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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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) Oggettualità in genere, oggetto naturale, matematico e metafisico: l’ens, l’Unum<br />

trascendens, l'Uno matematico.<br />

In<strong>di</strong>cativo dello slittamento <strong>di</strong> significato o della sussunzione del realismo aristotelico-scolastico<br />

in schemi interpretativi idealistico-trascedentali – e dunque tendenzialmente platonizzanti – è già il<br />

punto <strong>di</strong> partenza dell’analisi heideggeriana, secondo la quale l’ens viene letto come oggetto, e, <strong>di</strong><br />

conseguenza, l’essere come oggettualità in genere (Gegenständliches): “Tutte le cose sono oggetti e<br />

ciascuna <strong>di</strong> esse è un oggetto. Primum objectum est ens ut commune omnibus” 189 . Salta<br />

imme<strong>di</strong>atamente agli occhi, in quest’attacco, la prospettiva laskiana a partire dalla quale <strong>Heidegger</strong><br />

interpreta Scoto, e risulta ancora più evidente se si considera che quello dell’oggettualità è in<strong>di</strong>cato<br />

come il momento dell’imme<strong>di</strong>ata datità precategoriale o Ur-Kategorie: “Aliquid in<strong>di</strong>fferens<br />

concipimus: cogliamo, concepiamo qualcosa che è ancora preliminare a ogni determinata<br />

conformazione categoriale. L’ens significa quin<strong>di</strong> il senso complessivo della sfera <strong>degli</strong> oggetti in<br />

genere, l’aspetto <strong>di</strong> ciò che permane nell’oggettuale, è la categoria delle categorie” 190 .<br />

L’ens è pertanto uno dei maxime scibilia, sia nel senso della massima certezza, aspetto<br />

psicologico che <strong>Heidegger</strong> non prende qui in considerazione, sia nel ben più importante senso<br />

logico-trascendentale per cui esso è “con<strong>di</strong>zione della possibilità <strong>di</strong> conoscenza d’oggetti in<br />

genere” 191 , ciò che gli scolastici denominano appunto un trascendens, “un che <strong>di</strong> ultimo, <strong>di</strong><br />

supremo, <strong>di</strong>etro il quale non si può più risalire indagando [e] (…) che non ha più su <strong>di</strong> sé alcun<br />

genere in cui posa essere contenuto, <strong>di</strong> esso non si può pre<strong>di</strong>care più nulla” 192 ; come tale l’ens è<br />

inoltre ‘misura’ <strong>degli</strong> altri trascendentali in quanto convertibili con esso: l’unum, il verum, il bonum.<br />

Ora, proprio come nella tesi <strong>di</strong> dottorato <strong>Heidegger</strong> aveva insistito, sulla scia <strong>di</strong> Lask, sul carattere<br />

relazionale del giu<strong>di</strong>zio attraverso la copula, che riconosce tuttavia, senza porlo esso stesso, il<br />

carattere in sé relazionale dell’oggetto come inclusione del materiale nella forma, viene qui riba<strong>di</strong>to<br />

che l’ens non è qualcosa <strong>di</strong> in sé conchiuso ed immobile, ma implica già in sé la relazione a<br />

189 M. HEIDEGGER., La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto, cit., p. 33. Sottolinea a proposito Volpi:<br />

“Conseguenza imme<strong>di</strong>ata della ipostatizzazione dell’essere è il fatto che <strong>Heidegger</strong>, esponendo Scoto, ‘salta’ la<br />

molteplicità del reale, per prendere le mosse dalla considerazione dell’essere, al quale spetta priorità logica e<br />

ontologica”; F. VOLPI, <strong>Heidegger</strong> e Brentano, cit., pp. 116-117.<br />

190 Ivi, pp. 33-34.<br />

191 Ivi, p. 34.<br />

192 Ibid.<br />

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