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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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secondo la tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong>stinzione tra teoria e prassi. L’una e l’altra, infatti, sono comportamenti<br />

(Verhalten), mo<strong>di</strong> del rapportarsi (sich verhalten) prendente cura dell’ente da parte dell’esserci: “Il<br />

comportamento «pratico» non è «ateoretico» nel senso che sia privo <strong>di</strong> visione, e il suo<br />

<strong>di</strong>fferenziarsi dal comportamento teoretico non consiste solo nel fatto che nel primo si agisce e nel<br />

secondo si contempla, cosicché l’agire, per non rimanere cieco, dovrebbe applicare il conoscere<br />

teoretico; al contrario, il contemplare è originariamente un prendersi cura, allo stesso modo che<br />

l’agire ha un suo proprio modo <strong>di</strong> vedere. Il comportamento teoretico è un limitarsi a contemplare,<br />

senza visione ambientale preveggente. L’osservazione non è priva <strong>di</strong> regola per il fatto <strong>di</strong> mancare<br />

<strong>di</strong> visione ambientale preveggente, ma si dà un canone nel metodo” 669 .<br />

Ma si è detto del carattere <strong>di</strong> rimando dell’utilizzabile. Non solo, infatti, esso rimanda <strong>di</strong> volta in<br />

volta all’opera da realizzare come al suo “a-che” – “ciò con cui il commercio quoti<strong>di</strong>ano ha innanzi<br />

tutto a che fare” 670 , prima anche del mezzo stesso – ma è la stessa opera che possiede a sua volta il<br />

carattere <strong>di</strong> mezzo ed il suo specifico “a-che”; la scarpa serve a camminare, la penna a scrivere e<br />

così via. L’opera rinvia inoltre al “<strong>di</strong>-che” del suo consistere, dunque ai materiali <strong>di</strong> cui è fatta e che<br />

per essa vengono impiegati.<br />

E ancora, “le con<strong>di</strong>zioni più elementari della sua costruzione implicano anche il rimando a colui<br />

che la impiega e la usa. L’opera è costruita su misura del corpo dell’utilizzante, che «è» tenuto<br />

presente nella fabbricazione dell’opera. Anche nella produzione in serie agisce questo rimando<br />

fondamentale: esso è però indeterminato e rinvia a chiunque, al me<strong>di</strong>o. L’opera non ci fa dunque<br />

incontrare soltanto enti utilizzabili, ma anche enti che hanno il modo <strong>di</strong> essere dell’Esserci, al cui<br />

prendersi cura l’opera viene incontro come un utilizzabile. (…) L’opera <strong>di</strong> cui ci si prende cura è<br />

presente come utilizzabile non solo nel mondo chiuso della fabbrica, ma anche nel mondo pubblico.<br />

In questo è scoperta e resa accessibile a tutti la natura come mondo ambientale” 671 .<br />

Anche la natura è dunque scoperta primariamente a partire dal suo carattere <strong>di</strong> utilizzabile, ad<br />

esempio come materiale – “la foresta è legname, la montagna è cava <strong>di</strong> pietra, la corrente è forza<br />

d’acqua, il vento è vento «in poppa»” 672 – o come rimando per la costruzione <strong>di</strong> un’opera – “la<br />

costruzione <strong>di</strong> una tettoia tien conto delle intemperie, la <strong>di</strong>sposizione della pubblica illuminazione<br />

dell’oscurità, della presenza o dell’assenza della luce del giorno, cioè delle «posizioni del sole».<br />

Negli orologi si tiene sempre conto <strong>di</strong> una determinata costellazione del sistema siderale” 673 . La<br />

natura così come la considerano le scienze naturali necessita <strong>di</strong> essere “spiegata” solamente perché<br />

669 Ivi, pp. 95-96.<br />

670 Ivi, p. 96.<br />

671 Ivi, p. 97.<br />

672 Ibid.<br />

673 Ibid.<br />

170

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