"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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In sintesi, ciò che <strong>Heidegger</strong> aveva ricercato nel lavoro su Scoto su base puramente logica, cioè<br />
“la dottrina del significato, ha [dunque] le sue ra<strong>di</strong>ci nell’ontologia dell’Esserci” 723 e, <strong>di</strong><br />
conseguenza, il compito – lungo il quale egli aveva inizialmente seguito Husserl e gli approcci<br />
logicisti in genere – della liberazione della logica pura dalla grammatica si rovescia specularmente<br />
in quello della “liberazione della grammatica dalla logica” 724 , laddove la grammatica rappresenta –<br />
e rappresenterà sempre più – il patrimonio linguistico-tra<strong>di</strong>zionale entro il quale si se<strong>di</strong>menta<br />
un’apertura storica, insieme fonte inesauribile <strong>di</strong> ulteriore significatività (dunque <strong>di</strong> futuro), e<br />
insieme della possibilità del ri-coprimento dell’esperienza delle cose stesse cui porre rime<strong>di</strong>o nella<br />
<strong>di</strong>struzione quale compito fenomenologico fondamentale 725 . In ultima istanza, tuttavia, il senso<br />
della comprensione originaria articolabile nei significati, si ra<strong>di</strong>ca nella costituzione temporale-<br />
estatica dell’esserci secondo il suo ‘schematismo’ orizzontale, sintetizzabile nell’“essere avanti a sé<br />
essendo già in un mondo come esser presso l’ente intramondano”. Non è il caso qui <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffonderci<br />
nell’analisi, che ci porterebbe lontano, <strong>di</strong> tale struttura temporale dell’essere nel mondo in quanto<br />
cura.<br />
Come noto, l’intera analitica esistenziale si interrompe proprio sulla soglia del decisivo, cioè<br />
dell’elaborazione tematica e positiva del senso temporale dell’essere stesso, sulla scorta del quale,<br />
con l’analitica esistenziale avrebbe dovuto essere ripetuto il fenomeno della comprensione e<br />
dunque, presumibilmente, l’intera problematica della verità e dell’asserzione 726 .<br />
723<br />
Ivi, p. 210.<br />
724<br />
Ivi, p. 209; e più innanzi aggiunge: “La teoria del significato non è il frutto spontaneo della comparazione <strong>di</strong><br />
linguaggi i più numerosi e remoti possibili. Altrettanto insufficiente è l’orizzonte filosofico all’interno del quale W. Von<br />
Humboldt impostò il problema del linguaggio”, ivi, p. 210. A proposito della <strong>di</strong>fferenza tra le concezioni husserliana e<br />
heideggeriana del significato e, più in generale, del linguaggio, <strong>Martin</strong> Kusch, rifacendosi allo stu<strong>di</strong>o d’impostazione<br />
analitica <strong>di</strong> J. Hintikka e B. Merrill (Investigating Wittgenstein, Oxford, 1986), ha sostenuto una comunanza, nella<br />
concezione del “linguaggio come me<strong>di</strong>um universale”, tra Frege, Wittgenstein e <strong>Heidegger</strong>. Gli assunti fondamentali <strong>di</strong><br />
tale concezione sono i seguenti: “1) Semantical relations are inaccessibile; 2) we cannot imagine <strong>di</strong>fferent semantical<br />
relations; 3) model theory (and talk of possible worlds) is impossible (since model theory is based on the systematical<br />
variation of meaning relations; 4) linguistic relativism in inevitable (we are trapped in our language); 5) we cannot<br />
grasp reality without linguistic (<strong>di</strong>storting) interference; 6) the construction of metalanguage is impossible; 7) truth as<br />
correspondence is inexpressible; 8) we have to limit ourselves to syntax, i.e., formalism”, M. Kusch, Husserl and<br />
<strong>Heidegger</strong> on meaning, cit., pp. 99-100; Husserl sarebbe invece portatore <strong>di</strong> una concezione del significato e del<br />
linguaggio come “calcolo”, sostanzialmente opposta agli assunti della teoria del me<strong>di</strong>um universale.<br />
725<br />
“L’ontologia fondamentale è sempre soltanto una ripetizione <strong>di</strong> questa antichità [della questione dell’essere], <strong>di</strong><br />
questo passato, il quale però ci viene trasmesso nella ripetizione solo quando gli offriamo la possibilità <strong>di</strong> trasformarsi.<br />
E ciò è quanto questi stessi problemi richiedono per loro natura. Tutto ciò, comunque debba venire attuato, ha il suo<br />
fondamento nella storicità della questione dell’essere. Ed è caratteristico che proprio la tra<strong>di</strong>zione, vale a <strong>di</strong>re la<br />
trasmissione esteriorizzata, vieti al problema <strong>di</strong> trasformarsi nella ripetizione. La tra<strong>di</strong>zione trasmette proposizioni e<br />
opinioni fisse, mo<strong>di</strong> fissi <strong>di</strong> interrogare e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere. Questa tra<strong>di</strong>zione esteriore delle opinioni e dei punti <strong>di</strong> vista<br />
sospesi in aria è ora detta la «storia dei problemi». E poiché questa tra<strong>di</strong>zione esteriore e la sua trattazione nella storia<br />
della filosofia negano ai problemi la vita, e cioè la trasformazione, e cercano <strong>di</strong> estinguerli, bisogna combatterle”, M.<br />
<strong>Heidegger</strong>, Principi metafisici della logica, cit., p. 185. Sulla <strong>di</strong>struzione fenomenologica cfr. id., I problemi<br />
fondamentali della fenomenologia, cit., § 5 (Il carattere meto<strong>di</strong>co dell’ontologia. Le tre componenti fondamentali del<br />
metodo fenomenologico).<br />
726<br />
“Nel quadro generale del presente lavoro, non si potrà stabilire adeguatamente il senso esistenziale <strong>di</strong> questa<br />
comprensione dell’essere se non dopo che abbia avuto luogo l’interpretazione temporale [temporale] dell’essere”, id.,<br />
Essere e tempo, cit., p. 188.<br />
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