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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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or<strong>di</strong>ne, fosse anche il più semplice, non si può già più parlare <strong>di</strong> una molteplicità assoluta. (…) Il<br />

mondo ambiente naturale per l’uomo me<strong>di</strong>evale è al tempo stesso anche il mondo sovrasensibile, <strong>di</strong><br />

cui è consapevole con altrettanta continuità e forza d’impressione, è già categorialmente<br />

determinato. Mondo sensibile e sovrasensibile, unitamente alle loro relazioni reciproche, sono<br />

inseriti in un or<strong>di</strong>ne. Anticipando, addurrò il lineamento principale <strong>di</strong> quest’or<strong>di</strong>ne: esso è dominato<br />

dall’analogia. Finora non abbiamo incontrato questo concetto. Conosciamo solo il continuo<br />

omogeneo e la molteplicità assoluta del continuo eterogeneo. Con l’analogia ci troviamo <strong>di</strong> fronte a<br />

un nuovo carattere or<strong>di</strong>nativo” 215 .<br />

In particolare, il tipo <strong>di</strong> analogia sotto il cui segno è posto il reale è quello per attributionem, per<br />

la quale “ciò che sta in analogia, non è né totalmente <strong>di</strong>verso, né totalmente identico” 216 , ma varia a<br />

seconda dell’ambito al quale l’attributo si applica nella pre<strong>di</strong>cazione; inoltre, ciò comporta che vi<br />

possano essere <strong>di</strong>verse specie <strong>di</strong> unità e <strong>di</strong> unificazione oltre a quella <strong>di</strong> tipo matematico, come<br />

l’unitas Dei, scaturente dall’atto creativo <strong>di</strong>vino, e l’unitas generis metaphysici, secondo la quale<br />

l’unità contiene in sé passive la pluralità. L’analogia permette <strong>di</strong> gettare un ponte tra questi due<br />

ambiti, e tuttavia, in ultima istanza – annuncia <strong>Heidegger</strong> – “si mostrerà come la misurazione abbia<br />

il carattere del giu<strong>di</strong>zio sui valori e della determinazione <strong>di</strong> essi. L’unità è la misura della<br />

molteplicità che da essa scaturisce, e, se <strong>di</strong>versa è l’unità, <strong>di</strong>versa è pure la specie della<br />

misurazione” 217 . Ora, per l’uomo me<strong>di</strong>evale tale respectus è costituito dal grado <strong>di</strong> esistenza dei due<br />

ambiti, ‘valutato’ precisamente a partire dal grado <strong>di</strong> esistenza <strong>di</strong>vino per cui – secondo un<br />

linguaggio e una struttura argomentativa che <strong>Heidegger</strong> utilizzerà anche in seguito per esprimere il<br />

carattere <strong>di</strong> evento dell’essere – “nel più rigoroso e assoluto senso è reale solo Dio. Egli è<br />

l’Assoluto, che è esistenza, la quale esiste nell’essenza e si essenzia [west] nell’esistenza. La realtà<br />

naturale, il reale sensibile, esiste solo come creato, non è esistenza come l’assoluto, ma ha esistenza<br />

in virtù della communicabilitas, con ciò incontriamo il momento o aspetto dell’eterogeneità<br />

dell’analogia. La <strong>di</strong>versità sta nel grado della realtà. L’unum infinitum come realtà che fa centro su<br />

se stessa, che è assoluta, è quanto ha maggior valore, è il criterio per antonomasia per ogni<br />

realtà” 218 . Tutto ciò comporta la decisiva conseguenza – cui mira questa parte finale dell’analisi<br />

dell’unum e che rivela l’aver presente, da parte <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong>, il <strong>di</strong>battito neokantiano circa la<br />

metodologia delle scienze dello spirito ed in particolare la <strong>di</strong>stinzione tra ‘nomotetico’ e<br />

‘i<strong>di</strong>ografico’ 219 – che se nell’ambito del reale sensibile valgono le categorie aristoteliche, delle quali<br />

215<br />

Ibid.<br />

216<br />

Ivi, p. 67.<br />

217<br />

Ivi, p. 68.<br />

218<br />

Ivi, p. 69. Abbiamo mo<strong>di</strong>ficato la traduzione del tedesco ‘west’, che, riteniamo, veniva reso in maniera del tutto<br />

equivoca con ‘<strong>di</strong>mostra’.<br />

219<br />

Si tenga presente che nello stesso 1916 era apparso lo scritto <strong>di</strong> Der Zeitbegriff in der Geschichtswissenschaft, in<br />

«Zeitschrift für Philosophie und philosophische Kritik», CLXI (1916), pp. 173-188, nel quale <strong>Heidegger</strong> <strong>di</strong>stingueva<br />

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