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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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corporeo è già dato da sé. La presenza in carne ed ossa è [solo] un modo privilegiato della datità<br />

originaria <strong>di</strong> un ente” 375 , più <strong>di</strong> quanto la rappresentazione ne sia una modalità <strong>di</strong>fettiva.<br />

Da queste due modalità dell’esser-dato va poi <strong>di</strong>stinto l’“intenzionare vuoto”, cioè quella forma<br />

del presentificare senza che ci si raffiguri l’immagine del rappresentato, modalità tipica del<br />

riferimento <strong>di</strong>scorsivo all’ente ed in cui “si muove una gran parte del nostro <strong>di</strong>scorso naturale” 376 .<br />

Anche tale modalità del dato può tuttavia trovare <strong>di</strong> nuovo il suo “riempimento intuitivo” nel caso<br />

in cui venga presentificato ciò che in precedenza è stato solo vuotamente intenzionato.<br />

In tal modo risulta evidente, tra l’altro, come la stessa <strong>di</strong>fferenza tra il rappresentato e l’intuito<br />

non vada astrattamente irrigi<strong>di</strong>ta, così come avveniva ancora sulla base della separazione kantiana –<br />

almeno del ‘Kant neokantiano’ – tra sensibilità e intelletto: “La visione dà la pienezza, a <strong>di</strong>fferenza<br />

del semplice rappresentare e solo ritenere; essa è il riempimento del vuoto della rappresentazione<br />

nel senso <strong>di</strong> un completamento. Si è già detto, però, che tra le due cose (rappresentazione e visione)<br />

non c’è nessuna <strong>di</strong>fferenza essenziale, ma solo una <strong>di</strong>fferenza nel modo della relazione e della<br />

funzione intenzionali” 377 . Che nella percezione, <strong>di</strong> cui la rappresentazione nel senso <strong>di</strong> ciò che<br />

fornisce l’ente in se stesso deve essere a questo punto considerata solo una delle possibili modalità,<br />

non si abbia a che fare innanzitutto con immagini, risulta ulteriormente chiaro se si prende in<br />

considerazione la modalità specifica della “percezione dell’immagine”, la cui struttura è infatti<br />

<strong>di</strong>versa sia dalla percezione in carne ed ossa, sia dalla modalità percettiva della rappresentazione in<br />

quanto presentificazione, sia, evidentemente, dall’intenzionare vuoto.<br />

Se consideriamo ad esempio una cartolina, risulta infatti evidente che in essa l’intenzionare può<br />

<strong>di</strong>rigersi in una duplice <strong>di</strong>rezione: verso la “cosa-immagine” (la cartolina) oppure verso l’oggetto<br />

stesso in essa raffigurato, ciò che richiede alla descrizione – sottolinea <strong>Heidegger</strong> con affermazione<br />

ancora <strong>di</strong> tenore anti-empiristico – una “chiarezza estrema, poiché si cerca, come si faceva un<br />

tempo e pure oggi ancora, <strong>di</strong> prendere il coglimento della cosa come quel tipo <strong>di</strong> afferramento con il<br />

cui aiuto si crede <strong>di</strong> poter chiarire in generale una percezione dell’oggetto” 378 .<br />

In quanto cosa-immagine la cartolina è sì una cosa della natura o cosa del mondo circostante,<br />

ma ciò che le è proprio è che essa raffigura qualcosa cui corrisponde come correlato noetico la<br />

coscienza dell’immagine, cioè a <strong>di</strong>re la coscienza che la cosa-immagine possiede in sé la peculiarità<br />

<strong>di</strong> raffigurare qualcosa e <strong>di</strong> rimandare così ad essa. Tale struttura <strong>di</strong> rimando manca invece del tutto<br />

nella semplice percezione della cosa, poiché tale percezione non ha infatti a che fare – normalmente<br />

375<br />

Ivi, p. 52.<br />

376<br />

Ibid.<br />

377<br />

Id., Logica. Il problema della verità, cit. p. 72; si faccia attenzione al fatto che con ‘visione’ e ‘intuizione’ viene<br />

in<strong>di</strong>fferentemente tradotto in italiano, a seconda delle <strong>di</strong>verse traduzioni, il termine husserliano Anschauung. Noi<br />

parleremo preferibilmente <strong>di</strong> ‘intuizione’ in quanto il termine ‘visione’ ci sembra conferire al concetto una coloritura<br />

vagamente mistica, anche se, d’altra parte, quest’ultimo rende bene il rinvenimento analogico dell’intuizione categoriale<br />

rispetto a quella sensibile.<br />

378<br />

M. HEIDEGGER, Prolegomeni alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, cit., p. 53.<br />

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