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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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necessitata a pensare anche secondo altre leggi” 68 . Ma è alla Logik <strong>di</strong> Lotze 69 che <strong>Heidegger</strong><br />

riconosce <strong>di</strong> aver compiuto il passo fondamentale nel superamento dello psicologismo, avendo<br />

operato la fondamentale <strong>di</strong>stinzione – che, come si è anticipato nella premessa, sarà alla ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

tanta parte del pensiero contemporaneo post-idealistico – “fra atto psichico e contenuto logico, fra il<br />

reale processo del pensiero che si svolge nel tempo e il senso (Sinn) ideale extratemporale identico,<br />

in breve la <strong>di</strong>stinzione fra ciò che «è» e ciò che «vale»” 70 . Partendo infatti dalla filosofia classica<br />

tedesca, e quin<strong>di</strong> dall’esigenza <strong>di</strong> riaffermare il primato della metafisica (una metafisica teleologica<br />

e dunque etica, come rileva infatti <strong>Heidegger</strong>) rispetto all’incipiente dominio dell’orientamento<br />

gnoseologico – ciò che lo <strong>di</strong>stinguerà sempre dal neokantismo –, Lotze aveva tuttavia tentato una<br />

me<strong>di</strong>azione tra le istanze <strong>di</strong> rivalutazione dell’empiria e dei saperi positivi e quelle idealisticotrascendentali<br />

kantiane, tra il meccanicismo induttivo e tendenzialmente psicologizzante <strong>di</strong><br />

Herbart 71 e la sostanziale identificazione hegeliana <strong>di</strong> logica e ontologia, tra essenza ed esistenza,<br />

ideale e reale. Ciò era possibile sulla base <strong>di</strong> una rilettura del concetto <strong>di</strong> apriori che non lo<br />

intendesse in senso psicologico-milliano come contenuto della mente che vincola il pensiero a non<br />

poter pensare altrimenti, ma come impossibilità logica dell’essere altrimenti. Tuttavia, tale istanza<br />

ontologica necessitava che si <strong>di</strong>stinguesse appunto lo statuto per così <strong>di</strong>re ‘ontologico’ del logico da<br />

quello del piano della realtà, laddove l’imbarazzo terminologico non è casuale, bensì rivela<br />

l’insufficienza della stessa tra<strong>di</strong>zione metafisica greco-occidentale, in quanto “i greci non<br />

<strong>di</strong>sponevano <strong>di</strong> un termine per in<strong>di</strong>care il modo <strong>di</strong> essere della verità, e furono costretti a usare il<br />

termine ‘essere’ «per questo concetto del valere che non contiene alcun essere»” 72 .<br />

68<br />

M. HEIDEGGER, Scritti filosofici, cit., p. 155.<br />

69<br />

“(…) la quale, anche se in alcune parti – teoria del giu<strong>di</strong>zio, tendenza moralistica – è sorpassata, può essere<br />

considerata come un libro fondamentale della logica moderna”; Ivi, p. 157 (nota 1).<br />

70<br />

Ivi, p. 156.<br />

71<br />

Husserl, che nelle Ricerche Logiche pure aveva <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> aver “ricevuto da Bolzano – oltre che da Lotze – un<br />

impulso decisivo” (E. HUSSERL, Ricerche Logiche, cit., I, p. 232), aveva poi visto nella <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> quest’ultimo da<br />

Herbart e dal suo concetto <strong>di</strong> ‘normalità’ dei contenuti logici un motivo <strong>di</strong> perdurante compromissione della Logik con<br />

lo psicologismo: “La prima cosa a recar pregiu<strong>di</strong>zio fu che Herbart non notò l’equivocità fondamentale <strong>di</strong> espressioni<br />

come contenuto, rappresentato, pensato: esse caratterizzano infatti, da un lato, il contenuto identico ed ideale <strong>di</strong><br />

significato delle espressioni corrispondenti e, dall’altro l’oggetto <strong>di</strong> volta in volta rappresentato. (…) Più importante è<br />

tuttavia l’errore fondamentale <strong>di</strong> Herbart, a causa del quale egli ripone l’elemento essenziale del concetto logico nella<br />

sua normalità. (…) Strettamente <strong>di</strong>pendente da ciò è il fatto che Herbart creda <strong>di</strong> aver trovato una formula risolutiva<br />

quando contrappone la logica come morale del pensiero [si ricor<strong>di</strong> il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong> su Lotze riportato qui alla<br />

nota 69] alla psicologia come storia naturale dell’intelletto. (…) Tutto ciò vale anche per i logici che si trovano nella<br />

sfera <strong>di</strong> influenza <strong>di</strong> Herbart, ed in particolare per Lotze che ha assunto alcuni suggerimenti <strong>di</strong> Herbart, sviluppandoli<br />

con acume ed originalità. Noi gli dobbiamo molto; ma purtroppo riteniamo che anche i suoi ottimi spunti vengano resi<br />

nulli dalla confusione herbartiana tra idealità specifica ed idealità normativa. La sua grande opera logica, per quanto sia<br />

ricca <strong>di</strong> idee originali e degne <strong>di</strong> un pensatore profondo appare così come una ibrida fusione <strong>di</strong> logica psicologistica e <strong>di</strong><br />

logica pura”; ivi, pp. 224-226.<br />

72<br />

V. COSTA, La verità del mondo, cit., p. 27. “Tipico per la «ipostatizzazione» dell’elemento logico a costituire ciò che<br />

è in senso metafisico resterà per sempre PLATONE”, afferma <strong>Heidegger</strong> sulla scorta <strong>di</strong> Lotze, manifestando quel<br />

‘totalitarismo’ storiografico cui fa riferimento Volpi proprio in relazione a questo passo (v. qui nota 22); M.HEIDEGGER,<br />

Scritti filosofici, cit., p. 157.<br />

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