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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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siamo venuti mostrando, cioè che ogni visione si fonda primariamente nella comprensione comune<br />

(la previsione ambientale del prendersi cura è il comprendere come comprensione assennata),<br />

sottrae al proce<strong>di</strong>mento intuitivo il suo rango primario, noeticamente equivalente al rango<br />

ontologico privilegiato che la tra<strong>di</strong>zione conferisce alla semplice-presenza. «Intuizione» e<br />

«pensiero» sono due lontani derivati della comprensione. Anche la «visione delle essenze»<br />

fenomenologica si fonda nella comprensione esistenziale” 688 . Come si può, tuttavia, dare ora più<br />

positivamente ragione del sorgere delle modalità conoscitive tematiche a partire da tale ambito<br />

preteoretico della comprensione dell’essere nel mondo? Per questo <strong>Heidegger</strong> ricorre al fenomeno<br />

dell’“interpretazione” (Interpretation-Auslegung) in quanto “possibilità <strong>di</strong> sviluppo” e<br />

“appropriazione” <strong>di</strong> ciò che è aperto nella comprensione e dunque fondata su quest’ultima.<br />

Rispetto alla comprensione, l’interpretazione non possiede un proprio oggetto specifico, ma in<br />

essa “l’utilizzabile accede esplicitamente alla visione comprendente” 689 , cioè è afferrato nel suo<br />

carattere “in quanto”, non nel senso teoretico per cui se ne esplicitino delle pure proprietà fattuali<br />

com-presenti nell’oggetto – “l’utilizzabile ha sempre solo appropriatezze e non appropriatezze, e le<br />

«proprietà» sono, per così <strong>di</strong>re, latenti in quelle, allo stesso modo che la semplice-presenza è latente<br />

nell’utilizzabilità” 690 – bensì come qualcosa in quanto appropriato per qualcosa, per un determinato<br />

uso: “Ciò che nella visione ambientale preveggente viene esplicitato nel suo «per» in quanto tale,<br />

ciò che è compreso esplicitamente, ha la struttura del qualcosa in quanto qualcosa. Ciò che nella<br />

comprensione è aperto, il compreso, è sempre accessibile alla comprensione in modo tale che in<br />

esso possa esser esplicitamente scoperto il suo «in quanto». L’«in quanto» esprime la struttura<br />

esplicativa del compreso; come tale costituisce l’interpretazione” 691 .<br />

Ciò non significa che il momento dell’interpretazione coincida con quello espressivo<br />

dell’asserzione, poiché “la più semplice visione pre-pre<strong>di</strong>cativa dell’utilizzabile è già in se stessa<br />

comprendente-interpretante” 692 , e il fatto che essa non si esprima nella struttura ‘in quanto’ <strong>di</strong> un<br />

logos non significa che essa non abbia già sempre colto una totalità strutturale; non quella della<br />

semplice presenza articolata categorialmente nella percezione – nel cui intero sensibile-categoriale<br />

si fonda la stessa struttura ‘in quanto’ del logos – ma la totalità dei riman<strong>di</strong> della significatività<br />

aperti con e prima del singolo utilizzabile ed in cui la percezione d’oggetto a sua volta si fonda.<br />

Varrà la pena forse, anche in questo caso, riportare <strong>di</strong>ffusamente un denso e decisivo passaggio<br />

<strong>di</strong> Essere e tempo circa tale nesso tra i fenomeni della comprensione, interpretazione, intuizione e<br />

asserzione: “Ma la mancanza [esplicita] dell’«in quanto» non sta proprio a testimoniare che ci<br />

688 Ivi, p. 187.<br />

689 Ivi, p. 189.<br />

690 Ivi, p. 112.<br />

691 Ivi, p. 189.<br />

692 Ivi, p. 190.<br />

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