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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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Nella terza fase Lipps perviene ad un nuovo concetto <strong>di</strong> oggetto che determina il mutamento<br />

delle precedenti espressioni “coscienza <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà” e “coscienza <strong>di</strong> oggetto” e che mette<br />

opposizione estrema proprio i concetti <strong>di</strong> oggetto e <strong>di</strong> contenuto: “I contenuti vengono sentiti,<br />

percepiti, rappresentati, gli oggetti vengono invece pensati. Oggetto è ciò che intendo, la cui<br />

posizione <strong>di</strong> fronte a me io «consapevolmente esperisco», è l’appercepito in opposizione al puro<br />

percepito, al contenuto. L’oggetto, in quanto situato <strong>di</strong> fronte a me, v’è non solo in me, ma v’è per<br />

me” 150 . Con questa <strong>di</strong>stinzione Lipps credeva <strong>di</strong> superare lo psicologismo, nel quale si incorrerebbe<br />

solo qualora si confondesse l’oggetto col contenuto quale pura “evenienza” o “accidente”<br />

psicologico. Egli sostituisce ora al concetto <strong>di</strong> costrizione quello <strong>di</strong> “esigenza” (Forderung),<br />

l’esigenza, cioè, che l’oggetto stesso pone all’appercezione – o giu<strong>di</strong>zio – <strong>di</strong> essere riconosciuto<br />

come ‘essente-così’ e non altrimenti; dal punto <strong>di</strong> vista della struttura del giu<strong>di</strong>zio ciò vuol <strong>di</strong>re che<br />

è il soggetto ciò che esige (das Fordernde) o meno che aggiunga ad esso un pre<strong>di</strong>cato, mentre<br />

quest’ultimo è ciò che è esigito, mentre la copula si conferma come valere della relazione, anche<br />

quando non è esplicitamente presente, per cui “nel giu<strong>di</strong>zio: questo albero sta accanto a quello, la<br />

copula sarebbe l’«accanto»” 151 .<br />

Secondo <strong>Heidegger</strong> tuttavia, questo passaggio dalla costrizione psichica all’esigenza<br />

dell’oggetto che richiede <strong>di</strong> essere riconosciuta – un atto <strong>di</strong> riconoscimento dunque – non<br />

muterebbe sostanzialmente la prospettiva psicologistica <strong>di</strong> Lipps, poiché in ultima istanza le stesse<br />

esigenze devono essere ‘vissute’ (erlebt), e a nulla, se non a creare ulteriori contrad<strong>di</strong>zioni, doveva<br />

servire l’introduzione, da parte <strong>di</strong> Lipps, del concetto <strong>di</strong> “coscienza in generale” quale artefice del<br />

riconoscimento: “L’io sovrain<strong>di</strong>viduale è «in noi o a noi immanente; e tuttavia non in noi, ma a noi<br />

trascendente… Esso è in noi, ma noi non siamo esso, e proprio in quanto non siamo esso, dobbiamo<br />

esserlo»” 152 . Ma, conclude <strong>Heidegger</strong> a bilancio della sua indagine, “se, nonostante questo<br />

essenziale mutamento e progresso della dottrina del giu<strong>di</strong>zio, l’essenza del giu<strong>di</strong>zio viene vista in<br />

quel comportamento del soggetto psichico che è richiesto all’esigenza dell’oggetto, lo psicologismo<br />

non è superato. (…) Tutto ciò, che ha in qualche modo il carattere del processo decorrente nel<br />

tempo, dell’essere attivo, rimane <strong>di</strong> necessità estraneo alla sfera della teoria puramente logica. La<br />

problematica del giu<strong>di</strong>zio non si trova nella sfera psichica” 153 .<br />

Ma veniamo ora alla parte più propriamente positiva della <strong>di</strong>ssertazione; se lo psicologismo<br />

fallisce nel suo intento <strong>di</strong> determinare in maniera autonoma l’oggetto e lo statuto della logica a<br />

causa del suo sostanziale empirismo, a causa cioè del suo “dogmatismo a priori”, per il quale si<br />

considera come dato solo ciò che si offre ai sensi, bisogna invece delimitare precisamente nella sua<br />

150 Ivi, p. 102.<br />

151 Ivi, p. 108.<br />

152 Ivi, p. 113.<br />

153 Ivi, pp. 126-127.<br />

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