"ricerche logiche" di Martin Heidegger - FedOA - Università degli ...
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Si vede bene come la concezione hobbesiana della copula riman<strong>di</strong> in ultima istanza, per potersi<br />
giustificare, alla res – ben oltre il “semplice fenomeno fonetico o grafico, inserito in qualche modo<br />
fra altri” 618 – in quanto causa del rapporto <strong>di</strong> due nomi con questa medesima cosa, per cui, “pur<br />
interpretando l’asserzione come una serie <strong>di</strong> parole, Hobbes, sollecitato dai fenomeni, è costretto a<br />
rinunziare sempre più al proprio assunto. Questo è il tratto caratteristico <strong>di</strong> ogni nominalismo” 619 .<br />
Più sfumata la posizione, pure nominalistica, <strong>di</strong> J. St. Mill, nel cui Sistema <strong>di</strong> logica induttiva e<br />
deduttiva <strong>Heidegger</strong> scorge una quanto mai significativa incongruenza tra il primo libro, in cui è<br />
sviluppata esplicitamente la teoria nominalistica, e il quarto, in cui Mill si rivolgerebbe ad<strong>di</strong>rittura<br />
contro il nominalismo <strong>di</strong> Hobbes. Anche per Mill una proposizione è l’unione <strong>di</strong> due nomi<br />
genericamente intesi (soggetto e pre<strong>di</strong>cato), e tuttavia, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Hobbes, egli non ritiene che il<br />
semplice accostamento <strong>di</strong> due nomi basti a determinare la relazione in cui consiste la proposizione,<br />
né ad in<strong>di</strong>care se tale relazione sia <strong>di</strong> affermazione o negazione.<br />
Per questo è necessaria la funzione svolta dalla copula. Ora, però, è lo stesso Mill a mettere in<br />
guar<strong>di</strong>a dal fatto che l’in<strong>di</strong>stinzione del doppio senso implicito nella copula – congiunzione ed<br />
esistenza – abbia “«<strong>di</strong>ffuso il misticismo nel campo della logica e fatto degenerare le sue<br />
investigazioni in logomachie»” 620 . Inoltre, da conseguente empirista, Mill non intende in ultima<br />
istanza la proposizione come un mero collegamento <strong>di</strong> parole, ma piuttosto come collegamento <strong>di</strong><br />
rappresentazioni nel soggetto, e tuttavia, “la mia credenza [cioè l’assensus, come <strong>di</strong>ce Cartesio,<br />
l’adesione che si ha nel giu<strong>di</strong>zio] non si rapporta alle rappresentazioni, ma alle cose. Ciò che io<br />
credo [vale a <strong>di</strong>re, ciò su cui vi è il mio assenso, ciò a cui <strong>di</strong>co <strong>di</strong> sì nel giu<strong>di</strong>zio] è un fatto” 621 .<br />
È facile rilevare, ed è quanto <strong>Heidegger</strong> non manca <strong>di</strong> fare, la sostanziale ambiguità delle tesi<br />
milliane circa la copula, per cui dal collegamento <strong>di</strong> nomi si passa a quello tra rappresentazioni e<br />
poi all’assenso ai fatti che si verificherebbe nell’anima. Mill cerca <strong>di</strong> giustificare tale ambiguità<br />
della copula <strong>di</strong>stinguendo le proposizioni in due classi, le essenziali e le accidentali, o anche verbali<br />
e reali. Ancora, “riallacciandosi alla tra<strong>di</strong>zione e, come egli crede, a Kant” 622 , Mill definisce<br />
analitiche le proposizioni essenziali o verbali, e sintetiche quelle accidentali o reali.<br />
Ora, che un giu<strong>di</strong>zio essenziale sia sempre verbale vuol <strong>di</strong>re che esso non si rapporta ai fatti ma<br />
solo spiega il significato del nome, ed essendo quest’ultimo posto per convenzione, tali giu<strong>di</strong>zi non<br />
sono a rigore né veri né falsi, “ma si tratta soltanto <strong>di</strong> una concordanza con l’uso linguistico” 623 , per<br />
trascendentali, idem sunt, significano la stessa cosa, ma <strong>di</strong>ce soltanto che queste determinazioni sono convertibili, cioè<br />
che ognuna può essere messa al posto delle altre, dal momento che tutte quante appartengono cooriginariamente ad ogni<br />
cosa in quanto tale”, ivi, pp. 181-182.<br />
618<br />
Ivi, p. 184.<br />
619<br />
Ibid.<br />
620<br />
Ivi, p. 185.<br />
621<br />
Cfr. ivi, p. 186 (le parentesi sono <strong>di</strong> <strong>Heidegger</strong>).<br />
622<br />
Ivi, p. 187.<br />
623<br />
Ibid.<br />
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