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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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concetti “che non devono essere necessariamente dati in una rappresentazione complessiva” 132 ,<br />

risultando dunque sintetico, e inapplicabile, ad esempio, nel caso dei giu<strong>di</strong>zi impersonali del tipo<br />

‘lampeggia’ (es blitzt), in cui l’oggetto è sostanzialmente uno, il processo del lampeggiare, per cui<br />

non ha senso sostenere che in questo caso il giu<strong>di</strong>zio separa due elementi, cioè l’es dal lampeggiare.<br />

Il <strong>di</strong>fetto d’origine della teoria <strong>di</strong> Wundt consiste per <strong>Heidegger</strong> nell’impiego <strong>di</strong> un metodo<br />

psicologico-genetico, volto cioè ad in<strong>di</strong>viduare, in ultima istanza, nel soggetto empirico – un<br />

soggetto che parimenti rappresenta, sente e vuole – la scaturigine dei contenuti logici e del loro<br />

valore normativo, per cui “l’essenza del giu<strong>di</strong>zio, come la definisce Wundt, incarna unicamente la<br />

natura psicologica del pensiero logico” 133 .<br />

Anche la Psychologie des emotionalen Denken 134 <strong>di</strong> Heinrich Maier, che già dal titolo mostra<br />

un chiaro orientamento psicologistico volto a ricomprendere il pensiero nelle più generali<br />

manifestazioni del desiderio e del sentimento, prende le mosse da una critica dell’insufficienza della<br />

teoria logica tra<strong>di</strong>zionale a partire da Aristotele, viziata, a suo <strong>di</strong>re, da “un fatale orientamento verso<br />

la forma grammaticale della proposizione enunciativa completa” 135 formata da soggetto, pre<strong>di</strong>cato e<br />

copula, la quale non consentirebbe <strong>di</strong> dare risposta adeguata alle questioni “circa il senso<br />

dell’«essere» [!] nel giu<strong>di</strong>zio”, se in esso “venga espressa una identificazione della rappresentazione<br />

del soggetto e quella del pre<strong>di</strong>cato, e fino a che punto inoltre per mezzo del giu<strong>di</strong>zio e in qual modo<br />

venga affermato un «essere reale»” 136 .<br />

Andando oltre la forma grammaticale, Maier in<strong>di</strong>vidua nelle stesse percezioni le particelle<br />

elementari del giu<strong>di</strong>zio o, meglio, dei veri e propri giu<strong>di</strong>zi elementari. Se infatti si percepisce e si<br />

<strong>di</strong>ce, per esempio, “un albero”, ciò, espresso in forma linguistico-grammaticale, equivarrà<br />

all’enunciato “questo è un albero” oppure, se si tratta della percezione <strong>di</strong> un processo, alla forma<br />

impersonale “piove”. Maier definisce pertanto gli atti <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio delle “«concezioni oggettivizzanti<br />

<strong>di</strong> dati <strong>di</strong> conoscenza imme<strong>di</strong>atamente dati o derivati»” 137 . Anche nel caso <strong>di</strong> Maier, <strong>Heidegger</strong><br />

osserva che tuttavia, “se noi ora indaghiamo ancora oltre sul senso dell’«elementare», si vedrà che<br />

questo non si esaurisce con il significato del semplice, del meno complesso. L’elementare è<br />

<strong>di</strong>venuto per Maier l’elemento più originario in senso psicologico. Che col risalire al tipo primitivo<br />

<strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio debba entrare a determinare la <strong>di</strong>rezione un punto <strong>di</strong> vista psicologico-genetico, si può<br />

rendere <strong>di</strong> piena evidenza senza <strong>di</strong>fficoltà. Gli atti <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio elementari sono cioè «nella grande<br />

maggioranza dei casi processi involontari»” 138 .<br />

132<br />

Ivi, p. 27.<br />

133<br />

Ivi, p. 33.<br />

134<br />

Tübingen 1908.<br />

135<br />

M. HEIDEGGER, La dottrina del giu<strong>di</strong>zio nello psicologismo, cit., p. 45.<br />

136<br />

Ivi, p. 45.<br />

137<br />

Ivi, p. 48.<br />

138<br />

Ivi, pp. 58-59.<br />

35

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