"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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dell’unum, se ne dovrebbe concludere che “l’unum è la privazione <strong>di</strong> una privazione” 199 . E tuttavia<br />
l’unum, che si pre<strong>di</strong>ca infatti anche quale determinatezza dell’Essere <strong>di</strong>vino, deve pur avere in sé un<br />
carattere positivo che <strong>Heidegger</strong>, anticipando le analisi della sfera del significato, chiarisce <strong>di</strong> nuovo<br />
a partire dal modo della datità (quendam modum se haben<strong>di</strong>) che l’unum conferisce all’oggetto e<br />
della significazione (modus significan<strong>di</strong>), secondo il modo della correlazione noetico-noematica<br />
delle Ideen <strong>di</strong> Husserl: “In rapporto alla situazione oggettiva, pertanto, l’unum significa qualcosa <strong>di</strong><br />
positivo, riguardo invece al modo <strong>di</strong> significare (modus significan<strong>di</strong>) esso in<strong>di</strong>ca una privazione.<br />
L’unum è privazione <strong>di</strong> quella privazione, che sta nel multum, questo, per parte sua, è privazione<br />
dell’unum; così avviene che l’unum sia definito attraverso il multum e viceversa. Ora dovrebbe<br />
essersi chiarito in qual maniera l’unum sopravviene all’oggetto: esso gli conferisce una<br />
determinatezza me<strong>di</strong>ante il modo <strong>di</strong> significare privativo.<br />
Un oggetto è un oggetto, e non un altro” 200 . Sorge però a questo punto la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong><br />
determinare precisamente il rapporto d’opposizione tra l’idem e il <strong>di</strong>versum; esso non può essere<br />
infatti caratterizzato dalla semplice negazione (opposizione contrad<strong>di</strong>ttoria), valida per l’ambito<br />
logico, poiché essa “«fa del qualcosa solo un non-qualcosa o il nulla, fa per così <strong>di</strong>re scomparire<br />
l’oggetto in assoluto e, ugualmente, in virtù della non identità non può mai sorgere alterità o<br />
<strong>di</strong>versità»” 201 ; né, d’altra parte, la relazione può essere caratterizzata dalla privazione , la quale si dà<br />
certo nell’ambito dell’ens e non nullifica un elemento della relazione come l’opposizione<br />
contrad<strong>di</strong>ttoria, e “tuttavia non pone alcun oggetto come membro della relazione” 202 , la cui unica<br />
legge non può essere pertanto che quella <strong>di</strong> contrarietà.<br />
Pertanto, se il principio dell’ambito del reale – nel senso in<strong>di</strong>cato della res, coincidente con<br />
l’ens – come continuo eterogeneo è l’unum trascendens, la sua categoria regionale è la contrarietà,<br />
ed è da essa che eteroteticamente ha origine il pensiero 203 . Ma si è detto che Scoto <strong>di</strong>stingue l’unum<br />
trascendens dall’uno numerico; la mera moltitu<strong>di</strong>ne (Menge) come contrario dell’unum non<br />
scaturisce infatti da quest’ultimo e non è ancora molteplicità in senso quantitativo, non sottostà ad<br />
“alcun or<strong>di</strong>ne” e, pertanto, non fa parte dell’ambito matematico – non omnis multitudo causat<br />
numerum simpliciter, afferma infatti Scoto. Qual è dunque il carattere specifico dell’uno come<br />
principio del numero? Per poter essere tale ed appartenere così al puro ambito matematico – e non<br />
199<br />
Ivi, p. 42.<br />
200<br />
Ivi, p. 43.<br />
201<br />
Ivi, p. 44. <strong>Heidegger</strong> cita qui da H. RICKERT, Das Eine, cit., p. 36.<br />
202<br />
Ivi, pp. 45-46.<br />
203<br />
Richiamandosi ancora allo scritto <strong>di</strong> Rickert citato <strong>Heidegger</strong> afferma: “Per il presente stu<strong>di</strong>o è importante solo la<br />
percezione intellettuale che l’unum come trascendens, come determinazione originaria dell’oggetto, esige con la stessa<br />
originarietà il multum, che quin<strong>di</strong> l’heteròthesis è la vera «origine» del pensiero dell’oggetto. «Già l’inizio logico [] …<br />
deve essere costituito dall’uno e dall’altro, poiché non s dà alcun oggetto quando non si dà l’uno e l’altro, e il soggetto<br />
non può affatto cominciare a pensare logicamente, se già al suo primo passo ‘d’un colpo solo’ non pensa l’uno e<br />
l’altro»”; ivi, p. 46.<br />
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