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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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la sfera dei fatti, e, se essa è la sfera originaria, la descrizione vi resta vincolata al massimo grado.<br />

Essa non tollera il sopravvenire <strong>di</strong> momenti che alterano e trasformano i fatti. Ma come può essere<br />

possibile qualcosa come una scienza attraverso una descrizione che si limita a scorrere, a ripartire<br />

sempre daccapo e a elencare? Giunge forse la descrizione come tale a una conclusione, non resta<br />

in<strong>di</strong>etro il descritto come tale, non ricade esso sempre daccapo nel quadro della descrizione? E per<br />

la descrizione c’è in genere un inizio possibile? La descrizione stessa è <strong>di</strong>fatti un fenomeno<br />

psichico, fa parte della sfera dei fatti. (…) C’è in genere un solo fatto, se ci sono solo fatti? In quel<br />

caso non c’è in assoluto nessun fatto; non c’è nemmeno niente perchè, con la supremazia della sfera<br />

dei fatti, non c’è nemmeno un «c’è». C’è il «c’è»?” 323 .<br />

Ecco dunque la domanda insieme principiale e scandalosa, tale da suscitare per il pensiero (e poi<br />

per la poesia) stupore e meraviglia, quell’originario thaumázein 324 <strong>di</strong>nanzi al nudo ‘che’ nella sua<br />

fatticità, che <strong>Heidegger</strong> – da sempre lettore <strong>di</strong> Aristotele e Husserl, e dell’uno attraverso l’altro 325<br />

tramite la me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Brentano – ben conosce e che pone ora a fondamento della possibilità per<br />

la filosofia, “lavorando l’osso della sua finitezza” 326 , <strong>di</strong> guadagnare un nuovo piano sul quale si<br />

decide della sua stessa sopravvivenza <strong>di</strong> fronte al dominio ‘totale’ delle scienze positive nella loro<br />

essenza tecnica, che proprio col primo conflitto mon<strong>di</strong>ale si dava a vedere nella pienezza del suo<br />

carattere inquietante e che costituisce l’alfa e l’omega storico-spirituale del senso della<br />

riproposizione della Seinsfrage.<br />

Il problema ontologico del senso dell’essere espresso nella copula, al quale <strong>Heidegger</strong> aveva<br />

creduto <strong>di</strong> poter dare il senso del valere <strong>di</strong> un contenuto pre<strong>di</strong>cativo per un soggetto logico, e<br />

<strong>di</strong>stinguere così, sulla base <strong>di</strong> tale valere, il modo d’essere <strong>di</strong> ciascun ambito dell’ente (realtà),<br />

assume così la forma della domanda circa il senso del “c’è”, della pura e semplice esperienza<br />

vissuta (non fatto psicologico, ma “effettività”, Faktizität, non Tatsächlichkeit) – termine oggi “così<br />

logoro e sbia<strong>di</strong>to che meglio sarebbe lasciarlo da pare se non fosse così adeguato” 327 e la cui<br />

essenza consiste nell’impossibilità della sua autochiarificazione – esperienza vissuta dell’“esserci”<br />

come si è ritenuto (Husserl, saggio su Logos), è il dominio generale <strong>di</strong> ciò che è teoretico a deformare la problematica<br />

genuina”; ivi, p. 92.<br />

323<br />

Ivi, pp. 67-68.<br />

324<br />

Cfr. ivi, p. 74.<br />

325<br />

“L’insegnamento <strong>di</strong> Husserl si svolgeva sotto la forma <strong>di</strong> un’esercitazione al «vedere» fenomenologico, che esigeva<br />

allo stesso tempo e che si rifiutasse l’uso non verificato <strong>di</strong> conoscenze filosofiche e che si rinunciasse a valersi, nel<br />

<strong>di</strong>battito, dell’autorità dei gran<strong>di</strong> pensatori. Invece io, quanto più era evidente per me la fecon<strong>di</strong>tà della crescente<br />

familiarità con il vedere fenomenologico per l’interpretazione <strong>degli</strong> scritti <strong>di</strong> Aristotele, tanto meno potevo separarmi da<br />

Aristotele e dagli altri pensatori greci. Ma per la verità io non potevo ancora valutare sul momento quali conseguenze<br />

decisive doveva portare con sé quel modo nuovo <strong>di</strong> rivolgersi ad Aristotele. Quando io stesso, a partire dal 1919,<br />

insegnando e stu<strong>di</strong>ando a fianco <strong>di</strong> Husserl, adottai nella mia pratica <strong>di</strong> insegnamento il vedere fenomenologico e<br />

contemporaneamente misi alla prova nel seminario una comprensione trasformata <strong>di</strong> Aristotele, il mio interesse si<br />

rivolse <strong>di</strong> nuovo alle Ricerche Logiche, soprattutto alla sesta nella prima e<strong>di</strong>zione”; M. HEIDEGGER, Il mio cammino <strong>di</strong><br />

pensiero e la fenomenologia, cit., p. 193.<br />

326<br />

E. MAZZARELLA, <strong>Heidegger</strong> a Friburgo, cit., p. 36.<br />

327<br />

Ivi, p. 73.<br />

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