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la dottrina platonica del linguaggio - Rocco Li Volsi – Saggi

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Nel Filebo, come abbiamo ricordato, sarà Socrate che, già al corrente <strong>del</strong><strong>la</strong> posizione assunta dal “bel Filebo” in merito<br />

all’identificazione di bene e piacere, metterà in guardia il giovane che si accinge a prenderne le difese; e anche qui troviamo una<br />

distinzione che richiama il ‘nostro’ <strong>del</strong> Cratilo. Socrate, dopo aver presentato <strong>la</strong> tesi di Filebo, fa riferimento al<strong>la</strong> “nostra obiezione”,<br />

intendendo dire che non si tratta <strong>del</strong><strong>la</strong> sua personale, ma di una posizione condivisa da un certo gruppo; e conclude in questo modo:<br />

“Non sono così presso a poco, Filebo, i discorsi che facciamo tu da una parte e noi dall’altra?” 9<br />

Sembra insomma che in questi dialoghi, che a mio avviso sono consecutivi, vi sia il riverbero di quanto stava avvenendo in seno<br />

all’Accademia, e cioè <strong>la</strong> separazione di Aristotele da P<strong>la</strong>tone e dai suoi più fe<strong>del</strong>i allievi, come sappiamo.<br />

Ma chi era Cratilo? Apprendiamo da Aristotele che egli fu seguace di Eraclito, come veniamo a sapere in un passo <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Metafisica: “Da questa considerazione, infatti, germogliò l’opinione che, tra quelle da noi esaminate, è <strong>la</strong> più estremistica, quel<strong>la</strong>,<br />

cioè, di quanti si professano seguaci di Eraclito, opinione che è stata sostenuta appunto da quel Cratilo, il quale finì col credere che<br />

non si dovesse proferire neppure una paro<strong>la</strong>, e soleva fare soltanto movimenti col dito e rimproverava ad Eraclito di aver detto che<br />

non si può scendere due volte nello stesso fiume, giacché <strong>la</strong> sua opinione personale era che non vi si potesse scendere neppure una<br />

volta so<strong>la</strong>!” 10<br />

Cratilo aveva dunque rimproverato ad Eraclito di non essere giunto alle estreme conclusioni <strong>del</strong><strong>la</strong> teoria <strong>del</strong> ‘tutto scorre’. Anche il<br />

Cratilo p<strong>la</strong>tonico insinua, quando interviene nel dialogo, che potrebbe prendere Socrate come discepolo, andando cioè oltre quest’altro<br />

maestro; e non pare una forzatura scorgere <strong>la</strong> presunzione di un Aristotele che vorrebbe insegnare a P<strong>la</strong>tone. Cratilo così dice a<br />

Socrate: “Sì, o Socrate, mi sono occupato, come tu dici, di queste cose, e forse potrei farti mio sco<strong>la</strong>ro”. 11<br />

Ma Socrate, che fino a quel momento ha sostenuto le tesi contro quelle di Ermogene, ora lo costringe a seguirlo con un discorso<br />

che ha direzione contraria. In questo modo, considerato aporetico per <strong>la</strong> mancanza di una esplicita conclusione positiva, il dialogo si<br />

chiude con un moto di insofferenza di Cratilo, a ma<strong>la</strong> pena represso: “Sta bene, o Socrate; ma anche tu vedi di capire questa <strong>dottrina</strong>,<br />

ormai.” 12<br />

L’intervento di Socrate pare non abbia dato l’esito sperato all’inizio; ma questo vuol forse dire piuttosto che Socrate (P<strong>la</strong>tone) non<br />

è stato assertorio nei suoi interventi, come avrebbe voluto Cratilo (Aristotele), mentre in realtà egli non comprende l’arte maietica <strong>del</strong><br />

Maestro, e come questi voglia impegnarlo nel<strong>la</strong> ricerca: “E perciò bisogna considerare le cose bravamente e bene, <strong>–</strong> gli dice <strong>–</strong> e non<br />

ammettere troppo facilmente <strong>–</strong> tu sei ancora giovane ed hai l’età adatta <strong>–</strong>; e, dopo considerato, se trovi, comunicare anche a me.” 13<br />

Con qualche analogia con il Protagora, anche nel Cratilo dunque assistiamo al capovolgimento <strong>del</strong>le posizioni sostenute<br />

inizialmente dai due giovani: Ermogene, che sosteneva <strong>la</strong> convenzionalità <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>, è costretto da Socrate ad ammettere che<br />

esso è invece ‘per natura’; Cratilo, assertore di quest’ultima concezione, finisce per fermarsi all’incertezza che Socrate mostra di avere<br />

su tale concezione. Quello che risulta dal dialogo è che nessuno dei due è coerentemente consequenziale con il proprio punto di<br />

partenza; e sembra che P<strong>la</strong>tone abbia qui voluto mostrare che non è possibile rifiutare “<strong>la</strong> Verità di Protagora”, 14 come fa Ermogene, e<br />

poi sostenere <strong>la</strong> convenzionalità <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>, così come non è possibile essere seguaci di Eraclito, come lo è Cratilo, e poi<br />

sostenerne <strong>la</strong> naturalezza.<br />

Da questo punto di vista, credo si possa più facilmente accettare l’ipotesi che dietro <strong>la</strong> figura di Cratilo P<strong>la</strong>tone abbia voluto<br />

raffigurare quel<strong>la</strong> di Aristotele. Il giovane Stagirita deve essere stato conquistato dal<strong>la</strong> concezione di Eraclito più che da quel<strong>la</strong> di<br />

Parmenide. È ad ogni modo significativo che il dialogo, posto a mio parere tra il Teeteto e il Sofista, 15 non citi Parmenide di Elea, che<br />

invece viene ricordato espressamente negli altri due dialoghi, dato che <strong>la</strong> concezione linguistica sostenuta da P<strong>la</strong>tone ha fondamento<br />

proprio nell’eleatismo. 16<br />

Se Cratilo rappresenta Aristotele, Ermogene potrebbe rappresentare Senocrate. Se così fosse, non solo si giustificherebbe meglio<br />

quel “nostro Cratilo” che abbiamo sottolineato, ma anche <strong>la</strong> distanza di pensiero tra il fe<strong>del</strong>e allievo di P<strong>la</strong>tone e P<strong>la</strong>tone stesso, sul<strong>la</strong><br />

base <strong>del</strong><strong>la</strong> differenza di ricchezza tra Ermogene e il fratello Callia, sottolineata nel dialogo, differenza accentuata dal fatto che si<br />

ironizza sull’etimologia <strong>del</strong> suo nome: Ermogene infatti significa ‘generato da Ermes’, <strong>la</strong> divinità <strong>del</strong>l’acquisto. 17<br />

Possediamo un aneddoto in cui P<strong>la</strong>tone contrappone appunto Senocrate ad Aristotele: “[Senocrate] Era tardo d’ingegno, sì che<br />

P<strong>la</strong>tone, paragonandolo con Aristotele soleva dire: ‘L’uno ha bisogno di sprone, l’altro di freno’ e anche: ‘Quale asino io allevo a<br />

lottare contro un tale cavallo!’” 18 Quest’ultima espressione, se traguardata dal<strong>la</strong> ipotesi che abbiamo posto, dà l’impressione che i due<br />

personaggi <strong>del</strong> dialogo abbiano <strong>la</strong> funzione di rappresentare appunto i due giovani seguaci di P<strong>la</strong>tone.<br />

Ci pare per questo di poter concludere che l’occasione che spinse P<strong>la</strong>tone ad affrontare direttamente il problema <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>,<br />

scrivendo il Cratilo, sia stata <strong>la</strong> diatriba sorta tra personaggi <strong>del</strong>l’Accademia, tra i quali si fronteggiavano Senocrate e Aristotele: il<br />

primo più ingenuo, sostenitore <strong>del</strong>l’ovvia convenzionalità <strong>del</strong> <strong>linguaggio</strong>; il secondo più acuto, sostenitore però di una naturalezza<br />

riferita al suo aspetto fonetico. Come vedremo, le due posizioni non si contraddicono: si contraddicono i due giovani nel non rendersi<br />

conto che nel <strong>linguaggio</strong> i due aspetti coesistono.<br />

9 Phil. 11 c.<br />

10 Metafisica IV 5, 1010a, 9-14, in Aristotele, Opere, Laterza, Bari 1979.<br />

11 Crat. 428 b. Vi è certo anche un accenno al fatto che P<strong>la</strong>tone fu discepolo di Cratilo, secondo <strong>la</strong> testimonianza di Aristotele; Metafisica, I 987a 32. V. anche<br />

Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Laterza, Bari 1975, III 6.<br />

12 Crat. 440 e.<br />

13 Crat. 440 d.<br />

14 Crat. 391 c.<br />

15 La successione cronologica da me proposta è <strong>la</strong> seguente: Teeteto, Fedro, Cratilo, Filebo, Sofista.<br />

16 Anche <strong>la</strong> concezione eristica di Eutidemo, ricordata nel Cratilo, ed espressa nell’Eutidemo e nel Sofista, deriva dal<strong>la</strong> posizione eleatica con una immediata<br />

consequenzialità, priva però di vero fondamento dialettico. La concezione di questo giocoliere <strong>del</strong>le parole deriva direttamente dal principio parmenideo che il non<br />

essere non è, e lì si arresta. Occorrerà a P<strong>la</strong>tone un ‘affondo dialettico’ non indifferente per dimostrare come anche il non essere sia, senza divenire tuttavia ‘parricida’<br />

nei confronti di Parmenide. V. R. <strong>Li</strong> <strong>Volsi</strong>, Il Sofista di P<strong>la</strong>tone, in Giornale di Metafisica, Nuova Serie, XXIV (2002), 1-2.<br />

17 V. Crat. 391 b-c; 384 c.<br />

18 Diogene Laerzio, Vita dei filosofi, IV, II 6.<br />

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