essere discepoli del<strong>la</strong> vita comporta una profonda umiltà, significa<br />

farsi piccoli, mettere da parte il nostro ego, il nostro desiderio di sentirci importanti, di<br />

essere i primi in tutto ciò che facciamo e riconoscere che siamo a servizio<br />

dell’esistenza.<br />

Essere un Maestro significa prendersi <strong>la</strong> responsabilità del<strong>la</strong> propria vita, delle proprie<br />

azioni, riconoscere di essere pienamente e totalmente artefici del nostro destino,<br />

sapersi donare agli altri con amore incondizionato. Sia l’una che l’altra parte non sono<br />

facili da comprendere se non c’è una consapevolezza chiara e cristallina. Se ti vedi solo<br />

come un discepolo nel<strong>la</strong> tua vita, non ti prenderai mai totalmente <strong>la</strong> responsabilità<br />

delle tue azioni, ci sarà sempre qualcun altro a cui dare <strong>la</strong> colpa di ciò che stai vivendo.<br />

Se ti vedi solo come un Maestro il tuo ego è forte, non hai bisogno degli altri, sei tu il<br />

padrone incontrastato del<strong>la</strong> tua vita e nessuno può dirti cosa devi o non devi fare. La<br />

funzione di un vero Maestro è quindi indispensabile. Un vero Maestro è colui che ti<br />

ricorda di essere discepolo e maestro del<strong>la</strong> vita allo stesso tempo, perché le due cose<br />

non sono separate. Sono una cosa so<strong>la</strong> ed è solo <strong>la</strong> mente che crea questa scissione.<br />

Per questo è uno specchio, riflette te stesso così come sei in quel momento.<br />

Fu così che tra un gruppo e l’altro dell’O.I.C, il <strong>la</strong>voro nel<strong>la</strong> comune e quello nel<strong>la</strong><br />

scuo<strong>la</strong> dove insegnavo, trascorse un anno, l’anno più intenso di tutta <strong>la</strong> mia vita, che<br />

mi ha donato le comprensioni più grandi e importanti, l’anno in cui sono cresciuta<br />

interiormente e che mi ha formato da tutti i punti di vista. Vivere in una comune è<br />

17


come avere una lente d’ingrandimento che ti permette di osservare tutti i tuoi limiti a<br />

trecentosessanta gradi per poi superarli e di velocizzare le comprensioni di eventi per<br />

le quali normalmente impiegheresti anni.<br />

Con le persone con cui vivevo a volte ci siamo ur<strong>la</strong>ti contro, a volte abbiamo pianto, a<br />

volte riso a crepapelle e tutto questo ci ha permesso di entrare in una re<strong>la</strong>zione molto<br />

profonda e vera. Un’intimità così intensa raramente è possibile provar<strong>la</strong> nel mondo. Il<br />

<strong>la</strong>voro dell’O.I.C sulle separazioni e sulle paure entrò a tal punto dentro di me che mi<br />

spinse ad e<strong>la</strong>borare un progetto nel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> dove insegnavo. Lo chiamai progetto “<br />

scuo<strong>la</strong> Interiore” e rappresentava il seme di tutto il <strong>la</strong>voro che in seguito si sarebbe<br />

sviluppato. Finito quell’anno sco<strong>la</strong>stico però entrai in una profonda crisi. Mi sentii di<br />

nuovo scissa e separata ma stavolta in modo molto più profondo rispetto a tutte le<br />

altre volte. Mentre vivevo nel<strong>la</strong> Comune cominciai ad avvertire il desiderio di avere più<br />

spazio nel<strong>la</strong> mia vita per poter ampliare quel progetto scuo<strong>la</strong> <strong>interiore</strong> che era<br />

divenuta <strong>la</strong> mia passione, il mio sogno. In quel periodo mi era capitato di incontrare un<br />

mio caro amico, che <strong>la</strong>vorava anche lui con il mondo infantile e adolescenziale<br />

attraverso <strong>la</strong> musica e il teatro e avevamo condiviso il sogno di avere un giorno una<br />

scuo<strong>la</strong> nuova, alternativa, che potesse accogliere bambini e ragazzi di differenti età.<br />

Tutto questo però nel<strong>la</strong> mia mente era in netto contrasto con il sogno che stavo<br />

vivendo al<strong>la</strong> School. Volevo continuare a vivere lì, ma al contempo volevo andare via<br />

per avere lo spazio di cui avevo bisogno per creare <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> <strong>interiore</strong>.<br />

Quel<strong>la</strong> separazione non fu affatto facile e penso che affrontar<strong>la</strong>, sentir<strong>la</strong> e viver<strong>la</strong> in<br />

tutte le sue sfumature sia stata l’esperienza più dolorosa di tutta <strong>la</strong> mia vita.<br />

La Osho <strong>Circle</strong> School era mia madre, il progetto scuo<strong>la</strong> <strong>interiore</strong> era mio figlio, un figlio<br />

che portavo in grembo e che per nascere aveva bisogno di me totalmente e<br />

completamente. In quegli ultimi mesi estivi le tre separazioni e paure occuparono<br />

totalmente <strong>la</strong> mia mente e io mi sentii sempre più stanca, svuotata e priva di forze.<br />

Ero separata dagli altri, dai miei amici e fratelli più cari e questo mi provocava un forte<br />

senso di colpa e <strong>la</strong> grande paura che se fossi andata via non mi avrebbero più amata<br />

come era stato fino ad allora. Ero separata dal<strong>la</strong> natura che mi circondava e<br />

nonostante fosse estate e spesso facessimo <strong>la</strong>vori fuori, li facevo meccanicamente,<br />

come un automa che aveva dimenticato il contatto con <strong>la</strong> terra e quanto lei fosse viva<br />

e in grado di trasformare tutto. La cosa più dolorosa però era che ero separata da me,<br />

dal<strong>la</strong> mia vera essenza, dal<strong>la</strong> mia parte più profonda. Avevo paura che andando via <strong>la</strong><br />

mia ricerca <strong>interiore</strong> sarebbe morta e con lei anche il rapporto d’amore che mi univa al<br />

mio Maestro. In quei momenti mi chiedevo perché non avessi <strong>la</strong> forza di par<strong>la</strong>re dal<br />

cuore con i miei amici, di fare un cerchio come in passato e dire loro quello che<br />

provavo, che sentivo. La verità più profonda veniva ce<strong>la</strong>ta per paura, e <strong>la</strong> separazione,<br />

il <strong>la</strong>mento e <strong>la</strong> stanchezza erano le uniche cose a cui davo energia. Ne par<strong>la</strong>i con un<br />

grande amico del Cerchio, Sudhiro (3), il quale al<strong>la</strong> fine mi disse: “Trust Yourself<br />

Ramana! Always… se senti che per te è arrivato il momento di andare vai, senza<br />

paura!” Quel<strong>la</strong> frase mi penetrò di nuovo fino all’anima e questa per un attimo si<br />

destò, stanca di essere stata messa al confino dalle paure del<strong>la</strong> mia mente. La<br />

decisione dentro di me era presa ma non riuscii a comunicar<strong>la</strong> a nessuno. Lasciare i<br />

miei amici e quel posto era troppo doloroso e in quel momento non ce <strong>la</strong> facevo.<br />

18


Poi una mattina, dopo l’ennesima distrazione che commettevo sul <strong>la</strong>voro a causa del<strong>la</strong><br />

mia non presenza e totale inconsapevolezza, Arshad mi fece il primo encounter del<strong>la</strong><br />

mia vita. Sarò sempre grata a lui per quel momento di sveglia totale che diede al mio<br />

corpo, al<strong>la</strong> mia mente e soprattutto al<strong>la</strong> mia anima. In quel momento ero sotto shock,<br />

ma “una spinta” che andava al di là di me mi guidò e mi sostenne nel fare i bagagli di<br />

tutta <strong>la</strong> mia vita nel giro di mezz’ora e salutare poi i miei amici tra le <strong>la</strong>crime e il dolore<br />

di tutti. Caricai <strong>la</strong> mia macchina e partii. Mentre uscivo dal cancello del<strong>la</strong> School<br />

piangendo ur<strong>la</strong>i così forte e così tanto che mi sembrò un’eternità. C’era dolore, tanto<br />

dolore, un dolore così forte che mi sembrò come una morte e che riuscii ad e<strong>la</strong>borare<br />

solo l’anno successivo.<br />

Dopo alcuni mesi in cui fui ospitata a Rimini da due mie amiche che tempo prima<br />

avevano vissuto e fondato insieme a me e agli altri <strong>la</strong> School, fui di nuovo chiamata<br />

dal<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> di S.Agata.<br />

Avevo ancora <strong>la</strong> mia vecchia c<strong>la</strong>sse e quindi <strong>la</strong> possibilità di ampliare i contenuti di quel<br />

progetto che avevo ideato l’anno prima e che in quel momento occupava il primo<br />

posto nel<strong>la</strong> mia vita. Prima di dedicarmi con tutta me stessa a questo sogno, dovevo<br />

però guarire <strong>la</strong> separazione che ancora avevo dentro di me, per aver <strong>la</strong>sciato due mesi<br />

prima i miei amici e <strong>la</strong> School, che era e rimarrà per sempre <strong>la</strong> mia casa. Così decisi di<br />

iscrivermi al gruppo dell’O.I.C del varco d’autunno. Questo gruppo era perfetto per me<br />

e per quel momento del<strong>la</strong> mia vita. Il tema di questo varco infatti è il Let-­‐go che<br />

significa <strong>la</strong>sciar andare, il mio intento era proprio quello di <strong>la</strong>sciar andare tutto il<br />

dolore, le paure e le separazioni che sentivo ancora in me. La paura più grande con cui<br />

mi confrontai per prima fu il cerchio. Quello che in passato era stato un simbolo<br />

d’amicizia e di verità e che era uno degli strumenti fondamentali del mio <strong>la</strong>voro con i<br />

ragazzi, in quel momento era <strong>la</strong> cosa che mi terrorizzava di più. Avevo paura di aprirmi<br />

agli altri, una paura che era rimasta ancorata in me dagli ultimi mesi in cui vivevo al<strong>la</strong><br />

School. La colpa di aver abbandonato quel posto, i miei amici e il sogno che avevamo in<br />

comune, pesava su di me come un macigno enorme e mi rendeva incapace di<br />

esprimere e comunicare quello che provavo. Quando fu il mio turno di par<strong>la</strong>re fui<br />

invitata da Arshad a mettermi al centro del Cerchio. A quel punto fui colta dal panico, il<br />

giudizio che avevo nei confronti di me stessa mi provocò <strong>la</strong> strana sensazione di essere<br />

come davanti a un tribunale, e non mi rendevo conto che l’unico giudice in realtà ero<br />

io. Poi con mio grande stupore Arshad mi venne incontro, si sedette davanti a me e mi<br />

guardò negli occhi come solo un vero amico sa fare. A quel punto <strong>la</strong> mia paura di<br />

essere giudicata si sciolse nel dolore. Mi abbracciò e sul<strong>la</strong> sua spal<strong>la</strong> piansi tutte le<br />

<strong>la</strong>crime che avevo dentro. Intorno a noi il cerchio par<strong>la</strong>va <strong>la</strong> lingua del sacro silenzio.<br />

Non c’era bisogno di nessuna paro<strong>la</strong>, niente da fare, niente da dire. Il mio compito era<br />

solo ricevere, ricevere quel<strong>la</strong> grande energia d’amore che mi penetrò fino all’anima e<br />

che sciolse quel dolore che mi straziava il petto. Ero di nuovo a casa. Il cerchio esterno<br />

si era riunito con il mio cerchio interno. Erano uno. Un solo battito, un solo respiro,<br />

un’unica onda d’amore.<br />

Dopo il cerchio, l’<strong>Inipi</strong> e il resto del gruppo completarono l’opera. Nell’<strong>Inipi</strong> dichiarai il<br />

mio intento e madre terra mi accolse ancora nel suo grembo come solo lei sa fare. Si<br />

prese cura di me, mi amò e mi restituì al mondo rinnovata nel corpo, nel<strong>la</strong> mente e<br />

nell’anima. A fine gruppo una danza finale con me stessa, con il cerchio e con il mio<br />

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maestro furono <strong>la</strong> ciliegina sul<strong>la</strong> torta. Ero andata via dal<strong>la</strong> School fisicamente ma lei<br />

era stata, era e sarebbe rimasta dentro di me per sempre. Era una storia d’amore. Una<br />

storia nata molti secoli prima che nascesse quel posto e che nonostante tante vite e<br />

tanti dolori era rimasta immutata in me nel<strong>la</strong> sua verità e nel<strong>la</strong> sua essenza più<br />

profonda.<br />

Con <strong>la</strong> consapevolezza di questo, salutai i miei amici e mi trasferii nel<strong>la</strong> mia nuova casa<br />

a Perticara, pronta e piena di entusiasmo nel continuare dentro di me ciò che prima<br />

avevo pensato di avere perduto fuori e per edificare le fondamenta del<strong>la</strong> mia scuo<strong>la</strong><br />

<strong>interiore</strong>.<br />

20


QUARTO CAPITOLO: LE 3 SEPARAZIONI<br />

E LA NASCITA DELLA SCUOLA INTERIORE<br />

“Osho ha dunque individuato le tre paure fondamentali, che sono quelle del<strong>la</strong> pazzia, dell’orgasmo e<br />

del<strong>la</strong> morte. Nel nostro <strong>la</strong>voro, abbiamo rilevato poi le tre separazioni fondamentali: quel<strong>la</strong> dal se’,<br />

dall’altro, dal pianeta.In che modo paure e separazioni possono essere messe in re<strong>la</strong>zione?<br />

Una prima equazione può essere:<br />

dolore (o timore del dolore) = paura; paura = separazione; separazione = dolore. Più dettagliatamente:<br />

paura di impazzire = paura di essere soli = separazione dall’ambiente/ pianeta<br />

paura dell’orgasmo = senso di colpa = separazione dall’altro<br />

paura del<strong>la</strong> morte = paura <strong>dello</strong> sconosciuto = separazione dal se’<br />

Di base: ciò che fa paura crea separazione; ciò che crea separazione provoca dolore; ciò che crea dolore<br />

fa paura. La paura fondamentale rappresenta il blocco inconscio (ad esempio, paura di impazzire); ad<br />

ogni paura Osho associa una radice psicologica (in questo caso, <strong>la</strong> paura di essere soli).<br />

La conseguente separazione è il risultato riflesso di queste due cause, lo specchio del disagio <strong>interiore</strong>.<br />

Il riflesso di queste separazioni fondamentali è partico<strong>la</strong>rmente evidente nell’individuo e nel<strong>la</strong> società<br />

attuale”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da “Openings: Self, Other, Nature-­‐ Varco del sole 2010”<br />

Nei mesi successivi a quel gruppo dell’O.I.C ci fu per me una profonda integrazione di<br />

tutto quello che era accaduto nel<strong>la</strong> mia vita soprattutto nell’ultimo anno. Durante i<br />

mesi che avevo vissuto al<strong>la</strong> School, avevo portato in grembo, nutrito e fatto crescere<br />

giorno per giorno <strong>la</strong> mia scuo<strong>la</strong> <strong>interiore</strong>. Quell’anno da so<strong>la</strong>, fu l’anno del parto. Nel<strong>la</strong><br />

scuo<strong>la</strong> dove insegnavo, cominciai a <strong>la</strong>vorare a un nuovo progetto che manteneva i<br />

contenuti originari di quello dell’anno prima, ma li ampliava e li approfondiva al<strong>la</strong> luce<br />

delle nuove comprensioni. Fu anche il primo anno che lo misi per iscritto e lo feci<br />

approvare all’interno del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, visto che l’anno precedente era stato fatto più come<br />

un gioco, un esperimento personale. Misi quindi sul<strong>la</strong> carta il ”Progetto Scuo<strong>la</strong><br />

Interiore” e incentrai tutto il <strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> socializzazione e conoscenza del sé, sulle tre<br />

separazioni fondamentali.<br />

Nel<strong>la</strong> mia esperienza di docente nel mondo del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, ho avuto modo di notare<br />

infatti, sin dall’inizio del<strong>la</strong> mia carriera sco<strong>la</strong>stica, come ci fossero, all’interno del<br />

gruppo-­‐ c<strong>la</strong>sse, enormi separazioni. La prima e più evidente era sempre quel<strong>la</strong> tra<br />

maschi e femmine, separazione che risultò poi essere una costante in questa fascia<br />

d’età, e quel<strong>la</strong> all’interno degli stessi gruppi dei maschi e delle femmine.<br />

Avendo sperimentato su me stessa, grazie al <strong>la</strong>voro dell’O.I.C., <strong>la</strong> separazione dall’altro,<br />

e consapevole del fatto che le tre separazioni sono tutte e tre interconnesse e che<br />

spesso quando ne vivi una, si presentano anche tutte le altre, cominciai ad avvertire il<br />

desiderio di creare qualcosa di nuovo, un progetto che desse <strong>la</strong> possibilità di aiutare i<br />

ragazzi a superare queste separazioni.<br />

Essendo inoltre le separazioni collegate alle tre paure fondamentali, cominciai a<br />

vedere come, anche queste, fossero presenti nel mondo adolescenziale. Certo,<br />

all’inizio si manifestavano attraverso le vergogne, le emozioni che riuscivano a<br />

esprimere più facilmente perché molto comuni al<strong>la</strong> loro età, ma pian piano cominciai a<br />

vedere che quelle vergogne erano tutte riconducibili alle loro paure e, in una visione<br />

21


più ampia, alle tre paure di cui par<strong>la</strong>va Osho. Alle separazioni quindi, collegai le tre<br />

paure, trasponendole in un linguaggio che fosse per loro più semplice e di più<br />

immediata comprensione rispetto al<strong>la</strong> loro età.<br />

La separazione dal pianeta era dovuta al<strong>la</strong> paura del<strong>la</strong> pazzia, del sentirsi soli e quindi<br />

diversi dall’altro. La separazione dall’altro era dovuta al<strong>la</strong> paura e al<strong>la</strong> vergogna di<br />

fondersi con l’altro. La separazione da se stessi infine, era dovuta al<strong>la</strong> paura del<strong>la</strong><br />

morte, <strong>dello</strong> sconosciuto.<br />

Chiamai questo progetto “Scuo<strong>la</strong> Interiore”, perché doveva aiutare i ragazzi a<br />

comprendere che <strong>la</strong> “vera scuo<strong>la</strong>” era dentro ognuno di loro, nel loro mondo <strong>interiore</strong>.<br />

Ognuno poteva imparare qualcosa dall’altro e insegnare qualcosa all’altro. Da questo<br />

spazio poteva nascere un rapporto sano, basato sul rispetto reciproco e sull’amicizia e<br />

sviluppare in loro l’autostima e <strong>la</strong> fiducia in se stessi.<br />

A questo proposito vorrei sottolineare quanto sia importante per me, il <strong>la</strong>voro sul<strong>la</strong><br />

fiducia in me stessa che ho fatto all’interno dell’O.I.C.<br />

Nell’anno di vita nel<strong>la</strong> comune, mi ero resa conto che ogni qual volta riconoscevo,<br />

accettavo e <strong>la</strong>sciavo andare le separazioni e le paure, frutto del<strong>la</strong> mia mente inconscia,<br />

incontravo <strong>la</strong> parte più profonda di me, il mio sé autentico, e quel<strong>la</strong> parte era fiducia<br />

allo stato puro. Era fiducia in me stessa, negli altri e nell’intera esistenza.<br />

Compresi dunque che <strong>la</strong> fiducia in se stessi, era uno degli obiettivi finali a cui mirava il<br />

<strong>la</strong>voro sulle separazioni e che anche questa era, a sua volta, legata alle altre in modo<br />

inscindibile. Quando hai fiducia in te ce l’hai anche negli altri e nell’esistenza perché le<br />

tre cose non sono separate.<br />

Avevo notato infatti, che anche per il mondo adolescenziale funzionava allo stesso<br />

modo: ogni volta che un ragazzo era di fronte ad una propria insicurezza, un proprio<br />

limite e riusciva da sé o con l’aiuto degli altri a riconoscerlo e superarlo, acquistava<br />

fiducia.<br />

La fiducia in se stessi e nelle proprie capacità divenne l’obiettivo finale del progetto<br />

Scuo<strong>la</strong> Interiore.<br />

Al <strong>la</strong>voro di conoscenza del sé che si esplicava nelle c<strong>la</strong>ss, negli esercizi di<br />

socializzazione, e nelle varie tecniche di esplorazione del proprio mondo <strong>interiore</strong><br />

affiancai il teatro. Lo scopo era quello di utilizzare quest’arte come un mezzo di per<br />

rafforzare i contenuti che venivano trattati negli incontri di socializzazione e realizzare<br />

al<strong>la</strong> fine del progetto una rappresentazione che fosse <strong>la</strong> summa di tutto il <strong>la</strong>voro<br />

svolto.<br />

1. L’ associazione Scuo<strong>la</strong> Interiore<br />

L’associazione “Scuo<strong>la</strong> Interiore” è nata nel 2003 a Sant’Agata Feltria, ed è composta<br />

da insegnanti, educatori e professionisti di varie arti e discipline tra cui teatro, cinema,<br />

danza, musica, canto, pittura.<br />

Nasce come naturale evoluzione dell’omonimoprogetto ideato e condotto da me<br />

medesima nel<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Media di S. Agata Feltria, a partire dall’anno 2000. Infatti, nel<strong>la</strong><br />

mia esperienza diretta di docente, ho riscontrato le difficoltà, le paure e le profonde<br />

insicurezze tipiche del mondoadolescenziale. Questo mi ha indotta a ricercare e<br />

creare un nuovo metodo di insegnamento, un approccio non solo improntato verso <strong>la</strong><br />

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didattica o <strong>la</strong> cultura, ma anche mirato a riconoscere e sviluppare le potenzialità del<br />

singolo individuo all'interno del gruppo.<br />

E’ nata quindi l’esigenza di un nuovo modo di “fare e vivere” <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, una didattica<br />

improntata verso <strong>la</strong> conoscenza del sé come mezzo per trasformare le separazioni e<br />

paure e stimo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> fiducia nelle capacità di ogni singolo alunno.<br />

Nell'analisi dell'individuo, nell’esplorazione dei suoi sentimenti ed emozioni, emerge<br />

come ognuno è lo specchio delle attitudini, dei comportamenti, dei giudizi e dei<br />

sentimenti dell'altro. Questa consapevolezza è stata una delle chiavi per superare le<br />

separazioni che venivano a crearsi nel quotidiano fra gli alunni, tra loro e gli insegnanti,<br />

tra questi ultimi e le famiglie.<br />

E’ stato quindi importante stimo<strong>la</strong>re nei ragazzi <strong>la</strong> conoscenza del proprio essere e del<br />

ruolo che ognuno di essi giocava nel proprio gruppo come essere umano dotato di<br />

idee, emozioni, sentimenti. Ogni singolo alunno è, infatti, indispensabile all'intero<br />

processo di trasformazione e di crescita dei compagni e del gruppo.<br />

Con questi strumenti uniti ad alcune discipline artistiche è stato possibile dare ai<br />

ragazzi una nuova visione del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> che è apparsa, dopo tutto il <strong>la</strong>voro svolto in<br />

gruppo, non più un edificio fatto solo di doveri e di compiti, bensì un luogo d'incontro<br />

dove è possibile crescere insieme in armonia.<br />

La nascita dell’associazione ha permesso di espandere questo <strong>la</strong>voro e col<strong>la</strong>borare con<br />

altre scuole, Enti, Associazioni, Centri d’Aggregazione Giovanile realizzando diversi<br />

progetti e <strong>la</strong>boratori a cui hanno partecipato bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni.<br />

Nel 2007, l’associazione, raccogliendo i frutti delle esperienze degli anni passati, ha<br />

dato vita a Novafeltria al<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore delle Arti.<br />

Pur essendo una scuo<strong>la</strong> che prepara i ragazzi nelle varie discipline artistiche, l’intento<br />

principale non è quello di formare attori, ballerini o cantanti, ma di permettere agli<br />

allievi di esprimere <strong>la</strong> propria creatività ed accrescere l’autostima.<br />

La parte fondamentale di questo percorso educativo che ha una durata annuale, è<br />

costituita dalle sessioni di socializzazione che consentono ai ragazzi di prendere<br />

coscienza di se stessi e degli altri all’interno del gruppo, di riconoscere e gestire i<br />

conflitti originati da paure, separazioni o competizioni e di superare le barriere e le<br />

difficoltà attraverso l’amicizia e <strong>la</strong> nascita di un Cerchio di amici.<br />

Paralle<strong>la</strong>mente alle sessioni ci sono le lezioni delle varie Arti : Teatro, Cinema, Danza,<br />

Canto e Pittura che prevedono, nell’ultima fase del percorso, un film o uno spettacolo<br />

teatrale, da rappresentare al<strong>la</strong> fine del corso, che include tutte le discipline artistiche.<br />

Siamo convinti che le arti costituiscano da sempre il mezzo più efficace per favorire<br />

una genuina ricerca di se stessi e offrano a ciascun individuo <strong>la</strong> possibilità di<br />

confrontarsi e di crescere in modo sano con gli altri. Inoltre stimo<strong>la</strong>no <strong>la</strong> creatività e<br />

l’autostima e permettono di esprimere le proprie emozioni e i propri stati d’animo.<br />

L’utilizzo di più discipline artistiche in sintesi favorisce lo sviluppo dell’individuo nel<strong>la</strong><br />

sua globalità, crea un clima di cooperazione, integrazione e fiducia nel gruppo al di là<br />

dell’età e <strong>dello</strong> stato sociale, permette di sviluppare responsabilità verso se stessi e<br />

verso gli altri.<br />

23


Fin dal principio, l’utilizzo del<strong>la</strong> telecamera ha costituito un importante strumento per<br />

il Progetto. La telecamera infatti, è sì il mezzo con cui realizziamo film, cortometraggi e<br />

video che documentano il progetto, ma è soprattutto utilizzata come un potente<br />

strumento di crescita: è infatti un efficace mezzo per superare le proprie vergogne ed<br />

acquisire sicurezza in se stessi e fiducia nelle proprie capacità.<br />

La Scuo<strong>la</strong> Interiore delle Arti è pertanto un vero e proprio percorso di crescita<br />

<strong>interiore</strong>, è un <strong>la</strong>boratorio di vita in cui tutti, insegnanti educatori ed alunni cresciamo<br />

insieme imparando gli uni dagli altri a fidarci di noi stessi e del maestro che è in<br />

ognuno di noi. E’ una scuo<strong>la</strong> che “educa” principalmente al<strong>la</strong> conoscenza del proprio<br />

sé. La scuo<strong>la</strong> in questi anni ha <strong>la</strong>vorato con ragazzi delle scuole medie e superiori ma<br />

ha coinvolto nel cammino anche genitori e amici che hanno messo al servizio di questo<br />

progetto le loro capacità e <strong>la</strong> loro creatività. Il nostro intento quindi è quello di<br />

valorizzare al meglio le doti innate di ogni individuo che spesso non riescono ad<br />

emergere per mancanza di autostima e fiducia.<br />

2. Le 3 separazioni e paure nel mondo infantile e adolescenziale<br />

“Educare” deriva dal <strong>la</strong>tino “ex-­‐ducere”, che significa “trarre fuori”, cioè estrarre il<br />

potenziale originale ed unico di ciascuno. Il significato etimologico di questo verbo,<br />

dovrebbe essere sempre tenuto in considerazione, come <strong>la</strong> massima principale di<br />

ciascun educatore e insegnante. Purtroppo oggi il mondo del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> si basa su una<br />

funzione educativa che da’ credito più al rendimento culturale e didattico piuttosto<br />

che favorire una genuina esperienza di sé e rafforzare l’autostima e <strong>la</strong> fiducia nelle<br />

proprie capacità e potenzialità.<br />

La scuo<strong>la</strong> andrebbe sempre analizzata da un punta di vista sistemico, un insieme di<br />

re<strong>la</strong>zioni che dovrebbero principalmente servire all’evoluzione e al<strong>la</strong> conoscenza di se<br />

stessi, degli altri e dell’ambiente. La sistemica muove dal concetto che tutto è<br />

comunicazione; con questo termine si definisce un’insieme di unità legate da reti di<br />

comunicazioni significative continuamente interagenti tra loro in modo da modificarsi<br />

vicendevolmente ed in continuo interscambio con l’ambiente più vasto.<br />

Pertanto <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> non è solo un luogo di studio ma anche un ambiente dove si creano<br />

e si vivono re<strong>la</strong>zioni: rapporti tra compagni e compagne di c<strong>la</strong>sse; rapporti tra<br />

insegnanti e allievi; tra insegnanti e genitori e tra insegnanti e altri insegnanti…<br />

L’utilizzo di una disciplina sistemica incentrata sul<strong>la</strong> conoscenza del sé e sull’analisi<br />

delle separazioni che vengono a crearsi quotidianamente nel<strong>la</strong> fitta rete delle re<strong>la</strong>zioni<br />

sco<strong>la</strong>stiche, risulta essere quindi di vitale importanza per far sì che si attui <strong>la</strong> tanto<br />

attesa e “vera riforma” del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>.<br />

La Scuo<strong>la</strong> Interiore risulta essere, in questo senso, una possibilità per riuscire a<br />

trasformare le separazioni e le paure che vengono riscontrate nei bambini, nei ragazzi<br />

e più in generale nell’intero sistema sco<strong>la</strong>stico.<br />

Prospetto riassuntivo delle 3 separazioni e paure nel mondo dell’educazione:<br />

1. La separazione dal pianeta= paura del<strong>la</strong> pazzia, sentirsi soli e quindi diversi<br />

dall’altro.<br />

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2. La separazione dall’altro= paura e vergogna di fondersi con l’altro e di incontrarlo in<br />

una re<strong>la</strong>zione più profonda e più vera, senso di colpa.<br />

3. La separazione da se stessi= paura del<strong>la</strong> morte, <strong>dello</strong> sconosciuto, del proprio<br />

mondo <strong>interiore</strong>.<br />

Separazione dal pianeta<br />

“Un insieme di persone accumu<strong>la</strong> immondizia nel<strong>la</strong> propria casa, fuma e brucia scorie a finestre chiuse,<br />

spreca l’acqua e <strong>la</strong> sporca, maltratta gli animali, saccheggia le provviste senza curarsi di quelle future e<br />

<strong>la</strong>scia quattro quinti degli abitanti tra fame, sete e ma<strong>la</strong>ttie; taglia le piante, asfalta il giardino, tiene sul<br />

comodino tanto esplosivo da far saltare l’intero quartiere... Che stanno facendo a loro stessi, alle<br />

persone, al<strong>la</strong> casa? Direste che sono impazziti, o meglio che stanno riflettendo fuori quel<strong>la</strong> paura che<br />

dentro li rende tanto separati dal proprio ambiente, dagli altri e da sé. Direste che siamo noi.<br />

Viviamo tutti una profonda separazione da Madre Terra; un allontanamento doloroso le cui conseguenze<br />

non sono solo ambientali, ma interiori. ”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da “Openings: Self, Other, Nature-­‐ Varco del sole 2010”<br />

“L’essere stesso è inquinato. L’inquinamento nell’atmosfera non ne è <strong>la</strong> fonte – <strong>la</strong> fonte è da qualche<br />

parte nell’essere dell’uomo. Quando il nostro essere è inquinato, soltanto allora iniziamo a inquinare <strong>la</strong><br />

natura, non viceversa.”<br />

“Darshan Diaries”, cap. 6, 1978<br />

Nell’istituzione sco<strong>la</strong>stica molti sono i progetti che vengono realizzati per favorire<br />

un’educazione ambientale che renda i bambini e i ragazzi consapevoli degli enormi<br />

problemi legati all’inquinamento, al degrado ambientale, ai fattori climatici..<br />

La terra è ma<strong>la</strong>ta, e uno dei compiti principali del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> è quello di permettere ai<br />

giovani, che rappresentano il nostro futuro, di divenire coscienti che <strong>la</strong> so<strong>la</strong> causa di<br />

questa ma<strong>la</strong>ttia è dovuta alle azioni inconsapevoli e irresponsabili dell’uomo e al suo<br />

desiderio di sfruttare e dominare il pianeta. Rientrano così, in questi progetti sco<strong>la</strong>stici,<br />

l’approfondimento di argomenti come l’ effetto serra, l’inquinamento, lo scioglimento<br />

dei ghiacciai, l’estinzione di numerose specie di animali, ma anche le informazioni a<br />

proposito di energie rinnovabili e <strong>la</strong> sensibilizzazione sull’importanza di una raccolta<br />

differenziata che possa in parte contribuire ad arginare queste enormi problematiche<br />

di natura globale.<br />

Il problema principale è che non ci si può limitare a fornire informazioni, seppur<br />

indispensabili, attraverso dati e statistiche che palesano le cause e gli effetti di<br />

determinati comportamenti umani. La questione fondamentale è comprendere,<br />

attraverso un’esperienza di vita, il perché di queste cause e perché l’uomo è arrivato a<br />

essere così separato dall’ambiente in cui vive. Il primitivo e intimo rapporto che legava<br />

un tempo gli esseri umani al<strong>la</strong> terra, riscontrabile in molte antiche civiltà, sembra<br />

essere considerato un argomento di poco rilievo e interesse. Popoli come gli indiani<br />

d’America o gli aborigeni in Australia sono solo alcuni dei pochi esempi che potremmo<br />

citare per iniziare a far luce su queste problematiche in modo diverso.<br />

25


I Lakota chiamavano <strong>la</strong> terra Madre e vivevano con essa in un rapporto di continuo<br />

interscambio e gratitudine, onorando<strong>la</strong> attraverso rituali ed esperienze profonde<br />

quotidiane. La scuo<strong>la</strong> Interiore, in questi anni, ha utilizzato <strong>la</strong> saggezza di questi popoli<br />

come punto di partenza per far riflettere il mondo giovanile sull’importanza del<br />

sentire e del riconoscere <strong>la</strong> terra come un pianeta vivo.<br />

Rendere i ragazzi consapevoli del fatto che vivono separati dal<strong>la</strong> natura e che non<br />

riescono più a sentir<strong>la</strong> come una madre generosa che li ama è il primo passo che <strong>la</strong><br />

scuo<strong>la</strong> <strong>interiore</strong> si è prefissata riguardo a questa separazione. Come per il mondo degli<br />

adulti, anche per il mondo dei bambini e degli adolescenti, questa separazione è legata<br />

ad una paura: <strong>la</strong> paura del<strong>la</strong> solitudine, del sentirsi diversi, e quindi di sentirsi pazzi.<br />

Nel<strong>la</strong> società contemporanea il tema del<strong>la</strong> solitudine è un problema sempre più<br />

frequente, sia nel mondo infantile che adolescenziale. I bambini di oggi, a causa dei<br />

problemi <strong>la</strong>vorativi degli adulti, si trovano a vivere molto più soli di quanto non<br />

vivessero i bambini di un tempo. In una ricerca effettuata dal web magazine<br />

indipendente “The Populi”, viene messo in luce il bisogno di conversare di milioni di<br />

bambini ed adolescenti che si ritrovano in casa da soli e che avvertono <strong>la</strong> solitudine<br />

come uno dei loro problemi più grandi.<br />

“Questo è il principale motivo per cui, ogni anno, moltissimi bambini fanno ricorso ai<br />

vari Telefoni azzurri di tutto il mondo. È quanto emerge dall’ultimo Convegno europeo<br />

sulle linee d’ascolto per l’infanzia e l’adolescenza, svoltosi il 5 ottobre scorso a Mi<strong>la</strong>no,<br />

e promosso da Telefono Azzurro, in col<strong>la</strong>borazione con Child Helpline International,<br />

l’associazione che include 160 linee telefoniche, per bambini e adolescenti, operanti a<br />

livello internazionale. Nel solo 2008, su 15 milioni di bambini, ben il 38% ha sentito il<br />

bisogno di effettuare una chiamata al solo scopo di poter vincere <strong>la</strong> propria solitudine,<br />

discutendo col proprio interloquente. Una percentuale altissima, se si considera che per<br />

problemi come le difficoltà re<strong>la</strong>zionali con i genitori, o l’abuso fisico, si scende,<br />

rispettivamente, al 17,5% e al 15,1% del<strong>la</strong> totalità delle telefonate. Ma perché i<br />

bambini di oggi si sentono così soli? Forse, <strong>la</strong> risposta va ricercata nel<strong>la</strong> nostra società<br />

attuale. Lo stile di vita familiare è cambiato parecchio negli ultimi anni. Sono sempre<br />

più le famiglie in cui entrambi i genitori hanno un’occupazione. Ciò fa sì che il tempo<br />

passato con i figli venga ridotto notevolmente. Per ovviare al problema, si fa spesso<br />

ricorso ai “nonni”. Tuttavia, non mancano i casi in cui i bambini rimangono da soli in<br />

casa. A tutto questo va aggiunto che le re<strong>la</strong>zioni sociali dei bambini sono mutate<br />

notevolmente. Oggi esistono strumenti da gioco come P<strong>la</strong>ystation, X-­‐box, Nintendo o<br />

gli stessi personal computer che non fanno altro che ridurre il tempo passabile fuori<br />

dalle mura domestiche. Per questo, possibili dialoghi con coetanei o con gli stessi<br />

genitori vengono sempre più a mancare”.<br />

L’adolescenza è un periodo di profonda crisi, in cui emergono tutte le fragilità e le<br />

insicurezze tipiche del mondo giovanile. In questa fase del<strong>la</strong> vita, l'umore è<br />

prevalentemente irritabile; è presente <strong>la</strong> sensazione di non essere compreso e<br />

approvato dagli altri. Di conseguenza l'adolescente tende ad interrompere le attività<br />

sociali, compresa <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, e a rinchiudersi in casa, iso<strong>la</strong>ndosi. Molte delle<br />

problematiche adolescenziali sono in gran parte riconducibili quindi al<strong>la</strong> paura del<strong>la</strong><br />

solitudine e del sentirsi inadeguati e incompresi dal mondo degli adulti. Questa paura<br />

26


può degenerare dando anche inizio a problematiche molto più al<strong>la</strong>rmanti quali ad<br />

esempio l’anoressia, <strong>la</strong> bulimia, <strong>la</strong> tossicodipendenza….tutti fattori che risultano<br />

provenire dal senso di vuoto e di solitudine iniziale di cui il mondo degli adulti (genitori,<br />

insegnanti, educatori) non è riuscito ad accorgersi in tempo.<br />

Il problema del<strong>la</strong> solitudine infantile e adolescenziale deve e può essere risolto solo<br />

con una presa di coscienza da parte degli adulti e <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore a questo proposito<br />

risulta essere un mezzo molto efficace per affrontarlo e superarlo.<br />

La paura del<strong>la</strong> solitudine e del sentirsi diversi dagli altri è collegata al<strong>la</strong> separazione<br />

dall’ambiente, quindi è sempre stato fondamentale creare delle sessioni in cui sia<br />

possibile rendere i ragazzi consapevoli di tale rapporto. Nel momento in cui viene<br />

portata luce e coscienza al<strong>la</strong> parte re<strong>la</strong>tiva al<strong>la</strong> separazione dal<strong>la</strong> natura, va da sé che i<br />

bambini e i ragazzi si rendono conto che in realtà non sono soli ma c’è un intero<br />

pianeta che, anche se non ne sono consapevoli, si prende cura di loro costantemente<br />

e li ama.<br />

Quello che <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore ha sempre cercato di trasmettere ai ragazzi è stata <strong>la</strong><br />

comprensione che <strong>la</strong> terra, il pianeta in cui viviamo, non è semplicemente il suolo su<br />

cui ogni giorno camminiamo e ci affanniamo come pazzi. La terra è viva, è nostra<br />

madre, ha avuto origine molto tempo prima di noi e dopo miliardi di anni ci ha dato<br />

al<strong>la</strong> luce.<br />

Molte delle sessioni fatte in questi anni sono state incentrate su questo punto.<br />

All’inizio non è facile par<strong>la</strong>re di questo, ciò che viene detto per i ragazzi è solo uno dei<br />

tanti discorsi che gli vengono fatti sull’educazione ambientale o sull’importanza del<strong>la</strong><br />

raccolta differenziata che “deve essere fatta” a scuo<strong>la</strong>. I ragazzi <strong>la</strong> fanno, ma quello di<br />

cui ci siamo accorti è che manca una comprensione più profonda del perché “deve”<br />

essere fatta. Il dovere deve trasformarsi in piacere, in cura, in amore. Così, a volte, uno<br />

degli strumenti che utilizziamo per contattare <strong>la</strong> terra come madre è una sessione<br />

chiamata ”amore per madre terra”. Per prima cosa a occhi chiusi viene spiegato loro<br />

cosa andremo a fare: una passeggiata ecologica in cui si ripulirà un luogo in mezzo al<strong>la</strong><br />

natura dove c’è immondizia. Il tutto viene fatto ad occhi chiusi perché ognuno deve<br />

avere <strong>la</strong> possibilità di contattare se stesso e <strong>la</strong> sua separazione dal pianeta.<br />

Ad ognuno viene fatto l’invito a portare amore e attenzione per ogni più piccolo<br />

rifiuto. Il tutto deve essere fatto in silenzio, ognuno deve contattare se stesso e madre<br />

terra senza <strong>la</strong>sciarsi minimamente distrarre da ciò che fanno gli altri, ma allo stesso<br />

tempo ci si deve muovere come un corpo unico e aiutarsi nel caso di rifiuti più<br />

ingombranti o pesanti. Dopo aver fatto questo, si sceglie un posto dove sostare e fare<br />

un cerchio che viene usato per cristallizzare e <strong>la</strong>sciar sedimentare l’esperienza. Nei<br />

dieci anni di vita del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore abbiamo utilizzato più volte questo strumento e<br />

devo dire che ha avuto un notevole potere trasformativo sul<strong>la</strong> coscienza dei ragazzi.<br />

Un ricordo partico<strong>la</strong>rmente vivo che ho di questo, è accaduto nell’anno sco<strong>la</strong>stico 2000<br />

con <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse 2 A. Quando cominciammo <strong>la</strong> sessione, dopo aver istruito i ragazzi con<br />

una breve c<strong>la</strong>ss sull’argomento, i ragazzi erano molto emozionati. Li invitammo a<br />

chiudere gli occhi e a prendere coscienza di ciò che avremmo fatto. Quando uscimmo e<br />

iniziò <strong>la</strong> raccolta dei rifiuti, il silenzio non sempre fu rispettato, ma le poche parole che<br />

vennero dette, avevano il suono del<strong>la</strong> cooperazione e del<strong>la</strong> comprensione. Quel<strong>la</strong> non<br />

era <strong>la</strong> solita passeggiata ecologica a cui, a volte, avevano aderito tra schiamazzi, ur<strong>la</strong> e<br />

27


totale inconsapevolezza. Poi, con i sacchi pieni d’immondizia e scarti di tutti i tipi,<br />

arrivammo al<strong>la</strong> radura e in silenzio facemmo loro cenno di mettersi in cerchio. Li<br />

invitammo a chiudere gli occhi, poi a prenderci per mano e, guidandoli con una<br />

visualizzazione, li portammo a mettere le loro mani a terra per sentir<strong>la</strong> ed ascoltar<strong>la</strong>.<br />

Sussurrava ai nostri cuori parole di gratitudine. Lo avevamo fatto per lei ma anche per<br />

noi stessi. Fu un momento molto bello e intenso e il silenzio che si respirava aveva il<br />

profumo di una nuova scoperta, di un regalo inaspettato. Poi li invitammo ad aprire di<br />

nuovo gli occhi e a condividere quello che avevano sentito. Ognuno a suo modo disse<br />

che per <strong>la</strong> prima volta si era accorto che <strong>la</strong> terra era veramente viva. Li invitai a<br />

custodire questo ricordo nei loro cuori e gli dissi di portare questa consapevolezza<br />

nel<strong>la</strong> loro vita quotidiana.<br />

L’aspetto fondamentale di questo <strong>la</strong>voro è di portare i ragazzi al<strong>la</strong> comprensione che <strong>la</strong><br />

terra è in grado di trasformare qualsiasi paura. In natura basti pensare a tutti gli<br />

elementi che, a contatto con <strong>la</strong> terra, prendono altre forme; l’esempio più calzante e<br />

con un richiamo fortemente simbolico può essere quello del carbonio che dal<strong>la</strong> terra<br />

viene trasformato in diamante. La stessa cosa può avvenire per le nostre paure, se<br />

entriamo in un contatto profondo con <strong>la</strong> terra, queste vengono trasformate e dissolte.<br />

Con questo intento molte sessioni che abbiamo svolto in questi anni con <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong><br />

Interiore sono state fatte, quando è stato possibile, nel<strong>la</strong> natura.<br />

Uno dei momenti più importanti in questo senso sono i ritiri estivi che svolgiamo ogni<br />

anno, con bambini e ragazzi, al<strong>la</strong> fine dei corsi del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore delle Arti, presso<br />

un centro alle pendici del Sasso Simone Simoncello ( AR). In questa occasione vengono<br />

svolti degli incontri a contatto con <strong>la</strong> natura, i cui temi sono tutti riconducibili al<br />

rapporto con essa e con i quattro elementi.<br />

Ogni giornata è dedicata ad un elemento (aria, acqua, fuoco, terra) e l’intero <strong>la</strong>voro è<br />

basato sul riconoscimento di come questi elementi non sono solo fuori di noi ma<br />

anche dentro di noi.<br />

Saluto al Sole, San Gianni di Sestino (AR).<br />

28


Il ringraziamento al sole, al cielo e alle stelle, al<strong>la</strong> terra e ai suoi frutti, al fuoco…<br />

vengono fatti nei diversi esercizi e meditazioni giornaliere e serali.<br />

I ragazzi hanno così modo di accostarsi al<strong>la</strong> natura e di sentir<strong>la</strong> viva, e nel farlo, ne<br />

escono rigenerati a loro volta. L’intento è di superare <strong>la</strong> separazione col pianeta, di<br />

ristabilire quell’antico contatto con madre terra, che nel corso dei secoli, ed in<br />

partico<strong>la</strong>re nell’ultimo, è andato perduto, togliendo loro <strong>la</strong> possibilità di dissolvere il<br />

senso di vuoto e di solitudine che non gli permette di gioire appieno del<strong>la</strong> vita.<br />

Un altro strumento che affianchiamo spesso ai <strong>la</strong>vori con <strong>la</strong> natura è <strong>la</strong> tecnica del<strong>la</strong><br />

Dinamica di cui, nello specifico, parlerò più avanti. La seconda fase di questa è <strong>la</strong><br />

catarsi che spesso utilizziamo per permettere ai ragazzi di dare sfogo al<strong>la</strong> parte di follia<br />

che c’è in ognuno di loro. A questo proposito vorrei citare l’esempio di un ragazzo,<br />

Giacomo (4), che nell’anno 2004, ha svolto con noi un <strong>la</strong>boratorio di conoscenza ed<br />

espressione del sé e delle arti. Giacomo aveva una situazione familiare molto<br />

problematica. Era il quarto dei sette figli che costituivano <strong>la</strong> famiglia, un padre<br />

autoritario ma del tutto assente a livello affettivo e una madre stanca e sfinita a causa<br />

delle responsabilità sco<strong>la</strong>stiche ed educative che pesavano tutte su di lei. Il ragazzo<br />

aveva una scarsa fiducia in se stesso, dai compagni veniva spesso messo da parte e<br />

considerato diverso, a volte anche giudicato un po’ pazzo a causa del suo eccessivo<br />

egocentrismo e smania di protagonismo eccessivo. Spesso durante <strong>la</strong> ricreazione era<br />

da solo e le volte in cui provava a re<strong>la</strong>zionarsi con gli altri, risultava essere pesante e<br />

logorroico al punto da essere considerato “una piatto<strong>la</strong>” come dicevano i suoi<br />

compagni. Molto importante fu per lui <strong>la</strong> tecnica del<strong>la</strong> Dinamica ed in partico<strong>la</strong>r modo,<br />

come condivise poi in seguito, <strong>la</strong> seconda fase di questa: <strong>la</strong> catarsi. I ragazzi, a occhi<br />

chiusi, sono invitati, a dare libero sfogo al<strong>la</strong> parte pazza e folle che c’è in ognuno di<br />

loro. Per cinque minuti, a occhi chiusi, ognuno può piangere, ridere, buttarsi a terra,<br />

saltare, bal<strong>la</strong>re e dare libero sfogo a tutte le emozioni che solitamente si tendono a<br />

reprimere perché considerate sbagliate o poco conformi alle regole sociali. I ragazzi<br />

sono incoraggiati ad essere veri nel loro sfogo, ma pochi riescono a farlo veramente<br />

nel<strong>la</strong> totalità dei gesti e a giocare con <strong>la</strong> propria pazzia senza sentirsi ridicoli o timorosi<br />

del giudizio altrui.<br />

In questo contesto, Giacomo fu <strong>la</strong> persona che più di tutte riuscì ad esprimere al<br />

massimo <strong>la</strong> parte folle che c’era in lui e a riconoscere che quello era l’unico spazio in<br />

cui poteva farlo senza paura. Si buttò a terra, pianse con tutto se stesso tutte le<br />

<strong>la</strong>crime che davanti agli altri non era mai riuscito a tirare fuori, poi all’improvviso si<br />

trasformò in un vero e proprio pazzo, tirò fuori <strong>la</strong> lingua e cominciò a fare degli strani<br />

versi continuando a roto<strong>la</strong>rsi a terra. Infine, esausto, scoppiò a ridere a crepapelle.<br />

In tutti gli anni che avevo tenuto <strong>la</strong> Dinamica non mi era mai capitato di vedere una<br />

simile totalità così vera e autentica. Poi <strong>la</strong> meditazione continuò con le altre fasi ma<br />

quello che Giacomo condivise nel cerchio finale, fu che mai prima di allora, nel<strong>la</strong> fase<br />

del<strong>la</strong> catarsi, si era sentito così libero e senza paura di essere giudicato pazzo e diverso.<br />

Il suo tono di voce era cambiato, si esprimeva con calma e senza alcun desiderio di<br />

prevaricare sugli altri. La cosa più importante però, fu che, per <strong>la</strong> prima volta, disse che<br />

aveva sentito che poteva imparare ad amarsi e a volersi più bene. Questo per lui, fu<br />

29


solo l’inizio del percorso, che lo portò a fine anno ad integrarsi e ad essere apprezzato<br />

e riconosciuto anche dal gruppo.<br />

“Nelle situazioni di terapia, permetti al<strong>la</strong> persona di impazzire. Una volta che è<br />

impazzita, mollerà <strong>la</strong> paura. Ora sa cos’è <strong>la</strong> follia. La paura è sempre <strong>dello</strong> sconosciuto.<br />

(...)<br />

Dunque aiuta <strong>la</strong> persona a comprendere che non c’è nul<strong>la</strong> di cui preoccuparsi, non c'è<br />

niente di cui avere paura; è una paura creata. Ogni bambino nasce senza paura. Non<br />

ha idea del<strong>la</strong> paura o del<strong>la</strong> morte, o di niente. La meditazione riporta <strong>la</strong> persona al<strong>la</strong><br />

sua infanzia; è rinata. Quindi aiuta <strong>la</strong> persona a comprendere perchè c’è <strong>la</strong> paura.<br />

Rendi chiaro che è un falso fenomeno che gli è stato imposto, e che dunque non c’è<br />

bisogno di preoccuparsi.<br />

In questa situazione puoi impazzire. Non avere paura. Goditi questa situazione, nel<strong>la</strong><br />

quale per <strong>la</strong> prima volta puoi essere folle eppure non condannato, ma amato,<br />

rispettato. Il gruppo deve rispettare <strong>la</strong> persona, amare <strong>la</strong> persona; questa ne ha<br />

bisogno. Si calmerà. Verrà fuori dal<strong>la</strong> paura con una grande libertà, con una grande<br />

energia vitale, forza, ed integrità”.<br />

Osho, Interview with Veeresh (The Three Fears), sept. 1985<br />

30


Separazione dall’altro<br />

“La separazione dall’altro ha diverse radici e riflessi. La prima radicale separazione è quel<strong>la</strong> dal<strong>la</strong> madre,<br />

al<strong>la</strong> nascita. Si tratta di una separazione naturale, che può essere alleggerita o aggravata dal modo in<br />

cui si viene al<strong>la</strong> luce. Questo dipende a sua volta da fattori sociali e culturali.Tali fattori sono poi<br />

determinanti per quanto riguarda altri due tipi di separazione: quel<strong>la</strong> nel rapporto tra i sessi e con <strong>la</strong><br />

sessualità,e quel<strong>la</strong> che riguarda più in generale le re<strong>la</strong>zioni con gli altri esseri umani. Attualmente, <strong>la</strong><br />

disgregazione del tessuto sociale è giunta a livelli mai sperimentati prima, agevo<strong>la</strong>ndo iso<strong>la</strong>mento,<br />

diffidenza, paura”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da “Openings: Self, Other, Nature-­‐ Varco del sole 2010”<br />

La prima e più evidente separazione che, come ho già detto, abbiamo riscontrato<br />

maggiormente tra i bambini e i ragazzi, è stata senza dubbio <strong>la</strong> separazione dall’altro.<br />

Questa separazione è legata al<strong>la</strong> paura e al<strong>la</strong> vergogna di fondersi con l’altro, di<br />

incontrarlo in una re<strong>la</strong>zione di amicizia più profonda e più vera e al senso di colpa.<br />

Il senso di colpa nasce nel momento in cui un individuo pensa che ciò che sta facendo<br />

o pensando sia sbagliato e nel momento in cui l’altro se ne accorgerà sicuramente lo<br />

giudicherà male. Si basa quindi sul<strong>la</strong> paura interiorizzata, a volte inconscia, di un<br />

giudizio negativo da parte dell’altro. L’origine dei sensi di colpa va sicuramente<br />

ricercata negli anni del<strong>la</strong> prima infanzia. Essi si sono formati nel rapporto con <strong>la</strong> madre<br />

quando eravamo molto piccoli e rappresentano tutto ciò che essa ci proibiva, oppure<br />

che noi stessi abbiamo creduto che non le piacesse.<br />

La proibizione materna e/o paterna non è stata solo quel<strong>la</strong> dichiarata esplicita, anzi<br />

essa ci è stata passata soprattutto dal loro comportamento esterno che veniva poi<br />

interpretato dalle nostre menti ancora poco sviluppate e quindi incapaci di capire<br />

coerentemente. La prima paura del giudizio viene dunque dal<strong>la</strong> madre e in seguito dal<br />

padre ed è profondamente connessa quindi con <strong>la</strong> paura di un loro rifiuto o<br />

abbandono. Crescendo poi, questa paura si estende anche a tutto il resto del tessuto<br />

sociale. Iniziamo così sin dal<strong>la</strong> prima adolescenza a vivere <strong>la</strong> nostra vita indossando<br />

sempre una maschera che, apparentemente ci fa sentire protetti e al sicuro, perché ci<br />

evita di confrontarci con <strong>la</strong> paura del rifiuto dell’altro, ma in realtà non ci permette di<br />

essere autentici e veri. I rapporti sociali che vengono così a crearsi sono dunque, il più<br />

delle volte molto superficiali e si limitano ad un contatto fisico quasi nullo perché<br />

esternare troppo i nostri sentimenti, le nostre emozioni potrebbe essere giudicato<br />

sconveniente e poco consono alle regole del comune costume. Questo ci porta sempre<br />

di più a separarci dall’altro e a instaurare con lui un rapporto non sano.<br />

Va da sé quindi il motivo per cui, già nel<strong>la</strong> tenera età del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> elementare si<br />

possono notare le prime separazioni che vengono a crearsi tra i bambini, separazioni<br />

che diventeranno sempre più profonde nell’adolescenza, fino a divenire enormi e a<br />

volte, considerate quasi insormontabili, nel mondo degli adulti.<br />

Le Sessioni che in questi anni ha proposto <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> Interiore per rendere i ragazzi<br />

consapevoli di tale separazione, sono molto importanti perché per prima cosa li<br />

conducono all’esplorazione delle loro emozioni, all’incontro con l’altro e al<strong>la</strong> creazione<br />

di un “cerchio di amici”.<br />

“Il cerchio” infatti, come nel <strong>la</strong>voro dell’O.I.C, è sempre stato uno strumento<br />

indispensabile attraverso il quale i ragazzi imparano a comunicare con gli altri e ad<br />

31


esprimere quello che provavano senza <strong>la</strong> paura del giudizio altrui. E’ un simbolo di<br />

amicizia e condivisione che ci permette di superare i litigi e le incomprensioni<br />

quotidiane, di imparare ad essere veri ed autentici e di creare l’armonia nel gruppo.<br />

Quando le prime volte ci si siede in un cerchio, si può subito notare come i ragazzi non<br />

siano abituati a par<strong>la</strong>re in verità e a condividere agli altri se stessi e le proprie<br />

emozioni.<br />

Lo strumento che abbiamo sempre utilizzato e che da <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> solo a chi ce l’ha in<br />

mano, è una pietra a forma di cuore. Spieghiamo loro che è importante imparare ad<br />

ascoltare l’altro dallo spazio del cuore, cioè da uno spazio ricettivo, che accetta l’altro<br />

così com’è e senza alcun giudizio. Le prime volte i ragazzi tendono a distrarsi o a<br />

intervenire subito senza aspettare il proprio turno, nel caso in cui qualcuno par<strong>la</strong> di<br />

loro in prima persona per esporre qualcosa che li ha feriti. Perciò è importante<br />

spiegare loro che “l’ascolto vero” in quel modo non può accadere, perché tutta <strong>la</strong> loro<br />

energia non è impiegata nel voler realmente comprendere l’altro e quello che ha<br />

provato. Nei primi cerchi si nota quindi come siano troppo impegnati ad aver paura del<br />

giudizio e a cercare di mascherare il loro senso di colpa per aver ferito l’altro. Dopo i<br />

primi incontri però, a poco a poco i cerchi diventano sempre più silenziosi e <strong>la</strong> qualità<br />

dell’ascolto e dell’espressione delle loro emozioni diviene più profonda.<br />

In questi anni abbiamo condotto molti cerchi, e toccato differenti realtà sociali e<br />

istituzionali, tuttavia posso dire come questo semplice strumento sia stato in realtà<br />

uno dei mezzi più efficaci per superare <strong>la</strong> separazione dall’altro e <strong>la</strong> paura del giudizio<br />

altrui. Spesso ci siamo ritrovati a piangere insieme quando qualcuno apriva il suo cuore<br />

al cerchio e mostrava le sue fragilità e <strong>la</strong> sua vulnerabilità, oppure quando<br />

timidamente riconosceva i suoi limiti e le sue paure o vergogne e con l’amore degli<br />

altri riusciva a superarli e a ritrovare <strong>la</strong> fiducia in se stesso. Quando questo accadeva<br />

c’era un profondo rispetto e invitavamo i ragazzi a riconoscere come quelle<br />

condivisioni così vere e toccanti fossero d’aiuto a tutti.<br />

Nel cerchio “<strong>la</strong> guarigione di uno è <strong>la</strong> guarigione di tutti”, è questo che ho imparato<br />

nell’O.I.C. ed è questo che abbiamo sempre cercato di far comprendere ai bambini e ai<br />

ragazzi. Ognuno è lo specchio dell’altro, delle sue paure dei suoi dolori e nel momento<br />

in cui anche uno solo riesce a condividerli, ne traggono beneficio tutti e di conseguenza<br />

aprono di più il loro cuore. Nell’analisi re<strong>la</strong>zionale che abbiamo effettuato nel<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong><br />

Interiore, abbiamo notato che spesso i maschi fanno più fatica nel par<strong>la</strong>re di sè e delle<br />

proprie emozioni, ma quando qualcuno di loro si <strong>la</strong>scia andare, a volte anche col<br />

pianto, che per cultura e condizionamento è sempre ritenuto sbagliato perché<br />

sinonimo di debolezza maschile, anche in tutti gli altri avviene un ri<strong>la</strong>ssamento, una<br />

comprensione che il cerchio è un luogo dove questo è possibile senza essere giudicati.<br />

A questo proposito abbiamo sempre messo in chiaro che il cerchio è sacro. Tutto<br />

quello che vine detto lì deve rimanere solo tra i presenti. E’ un patto che facciamo<br />

sempre all’inizio di ogni <strong>la</strong>boratorio, e che deve essere rispettato.<br />

Oltre ai cerchi, un altro strumento fondamentale riguardo al<strong>la</strong> trasformazione di<br />

questa separazione è rappresentato dalle sessioni di socializzazione. Queste<br />

comprendono momenti di condivisione a coppie o a gruppi-­‐famiglie, varie meditazioni<br />

sociali e soprattutto gli abbracci. Questi ultimi a mi avviso, sono stati lo strumento<br />

principale che i ragazzi hanno usato e riconosciuto per superare <strong>la</strong> separazione<br />

32


dall’altro. Quello che loro hanno sempre condiviso nei cerchi finali è stato che il<br />

momento più temuto ma anche il più atteso è stato quello degli abbracci.<br />

Spieghiamo ai ragazzi come devono abbracciarsi mimando attraverso una serie di<br />

scenette ironiche come non va fatto un abbraccio. Non vogliamo che l’incontro sia<br />

superficiale e frettoloso, niente pacche sulle spalle e non c’è bisogno neppure di<br />

par<strong>la</strong>re mentre lo fanno. Vogliamo che contattino l’altro, e quindi se stessi, il più<br />

autenticamente possibile, pertanto l’abbraccio deve avvenire per prima cosa ad occhi<br />

chiusi perché lo sguardo deve essere rivolto all’interno, al loro mondo <strong>interiore</strong>.<br />

Inoltre le ginocchia sono leggermente flesse e si incastrano tra quelle dell’altro in<br />

modo da non creare nessuna separazione fisica, il cuore deve essere a contatto con il<br />

cuore dell’altro. Ultima rego<strong>la</strong>: mentre ci si abbraccia si respira insieme e qualsiasi<br />

emozione “sale a gal<strong>la</strong>” le si da lo spazio e il tempo di sentir<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> sua totalità.<br />

All’inizio, quando li facciamo abbracciare <strong>la</strong> prima volta, è evidente l’imbarazzo e <strong>la</strong><br />

vergogna che provano soprattutto i maschi nell’andare incontro alle femmine e<br />

viceversa, ma le stesse emozioni sono provate anche dai maschi nei confronti del loro<br />

stesso sesso poiché hanno paura di essere giudicati omosessuali. Questo<br />

condizionamento riguardo all’incontro fisico con l’altro ha origine, come ho detto<br />

prima, sin dall’infanzia. Nel confronto di un <strong>la</strong>voro tra <strong>la</strong> prima e <strong>la</strong> quinta elementare<br />

si può notare, infatti, come in quest’ultima, sia già molto più evidente <strong>la</strong> vergogna di<br />

incontrare in un abbraccio sincero e amichevole l’altro sesso. In un’analisi generale,<br />

questa vergogna diviene ancora più evidente negli anni del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> media, in cui,<br />

durante <strong>la</strong> terza, si acuisce anche quel<strong>la</strong> tra maschi. Il condizionamento<br />

dell’omosessualità maschile e <strong>la</strong> paura di essere giudicati tali dagli altri se ci si<br />

abbraccia, inizia proprio verso i 12-­‐13 anni.<br />

In un comune <strong>la</strong>boratorio di conoscenza del sé, dopo le prime sessioni, si può notare<br />

come queste dinamiche si trasformano radicalmente e quello che prima vedono come<br />

uno strumento che li mette di fronte ai loro limiti e incapacità di andare incontro<br />

all’altro si trasforma nel momento più atteso e desiderato per tutti.<br />

Abbraccio<br />

33


Riguardo al<strong>la</strong> separazione dall’altro, un caso emblematico, a questo proposito, è stato<br />

quello di Federico (4) di 15 anni. Era un ragazzo con enormi problemi re<strong>la</strong>zionali legati<br />

ad una incapacità comunicativa che si manifestava con difficoltà nel<strong>la</strong> comprensione<br />

delle parole, associata ad un continuo e costante monologo solitario.<br />

Più volte era stato richiamato da noi insegnanti a causa di comportamenti ve<strong>la</strong>tamente<br />

violenti che aveva mostrato nei confronti degli altri. Federico si sentiva diverso dagli<br />

altri, escluso e con un forte senso di inadeguatezza. Con certezza posso affermare che<br />

avvertiva <strong>la</strong> diversità, il giudizio e <strong>la</strong> paura di essere considerato disabile più di tutto il<br />

resto del gruppo. Ciò nonostante frequentava <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> da tre anni e per lui era <strong>la</strong> sua<br />

seconda famiglia, un luogo dove avvertiva che nonostante fosse messo a contatto con i<br />

suoi limiti e le sue difficoltà aveva <strong>la</strong> possibilità di superarli e di sentirsi accettato nel<strong>la</strong><br />

sua unicità. La sua forte sensibilità e <strong>la</strong> genialità inaspettata che mostrava di avere in<br />

determinate situazioni, il fatto che queste, per <strong>la</strong> prima volta, fossero comprese e<br />

valorizzate da parte di tutti gli altri, gli ha dato a poco a poco <strong>la</strong> fiducia in se stesso.<br />

Nei primi anni, questa separazione dall’altro era in partico<strong>la</strong>r modo evidente durante<br />

gli abbracci. Le prime volte era così imbarazzato che non riusciva a stare in silenzio e a<br />

contattare l’altro per più di alcuni secondi. Era chiaro a tutti il suo grande desiderio di<br />

volerlo fare, ma <strong>la</strong> vergogna e il forte senso di colpa che provava glielo impedivano. In<br />

questi anni ho visto in lui un notevole cambiamento e grazie all’amore del cerchio è<br />

riuscito a poco a poco a superare i suoi limiti.<br />

Il punto di svolta però ce l’ ha avuto lo scorso anno, in un ritiro estivo del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong><br />

Interiore delle Arti. In partico<strong>la</strong>r modo grazie ad un cerchio condotto da noi insegnanti<br />

insieme a Sudhiro che era stato invitato per aiutare i ragazzi ad entrare in un contatto<br />

più profondo con se stessi e con gli altri e superare così le loro paure più profonde.<br />

Cerchio di condivisione, San Gianni di Sestino (AR).<br />

34


Sudhiro parlò ai ragazzi del popolo Lakota e del<strong>la</strong> loro connessione con il pianeta e con<br />

tutti gli esseri visibili e non visibili. Spiegò loro che questo popolo era solito attribuire a<br />

ciascun uomo il nome di un animale in base alle caratteristiche e alle qualità che<br />

avevano in comune e che ogni animale aveva in sé una “medicina” che poteva donare<br />

agli altri per aiutarli nel loro processo evolutivo. Non appena Sudhiro si sedette nel<br />

cerchio incontrò lo sguardo aperto e ricettivo di Federico che sembrava che lo<br />

aspettasse da un’infinità di anni e lo chiamò Tabloka (5). Gli spiegò che lui era un<br />

animale molto raro ed era l’unico che sapeva proteggere il cerchio e pur di farlo era<br />

capace di mettere a rischio <strong>la</strong> sua stessa vita.<br />

Poi lo invitò a cantare per il cerchio. Federico aveva sempre odiato cantare perché, a<br />

causa delle sue difficoltà linguistiche, dovute esclusivamente al suo senso di<br />

inadeguatezza e al suo sentirsi diverso, pensava di non saperlo fare. Sollecitato però<br />

dall’amore di Sudhiro e dal cerchio che credeva in lui, Federico cantò, e dopo averlo<br />

fatto <strong>la</strong> sua paura si sciolse in gioia e gratitudine. La sua esperienza e il suo coraggio<br />

furono un grande esempio per tutti. Da quel momento in poi <strong>la</strong> sua vita è cambiata, il<br />

suo re<strong>la</strong>zionarsi agli altri è diventato molto più vero e certe stereotipie che aveva<br />

mostrato in passato sembrano oggi quasi dissolte.<br />

“Finchè c’è questo sentimento di separazione, l’amore non può essere conosciuto. L’amore è l’esperienza<br />

dell’unità. La demolizione dei muri, <strong>la</strong> fusione di due energie: questo è ciò che è l’esperienza dell’amore.<br />

L’amore è l’estasi nel<strong>la</strong> quale i muri tra due persone crol<strong>la</strong>no, dove due vite si incontrano, dove due vite si<br />

uniscono. Quando tra due persone esiste una tale armonia, <strong>la</strong> chiamo amore”.<br />

Osho, From Sex to Superconsciousness, cap. 1, 28 ago 1968<br />

35


Separazione dal sé<br />

“Conosci te stesso”<br />

Iscrizione sull’ingresso dell’Oracolo di Delfi, antica Grecia<br />

“ Andando anche oltre <strong>la</strong> concezione psicanalitica del<strong>la</strong> separazione dal se’, con le sue sfumature di<br />

alienazione, paranoia, depressione, schizofrenia, etc... –è facile notare come l’attuale umanità sia spinta<br />

a vivere questo aspetto molto più intensamente che in passato.<br />

Consideriamo quale separazione <strong>interiore</strong> il semplice non conoscere se’ stessi; possiamo intenderlo sia in<br />

senso filosofico che religioso, ma anche in un verso più ordinario.Ovvero, non conoscere le proprie<br />

emozioni e non essere in contatto con queste, non essere consapevoli delle proprie qualità interiori così<br />

come dei limiti imposti dal condizionamento. Soprattutto, non conoscere il proprio se’ al di là<br />

dell’identificazione con l’attività mentale, ignorare gli spazi di silenzio, meditazione e pace che attendono<br />

nel nostro centro <strong>interiore</strong>. Ancora più superficialmente, non conoscersi significa subire e replicare il<br />

costume e l’identificazione individuale e sociale, sostituendo ai nostri intenti reali dei modelli, spesso<br />

irreali, che possano garantire l’accezione del costume.Il sistema di produzione, quello sociale e familiare,<br />

l’ambiente sco<strong>la</strong>stico, mediatico, culturale e religioso, fino al sistema sanitario, tutti riflettono e<br />

amplificano ogni tipo di separazione, che costantemente si scontra, a livello inconscio, con il sentire<br />

<strong>interiore</strong>. L’individuo è così rigettato, ad ogni passo, nell’inconsapevolezza, nel<strong>la</strong> repressione, nel<br />

compromesso”. ”.<br />

Sw. Jivan Arshad , tratto da “Openings: Self, Other, Nature-­‐ Varco del sole 2010”<br />

L’ultima separazione è quel<strong>la</strong> dal proprio sé e, nel mondo infantile e adolescenziale,<br />

come in quello degli adulti, è legata al<strong>la</strong> paura del<strong>la</strong> morte, <strong>dello</strong> sconosciuto, del<br />

proprio mondo <strong>interiore</strong>. Questa separazione è profondamente connessa con le prime<br />

due, in quanto rappresenta <strong>la</strong> paura di contattare le proprie emozioni e il proprio<br />

mondo <strong>interiore</strong> ed esternarle quindi agli altri e all’ambiente circostante. La<br />

separazione dal sé comporta quindi <strong>la</strong> separazione dagli altri e dal pianeta ma è anche<br />

vero che, come ho già accennato, tutte le separazioni e paure sono collegate tra loro in<br />

un rapporto di dipendenza reciproca. Il proprio mondo <strong>interiore</strong> rappresenta lo<br />

sconosciuto, il mistero e, contattare questa parte dentro di noi significa rendersi<br />

consapevoli che non siamo solo i nostri pensieri, non siamo solo il nostro corpo, ma<br />

siamo qualcosa di molto più profondo. Questa parte profonda è ciò che molti<br />

definiscono il nostro sé, <strong>la</strong> nostra anima, il nostro spirito. Il corpo e <strong>la</strong> mente sono un<br />

giorno destinati a morire ma il nostro sé è l’unica parte di noi che è eterna, ecco<br />

perché fa parte del mistero e <strong>dello</strong> sconosciuto. La maggior parte delle persone vive <strong>la</strong><br />

vita senza alcuna consapevolezza di questo spazio e teme <strong>la</strong> morte perché è<br />

identificata con il corpo e con l’attività del<strong>la</strong> mente. Un contatto profondo con il<br />

proprio sé è dunque indispensabile per riuscire a superare questa paura.<br />

La paura del<strong>la</strong> morte è presente nei bambini sin dai primi anni di vita e si manifesta, a<br />

volte, con <strong>la</strong> paura del dormire da soli e del desiderare quindi, che qualcuno sia lì con<br />

loro durante <strong>la</strong> notte.<br />

Inoltre i media e <strong>la</strong> televisione in questo senso acuiscono, inconsapevolmente o no,<br />

tale paura, attraverso immagini di morti violente e terribili. In questo modo, il<br />

bambino, sin da quando è molto piccolo, comincia ad associare <strong>la</strong> morte ad una cosa<br />

terrificante e negativa, e non ha mai modo di accostarsi a questa realtà in modo<br />

sereno e naturale.<br />

36


Questa paura dunque è talmente profonda e radicata nel<strong>la</strong> nostra cultura che viene<br />

trasmessa ai bambini sin dal<strong>la</strong> prima infanzia, cercando di evitare tale argomento<br />

perché si teme di spaventarli o perché si pensa che non siano in grado di gestir<strong>la</strong>. In<br />

realtà, così facendo, non si fa altro che far<strong>la</strong> sedimentare e crescere in loro sempre di<br />

più. Come prima cosa sarebbe opportuno al<strong>la</strong>rgare gli orizzonti e conoscere altre<br />

culture diverse dal<strong>la</strong> nostra, civiltà presso le quali <strong>la</strong> morte viene vissuta come un<br />

momento di celebrazione, e il dolore, che viene percepito per <strong>la</strong> separazione dal<br />

defunto, è vissuto in modo più sano. In queste culture i bambini partecipano<br />

attivamente alle funzioni religiose sin dal<strong>la</strong> nascita, e <strong>la</strong> morte è vista come naturale<br />

evoluzione del<strong>la</strong> vita. Questi popoli mostrano certamente di avere un contatto più<br />

profondo con il proprio sé e con il proprio mondo <strong>interiore</strong>, pertanto rapportarsi al<br />

loro modo di vivere <strong>la</strong> morte, potrebbe sicuramente aiutare a riflettere sui<br />

condizionamenti culturali che <strong>la</strong> nostra società mostra di avere riguardo ad essa.<br />

I tabù che abbiamo riguardo al<strong>la</strong> morte conducono anche al<strong>la</strong> paura per tutto ciò che<br />

è sconosciuto. Si forma così il condizionamento che <strong>la</strong> vita sia dura e spietata e il<br />

mondo, un luogo ostile e pericoloso, in cui non ci si può fidare di nessuno. In questo<br />

modo, come accennavo prima, <strong>la</strong> separazione dal sé favorisce anche <strong>la</strong> separazione<br />

dall’altro, che è visto come lo sconosciuto, qualcuno di cui diffidare.<br />

La separazione dal sé dovuta a tale paura provoca spesso uno stato depressivo <strong>la</strong>tente<br />

o manifesto che conduce i bambini e i giovani a iso<strong>la</strong>rsi per paura di vivere e sentire <strong>la</strong><br />

vita nel<strong>la</strong> sua pienezza.<br />

Studi epidemiologici recenti hanno evidenziato che tra i ragazzi del<strong>la</strong> fascia d'età<br />

compresa tra i 9 ed i 17 anni, una percentuale consistente (oltre il 7%), soffre di<br />

disturbi depressivi. I sintomi di tale disturbo si manifestano in diversi modi: senso di<br />

inferiorità nei confronti degli altri, tristezza, pessimismo, irritabilità, mancanza di<br />

concentrazione, atteggiamenti a volte aggressivi, scarsa energia e motivazione. Inoltre,<br />

tali ragazzi tendono a vedere <strong>la</strong> vita come inutile e priva di interessi e a trascurare<br />

quindi l’igiene personale o a mostrare segni di inappetenza che possono sfociare anche<br />

nell’anoressia.<br />

Questi fattori sono tutti potenzialmente riconducibili al<strong>la</strong> separazione dal sé, in quanto<br />

il contatto con il proprio mondo <strong>interiore</strong> e <strong>la</strong> scoperta del proprio sé portano al<strong>la</strong> luce<br />

questi stati d’animo, permettendo così di prenderne coscienza e di superare quei<br />

disagi che si manifestano nel<strong>la</strong> personalità del ragazzo.<br />

Nel<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> <strong>interiore</strong> le sessioni d’introspezione delle proprie emozioni e di<br />

conoscenza del proprio sé , le meditazioni e le induzioni sul cuore, sono state lo<br />

strumento principale attraverso cui i ragazzi hanno contattato più profondamente se<br />

stessi e superato <strong>la</strong> separazione dal loro mondo <strong>interiore</strong> e <strong>la</strong> paura <strong>dello</strong> sconosciuto.<br />

Riguardo a questa paura l’esempio più evidente è sempre stato il primo contatto che<br />

hanno avuto ad occhi chiusi con il loro sé. La prima sessione che proponiamo sempre<br />

ai ragazzi riguarda <strong>la</strong> differenza tra il mondo esteriore e mondo <strong>interiore</strong>. La tecnica di<br />

per sé è molto semplice, si tratta di due tipi di danze, una a occhi aperti e una a occhi<br />

chiusi. La prima è il contatto con il mondo esteriore.<br />

Dal momento in cui apriamo gli occhi <strong>la</strong> mattina al momento in cui <strong>la</strong> sera li chiudiamo<br />

per addormentarci, <strong>la</strong> nostra mente è sempre proiettata verso l’esterno, verso ciò che<br />

vediamo, ma cosa succede se a volte ci concediamo, nel bel mezzo del<strong>la</strong> giornata, di<br />

37


chiudere gli occhi e osservare semplicemente cosa succede dentro di noi? C’è un<br />

mondo dentro, un mondo sconosciuto di cui molti ignorano perfino l’esistenza. Il<br />

primo contatto con questo mondo all’inizio può fare paura, un senso di vuoto, nul<strong>la</strong> a<br />

cui aggrapparsi, nul<strong>la</strong> che si può vedere o toccare. All’inizio c’è il buio, c’è lo<br />

sconosciuto. Poi, pian piano, se riusciamo a <strong>la</strong>sciar andare questa paura, l’imbarazzo e<br />

il disagio che ne derivano, ci ri<strong>la</strong>ssiamo e in questo ri<strong>la</strong>ssamento possiamo incontrare<br />

quel<strong>la</strong> parte di noi che non conosciamo e scoprire che è un mondo meraviglioso, pieno<br />

di mille colori e sfumature, un vuoto che è pieno, un nul<strong>la</strong> che è tutto. E’ l’ essenza più<br />

intima e profonda che ciascuno ha dentro di sè. E’ quello che noi chiamiamo il nostro<br />

mondo <strong>interiore</strong>.<br />

Questa è una delle premesse che facciamo sempre ai ragazzi prima di iniziare a fargli<br />

sperimentare questa tecnica che è <strong>la</strong> base del nostro <strong>la</strong>voro di conoscenza del sé.<br />

All’inizio i ragazzi fanno fatica a chiudere gli occhi. La mente non è abituata a essere<br />

osservata, è sempre lei che vuole osservare, vedere e il più delle volte giudicare ciò che<br />

è giusto o sbagliato. Dunque come prima cosa, <strong>la</strong>sciamo che i ragazzi lo facciano <strong>la</strong><br />

prima volta come un gioco, un esperimento. Nel primo si guardano, bal<strong>la</strong>no insieme,<br />

ridono e in alcuni casi contattano le loro vergogne perché anche bal<strong>la</strong>re ad occhi<br />

aperti, quando tutti si guardano non sempre è facile. Poi li invitiamo a chiudere gli<br />

occhi e <strong>la</strong> prima volta, di solito, non lo prendono sul serio, alcuni sbirciano di tanto in<br />

tanto, altri si guardano o si cercano fisicamente per sentire che non sono soli o<br />

semplicemente perché <strong>la</strong> curiosa novità li imbarazza e li mette a disagio.<br />

Successivamente li invitiamo a sperimentare di nuovo lo stesso esercizio, ma questa<br />

volta chiediamo loro di farlo veramente, di mettersi in gioco con totalità e di non<br />

dipendere dal giudizio degli altri perché, se lo fanno davvero, possono scoprire un<br />

dono, un regalo che è possibile ricevere solo stando da soli con se stessi.<br />

La seconda volta è sempre diversa dal<strong>la</strong> prima, loro sono diversi, perché iniziano a<br />

familiarizzare con quel<strong>la</strong> parte sconosciuta che è in loro.<br />

Questa tecnica sul mondo <strong>interiore</strong> è sempre stata <strong>la</strong> base di tutte le meditazioni che,<br />

in questi anni abbiamo proposto. Queste sono state diverse: Dinamica, Kundalini,<br />

Heart Chakra, Peace Meditation…<br />

Tuttavia tali tecniche, che solitamente durano un’ora per gli adulti, sono ridotte, a<br />

seconda dell’età dei bambini o dei ragazzi, a delle short meditation. La meditazione<br />

dinamica, che insieme al<strong>la</strong> Heart Chakra è stata quel<strong>la</strong> più utilizzata, è stata ridotta a<br />

12 minuti per i ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 13 anni e 20 minuti per i ragazzi<br />

dai 14 ai 18. Questa tecnica, di cui ho già accennato in precedenza, è composta da 5<br />

stadi. Il primo è <strong>la</strong> respirazione caotica. I ragazzi sono invitati a concentrare tutta <strong>la</strong><br />

loro energia sull’espirazione, che deve essere caotica, cioè senza un ritmo continuo. Se<br />

i ragazzi non l’hanno mai fatta prima, qualcuno potrebbe avvertire, in questa fase, dei<br />

capogiri. Se succede, li rassicuriamo invitandoli a ridurre il ritmo e spiegando loro che<br />

ciò accade perchè l’ossigeno che viene immesso nel corpo con questa respirazione è<br />

molto di più di quello a cui siamo normalmente abituati. Dopo questa fase si passa allo<br />

stadio successivo: La catarsi. Qui invitiamo i ragazzi a dare sfogo al<strong>la</strong> parte di follia che<br />

c’è in loro. Possono piangere, ridere, bal<strong>la</strong>re, arrabbiarsi. Il terzo stadio è lo “hu!”. Con<br />

le mani in alto si salta ur<strong>la</strong>ndo dal<strong>la</strong> pancia il mantra “hu!” Questo stadio a volte può<br />

risultare un po’ faticoso ma se lo si fa totalmente, dà una carica e una forza <strong>interiore</strong><br />

38


incredibile. L’obiettivo è quello di utilizzare tutta l’energia del corpo fino allo stremo e<br />

fino a quando <strong>la</strong> musica non si interrompe e si sente una voce che grida: stop!<br />

Così all’improvviso ci si ferma, immobili come statue e si ascolta a occhi chiusi l’energia<br />

che scorre nel corpo e quello che succede nel nostro mondo <strong>interiore</strong>. Questo è<br />

sicuramente lo stadio più importante, dopo i primi tre che sono dinamici, nel quarto<br />

può accadere <strong>la</strong> meditazione, cioè l’incontro con il nostro sé. Di questa fase, alcuni<br />

ragazzi, nel corso di vari <strong>la</strong>boratori da noi condotti, ci hanno sempre detto che è stato<br />

il momento più bello e molti hanno condiviso, in seguito, di aver avuto “una<br />

sensazione di pace e di silenzio mai provata prima”. Quinto stadio <strong>la</strong> celebrazione.<br />

Attraverso una danza, invitiamo i ragazzi a celebrare loro stessi, il loro coraggio, <strong>la</strong> loro<br />

vita.<br />

Riguardo a questa terza separazione, oltre alle meditazioni, un altro strumento<br />

fondamentale che utilizziamo sempre è l’induzione sul cuore. Osho ha più volte<br />

par<strong>la</strong>to <strong>dello</strong> spazio del cuore come <strong>dello</strong> spazio del vuoto, del<strong>la</strong> non-­‐mente. Quando<br />

per <strong>la</strong> prima volta parliamo ai ragazzi del cuore, le ragazze sono felici, perché pensano<br />

che sia qualcosa che ha a che fare con un sentimentalismo romantico, mentre i maschi,<br />

di solito, snobbano <strong>la</strong> cosa pensando che sia da femminucce. Dopo alcune induzioni<br />

però, nelle quali, a occhi chiusi e guidati dal<strong>la</strong> mia voce, tutti i ragazzi contattano più<br />

volte il proprio cuore, prendono coscienza che quello spazio è semplicemente <strong>la</strong> loro<br />

casa, un posto dentro ognuno di loro dove non c’è alcun tipo di giudizio ma solo<br />

silenzio, ri<strong>la</strong>ssamento e accettazione di ciò che è, senza più alcun desiderio di dover<br />

cambiare. L’esperienza del contatto con il proprio cuore è, a detta di molti, <strong>la</strong> scoperta<br />

di uno spazio dentro di loro di assoluta pace e fiducia in se stessi.<br />

“Il giorno in cui conoscerai il tuo stesso se’, conoscerai il se’ di tutto il creato, perchè al centro tutto è<br />

uno. Le distanze esistono solo al<strong>la</strong> periferia.” Osho, The great path, cap. 3, 13 sept 1974<br />

Meditazione sul cuore, San Gianni di Sestino (AR).<br />

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CAPITOLO 5: LA SUMMA DEL LAVORO SULLE TRE<br />

SEPARAZIONI E PAURE: IL FILM “RISVEGLIO<br />

Nel seguente capitolo ho voluto fare un’analisi critica e dettagliata di un film che<br />

nell’anno sco<strong>la</strong>stico 2001-­‐2002 abbiamo realizzato con <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse 3C del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> media<br />

di Sant’Agata Feltria. Il film dal titolo “Risveglio” è <strong>la</strong> storia di Zorba e Buddha e<br />

rappresenta <strong>la</strong> summa di tutto il <strong>la</strong>voro svolto con quel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse sulle 3 separazioni e<br />

paure presenti in ogni uomo.<br />

( Vedi Allegato A)<br />

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CONCLUSIONI<br />

Devo molto al <strong>la</strong>voro sulle separazioni che ho vissuto e appreso all’interno dell’O.I.C.<br />

Questo ha costituito <strong>la</strong> base di tutto il <strong>la</strong>voro al quale, a mia volta, ho dato vita<br />

attraverso <strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore.<br />

Essere parte <strong>dello</strong> staff dell’O.I.C. mi ha dato, e continua a darmi, <strong>la</strong> possibilità di una<br />

più profonda conoscenza di me stessa e degli altri. Lo staff è l’anima pulsante e<br />

costante dell’O.I.C. e penso che siano state proprio le persone che lo costituiscono a<br />

darmi <strong>la</strong> forza e <strong>la</strong> fiducia di portare questo <strong>la</strong>voro nel mondo infantile e<br />

adolescenziale. Nello staff sono cresciuta e ho approfondito ed integrato tutto il <strong>la</strong>voro<br />

sulle separazioni che avveniva nei gruppi. Esserne parte mi ha dato <strong>la</strong> possibilità di<br />

specchiarmi in ognuno di loro, di confrontarmi e a volte di giudicarmi anche<br />

inadeguata e non sempre all’altezza di tale ruolo. Il loro amore e <strong>la</strong> loro verità però mi<br />

hanno sempre aiutata a superare queste barriere e a comprendere che io ero <strong>la</strong> so<strong>la</strong><br />

responsabile delle mie separazioni e paure.<br />

Prendermi <strong>la</strong> responsabilità di esserne io stessa l’artefice, mi ha dato <strong>la</strong> possibilità di<br />

<strong>la</strong>sciarle andare e di riconoscere, ogni qual volta lo facevo, il mio sé autentico.<br />

All’università non ti insegnano a diventare un’insegnante, ti danno nozioni, ti danno<br />

un’istruzione puramente didattica e <strong>la</strong> stessa cosa avviene nel mondo del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>.<br />

Nell’Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong>, nello staff e nel<strong>la</strong> Comune ho compreso come andare oltre le<br />

mie paure e ho imparato a fidarmi di me. Riconoscendo il mio potenziale ho compreso<br />

come riconoscerlo in ogni mio alunno e ho capito che quello era l’unico modo in cui<br />

avrei voluto e potuto fare l’insegnante. Ho appreso, e tuttora continuo ad apprendere,<br />

<strong>la</strong> stupenda arte del discepolo che ane<strong>la</strong> a diventare maestro di se stesso.<br />

Questa tesi è stata per me una preziosa opportunità e un meraviglioso regalo che ho<br />

fatto a me stessa. Mentre <strong>la</strong> scrivevo ho rivissuto momenti magici e indimenticabili. Ho<br />

ricordato, come Siddharta davanti al fiume, tutte le separazioni del<strong>la</strong> mia vita e le ho<br />

integrate ancora più profondamente dentro di me. Il <strong>la</strong>voro dell’O.I.C è una ricerca e<br />

una sperimentazione continua di cui ogni volta ne riscopro <strong>la</strong> bellezza e <strong>la</strong> profondità.<br />

Spesso mi dimentico del suo valore e del<strong>la</strong> sua importanza e non sempre riesco a<br />

essere consapevole delle separazioni e delle paure che vivo. Metterle per iscritto mi ha<br />

permesso di averne maggiore consapevolezza e mi ha aiutato a ritrovare le chiavi che<br />

ne aprono le porte.<br />

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RINGRAZIAMENTI<br />

Ringrazio dal profondo del mio cuore il mio amico Arshad che mi ha insegnato a vivere<br />

<strong>la</strong> mia vita con pienezza e totalità, ad aver fiducia in me stessa e a credere sempre che i<br />

sogni, proprio come i semi, possono fiorire e diventare realtà. Grazie per avermi<br />

insegnato ad accettare me stessa così come sono, ad amarmi e a riconoscere <strong>la</strong> mia<br />

unicità.<br />

Grazie allo Staff dell’Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong>, <strong>la</strong> mia famiglia dell’anima, per tutte le <strong>la</strong>crime, le<br />

risate, l’amore, le comprensioni e gli insegnamenti di vita che mi hanno donato.<br />

Grazie a Ta<strong>la</strong>si, che con <strong>la</strong> sua presenza, il suo esempio, il suo coraggio e <strong>la</strong> sua luce mi<br />

ha aiutato a diventare donna e a riconoscere <strong>la</strong> mia forza e <strong>la</strong> mia bellezza.<br />

Grazie al<strong>la</strong> Osho <strong>Circle</strong> School, <strong>la</strong> mia casa, <strong>la</strong> mia maestra di vita.<br />

Grazie all’Academy of Light per avermi dato <strong>la</strong> possibiltà, attraverso questa tesi, di<br />

guardare dentro di me e di onorare il mio cammino di ricercatrice.<br />

Grazie al<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore, che mi ha insegnato che <strong>la</strong> vera scuo<strong>la</strong> è dentro di me.<br />

Grazie a tutti i ragazzi che in questi anni hanno camminato insieme a me in questo<br />

meraviglioso <strong>viaggio</strong>, dai quali ho imparato e imparo ogni giorno, l’appassionante arte<br />

dell’insegnamento.<br />

Grazie ad Antonio, che con <strong>la</strong> sua pazienza, il suo amore e <strong>la</strong> sua dedizione mi è stato<br />

sempre vicino, si è fidato del<strong>la</strong> mia follia e mi ha aiutato a realizzare il mio sogno.<br />

Grazie a Mahashakti, che con <strong>la</strong> sua amicizia mi ha aiutato a progettare e concretizzare<br />

<strong>la</strong> mia visione nel<strong>la</strong> sua fase iniziale.<br />

Grazie a tutti gli insegnanti del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Interiore passati e presenti, i miei amici <strong>dello</strong><br />

staff, per il supporto, l’amore, <strong>la</strong> fiducia e i regali che hanno portato nel<strong>la</strong> mia vita.<br />

Grazie ai miei genitori, che mi hanno dato <strong>la</strong> vita e mi hanno cresciuta nell’amore.<br />

Un grazie partico<strong>la</strong>re al mio amato Osho, che mi guida, mi ama, mi “bastona”,<br />

costantemente, in ogni attimo del<strong>la</strong> mia vita. Grazie per avermi donato una nuova vita,<br />

per aiutarmi a crescere nel<strong>la</strong> consapevolezza, per avermi Amata come nessun altro<br />

essere mi aveva e mai saprà amarmi.<br />

Infine Grazie a me, Ramana, per aver detto sì e per avere ogni giorno il coraggio di<br />

percorrere il sentiero del<strong>la</strong> ricerca <strong>interiore</strong>.<br />

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NOTE<br />

1. Sw. Jivan Arshad Moscogiuri è sannyasin dal 1987; creatore dell' Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong> ('96) e del<strong>la</strong> Rosa<br />

dei Varchi ('98), sperimenta un <strong>la</strong>voro di guarigione delle separazioni fondamentali, basato sulle paure<br />

fondamentali individuate da Osho. Nel 2ooo è tra i fondatori del<strong>la</strong> Osho <strong>Circle</strong> School, del<strong>la</strong> quale<br />

attualmente è co-­‐direttore e Presidente.<br />

La sua ricerca si espande, tra ironia e sacralità, nel<strong>la</strong> sintesi del patrimonio mistico e scientifico<br />

dell'uomo con <strong>la</strong> via naturale, sostenuto dal<strong>la</strong> visione del Maestro. Questo senza <strong>la</strong>sciare da parte <strong>la</strong><br />

comprensione del nostro tempo, delle sue dinamiche sociali e del<strong>la</strong> loro influenza sul<strong>la</strong> nostra psiche,<br />

sulle nostre emozioni e sul nostro spirito.<br />

Nel suo <strong>la</strong>voro di riavvicinamento al<strong>la</strong> natura, al se' e agli altri (le separazioni fondamentali), Arshad usa,<br />

recupera ed attualizza rituali e tecniche di diverse antiche tradizioni, tra cui l'<strong>Inipi</strong>, sottolineando di<br />

essere un discepolo e non uno sciamano.<br />

Nei gruppi, partico<strong>la</strong>rmente originali per forma e contenuti e di forte potere trasformativo, si alternano<br />

dinamicamente meditazioni, rituali, celebrazioni, c<strong>la</strong>ss, e<strong>la</strong>borazioni, creatività, show, con il gioioso<br />

sostegno <strong>dello</strong> Staff dell’Osho <strong>Inipi</strong> <strong>Circle</strong>.<br />

2. Ta<strong>la</strong>si Vanessa Lombardi è co-­‐fondatrice e co-­‐direttrice del<strong>la</strong> Osho <strong>Circle</strong> School. Da anni conduce<br />

gruppi e offre sessioni individuali, favorendo l'armonia in una sintesi orientata verso <strong>la</strong> guarigione e <strong>la</strong><br />

luce. Nel 1991 incontra il mistico Osho di cui diventa discepo<strong>la</strong>. Tra le diverse abilitazioni ed esperienze<br />

conseguite, Ta<strong>la</strong>si è Insegnante e consulente Aura-­‐Soma (diplomata in Inghilterra presso The Art &<br />

Science International Academy Color Technologies), Comunicazione PNL, Reiki Master, operatrice di<br />

Osho Prana Healing, e si è formata presso il centro studi Hellinger quale conduttrice di Costel<strong>la</strong>zioni<br />

Sistemiche e Familiari.<br />

È fondatrice dell’Academy of Light, Awareness & Arts.<br />

È iscritta presso il registro Sicool (società italiana di counselor e operatore olistico) come Counselor con<br />

specializzazioni in: Metafisica e <strong>la</strong>voro sull’energia, Aura-­‐Soma, Costel<strong>la</strong>zioni Familiari e Sistemiche,<br />

Comunicazione PNL, Armonizzazione energetica O.P.H.® e Reiki.<br />

3. Sudhiro Michael Donovan Laureato in Lingua e Letteratura Inglese, al<strong>la</strong> Sonora State University (USA).<br />

Ha viaggiato per oltre 35 anni in tutto il mondo, condividendo le principali cerimonie native come: cerchi<br />

di guarigione, <strong>la</strong> capanna sudatoria delle quattro direzioni <strong>la</strong>kota, <strong>la</strong> cerimonia del<strong>la</strong> Hamblecheyape<br />

(richiesta del<strong>la</strong> visione), <strong>la</strong> cerimonia del<strong>la</strong> Sacra Pipa, <strong>la</strong> Sun Dance (Danza del Sole), il Talking Stick<br />

(Bastone Par<strong>la</strong>nte), <strong>la</strong> Ghost Dance (Danza del Fantasma), canti nativi, danze sacre; conduce gruppi di<br />

meditazione e <strong>la</strong> Mystic Rose. I suoi insegnanti sono tra i più conosciuti delle nazioni native nord-­‐<br />

americane; per 10 anni ha vissuto accanto al maestro illuminato Osho Rajneesh, sia in India che in<br />

America. Sudhiro è anche cantante, scrittore e novellista.<br />

4. Giacomo, Federico: per <strong>la</strong> legge sul<strong>la</strong> Privacy, tutti i nomi dei ragazzi che hanno partecipato al<strong>la</strong><br />

Scuole Interiore in questi anni, sono inventati.<br />

5. Tabloka: nel<strong>la</strong> lingua <strong>la</strong>kota è un alce molto grande, che vive nel Nord America.<br />

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