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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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‘mostrante’ il riferimento al senso delotico primario che <strong>Heidegger</strong> intende comunque attribuire<br />

tanto all’asserzione vera quanto a quella falsa. Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> possibilità – su un piano che è però<br />

già teoretico, prescindendo cioè dal carattere <strong>di</strong> apertura dell’essere nel mondo – tanto<br />

dell’asserzione vera quanto <strong>di</strong> quella falsa, consistono, come sappiamo, innanzitutto nella<br />

preliminare fornitura dell’ente tramite l’intuizione, in secondo luogo nella struttura insieme<br />

sintetico-<strong>di</strong>airetica del logos e in ultima analisi dell’ente stesso.<br />

Che la verità originaria, cioè l’apertura dell’essere da parte dell’esserci comprendente,<br />

costituisca a sua volta l’apriori <strong>di</strong> ogni rapportamento all’ente, dunque anche delle modalità<br />

tematiche, non deve portare alla confusione tra questi due piani <strong>di</strong>stinti, seppure posti in relazione <strong>di</strong><br />

fondazione l’uno rispetto all’altro. Confusione, tuttavia, che <strong>Heidegger</strong> stesso innesca, come<br />

abbiamo appena visto, identificando nello scoprimento tout-court l’essenza della verità, sia essa la<br />

veritas transcendentalis dell’essere o quella dell’enunciato, vero o falso (nel senso ora <strong>di</strong><br />

identificante o non identificante) che sia.<br />

In una tale confusione, ad esempio, riteniamo incorrano le letture in senso pragmatistico della<br />

concezione heideggeriana della verità, le quali intendono il richiamo alla significatività<br />

dell’utilizzabile, in Essere e tempo puramente metodologico, nel senso che ogni singolo enunciato<br />

trovi in una specifica prassi la sua conferma o smentita, dunque la sua verità o falsità 743 .<br />

743<br />

Così, ed esempio, interpreta Gethmann, tra l’altro in opposizione esplicita rispetto a Tugendhat: “Secondo il modello<br />

operazionista <strong>di</strong> verità, la verità non si rapporta all’asserzione come la rossezza al tavolo, ma come la chiave alla<br />

serratura. Se la chiave «corrisponde» alla serratura, lo si vede chiudendo, e non <strong>di</strong>scorrendo su <strong>di</strong> essa. Per il modello<br />

operazionista <strong>di</strong> verità, la «verità» è una categoria relativa alla riuscita. Con l’idea che l’«utilizzabilità» è il criterio della<br />

verità, <strong>Heidegger</strong> porta ra<strong>di</strong>calmente a compimento le tendenze pragmatiche insite nella coppia concettuale <strong>di</strong><br />

intenzione e riempimento. La verità riempie un intenzione, come l’assolvimento realizza un compito”, C.F. Gethmann,<br />

La concezione della verità nello <strong>Heidegger</strong> <strong>di</strong> marburgo, cit., p. 346; si vede bene come in <strong>Heidegger</strong> non vi sia traccia<br />

<strong>di</strong> una simile identificazione <strong>di</strong> verità e riuscita. Al contrario, <strong>Heidegger</strong> mostra fin da giovanissimo una certa<br />

insofferenza nei confronti <strong>di</strong> orientamenti in senso ampio pragmatistici, come nelle Neuere Forschungen, dove si<br />

accenna a “banalità pragmatistiche” (M. <strong>Heidegger</strong>, Scritti filosofici, cit., p. 175), o anche nello Habilitationsschrift, in<br />

cui si afferma che “me<strong>di</strong>ante il primato assoluto del senso dotato <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà si giu<strong>di</strong>cano severamente tutte le teorie<br />

della conoscenza fisiologiche, psicologiche ed economico-pragmatistiche”, id., La dottrina delle categorie e del<br />

significato in Duns Scoto, cit., pp. 95-96. Ancora in Essere e tempo <strong>Heidegger</strong> pare però volere prevenire tali<br />

frainten<strong>di</strong>menti dell’analitica esistenziale, quando afferma per esempio – ma i luoghi sono davvero tanti – che<br />

“l’espressione «prendersi cura» è usata, nelle presenti indagini, come termine ontologico (esistenziale) in<strong>di</strong>cante<br />

l’essere <strong>di</strong> un possibile essere-nel-mondo. Il termine non vuole significare che l’Esserci sia innanzitutto e<br />

prevalentemente economico e «pratico», ma che l’essere dell’Esserci deve essere chiarito come cura. Questo termine è,<br />

a sua volta, da assumersi ontologicamente come concetto strutturale (…). Esso non ha nulla a che fare con la<br />

«tribolazione», la «tristezza», le «preoccupazioni» della vita, quali si rivelano onticamente in ogni esserci”, id., Essere e<br />

tempo, cit., p. 81; del resto, pur volendo ricavare liberamente dal testo heideggeriano una concezione pragmatistica della<br />

verità, non si vede, proprio secondo l’esempio addotto da Gethmann, quale azione o prassi possa mai verificare un<br />

asserzione del tipo ‘il tavolo è rosso’. Nello stesso equivoco ci sembra incorrere Mohanty quando afferma che “not<br />

formal logic but philosophical logic has to settle the question, which truth – theoretical or practical – is primary.<br />

<strong>Heidegger</strong> opts for the primacy of the practical”, J. N. Mohanty, <strong>Heidegger</strong> on Logic, cit., p. 127; sembra infatti<br />

quantomeno improprio, giusto quanto si è mostrato in queste ultime pagine, <strong>di</strong>stinguere in <strong>Heidegger</strong> una verità<br />

teoretica da una pratica, e sostenere un primato della seconda sulla prima. Si tratta, piuttosto, per <strong>Heidegger</strong>, <strong>di</strong> pensare<br />

quella più originaria apertura <strong>di</strong>svelativa che rende possibile tanto il comportamento (Verhalten – non verità!) pratico<br />

quanto quello teoretico-scientifico. In <strong>di</strong>rezione opposta, invece, Dreyfus sostiene che “it is the <strong>di</strong>scovery of the primacy<br />

of this understan<strong>di</strong>ng of being, not of the primacy of practical activity, that <strong>Heidegger</strong> rightly holds to be his unique<br />

contribution to Western philosophy”, H. L. Dreyfus, <strong>Heidegger</strong>’s Critique of the Husserl/Searle Account of<br />

Intentionality, cit., p. 38. Per un confronto, invece, tra Husserl e <strong>Heidegger</strong> svolto sul filo conduttore del concetto,<br />

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