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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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essa, rispetto alla comprensibilità quoti<strong>di</strong>ana entro la quale si mantiene, è appunto<br />

“l’incomprensibile puro e semplice” 674 .<br />

Tanto è costitutivo il carattere <strong>di</strong> utilizzabilità per l’ente che innanzitutto si incontra nel mondo,<br />

che in realtà la sua semplice-presenza emerge solo quando il mezzo ad esempio si rompe, o<br />

semplicemente si rivela nella sua inidoneità allo scopo. Solo allora, presentandosi nel suo carattere<br />

<strong>di</strong> “sorpresa”, “importunità” e “impertinenza”, il suo carattere <strong>di</strong> utilizzabile emerge esplicitamente<br />

a partire dalla presa d’atto dell’inutilizzabilità: “L’utilizzabilità, congedandosi, si manifesta ancora<br />

una volta e con ciò manifesta anche la conformità al mondo propria dell’utilizzabile. (…) Nel cozzo<br />

interruttivo del rimando, nella inidoneità a… il rimando si fa esplicito: non ancora nella sua<br />

struttura ontologica, ma a livello ontico e nell’ambito della visione ambientale preveggente che va a<br />

cozzare contro lo strumento che si è guastato. Quando la visione ambientale risveglia il rimando a<br />

un «a-che», questo «a-che», e con esso la totalità delle opere, l’intera «officina», vengono in chiaro,<br />

e precisamente come ciò in cui il prendersi cura soggiorna già da sempre. Allora il complesso dei<br />

mezzi non si illumina come qualcosa <strong>di</strong> mai visto finora, bensì come un tutto già costantemente<br />

visto sin dal principio nel corso della visione ambientale preveggente. Con questo «tutto» si<br />

annuncia il mondo” 675 . Tale fenomeno, per cui alla visione ambientale preveggente si accompagna<br />

una comprensione non esplicita <strong>di</strong> una totalità <strong>di</strong> riman<strong>di</strong>, è ciò che <strong>Heidegger</strong> designa “apertura”,<br />

ed è proprio la sua non esplicitezza – che deve anzi rimanere tale perché l’ente si manifesti come<br />

utilizzabile nell’uso stesso – ciò in cui consiste per <strong>Heidegger</strong> il suo “essere-in-sé” originario: “Il<br />

non-annunciarsi-del-mondo è la con<strong>di</strong>zione della possibilità da parte dell’utilizzabile <strong>di</strong> non<br />

suscitare sorpresa. E proprio qui si fonda la struttura fenomenica dell’essere-in-sé <strong>di</strong> questo<br />

ente” 676 .<br />

674 “Spiegare in questo caso è un termine inadeguato nella misura in cui esso è una maniera derivata e decaduta della<br />

interpretazione e dello svelamento dell’ente. Ogni spiegazione, se parliamo <strong>di</strong> spiegazione della natura, è caratterizzata<br />

dal fatto <strong>di</strong> trattenersi nell’incomprensibile. Si può ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>re: Spiegare è l’interpretazione dell’incomprensibile, il<br />

che non significa che con tale interpretazione l’incomprensibile venga compreso: esso resta fondamentalmente<br />

incompreso. La natura è ciò che per principio va spiegato e può essere spiegato, proprio per il fatto che è per principio<br />

incomprensibile; essa è l’incomprensibile puro e semplice, ed è l’incomprensibile perché essa è il mondo smon<strong>di</strong>zzato,<br />

nella misura in cui pren<strong>di</strong>amo la natura in quel senso estremo <strong>di</strong> ente che è stato svelato dalla fisica”, id., Prolegomeni<br />

alla storia del concetto <strong>di</strong> tempo, cit., p. 268; alla luce <strong>di</strong> tali passaggi ci sembra che Costa ancora una volta fraintenda<br />

l’analisi heideggeriana del mondo, puntando tutto sul carattere <strong>di</strong> rimando del singolo utilizzabile come ciò che genera<br />

la significatività e dunque la comprensibilità del mondo – <strong>di</strong> cui fa parte anche il mondo ambiente naturale nel senso<br />

esplicitato – piuttosto che sul suo carattere <strong>di</strong> filo conduttore meto<strong>di</strong>co, come emerge dal passo seguente: “La questione<br />

del rimando del mezzo può funzionare all’interno <strong>di</strong> un’officina, ma presenta grossi problemi riguardo alla totalità <strong>degli</strong><br />

enti che costituiscono un mondo. È <strong>di</strong>fficile che si riesca a inquadrare in una tale totalità <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> le montagne, i<br />

fiumi, gli dei del focolare, le norme etiche, la forma <strong>di</strong> una ciotola, i buchi neri e l’antimateria. Eppure anche questi<br />

sono enti che devono essere ricondotti, quanto alla loro possibilità <strong>di</strong> manifestazione, all’unità complessiva <strong>di</strong><br />

un’apertura <strong>di</strong> mondo. In realtà, quello che non è sostenibile è l’idea secondo cui la totalità dei riman<strong>di</strong> che costituisce il<br />

«mondo» ha la sua ra<strong>di</strong>ce nella struttura dell’um-zu, la quale non è altro che la riproposizione del rapporto mezzoscopo”,<br />

V. Costa, La verità del mondo, cit., p. 238.<br />

675 Ivi, pp. 101-102.<br />

676 Ivi, pp. 102-103.<br />

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