"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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troviamo innanzi alla pura e semplice percezione <strong>di</strong> qualcosa? No, perché ogni vedere è già sempre<br />
comprendente-interpretante. Esso porta con sé la presenza esplicita delle relazioni <strong>di</strong> rimando (del<br />
«per») proprie della totalità <strong>di</strong> appagatività entro la quale ha luogo la comprensione dell’ente che si<br />
incontra. L’articolazione del compreso, quale ha luogo nel corso dell’approccio che comprende<br />
l’ente nella forma dell’«in quanto qualcosa», precede ogni asserzione tematica sopra l’ente stesso.<br />
L’asserzione tematica non è la matrice dell’«in quanto» ma la sua prima espressione; la quale è<br />
possibile solo perché l’«in quanto» pre-esisteva come esprimibile. Il fatto che alla semplice visione<br />
possa mancare l’esplicitezza dell’asserzione, non autorizza a negarle ogni interpretazione<br />
articolante e quin<strong>di</strong> la struttura dell’«in quanto». La semplice visione delle cose che incontriamo per<br />
prime nell’«aver-a-che-fare-con…» porta con sé in modo così originario la struttura<br />
dell’interpretazione, che un proce<strong>di</strong>mento percettivo deliberatamente privo <strong>di</strong> «in quanto»<br />
richiederebbe un apposito atteggiamento. L’«aver-solo-più-davanti-a-sé» qualcosa presuppone<br />
quello sguardo fisso che è caratteristico del non-comprendere-più. Il conoscere privo <strong>di</strong> «in quanto»<br />
è una forma <strong>di</strong>fettiva del vedere comprensivo genuino; non è quin<strong>di</strong> più originario <strong>di</strong> questo, ma<br />
derivato da esso” 693 .<br />
Non bisogna dunque vedere nell’interpretazione un momento teoretico o anche semplicemente<br />
tematico, poiché, come si vede, essa permane nel “carattere <strong>di</strong> pre” 694 della comprensione del<br />
mondo in quanto pre-comprensione dell’essere dell’ente 695 , e “anche quando sia stata oggetto <strong>di</strong><br />
un’interpretazione <strong>di</strong> questo genere [tematica], essa ricade sempre nella comprensione implicita” 696 .<br />
Tale carattere <strong>di</strong> “pre” dell’interpretazione si articola nei tre momenti della “pre-<strong>di</strong>sponibilità”<br />
(Vorhabe), cioè nell’aver già sempre <strong>di</strong>sponibile nella comprensione una totalità <strong>di</strong> appagatività,<br />
della pre-visione (Vorsicht), la quale fornisce “ciò in vista <strong>di</strong> cui” la pre<strong>di</strong>sponibilità è tale, cioè<br />
“«assegna» il pre-<strong>di</strong>sponibile a una determinata interpretabilità” 697 , e della “pre-cognizione”<br />
(Vorgriff), cioè il predelinearsi <strong>di</strong> una concettualità in cui “il compreso, mantenuto nella pre-<br />
693 Ibid.; a tal proposito osserva lucidamente Masullo: “Mentre l’intenzionalità husserliana, passata dall’imme<strong>di</strong>ato<br />
apprendere al riflessivo rivolgersi-a, si ferma in questo e vi si chiude, escludendo programmaticamente il primo, la<br />
cura heideggeriana è l’apprendere che, rovesciata specularmente la situazione, si mostra ora esso come unico luogo<br />
dell’intendere”, e tuttavia, secondo Masullo, “<strong>Heidegger</strong> imbriglia e normalizzala la potenza vitale dell’interpretazione,<br />
configurandone i modelli come categorie, fino al punto che, in Sein und Zeit, sia pure morbidamente, trascendentalizza<br />
siffatte configurazioni. Non è questo un ricoprire daccapo, perché insostenibile, l’orrore dell’«ek» [dell’ek-sistenza]?”,<br />
A. Masullo, La “cura” in <strong>Heidegger</strong> e la riforma dell’intenzionalità husserliana, cit., pp. 380 e 394; sulla chiusura<br />
trascendentale, in Essere e tempo, del momento “patico” dell’esistenza e dunque del comprendere, da <strong>Heidegger</strong> pure<br />
visto come Befindlichkeit, si veda anche id., Soggetto “patico” e fine del trascendentale, cit.<br />
694 Cfr. M. <strong>Heidegger</strong>, Prolegomeni alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, cit., § 31 c.<br />
695 “Ma che significa l’affermazione che ciò-rispetto-a-cui l’ente intramondano è innanzitutto rimesso, deve essere<br />
preliminarmente aperto? All’essere dell’Esserci appartiene la comprensione dell’essere. La comprensione ha il suo<br />
essere in un comprendere. Se all’Esserci è proprio, in linea essenziale, il modo <strong>di</strong> essere dell’essere-nel-mondo, ne viene<br />
che, in linea egualmente essenziale, è proprio della sua comprensione dell’essere la comprensione dell’essere-nelmondo”,<br />
id., Essere e tempo, cit., p. 115.<br />
696 Ivi, p. 191.<br />
697 Ibid.<br />
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