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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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essendo il verum, come oggetto proprio della logica, convertibile con l’oggetto, l’ambito logico<br />

coincide con quello della conoscenza in quanto tale: “Duns Scoto determina il dominio assoluto del<br />

senso logico su tutti i mon<strong>di</strong> d’oggetti conoscibili e conosciuti come convertibilità dell’ens logicum<br />

con gli oggetti. Qualunque cosa sia un oggetto, esso può <strong>di</strong>venire un ens <strong>di</strong>minutum. Qualunque<br />

cosa venga conosciuta, qualunque sia quella su cui si pronuncino giu<strong>di</strong>zi, essa deve entrare nel<br />

mondo del significato, solo in esso viene conosciuta e giu<strong>di</strong>cata. Solo in quanto io vivo in ciò che<br />

gode <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà, ho cognizione i ciò che esiste” 241 . Ve<strong>di</strong>amo qui affacciarsi per la prima volta<br />

l’istanza, che sarà posta esplicitamente nella conclusione, <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>camento ultimo del conoscere<br />

nell’esperienza vissuta intesa già a questo punto in un certo senso come ‘significatività’, ma su<br />

questo si <strong>di</strong>rà più innanzi 242 . Ma, per tornare al tema, ciò che importa mostrare in conclusione è<br />

come la convertibilità <strong>di</strong> qualunque oggettualità col verum e dunque la sua sussunzione nell’ambito<br />

logico comporti – a <strong>di</strong>fferenza dell’ambito reale eterogeneo – la sostanziale omogeneità <strong>di</strong><br />

quest’ambito, <strong>di</strong> cui “l’intenzionalità è la categoria regionale” 243 , ciò che la <strong>di</strong>stingue anche<br />

dall’ambito omogeneo matematico fondato sul respectus della quantità: “L’elemento noematico, il<br />

contenuto <strong>degli</strong> atti psichici, è una ‘oggettualità’ sui generis. Mentre gli oggetti simpliciter (intesi in<br />

senso non mo<strong>di</strong>ficato) stanno sotto generi sommi fondamentalmente <strong>di</strong>versi, tutti i sensi d’oggetto e<br />

tutti i nomi, presi nella loro completezza, per quanto per altri rispetti possano essere <strong>di</strong>fferenti, in<br />

linea <strong>di</strong> principio appartengono a un unico genere sommo” 244 . Avendo così <strong>di</strong>stinto i vari ambiti<br />

oggettuali, <strong>Heidegger</strong> riba<strong>di</strong>sce come le categorie tra<strong>di</strong>zionali non siano affatto adeguate in tutti gli<br />

ambiti, e tantomeno nella “sfera delle intenzioni”, la quale “rappresenta una regione d’oggetti a sé<br />

241<br />

Ivi, pp. 101-102.<br />

242<br />

Già in un luogo precedente <strong>Heidegger</strong> aveva affermato che “tutto ciò che sta ‘<strong>di</strong> fronte’ (gegenüber) all’io in<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> esperienza vissuta, è in qualche modo colto”; Ivi, p. 41. È da rilevare, tuttavia, come anche in questo caso<br />

Lask fosse decisivo, avendo anch’egli riconosciuto tale ra<strong>di</strong>camento del sapere nella vali<strong>di</strong>tà come <strong>di</strong> un “vivere nella<br />

verità”; E. LASK, Die Logik der Philosophie, cit., pp. 86-87; 124-125; 191 ss., cit. in S.G. CROWELL, Lask, <strong>Heidegger</strong><br />

and the Homelessness of Logic, cit., p. 229.<br />

243<br />

Ivi, p. 104.<br />

244<br />

Ivi, p. 103. Che tuttavia <strong>Heidegger</strong> riconoscesse ancora qualche utilità, anche solo complementare, al metodo<br />

psicologico e oscillasse dunque tra l’abbracciare fino in fondo la prospettiva fenomenologica o quella neokantiana, con i<br />

suoi concetti <strong>di</strong> ‘funzione’ e ‘valore’, e che in qualche modo non <strong>di</strong>stinguesse a sufficienza tra le due prospettive<br />

(probabilmente anche solo per non contrariare il maestro Rickert – ma si ricor<strong>di</strong>no le citate perplessità sullo statuto della<br />

fenomenologia tra logica e psicologia), lo si può vedere da quanto segue: “Gli atti conoscitivi non vengono tanto<br />

considerati, con proce<strong>di</strong>mento oggettivizzante, come realtà effettuali, quanto invece in veste della loro funzione, della<br />

loro operazione. Così visti, essi non appartengono già più propriamente all’ambito della psicologia, come scienza reale<br />

dell’elemento psichico, ma appartengono alla logica, se non si vuole or<strong>di</strong>narli entro la ragione più propria della<br />

fenomenologia (e precisamente quella che <strong>di</strong> preferenza si imposta sulla ‘noesis’). (…) «Noi possiamo penetrare nel<br />

soggetto e nei suoi atti solo a partire dai valori», <strong>di</strong>ce Rickert, che con Husserl è colui che più insistentemente e con<br />

maggior forza attualmente in<strong>di</strong>ca questa modalità <strong>di</strong> considerazioni <strong>degli</strong> atti e sottolinea che una ricerca che affronti in<br />

questo modo il pensiero non lavori con concetti <strong>di</strong> cosa, ma <strong>di</strong> senso. (…) L’atto <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio quin<strong>di</strong> può essere<br />

sottoposto a una duplice considerazione. In un primo senso in quanto è realtà effettiva psichica col cui aiuto si può<br />

svolgere attualmente il giu<strong>di</strong>zio. Questa considerazione rientra nella psicologia. Poi, in un primo momento, si può<br />

guardare al contenuto del giu<strong>di</strong>zio, al senso, e, in un secondo, al suo collegamento peculiare con l’atto <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. Il<br />

logico, <strong>di</strong>ce Duns Scoto, presuppone il lavoro dello psicologo, lo stu<strong>di</strong>o dell’attività <strong>di</strong> pensiero, da parte della quale<br />

vengono svolte quelle pestazioni”; Ivi, pp. 105-106.<br />

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