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la dottrina platonica del linguaggio - Rocco Li Volsi – Saggi

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<strong>del</strong> dire: <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> è l’immagine di quello che è l’uomo nel<strong>la</strong> sua essenza. Ma ciascuna paro<strong>la</strong> non è tutta <strong>la</strong> sua essenza, bensì una<br />

parte. L’essenza <strong>del</strong>l’uomo è un intero in cui si collocano <strong>la</strong> ‘scrittura’ <strong>del</strong>lo ‘scrittore’ e <strong>la</strong> ‘pittura’ <strong>del</strong> ‘pittore’, entrambe parti su<br />

piani diversi di quell’intero.<br />

Così, nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> tessitura, l’idea di tessitura contiene le idee di ogni parte di quello strumento necessario a tale arte che è il<br />

te<strong>la</strong>io; e <strong>la</strong> determinazione di un’idea quale è l’idea di spo<strong>la</strong> dipende da come l’uomo inventa il te<strong>la</strong>io: se esiste un te<strong>la</strong>io che funziona<br />

con <strong>la</strong> spo<strong>la</strong>, allora esiste l’idea di spo<strong>la</strong> all’interno <strong>del</strong>l’idea di te<strong>la</strong>io, così come questa esiste all’interno di quel<strong>la</strong> di tessitura. C’è<br />

infatti un rapporto tra Dio (che genera le cose) e gli dèi (che danno i ‘nomi’ alle cose) che mostra come non esistano le cose se non<br />

esistono le idee, e come non esistano le idee se non esistono le cose che le distinguono: prima <strong>del</strong>l’invenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> tessitura, non solo<br />

non esisteva in noi l’idea di spo<strong>la</strong>, ma non esisteva neppure in se stessa, benché fosse implicita nell’idea di ‘fare’, così come <strong>la</strong> spo<strong>la</strong> è<br />

implicita in un pezzo di legno.<br />

Quando il Demiurgo nel Timeo ‘guarda’ all’Esemp<strong>la</strong>re intellegibile per generare il Cosmo, questo Mo<strong>del</strong>lo è detto unico e<br />

contenente tutti gli esseri intelligenti (gli dèi): guardando ad esso, genera i quattro elementi (fuoco, aria, acqua, terra), e dal<strong>la</strong> loro<br />

combinazione si producono altri corpi. Avendo generato ‘prima’ anche le anime umane, dal<strong>la</strong> loro unione con i quattro elementi<br />

nascono i corpi organici degli uomini, compreso il ‘capello’.<br />

Ora, nel Parmenide si pone <strong>la</strong> domanda se esistono appunto le idee (‘forme separate’) di uomo, dei quattro elementi, di capello, di<br />

fango, di sudiciume “e ogni altro che sia di natura vile e spregevole al massimo grado”. 40 Al<strong>la</strong> specifica domanda di Parmenide se<br />

crede che di queste ultime cose esistano le idee, “No, no, disse Socrate, si tratta di cose che, quali noi vediamo, tali esistono in realtà e<br />

così bisogna guardarsi dal pensare che ci sia un genere anche per esse, potrebbe essere fuori luogo. […] <strong>–</strong> È perché sei ancora<br />

giovane, disse Parmenide, o Socrate, e <strong>la</strong> filosofia non ti ha ancora preso come prevedo che ti prenderà in futuro, quando non avrai più<br />

disprezzo per nessuna di quelle cose. In questo momento, a cagione <strong>del</strong><strong>la</strong> tua età, ti preoccupi ancora <strong>del</strong>le opinioni degli uomini.” 41<br />

È chiaro dunque che esistono idee anche di cose spregevoli, ma solo perché esistono le mesco<strong>la</strong>nze di cose di cui sono composte.<br />

Così, esiste il ‘fango’ perché esistono terra e acqua, esistono corpi organici (‘capello’) perché esistono le anime e i quattro elementi, e<br />

allo stesso modo esiste anche ogni cosa “che sia di natura vile e spregevole al massimo grado” perché esistono i corpi organici e i<br />

quattro elementi. Di tutte queste cose esistono le idee, ma solo perché sono le une nelle altre, fino ad una prima, che le contiene tutte<br />

indistinte. 42<br />

Le idee sono le une nelle altre solo come possibilità intrinseca in quelle più generali, come il ‘fango’ è implicito nel<strong>la</strong> possibilità di<br />

mesco<strong>la</strong>rsi <strong>del</strong><strong>la</strong> terra e <strong>del</strong>l’acqua. Allo stesso modo, l’idea di tessitura contiene l’idea di te<strong>la</strong>io e quel<strong>la</strong> di spo<strong>la</strong>, unica per tutte le<br />

spole, com’è unica l’idea di tessitura per tutte le possibili forme di tessitura, anche per quelle che funzionano senza spo<strong>la</strong>. 43<br />

Convenuto dunque con Ermogene che ciascun ente ha un ‘nome’ per natura, ha cioè un’essenza, Socrate inizia a dialogare con<br />

Cratilo che si è introdotto nel<strong>la</strong> discussione; e poiché Socrate si mostra incerto sulle cose che è venuto dicendo, sembra che <strong>la</strong><br />

discussione debba essere ripresa dall’inizio.<br />

Ora bisogna, credo, ritornare più e più volte alle cose dette prima, e tentar di guardare, come dice il poeta, «avanti e indietro nello stesso<br />

tempo». Ed anche ora, dunque, guardiamo che cosa abbiamo detto. Di un nome, diciamo, giustezza è quel<strong>la</strong> che mostrerà quale è <strong>la</strong> cosa:<br />

vogliamo dire che così è stato detto sufficientemente? CRAT. A me sembra di sì, con certezza, o Socrate. SOCR. A scopo d’insegnamento,<br />

dunque, si dicono i nomi? CRAT. Certo. SOCR. Non diremo dunque che anche questa è arte, e che di quest’arte ci sono artefici? CRAT.<br />

Certo. SOCR. E quali? CRAT. Quelli che tu dicevi da principio, i legis<strong>la</strong>tori. SOCR. Diremo dunque che anche quest’arte si trova negli<br />

uomini, come le altre, oppure no? Voglio dire questo: pittori ce n’è pure, credo: alcuni peggiori, altri migliori? CRAT. Sì. SOCR. Dunque i<br />

migliori le loro opere, cioè le loro figure, le fanno più belle, gli altri più brutte? […] CRAT. Sì. SOCR. Allora, anche i legis<strong>la</strong>tori producono<br />

gli uni più belle le loro opere, gli altri più brutte? CRAT. No, questo non mi sembra più. 44<br />

Socrate paragona il legis<strong>la</strong>tore ad un pittore, e noi conosciamo <strong>la</strong> figura <strong>del</strong> ‘pittore’ che nell’anima dipinge ciò che lo ‘scrittore’<br />

ha scritto in precedenza. Ricordiamo inoltre <strong>la</strong> distinzione tra arte icastica e arte fantastica, 45 così che possiamo affermare che <strong>la</strong><br />

‘scrittura’ nell’anima è icastica, mentre <strong>la</strong> ‘pittura’ è fantastica, poiché <strong>la</strong> prima viene prodotta nell’intelletto, <strong>la</strong> seconda<br />

nell’immaginazione. Ora, Cratilo non accetta fino in fondo il paragone tra legis<strong>la</strong>tore e pittore, in quanto il primo, creando il nome, lo<br />

crea sempre ‘icastico’, potremmo dire, mentre il pittore può dipingere un ritratto più o meno somigliante all’originale, e cioè<br />

‘fantastico’.<br />

E allora, <strong>–</strong> continua Socrate <strong>–</strong> anche dei nomi, come pare, tu non credi ce ne siano uno dato male, l’altro bene? CRAT. Non credo. SOCR. O<br />

allora? Per il nostro Ermogene qui, come dicevamo poco fa, o dobbiamo dire che questo nome |Ermogeénhv non è il suo, se è vero che egli<br />

con <strong>la</strong> |Ermou% geénesiv non ha che fare; oppure che sì gli fu dato, ma a torto. CRAT. Io credo che non sia il suo, o Socrate, ma sembri; e<br />

piuttosto sia il nome di un altro, di cui anche è quel<strong>la</strong> tale natura [che il nome manifesta]. 46<br />

La possibilità <strong>del</strong>lo scambio di nomi potrebbe dare ragione a Cratilo: il nome |Ermogeénhv è stato dato ad Ermogene appunto per<br />

convenzione, ma <strong>la</strong> convenzione è un errore, e quel nome non gli spetta per natura. Senonché, Cratilo non si rende conto <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

40 Parm. 130 c.<br />

41 Parm. 130-d-e.<br />

42 Gli stessi quattro elementi esistono in rapporto all’Anima <strong>del</strong> mondo, generata dal Demiurgo prima di essi, con una complessità di ‘part’ (identico, diverso,<br />

misto) da cui essi dipendono: il fuoco dall’identico, <strong>la</strong> terra dal diverso, l’aria e l’acqua dal misto.<br />

43 Per una maggiore comprensione di questo problema, v. le distinzioni che si fanno nel Sofista. È da sfatare <strong>la</strong> concezione che vede nel pensiero p<strong>la</strong>tonico un<br />

Iperuranio inteso come ‘galleria di idee’, archetipi <strong>del</strong><strong>la</strong> realtà sensibile. Le forme intellegibili, sia <strong>del</strong><strong>la</strong> realtà sensibile sia <strong>del</strong> pensiero, secondo l’‘immagine <strong>del</strong> sole’<br />

proposta nel<strong>la</strong> Politeia, sono quel<strong>la</strong> luce che proviene dal Bene, o meglio dall’Intellegibile che è in esso, e che possiede un’infinita ricchezza di intellegibili, tutti<br />

compresi in unità non distinta.<br />

44 Crat. 428 d-429 b. È da notare l’espressione <strong>del</strong> guardare «avanti e indietro nello stesso tempo», quasi un movimento di tessitura, che allude al discorso che<br />

sostiene <strong>la</strong> naturalezza <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong> e a quello contrario che sostiene <strong>la</strong> sua convenzionalità: entrambi veri, e non in contradizione tra loro perché riguardanti ambiti<br />

diversi, quali sono quelli <strong>del</strong> pensiero e <strong>del</strong><strong>la</strong> voce.<br />

45 Soph. 235 b-236 d.<br />

46 Crat. 429 b-c.<br />

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