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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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anche in qualità <strong>di</strong> relazione ontologica” 233 , ciò che presuppone l’identificazione del conoscere con<br />

il rappresentare come attività psicologica e contro cui Husserl, Lask e lo stesso <strong>Heidegger</strong>, come<br />

risulterà ormai chiaro, si battono: “ora, non è semplicemente possibile confrontare il senso del<br />

giu<strong>di</strong>zio con gli oggetti reali (realen) perché io so <strong>degli</strong> oggetti reali appunto solo, <strong>di</strong> nuovo,<br />

me<strong>di</strong>ante la conoscenza, il giu<strong>di</strong>zio. Un oggetto che non sia conosciuto, per me non è un oggetto.<br />

Noi non possiamo travalicare il contenuto del giu<strong>di</strong>zio in quanto tale per approdare agli oggetti reali<br />

in sé. La teoria della riproduzione o copia qui offre una <strong>di</strong>fficoltà insuperabile. Di conseguenza,<br />

Duns Scoto rinuncia a tale teoria e si decide per l’immanenza” 234 .<br />

Ora, anche tale richiamo <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong> all’immanenza va letto con attenzione, poiché si potrebbe<br />

vedere qui un’aperta sconfessione della teoria laskiana dell’oggetto come vero – che pure<br />

<strong>Heidegger</strong> con<strong>di</strong>vide – e uno sbilanciamento verso una completa ‘trascendentalizzazione’<br />

dell’oggetto <strong>di</strong> tenore decisamente idealistico, problema <strong>di</strong> cui <strong>Heidegger</strong> mostra piena<br />

consapevolezza: “In quel modo non viene eliminata per via <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione la realtà del mondo<br />

esterno e non viene preso partito per il ‘soggettivismo’, l’ ‘idealismo’ o comunque si chiamino tutti<br />

gli spettri gnoseologici. L’idea dell’immanenza, rettamente intesa, non toglie <strong>di</strong> mezzo la realtà non<br />

volatilizza il mondo esterno facendone un sogno, ma proprio me<strong>di</strong>ante il primato assoluto del senso<br />

dotato <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà si giu<strong>di</strong>cano severamente tutte le teorie della conoscenza fisiologiche,<br />

psicologiche ed economico-pragmatistiche, e viene fondata inconcussamente la vali<strong>di</strong>tà assoluta<br />

della verità, l’oggettività autentica” 235 . Se dunque il giu<strong>di</strong>zio viene riconosciuto come “eterogeneo”<br />

rispetto agli oggetti, se esso li significa in maniera non analoga e si configura pertanto come “un<br />

segno equivoco” 236 che tuttavia, nel suo carattere <strong>di</strong> rimando, rimane sul piano dell’immanenza,<br />

senza coincidere peraltro con l’atto psicologicamente inteso, come si potrà conciliare tutto ciò con<br />

quell’istanza realistica, aristotelica – o comunque la si voglia intendere – che <strong>Heidegger</strong>, proprio<br />

grazie a Lask (e Husserl) cercava <strong>di</strong> mantener viva?<br />

Ancora una volta, ci sembra che tale <strong>di</strong>fficoltà non possa essere risolta che con il ricorso al<br />

principio per cui le forme categoriali intanto possono essere applicate nel giu<strong>di</strong>zio in quanto si<br />

danno già preteoreticamente sul piano della percezione come aderenti ad un dato materiale: “questo<br />

entrare della realtà nel senso è possibile solo così che, me<strong>di</strong>ante l’elemento logico, la realtà venga<br />

afferrata in certo qual modo, da essa venga fatto scaturire qualche cosa, e in tal maniera sia <strong>di</strong>stinto,<br />

delimitato e or<strong>di</strong>nato. Ciò che crea l’or<strong>di</strong>ne è qualcosa che ha qualità <strong>di</strong> forma; le forme sono<br />

determinate nel loro significato dal materiale del mondo <strong>degli</strong> oggetti e così sono ad esso <strong>di</strong> nuovo<br />

233 Ivi, p. 93.<br />

234 Ivi, p. 95.<br />

235 Ivi, pp. 95-96.<br />

236 Ivi, p. 94.<br />

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