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"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...

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cos’è» (necessario); 3) il come-è; 4) l’esser-vero. Essere <strong>di</strong> un ente significa: essenza (Washeit),<br />

modalità (Wieheit), verità (Wahrheit). Dal momento che ogni ente è determinato dal «che cosa» e<br />

dal «come», e, in quanto ente, è svelato nel suo «che cos’è» e nel suo «come è», la copula è<br />

necessariamente equivoca. L’equivocità non è però una «carenza», bensì esprime solamente la<br />

struttura in sé molteplice dell’essere <strong>di</strong> un ente – e quin<strong>di</strong> della comprensione dell’essere in<br />

generale” 637 . Tale comprensione dell’essere è quanto ci resta finalmente da indagare.<br />

4. La significatività del mondo.<br />

Il concetto <strong>di</strong> mondo, una delle intuizioni più proprie della riflessione heideggeriana, era già<br />

emerso, come si ricorderà, nei primi corsi friburghesi 638 – siamo nel 1919 – a proposito della<br />

polemica contro il teoreticismo neokantiano, segnatamente circa la questione del dato originario da<br />

cui la filosofia in quanto scienza <strong>di</strong> principio può e deve sempre partire. Se il neokantismo prendeva<br />

infatti le mosse dal singolo dato sensibile per comporre poi costruttivamente l’oggetto come sintesi<br />

<strong>di</strong> tali dati e delle forme categoriali soggettivamente intese – salvo farle poi ri<strong>di</strong>ventare<br />

misteriosamente proprietà dell’oggetto reale stesso –, <strong>Heidegger</strong> aveva mostrato con l’ausilio del<br />

concetto fenomenologico <strong>di</strong> percezione che un oggetto ottenuto in tal modo è in realtà<br />

un’astrazione.<br />

Data, infatti, – e data nell’intuizione – è innanzitutto e sempre una totalità strutturale percettivo-<br />

categoriale scomponibile solo a posteriori nelle sue proprietà cosali. Tuttavia, proprio a causa del<br />

suo orientamento all’intuizione e dunque al singolo ente percepito, “la ricerca fenomenologica<br />

637<br />

M. <strong>Heidegger</strong>, I problemi fondamentali della fenomenologia, cit., p. 195.<br />

638<br />

Vincenzo Costa fa tuttavia notare come il tema del mondo fosse presente in tanta filosofia dell’epoca, come ad<br />

esempio nell’opera <strong>di</strong> Gorge Burckhardt (In<strong>di</strong>viduum und Welt als Werk. Eine Grundlegung der Kulturphilosophie,<br />

München 1920) e <strong>di</strong> Georg Simmel (Hauptprobleme der Philosophie (1910), ora in Gesamtausgabe, Bd. XIV,<br />

herausgegeben von R. Kramme und O. Rammstedt, Frankfurt a.M., 1996, trad. it. <strong>di</strong> A. Banfi, I problemi fondamentali<br />

della filosofia, Firenze, 1920), e che la problematica de “l’elaborazione dell’idea <strong>di</strong> un «concetto naturale» <strong>di</strong> mondo<br />

(…) deriva <strong>di</strong>rettamente da Husserl, che a sua volta la riprende da Richard Avenarius, e che essa è presente già nelle<br />

lezioni husserliane sui Grundprobleme der Phänomenologie, per essere poi ripresa proprio negli anni Venti, e dunque<br />

proprio quando <strong>Heidegger</strong> si accosta all’insegnamento <strong>di</strong> Husserl”, V. Costa, La verità del mondo, cit., pp. 184-187 e<br />

195-196; è inoltre celebre l’affermazione <strong>di</strong> Merleau-Ponty secondo cui “tutto Sein und Zeit è uscito da una in<strong>di</strong>cazione<br />

<strong>di</strong> Husserl e in ultima analisi non è altro che una esplicitazione del natürlichen Weltbegriff o della Lebenswelt che<br />

Husserl, alla fine della sua vita, assegnava come primo tema alla fenomenologia”, M. Merleau-Ponty, Phénoménologie<br />

de la perception, Paris, 1945, ed. it. a cura <strong>di</strong> P.A. Rovatti, Fenomenologia della percezione, Milano, 2003, pp. 15-16.<br />

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