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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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Ve<strong>di</strong>amo dunque in cosa consiste la portata rivoluzionaria della scoperta dell’intenzionalità<br />

rispetto al ‘rappresentazionalismo’ neokantiano e moderno in genere – e con ciò, in<strong>di</strong>rettamente, la<br />

sua affinità con la modalità dell’interrogare i fenomeni tipicamente greca. <strong>Heidegger</strong> premette<br />

innanzitutto che scopo della sua analisi è “<strong>di</strong> mostrare che l’intenzionalità è una struttura dei vissuti<br />

come tali, e non una coor<strong>di</strong>nazione con altre realtà effettuali” 361 , per cui ‘intenzionalità’, intentio,<br />

vuol <strong>di</strong>re che ogni vissuto, ciascuno secondo la sua propria modalità determinante l’oggettualità<br />

stessa, è caratterizzato dall’essere <strong>di</strong>retto a qualcosa; la rappresentazione ha il suo oggetto in quanto<br />

rappresentato, il giu<strong>di</strong>zio in quanto giu<strong>di</strong>cato, l’amore in quanto amato e così via. Apparentemente<br />

si tratterebbe <strong>di</strong> una banalità, ma è proprio a partire dai frainten<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> tale elementare principio<br />

che <strong>Heidegger</strong> ne chiarisce le potenzialità <strong>di</strong>svelative dei fenomeni stessi.<br />

Innanzitutto si sarebbe tentati <strong>di</strong> interpretare, e così è per lo più accaduto – qui <strong>Heidegger</strong><br />

polemizza, come vedremo, ancora con Rickert – il senso <strong>di</strong> tale correlazione nel senso della<br />

suddetta coor<strong>di</strong>nazione tra un vissuto psichico ‘interno’ e un oggetto fisico ‘esterno’, secondo l’idea<br />

tra<strong>di</strong>zionale della corrispondenza (adaequatio), laddove l’interno e l’esterno vengono poi<br />

interpretati come soggetto e oggetto.<br />

In secondo luogo, ma sulla base del precedente frainten<strong>di</strong>mento, tale struttura della coscienza<br />

sarebbe contraddetta ad esempio dal caso dell’illusione o della percezione ingannevole, poiché in<br />

essa si darebbe a vedere con tutta evidenza una circostanza in cui all’intenzione non corrisponde<br />

‘realmente’ l’oggetto da essa intenzionato, – come quando scambiamo qualcosa per qualcos’altro,<br />

anch’egli pretendeva in realtà <strong>di</strong> desumerla da Aristotele e <strong>di</strong> ritrovarla nella scolastica), e cioè Brentano, come si<br />

ricorderà annoverato in precedenza tra gli psicologisti, pur non senza ricordare che “Husserl ha <strong>di</strong>mostrato criticamente<br />

nelle sue Ricerche Logiche, tanto nella quinta ricerca, quanto soprattutto in un’appen<strong>di</strong>ce posta alla fine dell’intera<br />

opera, de<strong>di</strong>cata alla percezione esterna e interna e ai fenomeni psichici e fisici, che se da una parte l’accento posto da<br />

Brentano sull’intenzionalità è qualcosa <strong>di</strong> essenziale, dall’altra però esso mostra altrettanto chiaramente un’essenziale<br />

lacuna” (cfr. ivi, p. 65). Tale riconsiderazione ci sembra <strong>di</strong> particolare interesse in quanto lascia emergere, inoltre, il<br />

nuovo modo in cui <strong>Heidegger</strong> interpreta ora il problema del modo d’essere <strong>di</strong> ciò che non è ‘reale’ come “in-essere” nel<br />

senso dell’“in-abitare” (Innewohnen), espressione che adopererà in seguito anche per definire il peculiare modo d’essere<br />

dell’esserci, come si vede nel passo seguente: “La sua opera Psicologia dal punto <strong>di</strong> vista empirico (1874) è <strong>di</strong>visa in<br />

due libri, nel primo si parla della psicologia come scienza, nel secondo dei fenomeni psichici in generale. «Empirico»<br />

non significa, qui, induttivo nel senso delle scienze naturali, ma semplicemente obbiettivo, non costruttivo. Il primo<br />

compito è dunque quello <strong>di</strong> caratterizzare i fenomeni psichici stessi e <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare la loro molteplicità secondo strutture<br />

fondamentali, è perciò quello <strong>di</strong> una «classificazione». «Classificazione» significa sud<strong>di</strong>visione, or<strong>di</strong>namento <strong>di</strong> dati <strong>di</strong><br />

fatto già <strong>di</strong>sponibili. (…) Questa propriamente è la massima che Brentano segue nella sua classificazione: «l’or<strong>di</strong>ne dei<br />

vissuti deve essere naturale» e deve essere accolto in una classificazione ciò che naturalmente vi rientra. «Natura»<br />

significa qui: ciò che è, quello che è, in quanto è visto a partire da se stesso. (…) Egli <strong>di</strong>ce che i fenomeni psichici si<br />

<strong>di</strong>stinguono da tutti quelli fisici soprattutto per il fatto che in essi abita qualcosa <strong>di</strong> oggettuale. Se quin<strong>di</strong> all’interno del<br />

campo dei fenomeni psichici dovessero darsi <strong>di</strong>fferenze, esse dovrebbero riguardare questa loro struttura fondamentale<br />

dell’‘in-abitare’: <strong>di</strong>fferenze nel modo in cui qualcosa è oggetto per i vissuti. Questi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> essere oggetto per<br />

vissuti <strong>di</strong>versi, nel rappresentare il rappresentato, nel giu<strong>di</strong>care il giu<strong>di</strong>cato, nel volere il voluto, sono le <strong>di</strong>fferenze che<br />

producono la principale e più preziosa classificazione all’interno dei fenomeni psichici. Questa struttura-base dello<br />

psichico per cui ad ogni vissuto in-abita qualcosa <strong>di</strong> oggettuale, Brentano la chiama inesistenza intenzionale”; M.<br />

HEIDEGGER, Prolegomena zur Geschichte des Zeitbegriffs, Frankfurt a.M. 1979, trad. it <strong>di</strong> R. Cristin e A. Marini,<br />

Prolegomeni alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, genova 1991, pp. 27-28.<br />

361<br />

Ivi, p. 36.<br />

91

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