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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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consistenza tale ambito, tenendo presente però – precisa <strong>Heidegger</strong>, mostrando una sempre<br />

maggiore assimilazione del criterio husserliano dell’evidenza – “che il reale (come reale è da<br />

intendere tutto ciò che <strong>di</strong>viene oggetto o è nella possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire tale, perciò anche l’«irreale»)<br />

non può essere come tale <strong>di</strong>mostrato (bewiesen), ma soltanto mostrato (aufgewiesen)” 154 . Ora,<br />

questo reale che non è né qualcosa <strong>di</strong> empirico, fisico o psichico, né metafisico – elemento,<br />

quest’ultimo, che si caratterizza per il non esser mai <strong>di</strong>sponibile con imme<strong>di</strong>atezza – ma che si<br />

incontra in maniera contingente nel giu<strong>di</strong>zio, consapevole o no, come “quell’elemento identico (…)<br />

che sta davanti a noi, è là” 155 (l’“esser giallo” del libro), questo “esser-là” (Dasein) e la sua forma<br />

(Daseinsform) 156 è ciò per cui “Lotze ha trovato (…) nel nostro patrimonio linguistico tedesco la<br />

denominazione decisiva: accanto a un «questo è là» (das ist) c’è un «questo vale» (das gilt). La<br />

forma <strong>di</strong> realtà del fattore identico reperito nel processo del giu<strong>di</strong>zio può essere solo il valere.<br />

L’essere giallo della copertina vale in ogni caso, ma non esiste mai” 157 , e questo fattore identico<br />

non è altro che il contenuto del giu<strong>di</strong>zio o senso.<br />

Ma, si chiede ora <strong>Heidegger</strong> con un ‘gesto teoretico’ analogo a quello <strong>di</strong> Lask, che si era<br />

interrogato sulla possibilità <strong>di</strong> una analisi categoriale delle stesse categorie, “che cosa è il senso<br />

(Sinn)?”, o meglio, “che cosa è il senso del senso (das Sinn des Sinnes)?” 158 , precisando però subito<br />

dopo che “forse ci troviamo davanti a un ché <strong>di</strong> ultimo, a un ché <strong>di</strong> irriducibile, sul quale è esclusa<br />

una ulteriore illuminazione, ed ogni ulteriore domanda si arena necessariamente” 159 . Ma se una tale<br />

domanda non può avere risposta, resta che ciò a cui una teoria puramente logica del giu<strong>di</strong>zio deve<br />

attenersi è il valere come modo d’essere del senso quale suo contenuto, che, non essendo qualcosa<br />

<strong>di</strong> semplice – <strong>di</strong> omogeneo (homogenes) <strong>di</strong>ce <strong>Heidegger</strong> – può essere ulteriormente indagato, se non<br />

quanto al suo senso, almeno quanto alla sua struttura. Il conoscere che si esplica nel giu<strong>di</strong>zio, non<br />

inteso come atto, è infatti “presa <strong>di</strong> possesso” (Bemächtigung) dell’oggetto, ha cioè una struttura<br />

relazionale, o meglio “regge una relazione (ist also relationshaltig)” 160 , precisamente la relazione<br />

tra l’oggetto e un contenuto significativo che per esso vale, l’esser giallo per la copertina ad<br />

esempio.<br />

154<br />

Ivi, p. 128.<br />

155<br />

Ivi, p. 132.<br />

156<br />

Anche se in questo caso, come si noterà, l’espressione ‘Dasein’ non è usata da <strong>Heidegger</strong> per in<strong>di</strong>care il modo<br />

d’essere del vivente umano, questi passaggi mostrano ancora una volta <strong>di</strong> più come l’esigenza ontologica <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere<br />

i vari ambiti del reale ed il loro peculiare modo d’essere provenga ad <strong>Heidegger</strong> da molto lontano.<br />

157<br />

M. HEIDEGGER, La dottrina del giu<strong>di</strong>zio nello psicologismo, cit., p. 133.<br />

158<br />

Ivi, p. 133-134.<br />

159<br />

Ivi, p. 134. Difficoltà <strong>di</strong> fronte alla quale, come noto, <strong>Heidegger</strong> non si arrenderà, indagando sempre più a fondo<br />

l’‘origine’ della logica stessa e del pensiero in generale precisamente in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> quel “trascendens puro e semplice”<br />

che, come senso dell’essere, sarà sempre più decisamente il tema suo proprio. Su questa precoce tensione ontologica<br />

insinuantesi si veda anche<br />

160<br />

Ivi, p. 139.<br />

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