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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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l’«arredamento» e in questo, a sua volta, il «singolo» mezzo. Prima del singolo mezzo, è già<br />

scoperta una totalità <strong>di</strong> mezzi” 667 .<br />

Il fatto che il singolo mezzo sia scoperto, seppur a partire da una totalità <strong>di</strong> mezzi, non vuol <strong>di</strong>re<br />

tuttavia che esso sia già sempre colto esplicitamente nel suo carattere <strong>di</strong> utilizzabilità, né tantomeno<br />

che tale modo d’essere possa rinvenirsi in base ad una pura contemplazione del mezzo nella sua<br />

semplice presenza o tramite l’analisi delle sue proprietà, poiché, anzi, “è il martellare a scoprire la<br />

specifica «usabilità» del martello. (…) Solo perché il mezzo possiede questo «essere in sé» e non è<br />

qualcosa <strong>di</strong> semplicemente-presente, esso è maneggiabile e <strong>di</strong>sponibile nel senso più ampio. Lo<br />

sguardo che si limita a osservare le cose nel loro «aspetto» [Aussehen, termine col quale <strong>Heidegger</strong><br />

traduce il platonico eidos] apparente, anche se acutissimo, non può scoprire l’utilizzabile.<br />

L’osservazione puramente «teorica» delle cose è estranea alla comprensione dell’utilizzabilità” 668 .<br />

Ma ciò non vuol <strong>di</strong>re che l’agire non abbia una sua specifica phronesis che le consenta <strong>di</strong> essere<br />

adeguato quanto all’impiego del mezzo rispetto al fine, e cioè <strong>di</strong> non impiegare, ad esempio, una<br />

scarpa per piantare un chiodo, se non in maniera <strong>di</strong>fettiva – cosa che pure conferma negativamente,<br />

come vedremo, la comprensione delle possibilità <strong>di</strong> rimando <strong>di</strong> un mezzo.<br />

<strong>Heidegger</strong> definisce tale visione propria del comportamento pratico Umsicht, ciò che Chio<strong>di</strong><br />

traduce, con perifrasi un po’ artificiosa ma ormai canonica, con “visione ambientale preveggente”,<br />

da non intendersi tuttavia come lo specifico afferramento teoretico che si applica poi nell’impiegare,<br />

667<br />

Ci pare emerga chiaramente da tali passaggi l’insostenibilità dell’interpretazione <strong>di</strong> Vincenzo Costa, secondo il quale<br />

il rapporto tra mezzo e totalità in <strong>Heidegger</strong> “sembra poter essere interpretato in almeno due mo<strong>di</strong>: 1) ogni mezzo<br />

rimanda ad altri mezzi ed in questo modo si genera un mondo, che non è altro che la totalità dei riman<strong>di</strong>; 2) la totalità è<br />

un ambito <strong>di</strong> manifestatività al cui interno possono manifestarsi certi tipi <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> piuttosto che altri”; secondo Costa,<br />

in Essere e Tempo, pur essendo in vista il fenomeno del mondo nella sua totalità, “si invertono i fattori, i rapporti <strong>di</strong><br />

fondazione tra l’intero e le parti, e viene perso <strong>di</strong> vista 1) il fatto che il mondo deve già essere aperto e abbracciare la<br />

totalità <strong>degli</strong> enti, e non solo quelli che sono analizzabili all’interno del rimando caratteristico del «allo scopo <strong>di</strong>», 2)<br />

che ogni ente rappresenta una parte non-in<strong>di</strong>pendente all’interno <strong>di</strong> un intero”; l’origine <strong>di</strong> una tale inversione “deve<br />

essere ravvisata in quello che è forse, in Essere e Tempo, la <strong>di</strong>pendenza meno problematizzata nei confronti della<br />

fenomenologia <strong>di</strong> Husserl: il primato della cosa come filo conduttore della ricerca fenomenologica”, cfr. V. Costa, La<br />

verità del mondo, cit., pp. 234-243; ora, oltre al fatto che ci pare <strong>di</strong>fficilmente attribuibile ad <strong>Heidegger</strong><br />

un’interpretazione ontica del mondo nei termini <strong>di</strong> una “generazione” del mondo a partire dai riman<strong>di</strong> tra enti<br />

intramondani, riteniamo che Costa metta insieme due piani che vanno in effetti separati: un conto è infatti il principio<br />

metodologico per cui l’indagine ontologica deve avere sempre e in ultima istanza un ra<strong>di</strong>camento ontico nel quale il<br />

fenomeno autentico (il rispettivo carattere d’essere) si dà a vedere da se stesso, principio senza il quale non si capirebbe<br />

in fondo la <strong>di</strong>fferenza della fenomenologia – anche <strong>di</strong> quella husserliana – da qualunque altro modo <strong>di</strong> procedere<br />

metafisico-tra<strong>di</strong>zionale generatore <strong>di</strong> “retromon<strong>di</strong>”; altra cosa è il primato effettivo (effektiv) – e non metodologico –<br />

dell’apertura <strong>di</strong> una totalità <strong>di</strong> mezzi, e dunque <strong>di</strong> riman<strong>di</strong> e <strong>di</strong> significati (i quali ultimi solo, a ben vedere,<br />

costituiscono il mondo – del quale fanno parte, a rigore, anche il “mondo pubblico” [Mitwelt] e il “mondo del sé”<br />

[Selbstwelt] – e non l’insieme delle cose o anche dei mezzi nella loro fattualità [tatsäschlichkeit]) nel rendere possibile<br />

un determinato utilizzo ed in cui consiste pertanto l’apriori della comprensione. Del resto, <strong>Heidegger</strong> afferma<br />

esplicitamente che “il mondo è ciò in base a cui l’utilizzabile è utilizzabile” (cfr. Essere e Tempo, cit., p. 112). Ci pare,<br />

in sostanza, che Costa perda <strong>di</strong> vista la <strong>di</strong>fferenza essenziale che attraversa tutto Essere e Tempo, tra il piano esistentivo<br />

e quello esistenziale dell’analitica, cioè a <strong>di</strong>re tra l’ontico e l’ontologico (apriori). Nello specifico della questione del<br />

mondo, ciò significa che non si deve mai perdere <strong>di</strong> vista che l’analisi del mezzo e del suo carattere <strong>di</strong> rimando<br />

nell’analitica esistenziale è condotta, come vedremo, con lo scopo <strong>di</strong> far emergere la significatività quale carattere<br />

d’essere ultimo della mon<strong>di</strong>tà del mondo in quanto con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> possibilità della comprensione, dell’interpretazione e<br />

dunque del carattere derivato dell’asserzione quale modalità <strong>di</strong> rapporto dell’esserci all’ente.<br />

668<br />

M. <strong>Heidegger</strong>, Essere e Tempo, cit., p. 95.<br />

169

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