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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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stanti” 245 . “La logica stessa quin<strong>di</strong> richiede categorie proprie. Vi dev’essere una logica della<br />

logica” 246 .<br />

d) Il problema del linguaggio: la dottrina del significato.<br />

Anche per quanto riguarda l’analisi dell’ambito del significato e più in generale del linguaggio,<br />

il leitmotiv heideggeriano resta quello della critica allo psicologismo, per cui bisogna <strong>di</strong>stinguere<br />

sostanzialmente tra logica e grammatica. Proposizione e parola, sono infatti portatrici <strong>di</strong> senso e<br />

significato, fin qui adoperati in maniera in<strong>di</strong>stinta, ma, in quanto “complesso <strong>di</strong> suoni o<br />

combinazione <strong>di</strong> lettere, la parola non ha un carattere intenzionale” 247 , e non può essere identificata,<br />

al pari della proposizione, con il senso e il significato, poiché “queste configurazioni logiche hanno<br />

una realtà propria, anche se non vengono portate ad espressione linguistica” 248 . E tuttavia, dopo<br />

aver <strong>di</strong>stinto gli ambiti logico e grammaticale, <strong>Heidegger</strong> sottolinea, con un movimento già<br />

tipicamente fenomenologico, come non si possa eludere la concretezza del fenomeno, appunto, per<br />

cui senso e linguaggio non possono che darsi insieme nella fattuale esperienza vissuta, anche se<br />

intesa in senso non ancora preteoretico, e come solo a partire da essa sia poi anche possibile operare<br />

una <strong>di</strong>stinzione: “(…) tale separazione tuttavia si deve tuttavia <strong>di</strong> nuovo eliminare, in certo senso<br />

<strong>di</strong>menticare, non appena si viva nella conoscenza e nella sua rappresentazione.<br />

Qui il carattere alogico delle strutture del linguaggio scompare; esse si rivelano come realtà cui<br />

è inerente una funzione del tutto peculiare, come ciò che sostiene (Träger) significati e strutture <strong>di</strong><br />

senso, e, attraverso questi, cioè il loro carattere relativo a oggetti, si manifestano come ‘segni’<br />

in<strong>di</strong>canti oggetti. (…) la struttura <strong>di</strong> linguaggio è segno del significato, del senso, questo a sua volta<br />

è ‘segno <strong>degli</strong> oggetti” 249 . Bisogna allora innanzitutto chiarire il carattere <strong>di</strong> “relazione”<br />

(in<strong>di</strong>cazione o rinvio) che appartiene all’essere del segno quale “fondamento” della relazione stessa;<br />

esso può essere <strong>di</strong> due tipi: “relazione reale”, come nel caso del fumo che rinvia al fuoco, oppure<br />

“puramente <strong>di</strong> pensiero”, in cui il segno come tale non rimanda <strong>di</strong>rettamente a ciò che in<strong>di</strong>ca, ma<br />

245 Ivi, p. 108.<br />

246 Ibid.<br />

247 Ivi, p. 118.<br />

248 Ibid.<br />

249 Ivi, p. 121.<br />

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