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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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(..) Laddove la velatezza dell’ente nella sua totalità viene ammessa solo come un limite che talvolta<br />

si annuncia, il velamento, come evento fondamentale, è già affondato nell’oblio” 766 .<br />

Un tale oblio non è una mera parvenza o un puro niente, anzi, è l’effettuale per eccellenza, in<br />

quanto “lascia l’uomo storico nell’ambito del praticabile e dei suoi artefatti” 767 , lo lascia cioè<br />

nell’errore (Irrtum) originario, nell’“erranza” (Irre) come oblio della verità (-non verità) dell’essere<br />

e “insistente” nel commercio con l’ente, cui l’uomo può tuttavia porre rime<strong>di</strong>o aprendosi al mistero<br />

della necessaria “implicanza tra l’essenza della verità e la verità dell’essenza (…). Ma nel concetto<br />

<strong>di</strong> «essenza» la filosofia pensa l’essere” 768 .<br />

La verità appartiene dunque essenzialmente all’essere stesso, è (west) l’essere stesso 769 nel suo<br />

carattere costitutivamente ritraentesi, nella sua ‘medesimezza non identica’ tra svelatezza e<br />

velamento, essere e nulla, Ereignis-Enteignis 770 . Qui, davvero, la verità dell’enunciato e con esso la<br />

(sua) “«logica» si <strong>di</strong>ssolve (…) nel vortice <strong>di</strong> un domandare più originario” 771 .<br />

766<br />

Ivi, p. 150 (corsivi nostri).<br />

767<br />

Ibid.<br />

768<br />

Ivi, pp. 153 e 155.<br />

769<br />

Circa il senso <strong>di</strong> tale mutamento della questione dal senso dell’essere alla verità dell’essere, <strong>di</strong>rà poi <strong>Heidegger</strong>,<br />

confermando sia il depotenziamento del carattere <strong>di</strong> progetto del senso dell’essere <strong>di</strong> cui si è detto, sia l’entrare in una<br />

<strong>di</strong>mensione che nulla più ha a che fare con la verità dell’enunciato: “Va osservato che l’espressione «verità dell’essere»,<br />

se si intende la verità come correttezza <strong>di</strong> un’asserzione, non ha alcun senso. Verità, al contrario, viene intesa qui come<br />

«svelatezza», e ancora più precisamente, se ci si pone nell’ottica dell’esserci, come radura. Verità dell’essere significa<br />

radura dell’essere. Che cos’è dunque accaduto nella, e me<strong>di</strong>ante, la trasformazione che, al posto <strong>di</strong> senso, fa subentrare<br />

la verità? Che cosa significa innanzitutto senso? In Essere e tempo il senso è determinato dall’ambito del progetto; e il<br />

progetto è l’attuazione dell’esserci, cioè dell’in-sistenza estatica nell’apertura dell’essere. L’esserci, e-sistendo,<br />

<strong>di</strong>schiude un senso. Abbandonando il termine «senso dell’essere» a favore <strong>di</strong> «verità dell’essere», il pensiero scaturito<br />

da Essere e tempo sottolinea d’ora in poi più l’apertura dell’essere stesso che non l’apertura dell’esserci <strong>di</strong> fronte<br />

all’apertura dell’essere. Questo è il significato della «svolta», in cui il pensiero si volge sempre più risolutamente<br />

all’essere in quanto essere”, M. <strong>Heidegger</strong>, Seminari, cit., pp. 112-113. Vede bene Caputo, dunque, quando identifica<br />

sostanzialmente in due principali movimenti il percorso heideggeriano – dove è chiaramente il secondo l’unico che<br />

interessi ad <strong>Heidegger</strong> a partire dal saggio del ’30 in avanti – e cioè: “(1) from the correctness of assertions to the<br />

manifestness of the being (phenomenality; on/alētheia); (2) from the manifestness of the being to the openness of<br />

Being, to Being as the open, as Seyn, as Lichtung, Ereignis, (alētheia as such)”, J.D. Caputo, Demythologizing<br />

<strong>Heidegger</strong>: Alētheia and the History of Being, in «Review of Metaphysics», XLI (1988) 3, p. 527.<br />

770<br />

Proprio in tali passaggi, si è detto, ci pare <strong>di</strong> ravvisare il punto <strong>di</strong> svolta del pensiero heideggeriano, ruotante infatti<br />

attorno alla questione del nulla come momento <strong>di</strong> sottrazione cooriginario all’essere concedente la presenza, come<br />

suggerirà lo stesso <strong>Heidegger</strong> in<strong>di</strong>cando esplicitamente “tra i paragrafi 5 e 6 [riguardanti appunto il rapporto tra verità e<br />

non-verità in senso originario] il salto nella svolta (che è essenzialmente [west] nell’evento)”, id., Dell’essenza della<br />

verità, cit., p. 148 (nota a). Un’ulteriore conferma <strong>di</strong> tale interpretazione della svolta ci sembra quanto <strong>Heidegger</strong> <strong>di</strong>ce<br />

circa due brevi scritti – composti a ridosso <strong>di</strong> Dell’essenza della verità – nella premessa alla terza e<strong>di</strong>zione (del 1949)<br />

<strong>di</strong> Dell’essenza del Fondamento, in Segnavia, cit., p. 79: “Il trattato Dell’essenza del fondamento fu composto nel 1928<br />

contemporaneamente alla prolusione Che cos’è metafisica? Questa riflette sul niente, quello nomina la <strong>di</strong>fferenza<br />

ontologica. Il niente è il «non» dell’ente, quin<strong>di</strong> l’essere esperito a partire dall’ente. La <strong>di</strong>fferenza ontologica è il «non»<br />

tra ente ed essere. Ma, allo stesso modo in cui l’essere come «non» relativo all’ente non è un niente nel senso del nihil<br />

negativum, così la <strong>di</strong>fferenza, come «non» tra ente ed essere, non è il semplice prodotto <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stinzione dell’intelletto<br />

(ens rationis). Quel nientificante «non» del niente e questo nientificante «non» della <strong>di</strong>fferenza, pur non essendo<br />

identici, sono la stessa cosa (das Selbe) nel senso <strong>di</strong> ciò che assieme rientra nell’essenzialità dell’essere dell’ente.<br />

Questa stessa cosa è ciò che è degno <strong>di</strong> essere pensato, ciò che i due scritti, volutamente tenuti <strong>di</strong>stinti, tentano <strong>di</strong><br />

arrivare a determinare, senza esserne all’altezza”; risulta evidente che, fin qui, <strong>Heidegger</strong> doveva ritenere la svolta un<br />

fatto non ancora compiuto.<br />

771<br />

Id., Che cos’è metafisica in Segnavia, cit., p. 72; anche a proposito <strong>di</strong> tale riformulazione della <strong>di</strong>fferenza<br />

ontologica, che nella coappartenenza <strong>di</strong> essere e nulla, verità e non verità (poi Sein e Seyn) giunge a <strong>di</strong>re finalmente la<br />

sua cosa, Masullo afferma: “In ogni caso, la <strong>di</strong>stinzione heideggeriana tra il senso e il significato e la sua stessa<br />

ra<strong>di</strong>calizzazione attraverso la fondamentale <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> Sein e Seyn, dove il significato è assegnato al <strong>di</strong>cibile campo<br />

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