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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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Ma se il brano precedente sottolinea la natura del metodo fenomenologico come un lasciar<br />

manifestare i fenomeni da se stessi, è in un cruciale passaggio del celebre paragrafo 7 <strong>di</strong> Essere e<br />

Tempo (Il metodo fenomenologico della ricerca), riteniamo, che questa connessione risulta<br />

particolarmente perspicua ai fini del nostro stu<strong>di</strong>o, dando prova, tra l’altro, del carattere ontologico<br />

che <strong>Heidegger</strong> viene vieppiù attribuendo alla fenomenologia in quanto metodo che permette <strong>di</strong><br />

scorgere l’intimo nesso essere-fenomeno-verità: “I ϕαινόμενα, i «fenomeni», costituiscono dunque<br />

l’insieme <strong>di</strong> ciò che è alla luce del giorno o può essere portato in luce, ciò che i greci a volte<br />

identificavano senz’altro con τà 3ντα (l’ente). L’ente può dunque manifestarsi da se stesso in<br />

maniere <strong>di</strong>verse, a seconda dei vari mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> accedere ad esso” 352 .<br />

La fenomenologia rende dunque nuovamente possibile una forma del pensare originario, la<br />

quale, come ontologia, non è altro che una ripresa del grande inizio della filosofia greca culminante<br />

in Platone ed Aristotele. Ciò pone però <strong>di</strong> fatto il problema – che, come si ricorderà, già Lask aveva<br />

avuto ben presente col suo tentativo <strong>di</strong> sintesi tra copernicanesimo e obiettivismo – circa il rischio<br />

<strong>di</strong> intendere un tale tentativo nei termini un ritorno precritico 353 , o meglio, dal punto <strong>di</strong> vista più<br />

propriamente heideggeriano, <strong>di</strong> mostrare come in realtà il criticismo in quanto Erkenntnistheorie<br />

costituisca un falso problema, scaturente – lo si è visto – da una separazione artificiosa tra<br />

sensibilità e intelletto, e quin<strong>di</strong> tra soggetto e oggetto, da reinterpretarsi piuttosto come essere-nel-<br />

mondo da parte dell’esserci 354 .<br />

Ora, come rendeva effettivamente possibile la fenomenologia tale identificazione <strong>di</strong> ente e<br />

fenomeno? <strong>Heidegger</strong> ci ha già fornito l’in<strong>di</strong>zio decisivo: <strong>di</strong> fondamentale importanza risultava per<br />

lui la <strong>di</strong>stinzione operata da Husserl nella seconda sezione della sesta ricerca, dal titolo quanto mai<br />

significativo “Sensibilità e intelletto”, tra intuizione sensibile e categoriale. A tal proposito, nel<br />

celebre seminario <strong>di</strong> Zähringen, <strong>Heidegger</strong> farà ancora notare come “con le sue analisi<br />

dell’intuizione categoriale Husserl [abbia] liberato l’essere dal legame con il giu<strong>di</strong>zio. (…) Per poter<br />

sviluppare in generale la domanda del senso dell’essere, l’essere dovrebbe essere dato, così da<br />

poterne interrogare il senso. Il risultato conseguito da Husserl si trova proprio in questa<br />

presentificazione dell’essere, che è presente come fenomeno nella categoria. Grazie a questo<br />

352<br />

ID., Essere e Tempo, cit., p. 48.<br />

353<br />

Una tale interpretazione è stata tentata ad esempio da Ernst Tugendhat nel suo saggio su <strong>Heidegger</strong>s Idee von der<br />

Wahrheit, in O. PÖGGELER (a cura <strong>di</strong>), <strong>Heidegger</strong>. Perspektiven zur Deutung seines Werkes, Königstein/Ts 1984, trad.<br />

it. <strong>di</strong> P. Tomasiello, L’idea heideggeriana <strong>di</strong> verità, in Poggi-Tommasiello (a cura <strong>di</strong>), <strong>Martin</strong> <strong>Heidegger</strong>. Ontologia,<br />

fenomenologia, verità, cit.<br />

354<br />

Non a caso, parallelamente a tali critiche ai neokantiani e in esplicita polemica con questi, <strong>Heidegger</strong> fornirà, come<br />

noto, una interpretazione <strong>di</strong> Kant come pensatore metafisico e non come fondatore della teoria (critica) della<br />

conoscenza fisico-matematica.<br />

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