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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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cioè dall’enunciato in quanto espresso. Cooriginario rispetto alla situazione emotiva e alla<br />

comprensione e “fondamento ontologico-esistenziale del linguaggio è [infatti] il <strong>di</strong>scorso” 718 in cui<br />

è già sempre articolata la totalità dei significati della comprensione: “La comprensione<br />

emotivamente situata dell’essere-nel-mondo si esprime nel <strong>di</strong>scorso. La totalità <strong>di</strong> significati della<br />

comprensibilità accede alla parola. I significati sfociano in parole. Non accade, dunque, che parole-<br />

cosa vengano fornite <strong>di</strong> significato. Il linguaggio è [soltanto] l’espressione del <strong>di</strong>scorso” 719 e<br />

l’asserzione determinate è solo una delle possibili forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso, come Aristotele aveva già<br />

visto.<br />

Al <strong>di</strong>scorso manca pertanto il carattere determinante (pre<strong>di</strong>cativo) dell’asserzione, e tuttavia<br />

esso ha pur sempre – e primariamente – valenza delotica originaria 720 , possiede cioè sempre un<br />

“sopra che-cosa” che in esso si dà a vedere da se stesso, e in base al quale “il <strong>di</strong>scorso si fa<br />

comunicante” 721 . Ma anche il carattere <strong>di</strong> comunicazione e <strong>di</strong> espressione del <strong>di</strong>scorso – già emerso<br />

a proposito dell’asserzione – è “articolazione dell’essere-assieme comprendente”, testimonia cioè<br />

del fatto che ci si deve già sempre essere compresi in virtù del coabitare un mondo – e dunque un<br />

linguaggio – perchè si possa comunicare qualcosa. Anche da questo punto <strong>di</strong> vista, una mera teoria<br />

soggettiva della conoscenza, magari psicologicamente orientata, si illude se crede <strong>di</strong> poter spiegare<br />

il fenomeno della comprensione a partire dall’intersoggettività, cioè da soggetti isolati che solo in<br />

un secondo momento si esprimono e si comprendono empaticamente, come se si trattasse del<br />

“trasferimento <strong>di</strong> esperienze vissute, <strong>di</strong> opinioni o <strong>di</strong> desideri, dall’interno <strong>di</strong> un soggetto all’interno<br />

<strong>di</strong> un altro. (…) Il <strong>di</strong>scorso è l’articolazione in significati della comprensibilità emotivamente situata<br />

dell’essere-nel-mondo. I suoi momenti costitutivi sono: il sopra-che-cosa del <strong>di</strong>scorso (ciò <strong>di</strong> cui si<br />

<strong>di</strong>scorre), ciò-che-il-<strong>di</strong>scorso-<strong>di</strong>ce come tale, la comunicazione e il far conoscere” 722 .<br />

718<br />

Id., Essere e tempo, cit., p. 203.<br />

719<br />

Ivi, p. 204; ciò implica, come vede bene in questo caso Vincenzo Costa, che “l’esplicitazione è dunque (…)<br />

antepre<strong>di</strong>cativa, come la comprensione, ma ciò non significa che essa sia pre-linguistica. (…) Dire che l’esplicitazione è<br />

nello stesso tempo antepre<strong>di</strong>cativa e linguistica <strong>di</strong>viene contrad<strong>di</strong>ttorio solo se si riduce in linguaggio e l’espressione al<br />

giu<strong>di</strong>zio, solo se si giunge a <strong>di</strong>re che parlare significa giu<strong>di</strong>care, e dunque se si riducono gli atti linguistici a quelli che<br />

hanno una struttura pre<strong>di</strong>cativa, o se li si riduce all’espressione intesa come suono verbale. (…) La <strong>di</strong>stinzione tra<br />

antepre<strong>di</strong>cativo e pre<strong>di</strong>cativo non è equivalente alla <strong>di</strong>stinzione tra non <strong>di</strong>scorsivo e <strong>di</strong>scorsivo, ma corrisponde alla<br />

<strong>di</strong>fferenza tra <strong>di</strong>fferenti mo<strong>di</strong> del <strong>di</strong>scorso”, V. Costa, La verità del mondo, cit., p. 270.<br />

720<br />

“Anche un comando verte sopra… Lo stesso <strong>di</strong>casi dell’augurio. Neppure all’intercessione manca il sopra-che-cosa.<br />

Il <strong>di</strong>scorso comporta necessariamente questo momento strutturale. (…) Ogni <strong>di</strong>scorso comporta un ciò-che-il-<strong>di</strong>scorso<strong>di</strong>ce<br />

come tale: ciò che, in ogni far voto, in ogni richiesta, in ogni <strong>di</strong>battito costituisce il detto come tale”, M. <strong>Heidegger</strong>,<br />

Essere e tempo, cit., p. 205.<br />

721<br />

Ibid.<br />

722<br />

Ivi, pp. 205-206; e poco oltre: “I tentativi finora fatti <strong>di</strong> stabilire «l’essenza del linguaggio», si sono sempre orientati<br />

verso l’uno o l’altro <strong>di</strong> questi momenti, concependo il linguaggio a partire dall’idea o <strong>di</strong> «espressione» o <strong>di</strong> «forma<br />

simbolica» o <strong>di</strong> comunicazione o <strong>di</strong> asserzione o <strong>di</strong> «partecipazione» delle esperienze vissute o <strong>di</strong> «formazione» della<br />

vita. Una definizione esauriente del linguaggio non potrebbe d’altronde essere raggiunta nemmeno riunendo<br />

sincretisticamente tutte queste definizioni. Il decisivo resta sempre l’elaborazione chiarificativa dell’unità ontologicoesistenziale<br />

della struttura del <strong>di</strong>scorso sul fondamento dell’analisi esistenziale”, ivi, p. 206.<br />

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